RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 201 - Testo della
Trasmissione di lunedì 19 luglio
2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN
PRIMO PIANO:
Presentato oggi
alla camera dei deputati il libro dei vaticanisti italiani su Giovanni Paolo II
CHIESA E
SOCIETA’:
Almeno 10 i morti, a Baghdad, per l’esplosione di
un’autobomba
In Bolivia vittoria del sì nel referendum di ieri
sulla riforma del gas
In Italia Umberto Bossi si dimette da ministro e
da deputato e sceglie l’Europarlamento.
LA SALA STAMPA
VATICANA HA UFFICIALIZZATO GLI APPUNTAMENTI
DEL PELLEGRINAGGIO PAPALE A LOURDES, IL 14 E 15 AGOSTO PROSSIMI,
IN OCCASIONE DEL 150.MO ANNIVERSARIO
DELLA PROCLAMAZIONE DEL DOGMA DELL’IMMACOLATA
CONCEZIONE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Trecentomila fedeli riuniti nella cinta sacra di
Lourdes per celebrare, insieme al Papa, il dogma dell’Immacolata Concezione di
Maria, lo stesso titolo con cui la Vergine illuminò 146 anni fa la sconosciuta
grotta di Massabielle, consegnando all’umanità un luogo straordinario di
guarigione spirituale e fisica. Tanti sono i pellegrini, oltre a duemila
giornalisti, che secondo i vescovi francesi si riverseranno nel Santuario mariano
francese tra il 14 e il 15 agosto prossimi per ricordare solennemente i 150
anni dalla proclamazione del dogma, in coincidenza con la settima visita in
Francia di Giovanni Paolo II, la seconda a Lourdes dopo quella dell’83.
Alessandro De Carolis:
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Un ritorno desiderato davanti
all’immagine dell’Immacolata Concezione, definita dal Papa nel suo ultimo
messaggio per la 12.ma Giornata mondiale del malato “l’alba promettente” che
prefigura la venuta di Cristo Salvatore, e la “madre premurosa, che viene
incontro alle attese dei suoi figli, ottenendo per essi la salute dell’anima e
del corpo”. Sarà un Giovanni Paolo II molto diverso dal giovane Pontefice che
21 anni fa varcò per la prima volta il limite della zona sacra del Santuario di
Lourdes. Tra poco meno di un mese, un Papa più simile nel corpo alle decine di
migliaia di malati che ogni anno transitano per Lourdes rivivrà in prima
persona l’esperienza che l’11 febbraio 1858 trasformò il cuore di Bernadette e
consacrò al dono della fede e della guarigione un anonimo angolo di campagna ai
piedi dei Pirenei.
Questa mattina, la Sala Stampa
vaticana ha comunicato gli appuntamenti che scandiranno il soggiorno
apostolico: il Papa raggiungerà in volo da Roma lo scalo francese di
Tarbes-Ossun, dove atterrerà verso le 11.00 del mattino di sabato 14 agosto. Ad
accoglierlo, tra gli altri, ci sarà anche il presidente della Repubblica
francese, Jacques Chirac. La prima visita alla Grotta di Lourdes sarà subito
dopo l’arrivo, verso le 13, per la recita dell’Angelus. Poi, sempre davanti
alla statua della Vergine, il Papa presiederà nel tardo pomeriggio la recita
dei Misteri luminosi del Rosario, l’ultimo dei quali sarà celebrato nel
piazzale antistante la Basilica di Nostra Signora del Rosario e si concluderà
con le parole del Pontefice ai presenti. Alle 21, i pellegrini daranno vita
alla tradizionale e suggestiva cerimonia aux flambeaux, la processione
con le torce attorno al Santuario, che il Papa seguirà dal terrazzo della sua
residenza per poi impartire la benedizione finale. Domenica 15 agosto,
solennità dell’Assunta, Giovanni Paolo II presiederà la Santa Messa alle 10 nel
Santuario quindi – dopo il pranzo con i vescovi francesi - sosterà ancora
privatamente in preghiera davanti alla Grotta nel pomeriggio, prima di
concludere il suo 104.mo viaggio apostolico con il decollo dall’aeroporto francese
verso le 18 e il rientro a Castel Gandolfo.
“La malattia e la morte – ha
scritto il Pontefice, riferendosi in modo particolare al messaggio che
scaturisce da Lourdes – pur restando presenti nell’esperienza terrena, perdono
tuttavia il loro senso negativo. Alla luce della fede, la morte del corpo,
vinta da quella di Cristo, diventa il passaggio obbligato alla pienezza della
vita immortale”.
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SI SVOLGERA’ IN AULA
PAOLO VI E NON A CASTEL GANDOLFO L’UDIENZA GENERALE
DI MERCOLEDI’ PROSSIMO. IL PAPA RAGGIUNGERA’ IN AUTO
IL VATICANO
PER CONSENTIRE ALLE MIGLIAIA DI PELLEGRINI CHE LO
HANNO RICHIESTO
DI PARTECIPARE ALLA SUA CATECHESI
- A cura di Alessandro De Carolis -
L’udienza generale di mercoledì prossimo,
contrariamente a quanto annunciato, non si svolgerà a Castel Gandolfo ma in
Aula Palo VI, in Vaticano. A modificare in corsa l’agenda pontificia - ha
spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana, Navarro Valls - è stato
l’alto numero di richieste di partecipazione all’udienza, per soddisfare le
quali il cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo sarebbe inadeguato,
potendo ospitare al massimo un migliaio di persone.
“E’ presumibile - ha poi aggiunto il portavoce
vaticano - che ciò avvenga anche per i prossimi mercoledì, in quanto abbiamo
avuto molte richieste. Il Papa – ha precisato - verrà in Vaticano con
l’automobile”.
IL PAPA IERI ALL’ANGELUS
HA RINNOVATO L’INVITO A RISCOPRIRE
IL PRIMATO DELLA VITA INTERIORE: IL COMMENTO DI
MONS. RAVASI
Il Papa ieri, durante il suo primo Angelus nella sua
residenza estiva a Castel Gandolfo dopo il rientro dalle vacanze valdostane, ha
rinnovato l’esortazione a “riscoprire il primato della vita interiore”.
“Ascoltare la Parola di Dio – ha detto – è la cosa più importante della nostra
vita”. Ma come fare esperienza profonda di questo ascolto? Sergio Centofanti lo
ha chiesto al teologo mons. Gianfranco Ravasi:
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R. – Ecco: la parola di Dio
dev’essere ascoltata, io penso, attraverso due percorsi fondamentali. Il primo
percorso è indubbiamente quello del silenzio. Bisogna, cioè, ritrovare attorno
a sé un orizzonte di quiete in cui cadono i rumori. E questo silenzio,
purtroppo, sempre più viene meno ai nostri giorni. Il secondo percorso è quello
anche della lettura del testo, dello ‘scavare’ il testo. E’ necessario che la
Bibbia scenda un po’ dagli scaffali ma sia anche una sorta di piccolo testo,
soprattutto durante queste vacanze, che uno prende in mano come un ‘vademecum’
da poter leggere al mattino, alla sera, o nei momentini quiete per riuscire a
ritrovare quella parola che riesca a diventare stimolo.
D. – Che cosa significa, oggi,
riscoprire il primato della vita interiore?
R. – Il primato della vita
interiore vuol dire: ritrovare la coscienza, cioè rientrare in se stessi. E’,
questa, operazione difficilissima, perché l’uomo di oggi è soprattutto
all’esterno di se stesso. C’era una frase di uno scrittore tedesco, Michael
Ende, autore di un’opera abbastanza popolare, ‘La storia infinita’ ... la frase
dice: ‘Noi siamo corsi troppo avanti; dobbiamo fermarci per lasciare che le
nostre anime ci raggiungano’. Ecco, noi abbiamo bisogno di essere raggiunti
dalla nostra anima, quindi questo è prima di tutto il primato della vita
interiore. Naturalmente, noi sappiamo che entrando in noi stessi, noi non
troviamo solo noi ma troviamo anche il mistero di Dio, la sua voce, la voce
della coscienza che ci indica il bene e il male, la voce – anche – che parla
direttamente a noi, chiamandoci; fermo restando che è solo per questa via che si
può veramente uscire nel mondo e servire i fratelli.
D. – Dunque, primato della vita
interiore, servizio ai fratelli ... non c’è quindi contrasto tra azione e
contemplazione?
R. – Vita attiva e contemplativa in sé si sposano,
perché se c’è uno che s’è mosso, e anche tanto, che ha continuato a guarire
malati e ha continuato a stare in mezzo alla sofferenza, che ha partecipato a
banchetti, cioè che ha vissuto la vita quotidiana, è proprio Cristo!
L’importante è avere sempre questa apertura interiore, di non essere tutti
presi dalle cose: tanto il lavoro, gli impegni ci assorbono e che ci
rinsecchiscono. Non è facendo tanto, agitandoci all’esterno che si riesce a
trasformare anche la società; è l’uomo ricco dentro se stesso, ricco di valori,
ricco di intimità, di interiorità, di spiritualità e quindi anche di Dio, che
riesce veramente ad essere incisivo, anche sulle ferite dell’uomo
contemporaneo, sulle sofferenze, sulle domande che continuamente il mondo, i
fratelli, soprattutto i bisognosi, ci rivolgono.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“Ascoltare la Parola di Dio è la cosa più importante nella nostra vita”: da
Castel Gandolfo, Giovanni Paolo II guida la recita dell’Angelus esortando a
riscoprire e a valorizzare il primato della vita interiore.
Nelle vaticane, l’introduzione
del cardinale Alfonso Lopez Trujillo al primo dei tre volumi – “Famiglia e
questioni etiche” - pubblicato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Nelle estere, in evidenza
l’Iraq: un’altra strage, provocata dall’esplosione di un camion-bomba, ha
insanguinato Baghdad; il terrorista al Zarqawi pone una taglia sul premier
iracheno Allawi.
Nella pagina culturale, un
articolo di Marco Testi dal titolo “La lotta contro l’onnivoro razionalismo”:
tradotto in italiano “Regno di matite”, il romanzo postumo di Elias
Canetti.
Nelle pagine italiane, le
dimissioni di Umberto Bossi dal suo incarico nell’Esecutivo e da deputato della
Repubblica.
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19 luglio 2004
ARAFAT REVOCA LA NOMINA DEL CUGINO ALLA GUIDA DEI
SERVIZI DI SICUREZZA
DI GAZA.
ABU ALA CONFERMA LE SUE DIMISSIONI
-
Intervista con Guido Olimpio -
Continua ad essere tesa la situazione politica nei
Territori palestinesi. Il presidente palestinese, Yasser Arafat, in seguito
alle proteste, ha revocato la nomina del cugino Musa alla guida dei servizi di
sicurezza a Gaza, rimettendo al suo posto il predecessore Razik al Majeida.
Intanto il premier Abu Alà, oggi ha confermato le sue dimissioni, dopo gli scontri
tra fazioni palestinesi questa notte a Rafah. L’esercito israeliano da parte
sua ha ucciso almeno 4 palestinesi. Ma cosa
c’è dietro questo duro contrasto scoppiato all’interno del mondo palestinese?
Roberto Piermarini lo ha chiesto all’esperto del Corriere della Sera e inviato
speciale in Medio Oriente, Guido Olimpio:
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R. – Da una parte c’è che il potere di Arafat è ancora
forte ma si sta decomponendo in maniera abbastanza rapida; dall’altra, un
elemento più contingente è il preannunciato ritiro israeliano da Gaza: a Gaza
si stanno combattendo varie forze. Da una parte, ci sono gli uomini di Arafat,
poi c’è Dahlan, ex capo delle forze di sicurezza che è gradito agli israeliani
e penso che voglia presentarsi come l’uomo forte di casa. Poi, ci sono gli
uomini della brigata Al Aqsa che sono legati ad Al Fatah, divisi in vari gruppi
e sotto-gruppi, e questi sono quelli che vengono mossi da una parte all’altra
dello schieramento per alterare gli equilibri. Effettivamente c’è una corruzione
crescente, un’incapacità di fondo. La crisi esplode anche perché tra i
palestinesi, ormai, si è affermata l’idea che la regia di Arafat sia stata una
regia sbagliata. Questo non vuol dire che non appoggino la lotta armata o le
azioni kamikaze, ma comunque c’è questa valutazione.
D. – Quale potrà essere il futuro di Abu Ala, che ancora
ha confermato le sue dimissioni?
R. – E’ un’altro segnale dei problemi dell’Autorità
palestinese. Anche Abu Ala sta facendo quello che ha fatto Abu Mazen. Si
dimette perché dice che Arafat non gli ha concesso abbastanza poteri, e questo
è vero. Siamo in una situazione di stallo, perché da una parte è vero che la
forza di Arafat si sta riducendo, ma dall’altra parte è anche vero che quel
poco di potere che c’è non viene passato ai primi ministri in carica, e quindi
non possono operare e soprattutto nel campo della sicurezza ed è quello che
tutti hanno chiesto, non solo Israele, ma che aveva chiesto l’ONU. Per esempio
il famoso attacco dell’inviato ONU Terje Roed-Lausen e la reazione egiziana
erano legate a che cosa? Al fatto che Arafat non ha mai concesso un briciolo di
potere ai suoi primi ministri, soprattutto non ha fatto nulla per mettere fuorilegge
i gruppi armati. Probabilmente non lo ha fatto sia perché non lo vuole, sia
perché è troppo tardi!
D. – In questo momento in cui Sharon sta formando un
governo di unità nazionale, quanto può giovare a Israele questa situazione nei
Territori palestinesi?
R. – Il caos nei Territori palestinesi era un obiettivo
cercato anche dagli stessi israeliani. Le diverse operazioni militari nel corso
del 2002 e 2003, erano mirate a distruggere qualsiasi infrastruttura e
qualsiasi parvenza di autorità. Infatti, ieri Sharon che cosa ha detto? “Con
chi posso trattare? Non c’è nessuno con cui posso trattare, dall’altra parte!”.
E’ un atteggiamento cinico ma ha anche una sua logica, nel senso che prima
hanno eliminato qualsiasi interlocutore, e poi dicono che non c’è
trattativa! Il caos nei Territori a cosa porta? Porta ad un rinvio ulteriore di
qualsiasi negoziato: c’è un solo attore che è Israele che decide quello che
fare e come non fare. E i palestinesi non hanno più modo di andare né avanti,
né indietro: sono bloccati.
D. – E la comunità internazionale?
R. – La comunità internazionale, secondo me, ormai può far
ben poco. Diciamo che ha avuto una grande responsabilità. Se da una parte era
legittimo appoggiare Arafat, dall’altro ritengo che avrebbe dovuto chiarire le
questioni con il presidente palestinese in modo molto più duro e molto più
aspro. Oggi, di fatto, la diplomazia internazionale ha abbandonato Arafat.
Persino Terje Roed-Larsen, inviato Onu per il Medio Oriente ha
attaccato Arafat.
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PRESENTATO OGGI AL MONDO POLITICO IL VOLUME
“ANDATE IN TUTTO IL MONDO,
I
VATICANISTI ITALIANI RACCONTANO GIOVANNI PAOLO II”.
IL
LIBRO E’ UNA SINTESI DEL CICLO DI CONFERENZE SUL PONTIFICATO
DI
PAPA WOJTYLA PROMOSSE IN 40 PAESI DAL MINISTERO DEGLI ESTERI
Il magistero di Giovanni Paolo II cristallizzato nei
ricordi e nelle emozioni dei vaticanisti che in 25 anni di Pontificato lo hanno
seguito per le contrade del pianeta. E’ stato presentato questa mattina al
mondo politico il volume “Andate in tutto il mondo, i vaticanisti italiani
raccontano Giovanni Paolo II”, edito dalle Edizioni Dehoniane. L’incontro
si è svolto nella Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati. Il servizio di
Barbara Castelli.
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Oltre 600 pagine, che ripercorrono il ciclo di conferenze
su Giovanni Paolo II in 40 città del mondo, organizzate dal ministero degli
Esteri italiano, per offrire una corale e differenziata lettura del Pontificato
di Papa Wojtyla, ma anche per raccogliere veri e propri strumenti di
diplomazia. In questi 25 anni, infatti, il Papa non ha mai smesso di offrire un
atto di fede nella politica, sottolineando l’urgenza di riscoprirne l’anima.
“Quello che presentiamo oggi - ha detto l’onorevole Mario Baccini, presidente
della Commissione Nazionale per la Promozione della Cultura Italiana all’Estero
- non è solo un diario di viaggio a più voci, ma anche uno strumento utile per
la politica”. “L’umanesimo cristiano di questo Papa - gli ha fatto eco
l’onorevole Rutelli, presidente della Margherita - ha forti ricadute politiche,
perché Giovanni Paolo II in tutto il suo Pontificato ha indicato la necessità
della verità sul potere”. Ma in che modo il volume si offre come strumento di lavoro
per il mondo politico, spesso segnato dalle divisioni e lontano dal bene comune
che dovrebbe essere la prima preoccupazione delle istituzioni? Ci risponde
mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense e
cappellano della Camera dei Deputati.
R. – Può aiutare a riscoprire l’impegno pastorale che
Giovanni Paolo II ha messo nei 25 anni di Pontificato, e che continua ancora ad
immettere. Il fatto che il Santo Padre abbia visitato il Parlamento italiano -
e questa è stata una visita storica - il fatto stesso che in questo volume sono
raccolte posizioni di tanti vaticanisti, che hanno viaggiato per il mondo e che
hanno portato il messaggio di Giovanni Paolo II, è un segno di ulteriore
impegno per i nostri politici a vedere sempre finalizzato il loro lavoro
nell’impegno di tutti e, quindi, alla ricerca del bene di tutti.
Lasciamo ora la parola ad Orazio Petrosillo, vaticanista
de “Il Messaggero”.
R. – Nelle parole del Pontificato ci sono tantissimi
insegnamenti per il mondo politico. Le parole che il Papa ha detto al mondo
esterno, fuori della Chiesa, sono: ‘libertà’, pensiamo a tutto l’impegno per
far abbattere il muro del comunismo; ‘solidarietà’, pensiamo a tutto quanto il
Papa sta facendo per colmare l’abisso tra Nord e Sud del mondo; ‘dignità
dell’uomo’, che è la sua migliore traduzione del Vangelo, alla quale tutti gli
uomini sono chiamati; poi ‘pace’. Libertà, solidarietà e dignità della persona
sono le tre colonne che reggono la cupola della pace.
D. – Sempre a così stretto contatto con il Papa: c’è
qualche aspetto della personalità, del carisma di Giovanni Paolo II che in
qualche modo non è stato messo pienamente in luce?
R. – Nel Pontificato di Giovanni Paolo II tutto è stato
mediatizzato al massimo e, quindi, potremmo dire che tutto è in luce. Forse,
però, l’aspetto del Wojtyla mistico è quello che mi piace di più e che,
inevitabilmente, è difficile da rendere. Senza il Wojtyla mistico non si
capisce il Wojtyla pastore, etc. L’incontro personale con Dio, con Cristo, è
veramente la radice, ma non è un modo di dire ecclesiastico o ecclesiale, è
veramente la chiave di volta. Tutto cominciò quel 16 ottobre, nel pomeriggio,
quando i cardinali chiesero “accetti l’elezione di te canonicamente fatta a
Sommo Pontefice?”. In quel momento il mistico Wojtyla percepì non solo il senso
materiale di queste parole, ma percepì un’altra parola: “mi ami tu più di
questi?”. Era la domanda che Gesù pose a Pietro sulle rive del mare di Galilea,
che in quel momento Karol Wojtyla sentiva rivolte da Cristo stesso a sé. Lui
disse “sì, accetto”, ma voleva dire “sì, lo sai che io ti amo”.
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DARFUR: AMNESTY ACCUSA IL GOVERNO SUDANESE DI CRIMINI CONTRO
L’UMANITA’
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Intervista con Riccardo Nouri -
In un Rapporto Amnesty International accusa il governo
sudanese di crimini contro l’umanità e di numerose violazioni contro le donne
nella regione del Darfur, in un conflitto, tra le milizie arabe sostenute da
Khartoum e i ribelli locali, che ha fatto circa 10 mila morti e un milione di
sfollati, dal febbraio 2003. Si parla di attacchi illegali e sistematici contro
i civili da parte delle milizie arabe. Proprio la scorsa settimana i
rappresentanti della regione del Darfur hanno abbandonato i colloqui di pace ad
Addis Abeba dicendo che li riprenderanno quando Khartoum avrà soddisfatto
alcune condizioni fra cui proprio il disarmo delle milizie arabe Janjaweed.
Sulle violazioni denunciate da Amnesty nel Rapporto, Debora Donnini ha
intervistato Riccardo Nouri, portavoce di Amnesty-Italia.
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R. – Quello che succede è quanto hanno raccontato
centinaia di donne che Amnesty ha incontrato tra i campi profughi degli
sfollati del Darfur, una regione che ormai è praticamente svuotata grazie ad
un’offensiva militare delle milizie chiamate ‘janjaweed’ e dell’aviazione del
Sudan. I racconti si possono riassumere in una semplice espressione: lo stupro,
nel Darfur, è un’arma di guerra; come in passato, come in altre circostanze,
vengono colpite le donne, a centinaia, oltre che per infliggere loro
umiliazioni, anche per colpire la comunità di appartenenza.
D. – Quindi, è proprio in base a queste violazioni
sessuali che voi parlate di ‘crimini contro l’umanità’?
R. – Non soltanto. Questo è il contenuto del più recente
Rapporto di Amnesty, ultimo di una lunga serie: abbiamo parlato di villaggi
dati alle fiamme, di un esodo di centinaia di migliaia di persone, di
bombardamenti con l’aviazione, di torture, di uccisioni, di riduzioni in
schiavitù. Tutto questo, messo insieme, fornisce un quadro agghiacciante su cui
la comunità internazionale ha fatto finora poco, e dal punto di vista giuridico
certamente è corretto parlare di ‘crimini contro l’umanità’.
D. – Nella regione del Darfur a imperversare sono queste
milizie arabe ‘janjaweed’ contro la popolazione, anch’essa per lo più
musulmana, ma di etnìa nera. Qual è il tipo di ‘conflitto’ che si sta
delineando? Tra l’altro, queste milizie arabe sembrano appoggiate dal governo
...
R. – Che siano appoggiate dal governo di Khartoum, è
indubbio; che il governo di Khartoum abbia, in occasione della recente missione
delle Nazioni Unite, promesso di fare delle cose concrete, ovvero smantellare e
disarmare queste milizie, è un altro fatto assodato, così come è una certezza
che la situazione del Darfur non è affatto migliorata nonostante le promesse
del governo sudanese. E’ in corso un conflitto che si può definire su vari
livelli. Un conflitto tra popolazioni nomadi e popolazioni sedentarie, un conflitto
che ha ragioni certamente etniche. Occorre agire, occorre che, alle promesse
del governo di Khartoum, seguano i fatti. Il Darfur rischia di essere la cartina
tornasole per verificare se la preoccupazione della Comunità internazionale
diventa soltanto un esercizio intellettuale oppure può dare veramente un
segnale concreto di speranza a milioni di persone che oggi, con l’imminenza
delle piogge, vivono con la prospettiva della carestia, della fame e della
morte.
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LA DIFESA DELLE
PICCOLE LINGUE DI FRONTE AL FENOMENO
DELLA GLOBALIZZAZIONE: SE NE E’ PARLATO IN UN
CONVEGNO IN GRECIA
-
Intervista con Neria De Giovanni -
“La
difesa delle ‘piccole’ lingue e delle letterature davanti alla globalizzazione”
è stato il tema del Convegno internazionale sulle lingue minoritarie che si è
svolto in questi giorni nella cittadina greca di Peania, vicino Atene.
L’evento, organizzato dalla Sezione greca dell’Associazione internazionale dei
critici letterari, si è inserita nel quadro delle manifestazioni culturali
degli ormai prossimi Giochi Olimpici. Ma come influisce il fenomeno della
globalizzazione sulle lingue e le letterature dei Paesi più deboli? Roberta
Moretti lo ha chiesto alla professoressa Neria De Giovanni, presidente
internazionale dell’Associazione dei critici letterari e autrice della
relazione introduttiva del convegno dal titolo: “La globalizzazione che aiuta”:
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R. – Ho
voluto incitare un piccolo dibattito già intorno al titolo della mia relazione,
perché il termine globalizzazione è un termine che è caricato molto di negatività
perché si pensa a fenomeni di Paesi più ricchi, che, economicamente parlando,
schiacciano i Paesi più poveri. Allora, io ho voluto vedere la globalizzazione
come fenomeno di universalizzazione che, paradossalmente, ha aiutato Paesi
piccoli o letterature e lingue minoritarie a riscoprirsi, ossia, davanti a
questa paura della globalizzazione economica, i Paesi più piccoli, che però
hanno una ricchezza forte nella loro tradizione, nelle loro radici, si stanno
attrezzando e stanno ristudiando, riscoprendo questa loro grande ricchezza e
tradizione.
D. – Ma
è possibile, concretamente, contrastare la scomparsa delle lingue minoritarie e
anzi, valorizzarne la peculiarità?
R. –
Credo che non solo sia possibile, ma molti Paesi si stanno già muovendo in
questa direzione. Già la regione Sardegna ha fatto una legge che è sulla difesa
della lingua e della letteratura sarda, e subito dopo la legge regionale è
venuta quella nazionale in difesa delle lingue minoritarie presenti nel territorio
nazionale italiano ed entrambi rispondono alla filosofia dell’Unione Europea,
che ha molta attenzione proprio nei confronti delle peculiarità e delle
diversità. Allora, da una parte è importante che ci sia una difesa ed una protezione
dal punto di vista legislativo, e dall’altra questa attenzione legislativa deve
corrispondere ad una attenzione reale da parte del mondo culturale, intendo le
agenzie educative, l’Università, la scuola e associazioni come la nostra per
non tradire noi stessi, le nostre origini, la nostra peculiarità profonda, e
aprirci contemporaneamente al confronto con il mondo intero.
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19 luglio 2004
INFURIANO
LE POLEMICHE SULL’APPELLO LANCIATO IERI
DA SHARON CHE INVITAVA
GLI EBREI FRANCESI A EMIGRARE “AL PIÙ PRESTO” IN ISRAELE.
AVI PAZNER, PORTAVOCE
DEL GOVERNO ISRAELIANO, ASSICURA:
IL PREMIER “È STATO FRAINTESO”
- A cura di Francesca Smacchia
-
PARIGI. = Marcia
indietro del premier israeliano Ariel Sharon dopo il clamore suscitato ieri da
un suo appello che invitava gli ebrei di Francia ad emigrare “al più presto” in
Israele. Avi Pazner, portavoce del governo israeliano, durante un’intervista
alla radio Europe 1 ha affermato che Sharon ha voluto indicare “che il
posto degli ebrei di Francia e del mondo intero è in Israele”. Non era infatti
piaciuto né al governo di Parigi né alle istituzioni ebraiche l'appello lanciato
ieri, a margine di un incontro a Gerusalemme con i rappresentanti di
organizzazioni ebraiche americane, ai seicentomila ebrei di Francia affinché
emigrassero “al più presto” in Israele, mettendosi al riparo dalla piaga sempre
più allarmante dell'antisemitismo. Pur riconoscendo al governo e alle autorità
francesi di aver preso una chiara e ferma posizione contro ogni manifestazione
di intolleranza verso gli ebrei, Sharon ha tracciato un quadro piuttosto
drammatico della situazione, sottolineando che il 10 per cento della popolazione
francese è costituito da musulmani e ciò favorisce la nascita di un nuovo
antisemitismo. La Francia è il Paese europeo dove si lamenta il maggior numero
di atti antisemiti. Nel primo semestre 2004, i casi di antisemitismo violento
denunciati sono stati 132, più di quelli rilevati in tutti i dodici mesi
precedenti (127). Il governo Raffarin ha però reagito con grande irritazione
all'appello di Sharon, definendolo “un affronto inaccettabile”. Critiche a
Sharon sono state espresse anche dal Grande Rabbinato di Francia e dal
Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni ebraiche di Francia (Crif). Haim
Korsia, stretto collaboratore del Grande Rabbino Joseph Sitruk, ha affermato
che “la situazione in Francia non richiede una partenza. L’espressione 'ebrei di
Francia' - ha sostenuto - non significa nulla. Ci sono cittadini francesi che
sono ebrei così come altri di altre religioni. Noi siamo una parte dell'anima
di questo Paese”.
“L’ISTITUZIONE
MATRIMONIALE HA ‘PURTROPPO’ BISOGNO DI ESSERE PROTETTA”:
QUESTA LA DENUNCIA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
STATUNITENSE,
CHE HA ESPRESSO LA PROPRIA DELUSIONE NEI CONFRONTI
DEL SENATO
PER LA MANCATA CHIUSURA DEL DIBATTITO
SULL’ EMENDAMENTO FEDERALE SUL MATRIMONIO
WASHINGTON.
= “Il matrimonio, l’unione di un uomo e una donna, è sempre stato riconosciuto
come la base della società umana, ma oggi, ‘purtroppo’, ha bisogno di essere
protetto”. Lo ha affermato il vescovo Wilton Gregory, presidente della
Conferenza episcopale degli Stati Uniti, in una dichiarazione rilasciata in seguito
alla mancata chiusura in Senato, mercoledì scorso, del dibattito relativo
all’emendamento sul matrimonio. La chiusura avrebbe posto termine alla discussione
e avrebbe permesso al Senato di votare sul provvedimento. “E’ una vergogna che
il Senato non abbia avuto la possibilità di votare questo emendamento così
necessario per il benessere della nostra nazione”, ha aggiunto. Il vescovo
Gregory ha esortato il Senato a votare a favore dell’emendamento sul matrimonio
e a respingere ogni tentativo di evitare che venga preso in considerazione. Ha
scritto anche a tutti i vescovi, chiedendo loro di esortare i senatori a
sostenere l’emendamento e incoraggiare i sacerdoti locali a promuovere
un’ulteriore campagna di sensibilità attraverso la comunità cattolica. (R.M.)
I LAICI AFRICANI SIANO
PROTAGONISTI DELLA VITA MISSIONARIA CONTINENTALE
E DI QUELLA DELLE SINGOLE SOCIETA’: E’ L’AUSPICIO
CENTRALE
DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MISSIOLOGIA DI
KINSHASA,
CHE HA PUBBLICATO LE RACCOMANDAZIONI FINALI
RIVOLTE ALLA CHIESA E AGLI STATI
KINSHASA. = L’importanza della
formazione degli annunciatori del Vangelo in Africa, per rilanciare il
messaggio di Cristo in un continente dove la Buona Novella è ancora
sconosciuta. Ma anche il miglioramento delle strutture ecclesiali locali,
perché i malfunzionamenti che talvolta le colpiscono siano risolti a tutto
vantaggio dell’attività pastorale. Sono tra i punti di rilievo che compaiono
nel testo delle “Raccomandazioni finali” del Congresso internazionale di
missiologia, conclusosi sabato scorso a Kinshasa dopo una settimana di
incontri, conferenze e dibattiti. L’incontro, promosso dai vescovi della
Repubblica democratica del Congo, ha dato molto spazio al coinvolgimento dei
laici nell’azione missionaria, sottolineando “l’importanza degli scambi tra le
chiese” e avanzando, tra l’altro, la proposta della creazione di “un centro
comune e interafricano di studi e di preparazione missionaria”, da affiancare
alle strutture già esistenti. Al Secam, il Simposio del Conferenze episcopali
di Africa e Madagascar, i congressisti hanno inoltre proposto una mobilitazione
in forze per affrontare la sfida posta dalle sette religiose, oltre a quelle
endemiche della povertà e dell’emarginazione politica dell’Africa. Alle autorità
dei singoli Stati, i partecipanti al congresso hanno raccomandato di consentire
la piena assunzione di responsabilità da parte dei laici all’interno della
Chiesa e della società, invocando una specifica attenzione anche nell’uso degli
idiomi locali per l’annuncio del Vangelo, attraverso la traduzione della Bibbia
e dei documenti ecclesiali, così da permettere “un’evangelizzazione in
profondità dell’uomo africano”. (A.D.C.)
IN OCCASIONE DELLA RIAPERTURA IL
PROSSIMO 23 LUGLIO DEL “PONTE VECCHIO”
DI MOSTAR, DISTRUTTO DALLE TRUPPE CROATO-BOSNIACHE
NEL 1993,
SI TIENE OGGI NELLA CITTA’ IL SUMMIT DEI MINISTRI
DELLA CULTURA
DEL SUD-EST EUROPA DEDICATO ALLA TUTELA E ALLA
RICOSTRUZIONE
DEL PATRIMONIO STORICO-CULTURALE DEI BALCANI
MOSTAR. = Organizzato dal governo italiano in
cooperazione con la Banca mondiale e le autorità bosniache, oggi a Mostar, nel
sud della Bosnia, si svolge un summit dei ministri della Cultura dei Paesi del
sud-est Europa, dedicato alla tutela e alla ricostruzione del patrimonio
storico-culturale dei Balcani. Per ospitare la conferenza, è stata scelta
Mostar perché tra quattro giorni, il 23 luglio, la città vedrà l’inaugurazione
dello “Stari Most”, il “Ponte vecchio”, ricostruito dopo il crollo nelle acque
della Neretva durante un bombardamento il 9 novembre 1993. Il ponte,
considerato la perla dell’architettura islamica in Bosnia, venne costruito tra
il 1557 e il 1566 dall’architetto ottomano Mimar Hajreddin, che ideò un’arcata
unica fiancheggiata da due torri. Considerato nei secoli simbolo della città di
Mostar, aveva resistito prima del conflitto bosniaco ad ogni sorta di calamità:
guerre, invasioni, terremoti. La ricostruzione dello “Stari Most”, che collega
la parte croata della città, lungo la riva occidentale del fiume Neretva, con
la maggioranza della popolazione bosniaco-musulmana, residente ad est del fiume,
rappresenta un’iniziativa dal forte valore simbolico. Saranno presenti
all’inaugurazione il capo della presidenza collegiale della Bosnia-Erzegovina,
Sulejman Tihic, il direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura, i capi di
Stato dei Paesi balcanici e molte personalità del mondo politico e culturale
europeo. Lo “Stari most” è stato riedificato in blocchi di pietra calcarea,
secondo l’antico modello e con tecniche e utensili tradizionali, dopo l’appello
lanciato dall’Unesco nel 1998, al quale hanno risposto cinque Paesi donatori
(Croazia, Francia, Italia, Paesi Bassi, Turchia) e la Banca Mondiale. (R.M.)
IN
OCCASIONE DEL SUO 84.MO GENETLIACO, QUESTA SERA
IN PIAZZA SANT’IGNAZIO A
ROMA LE BANDE DELLE FORZE DI POLIZIA
TERRANNO UN CONCERTO IN ONORE DEL PAPA, CON
INIZIO ALLE ORE 21
ROMA. = Musica bandistica in un concerto per
celebrare l’84.mo genetliaco di Giovanni Paolo II. Ad eseguirlo questa sera
alle 21 in Piazza Sant’Ignazio a Roma, saranno le Bande dell’Arma dei
Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza e della Polizia
Penitenziaria. L’evento in onore del Santo Padre si inserisce nella XVI
edizione dei “Concerti per Roma Capitale” e si svolgerà alla presenza di
autorità ecclesiali e politiche, di rappresentanti della cultura e dello
spettacolo. In programma, brani di Spontini, Rossini, Verdi.
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19 luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, dove è salito a 14 il numero delle vittime del
raid aereo americano di ieri sulla città di Fallujia, si deve registrare anche
oggi un ennesimo attentato. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:
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La polizia irachena continua ad essere al centro degli
attacchi di guerriglieri: una autocisterna guidata da un kamikaze è esplosa,
stamani, nei pressi di un commissariato in un quartiere meridionale di Baghdad.
Secondo quanto riferito da un ufficiale della Guardia nazionale all’Ansa, sono
almeno 10 le persone rimaste uccise ed oltre 60 i feriti. Questa mattina,
inoltre, sono stati ritrovati i corpi di due ufficiali, recentemente rapiti a
Fallujia e a Ramadi e uccisi da gruppi di ribelli. E ieri è stato ucciso a
Baghdad – ha riferito Al Jazeera - il direttore generale del ministero della
Difesa iracheno, Issam Kadhem. Dopo 56 giorni di assenza dalla scena pubblica,
è intanto riapparso nella città di Najaf, a sud della capitale, il leader
sciita Moqtada Al Sadr. Il suo ritorno in pubblico è coinciso con l’annuncio,
da parte del governo del premier Iyad Allawi, di voler costituire una
commissione mista composta da ministri, capi tribù, partiti politici e altre
autorità. La commissione avrà lo scopo di decidere piani di sviluppo in favore
della popolazione di Sadr City, roccaforte del leader sciita ed uno dei più
poveri quartieri di Baghdad. Il ministro della giustizia iracheno Malek Dohane
Al Hassan, sfuggito due giorni fa ad un sanguinoso attentato nel quale hanno
perso la vita cinque uomini della sua scorta, ha infine chiesto ad Allawi di
utilizzare la legge speciale che gli consente di introdurre lo stato d'emergenza.
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Ancora
violenze in Medio Oriente. In Libano, una bomba ha provocato la morte dello
sciita Jaleb Awaali, leader militare di Hezbollah. L’attentato, rivendicato da
un gruppo fondamentalista sunnita, è stato compiuto alla periferia di Beirut.
Le guardie di frontiera giordane hanno ucciso, inoltre, tre sospetti che stavano
tentando di infiltrarsi in Israele. Nello Stato ebraico, intanto, è durata
circa un’ora la riunione che ieri ha dato formalmente il via al negoziato tra
il Likud ed il partito laburista per la formazione di un nuovo governo di unità
nazionale.
In
Afghanistan un alto comandante della provincia orientale di Kunar è stato
ucciso da tre uomini armati a Kabul. Lo ha riferito un portavoce del ministero
della Difesa afghano precisando che Malik Zarin si trovava a bordo della sua
auto quando è stato raggiunto da colpi d'arma da fuoco.
Il
governo iraniano ha respinto le critiche del Canada, che ieri ha annunciato il
richiamo del suo ambasciatore a Teheran dopo che non gli era stato permesso di
assistere all’udienza conclusiva del processo per la morte in carcere della
fotoreporter Zahra Kazemi. La giustizia iraniana “non ha alcun bisogno di osservatori
stranieri”, ha affermato il portavoce dell’esecutivo iraniano.
Duecento
scuole chiuse per mancanza di norme antincendio. E’ la risposta del governo dell’India
alla tragedia di venerdì scorso, costata la vita a 90 bambini. Venti sono
ancora in ospedale, in condizioni gravi.
La
guerriglia maoista torna a far tremare il Nepal. Ieri i ribelli hanno attaccato
una scuola di Chiamale, alle porte di Katmandu, sequestrando una cinquantina di
studenti ed una decina di insegnanti. I ragazzi – di età compresa fra i 13 e i
16 anni – sono stati rapiti per combattere al fianco dei guerriglieri.
“Una svolta fondamentale, la
fine di un’epoca”. Così il presidente boliviano, Carlos Mesa, ha definito la
vittoria dei sì nel referendum di ieri sulla gestione degli idrocarburi. Una
larga maggioranza di elettori, intorno al 90 per cento, si è detta favorevole
alla nazionalizzazione del gas e del petrolio, mentre solo di misura sono
passati i quesiti che proponevano maggiori esportazioni delle risorse energetiche.
Da La Paz, Maurizio Salvi:
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Con i cinque ‘sì’ nel referendum, il presidente Carlos
Mesa ha ottenuto un rafforzamento della sua posizione, ma non ha eliminato le
difficoltà che lo attendono sul piano politico. Il capo dello Stato ha parlato
di svolta radicale nella politica energetica della Bolivia perché grazie al
successo, il governo torna ad avere il controllo delle risorse del settore,
anche con il rilancio della compagnia statale abbandonata anni fa a profitto
delle imprese private straniere. La vittoria del capo dello Stato è chiara, ma
l’affluenza alle urne è minore alle aspettative e soprattutto il ridotto
sostegno per due delle domande hanno complicato la sua strategia del giorno
dopo. Ieri sera, Mesa si è rivolto a coloro che hanno appoggiato il referendum,
sollecitandoli a sostenere adesso gli sforzi per tradurre i propositi in
realtà. Il destinatario dell’appello è il leader degli indios Aymara, Evo
Morales, che si sta distanziando dal capo dello Stato sul problema del
negoziato con le imprese private che hanno, in Bolivia, numerosi e vantaggiosi
contratti.
Da La Paz, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Stati Uniti, Corea del sud e Giappone al lavoro per
tentare di risolvere la questione nucleare nordcoreana. Una delegazione
americana – guidata dal vicesegretario di Stato, Bolton – è arrivata questa
mattina a Seul, da dove nelle prossime ore partirà per Tokyo. Al vaglio degli
inviati di Washington, la proposta giapponese e sudcoreana di fornire aiuti
economici a Pyongyang in cambio dell’abbandono del suo programma nucleare.
Spiragli di pace in Burundi. L’inviata dell’Onu, Carolyn
Mc Askie, ha definito “molto positivi” i colloqui avuti questo fine settimana
in Kenya con i responsabili delle Forze nazionali di liberazione, l’ultimo
gruppo di ribelli rimasto fuori dal governo. La possibilità di una tregua è
allo studio, ha detto la rappresentante di Kofi Annan, che dovrà ora incontrare
le autorità di Bujumbura. Nel frattempo, in Sudafrica si sta ancora svolgendo
l’incontro fra il presidente burundese, Ndayizeye, e l’altro gruppo di
guerriglieri, le Forze per la difesa della democrazia.
Dopo
Tremonti, il governo italiano ha perso un altro ministro. Il presidente della
Repubblica Ciampi ha firmato il decreto di dimissioni del leader della Lega, Umberto
Bossi che ha rinunciato al dicastero delle Riforme, optando per il seggio
ottenuto all’Europarlamento di Strasburgo. Il presidente della Camera Casini si
è complimentato per l’operato del ministro, mentre per tutta l’opposizione il
governo è allo sbando. Sugli ultimi sviluppi, Massimiliano Menichetti:
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“Della sua intelligenza ha bisogno la politica
italiana”. Così il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, ha salutato
il ministro per le Riforme, Bossi, dopo aver letto l'elenco dei deputati che
hanno deciso di dimettersi optando per il seggio del Parlamento Europeo. Il
Consiglio federale della Lega Nord, riunito da questa mattina, ha rimarcato che
Bossi tornerà ad occuparsi del partito e della lotta per le riforme e che non intende
far cadere il governo. Immediate le repliche dell’opposizione che parla di
crisi insanabile nell’esecutivo: i Ds rimarcano che la maggioranza è allo
sbando. Sulla stessa linea, Margherita, Comunisti italiani, Udeur e Verdi che
hanno chiesto le dimissioni del premier
Berlusconi. Si discosta il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro,
secondo cui non bisogna strumentalizzare la scelta del leader leghista. Intanto
il sottosegretario agli Esteri ed esponente dell'Udc, Mario Baccini evidenzia
che ora potrebbe aprirsi una nuova fase di verifica. Secondo Francesco Giro,
responsabile nazionale di Forza Italia per i rapporti con il mondo cattolico,
quella di Bossi è comunque una scelta costruttiva, che deve essere accolta con
rispetto; ed il ministro alle Attività produttive Marzano parlando a Milano a
margine degli stati generali della ricerca, rimarca che ''non è necessariamente
crisi”; si dice d’accordo il ministro per i Rapporti con il Parlamento,
Giovanardi, secondo cui Bossi è malato e quindi deve prevalere la solidarietà e
non la strumentalizzazione.
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Si è da poco aperta al Tribunale di Aosta l’udienza
preliminare per il caso Cogne: l’accusa avrebbe chiesto una condanna a 30 anni
di reclusione per Anna Maria Franzoni, la madre del piccolo Samuele ucciso il
30 gennaio 2002. Si tratta del massimo della pena prevista con il rito abbreviato,
richiesto dalla difesa della donna.
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