RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 206 - Testo della
Trasmissione di sabato 24 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Vangelo di
domani: Gesù insegna a pregare. Il commento di Padre Rupnik.
CHIESA E SOCIETA’:
Si è celebrata ieri la Giornata internazionale delle popolazioni autoctone
Prosegue l’odissea del carico umano della Cap Anamur
Ore di apprensione in Iraq per la sorte dei sette
autisti stranieri e del diplomatico egiziano tenuti in ostaggio da gruppi di
guerriglieri
Gli Stati Uniti hanno
deciso l’invio di circa 50.000 tonnellate di prodotti agricoli alla Corea del
Nord, che verranno distribuiti tramite il Programma Alimentare Mondiale
24 luglio 2004
l’europa attende
dai giovani un messaggio di speranza:
COSI’ il papa nella lettera indirizzata
al cardinale antonio maria rouco varelA suo inviato
speciale
al pellegrinaggio dei giovani europei a santiago di
compostela
Sulle
orme degli antichi pellegrini per lanciare un messaggio di speranza alla nuova
Europa. E’ questo il senso dell’imminente pellegrinaggio dei giovani del
continente a Santiago di Compostela nelle parole che il Papa ha indirizzato al
suo inviato speciale, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid.
Il servizio di Ignazio Ingrao.
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Decine
di migliaia di giovani si ritroveranno dal 5 all’8 agosto sulla tomba di San
Giacomo Apostolo in occasione del pellegrinaggio organizzato dalle Conferenze
episcopali europee per l’Anno Santo Compostelano. Questo appuntamento, scrive
il Papa nella lettera indirizzata al card. Rouco Varela, è l’occasione perché
“sia rinnovata la proposta cristiana” ai giovani del continente e rappresenta
un’ulteriore tappa in preparazione alla “celebrazione della Giornata mondiale
della Gioventù il prossimo anno a Colonia”.
“Testimoni
di Cristo per un’Europa della Speranza” è il tema guida di questo cammino dei
giovani europei che raccoglie l’invito lanciato da Giovanni Paolo II lo scorso
31 dicembre, all’apertura dell’Anno Santo Compostelano. “Dobbiamo riaffermare
che il Vangelo è ancora un riferimento fondamentale per l’intero continente”,
scriveva il Papa nel messaggio per l’Anno Santo rievocando le due occasioni in
cui si è recato a Santiago nel 1982 e 1989. Per giungere al Santuario, affacciato
sull’Oceano Atlantico nella regione della Galizia, nella Spagna nord occidentale,
molti giovani, tra cui mille italiani, ripercorreranno a piedi le antiche vie
tracciate dai pellegrini nel corso dei secoli attraverso l’Europa. Fu Papa
Callisto II, infatti, nel XII secolo, ad accordare al santuario di Compostela
il privilegio di celebrare un Giubileo, con la concessione dell’indulgenza,
ogni anno che il 25 luglio, festa di San Giacomo apostolo patrono della Spagna, cade di
domenica. E papa Alessandro III, nel 1179 confermò tale beneficio con la bolla
“Regis aeterni”.
Domani
alle 10.30 avrà inizio nella Cattedrale di Santiago la solenne liturgia eucaristica
concelebrata dai cardinali di Madrid e di Siviglia e da un folto gruppo di
vescovi spagnoli. Parteciperà alla cerimonia anche il re di Spagna Juan Carlos
insieme con la regina Sofia. Il re rivolgerà al Santo la tradizionale invocazione,
chiamata “ofrenda”. In occasione dell’ultimo Anno Santo Compostelano, che si
svolse nel 1999, i pellegrini che giunsero alla tomba dell’apostolo furono
quasi 155 mila.
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Entra nel vivo la missione dell’inviato del Papa in
Darfur. L’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente di Cor Unum, è in
visita oggi ai campi profughi di Nyala, nel cuore della martoriata regione
sudanese, dove la guerra e la fame hanno causato – secondo l’Onu – almeno 30
mila morti negli ultimi mesi. Intanto, all’indomani della risoluzione del Congresso
americano che definisce genocidio la situazione nel Darfur, il presidente
sudanese Al Bashir ha affermato che la pressione internazionale è un pretesto
per prendere di mira il Sudan. Dal canto suo, il presidente Usa Bush è
intervenuto, ieri, in prima persona sulla crisi, esortando il governo di
Khartoum a fermare le violenze delle milizie arabe responsabili dell’emergenza
umanitaria. Appello lanciato anche dall’Unione Europea, attraverso l’Alto
rappresentante per la politica estera, Solana. Ma torniamo alla missione
dell’inviato del Papa in Darfur. Raggiunto telefonicamente a Khartoum da Alessandro
Gisotti, il nunzio apostolico in Sudan, l’arcivescovo Dominique Mamberti, parla
delle speranze riposte dalla Chiesa sudanese in questa missione:
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R. – E’ un ulteriore segno della sollecitudine del Santo
Padre per il Sudan, che si è manifestato già in tantissime occasioni. Il Santo
Padre ha mostrato attraverso tanti segni che ha il Sudan nel cuore. La Chiesa
del Sudan accoglie con grande gioia e con grande rispetto il suo inviato per la
tragica situazione del Darfur.
D. – Che cosa ci si augura da questa missione
dell’arcivescovo Cordes in Darfur?
R. – In queste ultime settimane veramente il Darfur è
stato al centro dell’at-tenzione della comunità internazionale. Ci sono state
visite importanti: il segretario di Stato americano e il segretario generale
dell’ONU. Penso che ora la visita dell’inviato speciale del Papa sia un altro
segno dell’interesse della comunità internazionale.Spero che tutta questa attenzione
porti innanzitutto aiuto alle popolazioni che hanno bisogno e poi porti anche
ad una pacificazione della regione.
D. – Cosa sta facendo sul terreno la Chiesa cattolica
anche attraverso le sue or-ganizzazioni umanitarie per portare aiuto alle
popolazioni del Darfur.
R. – La Chiesa opera congiuntamente con altre agenzie
cristiane, ma non cattoliche. A livello di azioni concrete le posso menzionare
l’assistenza ai rifugiati e c’è certamente una mobilitazione delle agenzie
cattoliche in aiuto ai rifugiati di quella regione.
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REPRESSIONE GIUDIZIARIA E SOSTEGNO UMANO ALLE
VITTIME:
SONO
GLI STRUMENTI INDICATI DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I MIGRANTI
NELLA
LOTTA AL TURISMO SESSUALE. L’APPELLO ALL’IMPEGNO CONCRETO
CONTRO
QUESTA PIAGA NEL DOCUMENTO CONCLUSIVO
DEL VI
CONGRESSO MONDIALE SULLA PASTORALE DEL TURISMO
- A
cura di Barbara Castelli -
Dinanzi alla piaga del turismo sessuale il Pontificio
Consiglio per i migranti e gli itineranti risponde con una sorta di decalogo.
In un documento messo a punto a conclusione del VI Congresso mondiale sulla
pastorale del turismo, svoltosi a Bangkok, in Thailandia, dal 5 all’8 luglio
scorsi, il dicastero vaticano chiede non solo una repressione giuridica nei confronti
di chi pratica tali attività, ma anche un intervento a favore delle vittime,
specialmente dei bambini, per un loro reinserimento sociale. Il turismo, che
nel 2003 ha visto 694 milioni di persone trasferirsi all’estero, con un
movimento di capitali pari a 514 miliardi di dollari, dovrebbe contribuire
all’incontro fra le Nazioni e le culture, combattendo ogni forma di
discriminazione e sfruttamento.
In questo contesto i partecipanti all’incontro a Bangkok
“considerano la pastorale delle persone sfruttate dal turismo sessuale come
un’importante priorità per la Chiesa”. “Tra queste persone - si legge nel
documento - le più vulnerabili e bisognose di particolare aiuto sono certamente
donne, minori e bambini; questi ultimi, tuttavia, hanno bisogno di una protezione
e di un’attenzione speciale”, capace di rendere loro “compassione e protezione
giuridica, aiutandoli a ritrovare la dignità umana”.
In prima linea, in questa lotta al turismo sessuale, ci
devono essere le istituzioni governative e le organizzazioni internazionali.
Fondamentale, comunque, anche l’impegno delle chiese locali. “Le diocesi e le
comunità - esortano i partecipanti al Congresso nel documento conclusivo -
sostengano le strutture esistenti nella cura pastorale dei bambini sfruttati
sessualmente o ne creino di nuove, al fine di occuparsi delle vittime con compassione
e amore, di fornire loro assistenza giuridica, terapia e reinserimento nella
società e, nel caso di cristiani, anche nella comunità dei fedeli”.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato il
cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace e del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, suo inviato speciale alle
celebrazioni del centenario delle “Settimane Sociali di Francia”, che
avranno luogo a Lille in Francia dal 24 al 26 settembre 2004.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina il Sudan, dove
il presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” sta portando ai profughi
l’incoraggiamento e la solidarietà del Santo Padre.
Nelle vaticane, un articolo di
Gianluca Biccini dal titolo “Le brigidine chiamate ad essere sentieri luminosi
in un’Europa che sta smarrendo le radici cristiane”: concluse nella chiesa
romana di Piazza Farnese le celebrazioni per la festa liturgica di santa
Brigida di Svezia.
Nelle estere, Iraq: rapito a
Baghdad un diplomatico egiziano.
Nella pagina culturale, un
articolo di Umberto Santarelli dal titolo “‘Le premesse della politica’: valori
realmente condivisi”.
Nelle pagine italiane, Governo;
verifica: passi avanti, ma restano divergenze.
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24 luglio 2004
“CREARE
PONTI UMANI TRA ISRAELIANI E PALESTINESI”:
E’ LA
SFIDA LANCIATA DALLA RETE EUROPEA DEGLI ENTI LOCALI
-
Intervista con Flavio Lotti -
“Creare ponti umani tra israeliani e palestinesi”. E’ la
sfida lanciata dalla Rete Europea degli Enti Locali per il Medio Oriente che ha
presentato in questi giorni a Perugia il bilancio del primo viaggio in Terra
Santa della missione congiunta di Italia, Francia e Spagna. Massimiliano
Menichetti ha intervistato il Coordinatore Nazionale Flavio Lotti.
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R. – Noi abbiamo avuto la possibilità di visitare
Betlemme, Gerusalemme, Ramallah, Tel Aviv, e anche la Striscia di Gaza. C’è una
società palestinese che è sempre più stritolata dalla chiusura, dal muro, dai
posti di blocco. E c’è una società israeliana in profonda crisi, che sta
pagando anch’essa il prezzo di questa violenza e di questa occupazione
militare.
D. – Parlando proprio della questione spinosa del muro, il
segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha ribadito che bisogna
smantellare la barriera di separazione …
R. – Il muro non fa altro che appesantire, aggravare il
regime di chiusura al quale è sottoposto il popolo palestinese e, a detta anche
di molti israeliani che abbiamo incontrato, non servirà a dare ad Israele
quella sicurezza che dicono di voler ricercare. Io credo che sia davvero
importante che l’Europa e la Comunità internazionale prendano sul serio questo
verdetto della Corte internazionale dell’Aja, ribadito anche dall’Assemblea
generale dell’Onu, ed è importante che questi documenti non rimangano soltanto
dei pezzi di carta, ma diventino la base per una iniziativa internazionale tesa
a portare la pace in quella regione.
D. – Concretezza, quindi, da parte della Comunità
internazionale, ma quale può essere il contributo degli enti locali europei per
il Medio Oriente?
R. – Definire nuovi progetti concreti di lavoro con gli
israeliani e con i palestinesi. I modi e le forme sono tanti: ci possono essere
scambi tra le popolazioni, ci saranno progetti per facilitare le prime elezioni
democratiche negli enti locali palestinesi, e ci saranno progetti trilaterali
per fare in modo che, anche in questa fase così difficile, ci possa essere, in
qualche modo, la costruzione di ponti tra società palestinesi e società
israeliane, costruiti dalla volontà di pace degli europei.
D. – La CEI rimarca che è necessario non abbandonare il
Medio Oriente e che quindi deve proseguire il pellegrinaggio in Terra Santa …
R. – Io sottoscrivo quest’appello. C’è un grande bisogno
di andare in quelle terre, perché la comunità cristiana è tra le prime ad
essere colpita dall’oppressione, e poi anche perché si potrà davvero capire
quello che sta accadendo soltanto andandoci di persona.
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DOMANI
INIZIA A LORETO IL 7° MEETING INTERNAZIONALE SULLE MIGRAZIONI PROMOSSO DAGLI
SCALABRINIANI: APPELLO DEI MISSIONARI ALL’EUROPA
PERCHE’
SUPERI LA PSICOSI DELL’ASSEDIO
-
Intervista con padre Beniamino Rossi -
“Migranti, cittadini della nuova Europa: mobilità e
diritti” è il tema della VII edizione del Meeting Internazionale sulle
Migrazioni, promosso come ogni anno dai Padri Scalabriniani e che partirà
domani a Loreto. Molti gli eventi in programma fino al 1° agosto: obiettivo
principale è quello di fare il punto della situazione sui diritti degli immigrati.
Diritto d’asilo, per il quale in Italia manca una norma “ad hoc”, e diritto di
voto sono solo alcuni degli aspetti che politici, sindacalisti e religiosi
affronteranno. Ma qual è la situazione in materia di immigrazione in Europa?
Benedetta Capelli ha girato la domanda a Padre Beniamino Rossi, Superiore dei Missionari Scalabriniani in Europa:
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R. - Ci sono due
grosse tendenze: da una parte la legislazione comune tende ad allargarsi, ad
avere una visione più positiva e dall’altra ci sono delle legislazioni
nazionali che sono tendenti al ribasso, tipica la legge Bossi-Fini, ma non
solo: perché c’è una legge in Olanda e anche in Francia, dove i diritti si
cerca di comprimerli il più possibile, perché c’è questa paura della “cittadella
Europa” di essere assalita da orde di migranti. Ormai 15 milioni di immigrati
sono una realtà strutturale ma si continua a fare delle leggi centrate
soprattutto sul controllo delle entrate, il che è giusto,ma non è il discorso fondamentale, perché la cosa più
importante è il discorso dell’inserimento e dell’integrazione.
D. – Durante il
Meeting discuterete anche del concetto globale di cittadinanza. Secondo lei
cosa è necessario fare affinché si crei il terreno per giungere a questo
risultato?
R. – Per cambiare
la cultura dei Paesi che dovrebbero accogliere la cosiddetta manodopera
straniera ci vuole un salto di qualità nel dibattito e nella cultura
dell’accoglienza. Queste persone dovrebbero essere considerate cittadini: in
tedesco c’è una parola interessante, si chiama Mitbürger, cioè
“cittadini con”, concittadini. Una persona che vive, lavora, partecipa alla
vita sociale, culturale in un territorio, di per se stesso è cittadino. Chi è
cittadino italiano? Solo chi è di nazionalità italiana o è cittadino italiano chi
vive, lavora, soffre, ama, spera, partecipa ad una vita in Italia …?
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UN’ALTRA
CALDA ESTATE NELLE CARCERI. NEL PERIODO ESTIVO CRESCONO I DISAGI
E LA
SOLITUDINE PER MIGLIAIA DI DETENUTI IN ITALIA
-
Intervista con padre Vittorio Trani -
L’estate
rappresenta per la maggior parte della gente un tempo di vacanza, programmata e
attesa dopo molte fatiche. Ci sono molte persone, tuttavia, che vivono situazioni
personali o sociali, fisiche o mentali di difficoltà, di disagio anche
d’estate. Pensiamo, ad esempio, a quanti sono confinati in carcere e che si trovano
a vivere una solitudine ancora più profonda. Per capire come trascorre l’estate
nelle carceri, Barbara Castelli ha raccolto la testimonianza di padre Vittorio
Trani, cappellano del “Regina Coeli” a Roma.
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R. - Ci sono due fattori un po’ che vengono ad appesantire
il periodo estivo. Il primo è costituito dal fatto che tante iniziative,
sviluppate nel corso dell’anno, in estate vengono interrotte, pensiamo alla
scuola o ad altri progetti. Il secondo fattore, che pesa moltissimo, è il
fattore climatico. Il caldo quasi sempre viene a pesare nella giornata del
detenuto: gli ambienti non sono costruiti pensando al caldo estivo.
D. – Durante l’estate, dunque, ancora di più il carcerato
è un semplice numero senza dignità …
R. – Questo è un discorso molto molto ampio, perché
riguarda il concetto di giustizia e come interviene la società verso una
persona che sbaglia. Diciamo che in questo periodo tanti fattori vengono ad
accentuarsi, tanti fattori negativi. Essere in carcere in estate diventa un po’
ritrovarsi ancora più soli, anche perché molti familiari vanno fuori e tante
presenze istituzionali non ci sono … quindi, il discorso estate viene a pesare
abbastanza.
D. –
Le vacanze estive possono divenire l’occasione per riscoprire Cristo nel volto
del fratello che soffre, nel volto di un carcerato?
R. – Nell’esperienza quotidiana, mi sono reso conto che la
difficoltà maggiore, che esiste anche all’interno della comunità ecclesiale,
oltre che in quella civile, è la non conoscenza di questo mondo. C’è un filtro
molto spesso che passa attraverso la morbosità e il preconcetto, per cui si è
distanti e si è severi, si è molto duri nei confronti di chi sbaglia. Una volta
che si è vicini a questo mondo, tuttavia, si scoprono le persone, si scoprono
le storie, si guarda un po’ da vicino la vicenda esistenziale di una persona
che ha sbagliato, ma che resta sempre persona. Allora, si tende a cambiare, si
tende ad essere più attenti e, soprattutto per quanti sono cristiani, si tende
a guardare un po’ quella presenza che dal Vangelo sappiamo essere la presenza
di Cristo stesso.
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AD UN FILM SUDAFRICANO IL PREMIO DI AMNESTY
INTERNATIONAL
AL
GIFFONI FILM FESTIVAL.
THE
WOODEN CAMERA RAPPRESENTA AL MEGLIO IL TEMA DEI DIRITTI UMANI
“The
Wooden Camera” è il film della 34.ma edizione del Giffoni Film Festival che
meglio degli altri rappresenta il tema dei diritti umani, e per questo verrà
premiato oggi, ultima serata del festival, da Amnesty International. La
pellicola è stata diretta dal regista sudafricano Ntshaveni Wa Curuli. Il
servizio di Francesca Sabatinelli:
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Madiba
ed Estelle, lui nero, lei bianca, entrambi di 13 anni, entrambi sudafricani.
Un’amicizia che nasce grazie ad una piccola telecamera nascosta in una scatola
di legno. Il loro cammino insieme dovrà superare l’ostilità delle rispettive
famiglie, ed è proprio questo che fa emergere il messaggio di speranza e
fiducia che ha fatto meritare alla pellicola il premio di Amnesty. A
consegnarlo, Rossella Riccio: come viceresponsabile della circoscrizione
Campania e Basilicata dell’organizzazione ha visionato e scelto il film:
“E’ la metafora della nuova generazione che cerca di
costruire il proprio futuro scrolandosi di dosso le paure, i pregiudizi dei
propri genitori che invece hanno vissuto un periodo terribile di violazioni di
diritti umani estremamente diffuso. Però il futuro va costruito non
dimenticando il passato e quindi non lasciando che le responsabilità per le violazioni
dei diritti umani rimangano impunite”.
“The Wooden Camera” esalta la voglia di crescita e
ripresa del Paese. Cosa ne è dei diritti umani e della loro difesa nel Sudafrica
di oggi?
“Le violazioni dei diritti umani in Sudafrica sono ancora
estremamente diffuse, ancora bisogna trovare giustizia per le violazioni dei
diritti umani commesse nel periodo dell’apartheid. E però sicuramente un Paese
in ricrescita”.
E’ la prima volta che Amnesty partecipa al Giffoni Film
Festival con un premio. Una presenza importante in una kermesse dedicata ai
giovani, che più di tutti hanno bisogno di essere sensibilizzati al tema dei
diritti umani.
“Aver lavorato al Giffoni Film Festival è stata un’ottima
opportunità per Amnesty di confrontarsi con i ragazzi sul tema dei diritti
umani, perché è sempre molto difficile arrivare ai giovani e soprattutto
presentare in maniera opportuna temi così difficili come la violenza o le
violazioni dei diritti umani. Allo stesso tempo, però, ci rendiamo conto che i
ragazzi sono spesso molto confusi rispetto alla situazione dei diritti umani
nel mondo: questo probabilmente perché le informazioni sono troppo parziali e
troppo poco chiare. Queste informazioni distorte generano paura nei ragazzi e
si sa che la paura, poi, è presupposto per la discriminazione. Allo stesso
tempo, però, i giovani sono facilmente entusiasmabili e facilmente si
avvicinano al lavoro di Amnesty International”.
“The
Wooden Camera” – una co-pruduzione Sudafrica, Francia, Gran Bretagna – è il
secondo lavoro di Ntshavheni Wa Luruli, in passato assistente alla regia di
Spike Lee ai film “Malcom X” e “Jungle Fever”.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 25 luglio, 17a Domenica
del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta il brano evangelico in cui Gesù
esorta i discepoli a pregare senza stancarsi: “Chiedete e vi sarà dato, cercate
e troverete, bussate vi sarà aperto”. E aggiunge:
“Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione”.
Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo
gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Quando pregate dite: ‘Padre’. La preghiera evidenzia
l’identità di Dio e dell’uomo. Quando si tratta di precisare la nostra fede,
non basta dire che noi crediamo in un solo Dio: noi crediamo in un Dio che è
Padre. Con questo diciamo che Dio è una persona concreta con delle precise
relazioni, ed il fatto di chiamarlo Padre esprime la nostra relazione di figli,
una relazione viva, un dialogo costante. Ci sono domande, il figlio ha tanti
interrogativi che aspettano una rivelazione del Padre. La preghiera è la più
autentica verifica della nostra fede, è la garanzia che ci protegge dalle
idolatrie dei concetti, del fare e delle immaginazioni. La preghiera al Padre,
difatti, dipende dal nostro sentirci figli, e dunque fratelli. Gesù è esplicito
quando dice: “Perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro
debitore”. E’ possibile dire Padre nostro se viviamo da fratelli. Non essendo
fratelli non si è figli.
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24 luglio 2004
SEGNI CONCRETI DI SPERANZA PER LA MINORANZA CATTOLICA IN UZBEKISTAN.
GRAZIE
AL SOSTEGNO ECONOMICO DELL’OPERA DI DIRITTO PONTIFICIO
“AIUTO
ALLA CHIESA CHE SOFFRE”, A BREVE VERRANNO CONCLUSI I LAVORI
PER LA
COSTRUZIONE DI DUE NUOVE CHIESE
TASHKENT. = Due parrocchie in Uzbekistan potranno
presto vedere terminata la costruzione delle loro prime rispettive chiese,
grazie al sostegno finanziario dell’Opera di diritto pontificio “Aiuto alla
Chiesa che soffre” (ACS). E’ il risultato di una recente visita nella
Repubblica asiatica di due incaricati dell’organizzazione caritativa. Scopo
della visita, accompagnata dal superiore della missione “sui iuris”
dell’Uzbekistan padre Krzysztof Kukulka, fare il punto sulle necessità della
Chiesa locale. Tra i progetti contemplati, appunto, la costruzione di due
chiese nelle parrocchie della Vergine Maria della Carità a Urgench e di
Sant’Andrea Apostolo a Bukhara, affidate a due giovani parroci francescani polacchi,
padre Stanislaw Rochowiak e padre Woiciech Kordas. I lavori, infatti, sono già
iniziati, ma procedono a rilento, per carenza di fondi. Con l’aiuto dell’ACS
dovrebbero, quindi, subire un’accelerazione, permettendo finalmente ai fedeli
il pieno uso dei due luoghi di culto. Padre Rochowiak confida che, salvo
imprevisti, la nuova chiesa di Urgench possa essere dedicata già l’anno
prossimo. In Uzbekistan, dove la Chiesa è rinata dopo l’indipendenza
dall’Unione Sovietica nel 1991, tre quarti dei 25 milioni di abitanti sono
musulmani. I cristiani, invece, sono l’1,7 per cento, di cui 40 mila cattolici.
L’ACS opera nel Paese dal 1993, finanziando soprattutto la ricostruzione di
chiese e altri edifici cattolici. Nel 2003 ha stanziato circa 35 mila dollari.
(L.Z.)
SI E’ CELEBRATA IERI LA GIORNATA INTERNAZIONALE
DELLE POPOLAZIONI AUTOCTONE. ANCORA DIVERSI I DIRITTI CALPESTATI DEGLI OLTRE
300 MILIONI DI INDIGENI
NEL MONDO. INSEDIATO A GINEVRA IL NUOVO ALTO
COMMISSARIO ONU
PER I DIRITTI UMANI
GINEVRA. = “Nonostante gli sforzi compiuti negli
ultimi vent’anni, restano ancora i principali problemi sui diritti dei popoli
indigeni”. Lo ha sottolineato ieri il portavoce dei rappresentanti dei popoli
indigeni, in occasione della Giornata Internazionale delle popolazioni
autoctone. “Ci vorrebbe ancora un ‘decennio internazionale’ consacrato ai
popoli nativi - ha proseguito parlando nel corso di una cerimonia all’ufficio a
Ginevra delle Nazioni Unite - perché le loro rivendicazioni siano riconosciuti
dagli Stati. Ma noi siamo pazienti”. I rappresentanti degli oltre 300 milioni
di indigeni nel mondo, che si riuniscono ogni anno a Ginevra, hanno chiesto
all’ONU di confermare l’esistenza del loro gruppo di lavoro, minacciato dalla
creazione di un forum permanente a New York. Il migliaio di rappresentanti di
differenti popoli indigeni dei cinque continenti hanno, inoltre, deplorato le
discriminazioni sociali, economiche e culturali, la spoliazione delle loro
terre da parte di imprese multinazionali e l’assenza del potere nella gestione
dei loro affari. Sempre ieri si è insediata la canadese Louise Arbour, nuovo
Alto Commissario Onu per i diritti umani. L’incarico è stato vacante per quasi
un anno dopo la morte del brasiliano Sergio Vieira de Mello, ucciso in Iraq il
19 agosto 2003 nell’attacco contro la sede dell’Onu a Baghdad. La signora
Arbour, che è stata presidente dei Tribunali penali internazionali dell’Onu per
la ex Jugoslavia e per il Rwanda, ha dichiarato che intende assolvere il suo
compito in modo “pragmatico” per ottenere risultati utili. “ Crimini contro
l’umanità, crimini di guerra, tortura, terrorismo, genocidio, discriminazioni
devono essere affrontati con fermezza - ha detto - ma nel rispetto dei limiti
legali”. (B.C.)
PROSEGUE L’ODISSEA DEL CARICO UMANO DELLA CAP
ANAMUR.
L’UNHCR CRITICA L’ITALIA PER COME E’ STATA GESTITA
LA VICENDA DEI 37 AFRICANI
GINEVRA. = L’Italia bacchettata per la vicenda della
Cap Anamur. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha
criticato ieri le autorità italiane per la procedura che ha condotto
all’espulsione del gruppo di richiedenti di asilo che si trovavano
sull’imbarcazione tedesca. “Standard accettabili per il trattamento delle domande
d’asilo - scrive in un comunicato l’agenzia internazionale - devono essere
rispettati in ogni circostanza”. “In questo caso specifico - aggiunge - diversi
aspetti della procedura sono stati trattati al di sotto di norme internazionali
ed europee, tra cui gli standard minimi definiti dalla direttiva dell’Unione
Europea sulle procedure d’asilo”. E’ giallo, intanto, sulla sorte dei 25
ghanesi rimpatriati ieri. Per tutto il giorno si sono rincorse voci sul loro
arresto appena giunti ad Accra, capitale del Ghana, con l’accusa di alto
tradimento alla Patria. Secondo il ministro dell’Interno locale, Hackman Owasu
Agyeman, gli uomini sono rei di “fellonia di secondo grado”, per aver
danneggiato l’immagine del proprio Paese all’estero. Secca, tuttavia, la
smentita del portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, Laura
Boldrini. “Non ci risulta - ha detto - che i 25 immigrati siano stati
arrestati, anzi, secondo le nostre informazioni, a quelli che non vivono ad
Accra ma nei villaggi sarebbe stata data anche una piccola somma per tornare a
casa”. Sulle coste italiane, intanto, proseguono gli sbarchi di clandestini. A
Lampedusa ieri pomeriggio sono giunti 146 immigrati, mentre altri 6 sono
sbarcati stamani sull’isola di Pantelleria. (B.C.)
LAUREA ‘HONORIS CAUSA’ IN MEDICINA PER PADRE PAOLINO
BALDASSARRI.
IL MISSIONARIO DEI SERVI DI MARIA E’ DA SEMPRE
IMPEGNATO
NELLA DIFESA DEI DIRITTI DEGLI INDIOS DELL’AMAZZONIA
RIO BRANCO. = Ennesimo
riconoscimento per padre Paolino Baldassarri, dell’ordine dei Servi di Maria
(Serviti), da sempre a servizio dei più poveri e più deboli. Il missionario ha
ricevuto ieri la laurea ‘honoris causa’ in medicina dall’Università di Rio
Branco, nello Stato amazzonico dell’Acre, in Brasile. Già vincitore del premio
‘Cuore amico’ nel 1996, riferisce l’agenzia MISNA, il sacerdote ha ottenuto la
qualifica universitaria perché da oltre 50 anni è al fianco degli indios
dell’Amazzonia, dedicandosi anche alla medicina e sviluppando conoscenze in
campo sanitario. “L’amore e la fede - ha detto il missionario ricevendo la laurea
- contano più del diploma in tasca”. Nato nel 1926 a Quinzano, in provincia di
Bologna, e ordinato sacerdote nel 1953 a San Paolo del Brasile, padre Baldassarri
ha trascorso tutta la vita nel Paese latino-americano. Ha realizzato scuole e
cooperative e ha affiancato gli indios nella battaglia contro i latifondisti
che distruggono la foresta. Nel 1996 il servita ha, inoltre, ottenuto,
dall’allora presidente Fernando Cardoso, l’emissione di un decreto contro
l’estrazione del mogano. (B.C.)
IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO DELLA CONQUISTA
DEL K2,
IL PROSSIMO 31 LUGLIO UNA SPEDIZIONE DI ALPINISTI
ITALIANI
PORTERA’ LA CROCE DEL GIUBILEO DEL 2000 IN CIMA ALLA
VETTA,
CON LA BENEDIZIONE DI GIOVANNI PAOLO II
ROMA. = Per celebrare il 50° anniversario della
conquista del K2, vetta raggiunta per la prima volta nel 1954 dalla spedizione
italiana guidata da Ardito Desio, è partita un’impresa commemorativa che vedrà
i partecipanti salire sulla cima e conquistare, secondo il programma, la
seconda vetta del mondo il prossimo 31 luglio. Insieme agli alpinisti
provenienti da tutta Italia, faranno parte del gruppo scienziati, medici e
personalità istituzionali. Mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato
dell’Opera Romana Pellegrinaggi, è stato nominato Cappellano della spedizione.
Quest’ultimo porterà in cima al K2 un esemplare della Croce Astile del Giubileo,
benedetta dal Santo Padre. L’opera dello scultore Andrea Trisciuzzi, già
portata da mons. Andreatta al Polo Nord nel 2001, al Polo Sud nel 2002 e nel
2003 sul Monte Bianco, ha un forte valore simbolico. Il braccio verticale della
Croce, alta circa un metro, è formato dal susseguirsi di 8 figure umane (uomini,
donne, giovani e una madre con in braccio il figlio); in alto, Giovanni Paolo
II che porta l’umanità verso il Cristo Crocifisso, al culmine dell’asta, e
traghetta la Chiesa verso il terzo millennio dell’era cristiana. Uno dei
momenti più significativi dell’impresa sarà la celebrazione della Santa Messa
al Campo Base del K2 (m. 5200), alla presenza del presidente onorario della
spedizione, il ministro delle Politiche Agricole e Forestali Gianni Alemanno. (R.M.)
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24 luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’Iraq continua ad essere colpito dal dramma dei
sequestri. Questa mattina è stato rapito a Baghdad
il direttore di una delle maggiori imprese edili statali. La rappresentanza
del Cairo nel Paese del Golfo ha dichiarato, inoltre, di non aver stabilito
alcun contatto con i rapitori del diplomatico egiziano sequestrato ieri da un
gruppo islamico iracheno. I miliziani hanno affermato, in un video, di aver
agito in risposta all’offerta del primo ministro egiziano di voler aiutare
l’Iraq addestrando le sue forze di sicurezza. E l’orrore dei rapimenti è
riproposto anche in un altro filmato. Il nostro servizio:
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Il gruppo iracheno che,
mercoledì scorso, ha sequestrato sette stranieri, tre indiani, tre keniani e un
egiziano, ha dettato ulteriori condizioni per il rilascio dei prigionieri. In
un nuovo video, trasmesso dalla televisione araba al Jazeera, i rapitori
chiedono oltre al ritiro dall’Iraq della compagnia di trasporti del Kuwait per
la quale i sette ostaggi lavoravano, il versamento di risarcimenti alle
famiglie delle vittime dei recenti raid aerei americani su Fallujah e la
liberazione di detenuti iracheni. Secondo quanto dichiarato stamani dal
ministro degli Esteri indiano, i sequestratori vogliono, invece, soltanto
soldi. Sul terreno, l’esplosione di un ordigno ha innescato un incendio
nell’oleodotto che trasporta petrolio dalla più importante raffineria del nord
del Paese fino a Baghdad. Un marine americano è morto in seguito alle gravi
ferite riportate ieri in scontri avvenuti nella provincia di al Anbar,
roccaforte sunnita a nord della capitale. La polizia irachena e le forze della
coalizione hanno inoltre sventato un attentato neutralizzando un’autobomba
pronta ad esplodere nella città di Mossul. Sul versante politico, il ministro degli Esteri di Baghdad, Hoshyar Zebari,
ha chiesto alla Russia di inviare soldati per contribuire alla sicurezza del
Paese arabo. “Abbiamo bisogno di truppe di pace”, ha spiegato il ministro al
suo arrivo a Mosca dove sono previsti una serie di incontri con esponenti del
Cremlino. Ma la diplomazia russa ha ribadito che, almeno per ora, questa ipotesi
“non è nei suoi programmi”.
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Cresce
la tensione in Medio Oriente. Dozzine di attivisti armati, appartenenti al movimento
Al Fatah, hanno occupato oggi il municipio di Khan Yunes, nella striscia di Gaza,
chiedendo le dimissioni da capo dei servizi di sicurezza palestinesi di Mussa
Arafat, cugino del presidente, Yasser Arafat. Bulldozer israeliani sono
entrati, inoltre, nel campo profughi di Rafah, e hanno demolito sei case palestinesi.
Intanto, è finita tre le polemiche la visita a Gerusalemme del responsabile
della politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana. Nonostante le
critiche di Israele all’Europa per avere appoggiato la risoluzione Onu di
condanna del ‘muro’ – ha detto Solana rivolgendosi a Sharon - l’Unione intende
partecipare al rilancio del processo di pace in Medio Oriente.
Ancora
violenze in Afghanistan. Nella provincia di Kunar, quattro soldati afghani sono
rimasti uccisi in un agguato da presunti taleban nella notte tra giovedì e venerdì.
Lo ha riferito oggi l’agenzia France Press riportando fonti locali.
In Turchia
si aggrava il bilancio dell’incidente ferroviario, accaduto ieri nei pressi di
Sakarya, nel nord ovest del Paese. I morti sono 37 e 81 i feriti. A livello di
indagini, sono stati incriminati i
due macchinisti e il capotreno del convoglio deragliato. Per la
televisione turca NTV, pesa su di loro l’accusa di “negligenza e mancanza di
attenzione”. Nel mirino anche le linee
ferroviarie turche considerate inaffidabili.
Gli
Stati Uniti hanno deciso l’invio di circa 50.000 tonnellate di prodotti
agricoli alla Corea del Nord, che verranno distribuiti tramite il Programma Alimentare
Mondiale. Lo ha annunciato, a Washington, il Dipartimento di Stato americano,
precisando che gli aiuti puntano ad “alleviare le sofferenze del popolo
nordcoreano, nonostante le preoccupazioni statunitensi” riguardo al programma atomico
di Pyongyang. Le autorità nordcoreane hanno peraltro respinto le richieste americane
di rinunciare a qualsiasi ambizione nucleare, così come deciso a dicembre dalla
Libia. Ma in quali condizioni vive la popolazione della Nord Corea? Risponde
padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia News, intervistato da Giada
Aquilino:
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R. – Secondo le notizie che abbiamo
ad Asia News, la situazione è sempre molto grave. La mancanza di alimenti, la
mancanza di prospettive della popolazione nordcoreana è drammatica, tant’è vero
che sempre più profughi fuggono verso la Cina. Da lì poi vengono rimandati
indietro, con conseguenze anche violente come la prigionia. La situazione è
quindi molto critica, sia dal punto di vista alimentare sia da quello politico,
perché è in atto una repressione per far rimanere la popolazione all’interno
dei confini della Corea del Nord. In questo senso, quindi, la scelta degli
americani di inviare aiuti alimentari mi sembra una mossa che “strizza
l’occhio” alla popolazione coreana, nel senso che la aiuta, e che mette maggiormente
in crisi la gestione del Paese da parte del governo di Pyongyang.
D. – Perché ora arrivano questi
aiuti, nonostante le critiche americane al programma nucleare nordcoreano?
R. – Per fare in modo che i
nordcoreani, in qualche modo, si accorgano che la Comunità internazionale è
preoccupata del loro destino, ma lo è molto meno del destino del loro leader, Kim Jong Il.
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Trasferiamoci nella Bosnia Erzegovina dove ieri sera è
stata celebrata, con una grande cerimonia, la riapertura del Ponte di Mostar.
Il servizio di Emiliano Bos:
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Stamani, all’alba, il vecchio ponte era già
pieno di curiosi e turisti, pronti a farsi fotografare sull’antica passerella
di pietra bianca secolare. Il nuovo “Stari Mist” è stato ricostruito con lo
stesso materiale e l’identica forma, quella slanciata a schiena d’asino, disegnata
a suo tempo dall’architetto ottomano Mimar Hajrudin nel 1566. “E’ la vittoria della pace”, ha detto con solennità
il leader della presidenza tripartita della Bosnia-Erzegovina, Suleiman Tihic,
nel corso della grandiosa cerimonia di apertura di ieri sera. Per tutto il
giorno, il ponte era stato chiuso ai bosniaci
per permettere l’inaugurazione ufficiale da parte degli oltre 50 rappresentanti
della Comunità internazionale, che hanno finanziato i 15 milioni di euro necessari
al restauro. “Abbattere questo ponte ha significato distruggere l’idea di una
Bosnia multietnica e multiculturale” ha detto l’altro rappresentate Paddy Ashdown
davanti a decine di migliaia di persone collegate anche con maxi-schermi in
tutta la città. “Oggi – ha proseguito – siamo qui per vedere quanta strada ha
già percorso questo Paese”. Quei 30 metri di pietra calcarea del Ponte, che separano
croati e musulmani, restano però ancora una distanza da colmare. A nove anni
dalla fine della guerra ci sono, infatti, da ricostruire le relazioni tra le
due sponde, tra i due popoli. Mostar ha ancora due Consigli comunali separati,
le scuole sono praticamente divise, molti ancora gli edifici distrutti dai
bombardamenti e, soprattutto, una situazione economica stagnante che negli anni
del dopo-guerra ha alimentato il successo dei partiti nazionalisti ed
estremisti. Nel prossimo ottobre, la città avrà finalmente un’amministrazione
riunificata e forse, come sembravano auspicare le note dell’Inno alla Gioia di
Beethoven, suonato ieri sera dall’orchestra di Sarajevo, il percorso della Bosnia
verso l’Europa passerà proprio per quel Ponte.
Da Mostar, per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.
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L’Asia continua ad essere devastata dalle alluvioni. Sono
31 le vittime accertate e 22 i dispersi, a causa delle inondazioni che da
domenica scorsa flagellano il Vietnam. Colpita la zona al confine con la Cina.
Inondati quasi 150 mila ettari di risaia.
Il governo italiano ha designato commissario europeo Rocco
Buttiglione, che fino ad oggi ha ricoperto la carica di ministro per le
politiche comunitarie. Buttiglione entrerà a far parte del nuovo esecutivo
comunitario al posto di Mario Monti. Per il coordinatore di Alleanza Nazionale,
Ignazio La Russa, la nomina di Buttiglione non è stata un’invenzione
dell’ultimo momento e non è frutto di uno scambio con gli alleati di governo.
Intanto il Consiglio dei Ministri ha varato le linee guida del Documento di programmazione
economica e finanziaria che sarà definitivamente approvato nella prossima
riunione. La manovra sarà di complessivi 24 miliardi di euro: 17 miliardi
derivanti da misure strutturali e 7 miliardi da una tantum.
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