RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 204 - Testo della
Trasmissione di giovedì 22 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Oggi, 22 luglio,
“Natale” di Santa Maria Maddalena.
CHIESA E SOCIETA’:
Conto
alla rovescia per il pellegrinaggio di Azione Cattolica a Loreto
Le inondazioni in Asia
meridionale continuano a provocare vittime
Sempre critica la situazione
nella regione indonesiana di Aceh
In Iraq almeno 25 morti
in seguito a furiosi combattimenti a Ramadi. L’ex ostaggio filippino è tornato
a Manila, mentre la guerriglia sequestra altri
sette stranieri
Il premier uscente
portoghese, Manuel Barroso, è stato nominato presidente della Commissione europea
22 luglio 2004
IL
SANTO PADRE INVIA MONS. PAUL JOSEF CORDES NELLA REGIONE SUDANESE
DEL DARFUR PER ESPRIMERE LA SUA VICINANZA E
SOLIDARIETA’ ALLE POPOLAZIONI CHE SECONDO KOFI ANNAN SONO OGGETTO DI UNA VERA E PROPRIA PULIZIA ETNICA
Il Papa continua ad essere
vivamente preoccupato per la situazione delle popolazioni del Darfur, la
regione occidentale del Sudan confinante con il Ciad, che si è drammaticamente
aggravata nell’ultimo anno. Per questo motivo ha inviato in Sudan l’arcivescovo
Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, per esprimere
loro la sua vicinanza e solidarietà. Lo ha reso noto oggi un comunicato della
Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Il Papa – afferma il comunicato –
“desidera che la voce dei popoli del Darfur sia ascoltata e presa in
considerazione e che i loro diritti umani fondamentali siano rispettati”.
Mons. Cordes, accompagnato dal
sotto-segretario di Cor Unum mons. Dal Toso, è partito questa mattina presto
per Khartoum. Qui incontrerà il nunzio mons. Mamberti, l’arcivescovo della
capitale, il cardinale Wako e i rappresentanti dell’episcopato sudanese, per
essere informato sul conflitto in corso, che Kofi Annan ha definito una vera e
propria “pulizia etnica”. Milizie arabe filogovernative hanno infatti messo a
ferro e fuoco la regione abitata da popolazioni autoctone nere. Appena lunedì
scorso in un rapporto Amnesty International ha accusato il governo sudanese di
crimini contro l’umanità per il sostegno dato alle milizie arabe.
“Con l’assistenza delle Nazioni
Unite – continua la nota della Sala Stampa vaticana – mons. Cordes si recherà
nella zona calda del Darfur, dove è sempre più difficile accedere per gli
scontri, e visiterà i campi profughi a Nyala. Oltre alla guerra, anche le
condizioni di povertà disperata di questi campi causano vittime: l’ONU parla di
oltre 100 morti al giorno”.
In più di vent’anni di conflitto
in Sudan, si calcolano due milioni di morti e cinque milioni tra sfollati e
rifugiati. La situazione – spiega il comunicato – è talmente compromessa da
essere stata definita un “Rwanda al rallentatore”.
Per questa missione il cardinale segretario di Stato
Angelo Sodano, ha scritto una lettera a mons. Cordes, evidenziando come il
recente accordo tra il governo di Khartoum e la guerriglia del sud Sudan
(Spla-Splm) abbia aperto “buone possibilità
per la pace e lo sviluppo dell’intero Paese”. La crisi in Darfur tuttavia
potrebbe minacciare adesso i risultati di quegli accordi. Il porporato ribadisce
la vicinanza, la solidarietà e la preghiera del Santo Padre per tutti coloro
che soffrono, in particolare per i rifugiati, che sarebbero circa un milione.
La speranza del Papa – prosegue il cardinale Sodano è che queste popolazioni
possano ricevere “tutto l’aiuto umanitario necessario”, specialmente durante
l’imminente stagione delle piogge che rende la sopravvivenza ancora più
difficile. Giovanni Paolo II confida perciò che “le autorità sudanesi, in
collaborazione con la comunità internazionale, intensificheranno gli sforzi per
raggiungere una giusta soluzione per il Darfur”. Questo – si legge nella
lettera del cardinale Sodano – “avverrà quando la voce delle popolazioni del
Darfur sarà ascoltata e riconosciuta e quando i loro diritti fondamentali
saranno rispettati, specialmente il diritto alla vita, alla libertà politica e
religiosa e il diritto ad una pacifica esistenza nei propri territori”.
Il Pontificio Consiglio Cor Unum
aveva già inviato nel Darfur un aiuto finanziario tramite l’Alto Commissario
per i Rifugiati.
E’ possibile rispondere
all’appello lanciato dalla rete Caritas, congiuntamente ad Action by
Churches Together, facendo donazioni sul c/c Postale no. 603035, intestato
a: “Pontificio Consiglio COR UNUM - per DARFUR”.
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NOMINE
In India, il Papa ha accettato la
rinuncia al governo pastorale dell’arci-diocesi di Bangalore, presentata da
mons. Ignatius Pinto, per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato
suo successore mons. Bernard Moras, finora
vescovo di Belgaum.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina, con
grande rilievo, la notizia che il Santo Padre ha inviato il presidente del
Pontificio Consiglio “Cor Unum” nel Darfour-Sudan, affinché siano rispettati i
diritti umani fondamentali di popoli tanto provati e la loro voce
ascoltata e presa in considerazione.
All’interno, la Lettera del
cardinale Angelo Sodano al presidente del Pontificio Consiglio “Cor
Unum”.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata al cammino della Chiesa in Asia.
Nelle estere, in evidenza
l’Iraq con un articolo dal titolo “Un cinismo che lede la dignità stessa del
dolore”: missili colpiscono il “Medical City Center” di Baghdad, provocando la
morte di due pazienti ed il ferimento di altri cinque. Tre fratelli uccisi
nell’esplosione di un’autobomba all'ingresso di un ospedale pediatrico di Ramadi.
Per la rubrica dell’“Atlante
geopolitico”m un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo: “Afghanistan: alla
ricerca di ordine e di stabilità”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Angelo Marchesi dal titolo: “Chiarimenti necessari per un corretto
rapporto tra ragione e fede”: riflessioni in margine a due recenti saggi di
Giuseppe Lorizio.
Nelle pagine italiane, il tema
dei conti pubblici.
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22 luglio 2004
DIBATTITO IN SPAGNA SUL RICONOSCIMENTO GIURIDICO DELLE UNIONI
OMOSESSUALI
-
Intervista con Josto Maffeo -
“Un
errore ed un’ingiustizia dalle conseguenze molto negative per il bene comune e
per l’intera società”. È netta la presa di posizione dei vescovi spagnoli sul
progetto di legge che, a gennaio dell’anno prossimo, metterebbe sullo stesso
piano il matrimonio fra uomo e donna e quello fra persone omosessuali. Alla
nota dei presuli – intitolata “In favore del vero matrimonio” e pubblicata
martedì scorso – hanno fatto seguito ieri aspre dichiarazioni da parte del
ministro della Giustizia, Juan Fernando López Aguilar, in difesa del nuovo
provvedimento. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Josto Maffeo, corrispondente a
Madrid del Messaggero:
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R. –
Bisogna precisare una cosa: non si tratterebbe di una legge che dà diritti civili,
ma si parla di matrimonio in piena regola, omologabile al matrimonio tra
individui di sessi opposti. E poi c’è una mezza promessa - se ne discuterà in
autunno - di dare addirittura la possibilità dell’adozione non all’individuo,
ma alla coppia formata dal nuovo matrimonio omosessuale. Naturalmente questo -
anche fra coloro che appoggiano il progetto di legge - ha aperto qualche
perplessità, perché evidentemente ci sono degli studi di psicologi con pareri
contrastanti: se alcuni affermano che non c’è nessuna influenza sui bambini,
altri dicono esattamente il contrario.
D. – In Parlamento i partiti come sono schierati su questa
legge a favore del matrimonio omosessuale?
R. – Da una parte c’è il partito socialista, che deve
contare sull’appoggio di alcune forze nazionaliste – come i catalani
indipendentisti – e con i loro voti ha la maggioranza per approvare il testo.
Dall’altra parte c’è il partito popolare – che teoricamente dovrebbe stare su
altre posizioni – ma sa che nella società non vendono certe opposizioni e che
ammiccare funziona. Pertanto non ci sarà un’opposizione forte, dura: ci saranno
delle critiche individuali, ma nel complesso sarà un’opposizione tiepida.
Ritengo quindi che la legge passerà senza troppe difficoltà e che, come dice il
ministro di Giustizia, ai primi del 2005 il matrimonio omosessuale sarà una
realtà.
D. – Stupisce un po’ il fatto che, sulla stampa spagnola e
in tv, non ci sia un dibattito aperto su una questione così controversa.
Perché?
R. – Io direi perché la lobby gay in Spagna evidentemente
è forte: sono misure che si varano perché vendono in determinati settori … Si
tratta di nicchie di elettorato molto forti, molto presenti nei media… Così,
quando si cerca di ratificare con le leggi ciò che è accettato nella società, è
chiaro che si punta verso finalità elettorali.
D. – C’è un’altra cosa che stupisce, in un Paese cattolico
come la Spagna, e riguarda l’insieme di nuove leggi in discussione, tipo quella
sulle cellule staminali ...
R. – Noi abbiamo un’immagine della Spagna come di una
riserva del cattolicesimo. Io direi, invece, che c’è sì un cattolicesimo
credente, praticante, fervente, ma si tratta di una nicchia. Importante, ma pur
sempre una nicchia. Il resto della società, evidentemente, quando celebra un
matri-monio o un battesimo, molte volte fa prevalere l’aspetto sociale, quello
del banchetto e della festa. Ma è chiaro che la religiosità in Spagna sta
scemando.
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GLI
ALLARMI DEL VIMINALE E LE ESPULSIONI DEI CLANDESTINI DELLA NAVE
CAP
ANAMUR RIPORTANO IN PRIMO PIANO IN ITALIA E IN EUROPA
- Con
noi, Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur -
Sono
stati rimpatriati stamani con un volo della Ghana Airways, diretto ad
Accra, 27 africani sbarcati, nei giorni scorsi, in Sicilia con la nave Cap
Anamur, dopo un’odissea in mare durata alcune settimane. Si aggiungono,
così, ai cinque nigeriani rimpatriati ieri. E’ questo, dunque, l’epilogo di una
vicenda drammatica, che ha portato nuovamente in primo piano il fenomeno
dell’immigrazione. Intanto, la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo
ha chiesto al governo di Roma informazioni sulla vicenda. Per il ministro
dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu, nessuno degli africani
sull’imbarcazione aveva lo status per essere riconosciuto come rifugiato
politico. Intanto, sempre il capo del Viminale ha lanciato un allarme: solo in
Libia, due milioni di persone sarebbero pronte ad imbarcarsi sulle famigerate
“carrette del mare” per venire in Italia. A lucrare sulla disperazione di
questa gente, ha detto Pisanu, sono organizzazioni criminali, che ogni anno incassano
dai clandestini due miliardi e mezzo di euro. Sul tema dell’immigrazione e la
vicenda della Cap Anamur, Luca Collodi ha intervistato Laura Boldrini,
portavoce dell’Alto commissariato Onu per i Rifugiati:
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R. – Il fatto che ci sia questo spostamento e che la gente
oggi, in questo nostro mondo, sia costretta a scappare per diversi motivi,
questo crea un commercio; un commercio lucrosissimo. E c’è gente che sfrutta
quest’opportunità. Ora, su quella carretta del mare c’è gente che scappa per i
motivi più diversi. L’unica cosa che accomuna tutti è la disperazione…
D. – Il riferimento è alla nave Cap Anamur ...
R. – Sì, la vicenda della Cap Anamur presenta dei
lati oscuri. Quello che non è chiaro, appunto, in particolare è come si sia
sviluppata in senso temporale questa vicenda, le responsabilità dei vari Stati,
il comportamento dello stesso equipaggio... Poi, come abbiamo dato atto che
l’Italia ha consentito lo sbarco di queste persone su un terreno puramente
umanitario, così oggi dobbiamo anche ammettere che la vicenda è stata gestita
in maniera abbastanza discutibile, perché noi abbiamo tentato in ogni modo di
avere un dialogo con il governo, anche parlare con queste persone e devo dire
che non è stato molto semplice…
D. – Su questa vicenda e sul tema, quindi,
dell’immigrazione più in generale, del rispetto del diritto umanitario, e
sull’operazione della Cap Anamur in particolare, l’opinione pubblica
sembra favorevole alla decisione di espellere questi africani ...
R. – Mi viene da fare una riflessione sostanzialmente sul
ruolo dei media: con molta facilità in Italia si enfatizza “l’invasione”,
quando i numeri parlano chiaramente e diversamente. Fanno sentire l’italiano
sempre sotto assedio da sbarchi massicci e in pericolo per questa presenza
inquietante che invece si risolve, a volte, con la presenza di gente che fa
lavori utili alla nostra società… ecco, io penso che questo sia veramente molto
pericoloso. Nessuna civiltà, oggi, può permettersi lo scontro, nessun Paese in
casa propria può permettersi questo!
D. – Laura Boldrini, l’allarme sul terrorismo internazionale
sta in qualche modo portando novità negative nell’accoglienza dei profughi nei
singoli Paesi in Europa?
R. – Dopo l’11 settembre, chiaramente, sono cambiate le
priorità degli Stati. Oggi, al numero uno dell’agenda c’è la sicurezza, e
questo si capisce. Però, questo sarebbe deprecabile che andasse a discapito dei
diritti umani, a discapito delle grandi vittorie di civiltà. Un rischio c’è,
però noi veramente ci auguriamo che prevalga comunque il senso di equilibrio
anche in questo!
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22 LUGLIO, IL “NATALE” DI SANTA MARIA MADDALENA,
DAPPRIMA
SCHIAVA DEL PECCATO, POI SERVA PER AMORE DI GESU’,
CHE LA
RESE PRIMA TESTIMONE DELLA SUA PASQUA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
Per le
Chiese orientali e per quella latina il 22 luglio è, per antichissima
tradizione, il giorno di Santa Maria Maddalena. Di colei che per prima diede
alla Chiesa nascente l’annuncio della Risurrezione, oggi si fa memoria in modi
diversi nei calendari liturgici. La liturgia in Occidente festeggia in
particolare il “natale” della Santa di Magdala, alla quale sono intitolate in
tutto il mondo numerosissime chiese. Per ricordarne la vita e il significato
della sua esperienza, ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis.
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(Canto
gregoriano)
Un
giorno lo incontrò, ne fu guarita nell’anima e lo seguì, semplicemente per servirlo.
Lo seguì fino alla fine, anche nel momento più triste e drammatico, quando in
molti fuggivano, avevano tradito o avrebbero rinnegato. Lei lo seguì, lo vide
morire, volle onorarlo e pianse quando scoprì un sepolcro vuoto. Ma fu anche la
prima a vedere risorto il suo amato “Rabbunì”, a parlargli e a diffondere la
notizia della nuova Pasqua.
E’ una storia straordinaria, quella di
Maria Maddalena. Pochi flash nel Vangelo per raccontare una parabola che
in modo bruciante passa da una natura umana debole e pesantemente segnata dal
peccato alla santità, con Gesù in persona a guidarne e consacrarne il cammino
di redenzione. Per secoli, storici ed esegeti si sono affannati nel precisare
l’identità delle diverse discepole di nome Maria che appaiono nei testi
evangelici – Maria di Magdala, Maria di Betania, la peccatrice anonima che
asciuga con i suoi capelli i piedi di Gesù – nel tentativo di comprendere se
fossero o meno la stessa persona. E leggende più o meno fantasiose, che
attorniano il vastissimo culto fiorito nei riguardi della Santa, hanno
alimentato una sterminata letteratura sia in Oriente che in Occidente. Ma al di
fuori di questo profluvio agiografico, resta vivo ciò che risalta dalla prosa
piana del Vangelo: quella donna reietta, originaria di Magdala – piccolo centro
abitato sulla sponda occidentale del lago di Tiberiade – è un modello di
cristiana che rende la santità vicina all’uomo, perché incarna una ricerca
genuina di Dio premiata, e mostra che nemmeno il male peggiore impedisce al
Padre di perdonare un suo figlio e di portarlo alla perfezione.
Papa Gregorio Magno, che volle intendere le tre donne come
una stessa persona, ci ha lasciato in una celebre omelia la spiegazione
profonda del perché Cristo concesse alla Maddalena – e non per esempio a un suo
discepolo – il privilegio di poterlo vedere dopo la Risurrezione. Mentre i
discepoli, come afferma il Vangelo, “se ne tornarono di nuovo a casa”, lei - in
lacrime - non volle allontanarsi da quel sepolcro vuoto. “Cercava
colui che non aveva trovato – scrive Gregorio Magno - piangeva in questa
ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che
fosse stato trasfigurato. Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era
rimasta per cercarlo; perché la forza dell'opera buona sta nella perseveranza,
come afferma la voce stessa della verità: ‘Chi persevererà sino alla fine, sarà
salvato’”. Ed è questo il valore che a noi cristiani del 21 secolo ricorda la
gratitudine e la fedeltà di una donna della prima ora. Prima schiava di “sette demoni”,
poi ancora serva, ma per amore, dell’uomo-Dio che le ha usato misericordia.
(Canto
gregoriano)
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22 luglio 2004
CONTO ALLA ROVESCIA PER IL PELLEGRINAGGIO DI AZIONE CATTOLICA A LORETO.
EVENTO
PORTANTE DELL’APPUNTAMENTO, LA MESSA CON GIOVANNI PAOLO II
PER LA
BEATIFICAZIONE DI TRE LAICI
ANCONA. = Una grande festa di
fede. E’ lo spirito che animerà il pellegrinaggio nazionale di Azione Cattolica
a Loreto, dal primo al 5 settembre prossimi, sul tema “Sei tu la dimora di
Dio”. Una serie di manifestazioni di canto, preghiera, convegni e animazioni
precederanno i due momenti principali, sabato 4 e domenica 5, quando si
svolgeranno l’incontro nazionale di Ac nello stadio Del Conero e la solenne
celebrazione eucaristica nella piana di Montorso di Loreto, presieduta Giovanni
Paolo II, per la beatificazione di tre laici: Alberto Marvelli, Pina Suriano e
lo spagnolo Pietro Tarres. L’appuntamento del prossimo settembre a Loreto, santuario
mariano, sarà una convocazione nazionale di tutta l’Azione Cattolica per affidare
a Dio, attraverso le mani di Maria, l’AC del terzo millennio, i suoi passi di
rinnovamento, la sua decisione di servire la Chiesa italiana e di compiere
percorsi di santità laicale per testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi.
“Loreto - ha detto la presidente di AC, Paola Bignardi, in un’intervista al
Sir, il servizio di informazione religiosa promosso dalla Cei - è la terza
tappa del cammino iniziato con il rinnovamento dello Statuto e proseguito con
l’elaborazione del nuovo progetto formativo che proprio nella cittadina mariana
sarà consegnato ai presidenti parrocchiali”. (B.C.)
“NON ABBANDONATE L’ARDUO SENTIERO DELLA PACE”:
E’ IL
MONITO DEI VESCOVI DELLO SRI LANKA DINANZI ALLA SEMPRE PIU’ DELICATA
SITUAZIONE
FRA GOVERNO E RIBELLI.
RIPETUTAMENTE
INFRANTO IL CESSATE IL FUOCO
COLOMBO.
= “Non abbandonate la strada della pace, non cedete alla violenza, per non
ripiombare nell’era buia dell’odio e della guerra”. La Chiesa nello Sri Lanka
ha espresso, ai microfoni dell’agenzia Fides, parole di preoccupazione per la
delicata fase che sta attraversando il Paese. Gli osservatori europei, nominati
dalla Norvegia, che ha l’incarico di mediare fra le parti, informano di
ripetute violazioni del cessate-il-fuoco, siglato a febbraio 2002 fra governo e
ribelli Tamil, con conseguente rischio di una nuova fase di aperto conflitto.
Secondo un rapporto, il fronte dei ribelli Tamil ha commesso oltre 2.500 violazioni
dell’accordo, soprattutto continuando ad arruolare bambini soldato (circa
1.400) e arricchendo il proprio arsenale. L’esercito regolare di Colombo,
invece, sempre secondo il rapporto, ha commesso 112 violazioni, in modo
particolare nel maltrattamento di prigionieri e civili tamil, ai quali vengono
negati i più elementari diritti. I cattolici dello Sri Lanka, intanto,
continuano ad agire da ponte fra le etnie in conflitto, promuovendo programmi
di riconciliazione sociale nelle scuole, nella speranza che le nuove
generazioni possano dare un voto libero e pacifico al Paese nel terzo
millennio. I vescovi srilankesi hanno più volte ribadito che giustizia sociale,
crescita economica, benessere e pacificazione devono restare principi basilari
della vita della nazione. (B.C.)
ARGINARE IL FENOMENO DELLA
MIGRAZIONE DEI CATTOLICI E PROMUOVERE
NUOVI PROGETTI NELLA PASTORALE GIOVANILE: SONO LE
URGENZE
EMERSE DURANTE UN INCONTRO ORGANIZZATO DAI
CATTOLICI SIRIANI AD ALEPPO
ALEPPO.
= Le Chiese del Medio Oriente moltiplicano gli sforzi nella pastorale giovanile.
In vista della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, è stata organizzata
la prima “Giornata per i giovani cristiani” dei Paesi arabi, che ha radunato
circa 4 mila persone da Siria, Egitto, Libano e Giordania. L’evento, diretto
dal vescovo melchita di Aleppo, Jean-Clément Jeanbart, ha previsto riflessioni
sulla catechesi, momenti di meditazione e la messa giornaliera. Nuove
iniziative per la pastorale giovanile sono state, invece, al centro di un incontro
nella località siriana di Aleppo, la scorsa settimana, tra i rappresentanti delle
diocesi impegnati con i giovani. L’evento, voluto dal vescovo Georges Scandar,
maronita, parte dall’idea che i giovani cristiani, una netta minoranza in un
Paese a prevalenza islamica, abbiano bisogno di un’organizzazione migliore.
Secondo il presule, fondamentale è rendere più efficiente la comunicazione tra
i cattolici dei Paesi arabi. Il messaggio che il Papa invia ai giovani in
questi eventi internazionali, ad esempio, non è mai disponibile, in tempi
brevi, nella traduzione locale. Altro obiettivo stabilito nel corso
dell’incontro: rafforzare l’opera di evangelizzazione tra i giovani. Il
massiccio fenomeno di migrazione dei cattolici in Occidente, infatti, ne sta indebolendo
la presenza nel Paese. Ad entrambi gli appuntamenti hanno partecipato cattolici
di riti differenti. Gli organizzatori sperano, inoltre, di poter riunire di nuovo
rappresentanti del mondo cattolico provenienti, questa volta, da più Paesi:
Siria, Libano, Egitto, Giordania Kuwait, Israele, Territori palestinesi, Iraq,
Iran, Turchia e anche dal Sudan. (B.C.)
LE
INONDAZIONI IN ASIA MERIDIONALE CONTINUANO A PROVOCARE VITTIME.
IN
CINA SONO 381 I MORTI E 250 MILA GLI SFOLLATI. L’ULTIMO BILANCIO RELATIVO
A INDIA
E BANGLADESH, INVECE, PARLA DI 546 MORTI E 33 MILIONI DI SENZA TETTO.
- A
cura di Maria Grazia Coggiola -
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NEW DELHI. = E’ uno dei tanti paradossi dell’India, dove
si stanno manifestando insieme due emergenze: la siccità a nord-ovest, dove le
piogge monsoniche sono dal 25 al 50 per cento inferiori alla media, e le
inondazioni al nord-est, in particolare in Bihar ed in Assam, dove, secondo
stime del governo indiano, ci sarebbero 19 milioni di sfollati e almeno 300
vittime. L’alluvione, causata dallo straripamento del fiume Bramaputra, ha
colpito anche il capoluogo dell’Assam, Gawahati. Si tratta della peggiore
inondazione degli ultimi 10 anni, ma la preoccupazione maggiore, espressa anche
dal premier indiano Manmohan Singh, ieri in Parlamento, sembra essere la
mancanza di piogge nel resto del Paese. Dal monsone che arriva tra luglio e
agosto dipende l’economia indiana che, per due terzi, è legata ancora al
settore agricolo. Si teme una siccità come quella del 2002, che causò una grave
carestia in alcuni Stati nel nord-ovest. Il governo ha messo in azione un piano
di emergenza che prevede un aumento delle scorte di grano e di acqua potabile
nelle zone colpite, per far fronte ad un’eventuale crisi alimentare. Brutte
notizie, intanto, continuano ad arrivare dal Bangladesh, dove le piogge
torrenziali hanno sommerso migliaia di case nei distretti settentrionali.
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SEMPRE CRITICA LA SITUAZIONE NELLA REGIONE INDONESIANA DI ACEH,
NONOSTANTE
LA REVOCA DELLA LEGGE MARZIALE
JAKARTA.
= Non si spezza la spirale di violenza in Indonesia. Negli ultimi due mesi, nonostante
la revoca della legge marziale, i ribelli separatisti della provincia
occidentale di Aceh sono stati uccisi a una media di quattro al giorno. Lo riferiscono
fonti ufficiali all’agenzia Misna, specificando che sono 232 i presunti componenti
del Gam (Movimento per Aceh libera) deceduti negli scontri dal 19 maggio al 19
luglio scorsi. Le stesse fonti aggiungono che 114 guerriglieri sono stati
arrestati e 95 si sono arresi. Negli ultimi due mesi, inoltre, avrebbero perso
la vita anche nove soldati e due poliziotti, mentre 16 militari sono rimasti
feriti. Secondo i dati resi noti dall’esercito, dunque, salgono complessivamente
a oltre 2.200 i ribelli uccisi dal 19 maggio 2003, quando nella regione fu
dichiarata la legge marziale e l’esercito indonesiano avviò una pesante
offensiva militare per schiacciare la ribellione. Gli organismi per i diritti
umani della regione, tuttavia, sostengono che tra le vittime delle violenze
dell’ultimo anno ci siano anche numerosi civili. Da maggio 2004 la legge
marziale è stata sostituita con lo stato d’emergenza. (B.C.)
SEMPRE PIU’ PREOCCUPANTE LA
SITUAZIONE DEI POVERI IN CINA.
NEL 2003 E’ CRESCIUTO DI 800 MILA UNITA’ IL NUMERO
DELLE PERSONE
CHE VIVE CON MENO DI UN DOLLARO AL GIORNO
PECHINO.
= In sensibile crescita il numero dei poveri in Cina, che nel 2003 ha
registrato un incremento di 800 mila unità. Per la prima volta in quasi 20 anni
di aperture e sforzi - afferma Liu Jian, vice-direttore dell’Ufficio per
l’alleviamento della povertà e lo sviluppo del Consiglio di Stato - il numero
delle persone che vive con meno di un dollaro al giorno è aumentato anziché
diminuire. Il quadro si fa più critico in alcune province arretrate o soggette
a disastri naturali: Anhui, Heilongjiang, Henan, Shaanxi, Sichuan. Secondo il
funzionario del governo, riferisce l’agenzia Asianews, lo scorso anno il numero
dei poveri senza cibo sufficiente e vestiti adeguati è salito a 29 milioni, il
3% della popolazione. Ad incidere è stato anche il calo degli aiuti e dei beni
di prima necessità negli ultimi anni: tra il 1994 e la fine degli anni ‘90,
infatti, ogni anno il governo assicurava vestiti e cibo a 6 milioni di poveri,
scesi a meno di 2 milioni nei primi 2 anni del 2000. Alla base del problema ci
sarebbe la corruzione, che incide notevolmente nella raccolta fondi.
Attualmente in Cina, oltre i circa 30 milioni di cinesi che si trovano in condizioni
di assoluta indigenza, 60 milioni non sono usciti completamente dalle
condizioni di povertà e potrebbero ricadervi in caso di calamità naturali o
responsabilità umane. A peggiorare il quadro della situazione anche una
crescente disparità all’interno della popolazione più disagiata, tra poveri e
contadini. Confrontando i dati dal 1992, Liu Jian ha constatato un sensibile
aumento negli introiti dei contadini rispetto a quelli dei poveri delle aree
rurali. (B.C.)
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22 luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Un’ennesima
battaglia è divampata in Iraq. Fonti militari americane hanno riferito, stamani,
che almeno 25 miliziani sono rimasti uccisi ieri, a Ramadi, in seguito a
furiosi combattimenti con truppe statunitensi. Successivamente, è stato annunciato
l’abbattimento di un elicottero americano ma la notizia è stata smentita dagli
Stati Uniti. La polizia irachena ha reso noto, inoltre, di aver trovato il
corpo decapitato e la testa di un occidentale; la vittima non è stata
identificata. Nel Paese arabo, dove stamani l’esplosione di una bomba ha
causato a Baghdad la morte di un bambino di dieci anni, si alternano intanto
notizie di liberazioni e rapimenti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Grandi
festeggiamenti hanno accolto a Manila il rimpatrio dell’ex ostaggio Angelo de
la Cruz, rilasciato dopo il ritiro anticipato del contingente filippino
dall’Iraq. Ma il Paese arabo continua ad essere colpito dal dramma dei
sequestri: la televisione al-Arabiya ha mostrato un nuovo filmato, nel quale si
vedono sette stranieri, tre indiani,
tre keniani e un egiziano, tenuti in
ostaggio dal sedicente gruppo estremista islamico delle ‘Bandiere nere’.
I sequestratori minacciano di uccidere i prigionieri se la società del Kuwait
per la quale lavorano non lascerà l’Iraq. E l’orrore del terrorismo è riproposto
anche in un altro video, diffuso ieri dalla Cnn. Nel filmato si vedono almeno quattro dirottatori
dell’aereo schiantatosi contro il Pentagono
l’11 settembre
2001, superare i controlli all’aeroporto di Washington. Questo episodio ed
altri errori sono analizzati nel rapporto finale della commissione d’inchiesta
sulle lacune dei servizi di intelligence prima degli attacchi terroristici
contro gli Stati Uniti. Il documento, secondo quanto anticipato da fonti
dell’amministrazione statunitense, afferma che i kamikaze “sfruttarono profonde
carenze istituzionali”. Ma dal rapporto non emergono, alla luce di tali
mancanze, critiche nei confronti del presidente George Bush e del suo
predecessore Bill Clinton.
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Il presidente americano, George Bush, ha dato il via libera alla
vendita di armi leggere all’Iraq. Bush ha inviato un memorandum in proposito al
segretario di Stato Colin Powell. Nel testo spiega che questa decisione
“rafforzerà la sicurezza degli Stati Uniti e favorirà la pace mondiale”. Poco
dopo le dichiarazioni del presidente statunitense, il segretario generale
dell'Onu, Kofi Annan, ha affermato che oggi il mondo, dopo la guerra in Iraq,
non è più sicuro rispetto a tre anni fa come sostenuto, invece,
dall’amministrazione americana.
E di Iraq
ha parlato anche il portoghese José Manuel Durao Barroso, che oggi è stato nominato
presidente della Commissione europea. Sui temi affrontati questa mattina da Barroso,
ci riferisce Giada Aquilino:
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“È
inutile dire ora chi aveva ragione sull’Iraq, ma l’obiettivo per il prossimo
futuro è quello di una visione comune nell’ambito della politica estera
europea”. Barroso ha risposto così alle domande degli europarlamentari, che in
più occasioni lo hanno messo in difficoltà. Sull’ingresso della Turchia, ad
esempio, l’ex premier portoghese ha affermato che “si tratta di un tema
spinosissimo”, su cui “Commissione e Consiglio dovranno ascoltare più volte il
Parlamento”. Ma in ogni caso, ha aggiunto, “la decisione non potrà essere presa
su una base di natura religiosa”. Possibilista sugli organismi geneticamente
modificati (“capisco la preoccupazione, ma la cornice giuridica europea è la
più avanzata del mondo”), Barroso ha ribadito l’importanza del pluralismo
dell’informazione, riconosciuto dalla nuova Carta Costituzionale. Quanto alla
composizione dell’esecutivo, ha ammesso di non aver ancora preso una decisione
finale sulla struttura della nuova Commissione: più che un “supercommissario”
con poteri maggiori rispetto agli altri, ha concluso, “me ne servirebbero 24”.
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Il Parlamento europeo ha votato, dunque, la ‘fiducia’ a Manuel Durao Barroso, scelto come successore di Romano Prodi alla
presidenza della Commissione europea. Malgrado il dissenso manifestato ieri dai
socialisti, lo scrutinio non ha riservato sorprese: per Barroso si sono
dichiarati a favore lo schieramento dei popolari, il gruppo “Unione per
l’Europa delle nazioni”, ed il partito dei liberali e dei democratici. Ma per alcuni analisti
si tratterebbe di una scelta di ripiego. Giada Aquilino ha raccolto il commento
di Adriana Cerretelli, responsabile dell’ufficio europeo di Bruxelles de ‘Il
Sole 24 Ore’:
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R. – Questa volta è stato molto
difficile, in una Europa a 25, trovare una persona che fosse gradita a tutti i
governi. Alla fine è stato scelto in modo consensuale il primo ministro
portoghese di centro-destra Barroso. D’altra parte lui stesso aveva detto:
“Accetterò questa carica solo se avrò l’accordo di tutti”.
D. – Quanto pesa su Barroso la
sua posizione pro-Stati Uniti, a proposito dell’Iraq?
R. – Certamente ha pesato, nel
senso che lo ha danneggiato nella cernita iniziale, perché Francia, Germania e
Belgio erano e restano profondamente contrarie all’intervento in Iraq e,
dunque, decisamente contrarie a Barroso. Fu lui ad ospitare il famoso vertice
delle Azzorre con lo spagnolo Aznar e con i Paesi che poi sarebbero entrati in
guerra nella coalizione accanto agli Stati Uniti. Detto ciò, di fronte
all’impossibilità di trovare un altro candidato, gli altri europei hanno
accettato Barroso, che è quindi costretto a prendere un po’ le distanze
rispetto al proprio allineamento ‘filo-atlantico’: durante le audizioni in Parlamento,
infatti, si è più volte espresso contro il militarismo americano. In sostanza,
Barroso sa benissimo che, per arrivare al vertice della Commissione Ue, ha
bisogno di una politica più consensuale, di mediazione.
D. – Quali saranno i primi
impegni di Barroso?
R. – Il primo impegno di Barroso
sarà sicuramente quello di creare una Commissione credibile. E non sarà facile,
perché la sua sarà la prima Commissione a 25 Paesi, quindi si presenterà
innanzitutto il problema della spartizione dei portafogli. Poi l’altra scadenza
è la ratifica della Costituzione europea. Molti Paesi hanno deciso per il
referendum: i rischi di cui è disseminato il cammino della ratifica sono quindi
davvero molti e lo stesso Barroso ha detto che vorrà fare il possibile per
sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’approvazione.
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In Medio Oriente è polemica
aperta dopo il voto all’Assemblea Generale dell’Onu per chiedere a Israele di
smantellare la barriera di separazione costruita in Cisgiordania e definita
illegale dalla Corte Internazionale di giustizia. Il segretario generale delle
Nazioni unite, Kofi Annan, ha affermato che lo Stato ebraico dovrebbe tener
conto della decisione dell’Aja, ma il premier israeliano Ariel Sharon ieri ha
annunciato che la costruzione del muro continuerà.
Almeno 16 morti, in Yemen, per
un’esplosione avvenuta nel villaggio di Hababa, nel nord del Paese. Lo scoppio,
che ha distrutto un edificio di tre piani, non sarebbe secondo gli
investigatori di matrice terroristica, ma di natura accidentale: l’esplosivo
apparteneva ad un commerciante di armi.
Cresce
la tensione in Grecia, a tre settimane dall’inizio delle Olimpiadi: due
bottiglie incendiarie sono state lanciate, nella notte, contro il ministero
della Cultura greco, responsabile dell’organizzazione dei giochi. L’attacco,
che non è stato ancora rivendicato, ha provocato lievi danni.
Trasferiamoci in Italia. E’
previsto per questa sera alla Camera il voto di fiducia sul maxi emendamento
alla manovra correttiva dei conti pubblici. E’ il primo banco di prova per il
neo ministro dell’economia Domenico Siniscalco, che apre alle parti sociali per
il confronto sul documento di programmazione economica. Il servizio di
Giampiero Guadagni:
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Si prospetta una manovra
correttiva da 30 miliardi di euro, 60 mila miliardi di vecchie lire. Una cifra
consistente per raggiungere la quale saranno inevitabili misure dolorose e
scontri politici e sociali anche con gli enti locali che hanno acquisito poteri
fiscali. Primo scoglio da affrontare il maxi emendamento alla manovra sulla
quale il governo ha posto la fiducia che sarà votata stasera alla Camera. Dalle
modifiche sono previsti 533 milioni di euro di nuove entrate anche per
compensare i minori tagli al settore della difesa. Tra le novità, l’aumento del
10 per cento delle tasse sull’acquisto della seconda casa; si registrano
rincari anche sugli acquisti di terreni e box. Aumentano a 11 euro le marche da
bollo, mentre si riducono gli stanziamenti al ministero del Welfare, in
particolare quelli destinati alla riforma degli ammortizzatori sociali. Su
queste misure economiche sono molte le critiche da opposizione e sindacati. Ma
tensioni ci sono anche nella maggioranza di centro-destra. Il presidente della
Camera Casini ha giudicato inammissibile, sia pure in minima parte, il
contenuto del maxi emendamento. Insomma una patata bollente per il neo ministro
dell’Economia Siniscalco che, in vista del varo del documento di programmazione
economica apre al confronto con le parti sociali. Una scelta apprezzata da AN e
UDC, che sono invece in accesa polemica tra loro sul tema delle riforme
istituzionali, in particolare sul premierato. AN vuole coniugare il presidenzialismo
a quel federalismo sul quale il nuovo ministro delle Riforme Calderoli ha
impresso un’accelerazione.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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