RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 200 - Testo della
Trasmissione di domenica 18 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Cresce nel mondo il divario tra Paesi ricchi e Paesi
poveri: ce ne parla Sergio Marelli
CHIESA E SOCIETA’:
I Paesi
andini chiedono che il sequestro di persona sia considerato un “crimine contro
l’umanità”
Aumentano
in Brasile le invasioni abusive di terreni da parte del Movimento “Sem terra”
All’indomani del fallito assassinio del ministro
iracheno della Giustizia, un raid americano causa la morte di 11 civili a
Falluja: tra le vittime donne e bambini
Il premier
israeliano Sharon incontra il leader laburista Peres per i negoziati sul
governo di coalizione, mentre a Gaza monta la rivolta palestinese contro Arafat
18 luglio 2004
“ASCOLTARE
LA PAROLA DI DIO E’ LA COSA PIU’ IMPORTANTE DELLA NOSTRA VITA”.
E’
QUANTO HA DETTO OGGI IL PAPA ALL’ANGELUS A CASTEL GANDOLFO
DOVE
E’ GIUNTO IERI SERA A CONCLUSIONE DELLE SUE VACANZE IN VALLE D’AOSTA
“Ascoltare la Parola di Dio è la cosa più importante nella
nostra vita”. E’ quanto ha detto il Papa oggi durante l’Angelus recitato a
mezzogiorno nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dove è
giunto ieri sera a conclusione delle vacanze in Valle d’Aosta. Calorosa
l’accoglienza dei fedeli nella cittadina laziale. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Occorre “riscoprire il primato della vita
interiore” e le vacanze sono un “tempo propizio” per valorizzare questa dimensione
fondamentale dell’uomo. Il Papa ha terminato ieri le sue vacanze in Valle
d’Aosta, un “luogo incantevole” che lascia trasparire la mano di Dio, ha detto
nel salutare e ringraziare la comunità di Introd, che lo ha accolto con affetto
e discrezione: e oggi, durante l’Angelus nella cittadina laziale di Castel
Gandolfo, è tornato a parlare di ciò che è essenziale nell’ esistenza umana:
“Ascoltare
la Parola di Dio è la cosa più
importante della nostra vita”.
Giovanni Paolo II ha preso spunto dal brano evangelico dell’odierna liturgia domenicale
che racconta la “sosta di Gesù nella casa di Marta e Maria”, laddove “Marta è
tutta presa dalle faccende domestiche” mentre “Maria sta seduta ai piedi del
Maestro e ascolta la sua parola. Cristo afferma che Maria si è scelta la parte
migliore, che non le sarà tolta”:
“Cristo è sempre in mezzo a noi e desidera parlare al
nostro cuore. Lo possiamo ascoltare meditando con fede la Sacra Scrittura,
raccogliendoci nella preghiera privata e comunitaria, soffermandoci in silenzio
davanti al Tabernacolo, dal quale Egli ci parla del suo amore”.
“Specialmente alla Domenica – ha continuato il pontefice –
i cristiani sono chiamati ad incontrare e ascoltare il Signore. Ciò avviene nel
modo più pieno mediante la partecipazione alla Santa Messa, nella quale Cristo
imbandisce per i fedeli la mensa della Parola e del Pane di vita. Ma altri
momenti di preghiera e riflessione, di riposo e fraternità possono utilmente
concorrere a santificare il giorno del Signore”.
“Quando, per l’azione dello Spirito Santo, Dio prende
dimora nel cuore del credente – ha detto Giovanni Paolo II - diviene più facile
servire i fratelli. Così è avvenuto in modo singolare e perfetto in Maria
Santissima”. E a Lei ha voluto affidare le vacanze perché possano essere un tempo per ritrovare i
valori della vita interiore.
Dopo l’Angelus il Papa ha salutato i cittadini di
Castel Gandolfo ringraziandoli per la loro “accoglienza, sempre tanto
calorosa”. Ultima annotazione: il Papa ha dovuto interrompere per un momento la
lettura del discorso per schiarirsi la voce, prontamente aiutato da un forte
applauso dei fedeli presenti che in diverse centinaia hanno riempito il cortile
del Palazzo Apostolico.
Da mercoledì prossimo Giovanni Paolo II riprende a Castel
Gandolfo le udienze generali.
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18 luglio 2004
CONTINUA
IL DRAMMA DELLE POPOLAZIONI NERE DEL DARFUR:
GLI
AIUTI AI PROFUGHI STENTANO AD ARRIVARE
MENTRE
I NEGOZIATI DI ADDIS ABEBA SONO FALLITI
- Intervista
con Laura Boldrini -
Sono
fallite le trattative avviate ad Addis Abeba con la mediazione dell'Unione Africana
per fermare la grave crisi umanitaria nel Darfur, la regione occidentale del
Sudan sconvolta da violenze a sfondo etnico-politico. I gruppi che
rappresentano la popolazione autoctona nera hanno abbandonato il negoziato dopo
che il governo di Kharum ha respinto le condizioni poste per il dialogo: tra
queste, l’apertura di una inchiesta internazionale per genocidio e il disarmo
delle milizie arabe filogovernative, accusate di aver compiuto veri e propri
massacri ai danni della popolazione nera. Nel Darfur è in atto una delle più
gravi emergenze umanitarie nel mondo, con oltre un milione di persone in fuga
dalle proprie case verso il Ciad a causa delle aggressioni perpetrate dalle
milizie arabe, appoggiate dal regime islamico sudanese. Intanto il governo
libico ha accettato di aprire un nuovo corridoio umanitario per permettere il
rapido passaggio di aiuti verso il Darfur. Che ripercussioni potrebbe avere
tale decisione per l’emergenza umanitaria nella regione sudanese? Giada
Aquilino lo ha chiesto a Laura Boldrini, portavoce italiana dell’Alto Commissariato
ONU per i rifugiati:
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R. – Se fosse possibile – e ce l’auguriamo – faciliterebbe
molto il compito logistico delle agenzie che devono portare gli aiuti.
D. – Che problemi ci sono per il passaggio e la
distribuzione degli aiuti?
R. – I problemi, veramente, sono legati alle
infrastrutture molto povere che esistono in questa parte di Africa; quindi,
fare arrivare gli aiuti in Darfur attraverso il Sudan richiede moltissimo
tempo. Sarebbe invece più facile riuscire a percorrere quest’altra direttrice.
D. – Qual è la situazione, oggi, in Darfur?
R. – Continua ad essere una situazione critica per il
fatto che le persone fuori casa sono circa un milione, persone che hanno ormai
anche rinunciato ai raccolti, quindi c’è un’emergenza alimentare forte. Questa
gente ha bisogno di ricevere cibo e medicine prima possibile, oltre che
assistenza di natura abitativa perché avendo lasciato i propri villaggi si
trovano, appunto, accampati in maniera spontanea, senza adeguati generi di
prima necessità. C’è veramente una corsa contro il tempo, perché ora sono già
iniziate le stagioni delle piogge e questo significa che, dal punto di vista
logistico, è veramente difficoltoso riuscire a portare gli aiuti anche in Ciad.
Perché anche in Ciad c’è una situazione difficile dal punto di vista
ambientale, è una zona molto arida al confine, non c’è acqua e quindi per
riuscire ad assistere queste persone bisogna quantomeno trasferirle in questi
campi. Ecco, l’auspicio è anche che finalmente la comunità internazionale non
lesini nelle risorse perché per oltre un anno le agenzie dell’ONU hanno
lanciato inutilmente l’appello su quanto stava accadendo in Darfur. Noi, come
Alto Commissariato, abbiamo lanciato un appello per raccogliere 55,8 milioni di
dollari: a oggi ne abbiamo ricevuti meno di 28. Non si può dire che oggi il
Darfur sia la più grande crisi umanitaria e poi non stanziare sufficienti
risorse per far fronte ad essa!
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LE CONCLUSIONI DEL CONGRESSO
DI MISSIOLOGIA A KINSHASA:
RILANCIARE
L’EVANGELIZZAZIONE ATTRAVERSO I LAICI E LE DONNE
-
Intervista con mons. Giuseppe Cavallotto e con una missionaria comboniana -
Si è chiuso ieri a Kinshasa, nella Repubblica Democratica
del Congo, il Congresso internazionale di Missiologia “Tertio Millennio” – nel
40.mo anniversario del Decreto Conciliare “Ad Gentes” e nel 10.mo anniversario
del Sinodo Africano – sul tema “Il futuro dell’attività missionaria.
Prospettive per il XXI secolo”. Una
settimana di conferenze, incontri e dibattiti centrati sull’invito di Giovanni
Paolo II a imprimere un nuovo slancio all’evangelizzazione, in un mondo che ancora
in gran parte non conosce Cristo. Ma sui temi affrontati dal Congresso
ascoltiamo mons. Giuseppe Cavallotto, rettore della Pontificia Università
Urbaniana, intervistato dal nostro inviato, padre Joseph Ballong:
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R. – Mi sono sembrati interessanti il tema del
coinvolgimento dei laici, in particolare delle donne attraverso i vari
movimenti cattolici, in un impegno di promozione ma soprattutto di
evangelizzazione, il problema dello sviluppo integrale della persona umana, il
problema del dialogo interreligioso e infine i problemi connessi alla formazione
degli operatori.
D. – Ecco, quale impressione ha avuto dai lavori di questi
giorni?
R. – Siamo di fronte a delle Chiese in Africa che prendono
coscienza di essere soggetti primi della missione, e quindi di quale sia
l’impegno che devono assolvere per poter continuare questa diffusione del
Vangelo nella loro realtà locale; ma, nello stesso tempo, si aprono con grande
disponibilità alla missione ad gentes in senso più completo, cioè di una
missione rivolta a tutti i popoli. E’ una nuova coscienza: dunque non è solo
una Chiesa che aspetta, che vuole ricevere missionari, aiuti di ogni genere, ma
una Chiesa che sente la coscienza di essere aperta ed impegnata alla missione
universale, una Chiesa viva che sta prendendo in mano la propria situazione
aprendosi a quello che è l’impegno ecclesiale e missionario in tutto il mondo.
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Ma
quali sono dunque le sfide poste dall’evangelizzazione? Ascoltiamo la testimonianza
di una missionaria comboniana presente ai lavori del Congresso di Kinshasa,
suor Maria Giovanna, da 36 anni in Africa:
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Una prima sfida oggi è quella di essere testimoni di
Cristo, testimoni coerenti, autentici, per essere credibili, e per essere anche
entusiasti ci vuole questo incontro con Cristo in profondità. Incontro con
Cristo che ci porta alla conversione per avere un atteggiamento di rispetto, di
umiltà, per poter andare verso gli altri. Questa è la nostra sfida: evangelizzare.
Sfida che non dobbiamo mai dimenticare. E la vita religiosa rimane un segno di
speranza ed io posso dire che a Kisanghani, in Congo, dove lavoro, abbiamo
degli esempi molto belli di vita religiosa: religiose consacrate che si danno
all’apostolato per le ragazze-madri, le vittime della guerra, i bambini di
strada, i prigionieri. E questo per me, italiana, è un segno di incoraggiamento,
una grande speranza per il futuro dell’Africa.
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NEL MONDO CRESCE IL DIVARIO TRA PAESI RICCHI E
PAESI POVERI.
APPELLO
DELLE ONG A SCEGLIERE STILI DI VITA SOLIDALI
-
Intervista con Sergio Marelli -
Negli
ultimi dieci anni fame e povertà sono aumentate nell’Africa subsahariana, negli
Stati arabi, nell’Europa centro orientale e nei Paesi dell’ex Unione Sovietica.
È quanto indica il Rapporto sullo sviluppo umano presentato nei giorni scorsi
dal Programma dell’Onu per lo sviluppo, quest’anno dedicato alla “Libertà
culturale in un mondo di diversità”. A commentare i dati forniti dall’Agenzia
delle Nazioni Unite è il presidente dell’Associazione delle Organizzazioni non
governative italiane, Sergio Marelli, al microfono di Dorotea Gambardella:
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R. - Emerge un dato che si consolida nel corso degli anni,
cioè quello del divario crescente tra la ricchezza e la povertà. Un secondo
dato importante è che cinque mila gruppi etnici costituiscono, in due terzi dei
Paesi mondiali, il 10 per cento delle popolazioni: questo fatto, che comporta
la sfida di saper gestire la ricchezza della diversità, “è, probabilmente –
dice il rapporto delle Nazioni Unite – la grande scommessa da vincere nei
prossimi anni” anche per evitare che quei 900 milioni di persone, che subiscono
oggi discriminazioni, non tramutino queste discriminazioni in atti violenti che
potrebbero essere una delle più grandi cause di destabilizzazione del nostro mondo.
Ed infine, c’è un terzo dato che vorrei sottolineare: in 20 Paesi la speranza
di vita è ancora al di sotto dei 40 anni e la grande causa è l’Aids, flagello
che colpisce soprattutto le fasce più produttive delle società, un problema
rispetto al quale anche il segretario generale Kofi Annan ha rilanciato un grande
appello per sforzi straordinari.
D. – Quali sono, secondo lei, le strategie che si
dovrebbero attuare per tentare di colmare questo divario tra Paesi ricchi e
Paesi poveri?
R. – Le strategie devono essere composite. Si parla da
troppo tempo della necessaria riforma delle istituzioni sovra-nazionali. E’ il
momento di passare ai fatti, occorre, in questo momento, lanciare un processo
di riforma, perché le situazioni che ancora oggi non consentono di governare i
problemi, che sono sempre più interdipendenti, abbiano delle strutture
adeguate. La nostra proposta quindi è quella di indire una grande Assemblea
generale delle Nazioni Unite, alla quale possano partecipare le rappresentanze
della società civile e dei parlamenti nazionali per varare questa riforma.
Dall’altra parte però penso che l’impegno di tutti noi, la scelta di stili di
vita solidali, preoccupati e aperti anche agli altri che fanno delle differenze
un valore, sia altrettanto importante.
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LOTTA
ALL’AIDS: SI RIPARTE DALLA CONFERENZA MONDIALE DI BANGKOK
PER
ABBASSARE I PREZZI DEI FARMACI E PER AUMENTARE I FINANZIAMENTI
PER LA
PREVENZIONE E L’INFORMAZIONE
-
Intervista con padre Robert Vitillo -
“E’ ora di mettere a frutto tutto le risorse a
disposizione nella lotta contro l’AIDS”. E’ l’appello lanciato dal direttore
generale del Programma delle Nazioni Unite per la lotta contro l’AIDS, Peter
Piot, tracciando un bilancio della conferenza mondiale di Bangkok, la più grande
mai organizzata sul virus, con oltre 17 mila partecipanti, conclusasi venerdì
scorso. Il servizio di Francesca Sabatinelli.
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Bangkok segna il punto di svolta: non si possono
nascondere i fallimenti nella lotta all’AIDS, ma si va avanti, riconoscendo gli
sbagli e attuando nuove strategie per fermare l’epidemia. Padre Robert Vitillo,
consulente speciale della Caritas Internazionale per l’AIDS, ha preso parte
alla Conferenza:
“Finalmente, c’è la possibilità di mandare i medicinali
anti-retrovirali ai Paesi del Terzo Mondo. I prezzi sono molto diminuiti.
Inoltre c’è un grande sforzo da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità), dell’UNAIDS (programma ONU contro l’AIDS) e delle Organizzazioni Non
Governative, per far arrivare questi farmaci direttamente ai Paesi che più ne
hanno bisogno”.
Rendere disponibili i farmaci è quindi una delle priorità.
Non a caso, “Accesso per tutti” è stato lo slogan di Bangkok:
“Accesso non soltanto ai medicinali anti-retrovirali, ma
anche ai servizi di base della salute; poi, accesso all’informazione,
specialmente da parte dei giovani. In questo momento, la metà di tutte le nuove
infezioni si sono rilevate tra i giovani tra i 15 e i 25 anni”.
Dalla Thailandia parte un appello all’unità delle forze
anche per sconfiggere i pregiudizi e le discriminazioni contro coloro che sono
affetti da HIV e AIDS; soprattutto parte un richiamo ad aumentare i
finanziamenti:
“Il famoso ‘Fondo globale per l’AIDS, la malaria e la
tubercolosi’ ha già mandato molti soldi ai Paesi del Terzo Mondo, però ancora
c’è forte necessità. Alcuni governi non hanno risposto in maniera sufficiente”.
Dell’Asia si dice ormai da anni che sia una bomba ad
orologeria. E’ in questa parte del mondo che si deve fermare un’epidemia che
potrebbe risultare ancora più catastrofica di quella in Africa. L’India – ha
detto dal palco della Conferenza Sonia Gandhi – è pronta a raccogliere la sfida
dei farmaci generici e stanno per partire i primi programmi governativi per le
terapie:
“Io sono rimasto molto impressionato dallo sforzo compiuto
dalla Chiesa in India per rispondere alla pandemia: i vescovi del Paese hanno
sviluppato un piano d’azione che comprende la sensibilizzazione di tutte le
strutture cattoliche. E’ certo che la Chiesa svolgerà un ruolo molto importante
in questo senso in India!”.
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I CITTADINI NON SMETTANO DI ESIGERE UNA TV DI
QUALITA’:
E’
QUANTO EMERSO DALLA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO ANNUALE
DEL COMITATO
TV PER LA TUTELA DEI MINORI
-
Interviste con Emilio Rossi e Riccardo Chieppa -
Il cittadino non si arrenda e continui a lottare per
esigere una televisione di qualità. E’ quanto è emerso dal Rapporto annuale
presentato in questi giorni a Roma dal Comitato di applicazione del codice di
autoregolamentazione TV e minori: sono stati sessantaquattro i programmi
televisivi sanzionati, a partire dal 16 aprile 2003. A finire nel mirino, soprattutto
le trasmissioni Rai e Mediaset: fiction, reality show, varietà,
pubblicità. Il servizio di Francesca Smacchia:
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“Si tratta di fischiare dei falli come fa l’arbitro,
affinché il gioco proceda rispettando le regole” lo sottolinea Emilio Rossi,
presidente del Comitato per la tutela dei minori in tv, a margine della
Conferenza sul bilancio di attività annuale. Sono 64 gli interventi sanzionatori
del Comitato che ha avviato 185 istruttorie in base a segnalazioni da parte di
organismi, associazioni e singoli cittadini. Le reti più colpite da questi
provvedimenti sono soprattutto Rai due e Italia uno. Emilio Rossi ha posto
l’attenzione sulla necessità di non permettere alle emittenti, che sono state
sanzionate, di archiviare il procedimento attraverso il pagamento di una somma,
e di non dare un contributo statale anche a quelle emittenti locali che
trasmettono programmi a luci rosse. Ciò che auspica è quindi un monitoraggio
più completo da parte delle autorità e che le sanzioni siano più consistenti e
tempestive.
“Le violazioni riguardano essenzialmente violenza e
volgarità. Siamo però arrivati ad una svolta, perché la nuova legge mette le
cose in termini più forti e più precisi. Fino adesso solo le emittenti che
avevano sottoscritto il codice nel novembre 2002 potevano essere richiamate
alla sua osservanza, d’ora in poi, avendo la legge nuova recepito il codice,
non ha più importanza che un’emittente lo abbia o meno sottoscritto. Quindi, si
passa da un’osservanza per patto ad un’osservanza per legge. La seconda fondamentale
differenza è che fino adesso la parte di procedimento che veniva gestita
dall’autorità riguardava solo violazioni di legge, d’ora in poi l’autorità ha
titolo per intervenire anche per violazioni del codice. Il codice diventa
quindi una normativa equiparata alla legislazione. Quel che preme è portare gradualmente
un cambiamento di mentalità e sensibilità in tutti: emittenti, famiglie,
scuola”.
Secondo Riccardo Chieppa, vice-presidente del Comitato per
la tutela dei minori in tv, è necessario migliorare i comportamenti delle
emittenti.
“Noi cerchiamo di fare elevare la qualità, ossia che, in
quelle ore in cui le famiglie fanno affidamento di poter far vedere la
televisione ai propri ragazzi, siano trasmessi programmi dedicati anche ai
minori. Le grosse emittenti, quelle che hanno tre reti, avrebbero l’obbligo, in
determinate fasce orarie, per lo meno su una rete, di trasmettere un programma
adatto a loro. La legge 112 insiste molto sul carattere educativo di
elevazione, di progresso, d’informazione adatta anche ai minori, quindi la
Commissione tenderà a far rispettare queste regole”.
Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti
dei minori, sostiene che gli interventi del Comitato sono incisivi anche se
rallentati dall’autorità per le comunicazioni.
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INAUGURATA IERI LA 34.MA EDIZIONE DEL
GIFFONI FILM FESTIVAL,
IL
FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA PER RAGAZZI
-
Intervista con Claudio Gubitosi -
E’
stata inaugurata ieri la 34.ma edizione del Giffoni Film Festival, il festival
internazionale del cinema per ragazzi in programma fino al 24 luglio a Giffoni
Valle Piana, vicino Salerno. In un'edizione che sarà attraversata dal tema del
''Desiderio'', registi, attori e sceneggiatori incontreranno i 1300 giurati,
tutti ragazzi, provenienti da tutto il mondo che, divisi in quattro sezioni,
giudicheranno 35 film e 26 cortometraggi. Ma quali sono gli obiettivi di questa
manifestazione? Luca Pellegrini lo ha chiesto al direttore artistico, Claudio
Gubitosi.
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R. – Per questa 34.ma edizione abbiamo lavorato tanto per
fornire al nostro pubblico, ai ragazzi giunti qui a Giffoni da tutti i
Continenti, un pacchetto di film, che saranno graditi soprattutto a chi ha
voglia di nuove scoperte: il programma è complesso e siamo consapevoli che i
ragazzi osservano e non dimenticano nulla, imparano in fretta facendo critiche,
a volte in modo anche spietato, senza compromessi e sovrastrutture. I giovani
amano o scelgono un film con il cuore e non in base a momentanee opinioni.
Abbiamo scelto non i migliori film, ma credo quelli giusti, quelli che sanno
rappresentare il mondo dei giovani e
che riescono, tra l’altro, anche a comunicarlo agli adulti. Giffoni, sì, è un
Festival per ragazzi, dove loro sono gli assoluti protagonisti, pensate 1300
giurati di 25 Nazioni, ma è anche un oggetto veramente da scoprire, anno per
anno, nonostante i suoi 34 anni di vita. Ho scelto per quest’anno il tema del
“desiderio” per mostrare cosa pensano, cosa desiderano i ragazzi, qual è il
loro obiettivo, quali sono i loro desideri: se desiderano, innanzitutto. E i
loro problemi: dalle piccole cose “mi manca il computer”, a quelle più grandi:
“vorrei tanto che i miei genitori fossero di più con me”; dal desiderio di
fuggire alla ricerca di nuovi desideri, fino al desiderio della solitudine, o
perfino della violenza e dell’illegalità. Questo è un po’ il filo rosso che
segna, soprattutto nelle due sezioni più adulte, l’esperienza del Festival di
quest’anno.
D. – Ma che cosa significa insegnare ai ragazzi a scoprire
oppure a saper condurre il desiderio, attraverso il cinema?
R. – Il cinema per loro è pane quotidiano e quindi di
conseguenza è lo strumento più immediato per capire e per parlare. Il film in
un Festival fondamentalmente serve all’industria cinematografica, ma Giffoni
smette un po’ questi panni. Qui tu hai la possibilità di capire i gusti di
questi ragazzi, i film e i temi che vogliono portare avanti. Chi frequenta il
cinema vuole un certo tipo di prodotto. Dall’altra parte però Giffoni è formazione,
è un osservatorio privilegiato per i produttori, per i distributori, per capire
in anticipo qual è l’evoluzione anche dei gusti dello spettatore e qui succede
qualcosa in più. Il cinema non viene banalizzato, il cinema viene discusso e
scomposto, i registi hanno la possibilità di spiegare e di difendere le proprie
scelte, ed i ragazzi hanno il diritto, finalmente, di parlare e di dire ‘questo
mi piace o no’, indipendentemente da quelle che sono le scelte ‘tecniche’. Qui,
appunto, il film si vede per il cuore che batte e non soltanto per la musica
che è perfetta o per la scena che è stata ben girata.
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18 luglio 2004
UNA
PREGHIERA SPECIALE PER I CRISTIANI DEL PAKISTAN, VITTIME DA ANNI
DI
PERSECUZIONI E DI DISCRIMINAZIONI DA PARTE DEI FONDAMENTALISTI MUSULMANI, SARA’
RECITATA OGGI DA TUTTE LE CHIESE DELL’INGHILTERRA
BRADFORD.
= Tutte le Chiese dell’Inghilterra pregheranno oggi per i cristiani del Pakistan.
L’“Organizzazione per la tutela dei cristiani dell’Asia e del Pakistan”, con
sede a Bradford, ha chiesto ai fedeli inglesi di unirsi in preghiera per la
drammatica situazione della libertà religiosa nel Paese asiatico. I cristiani
del Pakistan, infatti, sono da anni vittime di discriminazioni e di
persecuzioni da parte degli estremisti musulmani, che spesso si servono della
legge sulla blasfemia per reprimere qualunque atto ritenuto incompatibile con
la legge islamica. Dal 1986, almeno 79 cristiani e 289 musulmani sono stati
accusati di blasfemia. Altri, invece, sono in attesa di processo. Anche quando
non si arriva all’omicidio, l’atteggiamento verso i cristiani è di grande
intolleranza. L’appello dell’“Organizzazione per la tutela dei cristiani
dell’Asia e del Pakistan” chiama i fedeli a pregare per le famiglie delle
ultime vittime dell’intolleranza religiosa, per i giudici e la polizia
nell’esercizio delle loro funzioni sui casi di blasfemia e per il presidente
Pervez Musharraf, che si è espresso a favore di una revisione della legge,
delle ordinanze “Hudood” e del cosiddetto “delitto d’onore”, affinché abbia la
forza di mettere in atto il suo progetto. Gli organizzatori della preghiera hanno
dichiarato che pregheranno “in particolare per tutte la Chiese del Pakistan,
che contribuiscono a dare vita e speranza a 10 milioni di cristiani”. (L.Z.)
UN MAGGIORE IMPEGNO PER CONTRASTARE IL DIFFONDERSI
DELL’AIDS
E PER REALIZZARE L’ACCESSO A FARMACI E TERAPIE PER TUTTI. E’, IN SOSTANZA,
IL CONTENUTO DEL DOCUMENTO ELABORATO DAI LEADER RELIGIOSI
AL TERMINE DEL XV CONGRESSO INTERNAZIONALE SULL’AIDS, SVOLTOSI A
BANGKOK DALL’11 AL 16 LUGLIO SUL TEMA “ACCESSO PER TUTTI”
BANGKOK. = I metodi per contrastare la diffusione dell’Aids sono
ancora inadeguati. È, in sostanza, quanto emerge dal documento elaborato dai
leader religiosi che hanno partecipato al XV Congresso internazionale
sull’Aids, svoltosi dall’11 al 16 luglio a Bangkok, in Tailandia, sul tema “Accesso
per tutti”. Nella dichiarazione, i capi di buddismo, cristianesimo, islam ed
ebraismo assicurano che non si fermeranno fino a quando non si realizzerà,
appunto, l’accesso per tutti a cure e medicinali. A tal proposito, hanno
sottolineato la necessità di condividere “conoscenze ed esperienze in modo che
gli sforzi diventino sempre più efficaci, rispettando l’unicità delle diverse
tradizioni ma puntando ai valori condivisi, quali la dignità della persona e i
diritti umani”. Nel documento, si riconosce anche “con rammarico che le
comunità religiose finora non hanno fatto abbastanza per rispondere alle sfide
che il virus dell’Hiv pone a tutta la famiglia umana, agendo spesso mosse da
pregiudizio, ignoranza, paura”. Da qui i propositi di implementare politiche
presso le strutture di ciascun Paese, al fine di combattere la tendenza ad
emarginare le persone che hanno contratto l’Aids; di richiedere, per gli
ammalati, assistenza e prezzi più bassi per i farmaci e i test di laboratorio;
di appellarsi alle autorità istituzionali affinché adempiano alla
responsabilità di realizzare il sogno dell’ “accesso per tutti” in tutto il
mondo; di garantire, mediante attività educative ed incontri, un’accurata
informazione sui modi che impediscono un’ulteriore diffusione del virus
dell’Hiv. E ancora – si legge nella dichiarazione – “destineremo fondi
aggiuntivi attingendo dalle risorse delle nostre comunità religiose, per
aumentare il nostro contributo alla lotta all’Aids e promuoveremo risposte adeguate
agli speciali bisogni dei bambini rimasti orfani a causa di questa malattia”.
(D.G.)
IL SEQUESTRO DI PERSONA SIA CONSIDERATO UN CRIMINE CONTRO
L’UMANITA’.
E’ QUANTO RICHIEDONO I PAESI ANDINI,
DOVE IL FENOMENO DEI RAPIMENTI COSTITUISCE UNA VERA E PROPRIA EMERGENZA
QUITO. = Il sequestro di persona sia dichiarato “crimine contro
l’umanità”, perché colpisce i diritti basilari dell’uomo quali la libertà e il
diritto alla vita. È la richiesta che verrà avanzata tra breve
all’Organizzazione degli Stati americani e alle Nazioni Unite da parte dei
Paesi della Comunità andina. I rappresentanti di Bolivia, Colombia, Perù e
Venezuela, riunitisi nei giorni scorsi a Quito, in Ecuador, hanno dibattuto dei
rapimenti di persona, che in America Latina costituiscono una vera e propria
piaga sociale. Sequestri di poche ore, per riscatti anche esigui, di cui sono
vittima soprattutto piccoli imprenditori, in quest’area del Continente americano
sono all’ordine del giorno. A detenere il primato è la Colombia, dove i rapimenti
ad opera della guerriglia sono circa 7mila all’anno. Segue, con 3mila sequestri,
il Messico. (D.G.)
VI SAREBBE IL GOVERNO RWANDESE DIETRO
LA PRESA DI BUKAVU
E GLI SCONTRI DI UN MESE FA NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL
CONGO.
E’ L’ACCUSA CONTENUTA NEL RAPPORTO DIFFUSO, IERI, DALLE NAZIONI
UNITE
NEW YORK. = Dietro la presa di Bukavu e i cruenti scontri avvenuti
un mese fa nella Repubblica democratica del Congo vi è il presidente rwandese,
Paul Kagame. Ad accusare il governo di Kigali, questa volta, è il rapporto
diffuso, ieri, da una commissione di esperti delle Nazioni Unite. Nel documento
si sostiene che il Rwanda ha quindi violato l’embargo militare deliberato lo
scorso anno per le regioni congolesi appena uscite da due sanguinosi conflitti.
L’accusa era stata mossa anche dall’esecutivo di Kinshasa, tanto da spingere il
presidente del Congo, Joseph Kabila, a schierare truppe lungo la frontiera con
il Rwanda. Sempre ieri, intanto, i ministri degli Esteri di Uganda, Repubblica
democratica del Congo e Rwanda si sono incontrati a Washington sotto l’egida
del Dipartimento di Stato americano. Al centro dei colloqui, l’impegno per il
consolidamento della stabilità regionale. (D.G.)
IN BRASILE AUMENTANO LE INVASIONI
ABUSIVE DI TERRENI
DA PARTE DEL MOVIMENTO SEM TERRA
SAN PAOLO. = In costante incremento le occupazioni abusive di
terra da parte del Movimento Sem Terra (MST) brasiliano, che quest’anno già
superano quelle del 2003 e degli anni precedenti. Con l’invasione avvenuta ieri
di una fazenda nel Portal de Paranapanema, nello Stato della capitale San
Paolo, una delle zone più calde nella disputa per la riforma agraria, le
conquiste di terre da parte del MST ammontano a 230, rispetto alle 222
dell’anno scorso e alle 123 del 2002. Un fenomeno, dunque, che non accenna a
migliorare, nonostante i negoziati in corso tra i membri dell’esecutivo
brasiliano e i leader del Movimento, e le numerose concessioni ottenute da
quest’ultimo. Dure le critiche da parte dell’associazione latifondisti. “Il
governo – ha commentato il presidente dell’organizzazione, Luiz Antonio Nabhan
Garcia – è passato dal ruolo di ostaggio dei “Sem Terra” alla connivenza pura e
semplice”. Secondo i vertici del MST, invece, “soltanto una vasta mobilitazione
sociale, con una differente politica economica più attenta ai bisogni delle
classi indigenti, potrebbe risolvere la questione”. (D.G.)
RESPINTE, IERI, DAL MINISTERO DEGLI
INTERNI ITALIANO LE RICHIESTE D’ASILO
PRESENTATE DAI 37 PROFUGHI DELLA NAVE UMANITARIA TEDESCA CAP ANAMUR.
IN SICILIA, INTANTO, SBARCANO ALTRI 147 IMMIGRATI CLANDESTINI.
E IL VIMINALE, DOMANI, DIVULGHERA’ UN VADEMECUM PER INTEGRARE GLI
ARTICOLI DELLA LEGGE BOSSI-FINI BOCCIATI DALLA CONSULTA
CALTANISSETTA. = Imboccano strade diverse le sorti dei 37
immigrati africani giunti in Italia a bordo della nave umanitaria tedesca Cap
Anamur. Ieri, 14 di loro sono stati trasferiti nel Centro di permanenza
temporanea di Ponte Galeria, a Roma. Una decisione che preluderebbe
all’espulsione. Per altri 22, invece, si profila la “protezione umanitaria”,
una concessione che non dà le stesse garanzie dell’asilo politico ma che
consentirebbe a questi extracomunitari di godere di un permesso di soggiorno
regolare. Ancora incerto il destino dell’ultimo degli immigrati della Cap
Anamur, trasferito nella struttura di accoglienza di Racalmuto, in provincia di
Agrigento, dopo avere subito ammesso di non essere sudanese. La Commissione
rifugiati del Viminale ha, dunque, respinto in blocco le richieste d’asilo
presentate dai 37 uomini, per mancanza dei requisiti richiesti. A nessuno di
loro è stato, infatti, riconosciuto lo status di rifugiato. Nella serata di
ieri, intanto, la Guardia di Finanza ha soccorso un’altra imbarcazione con a
bordo 147 immigrati, a 30 miglia a sud di Lampedusa. E domani, in seguito alla
bocciatura della Corte costituzionale che giovedì scorso ha giudicato
illegittima la legge Bossi-Fini in alcuni suoi articoli, il Ministero degli
Interni invierà alle questure una direttiva per disciplinare il fenomeno
dell’immigrazione clandestina. (D.G.)
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18 luglio 2004
- A cura di Barbara Castelli -
Ennesima giornata di sangue in Iraq. A Falluja la gente è
scesa tra le strade a protestare dopo il raid americano che ha causato la morte
di almeno 11 iracheni, mentre Manila ha annunciato per domani il ritiro
definitivo del contingente filippino dal Paese. Il servizio di Barbara
Castelli:
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In Iraq è caccia aperta al terrorista giordano Abu Musab
al-Zarqawi, considerato l’emissario di Al Qaeda nel Paese e capo del gruppo
armato che ieri ha rivendicato il fallito attentato contro il neo-ministro
transitorio della Giustizia, Malek Dohan al-Hassan. Aerei americani, con il via
libera del primo ministro iracheno, Iyad Allawi, hanno bombardato questa
mattina uno stabile nella città ribelle di Falluja, a ovest di Baghdad,
causando la morte di almeno 11 persone e il ferimento di altre sette. Subito
gli iracheni si sono riversati nelle strade protestando per l’uccisione di
donne e bambini. La violenza non si è arrestata stamani neppure a Tikrit, dove
è finito in manette un ex generale della Guardia Repubblicana, il corpo armato
speciale di Saddam Hussein. In quella che era la roccaforte dell’ex dittatore,
inoltre, un’autobomba è esplosa vicino ad un posto di blocco, ferendo un
poliziotto iracheno. Manila, intanto, continua a sperare per la sorte del
cittadino filippino Angelo de la Cruz, in mano alla guerriglia, dopo aver
annunciato il ritiro definitivo del suo esiguo contingente entro domani. Il
premier polacco Marek Belka, invece, è giunto in visita in Iraq per assistere
al previsto avvicendamento al comando della divisione multinazionale che le
forze di Varsavia guidano nel settore centro-meridionale del Paese. Si tratta
del primo capo del governo di un Paese della coalizione, a guida statunitense,
che si rechi in Iraq dal 28 giugno, quando a sorpresa avvenne il passaggio
lievemente anticipato dei poteri tra gli stessi alleati e il nuovo governo
iracheno ad interim.
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L’Arabia Saudita ha ottenuto l’estradizione di 27
connazionali sospettati per attività legate al terrorismo e a minacce contro la
sicurezza. Lo hanno annunciato stamani le autorità di Riad, senza, tuttavia,
fornire ulteriori informazioni. Il governo saudita ha intrapreso da diverso
tempo una campagna senza quartiere contro il terrorismo, in seguito a un’ondata
di azioni armate che dal maggio dello scorso anno sono costati una novantina di
morti e centinaia di feriti, compresi numerosi cittadini occidentali.
Sono tornati in libertà in Afghanistan cento prigionieri,
di cui 66 pakistani, detenuti dopo la caduta del regime del talebani nel 2001.
La scarcerazione è stata decisa dal presidente Hamid Karzaï, per ragioni
umanitarie. Un rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato ieri, ha lamentato il
persistere della mancata libertà politica nel Paese, che il prossimo ottobre e
nell’autunno del 2005 sarà chiamato alle urne rispettivamente per le elezioni
presidenziali e per quelle legislative.
Fiammata di violenza nello Yemen. In tre giorni l’esercito
locale ha ucciso 90 insorti tra i sostenitori di un predicatore estremista, che
si nasconde in una zona montagnosa del nord del Paese. Sale così a 300 vittime
il bilancio di un mese di combattimenti.
Resta alta la tensione in Medio Oriente.
Palestinesi armati hanno attaccato e dato alle fiamme la scorsa notte a Khan
Yunes, nella striscia di Gaza, uno stabile in cui si trovavano forze leali al
nuovo comandante dei servizi di sicurezza, Musa Arafat, che ha reso noto di non
aver intenzione di dimettersi. Il leader del partito laburista israeliano, Shimon Peres, intanto,
ha incontrato stamani il premier Ariel Sharon per preparare i negoziati formali
sull’eventuale adesione dei laburisti all’attuale governo di coalizione. Ci
riferisce Graziano Motta:
anche con i partiti religiosi
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Avvio difficile delle trattative. Sharon ha respinto la
richiesta fatta da Peres di un’intesa preliminare sul cambiamento della
piattaforma politica ed economica dell’attuale governo. Qualsiasi problema,
tuttavia - ha detto Sharon - potrà essere sollevato nel corso dei negoziati tra
le delegazioni dei due partiti che cominceranno questa sera. Eppure, su una
richiesta specifica verosimilmente avanzata da Peres, di una ripresa del
dialogo di pace con l’autorità palestinese, Sharon ha opposto un diniego,
ripetendo la risposta poco dopo il loro incontro in Consiglio dei Ministri.
Egli si è riferito alla gravissima crisi dell’Autorità palestinese venuta alla
luce con la contestazione da parte dei gruppi armati della rivolta, in nome
della lotta alla corruzione e della necessità di riforme. In effetti, pur
avendo Arafat destituito il capo della polizia e nominato un nuovo capo delle
forze di sicurezza - suo nipote, il generale Musa
Arafat - la contestazione prosegue. I gruppi armati, emanazione del suo
partito Al Fatah, occupano a Gaza il comando di queste forze ed esigono un diverso
comandante. E’ chiaro che è in corso una lotta di potere: i capi dei gruppi
armati, affermatisi in quattro anni di Intifadah, intendono raccogliere i
frutti politici rifiutando che, ritiratisi i soldati ed i coloni israeliani da
Gaza, tornino alla ribalta personaggi dell’antico establishment. Fra
questi lo stesso primo ministro Abu Ala che oggi, in un colloquio con Arafat,
ha confermato le sue dimissioni. Arafat, per comporre la crisi, ha chiesto
aiuto all’Egitto, che ha rivolto un appello ai palestinesi di dar prova di
responsabilità e di dignità, per provare al mondo intero di essere in grado di
dar vita ad uno Stato indipendente.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Ma torniamo alle consultazioni tra Sharon e Peres. Quali
sono le prospettive? Roberto Piermarini lo ha chiesto all’inviato speciale e
analista di questioni mediorientali del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:
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R. - La
decisione di Sharon di smantellare le colonie ebraiche nella Striscia di Gaza,
e alcune anche in Cisgiordania, è una decisione che ha creato chiaramente
grande interesse in Israele. Nella stragrande maggioranza, l’opinione pubblica
è favorevole a questa mossa, che, tuttavia, ha creato un odio crescente da
parte dell’estrema destra. Le prospettive sono obbligatoriamente buone, perché
Sharon non può procedere a questa operazione se non con un largo consenso
politico, consenso che non aveva più! Anche perché abbiamo sempre considerato
Sharon come rappresentante dell’estrema destra israeliana, ma in effetti Sharon
non è più l’estrema destra israeliana, è soltanto un “centro-destra” e alla sua
destra c’è gente che assolutamente non vuole accettare questo tipo di procedura,
cioè quella di smantellare gli insediamenti a Gaza e in parte della
Cisgiordania. Sharon, quindi, avrà assolutamente bisogno di un consenso
politico più ampio e l’unico partito che glielo può dare è il partito
laburista.
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Il Portogallo ha un nuovo governo. L’esecutivo di Pedro
Santana Lopes, leader del Partito socialdemocratico (Psd), ha prestato
giuramento ieri davanti al presidente della repubblica, Jorge Sampaio. Lopes,
designato dopo le dimissioni di Jose Manuel Durao Barroso, che sostituirà
Romano Prodi alla presidenza della Commissione europea, avrà come vice-primo
ministro con competenza sull’eco-nomia Alvaro Barreto. Il secondo vice-premier
e ministro della difesa, invece, sarà Paulo Portas, leader del Centro
Democratico Social-Partido Popular (Cds-Pp).
E’ finito in manette Dejan Milenkovic, un serbo ricercato
per la presunta partecipazione all’assassinio del primo ministro serbo Zoran
Djindjic. Il 34.enne è stato arrestato venerdì sera a Salonicco, nel nord della
Grecia. Il premier serbo è stato ucciso il 12 marzo 2003, davanti alla sede del
governo serbo a Belgrado.
Si è concluso in Iran il processo per l’omicidio della
fotoreporter irano-canadese Zahra Kazemi, uccisa nel luglio 2003 mentre era
agli arresti a Teheran. Il giudice ha messo fine questa mattina al
dibattimento, senza accogliere alcuna delle richieste avanzate dalla parte
civile. Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace 2003, aveva domandato che il
processo fosse trasferito ad altra Corte, che contemplasse il reato di omicidio
volontario e che le indagini proseguissero per trovare i veri colpevoli. E’ attesa ora la sentenza nei confronti
dell’unico imputato, l’agente del ministero dell’Intelligence Reza Ahmadi,
accusato di omicidio preterintenzionale.
La Bolivia oggi alle urne per il referendum sulla politica
energetica nazionale. Gli oltre 4,4 milioni di elettori sono chiamati a
scegliere se mettere fine o meno alla stagione del neoliberismo, che ha ceduto
il petrolio, e soprattutto il gas, al capitale straniero. L’appuntamento
elettorale, difeso a spada tratta dal presidente Carlos Mesa, è stato contestato,
invece, dai movimenti sindacali, dagli indios e da alcuni esperti di questioni
andine, che hanno sottolineato l’ambiguità delle cinque domande referendarie. I
primi risultati della tornata elettorale si avranno in serata.
Hanno preso il via ieri a Nairobi, in Kenya, i colloqui di
pace tra l’inviato delle Nazioni Unite in Burundi, Carolyn McAskie, e le forze
del Fronte di Liberazione Nazionale (Fnl), l’ultimo movimento ribelle attivo
nel Paese. Al centro dei colloqui la firma di un cessate-il-fuoco, dopo la
mancata intesa tra i guerriglieri, attivi nei pressi della capitale, e il presidente
burundese, Domitien Ndayizeye. Sul terreno, intanto, tre ribelli hanno perso la
vita e altri 17 sono stati catturati venerdì, nel corso di un’operazione
militare sulla collina di Musenyi, una quarantina di chilometri a sud di
Bujumbura.
Il premier
italiano, Silvio Berlusconi, e l’ex ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, si
sono recati ieri sera nella clinica di Lugano dove il ministro delle Riforme,
Umberto Bossi, è ricoverato da alcuni giorni per uno scompenso cardiaco. Il
leader della Lega deciderà oggi se restare ministro oppure optare per il seggio
a Strasburgo.
E’ giunto questa mattina a Tokyo, visibilmente debole, Charles
Jenkins, il sergente americano accusato di aver disertato nel ’65 trasferendosi
in Nord Corea, dove ha sposato una giapponese rapita nel ‘78 dai nordcoreani.
Il 64.enne, accompagnato dalla consorte, è giunto in Giappone per sottoporsi ad
alcune cure mediche. Gli Stati Uniti ne hanno chiesto l’estradizione.
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