RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 199 - Testo della Trasmissione di sabato 17 luglio 2004 

 

Sommario   

                                               

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ultimo giorno in Valle d’Aosta per il Papa che stasera sarà a Castel Gandolfo dove trascorrerà il resto del periodo estivo. Ai nostri microfoni, il saluto al Santo Padre del vescovo di Aosta, mons. Anfossi, e l’attesa del vescovo di Albano, mons. Vallini

 

Giovanni Paolo II in un telegramma rinnova il suo profondo dolore per la tragedia che ha colpito ieri l’India per la morte di decine di bambini in seguito ad un incendio in una scuola

 

“Il turismo al servizio dell’incontro tra i popoli”: tema al centro del VI Congresso mondiale sulla pastorale del turismo svoltosi nei giorni scorsi a Bangkok. Intervista con il cardinale Stephen Fumio Hamao.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sempre più lontani gli obiettivi di sviluppo del millennio. Intervista con Marina Ponti

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello dei vescovi keniani ad un maggiore impegno nella lotta alla corruzione nel Paese

 

Gorizia piange la morte di mons. Antonio Vitale Bommarco, arcivescovo emerito della località friulana

 

Continua nello Stato indiano di Goa l’impegno dei gesuiti nella conservazione e nella promozione della lingua e cultura konkhani, idioma usato soprattutto dalle minoranze cristiane

 

I temi della guerra, della pace, dell’identità, delle religioni, del dialogo possibile e delle difficoltà dell’integrazione al centro del XVII Meeting mondiale interreligioso che si terrà a Milano dal 5 al 7 settembre

 

Al via oggi l’11.ma biennale d’arte sacra contemporanea. Nove in tutto le sezioni della Rassegna, che andrà avanti fino al 25 settembre

 

Il Cristo degli Abissi torna nelle acque liguri

 

Ricorre il centenario della riapertura della chiesa di Sant’Anna in Vaticano, che il 17 luglio 1904 venne affidata alla cura pastorale di don Orione e della sua Congregazione.

 

24 ORE NEL MONDO:

E’ crisi nel governo palestinese dopo l’ondata di rapimenti a Gaza: il premier Abu Ala presenta le dimissioni ma Arafat le respinge

 

In Iraq il ministro della giustizia sfugge ad un attentato che provoca sei morti.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 luglio 2004

        

 

ULTIMO GIORNO IN VALLE D’AOSTA PER IL PAPA,

CHE STASERA  SARA’ A CASTEL GANDOLFO DOVE TRASCORRERA’ IL RESTO DEL PERIODO ESTIVO.

AI NOSTRI MICROFONI, IL SALUTO AL SANTO PADRE DEL VESCOVO DI AOSTA, MONS. ANFOSSI,

E L’ATTESA DEL VESCOVO DI ALBANO, MONS. VALLINI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Volge al termine la vacanza valdostana del Papa: un periodo di riposo durato 13 giorni, dedicati alla preghiera, alle letture e alla contemplazione dello splendido paesaggio alpino. Oggi pomeriggio, intorno alle 16,30, Giovanni Paolo II partirà in auto da Les Combes alla volta di Aosta, dove - all’aeroporto - sarà salutato dal vescovo diocesano, mons. Giuseppe Anfossi. L’arrivo dell’aereo papale all’aeroporto di Ciampino è previsto per le 18,15. Di qui, il Santo Padre si recherà direttamente alla residenza di Castel Gandolfo. Per una cronaca di queste ultime ore del soggiorno valdostano del Papa, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Les Combes l’inviato del quotidiano Avvenire, Salvatore Mazza:

 

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R. – E’ il momento dei saluti. Il Papa questa mattina ha dedicato molto tempo a salutare tutte le persone che gli sono state vicine: i salesiani della colonia, a 50 metri dal suo chalet, gli uomini della polizia, che come sempre gli assicurano un minimo di privacy. Poi, oggi pomeriggio, saluterà gli abitanti di Les Combes. Una cosa simpatica: il Papa ha chiesto di incontrare tutti i bambini che sono nati quest’anno nel comune di Introd. Questi nove bambini e nove mamme, qualche minuto prima che il Papa lasci lo chalet, andranno proprio a casa del Papa per questo saluto particolare.

 

D. – Tu hai potuto seguire anche i soggiorni precedenti in Valle d’Aosta del Papa.  Cosa ti ha colpito particolarmente di questo soggiorno del 2004?

 

R. – Intanto la cosa che più ha colpito è stato proprio il fatto che il Papa sia riuscito a tornare tra le montagne. Si sa quanto lui si trovi bene in questo ambiente. Queste sono le prime vacanze in cui non aveva la possibilità di muoversi, rispetto alle precedenti. Però, anche da questo punto di vista, il Papa ha dimostrato ancora una volta come si possa vivere, si possa godere di questa straordinaria natura, come lui ha detto tante volte, dove veramente si può toccare la mano di Dio, e sia possibile viverla in tutte le condizioni, con una pienezza anche spirituale molto significativa.

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I fedeli valdostani si apprestano, dunque, a salutare l’illustre ospite, che per la decima volta ha scelto di trascorrere un periodo di riposo tra le amate montagne della loro regione. I sentimenti dei fedeli della Valle d’Aosta sono sintetizzati - al microfono di Alessandro Gisotti – dal vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi:

 

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R. – Siamo felici che lui si sia riposato, che abbia staccato da Roma e che ogni giorno sia uscito e sia stato ore e ore fuori, a contatto con la natura ... Poi, bisogna dire che la sua presenza, essendo segnata dal numero 10, ci ha costretto in qualche modo ad andare a rileggere le visite precedenti ... Quindi, stiamo cominciando a raccogliere una specie di spiritualità della montagna, della vacanza, di rispetto per la natura ...

 

D. – Cosa resta a lei ed ai fedeli della Valle d’Aosta, di questo soggiorno del Papa?

 

R. – Siccome la Valle ha vissuto alcuni delitti, alcuni fatti di cronaca che hanno fatto soffrire molto, per tante persone è una presenza benedicente. Anche in funzione di queste situazioni molto delicate, si augurano che la sua presenza abbia un carattere di intercessione nella preghiera.

 

D. – C’è un ricordo particolare di questo decimo soggiorno del Papa in Valle d’Aosta, che porterà nel cuore?

 

R. – Questo: il coraggio di uscire ogni giorno e stare fuori, seduto, contemplando la natura, a parlare con quelli che gli stanno vicini, in loro compagnia ... Direi che in lui si identificano, si rispecchiano molte persone che soffrono, per malattia o anzianità. Questa è un’altra delle grandi grazie che lui fa ...

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Se, dunque, la Valle d’Aosta saluta il Papa, cresce intanto l’attesa dei fedeli di Castel Gandolfo, dove il Santo Padre arriverà stasera per trascorrere il resto del periodo estivo. Dopo lo scenario mozzafiato delle Alpi, ora - nella sua tradizionale residenza estiva - il Pontefice potrà godere della vegetazione rigogliosa della località laziale, che si affaccia su un piccolo lago. Qui, tra i Colli Albani, Papa Wojtyla è davvero di casa, tanto da aver definito Castel Gandolfo, “Vaticano numero 2”. Sullo spirito e le emozioni con i quali i fedeli castellani attendono l’arrivo del Papa, ecco la testimonianza del vescovo di Albano, mons. Agostino Vallini, raccolta da Alessandro Gisotti:

 

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R. – E’ sempre una grande gioia per tutti, non solo per i cittadini di Castello, ma un po’ per tutta la nostra diocesi di Albano, accogliere il Santo Padre. Per noi è un grande privilegio che ci permette di vivere questi mesi estivi con densità ecclesiale proprio per la presenza del Papa. Si colma un vuoto. Castel Gandolfo e le cittadine dei Castelli, quando c’è il Papa sono molto più sensibili, perché sentono una presenza ecclesiale molto forte.

 

D. – Mons. Vallini, in Valle d’Aosta il Papa si è riposato. La montagna gli ha fatto davvero bene. Che cosa potrà dargli allora questo periodo di soggiorno a Castel Gandolfo?

 

R. – E’ un prolungamento di questa sosta estiva, anche se il Santo Padre non è inoperoso. Stabilisce contatti, infatti, e scrive documenti. Grazie a Dio quest’anno poi non fa neanche quel caldo afoso dell’anno scorso. Quindi, ci auguriamo che il Santo Padre possa continuare a ritemprarsi, a godere del bel clima dei Castelli.

 

D. – Domani all’Angelus il Papa avrà il primo incontro con i fedeli. Come si stanno preparando?

 

R. – Sono contenti di questo. Ho già ricevuto telefonate di persone che mi chiedevano di poter entrare. Ed io ho detto a tutti di venire ad una certa ora in modo da poter essere presenti alla preghiera dell’Angelus. C’è molta attesa e molta gioia.

 

D. – Come lei ben sa il Papa ha definito Castel Gandolfo il ‘Vaticano due’. C’è qualche ricordo, qualche aneddoto particolare che lei può svelarci dei passati soggiorni?

 

R. – Ne racconto uno che è molto significativo ed anche molto tenero e mostra tutta l’attenzione e la delicatezza del Santo Padre e la sua vicinanza fisica. Mentre la domenica in Piazza San Pietro il Papa si affaccia alla finestra del suo studio, qui è a contatto con la gente, perché scende nel cortile del palazzo apostolico. Quindi i fedeli sono a due, tre metri dalla persona del Santo Padre. La gente canta, fa festa al Papa. E’ poi consuetudine che le mamme con i bambini piccoli abbiano un posto di riguardo, per cui possono salutare e baciare la mano al Santo Padre. C’è una corsa e tutte le persone vorrebbero avere un bambino piccolo in braccio, per poter andare a salutare il Papa. Qui si crea, dunque, un clima di molta cordialità, di molta familiarità  ed il Santo Padre lo gradisce molto.

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Castel Gandolfo, ridente località dei Castelli Romani, prende il suo nome dai Gandolfi, proprietari - nel XII secolo - di una piccola fortezza quadrata che sorgeva sul posto, successivamente acquistata dai Savelli. E’ Clemente VIII, nel 1596, a disporre l’acquisizione della roccaforte da parte della Camera Apostolica. Tuttavia, solo trent’anni dopo, con Urbano VIII, nel 1626, l’edificio diviene la residenza estiva pontificia. Nei secoli successivi, il complesso delle Ville pontificie viene impreziosito dall’opera dei migliori architetti dell’epoca, come il Maderno e Gian Lorenzo Bernini, autore - quest’ultimo - dei disegni che permisero ad Alessandro VII di completare il Palazzo pontificio. Con i Patti Lateranensi del 1929, infine, la residenza assume l’aspetto che mantiene tutt’oggi, grazie all’acquisizione di Villa Barberini ricca di preziosi resti della Villa dell’imperatore Domiziano.

 

 

IL PAPA IN UN TELEGRAMMA RINNOVA IL SUO PROFONDO DOLORE

PER “LA TERRIBILE TRAGEDIA” DELLA MORTE DI NUMEROSI BAMBINI IN INDIA

 CAUSATA DA UN INCENDIO IN UNA SCUOLA NEL TAMIL NADU

 

Giovanni Paolo II ha inviato alle autorità indiane un telegramma di cordoglio per “la terribile tragedia” della morte di numerosi bambini, causata dall' incendio divampato ieri mattina in una scuola dello Stato  del Tamil Nadu, nell' India meridionale. Il Papa, che già ieri si era raccolto in preghiera subito dopo aver appreso la notizia, ha espresso il suo profondo dolore per quanto accaduto, raccomandando le piccole vittime “all’amore misericordioso di Dio”. Ha quindi assicurato “la sua vicinanza nella preghiera” a tutte le persone coinvolte nella sciagura, invocando sui familiari e i feriti “divine benedizioni di consolazione, forza e guarigione”.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha elevato alla dignità arcivescovile mons. Sławoj Leszek Głódź, Ordinario Militare per la Polonia.

 

Quindi il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Huancayo in Perú mons. Pedro Ricardo Barreto Jimeno, gesuita, finora vescovo titolare di Acufida e vicario apostolico di Jaén en Perú o San Francisco Javier.

 

 

“IL TURISMO AL SERVIZIO DELL’INCONTRO TRA I POPOLI”

E’ STATO IL TEMA AL CENTRO DEL VI CONGRESSO MONDIALE SULLA PASTORALE DEL TURISMO,

PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I MIGRANTI, SVOLTOSI NEI GIORNI SCORSI A BANGKOK

- Intervista con il cardinale Stephen Fumio Hamao -

 

“Il turismo al servizio dell’incontro tra i popoli” è stato il tema al centro del VI Congresso mondiale sulla Pastorale del Turismo, promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti. Nel corso dell’incontro, svoltosi nei giorni scorsi a Bangkok, in Thailandia, è stata analizzata anche la dimensione sociale e culturale del turismo internazionale. Ma su quanto emerso dai lavori, ascoltiamo il cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del dicastero vaticano predetto, al microfono di Dorotea Gambardella:

 

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R. - E’ abbastanza incoraggiante per noi tutti l’interesse verso il fenomeno del turismo che ora è presente in quasi tutti i Paesi del mondo e può portare benefici allo sviluppo e alla comprensione, al dialogo e alla pace fra i popoli. Nel contempo si è potuta fare una lucida analisi delle difficoltà che spesso s’incontrano per far fronte a problemi che toccano la società, la cultura, la religione e l’ambiente, la natura. Sul problema specifico del cosiddetto ‘Turismo sessuale’ si è parlato, poi, con profondità in una Tavola Rotonda a cui hanno partecipato, dando la loro accorata testimonianza, alcune persone impegnate a contrastarlo nelle Filippine, in Thailandia e nel Nepal, in difesa dei diritti delle donne, dei minori e specialmente dei bambini nel contesto della lotta e della condanna contro gli sfruttatori. 

 

D. - Avete tratto delle conclusioni dal Congresso?

 

R. – E’ stato redatto in effetti un Documento finale che raccoglie le raccomandazioni pastorali emerse, soprattutto pratiche, e da attuare in responsabilità condivisa tra le Chiese locali dei Paesi d’origine e quelle dei Paesi  di accoglienza.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con il saluto riconoscente di Giovanni Paolo II alla comunità di Introd e a quanti hanno cooperato al sereno svolgimento del suo soggiorno fra le montagne della Valle d'Aosta: "Parto da questo luogo incantevole portando nel cuore il ricordo di tante premure".

Sempre in prima, il telegramma di cordoglio del Papa per le vittime - 88 bambini - del tragico incendio in una scuola dell'India.

 

Nelle vaticane, una pagina in occasione dell'ingresso in diocesi del Vescovo di Adria-Rovigo. 

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq dove imperversano senza tregua attacchi ed agguati.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Mundula dal titolo "La 'doppia vista' di Jorge L. Borges": in margine ad un recente saggio di Savater.

Una monografica sulla pubblicazione completa dell'"Opera omnia" di sant'Agostino.

 

Nelle pagine italiane, Governo: Domenico Siniscalco nuovo Ministro dell'economia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 luglio 2004

 

 

SEMPRE PIU’ LONTANI GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

- Intervista con Marina Ponti -

 

In discussione al Senato americano il taglio di oltre 19 miliardi di dollari che l’amministrazione Bush aveva destinato agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Se approvata la risoluzione renderebbe ancora più lontana la possibilità di centrare gli Obiettivi di Sviluppo entro il 2015 fissati dalle Nazioni Unite nel 2000 nella Dichiarazione del Millennio. Tra questi la riduzione della povertà, il diritto all’istruzione primaria per tutti, l’uguaglianza tra uomo e donna, la diminuzione della mortalità infantile. Per fare il punto della situazione Adriana Masotti ha sentito Marina Ponti, vicedirettrice della Campagna per gli obiettivi di sviluppo del Millennio che tramite il proprio sito sollecita i cittadini a firmare una petizione per chiedere ai rispettivi governi il mantenimento delle promesse.

 

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R. – 189 capi di Stato nel 2000 si sono impegnati a sradicare la povertà, la fame ... Purtroppo, ben poco è stato fatto. Noi sappiamo che il nostro pianeta possiede le risorse economiche e di conoscenza per raggiungere questi obiettivi. Ciò che manca è la volontà politica. Do solo un dato: alla velocità attuale, l’Africa subsahariana raggiungerà l’obiettivo numero uno, che è quello di sradicare la povertà estrema e la fame, invece che nel 2015, nel 2147.

 

D. – Quindi, effettivamente, siamo molto distanti da quanto si era pensato ...

 

R. – Esatto. Però, esistono anche dei segnali positivi, e cioè in alcuni Paesi, come l’Uganda, la Tanzania molto è stato fatto per combattere l’AIDS e per aumentare l’iscrizione scolastica primaria. In altri Paesi ricchi ci sono stati piccoli, ma importanti segnali positivi: più di 30 anni fa i Paesi donatori si sono impegnati a destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione. Purtroppo, solo alcuni Paesi nordici hanno mantenuto questo impegno, ma dopo la Dichiarazione del Millennio cinque nuovi Paesi – Francia, Spagna, Lussemburgo, Belgio e Irlanda – hanno comunicato che finalmente hanno intenzione di mantenere fede a questo impegno. Purtroppo, l’Italia non fa parte di questo gruppo ed, anzi, è il fanalino di coda. Ecco perché diventa fondamentale il ruolo dei cittadini che devono in qualche modo monitorare le azioni dei loro governi e devono far sì che i governi tengano fede alle loro promesse.

 

D. – Quanto incide la lotta contro il terrorismo nello sviare l’attenzione dai problemi dei Paesi in via di sviluppo?

 

R. – La lotta al terrorismo ha sviato moltissimo l’attenzione politica, ma soprattutto tantissime risorse, dalla lotta alla povertà. In realtà, è molto triste dover fare una scelta tra perseguire la pace e perseguire lo sviluppo, perché sono due obiettivi assolutamente collegati. Una componente fondamentale, se si vuole costruire una pace sostenibile, è proprio quella di sanare le ingiustizie. Finché questi diritti umani essenziali non saranno garantiti a tutti i cittadini, sarà più facile il moltiplicarsi di guerre, di scontri, di terrorismo.

 

D. – Oltre all’impegno dei gruppi organizzati, delle ONG, come può ogni cittadino fare la sua parte?

 

R. – Noi abbiamo un sito italiano che è www.millenniumcampaign.it, dove è possibile firmare una petizione in cui si chiede il rispetto di quello che questi obiettivi significano per il nostro Paese, e poi tramite questa petizione sarete contattati perché nel 2005 ci saranno date importanti a livello internazionale in cui vogliamo chiedere a tutti i cittadini del mondo un’azione simbolica contro la povertà.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

Domani 18 luglio, 16.ma  Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta il brano evangelico delle due sorelle, Marta e Maria, che accolgono Gesù nella loro casa. Maria, seduta ai piedi di Gesù, ascolta la sua parola; Marta, occupata a servire, chiede al Maestro di invitare la sorella ad aiutarla. Gesù allora le risponde:

 

“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.  

 

Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Spesso questo Vangelo veniva spiegato come se le due sorelle rappresentassero l’azione e la contemplazione, e come se la contemplazione fosse prediletta, da Cristo. Cristo, però, rimprovera a Marta non il suo servizio, ma la sua agitazione. Anzi, la causa della sua agitazione. Marta ha un’idea precisa dell’ospitalità e le dà fastidio che Maria sieda ai piedi del Signore e non l’aiuti. Quando Marta addirittura suggerisce a Cristo cosa dire e fare, il Signore la richiama a quell’unica cosa necessaria, cioè Lui stesso: che sia Lui il primo del cuore e la roccia su cui ci si fonda. L’unica cosa di cui c’è bisogno è l’amore di Dio. E’ la relazione con il Signore che fonda tutta la vita; altrimenti si cerca di sistemarla secondo una propria convinzione, una propria ideologia.

La tragedia spirituale consiste nel mettere anche Dio dentro i nostri sistemi, invece di scoprire noi stessi in relazione all’unico centro, che è il Signore.

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CHIESA E SOCIETA’

17 luglio 2004

 

 

 PIÙ IMPEGNO NELLA LOTTA CONTRO LA CORRUZIONE:

E’ IL MONITO DELLA CHIESA IN KENYA. LA PRESA DI POSIZIONE DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE

SEGUE DI POCHI GIORNI LE FORTI DICHIARAZIONI DELL’AMBASCIATORE DELLA GRAN BRETAGNA

 

NAIROBI. = Le dichiarazioni “corrispondono al vero”, anche se il linguaggio usato “è un po’ scomodo”. Con queste parole il presidente della Conferenza episcopale del Kenya, mons. Cornelius Kipng’eno Arap Korir, ha appoggiato l’invito rivolto dall’ambasciatore della Gran Bretagna al governo di Nairobi per intensificare la lotta contro la corruzione. Nei giorni scorsi, infatti, il rappresentante del governo di Londra, Edward Clay, ha usato toni molto duri per denunciare il ‘vizio’ del malaffare ancora diffuso nei palazzi politici kenyani, che rischia di frenare gli aiuti da parte dei Paesi donatori. Dinanzi alle reazioni piccate dell’esecutivo di Nairobi, mons. Korir, vescovo di Eldoret, riferisce l’agenzia Misna, invita il governo a concentrarsi maggiormente sulla sostanza delle affermazioni del diplomatico britannico. Il presule ha, quindi, auspicato il progredire del Paese e non il “tornare indietro da dove siamo venuti”, riferendosi al regime di Daniel Arap Moi. Quest’ultimo è stato sconfitto alle elezioni del 2002 dall’attuale capo di Stato Mwai Kibaki e dalla sua coalizione ‘Arcobaleno’, che nelle ultime settimane ha dato qualche segno di irrequietezza per la mancata approvazione della nuova Costituzione. (B.C.)

 

 

OGNI UOMO E’ PORTATORE DI UNA RICCHEZZA, OCCORRE ANDARGLI INCONTRO PER AMORE:

SCRIVEVA COSI’ L’ARCIVESCOVO EMERITO DI GORIZIA, MONS. BOMMARCO, MORTO IERI IN PROVINCIA DI TREVISO.

DA DIVERSO TEMPO SOFFRIVA DI DISTURBI RESPIRATORI

 

GORIZIA. = Gorizia piange la morte di mons. Antonio Vitale Bommarco, arcivescovo emerito della località friulana. Il prelato 80.enne è spirato ieri nel convento “Immacolata di Lourdes” a Valdobbiadene, in provincia di Treviso, dove si trovava per un periodo di convalescenza dopo il ricovero ospedaliero nel reparto di rianimazione del Policlinico universitario di Padova. Mons. Bommarco, privo di un polmone, soffriva da anni di seri disturbi respiratori. Nato a Cherso, in Croazia, nel 1923, è ordinato sacerdote a Padova nel 1949. Nel 1961 è messo a capo dell’Opera “Messaggero di Sant’Antonio”; mentre l’11 novembre 1982 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo della sede di Gorizia. Nel 1996 indice il secondo Sinodo diocesano, che segna una pagina importante nella storia della comunità locale. L’arcivescovo Bommarco è ricordato soprattutto per la sua opera di dialogo e confronto con la realtà slovena. “Nella mia vita ho più ricevuto che donato - scriveva di sé l’arcivescovo emerito - ho toccato con mano che ogni uomo è portatore di una ricchezza e a lui si deve andare incontro da se stessi, per Amore”. (B.C.)

 

 

MANTENERE VIVO L’USO DELLA LINGUA KONKHANI NELLO STATO INDIANO DI GOA.

QUESTO, L’IMPEGNO DEI MISSIONARI GESUITI, CHE DAL XVI SECOLO IMPARANO

E PROMUOVONO L’IDIOMA, CHE VIENE UTILIZZATO IN INDIA SOPRATTUTTO DALLE MINORANZE CRISTIANE

 

GOA. = Continua nello Stato indiano di Goa l’impegno dei gesuiti nella conservazione e nella promozione della lingua e cultura konkhani. Il konkhani, parlato soprattutto dalla minoranza cristiana, che forma il 29% della popolazione locale, è una delle 18 lingue nazionali dell’India e nel 1987 ha assunto il rango di lingua ufficiale di Goa. La sopravvivenza di questo idioma nei secoli si deve soprattutto ai missionari gesuiti, che lo coltivarono e adottarono a Goa sin dal XVI secolo trascrivendolo, tra l’altro, in caratteri latini. In questi ultimi anni a mantenere vivo l’uso del konkhani, che è stato nel frattempo trascritto nei caratteri indiani devanagari e dravidico, ha contribuito il “Thomas Stephens Konkhani Kendr”, un centro culturale istituito da un sacerdote gesuita nel 1986. Il centro, il cui lavoro è molto apprezzato anche da intellettuali e linguisti indù locali, cura studi sulla lingua, letteratura e musica konkhani, pubblicando libri e audio-cassette. Adesso organizza anche speciali corsi post-lauream destinati agli scolastici gesuiti. Il konkhani è, infatti, diventata una materia obbligatoria per gli aspiranti sacerdoti della Compagnia di Gesù a Goa. “L’apprendimento del konkhani è parte integrante della nostra formazione”, spiega l’attuale direttore del centro, padre Pratap Naik. “Un sacerdote è il leader di una comunità e avere buone capacità di comunicazione nella lingua parlata dalla gente è un requisito essenziale per un buon leader”. (L.Z.)

 

 

I GRANDI TEMI DELLA GUERRA E DELLA PACE, DELL’IDENTITA’ E DELLE RELIGIONI,

DEL DIALOGO POSSIBILE E DELLE DIFFICOLTA’ DELL’INTEGRAZIONE

SARANNO AL CENTRO DEL XVII MEETING MONDIALE INTERRELIGIOSO.

IL SUMMIT SI TERRA’ A MILANO DAL 5 AL 7 SETTEMBRE

 

MILANO. = Scontro e dialogo tra civiltà, immigrazione, radici culturali e spirituali dell’Europa, propagarsi dell’Aids, lotta alla povertà, bioetica, diritti umani, ruolo dei mass media: sono solo alcuni dei temi al centro del 17.mo summit mondiale interreligioso, dal titolo “Religioni e culture. Il coraggio di un nuovo umanesimo”. L’incontro, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Arcidiocesi di Milano, si svolgerà nel capoluogo lombardo dal 5 al 7 settembre prossimi. Numerose le personalità, provenienti da oltre sessanta Paesi del mondo, che hanno aderito all’iniziativa. Tra queste: il cardinale vicario Camillo Ruini; l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi; il rabbino capo di Israele Yona Metzger; rappresentanti dell’Islam, come il ministro per gli Affari Religiosi della Turchia Mehmet Aydin; membri delle istituzioni, tra cui il presidente della Commissione europea Romano Prodi; esponenti dell’economia quali Katherine Marshall e Michel Camdessus. (D.G.)

 

 

AL VIA OGGI L’UNDICESIMA BIENNALE D’ARTE SACRA CONTEMPORANEA.

NOVE IN TUTTO LE SEZIONI DELLA RASSEGNA, CHE ANDRA’ AVANTI FINO AL 25 SETTEMBRE

 

TERAMO. = “Padre nostro: dall’ascesi aniconica alla contemplazione iconica”. Con questo slogan si è aperta oggi, negli spazi espositivi del Santuario di San Gabriele ad Isola del Gran Sasso, in provincia di Teramo, l’undicesima edizione della Biennale d’Arte Sacra Contemporanea. Fino al 25 settembre prossimo, all’interno del Museo Staurós d’Arte Sacra Contemporanea, annesso al Santuario, e negli ampi spazi circostanti il complesso monumentale, si concentreranno più di cento grandi opere, in gran parte installazioni, diverse create per l’occasione, attraverso cui alcuni fra i maggiori artisti contemporanei si sono misurati con il suggestivo tema proposto. La rassegna si articola in nove sezioni, tra queste: la prolusione al Pater noster, con il ciclo realizzato da Salvador Dalí; la sezione dal titolo “Ineffabile Amorevole Paternità”; e l’epilogo “La misericordia del padre si fa offerta del figlio”, con la celebre Via Crucis del 1947 di Lucio Fontana. “Chi visiterà questa mostra d’arte sacra - ha detto padre Adriano Di Bonaventura, della Fondazione Stauròs, nel corso della conferenza stampa - sarà coinvolto in un succedersi di eventi e proposte in cui l’arte contemporanea richiamerà dapprima l’attenzione sulla creazione, inserendosi nello splendore del paesaggio della catena del Gran Sasso, e quindi sull’incontro redentivo del credente con Cristo”. (B.C.)

 

 

IL CRISTO DEGLI ABISSI TORNA NELLE ACQUE LIGURI.

L’OPERA DELL’ARTISTA GUIDO GALLETTI, OGGETTO DI DEVOZIONE PER PESCATORI E SUB NEL NORD ITALIA,

E’ STATA AL CENTRO DI LUNGHI E COMPLESSI RESTAURI

 

GENOVA. = Festa nella Baia di San Fruttuoso di Camogli. E’ tornato nelle acque liguri il Cristo degli Abissi, l’opera realizzata nel 1954 dall’artista genovese Guido Galletti. Simbolo per tutti i pescatori e i subacquei del nord Italia, l’opera è stata fatta riemergere lo scorso anno per necessarie opere di restauro. Alle complesse operazioni per ricollocare la statua a 18 metri di profondità, condotte questa mattina dalla Marina Militare, hanno partecipato anche diverse autorità religiose, militari e civili, tra cui il vice presidente del Consiglio, Gianfranco Fini e il ministro delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno, in muta da sub. L’idea di un Cristo benedicente il mondo subacqueo venne a Duilio Marcante, padre della moderna subacquea, alla morte in immersione dell’amico Dario Gonzatti. Tutto il mondo subacqueo, sportivo e militare si mobilitò così per procurare i 260 chilogrammi di bronzo necessari per la sua realizzazione, tanto che in molti offrirono il bronzo delle loro medaglie: olimpionici, la marina mercantile e militare, palombari di tutta Italia, vigili del fuoco. La statua, alta due metri e mezzo, rappresenta Cristo con le mani levate in alto a benedire tutto il mare e venne posta in mare nell’agosto del 1954. L’ultima domenica di luglio, nel corso di una tradizionale celebrazione, subacquei provenienti da tutta Italia con le torce accese partecipano alla processione per rendergli omaggio. (B.C.)

 

 

RICORRE IL CENTENARIO DELLA RIAPERTURA DELLA CHIESA DI SANT’ANNA IN VATICANO,

CHE IL 17 LUGLIO 1904 VENNE AFFIDATA ALLA CURA PASTORALE DI DON ORIONE E DELLA SUA CONGREGAZIONE

 

CITTA’ DEL VATICANO. = La Congregazione degli Orionini, che hanno da poco festeggiato la nomina a santo del loro fondatore, ricorda il centenario della riapertura della chiesa di Sant’Anna in Vaticano. La costruzione, che si trova sul più frequentato ingresso al Vaticano, quello di via di Porta Angelica, è oggi chiesa parrocchiale del piccolo Stato e per questo officiata dagli agostiniani che hanno il “privilegio” da antica tradizione. Furono proprio gli Orionini, il 17 luglio 1904, a riaprirla al culto, dopo alcuni anni di abbandono. Fondata nel 1565 dall’Arciconfraternita dei Palafrenieri di Palazzo per concessione di Papa Pio IV, la chiesa di Sant’Anna fu progettata dell’architetto Giacinto Barozzi, figlio del Vignola. L’Arciconfraternita raccoglieva tutto il personale del Palazzo Apostolico e aveva un proprio cappellano, che officiava la chiesa e svolgeva le varie funzioni liturgiche. Nel 1904 chiesa e Arciconfraternita furono affidate alla cura pastorale di Don Orione e della sua giovane Congregazione. Gli Orionini vi restarono fino al 1929. In quell’anno, con i Patti Lateranensi, venne costituito il territorio dello Stato della Città del Vaticano e la chiesa ne venne a far parte, quale sede della parrocchia per i cittadini vaticani. (R.M.).

 

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24 ORE NEL MONDO

17 luglio 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Precipita la situazione nei territori, dopo l’ondata di rapimenti di ieri nella Striscia di Gaza. Da poco è iniziata a Ramallah la riunione straordinaria del governo palestinese, convocata dal premier Abu Ala, che poco prima aveva presentato ad Arafat le sue dimissioni, rifiutate dal leader palestinese. E a Gaza da questa mattina è stato dichiarato lo stato di emergenza. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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Nei territori è il caos, una situazione senza precedenti, l’aveva definita il premier Abu Ala, questa mattina, poco prima della riunione urgente del Consiglio dei ministri, quando aveva presentato a Yasser Arafat le sue dimissioni, respinte però dal vecchio leader, con la promessa di una riforma dei servizi di sicurezza, in parte anticipata dall’annuncio di Arafat di volerli ridurre da otto a tre, uno dei cambiamenti richiesti per mettere fine all’anarchia che si va da tempo profilando nei territori. A far precipitare la situazione il susseguirsi di sequestri verificatisi ieri nella Striscia di Gaza: quelli del capo della polizia, di un ufficiale di collegamento dell’Anp con Israele e di quattro cooperanti francesi, tutti rilasciati. A rapirli diversi gruppi armati, uniti dalla stessa motivazione: una protesta contro la corruzione dell’amministrazione palestinese e contro l’assenza di riforme interne da parte di Arafat, sollecitate anche dalla comunità internazionale. E cadono le prime teste, quella del generale Al-Majayda, capo della sicurezza generale, sostituto da Moussa Arafat, e quella del capo della polizia rapito ieri Ghazi Jabali, al quale subentra Saeb Al-Ajez. Che la situazione sia particolarmente critica e pericolosa lo confermano le dichiarazioni di diversi esponenti dell’esecutivo di Abu Ala, come quella di Saeb Erekat, ministro per i negoziati: “Se non siamo in grado di assumere le nostre responsabilità dobbiamo cedere il posto ad altri in grado di farlo. L’Anp deve porre fine al caos e al non rispetto della legge nei territori palestinesi”.

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In Iraq un ennesimo attentato ha sconvolto Baghdad ed un secondo attacco ha colpito la vicina città di Mahmudiyah. Su questi ennesimi episodi di violenza nel Paese arabo, dove è stato catturato a Tikrit un ex generale della Guardia di Saddam Hussein, ci riferisce Amedeo Lomonaco.

 

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Almeno 6 persone sono morte questa mattina a Baghdad per la deflagrazione di una bomba al passaggio del convoglio del ministro della Giustizia iracheno, Malek Dohan al Hassan, rimasto incolume. Dopo l’agguato, rivendicato dal gruppo del terrorista giordano al-Zarqawi, mezzi corazzati dell’esercito americano sono stati di nuovo schierati in zone nevralgiche della capitale. Un secondo ordigno è esploso nei pressi del quartier generale della Guardia nazionale irachena a Mahmudiyah, 30 chilometri a sud di Baghdad. L’attentato, che ha provocato la morte di due militari, è avvenuto mentre decine di aspiranti reclute erano in fila in attesa di presentare la domanda di arruolamento. La rete terroristica di Osama Bin Laden continua, intanto, a diffondere il seme dell’odio. Nuove minacce contro l’Italia dopo l’ultimatum comparso giovedì scorso su un sito islamico, sono state lanciate, infatti, in un comunicato nel quale si afferma che, per evitare l’incombente minaccia, gli italiani devono sbarazzarsi del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il messaggio è attribuito al gruppo legato ad Al Qaeda che ha rivendicato il sequestro dell’ostaggio filippino. Da rimarcare, infine, che 11 membri del contingente inviato da Manila in Iraq sono giunti in Kuwait e si stanno preparando al rimpatrio nelle Filippine.

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Restiamo in Iraq dove un piccolo monumento di cemento e rame da oggi testimonia a Nassiriya l’impegno dei Lagunari del reggimento “Serenissima” per restituire al Paese arabo una condizione di pace. Lo hanno inaugurato stamani, con una breve cerimonia, i commilitoni di Matteo Vanzan, il giovane caporalmaggiore morto due mesi fa in Iraq.

 

La Nato invierà in Afghanistan due nuove unità, ognuna composta da circa mille militari per rafforzare, ma solo temporaneamente, il contingente internazionale Isaf in vista delle elezioni presidenziali di ottobre. Lo ha preannunciato il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, in un’intervista al quotidiano americano ‘Washington Post’.

 

È ripreso in un clima di tensione, a Teheran, il processo per l’omicidio di Zahra Kazemi, la fotoreporter irano-canadese uccisa un anno fa dalle percosse subite in un carcere della capitale. Il rifiuto del governo iraniano di ammettere al processo osservatori canadesi ha causato la protesta di Ottawa, che ha richiamato in patria il proprio ambasciatore. La famiglia della vittima sarà difesa da Shirin Ebadi, alla sua prima causa dopo aver ricevuto il premio Nobel per la pace.

 

In India sono almeno 90 i bambini morti nell’incendio di ieri in una scuola elementare di Kumbakonam, nello Stato meridionale del Tamil Nadu. La polizia ha arrestato, intanto, cinque persone: la preside, altri due dirigenti, il cuoco ed il responsabile della mensa. Per loro si ipotizzano i reati di omicidio colposo e lesioni, di grave negligenza e di inosservanza delle norme di sicurezza anti-incendio.

 

Trasferiamoci in Italia. Con la nomina, avvenuta ieri, di Domenico Siniscalco, a ministro dell’Economia, si chiude una fase della tormentata verifica di governo, apertasi due settimane fa con le dimissioni da quel dicastero di Giulio Tremonti. Per il resto, il premier Berlusconi ha confermato la fiducia alla squadra di governo per gli ultimi due anni di legislatura. Ma nella maggioranza restano aperte altre questioni, e l’opposizione chiede la formalizzazione della crisi. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Ieri l’attesa era tutta rivolta al Consiglio nazionale dell’UDC: il segretario Follini doveva dare due risposte, sulla presenza del suo partito nel governo e sulla sua personale disponibilità a fare il ministro. Dunque, l’UDC resta nel governo e, anzi, intende rafforzare l’impegno ma Follini non ne farà direttamente parte. Avute queste risposte, Berlusconi ha rotto l’indugio e ha scelto un tecnico per il ministero dell’economia: Domenico Siniscalco che di quel dicastero è stato per quasi tre anni il direttore generale, e perciò uno dei più stretti collaboratori di Tremonti. Evidente l’intento di dare una linea di continuità alla politica economica del governo. “Sono convinto di avere preso la decisione giusta”, ha detto il premier. Non la pensa così, naturalmente, l’opposizione: il centro-sinistra ritiene che la crisi non si sia affatto chiusa e Berlusconi dovrebbe formalizzarla in Parlamento. E valutazioni diverse sulla nomina di Siniscalco ci sono nella maggioranza di centro-destra. La Lega è insoddisfatta: avrebbe voluto il ritorno di Tremonti e teme per le sorti della riforma federale. Tra l’altro, Bossi – secondo quanto riporta il quotidiano “La Padania” – lascerà il ministero delle riforme e opterà per il seggio di Strasburgo. Da parte sua, l’UDC apprezza soprattutto la fine in tempi bevi dell’interim; Alleanza Nazionale spiega che quel che conta sarà la collegialità nelle decisioni di politica economica. Per Siniscalco, il primo banco di prova è immediato: il varo del dpef, il documento di programmazione economica, che dovrebbe essere varato tra una settimana: è da tempo in atto un’accesa discussione tra i partiti della Casa delle libertà. Berlusconi ha anche assicurato un confronto con le parti sociali. Dopo la pausa estiva, sarà la volta della legge finanziaria: una manovra che si annuncia consistente: 30 miliardi di euro, quasi 60 mila miliardi delle vecchie lire.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Urne aperte domani in Bolivia, dove, in un clima di tensione, si svolgerà il referendum che dovrà stabilire la futura politica energetica del Paese. Una consultazione definita dal presidente Carlos Mesa “un passo importante per nazionalizzare il commercio del gas”. Mentre secondo indios e sindacati l’eventuale riforma lascerebbe l’estrazione degli idrocarburi in mano alle multinazionali, che continuerebbero a pagare allo Stato una tassa esigua. Ce ne parla Dorotea Gambardella.

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Cinque le domande alle quali dovranno rispondere i cittadini boliviani. La prima verte sull’abrogazione della legge sugli idrocarburi, promulgata nel 1996 dall’ex presidente Gonzalo Sànchez de Lozada, caduto dopo le proteste popolari dello scorso ottobre; la seconda riguarda la completa sovranità delle risorse presenti nel sottosuolo. Attualmente, infatti, il gas boliviano appartiene allo Stato fino a quando resta sotto terra, ma diventa automaticamente proprietà delle multinazionali appena giunge in superficie. Il terzo quesito mira al potenziamento dell’Ypfb (Giacimenti petroliferi fiscali boliviani), l’ente nazionale per lo sfruttamento degli idrocarburi, che dovrebbe rilevare una parte sostanziosa dei pacchetti azionari, adesso in mano ad aziende straniere. La quarta domanda servirà all’esecutivo per capire se può utilizzare il gas come risorsa strategica per ottenere l’accesso all’Oceano Pacifico, di cui la Bolivia fu privata nel conflitto con il Cile, nel 1879. Con l’ultimo quesito si chiede agli elettori la possibilità di aumentare le imposte sulla vendita di gas dal 18 al 50 per cento. Nonostante i ripetuti appelli del presidente boliviano, Carlos Mesa, a non disertare la consultazione, il cui obiettivo – ha precisato - “è la graduale nazionalizzazione dell’estrazione e del commercio del gas”, i movimenti sindacali, gli indios ed alcuni esperti di questioni andine, bocciano il referendum sottolineandone l’ambiguità delle domande, che si prestano ad una doppia interpretazione. A conferma di ciò, vi sono i documenti reperiti da un periodico locale, dai quali emergerebbe come gruppi privati stranieri, ed in particolare la compagnia francese “Total”, abbiano finanziato i sondaggi di opinione e gli studi realizzati per la formulazione dei quesiti. In Bolivia, la maggior parte della popolazione è costituita da contadini indigeni, che a stento sanno leggere e scrivere in spagnolo, preferendo le loro lingue: il quechua, l’aymara e il guarani.

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