RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 198 - Testo della trasmissione di venerdì 16 luglio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa in Val d’Aosta si raccoglie in preghiera per le piccole vittime della  scuola indiana nel Tamil Nadu, devastata da un incendio: 100 forse i bambini morti. Intervista con Joaquin Navarro-Valls.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

950 anni fa il grande scisma d’Oriente: il Papa nella Orientale Lumen ribadisce: “Il cammino verso l’unità è irreversibile”. Il commento del teologo Marko Ivan Rupnik

 

Un grande animatore del Concilio Vaticano II: così, il cardinale Roberto Tucci ricorda, ai nostri microfoni, la figura del porporato belga, Leo Jozef Suenens, nel 100.mo anniversario della nascita

 

Oggi la Chiesa celebra la festa della Madonna del Carmine. Ce ne parla il padre carmelitano Jesùs Castellano

 

Slitta il decreto di modifica alla legge Bossi-Fini sull’immigrazione dopo l’intervento della consulta: con noi Germano Garatto

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il tragico incendio in una scuola elementare indiana

 

Ultime battute per il Congresso internazionale di missiologia “tertio millennio”. L’incontro si chiuderà domani a Kinshasa

 

Il governo del Burkina Faso si impegna a sostenere le scuole cattoliche: il contenuto della Convenzione siglata nei giorni scorsi dal ministro della pubblica istruzione e dall’arcivescovo di Ouagadougou

 

L’Unione Europea ha assicurato 42 milioni euro nella lotta all’Aids. Chiude oggi in Thailandia la XV Conferenza internazionale sul virus dell’Hiv

 

Ancora drammatica la situazione in India, Bangladesh e Nepal, dove le piogge monsoniche fino ad ora hanno causato 350 morti e 18 milioni di senzatetto.

 

Nel 2003 il suicidio è stato la prima causa di mortalità nell’esercito israeliano. E’ quanto emerge da un rapporto del ministero della Difesa di Gerusalemme,

 

Anche se emendata, la legge sulla blasfemia in Pakistan continuerà ad essere punita con la pena capitale. Lo ha annunciato, in questi giorni, il governo di Islamabad

 

24 ORE NEL MONDO:

Prosegue il ritiro del contingente di Manila dall’Iraq per ottenere il rilascio dell’ostaggio filippino. Anche la Thailandia annuncia il rimpatrio delle proprie truppe

 

La Libia aprirà un corridoio umanitario nella regione sudanese del Darfur.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 luglio 2004

 

 

IL PAPA SI RACCOGLIE IN PREGHIERA PER LE PICCOLE VITTIME DELLA

 SCUOLA INDIANA NEL TAMIL NADU, DEVASTATA DA UN INCENDIO:

A RIFERIRLO, AI NOSTRI MICROFONI, IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA

DELLA SANTA SEDE, NAVARRO-VALLS

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Giovanni Paolo II ha accolto con dolore la notizia della strage di decine di bambini, provocata da un incendio in una scuola indiana del Tamil Nadu. Ai nostri microfoni, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquin Navarro-Valls – raggiunto telefonicamente in Valle d’Aosta da Alessandro Gisotti – sottolinea come questa tragedia abbia segnato la mattinata del Papa, nel suo penultimo giorno di vacanza a Les Combes:

 

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R. – Questa tragedia, che coinvolge soprattutto bambini, ragazzi giovani, l’ha colpito in maniera particolare. Lui ha pregato per loro. E’ stata una notizia triste che, questa mattina presto, ha voluto conoscere e noi gliela abbiamo comunicata.

 

D. – Direttore, quindi ci conferma… una giornata segnata da questa drammatica notizia, segno che il Papa anche in un periodo di riposo segue l’attualità con attenzione…

 

R. – Assolutamente. Non che siano soltanto brutte notizie. Al Santo Padre arrivano anche le gioie della gente. Arriva in definitiva la vita così come è.

 

D. – Questo periodo di riposo ha giovato al Santo Padre, anche visibilmente…

 

R. – Ha giovato, grazie a Dio. Si è riposato, è potuto uscire tutti i giorni. C’è stato anche qualche giorno di pioggia, ma il Santo Padre ama la natura, naturalmente anche con la pioggia e con il vento. Questa mattina, il giorno prima della partenza, siamo in un luogo stupendo. Qui il Santo Padre può vedere la cima del Monte Bianco. E’ una giornata per lui di contemplazione, di preghiera, di lettura, di riposo.

 

D. – Quale è l’umore del Papa nell’approssimarsi della partenza dalla Valle d’Aosta?

 

R. – E’ in quel commento, per metà scherzoso, ma forse non tanto, quando diceva alle persone che c’erano intorno: “So che vi dispiacerà lasciare tutta questa bellezza. Anche a me dispiacerà lasciare tutta questa bellezza”. E ha aggiunto: “Perché qui veramente si tocca la mano di Dio”. Il Papa ha avuto l’opportunità in alcune delle uscite di ritornare in posti e luoghi degli anni precedenti che lui già conosceva, e in posti nuovi pieni di bellezza, che qui sembrano non finire mai.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina una tragica notizia dall'India: più di cento bambini sono morti nell'incendio di una scuola, nello Stato del Tamil Nadu.

Sempre in prima una notizia sui gravi danni causati dalle alluvioni nell'Asia del Sud.

 

Nelle vaticane, una pagina, a cura di Flavio Peloso, sul tema "Cento anni fa i Figli della Divina Provvidenza a Sant'Anna dei Palafrenieri in Vaticano".

Un articolo dal titolo "Santa Brigida di Svezia: un grande amore alla Chiesa e all'Europa"; novena in preparazione della ricorrenza della festa, il 23 luglio.

 

Nelle estere, in evidenza l'Iraq: aiuti dai Paesi donatori per sostenere il processo di ricostruzione.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giovanni Marchi dal titolo "Un teatro ispirato dall'amore e dalla pietà": cent'anni dalla morte di Anton P. Cechov.

 

Nelle pagine italiane, un articolo dal titolo "I cattolici propongono modifiche allo Statuto regionale umbro": la richiesta di associazioni e movimenti dopo un documento della Consulta CEU.

 

                               

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 luglio 2004

 

 

950 ANNI FA IL GRANDE SCISMA D’ORIENTE.

IL PAPA NELLA “ORIENTALE LUMEN” RIBADISCE:

IL CAMMINO VERSO L’UNITA’ E’ IRREVERSIBILE.

- Intervista con padre Marko Ivan Rupnik -

 

Ricorre oggi una data triste per la storia della Chiesa: il 16 luglio del 1054, esattamente 950 anni fa, si verificava infatti il cosiddetto grande scisma d’Oriente. I legati papali deponevano sull’altare di Santa Sofia a Bisanzio il libello di scomunica contro il Patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario, che a sua volta quattro giorni dopo scomunicava gli inviati pontifici. Le distanze liturgiche, teologiche e culturali si erano andate allargando tra Oriente ed Occidente: incomprensioni, equivoci, diffidenze e gelosie accumulate lungo i secoli fecero il resto provocando la frattura. Ma cosa accadde 950 anni fa? Sergio Centofanti lo ha chiesto al teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik direttore del Centro studi “Aletti” per il dialogo tra Oriente ed Occidente:

 

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R. – 950 anni fa, spiritualmente parlando, possiamo dire che è stato compiuto un ‘peccato’,  così come avviene in ogni separazione, in ogni scisma. Non è stato l’unico scisma, ce ne erano stati tanti, prima. La questione era la giurisdizione su alcune zone per le quali si era in contesa, ma era necessario trovare ragioni dogmatiche, teologiche; si trattava di questioni che riguardavano la disciplina della Chiesa, una questione sull’Eucaristia, il “Filioque” e via dicendo. Però, fondamentalmente, oggi – a distanza di 950 anni – non è più sostenibile nessuno di quegli argomenti!

 

D. – Che cosa rimane, appunto, di quei motivi? Pensiamo, ad esempio, alla questione del “Filioque” ...

 

R. – Della questione del “Filioque”, cioè del fatto che lo Spirito Santo non procede solo dal Padre ma anche dal Figlio, non rimane niente perché la Chiesa cattolica, con una dichiarazione di qualche anno fa, ha totalmente risolto la questione che oggi non rappresenta più nessuna difficoltà con l’Oriente.

 

D. – Quindi, oggi c’è unità di vedute sulla questione della processione dello Spirito Santo?

 

R. – Oggi, da un punto di vista dogmatico,  c’è una unità di vedute – come dice il Santo Padre  – cioè, non ci sono cose che ci separano irrimediabilmente. Oggi, addirittura, di fronte agli eventi che si susseguono nel mondo, di fronte alla rapidissima evoluzione della cultura, penso che sia veramente difficile sostenere e trovare qualsiasi motivo che ancora possa mantenerci “divisi”. Siamo veramente – come diceva il Papa nella Orientale Lumen – sotto la pressione della carità di Dio affinché facciamo dei passi per incontrarci, perché solo insieme possiamo indicare il Cristo, il Salvatore degli uomini e delle donne di oggi. E questa è una pressione davanti alla quale non ci sono più scuse. Dobbiamo fare di tutto per trovare i punti in comune. Oggi si tratta di arrivare – come ha annunciato il Vaticano II – al pieno riconoscimento dell’uno e dell’altro. Si tratta di due grandi tradizioni apostoliche.

 

D. – Infatti il Papa, sempre nella Orientale Lumen, dice che “le parole dell’Occidente hanno bisogno delle parole dell’Oriente, perché la Parola di Dio manifesti sempre meglio le sue insondabili ricchezze “...

 

R. – Esattamente. Oggi, noi sentiamo il bisogno l’uno dell’altro e questo è il segno della nuova Pentecoste. Oggi si sa che dobbiamo arrivare allo scambio dei doni, proprio per poter essere riconosciuti come discepoli di Cristo.

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“E’ necessario sempre far verità nella carità. Oggi sappiamo che l’unità può essere realizzata dall’amore di Dio solo se le Chiese lo vorranno insieme, nel pieno rispetto delle singole tradizioni e della necessaria autonomia”. E’ quanto scrive Giovanni Paolo II nella Orientale Lumen. Ma ripercorriamo con Sergio Centofanti i tratti salienti di questa lettera apostolica scritta dal Papa nel 1995.

 

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“Il cammino dell’unità – scrive il Papa -  non può conoscere ripensamenti ma è irreversibile come l’appello del Signore all’unità”: occorre però “compiere nuovi gesti coraggiosi”. “La nostalgia santa dei secoli vissuti nella piena comunione della fede e della carità – dice il Papa -  ci urge, ci grida i nostri peccati, le nostre reciproche incomprensioni: noi abbiamo privato il mondo di una testimonianza comune che forse, avrebbe potuto evitare tanti drammi se non addirittura cambiare il senso della storia”. Il Pontefice ricorda con gioia l’abrogazione delle reciproche scomuniche del 1054 voluta da Paolo VI e dal Patriarca Ecumenico Atenagora I. Poi aggiunge: oggi “abbiamo quasi tutto in comune”. “Presto, molto presto Cristo… ci conceda di scoprire che in realtà, nonostante tanti secoli di lontananza, eravamo vicinissimi perché insieme, forse senza saperlo, camminavamo verso l’unico Signore, e quindi gli uni verso gli altri”.

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UN GRANDE ANIMATORE DEL CONCILIO VATICANO II:

COSI’, IL CARDINALE ROBERTO TUCCI RICORDA, AI NOSTRI MICROFONI,

LA FIGURA DEL PORPORATO BELGA, LEO JOZEF SUENENS,

NEL 100.MO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA

- Intervista con il cardinale Roberto Tucci -

 

Un protagonista assoluto del Concilio Vaticano II. Ricorre oggi il 100.mo anniversario della nascita, a Ixelles in Belgio, del cardinale e teologo Leo Jozef Suenens, arcivescovo di Malines-Bruxelles. Il porporato, che si spense a Bruxelles il 6 maggio 1996, fu uno dei quattro moderatori del Vaticano II con i cardinali Döpfner, Lercaro e Agagianian. Sulla figura del cardinale Suenens e il suo ruolo di spicco durante i lavori conciliari, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Roberto Tucci, che ha conosciuto bene il porporato belga, proprio durante il Concilio Vaticano II:

 

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R. – Il cardinale è stato uno dei protagonisti più importanti del Concilio Vaticano II. Veniva dalla tradizione di Lovanio, dove erano più attenti ai fermenti di rinnovamento che negli ultimi decenni, prima del Concilio, si erano affermati nella Chiesa. Aveva intorno a sé una equipe veramente formidabile. Una sua qualità era quella di sfruttare al meglio la teologia di Lovanio. Mi sentivo molto vicino a questo gruppo perché di recente avevo finito teologia a Lovanio stando lì quattro anni.

 

D. – Quale fu il contributo specifico del cardinale Suenens al Concilio Vaticano II?

 

R. – Il cardinale Suenens ebbe una grande importanza nel periodo preparatorio del Concilio, perché faceva parte della Commissione centrale preparatoria. Già dal principio del Concilio, nel radiomessaggio che Papa Giovanni inviò attraverso la Radio Vaticana l’11 settembre del ’62, parlava della Chiesa ad intra e ad extra, la Chiesa guardata nella sua costituzione e la Chiesa nel suo rapporto col mondo moderno, e questa idea gli era venuta da un suggerimento che il cardinal Suenens, su richiesta del Papa, gli aveva inviato. Bisogna ricordare ancora che il cardinale Suenens è stato nominato da Paolo VI uno dei quattro moderatori del Concilio, quindi il suo influsso sul Concilio è stato molto grande, in particolare come coordinatore delle spinte più rinnovatrici che esistevano allora nel campo cattolico. Direi che il cardinale Suenens fu un grande animatore del Concilio.

 

D. – Il cardinale Sunens ebbe un ruolo significativo anche dopo il Vaticano II …

 

R. – Dopo il Concilio è stato importante il contributo che ha dato al movimento neocarismatico d’ispirazione cattolica. Ha cercato di mettere più in rilievo la funzione dello Spirito Santo nella vita e nella missionarietà della Chiesa.

 

D. – Qual è il suo ricordo personale della figura del porporato belga?

 

R. – Era un uomo di estrema cordialità, un oratore molto bravo, i suoi interventi al Concilio erano seguiti con grande attenzione da tutti ed erano estremamente chiari, capaci di suscitare adesione con una capacità di mediazione tra le idee della corrente più conservatrice e quella invece più aperta al rinnovamento. Soprattutto ho notato in lui questa grande capacità di assimilazione e ascolto.

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IL CALENDARIO LITURGICO RICORDA OGGI LA MADONNA DEL CARMINE.

UN MODELLO DI VITA CRISTIANA PER I CARMELITANI E I FEDELI NEL MONDO,

UNA GUIDA ECCELLENTE PER LE CIME DELLA SANTITA’

- Intervista con padre Jesús Castellano -

 

La Chiesa ricorda oggi la Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, la cui devozione ha una storia di almeno 600 anni ed è ancora molto diffusa e radicata in diversi Paesi. Alla Madonna del Carmelo, modello della perfetta consacrazione, rivolgono il proprio amore i Carmelitani, uno degli Ordini più antichi nella storia della Chiesa. Sulle origini e la storia della memoria liturgica della Vergine del Carmelo, Barbara Castelli ha raccolto il commento di padre Jesús Castellano, carmelitano e docente alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum.

 

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R. - La devozione alla Madonna del Carmelo nasce quando i primi carmelitani, all’inizio del secolo XIII, consacrano la propria vita al Signore Gesù, prendendo come patrona, sorella e madre la Vergine Maria. A Lei dedicano una piccola chiesa in una vallata del monte biblico del Carmelo, il monte della preghiera di Elia. Questa devozione si estende successivamente quando, espulsi dalla Terra Santa, prima a Cipro e poi in tutte le nazioni d’Europa, i carmelitani portano per le strade del mondo la loro devozione, carica di affetto e di intimità nei confronti di una Vergine che loro chiamano non soltanto madre, ma anche sorella. La festa della Madonna del Carmelo è designata per il 16 luglio perché in quella data, nel II Concilio di Lione, l’ordine del Carmelo, che rischiava la soppressione, viene approvato ufficialmente dalla Chiesa: un evento che i carmelitani riconoscono come segno della protezione speciale di Maria.

 

D. - Qual è il significato e soprattutto l’attualità della festa della Madonna del Carmelo, celebrata da tanti fedeli nel mondo?

 

R. - Penso che sia duplice. Da una parte c’è la pietà popolare, che ha dato molta importanza a questa Vergine. Donando lo scapolare, questo piccolo segno che diventa una specie di sacramentale della devozione, quindi di consacrazione, in qualche modo la Vergine Maria ha assicurato la salvezza eterna e la visione di Dio. Poi c’è l’altro aspetto, più interiore, più intimo: come i Santi del Carmelo abbiano visto la Vergine Maria come la Vergine della contemplazione, del silenzio, Madre spirituale che porta verso la santità. Avere santi di tale grandezza, come Giovanni della Croce, Teresa d’Avila, Teresa del Bambino Gesù, o Edith Stein, dice quale sia l’importanza di questa devozione che ha prodotto nella Chiesa tali frutti di sapienza, di santità e di influsso perenne per la spiritualità della Chiesa stessa.

 

D. - Giovanni Paolo II domenica, nel corso dell’Angelus, ha fatto riferimento a questa occasione. “La Regina del Monte Carmelo - ha detto - ci aiuti a cogliere nella bellezza del creato un riflesso della gloria divina e ci incoraggi a tendere con ogni energia verso la vetta spirituale della santità”. Quale la devozione di Giovanni Paolo II per la Madonna del Carmelo?

 

R. - Sappiamo che Giovanni Paolo II, nato a Wadowice, ha avuto fin da piccolo un intimo rapporto con il Carmelo. In giovane età riceve lo scapolare del Carmine, che ancora oggi porta, come sappiamo e come lui stesso ha sottolineato in tante occasioni. Questo rapporto privilegiato con il Carmelo e con i suoi Santi, quindi, lo rende molto vicino alla Madonna del Carmelo, sia nella pietà dello scapolare, sia in quella profondità della preghiera. Non dimentichiamo poi il suo amare Maria come madre e quel sentirsi avvolto dalla sua presenza, dalla sua maternità. Questo è il senso profondo che il Carmelo ha con la Vergine, questa intima amicizia, vedere Maria come sorella che ci accompagna nel nostro viaggio portandoci verso le cime della santità.

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SLITTA IL DECRETO DI MODIFICA ALLA LEGGE BOSSI-FINI

SULL’IMMIGRAZIONE DOPO L’INTERVENTO DELLA CONSULTA

- Intervista con Germano Garatto -

 

Il governo italiano adeguerà la legge Bossi-Fini alla sentenza della Corte Costituzionale. E' quanto affermano, in una dichiarazione congiunta il vicepremier, Gianfranco Fini e il ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, confermando che sulla questione "il dibattito e' stato avviato oggi in Consiglio dei Ministri". La Consulta aveva decretato l’illegittimità della normativa per la parte riguardante l’espulsione forzata, priva di garanzie di difesa, per l’immigrato clandestino e così pure il suo arresto in attesa dell’allontanamento. Immediate le reazioni delle forze politiche alla sentenza: per l’opposizione il parere della Corte impegna il Parlamento a ripensare l’intera normativa, per la maggioranza conferma comunque la fondatezza generale della Bossi-Fini. Adriana Masotti ha chiesto un parere a Germano Garatto, capo ufficio immigrazione della Caritas italiana.

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R. – Per noi la decisione era in qualche modo scontata, perché già al momento del dibattimento di questo passaggio della legge appariva a tutti evidente questa non costituzionalità. L’impossibilità della persona di potersi spiegare davanti al giudice per vedere se effettivamente il fatto di non essere partito dopo l’espulsione non fosse dipeso da un motivo come ad esempio il non avere i mezzi sufficienti, oppure situazioni familiari particolari nel Paese di origine, o qui addirittura avere dei familiari che resterebbero senza un aiuto importantissimo per la loro sopravvivenza: tutte questioni che il giudice dovrebbe poter valutare prima di decidere l’espulsione forzata.

 

D. – Obiettivo principale della legge Bossi-Fini è la lotta alla clandestinità, ma la Caritas italiana ha sempre trovato controproducente la rigidità della normativa, perché?

 

R. – Intanto perché essere clandestino non significa essere un delinquente. Lo dimostra il fatto che l’ultima sanatoria ha trovato più o meno 700 mila persone che lavoravano e che erano clandestine, e quindi non erano persone in situazione di delinquenza; seconda cosa è che mentre si espellono queste persone non si lasciano entrare un numero sufficiente di immigrati per lavoro, laddove invece la richiesta sarebbe molto grande. Il fatto di restringere gli ingressi legali non fa che favorire gli ingressi illegali.

 

D. – L’impressione dell’opinione pubblica, generalmente, però, è che ci siano troppi immigrati, per poter dare a tutti lavoro, casa ... come rispondere?

 

R. – Questa impressione è spesso rafforzata dalle presenze che sono le più visibili di quella parte di immigrazione che non è riuscita ad inserirsi, che vive allo sbando, di elemosina o che è caduta nell’alcolismo, oppure le persone che si prostituiscono ... Queste sono le persone che sono sulla strada e l’immigrazione sulla strada, che quantitativamente è una piccolissima parte dell’immigrazione, fa l’immagine di tutta l’immigrazione. E’ chiaro che quell’immigrazione non è quella di cui stiamo parlando: quella è un fenomeno sociale di marginalità e come tale andrebbe trattato, come tutte le marginalità, anche le nostrane.

 

D. – Che cosa la Caritas italiana chiede al governo in tema di immigrazione?

 

R. – Innanzitutto, che l’immigrato venga percepito come persona e quindi un maggior rispetto per queste persone; un rispetto per il loro progetto migratorio, che è un progetto di miglioramento della vita della propria famiglia. In secondo luogo, di non farci abbagliare soltanto dagli arrivi in clandestinità, ma di pensare ai due milioni e mezzo di persone regolari che abbiamo tra di noi e per la cui integrazione si fa troppo poco.

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CHIESA E SOCIETA’

16 luglio 2004

 

 

DISASTROSO INCENDIO IN UNA SCUOLA ELEMENTARE INDIANA.

IL BILANCIO ANCORA PROVVISORIO PARLA DI 100 VITTIME

 

NEW DELHI. = Drammatico incidente in India. E’ di almeno 100 bambini morti il bilancio, ancora provvisorio, del furioso incendio divampato in una scuola elementare nello Stato meridionale del Tamil Nadu. Secondo i primi elementi raccolti dai vigili del fuoco, le fiamme si sono sviluppate da un forno a legna usato per preparare i pasti nella mensa della scuola. Numerosi anche i feriti, che ammontano a non meno di 34, gran parte dei quali versano in condizioni critiche. Al momento dell’incendio nella scuola erano presenti 500 alunni, prevalentemente bambine, di età compresa fra i 6 e i 13 anni. Le vittime sono quasi tutte dell’asilo, che si trovava all’ultimo piano dell’edificio dal tetto di paglia. Testimoni affermano che la scala che scendeva dall’asilo al piano terra era troppo piccola per permettere a tutte le bambine di mettersi in salvo con la fuga. Il primo ministro indiano, Manmohan Singh, che si è detto scioccato per l’accaduto, ha telefonato al primo ministro dello Stato del Tamil Nadu esprimendo lo sgomento e le condoglianze del governo per le famiglie delle vittime. (B.C.)

 

 

ULTIME BATTUTE PER IL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MISSIOLOGIA

TERTIO MILLENNIO”, CHE SI CHIUDERA’ DOMANI A KINSHASA

- A cura di padre Joseph Ballong -

 

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KINSHASA. = Al penultimo giorno, il Congresso ha affrontato i temi della situazione e dell’evoluzione delle Pontificie Opere Missionarie con una relazione di padre Galbiati, direttore nazionale delle POM in Italia; e della spiritualità missionaria e delle prospettive della cooperazione con gli organismi di sostegno con l’intervento del direttore di “Missio Aquisgrana”, in Germania, padre Schaluck. Il tema del laicato e volontariato missionario sarà al centro dei lavori odierni. Durante la giornata di giovedì è stato affrontato, invece, una questione molto importante: la formazione degli apostoli e dei missionari ‘ad intra’ e ‘ad extra’ per il XXI secolo; e infine quello dell’avvenire delle Congregazioni e degli Istituti missionari. Il Congresso si chiuderà domani, dopo aver adottato delle raccomandazioni e delle risoluzioni.

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ALTO TASSO DI SUICIDI TRA I SOLDATI ISRAELIANI.

LO RIVELA UN RAPPORTO DEL MINISTERO DELLA DIFESA DI GERUSALEMME

 

TEL AVIV. = Nel 2003 il suicidio è stato la prima causa di mortalità nell’esercito israeliano. E’ quanto emerge da un rapporto del ministero della Difesa di Gerusalemme, pubblicato ieri dal sito internet del quotidiano Maariv. Secondo quanto si legge nel documento, lo scorso anno 43 militari israeliani si sono suicidati, un dato in aumento del 30 per cento rispetto al 2002. Sempre l’anno scorso sono stati, invece, 30 i soldati israeliani uccisi durante operazioni militari. Il rapporto interno del ministero, che non fornisce spiegazioni sul fenomeno, parla, inoltre, di altri 15 suicidi registrati nei primi sei mesi del 2004. I soldati israeliani, per la maggior parte giovani fra i 19 e i 25 anni in servizio di leva per tre anni, sono spesso impegnati in operazioni militari nei territori palestinesi, con frequenti scontri con i miliziani dei gruppi armati. (B.C.)

 

NELLA CONVENZIONE SIGLATA NEI GIORNI SCORSI,

IL GOVERNO DEL BURKINA FASO SI IMPEGNA A SOSTENERE LE SCUOLE CATTOLICHE

 

OUAGADOUGOU. = L’impegno da parte del governo del Burkina Faso a sostenere le scuole cattoliche di ogni ordine e grado nel Paese è il senso della convenzione sottoscritta dal ministro della Pubblica Istruzione e della Ricerca, Laya Sawadogo, e dall’arcivescovo di Ouagadougou, mons. Jean-Marie Untaani Compaoré.  Ne ha dato notizia il quotidiano locale “Sidwaya”, che precisa come dal canto loro, gli istituti cattolici si siano impegnati ad offrire un insegnamento di qualità, a rispettare i regolamenti in vigore in materia di didattica e ad accettare un controllo ministeriale di carattere pedagogico e finanziario allorquando siano ospitati in edifici di proprietà statale. La convenzione, quindi, riconosce il carattere di servizio pubblico e di interesse nazionale della scuola cattolica. Questa, infatti, si legge nel documento, “favorisce una formazione integrale della persona, attraverso l’assimilazione sistematica e critica della cultura”. La convenzione segue un primo protocollo d’intesa siglato il 13 di giugno del 2000. Con quell’accordo venivano restituite alla Chiesa le scuole elementari confiscate dallo stato del Burkina Faso nel 1969. “Si tratta di un segno di una nuova era tra Stato e Chiesa”: ha commentato mons. Wenceslas Compaoré, vescovo di Manga e presidente della Commissione Episcopale per la Scuola Cattolica. (A.M.)

 

 

L’UNIONE EUROPEA HA ASSICURATO 42 MILIONI DI EURO NELLA LOTTA ALL’AIDS:

CHIUDE OGGI IN THAILANDIA LA XV CONFERENZA INTERNAZIONALE

SUL VIRUS DELL’HIV

BANGKOK. = Nessuno “deve dimenticare i milioni di persone che soffrono a causa dell’Aids”. Alla cerimonia conclusiva del XV Congresso Internazionale sull’Hiv, Nelson Mandela ha lanciato una nuovo appello ad unire le forze e ad aumentare le risorse per la lotta contro il virus, che continua a seminare morte e miseria nel mondo. Dinanzi a questa tragedia, a volte dimenticata dai grandi del pianeta, la Commissione dell’Unione Europea ha annunciato un contributo pari a 42 milioni di euro per il Fondo mondiale. “Proprio grazie a tale apporto - ha sottolineato una nota del commissario Ue allo sviluppo e gli aiuti umanitari, Poul Nielson - il Fondo sarà in grado di rafforzare il proprio lavoro di prevenzione, cure e assistenza”. La Thailandia, intanto, si è unita ai sei Paesi che, su iniziativa del Brasile, hanno stretto un accordo per produrre medicinali generici nella lotta contro la diffusione dell’Aids; anche l’India si è detta pronta ad accogliere questa sfida, mentre stanno per partire i primi programmi governativi per le terapie. Lo ha assicurato a Bangkok Sonia Gandhi. Cinque le priorità indicate dal presidente dell’Indian National Congress: evitare lo stigma e la discriminazione delle persone sieropositive; integrare prevenzione e terapia; eguaglianza dei diritti per le donne; sforzi più consistenti da parte della sanità pubblica; lottare contro i pregiudizi. (B.C.)

 

 

SEMPRE DRAMMATICA LA SITUAZIONE IN INDIA, BANGLADESH E NEPAL, DOVE LE PIOGGE MONSONICHE FINO AD ORA HANNO CAUSATO

350 MORTI E 18 MILIONI DI SENZATETTO

- A cura di Maria Grazia Coggiola -

 

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NEW DELHI. = Continuano le alluvioni in parte dell’Asia meridionale, dove sono ormai milioni i senzatetto e centinaia le vittime. Dopo settimane di piogge e fiumi straripati, la situazione nell’India del nord-est, in Bangladesh e in Nepal è allarmante, anche perché in molti casi i soccorsi sono resi difficili dalla mancanza di vie di accesso ai villaggi inondati. Manca il cibo, l’acqua potabile, comincia a insorgere il rischio di malattie. Soltanto in Bihar, uno degli Stati più poveri dell’India settentrionale, sarebbero quattro milioni i senzatetto. In Assam, altro Stato indiano del nord-est, famoso per la produzione del thé, le autorità hanno detto che sarebbero 10 milioni le persone colpite dalle inondazioni, iniziate alla fine di giugno. L’emergenza è ancora più grave in Bangladesh, Paese che ogni anno è devastato dalle alluvioni: un terzo dei distretti è sott’acqua, la capitale Dacca finora però non è stata interessata. Per ironia della sorte, l’altra metà dell’India, quella del nord-ovest, sta invece soffrendo la sete: finora il monsone è stato avaro di piogge e si teme, soprattutto in Stati come il Gujarat, granaio dell’India, una crisi idrica come quella del 2002.

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ANCHE SE EMENDATA, LA LEGGE IN PAKISTAN CONTINUERA’ A PUNIRE LA BLASFEMIA

CON LA PENA CAPITALE. LO HA ANNUNCIATO, IN QUESTI GIORNI,

IL GOVERNO DI ISLAMABAD

 

FAISALABAD. = Parziale marcia indietro del governo pakistano circa la legge sulla blasfemia. Anche se emendato il provvedimento continuerà a prevedere la pena di morte come condanna, mentre le annunciate modifiche rimarranno limitate alla procedura e all’applicazione della norma. Tra esse, la pena capitale anche per chi sostiene accuse false. A renderlo noto in questi giorni, il ministro federale per gli affari religiosi, Ejaz ul Haq, il quale ha, tuttavia, ammesso che, negli ultimi 18 anni, si è registrato un abuso della legge, che troppo spesso viene utilizzata per regolare questioni private. Dal 1986 ad oggi, infatti, sono stati registrati oltre 4 mila casi di blasfemia, contro i 7 dal 1927 al 1986. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa “Asia News”, per Ismail Qireshi, avvocato della Corte suprema del Pakistan, il governo non ha il diritto di modificare la legge, che tocca una materia puramente religiosa. Il provvedimento, inoltre, come spiegato da Qireshi, è stato approvato da entrambe le Corti e la decisione di una della due di modificarla autonomamente, significherebbe negare l’autorità dell’altra. (D.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 luglio 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq è stato compiuto, stamani, un ennesimo attacco contro un oleodotto nel nord del Paese. Il gruppo del terrorista giordano al-Zarqawi ha rivendicato, inoltre, l’omicidio del governatore di Mosul, Osama Kashmoula, assassinato due giorni fa. Proseguono, intanto, gli sforzi per ottenere la liberazione dell’ostaggio filippino, Angelo de la Cruz, sequestrato la scorsa settimana da un gruppo di guerriglieri. In un video trasmesso da Al Jazeera l’uomo preannuncia la sua imminente liberazione e ringrazia il governo di Manila per aver iniziato a rimpatriare le proprie truppe dal Paese arabo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Dieci soldati del contingente inviato da Manila hanno lasciato l’Iraq alla volta del Kuwait, in vista del rientro nelle Filippine deciso dalla presidente Gloria Arroyo per soddisfare la richiesta dei sequestratori. “Il resto dei soldati – ha dichiarato il ministro degli Esteri filippino – sarà ritirato molto presto”. La Thailandia ha annunciato, inoltre, l’avvio del rimpatrio dei suoi soldati e ha confermato che l’operazione sarà completata entro il prossimo 20 settembre, data di scadenza del mandato. Il ritiro delle truppe dei due Paesi asiatici dallo Stato arabo si aggiunge, dunque, a quelli già completati delle forze di Spagna, Honduras, Repubblica Dominicana e Nicaragua. Ed anche l’impresa saudita, per la quale lavora un egiziano recentemente rapito da un gruppo di miliziani, ha dichiarato di aver terminato il ritiro come richiesto dai sequestratori. Nel Paese arabo la polizia irachena ha trovato, intanto, due cadaveri: uno ieri a Mosul, che potrebbe appartenere all’ostaggio bulgaro ucciso tre giorni fa, ed un altro stamani, anche questo in tuta arancione, nelle acque del fiume Tigri. Sempre alto, infine, l’allarme terrorismo: una lettera di minacce contro istituzioni dell’Unione Europea, spedita da estremisti islamici, è giunta alla sede dell’Onu a New York. E un ultimatum contro l’Italia è stato pubblicato, inoltre, su un sito internet di Al Qaeda: nel messaggio, scritto in italiano, si preannuncia un “bagno di sangue simile a quello dell’11 settembre”.

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Dopo il riconoscimento, nel recente rapporto Butler, dell’infondatezza delle accuse dei servizi segreti inglesi contro il deposto presidente iracheno, Saddam Hussein, il premier britannico, Tony Blair, ha perso un seggio in Parlamento. I liberaldemocratici hanno vinto, infatti, le elezioni suppletive a Leicester, dove il deputato uscente era laburista. Mantenuto invece, se pure di stretta misura, il seggio a Birmingham.

 

Inizia oggi l’esame dell’Assemblea generale dell’Onu sulla bozza di risoluzione nella quale si chiede ad Israele di uniformarsi alla sentenza della Corte internazionale smantellando il muro eretto in Cisgiordania. Il voto sul documento, presentato dall’osservatore palestinese al Palazzo di Vetro, Naseral-Kidwa, è atteso per la prossima settimana. Ed in Medio Oriente si deve intanto registrare l’ennesimo raid dell’esercito israeliano nei Territori: forze dello Stato ebraico hanno ucciso ieri sera ad Hebron, in Cisgiordania, il capo locale del movimento radicale palestinese Hamas.

 

Gli Stati Uniti hanno cancellato 495 milioni di dollari di debito al Pakistan, uno dei loro principali alleati nella lotta al terrorismo. La notizia viene da Washington, dove proprio oggi il Senato americano discuterà di un provvedimento molto controverso: il taglio di oltre 19 miliardi di dollari che l’amministrazione Bush aveva destinato agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Se approvata, la riduzione comprometterebbe la possibilità di centrare gli obiettivi di Sviluppo del Millennio, fissati dall’ONU nel 2000.

 

Il governo libico ha accettato di aprire un nuovo corridoio umanitario per permettere il rapido passaggio di aiuti alla regione sudanese del Darfur, teatro da anni di un sanguinoso conflitto interetnico. Intanto, sono in fase di stallo i negoziati avviati ieri tra le autorità di Khartoum e i due movimenti ribelli attivi nel Darfur, ad Addis Abeba, in Etiopia. I particolari nel servizio di Dorotea Gambardella:

 

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In base all’accordo con il Programma alimentare mondiale, il primo convoglio giungerà nel Darfur il prossimo mese, attraverso il deserto del Sahara. Ed un carico di farina, proveniente dalla Svizzera, è atteso nel porto libico di Bengasi nei prossimi giorni. Finora i soccorsi arrivavano a Porto Sudan e da lì, via terra, nel Darfur. Si tratta di un percorso molto pericoloso, mediante sentieri di fatto impercorribili in caso di piogge violente, a causa dei numerosi fiumi che costellano il tragitto. Scopo dell’iniziativa assunta da Tripoli, secondo quanto sottolineato dal vice ministro degli Esteri libico, Mohammed Sabala, “è restaurare pace e stabilità nel continente africano”. Nella regione del Sudan nord occidentale, infatti, la crisi determinata dalla guerra civile ha già provocato un milione di sfollati, di cui circa 100 mila in Ciad e molti altri accampati lungo i 600 chilometri di confine. Sul piano politico, i due movimenti ribelli presenti ai colloqui in corso ad Addis Abbeba, hanno posto alle autorità di Khartoum alcune condizioni, tra le quali il disarmo delle milizie arabe ed un’inchiesta internazionale sulle responsabilità del genocidio. Non decollano quindi i negoziati, ai quali partecipano anche rappresentanti di Stati Uniti, Unione Europea e membri della Comunità di Sant’Egidio, e il cui obiettivo sarebbe rafforzare la tregua siglata ad aprile, che di fatto non è mai entrata in vigore.

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I Paesi del sudest asiatico dovrebbero esercitare pressioni maggiori sul regime militare birmano, perché in Myanmar torni la democrazia e venga liberata Aung San Suu Kyi, il premio Nobel per la pace ancora agli arresti domiciliari. Lo ha detto stamani l’inviato dell’ONU, Razali Ismail, ribadendo che “la crisi nell’ex Birmania non potrà essere superata senza l’aiuto degli Stati vicini”.

 

La Corea del Nord ha riconosciuto che parte del suo contestato programma di sviluppo nucleare riveste un carattere militare. Lo sostiene il segretario di Stato, James Kelly, responsabile per l’Asia orientale ed il Pacifico. I coreani – ha dichiarato Kelly - hanno spiegato che volevano conservare un programma nucleare civile, ma hanno anche riconosciuto che la maggior parte dei loro programmi nucleari erano legati agli armamenti.

 

Prima riunione in corso per il governo cambogiano, che ha giurato poche ore fa nel palazzo reale di Phnom Penh. Con il premier, Hun Sen, sono entrate in carica altre 160 persone, fra ministri e funzionari: dal 27 luglio dello scorso anno, infatti, il Paese era senza esecutivo, e da allora non è stata approvata nessuna legge, neppure il bilancio dello Stato.

 

In Italia sembra ricomporsi la frattura politica all’interno della maggioranza che ha portato alla verifica di governo. Nel suo intervento al Consiglio nazionale dell’UDC, che si sta svolgendo a porte chiuse, il segretario Marco Follini ha chiesto al suo partito di continuare la trattativa con il premier e gli alleati per trovare un accordo. Silvio Berlusconi ha parlato ieri di “situazione risolta”, anche se resta il problema di dare risposte alle esigenze che vengono dai singoli partiti e di trovare un nuovo ministro dell’Economia.

 

In Francia l’ex-premier, Alain Juppé, si è dimesso dalla presidenza dell’UMP, il partito di maggioranza. Juppé era a capo del partito di centro-destra dal 17 novembre 2002. Già da qualche mese aveva preannunciato che si sarebbe dimesso dalla carica dopo essere stato condannato a 18 mesi di carcere e a 10 anni di ineleggibilità per lo scandalo dei falsi impieghi al comune di Parigi.

 

 

 

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