RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 204 - Testo della Trasmissione di giovedì 22 luglio 2004 

 

Sommario   

                                               

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Santo Padre invia mons. Paul Cordes nella regione sudanese del Darfur per esprimere la sua vicinanza e solidarietà a queste popolazioni che secondo Kofi Annan sono oggetto di una vera e propria pulizia etnica.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dibattito in Spagna sul riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali: ai nostri microfoni, Josto Maffeo

 

Gli allarmi del Viminale e le espulsioni dei clandestini della nave Cap Anamur riportano in primo piano in Italia e in Europa il tema dell’immigrazione: con noi, Laura Boldrini, portavoce dell’ACNUR

 

Oggi, 22 luglio, “Natale” di Santa Maria Maddalena.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Conto alla rovescia per il pellegrinaggio di Azione Cattolica a Loreto

 

Monito dei vescovi dello Sri Lanka a “non abbandonare l’arduo sentiero della pace”, rivolto a governo e ribelli del Paese

 

Arginare il fenomeno della migrazione dei cattolici e promuovere nuovi progetti nella pastorale giovanile, le urgenze emerse in un incontro organizzato dai cattolici siriani ad Aleppo

 

Le inondazioni in Asia meridionale continuano a provocare vittime

 

Sempre critica la situazione nella regione indonesiana di Aceh

 

Nel 2003, in Cina è aumentato di 800 mila unità il numero delle persone che vive con meno di un dollaro al giorno

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq almeno 25 morti in seguito a furiosi combattimenti a Ramadi. L’ex ostaggio filippino è tornato a Manila, mentre la guerriglia sequestra altri  sette stranieri

 

Il premier uscente portoghese, Manuel Barroso, è stato nominato presidente della Commissione europea

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 luglio 2004

 

 

IL SANTO PADRE INVIA MONS. PAUL JOSEF CORDES NELLA REGIONE SUDANESE

DEL  DARFUR PER ESPRIMERE LA SUA VICINANZA E SOLIDARIETA’ ALLE POPOLAZIONI CHE SECONDO KOFI ANNAN SONO OGGETTO  DI UNA VERA E PROPRIA PULIZIA ETNICA

 

Il Papa continua ad essere vivamente preoccupato per la situazione delle popolazioni del Darfur, la regione occidentale del Sudan confinante con il Ciad, che si è drammaticamente aggravata nell’ultimo anno. Per questo motivo ha inviato in Sudan l’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, per esprimere loro la sua vicinanza e solidarietà. Lo ha reso noto oggi un comunicato della Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Il Papa – afferma il comunicato – “desidera che la voce dei popoli del Darfur sia ascoltata e presa in considerazione e che i loro diritti umani fondamentali siano rispettati”.

 

Mons. Cordes, accompagnato dal sotto-segretario di Cor Unum mons. Dal Toso, è partito questa mattina presto per Khartoum. Qui incontrerà il nunzio mons. Mamberti, l’arcivescovo della capitale, il cardinale Wako e i rappresentanti dell’episcopato sudanese, per essere informato sul conflitto in corso, che Kofi Annan ha definito una vera e propria “pulizia etnica”. Milizie arabe filogovernative hanno infatti messo a ferro e fuoco la regione abitata da popolazioni autoctone nere. Appena lunedì scorso in un rapporto Amnesty International ha accusato il governo sudanese di crimini contro l’umanità per il sostegno dato alle milizie arabe.

 

“Con l’assistenza delle Nazioni Unite – continua la nota della Sala Stampa vaticana – mons. Cordes si recherà nella zona calda del Darfur, dove è sempre più difficile accedere per gli scontri, e visiterà i campi profughi a Nyala. Oltre alla guerra, anche le condizioni di povertà disperata di questi campi causano vittime: l’ONU parla di oltre 100 morti al giorno”.

 

In più di vent’anni di conflitto in Sudan, si calcolano due milioni di morti e cinque milioni tra sfollati e rifugiati. La situazione – spiega il comunicato – è talmente compromessa da essere stata definita un “Rwanda al rallentatore”.

 

Per questa missione il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, ha scritto una lettera a mons. Cordes, evidenziando come il recente accordo tra il governo di Khartoum e la guerriglia del sud Sudan (Spla-Splm) abbia aperto “buone   possibilità per la pace e lo sviluppo dell’intero Paese”. La crisi in Darfur tuttavia potrebbe minacciare adesso i risultati di quegli accordi. Il porporato ribadisce la vicinanza, la solidarietà e la preghiera del Santo Padre per tutti coloro che soffrono, in particolare per i rifugiati, che sarebbero circa un milione. La speranza del Papa – prosegue il cardinale Sodano è che queste popolazioni possano ricevere “tutto l’aiuto umanitario necessario”, specialmente durante l’imminente stagione delle piogge che rende la sopravvivenza ancora più difficile. Giovanni Paolo II confida perciò che “le autorità sudanesi, in collaborazione con la comunità internazionale, intensificheranno gli sforzi per raggiungere una giusta soluzione per il Darfur”. Questo – si legge nella lettera del cardinale Sodano – “avverrà quando la voce delle popolazioni del Darfur sarà ascoltata e riconosciuta e quando i loro diritti fondamentali saranno rispettati, specialmente il diritto alla vita, alla libertà politica e religiosa e il diritto ad una pacifica esistenza nei propri territori”.

 

Il Pontificio Consiglio Cor Unum aveva già inviato nel Darfur un aiuto finanziario tramite l’Alto Commissario per i Rifugiati.

 

E’ possibile rispondere all’appello lanciato dalla rete Caritas, congiuntamente ad Action by Churches Together, facendo donazioni sul c/c Postale no. 603035, intestato a: “Pontificio Consiglio COR UNUM - per DARFUR”.

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NOMINE

 

In India, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arci-diocesi di Bangalore, presentata da mons. Ignatius Pinto, per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato suo successore mons. Bernard Moras, finora vescovo di Belgaum.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina, con grande rilievo, la notizia che il Santo Padre ha inviato il presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” nel Darfour-Sudan, affinché siano rispettati i diritti umani fondamentali di popoli tanto provati e la loro voce ascoltata e presa in considerazione.

All’interno, la Lettera del cardinale Angelo Sodano al presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”.  

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.

 

Nelle estere, in evidenza l’Iraq con un articolo dal titolo “Un cinismo che lede la dignità stessa del dolore”: missili colpiscono il “Medical City Center” di Baghdad, provocando la morte di due pazienti ed il ferimento di altri cinque. Tre fratelli uccisi nell’esplosione di un’autobomba all'ingresso di un ospedale pediatrico di Ramadi.

Per la rubrica dell’“Atlante geopolitico”m un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo: “Afghanistan: alla ricerca di ordine e di stabilità”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo: “Chiarimenti necessari per un corretto rapporto tra ragione e fede”: riflessioni in margine a due recenti saggi di Giuseppe Lorizio.

 

Nelle pagine italiane, il tema dei conti pubblici.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 luglio 2004

 

DIBATTITO IN SPAGNA SUL RICONOSCIMENTO GIURIDICO DELLE UNIONI OMOSESSUALI

- Intervista con Josto Maffeo -

 

“Un errore ed un’ingiustizia dalle conseguenze molto negative per il bene comune e per l’intera società”. È netta la presa di posizione dei vescovi spagnoli sul progetto di legge che, a gennaio dell’anno prossimo, metterebbe sullo stesso piano il matrimonio fra uomo e donna e quello fra persone omosessuali. Alla nota dei presuli – intitolata “In favore del vero matrimonio” e pubblicata martedì scorso – hanno fatto seguito ieri aspre dichiarazioni da parte del ministro della Giustizia, Juan Fernando López Aguilar, in difesa del nuovo provvedimento. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Josto Maffeo, corrispondente a Madrid del Messaggero:

 

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R. – Bisogna precisare una cosa: non si tratterebbe di una legge che dà diritti civili, ma si parla di matrimonio in piena regola, omologabile al matrimonio tra individui di sessi opposti. E poi c’è una mezza promessa - se ne discuterà in autunno - di dare addirittura la possibilità dell’adozione non all’individuo, ma alla coppia formata dal nuovo matrimonio omosessuale. Naturalmente questo - anche fra coloro che appoggiano il progetto di legge - ha aperto qualche perplessità, perché evidentemente ci sono degli studi di psicologi con pareri contrastanti: se alcuni affermano che non c’è nessuna influenza sui bambini, altri dicono esattamente il contrario.

 

D. – In Parlamento i partiti come sono schierati su questa legge a favore del matrimonio omosessuale?

 

R. – Da una parte c’è il partito socialista, che deve contare sull’appoggio di alcune forze nazionaliste – come i catalani indipendentisti – e con i loro voti ha la maggioranza per approvare il testo. Dall’altra parte c’è il partito popolare – che teoricamente dovrebbe stare su altre posizioni – ma sa che nella società non vendono certe opposizioni e che ammiccare funziona. Pertanto non ci sarà un’opposizione forte, dura: ci saranno delle critiche individuali, ma nel complesso sarà un’opposizione tiepida. Ritengo quindi che la legge passerà senza troppe difficoltà e che, come dice il ministro di Giustizia, ai primi del 2005 il matrimonio omosessuale sarà una realtà.

 

D. – Stupisce un po’ il fatto che, sulla stampa spagnola e in tv, non ci sia un dibattito aperto su una questione così controversa. Perché?

 

R. – Io direi perché la lobby gay in Spagna evidentemente è forte: sono misure che si varano perché vendono in determinati settori … Si tratta di nicchie di elettorato molto forti, molto presenti nei media… Così, quando si cerca di ratificare con le leggi ciò che è accettato nella società, è chiaro che si punta verso finalità elettorali.

 

D. – C’è un’altra cosa che stupisce, in un Paese cattolico come la Spagna, e riguarda l’insieme di nuove leggi in discussione, tipo quella sulle cellule staminali ...

 

R. – Noi abbiamo un’immagine della Spagna come di una riserva del cattolicesimo. Io direi, invece, che c’è sì un cattolicesimo credente, praticante, fervente, ma si tratta di una nicchia. Importante, ma pur sempre una nicchia. Il resto della società, evidentemente, quando celebra un matri-monio o un battesimo, molte volte fa prevalere l’aspetto sociale, quello del banchetto e della festa. Ma è chiaro che la religiosità in Spagna sta scemando.

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GLI ALLARMI DEL VIMINALE E LE ESPULSIONI DEI CLANDESTINI DELLA NAVE

CAP ANAMUR RIPORTANO IN PRIMO PIANO IN ITALIA E IN EUROPA

IL TEMA DELL’IMMIGRAZIONE

- Con noi, Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur -

 

Sono stati rimpatriati stamani con un volo della Ghana Airways, diretto ad Accra, 27 africani sbarcati, nei giorni scorsi, in Sicilia con la nave Cap Anamur, dopo un’odissea in mare durata alcune settimane. Si aggiungono, così, ai cinque nigeriani rimpatriati ieri. E’ questo, dunque, l’epilogo di una vicenda drammatica, che ha portato nuovamente in primo piano il fenomeno dell’immigrazione. Intanto, la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo ha chiesto al governo di Roma informazioni sulla vicenda. Per il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu, nessuno degli africani sull’imbarcazione aveva lo status per essere riconosciuto come rifugiato politico. Intanto, sempre il capo del Viminale ha lanciato un allarme: solo in Libia, due milioni di persone sarebbero pronte ad imbarcarsi sulle famigerate “carrette del mare” per venire in Italia. A lucrare sulla disperazione di questa gente, ha detto Pisanu, sono organizzazioni criminali, che ogni anno incassano dai clandestini due miliardi e mezzo di euro. Sul tema dell’immigrazione e la vicenda della Cap Anamur, Luca Collodi ha intervistato Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i Rifugiati:

 

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R. – Il fatto che ci sia questo spostamento e che la gente oggi, in questo nostro mondo, sia costretta a scappare per diversi motivi, questo crea un commercio; un commercio lucrosissimo. E c’è gente che sfrutta quest’opportunità. Ora, su quella carretta del mare c’è gente che scappa per i motivi più diversi. L’unica cosa che accomuna tutti è la disperazione…

 

D. – Il riferimento è alla nave Cap Anamur ...

 

R. – Sì, la vicenda della Cap Anamur presenta dei lati oscuri. Quello che non è chiaro, appunto, in particolare è come si sia sviluppata in senso temporale questa vicenda, le responsabilità dei vari Stati, il comportamento dello stesso equipaggio... Poi, come abbiamo dato atto che l’Italia ha consentito lo sbarco di queste persone su un terreno puramente umanitario, così oggi dobbiamo anche ammettere che la vicenda è stata gestita in maniera abbastanza discutibile, perché noi abbiamo tentato in ogni modo di avere un dialogo con il governo, anche parlare con queste persone e devo dire che non è stato molto semplice…

 

D. – Su questa vicenda e sul tema, quindi, dell’immigrazione più in generale, del rispetto del diritto umanitario, e sull’operazione della Cap Anamur in particolare, l’opinione pubblica sembra favorevole alla decisione di espellere questi africani ...

 

R. – Mi viene da fare una riflessione sostanzialmente sul ruolo dei media: con molta facilità in Italia si enfatizza “l’invasione”, quando i numeri parlano chiaramente e diversamente. Fanno sentire l’italiano sempre sotto assedio da sbarchi massicci e in pericolo per questa presenza inquietante che invece si risolve, a volte, con la presenza di gente che fa lavori utili alla nostra società… ecco, io penso che questo sia veramente molto pericoloso. Nessuna civiltà, oggi, può permettersi lo scontro, nessun Paese in casa propria può permettersi questo!

 

D. – Laura Boldrini, l’allarme sul terrorismo internazionale sta in qualche modo portando novità negative nell’accoglienza dei profughi nei singoli Paesi in Europa?

 

R. – Dopo l’11 settembre, chiaramente, sono cambiate le priorità degli Stati. Oggi, al numero uno dell’agenda c’è la sicurezza, e questo si capisce. Però, questo sarebbe deprecabile che andasse a discapito dei diritti umani, a discapito delle grandi vittorie di civiltà. Un rischio c’è, però noi veramente ci auguriamo che prevalga comunque il senso di equilibrio anche in questo!

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22 LUGLIO, IL “NATALE” DI SANTA MARIA MADDALENA,

DAPPRIMA SCHIAVA DEL PECCATO, POI SERVA PER AMORE DI GESU’,

CHE LA RESE PRIMA TESTIMONE DELLA SUA PASQUA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Per le Chiese orientali e per quella latina il 22 luglio è, per antichissima tradizione, il giorno di Santa Maria Maddalena. Di colei che per prima diede alla Chiesa nascente l’annuncio della Risurrezione, oggi si fa memoria in modi diversi nei calendari liturgici. La liturgia in Occidente festeggia in particolare il “natale” della Santa di Magdala, alla quale sono intitolate in tutto il mondo numerosissime chiese. Per ricordarne la vita e il significato della sua esperienza, ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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(Canto gregoriano)

 

Un giorno lo incontrò, ne fu guarita nell’anima e lo seguì, semplicemente per servirlo. Lo seguì fino alla fine, anche nel momento più triste e drammatico, quando in molti fuggivano, avevano tradito o avrebbero rinnegato. Lei lo seguì, lo vide morire, volle onorarlo e pianse quando scoprì un sepolcro vuoto. Ma fu anche la prima a vedere risorto il suo amato “Rabbunì”, a parlargli e a diffondere la notizia della nuova Pasqua.

 

         E’ una storia straordinaria, quella di Maria Maddalena. Pochi flash nel Vangelo per raccontare una parabola che in modo bruciante passa da una natura umana debole e pesantemente segnata dal peccato alla santità, con Gesù in persona a guidarne e consacrarne il cammino di redenzione. Per secoli, storici ed esegeti si sono affannati nel precisare l’identità delle diverse discepole di nome Maria che appaiono nei testi evangelici – Maria di Magdala, Maria di Betania, la peccatrice anonima che asciuga con i suoi capelli i piedi di Gesù – nel tentativo di comprendere se fossero o meno la stessa persona. E leggende più o meno fantasiose, che attorniano il vastissimo culto fiorito nei riguardi della Santa, hanno alimentato una sterminata letteratura sia in Oriente che in Occidente. Ma al di fuori di questo profluvio agiografico, resta vivo ciò che risalta dalla prosa piana del Vangelo: quella donna reietta, originaria di Magdala – piccolo centro abitato sulla sponda occidentale del lago di Tiberiade – è un modello di cristiana che rende la santità vicina all’uomo, perché incarna una ricerca genuina di Dio premiata, e mostra che nemmeno il male peggiore impedisce al Padre di perdonare un suo figlio e di portarlo alla perfezione.

 

Papa Gregorio Magno, che volle intendere le tre donne come una stessa persona, ci ha lasciato in una celebre omelia la spiegazione profonda del perché Cristo concesse alla Maddalena – e non per esempio a un suo discepolo – il privilegio di poterlo vedere dopo la Risurrezione. Mentre i discepoli, come afferma il Vangelo, “se ne tornarono di nuovo a casa”, lei - in lacrime - non volle allontanarsi da quel sepolcro vuoto. “Cercava colui che non aveva trovato – scrive Gregorio Magno - piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trasfigurato. Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell'opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della verità: ‘Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato’”. Ed è questo il valore che a noi cristiani del 21 secolo ricorda la gratitudine e la fedeltà di una donna della prima ora. Prima schiava di “sette demoni”, poi ancora serva, ma per amore, dell’uomo-Dio che le ha usato misericordia.

 

(Canto gregoriano)

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CHIESA E SOCIETA’

22 luglio 2004

 

CONTO ALLA ROVESCIA PER IL PELLEGRINAGGIO DI AZIONE CATTOLICA A LORETO.

EVENTO PORTANTE DELL’APPUNTAMENTO, LA MESSA CON GIOVANNI PAOLO II

PER LA BEATIFICAZIONE DI TRE LAICI

 

ANCONA. = Una grande festa di fede. E’ lo spirito che animerà il pellegrinaggio nazionale di Azione Cattolica a Loreto, dal primo al 5 settembre prossimi, sul tema “Sei tu la dimora di Dio”. Una serie di manifestazioni di canto, preghiera, convegni e animazioni precederanno i due momenti principali, sabato 4 e domenica 5, quando si svolgeranno l’incontro nazionale di Ac nello stadio Del Conero e la solenne celebrazione eucaristica nella piana di Montorso di Loreto, presieduta Giovanni Paolo II, per la beatificazione di tre laici: Alberto Marvelli, Pina Suriano e lo spagnolo Pietro Tarres. L’appuntamento del prossimo settembre a Loreto, santuario mariano, sarà una convocazione nazionale di tutta l’Azione Cattolica per affidare a Dio, attraverso le mani di Maria, l’AC del terzo millennio, i suoi passi di rinnovamento, la sua decisione di servire la Chiesa italiana e di compiere percorsi di santità laicale per testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi. “Loreto - ha detto la presidente di AC, Paola Bignardi, in un’intervista al Sir, il servizio di informazione religiosa promosso dalla Cei - è la terza tappa del cammino iniziato con il rinnovamento dello Statuto e proseguito con l’elaborazione del nuovo progetto formativo che proprio nella cittadina mariana sarà consegnato ai presidenti parrocchiali”. (B.C.)

 

 

“NON ABBANDONATE L’ARDUO SENTIERO DELLA PACE”:

E’ IL MONITO DEI VESCOVI DELLO SRI LANKA DINANZI ALLA SEMPRE PIU’ DELICATA

SITUAZIONE FRA GOVERNO E RIBELLI.

RIPETUTAMENTE INFRANTO IL CESSATE IL FUOCO

 

COLOMBO. = “Non abbandonate la strada della pace, non cedete alla violenza, per non ripiombare nell’era buia dell’odio e della guerra”. La Chiesa nello Sri Lanka ha espresso, ai microfoni dell’agenzia Fides, parole di preoccupazione per la delicata fase che sta attraversando il Paese. Gli osservatori europei, nominati dalla Norvegia, che ha l’incarico di mediare fra le parti, informano di ripetute violazioni del cessate-il-fuoco, siglato a febbraio 2002 fra governo e ribelli Tamil, con conseguente rischio di una nuova fase di aperto conflitto. Secondo un rapporto, il fronte dei ribelli Tamil ha commesso oltre 2.500 violazioni dell’accordo, soprattutto continuando ad arruolare bambini soldato (circa 1.400) e arricchendo il proprio arsenale. L’esercito regolare di Colombo, invece, sempre secondo il rapporto, ha commesso 112 violazioni, in modo particolare nel maltrattamento di prigionieri e civili tamil, ai quali vengono negati i più elementari diritti. I cattolici dello Sri Lanka, intanto, continuano ad agire da ponte fra le etnie in conflitto, promuovendo programmi di riconciliazione sociale nelle scuole, nella speranza che le nuove generazioni possano dare un voto libero e pacifico al Paese nel terzo millennio. I vescovi srilankesi hanno più volte ribadito che giustizia sociale, crescita economica, benessere e pacificazione devono restare principi basilari della vita della nazione. (B.C.)

 

 

ARGINARE IL FENOMENO DELLA MIGRAZIONE DEI CATTOLICI E PROMUOVERE

NUOVI PROGETTI NELLA PASTORALE GIOVANILE: SONO LE URGENZE

EMERSE DURANTE UN INCONTRO ORGANIZZATO DAI CATTOLICI SIRIANI AD ALEPPO

 

ALEPPO. = Le Chiese del Medio Oriente moltiplicano gli sforzi nella pastorale giovanile. In vista della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, è stata organizzata la prima “Giornata per i giovani cristiani” dei Paesi arabi, che ha radunato circa 4 mila persone da Siria, Egitto, Libano e Giordania. L’evento, diretto dal vescovo melchita di Aleppo, Jean-Clément Jeanbart, ha previsto riflessioni sulla catechesi, momenti di meditazione e la messa giornaliera. Nuove iniziative per la pastorale giovanile sono state, invece, al centro di un incontro nella località siriana di Aleppo, la scorsa settimana, tra i rappresentanti delle diocesi impegnati con i giovani. L’evento, voluto dal vescovo Georges Scandar, maronita, parte dall’idea che i giovani cristiani, una netta minoranza in un Paese a prevalenza islamica, abbiano bisogno di un’organizzazione migliore. Secondo il presule, fondamentale è rendere più efficiente la comunicazione tra i cattolici dei Paesi arabi. Il messaggio che il Papa invia ai giovani in questi eventi internazionali, ad esempio, non è mai disponibile, in tempi brevi, nella traduzione locale. Altro obiettivo stabilito nel corso dell’incontro: rafforzare l’opera di evangelizzazione tra i giovani. Il massiccio fenomeno di migrazione dei cattolici in Occidente, infatti, ne sta indebolendo la presenza nel Paese. Ad entrambi gli appuntamenti hanno partecipato cattolici di riti differenti. Gli organizzatori sperano, inoltre, di poter riunire di nuovo rappresentanti del mondo cattolico provenienti, questa volta, da più Paesi: Siria, Libano, Egitto, Giordania Kuwait, Israele, Territori palestinesi, Iraq, Iran, Turchia e anche dal Sudan. (B.C.)

 

 

LE INONDAZIONI IN ASIA MERIDIONALE CONTINUANO A PROVOCARE VITTIME.

IN CINA SONO 381 I MORTI E 250 MILA GLI SFOLLATI. L’ULTIMO BILANCIO RELATIVO

A INDIA E BANGLADESH, INVECE, PARLA DI 546 MORTI E 33 MILIONI DI SENZA TETTO.

- A cura di Maria Grazia Coggiola -

 

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NEW DELHI. = E’ uno dei tanti paradossi dell’India, dove si stanno manifestando insieme due emergenze: la siccità a nord-ovest, dove le piogge monsoniche sono dal 25 al 50 per cento inferiori alla media, e le inondazioni al nord-est, in particolare in Bihar ed in Assam, dove, secondo stime del governo indiano, ci sarebbero 19 milioni di sfollati e almeno 300 vittime. L’alluvione, causata dallo straripamento del fiume Bramaputra, ha colpito anche il capoluogo dell’Assam, Gawahati. Si tratta della peggiore inondazione degli ultimi 10 anni, ma la preoccupazione maggiore, espressa anche dal premier indiano Manmohan Singh, ieri in Parlamento, sembra essere la mancanza di piogge nel resto del Paese. Dal monsone che arriva tra luglio e agosto dipende l’economia indiana che, per due terzi, è legata ancora al settore agricolo. Si teme una siccità come quella del 2002, che causò una grave carestia in alcuni Stati nel nord-ovest. Il governo ha messo in azione un piano di emergenza che prevede un aumento delle scorte di grano e di acqua potabile nelle zone colpite, per far fronte ad un’eventuale crisi alimentare. Brutte notizie, intanto, continuano ad arrivare dal Bangladesh, dove le piogge torrenziali hanno sommerso migliaia di case nei distretti settentrionali.

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SEMPRE CRITICA LA SITUAZIONE NELLA REGIONE INDONESIANA DI ACEH,

NONOSTANTE LA REVOCA DELLA LEGGE MARZIALE

 

JAKARTA. = Non si spezza la spirale di violenza in Indonesia. Negli ultimi due mesi, nonostante la revoca della legge marziale, i ribelli separatisti della provincia occidentale di Aceh sono stati uccisi a una media di quattro al giorno. Lo riferiscono fonti ufficiali all’agenzia Misna, specificando che sono 232 i presunti componenti del Gam (Movimento per Aceh libera) deceduti negli scontri dal 19 maggio al 19 luglio scorsi. Le stesse fonti aggiungono che 114 guerriglieri sono stati arrestati e 95 si sono arresi. Negli ultimi due mesi, inoltre, avrebbero perso la vita anche nove soldati e due poliziotti, mentre 16 militari sono rimasti feriti. Secondo i dati resi noti dall’esercito, dunque, salgono complessivamente a oltre 2.200 i ribelli uccisi dal 19 maggio 2003, quando nella regione fu dichiarata la legge marziale e l’esercito indonesiano avviò una pesante offensiva militare per schiacciare la ribellione. Gli organismi per i diritti umani della regione, tuttavia, sostengono che tra le vittime delle violenze dell’ultimo anno ci siano anche numerosi civili. Da maggio 2004 la legge marziale è stata sostituita con lo stato d’emergenza. (B.C.)

 

 

SEMPRE PIU’ PREOCCUPANTE LA SITUAZIONE DEI POVERI IN CINA.

NEL 2003 E’ CRESCIUTO DI 800 MILA UNITA’ IL NUMERO DELLE PERSONE

CHE VIVE CON MENO DI UN DOLLARO AL GIORNO

 

PECHINO. = In sensibile crescita il numero dei poveri in Cina, che nel 2003 ha registrato un incremento di 800 mila unità. Per la prima volta in quasi 20 anni di aperture e sforzi - afferma Liu Jian, vice-direttore dell’Ufficio per l’alleviamento della povertà e lo sviluppo del Consiglio di Stato - il numero delle persone che vive con meno di un dollaro al giorno è aumentato anziché diminuire. Il quadro si fa più critico in alcune province arretrate o soggette a disastri naturali: Anhui, Heilongjiang, Henan, Shaanxi, Sichuan. Secondo il funzionario del governo, riferisce l’agenzia Asianews, lo scorso anno il numero dei poveri senza cibo sufficiente e vestiti adeguati è salito a 29 milioni, il 3% della popolazione. Ad incidere è stato anche il calo degli aiuti e dei beni di prima necessità negli ultimi anni: tra il 1994 e la fine degli anni ‘90, infatti, ogni anno il governo assicurava vestiti e cibo a 6 milioni di poveri, scesi a meno di 2 milioni nei primi 2 anni del 2000. Alla base del problema ci sarebbe la corruzione, che incide notevolmente nella raccolta fondi. Attualmente in Cina, oltre i circa 30 milioni di cinesi che si trovano in condizioni di assoluta indigenza, 60 milioni non sono usciti completamente dalle condizioni di povertà e potrebbero ricadervi in caso di calamità naturali o responsabilità umane. A peggiorare il quadro della situazione anche una crescente disparità all’interno della popolazione più disagiata, tra poveri e contadini. Confrontando i dati dal 1992, Liu Jian ha constatato un sensibile aumento negli introiti dei contadini rispetto a quelli dei poveri delle aree rurali. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 luglio 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Un’ennesima battaglia è divampata in Iraq. Fonti militari americane hanno riferito, stamani, che almeno 25 miliziani sono rimasti uccisi ieri, a Ramadi, in seguito a furiosi combattimenti con truppe statunitensi. Successivamente, è stato annunciato l’abbattimento di un elicottero americano ma la notizia è stata smentita dagli Stati Uniti. La polizia irachena ha reso noto, inoltre, di aver trovato il corpo decapitato e la testa di un occidentale; la vittima non è stata identificata. Nel Paese arabo, dove stamani l’esplosione di una bomba ha causato a Baghdad la morte di un bambino di dieci anni, si alternano intanto notizie di liberazioni e rapimenti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Grandi festeggiamenti hanno accolto a Manila il rimpatrio dell’ex ostaggio Angelo de la Cruz, rilasciato dopo il ritiro anticipato del contingente filippino dall’Iraq. Ma il Paese arabo continua ad essere colpito dal dramma dei sequestri: la televisione al-Arabiya ha mostrato un nuovo filmato, nel quale si vedono sette stranieri, tre indiani, tre keniani e un egiziano, tenuti in ostaggio dal sedicente gruppo estremista islamico delle ‘Bandiere nere’. I sequestratori minacciano di uccidere i prigionieri se la società del Kuwait per la quale lavorano non lascerà l’Iraq. E l’orrore del terrorismo è riproposto anche in un altro video, diffuso ieri dalla Cnn.  Nel filmato si vedono almeno quattro dirottatori dell’aereo schiantatosi contro il Pentagono l’11 settembre 2001, superare i controlli all’aeroporto di Washington. Questo episodio ed altri errori sono analizzati nel rapporto finale della commissione d’inchiesta sulle lacune dei servizi di intelligence prima degli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti. Il documento, secondo quanto anticipato da fonti dell’amministrazione statunitense, afferma che i kamikaze “sfruttarono profonde carenze istituzionali”. Ma dal rapporto non emergono, alla luce di tali mancanze, critiche nei confronti del presidente George Bush e del suo predecessore Bill Clinton.

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Il presidente americano, George Bush, ha dato il via libera alla vendita di armi leggere all’Iraq. Bush ha inviato un memorandum in proposito al segretario di Stato Colin Powell. Nel testo spiega che questa decisione “rafforzerà la sicurezza degli Stati Uniti e favorirà la pace mondiale”. Poco dopo le dichiarazioni del presidente statunitense, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ha affermato che oggi il mondo, dopo la guerra in Iraq, non è più sicuro rispetto a tre anni fa come sostenuto, invece, dall’amministrazione americana.

E di Iraq ha parlato anche il portoghese José Manuel Durao Barroso, che oggi è stato nominato presidente della Commissione europea. Sui temi affrontati questa mattina da Barroso, ci riferisce Giada Aquilino:

 

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“È inutile dire ora chi aveva ragione sull’Iraq, ma l’obiettivo per il prossimo futuro è quello di una visione comune nell’ambito della politica estera europea”. Barroso ha risposto così alle domande degli europarlamentari, che in più occasioni lo hanno messo in difficoltà. Sull’ingresso della Turchia, ad esempio, l’ex premier portoghese ha affermato che “si tratta di un tema spinosissimo”, su cui “Commissione e Consiglio dovranno ascoltare più volte il Parlamento”. Ma in ogni caso, ha aggiunto, “la decisione non potrà essere presa su una base di natura religiosa”. Possibilista sugli organismi geneticamente modificati (“capisco la preoccupazione, ma la cornice giuridica europea è la più avanzata del mondo”), Barroso ha ribadito l’importanza del pluralismo dell’informazione, riconosciuto dalla nuova Carta Costituzionale. Quanto alla composizione dell’esecutivo, ha ammesso di non aver ancora preso una decisione finale sulla struttura della nuova Commissione: più che un “supercommissario” con poteri maggiori rispetto agli altri, ha concluso, “me ne servirebbero 24”.

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Il Parlamento europeo ha votato, dunque, la ‘fiducia’ a Manuel Durao Barroso, scelto come successore di Romano Prodi alla presidenza della Commissione europea. Malgrado il dissenso manifestato ieri dai socialisti, lo scrutinio non ha riservato sorprese: per Barroso si sono dichiarati a favore lo schieramento dei popolari, il gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni”, ed il partito dei liberali e dei democratici. Ma per alcuni analisti si tratterebbe di una scelta di ripiego. Giada Aquilino ha raccolto il commento di Adriana Cerretelli, responsabile dell’ufficio europeo di Bruxelles de ‘Il Sole 24 Ore’:

 

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R. – Questa volta è stato molto difficile, in una Europa a 25, trovare una persona che fosse gradita a tutti i governi. Alla fine è stato scelto in modo consensuale il primo ministro portoghese di centro-destra Barroso. D’altra parte lui stesso aveva detto: “Accetterò questa carica solo se avrò l’accordo di tutti”.

 

D. – Quanto pesa su Barroso la sua posizione pro-Stati Uniti, a proposito dell’Iraq?

 

R. – Certamente ha pesato, nel senso che lo ha danneggiato nella cernita iniziale, perché Francia, Germania e Belgio erano e restano profondamente contrarie all’intervento in Iraq e, dunque, decisamente contrarie a Barroso. Fu lui ad ospitare il famoso vertice delle Azzorre con lo spagnolo Aznar e con i Paesi che poi sarebbero entrati in guerra nella coalizione accanto agli Stati Uniti. Detto ciò, di fronte all’impossibilità di trovare un altro candidato, gli altri europei hanno accettato Barroso, che è quindi costretto a prendere un po’ le distanze rispetto al proprio allineamento ‘filo-atlantico’: durante le audizioni in Parlamento, infatti, si è più volte espresso contro il militarismo americano. In sostanza, Barroso sa benissimo che, per arrivare al vertice della Commissione Ue, ha bisogno di una politica più consensuale, di mediazione.

 

D. – Quali saranno i primi impegni di Barroso?

 

R. – Il primo impegno di Barroso sarà sicuramente quello di creare una Commissione credibile. E non sarà facile, perché la sua sarà la prima Commissione a 25 Paesi, quindi si presenterà innanzitutto il problema della spartizione dei portafogli. Poi l’altra scadenza è la ratifica della Costituzione europea. Molti Paesi hanno deciso per il referendum: i rischi di cui è disseminato il cammino della ratifica sono quindi davvero molti e lo stesso Barroso ha detto che vorrà fare il possibile per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’approvazione.

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In Medio Oriente è polemica aperta dopo il voto all’Assemblea Generale dell’Onu per chiedere a Israele di smantellare la barriera di separazione costruita in Cisgiordania e definita illegale dalla Corte Internazionale di giustizia. Il segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, ha affermato che lo Stato ebraico dovrebbe tener conto della decisione dell’Aja, ma il premier israeliano Ariel Sharon ieri ha annunciato che la costruzione del muro continuerà.

 

Almeno 16 morti, in Yemen, per un’esplosione avvenuta nel villaggio di Hababa, nel nord del Paese. Lo scoppio, che ha distrutto un edificio di tre piani, non sarebbe secondo gli investigatori di matrice terroristica, ma di natura accidentale: l’esplosivo apparteneva ad un commerciante di armi.

 

Cresce la tensione in Grecia, a tre settimane dall’inizio delle Olimpiadi: due bottiglie incendiarie sono state lanciate, nella notte, contro il ministero della Cultura greco, responsabile dell’organizzazione dei giochi. L’attacco, che non è stato ancora rivendicato, ha provocato lievi danni.

 

Trasferiamoci in Italia. E’ previsto per questa sera alla Camera il voto di fiducia sul maxi emendamento alla manovra correttiva dei conti pubblici. E’ il primo banco di prova per il neo ministro dell’economia Domenico Siniscalco, che apre alle parti sociali per il confronto sul documento di programmazione economica. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Si prospetta una manovra correttiva da 30 miliardi di euro, 60 mila miliardi di vecchie lire. Una cifra consistente per raggiungere la quale saranno inevitabili misure dolorose e scontri politici e sociali anche con gli enti locali che hanno acquisito poteri fiscali. Primo scoglio da affrontare il maxi emendamento alla manovra sulla quale il governo ha posto la fiducia che sarà votata stasera alla Camera. Dalle modifiche sono previsti 533 milioni di euro di nuove entrate anche per compensare i minori tagli al settore della difesa. Tra le novità, l’aumento del 10 per cento delle tasse sull’acquisto della seconda casa; si registrano rincari anche sugli acquisti di terreni e box. Aumentano a 11 euro le marche da bollo, mentre si riducono gli stanziamenti al ministero del Welfare, in particolare quelli destinati alla riforma degli ammortizzatori sociali. Su queste misure economiche sono molte le critiche da opposizione e sindacati. Ma tensioni ci sono anche nella maggioranza di centro-destra. Il presidente della Camera Casini ha giudicato inammissibile, sia pure in minima parte, il contenuto del maxi emendamento. Insomma una patata bollente per il neo ministro dell’Economia Siniscalco che, in vista del varo del documento di programmazione economica apre al confronto con le parti sociali. Una scelta apprezzata da AN e UDC, che sono invece in accesa polemica tra loro sul tema delle riforme istituzionali, in particolare sul premierato. AN vuole coniugare il presidenzialismo a quel federalismo sul quale il nuovo ministro delle Riforme Calderoli ha impresso un’accelerazione.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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