RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 198 - Testo della trasmissione di venerdì 16 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il tragico incendio in una scuola
elementare indiana
Prosegue
il ritiro del contingente di Manila dall’Iraq per ottenere il rilascio
dell’ostaggio filippino. Anche la Thailandia annuncia il rimpatrio delle
proprie truppe
La
Libia aprirà un corridoio umanitario nella regione sudanese del Darfur.
16
luglio 2004
IL
PAPA SI RACCOGLIE IN PREGHIERA PER LE PICCOLE VITTIME DELLA
SCUOLA INDIANA NEL TAMIL NADU, DEVASTATA DA
UN INCENDIO:
A
RIFERIRLO, AI NOSTRI MICROFONI, IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA
DELLA
SANTA SEDE, NAVARRO-VALLS
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Giovanni
Paolo II ha accolto con dolore la notizia della strage di decine di bambini,
provocata da un incendio in una scuola indiana del Tamil Nadu. Ai nostri
microfoni, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquin
Navarro-Valls – raggiunto telefonicamente in Valle d’Aosta da Alessandro
Gisotti – sottolinea come questa tragedia abbia segnato la mattinata del Papa,
nel suo penultimo giorno di vacanza a Les Combes:
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R. – Questa tragedia, che coinvolge soprattutto bambini,
ragazzi giovani, l’ha colpito in maniera particolare. Lui ha pregato per loro.
E’ stata una notizia triste che, questa mattina presto, ha voluto conoscere e
noi gliela abbiamo comunicata.
D. – Direttore, quindi ci conferma… una giornata segnata
da questa drammatica notizia, segno che il Papa anche in un periodo di riposo
segue l’attualità con attenzione…
R. – Assolutamente. Non che siano soltanto brutte notizie.
Al Santo Padre arrivano anche le gioie della gente. Arriva in definitiva la
vita così come è.
D. – Questo periodo di riposo ha giovato al Santo Padre,
anche visibilmente…
R. – Ha giovato, grazie a Dio. Si è riposato, è potuto
uscire tutti i giorni. C’è stato anche qualche giorno di pioggia, ma il Santo
Padre ama la natura, naturalmente anche con la pioggia e con il vento. Questa
mattina, il giorno prima della partenza, siamo in un luogo stupendo. Qui il
Santo Padre può vedere la cima del Monte Bianco. E’ una giornata per lui di
contemplazione, di preghiera, di lettura, di riposo.
D. – Quale è l’umore del Papa nell’approssimarsi della
partenza dalla Valle d’Aosta?
R. – E’ in quel commento, per metà scherzoso, ma forse non
tanto, quando diceva alle persone che c’erano intorno: “So che vi dispiacerà
lasciare tutta questa bellezza. Anche a me dispiacerà lasciare tutta questa
bellezza”. E ha aggiunto: “Perché qui veramente si tocca la mano di Dio”. Il Papa
ha avuto l’opportunità in alcune delle uscite di ritornare in posti e luoghi
degli anni precedenti che lui già conosceva, e in posti nuovi pieni di bellezza,
che qui sembrano non finire mai.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina una
tragica notizia dall'India: più di cento bambini sono morti nell'incendio di
una scuola, nello Stato del Tamil Nadu.
Sempre in prima una notizia sui
gravi danni causati dalle alluvioni nell'Asia del Sud.
Nelle vaticane, una pagina, a
cura di Flavio Peloso, sul tema "Cento anni fa i Figli della Divina
Provvidenza a Sant'Anna dei Palafrenieri in Vaticano".
Un articolo dal titolo
"Santa Brigida di Svezia: un grande amore alla Chiesa e all'Europa";
novena in preparazione della ricorrenza della festa, il 23 luglio.
Nelle estere, in evidenza
l'Iraq: aiuti dai Paesi donatori per sostenere il processo di ricostruzione.
Nella pagina culturale, un
articolo di Giovanni Marchi dal titolo "Un teatro ispirato dall'amore e
dalla pietà": cent'anni dalla morte di Anton P. Cechov.
Nelle pagine italiane, un
articolo dal titolo "I cattolici propongono modifiche allo Statuto
regionale umbro": la richiesta di associazioni e movimenti dopo un
documento della Consulta CEU.
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16
luglio 2004
950 ANNI FA IL GRANDE SCISMA D’ORIENTE.
IL
PAPA NELLA “ORIENTALE LUMEN” RIBADISCE:
IL
CAMMINO VERSO L’UNITA’ E’ IRREVERSIBILE.
-
Intervista con padre Marko Ivan Rupnik -
Ricorre
oggi una data triste per la storia della Chiesa: il 16 luglio del 1054, esattamente
950 anni fa, si verificava infatti il cosiddetto grande scisma d’Oriente. I
legati papali deponevano sull’altare di Santa Sofia a Bisanzio il libello di
scomunica contro il Patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario, che a sua
volta quattro giorni dopo scomunicava gli inviati pontifici. Le distanze
liturgiche, teologiche e culturali si erano andate allargando tra Oriente ed
Occidente: incomprensioni, equivoci, diffidenze e gelosie accumulate lungo i
secoli fecero il resto provocando la frattura. Ma cosa accadde 950 anni fa?
Sergio Centofanti lo ha chiesto al teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik direttore
del Centro studi “Aletti” per il dialogo tra Oriente ed Occidente:
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R. – 950 anni fa, spiritualmente parlando, possiamo dire
che è stato compiuto un ‘peccato’, così
come avviene in ogni separazione, in ogni scisma. Non è stato l’unico scisma,
ce ne erano stati tanti, prima. La questione era la giurisdizione su alcune
zone per le quali si era in contesa, ma era necessario trovare ragioni
dogmatiche, teologiche; si trattava di questioni che riguardavano la disciplina
della Chiesa, una questione sull’Eucaristia, il “Filioque” e via dicendo. Però,
fondamentalmente, oggi – a distanza di 950 anni – non è più sostenibile nessuno
di quegli argomenti!
D. – Che cosa rimane, appunto, di quei motivi? Pensiamo,
ad esempio, alla questione del “Filioque” ...
R. – Della questione del “Filioque”, cioè del fatto che lo
Spirito Santo non procede solo dal Padre ma anche dal Figlio, non rimane niente
perché la Chiesa cattolica, con una dichiarazione di qualche anno fa, ha
totalmente risolto la questione che oggi non rappresenta più nessuna difficoltà
con l’Oriente.
D. – Quindi, oggi c’è unità di vedute sulla questione
della processione dello Spirito Santo?
R. – Oggi, da un punto di vista dogmatico, c’è una unità di vedute – come dice il Santo
Padre – cioè, non ci sono cose che ci
separano irrimediabilmente. Oggi, addirittura, di fronte agli eventi che si
susseguono nel mondo, di fronte alla rapidissima evoluzione della cultura,
penso che sia veramente difficile sostenere e trovare qualsiasi motivo che ancora
possa mantenerci “divisi”. Siamo veramente – come diceva il Papa nella Orientale
Lumen – sotto la pressione della carità di Dio affinché facciamo dei passi
per incontrarci, perché solo insieme possiamo indicare il Cristo, il Salvatore
degli uomini e delle donne di oggi. E questa è una pressione davanti alla quale
non ci sono più scuse. Dobbiamo fare di tutto per trovare i punti in comune.
Oggi si tratta di arrivare – come ha annunciato il Vaticano II – al pieno
riconoscimento dell’uno e dell’altro. Si tratta di due grandi tradizioni
apostoliche.
D. – Infatti il Papa, sempre nella Orientale Lumen, dice
che “le parole dell’Occidente hanno bisogno delle parole dell’Oriente, perché
la Parola di Dio manifesti sempre meglio le sue insondabili ricchezze “...
R. – Esattamente. Oggi, noi sentiamo il bisogno l’uno
dell’altro e questo è il segno della nuova Pentecoste. Oggi si sa che dobbiamo
arrivare allo scambio dei doni, proprio per poter essere riconosciuti come
discepoli di Cristo.
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“E’ necessario sempre far verità nella carità. Oggi
sappiamo che l’unità può essere realizzata dall’amore di Dio solo se le Chiese
lo vorranno insieme, nel pieno rispetto delle singole tradizioni e della
necessaria autonomia”. E’ quanto scrive Giovanni Paolo II nella Orientale
Lumen. Ma ripercorriamo con Sergio Centofanti i tratti salienti di questa
lettera apostolica scritta dal Papa nel 1995.
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“Il cammino dell’unità – scrive il Papa - non può conoscere ripensamenti ma è
irreversibile come l’appello del Signore all’unità”: occorre però “compiere
nuovi gesti coraggiosi”. “La nostalgia santa dei secoli vissuti nella piena
comunione della fede e della carità – dice il Papa - ci urge, ci grida i nostri peccati, le nostre reciproche
incomprensioni: noi abbiamo privato il mondo di una testimonianza comune che
forse, avrebbe potuto evitare tanti drammi se non addirittura cambiare il senso
della storia”. Il Pontefice ricorda con gioia l’abrogazione delle reciproche
scomuniche del 1054 voluta da Paolo VI e dal Patriarca Ecumenico Atenagora I.
Poi aggiunge: oggi “abbiamo quasi tutto in comune”. “Presto, molto presto
Cristo… ci conceda di scoprire che in realtà, nonostante tanti secoli di
lontananza, eravamo vicinissimi perché insieme, forse senza saperlo,
camminavamo verso l’unico Signore, e quindi gli uni verso gli altri”.
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UN GRANDE ANIMATORE DEL CONCILIO VATICANO II:
COSI’,
IL CARDINALE ROBERTO TUCCI RICORDA, AI NOSTRI MICROFONI,
LA
FIGURA DEL PORPORATO BELGA, LEO JOZEF SUENENS,
NEL
100.MO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA
- Intervista con il cardinale Roberto Tucci -
Un protagonista assoluto del
Concilio Vaticano II. Ricorre oggi il 100.mo anniversario della nascita, a
Ixelles in Belgio, del cardinale e teologo Leo Jozef Suenens, arcivescovo di
Malines-Bruxelles. Il porporato, che si spense a Bruxelles il 6 maggio 1996, fu
uno dei quattro moderatori del Vaticano II con i cardinali Döpfner, Lercaro e
Agagianian. Sulla figura del cardinale Suenens e il suo ruolo di
spicco durante i lavori conciliari, Alessandro Gisotti ha intervistato il
cardinale Roberto Tucci, che ha conosciuto bene il porporato belga, proprio
durante il Concilio Vaticano II:
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R. – Il cardinale è stato uno dei protagonisti più
importanti del Concilio Vaticano II. Veniva dalla tradizione di Lovanio, dove
erano più attenti ai fermenti di rinnovamento che negli ultimi decenni, prima
del Concilio, si erano affermati nella Chiesa. Aveva intorno a sé una equipe
veramente formidabile. Una sua qualità era quella di sfruttare al meglio la
teologia di Lovanio. Mi sentivo molto vicino a questo gruppo perché di recente
avevo finito teologia a Lovanio stando lì quattro anni.
D. – Quale fu il contributo specifico del cardinale
Suenens al Concilio Vaticano II?
R. – Il cardinale Suenens ebbe una grande importanza nel
periodo preparatorio del Concilio, perché faceva parte della Commissione
centrale preparatoria. Già dal principio del Concilio, nel radiomessaggio che
Papa Giovanni inviò attraverso la Radio Vaticana l’11 settembre del ’62,
parlava della Chiesa ad intra e ad extra, la Chiesa guardata
nella sua costituzione e la Chiesa nel suo rapporto col mondo moderno, e questa
idea gli era venuta da un suggerimento che il cardinal Suenens, su richiesta
del Papa, gli aveva inviato. Bisogna ricordare ancora che il cardinale Suenens
è stato nominato da Paolo VI uno dei quattro moderatori del Concilio, quindi il
suo influsso sul Concilio è stato molto grande, in particolare come
coordinatore delle spinte più rinnovatrici che esistevano allora nel campo
cattolico. Direi che il cardinale Suenens fu un grande animatore del Concilio.
R. –
Dopo il Concilio è stato importante il contributo che ha dato al movimento
neocarismatico d’ispirazione cattolica. Ha cercato di mettere più in rilievo la
funzione dello Spirito Santo nella vita e nella missionarietà della Chiesa.
R. –
Era un uomo di estrema cordialità, un oratore molto bravo, i suoi interventi al
Concilio erano seguiti con grande attenzione da tutti ed erano estremamente
chiari, capaci di
suscitare adesione con una capacità di mediazione tra le idee della corrente
più conservatrice e quella invece più aperta al rinnovamento. Soprattutto ho
notato in lui questa grande capacità di assimilazione e ascolto.
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IL CALENDARIO LITURGICO
RICORDA OGGI LA MADONNA DEL CARMINE.
UN MODELLO DI VITA CRISTIANA PER I CARMELITANI E I
FEDELI NEL MONDO,
UNA GUIDA ECCELLENTE PER LE CIME DELLA SANTITA’
- Intervista con padre Jesús
Castellano -
La Chiesa ricorda oggi la Beata Vergine Maria del
Monte Carmelo, la cui devozione ha una storia di almeno 600 anni ed è ancora
molto diffusa e radicata in diversi Paesi. Alla Madonna del Carmelo, modello
della perfetta consacrazione, rivolgono il proprio amore i Carmelitani, uno
degli Ordini più antichi nella storia della Chiesa. Sulle origini e la storia
della memoria liturgica della Vergine del Carmelo, Barbara Castelli ha raccolto
il commento di padre Jesús
Castellano, carmelitano e docente alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum.
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R. - La
devozione alla Madonna del Carmelo nasce quando i primi carmelitani, all’inizio
del secolo XIII, consacrano la propria vita al Signore Gesù, prendendo come
patrona, sorella e madre la Vergine Maria. A Lei dedicano una piccola chiesa in
una vallata del monte biblico del Carmelo, il monte della preghiera di Elia.
Questa devozione si estende successivamente quando, espulsi dalla Terra Santa,
prima a Cipro e poi in tutte le nazioni d’Europa, i carmelitani portano per le
strade del mondo la loro devozione, carica di affetto e di intimità nei
confronti di una Vergine che loro chiamano non soltanto madre, ma anche
sorella. La festa della Madonna del Carmelo è designata per il 16 luglio perché
in quella data, nel II Concilio di Lione, l’ordine del Carmelo, che rischiava
la soppressione, viene approvato ufficialmente dalla Chiesa: un evento che i
carmelitani riconoscono come segno della protezione speciale di Maria.
D. - Qual è il significato e soprattutto l’attualità della
festa della Madonna del Carmelo, celebrata da tanti fedeli nel mondo?
R. - Penso che sia duplice. Da una parte c’è la pietà
popolare, che ha dato molta importanza a questa Vergine. Donando lo scapolare,
questo piccolo segno che diventa una specie di sacramentale della devozione,
quindi di consacrazione, in qualche modo la Vergine Maria ha assicurato la salvezza
eterna e la visione di Dio. Poi c’è l’altro aspetto, più interiore, più intimo:
come i Santi del Carmelo abbiano visto la Vergine Maria come la Vergine della
contemplazione, del silenzio, Madre spirituale che porta verso la santità.
Avere santi di tale grandezza, come Giovanni della Croce, Teresa d’Avila,
Teresa del Bambino Gesù, o Edith Stein, dice quale sia l’importanza di questa
devozione che ha prodotto nella Chiesa tali frutti di sapienza, di santità e di
influsso perenne per la spiritualità della Chiesa stessa.
D. - Giovanni Paolo II domenica, nel corso dell’Angelus,
ha fatto riferimento a questa occasione. “La Regina
del Monte Carmelo - ha detto - ci aiuti a cogliere nella bellezza del creato un
riflesso della gloria divina e ci incoraggi a tendere con ogni energia verso la
vetta spirituale della santità”. Quale la devozione di Giovanni Paolo II
per la Madonna del Carmelo?
R. - Sappiamo che Giovanni Paolo II, nato a Wadowice, ha avuto fin da piccolo un
intimo rapporto con il Carmelo. In giovane età riceve lo scapolare del Carmine,
che ancora oggi porta, come sappiamo e come lui stesso ha sottolineato in tante
occasioni. Questo rapporto privilegiato con il Carmelo e con i suoi Santi,
quindi, lo rende molto vicino alla Madonna del Carmelo, sia nella pietà dello
scapolare, sia in quella profondità della preghiera. Non dimentichiamo poi il
suo amare Maria come madre e quel sentirsi avvolto dalla sua presenza, dalla
sua maternità. Questo è il senso profondo che il Carmelo ha con la Vergine,
questa intima amicizia, vedere Maria come sorella che ci accompagna nel nostro
viaggio portandoci verso le cime della santità.
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SLITTA IL DECRETO DI MODIFICA ALLA LEGGE
BOSSI-FINI
SULL’IMMIGRAZIONE
DOPO L’INTERVENTO DELLA CONSULTA
-
Intervista con Germano Garatto -
Il
governo italiano adeguerà la legge Bossi-Fini alla sentenza della Corte Costituzionale.
E' quanto affermano, in una dichiarazione congiunta il vicepremier, Gianfranco
Fini e il ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, confermando che sulla questione
"il dibattito e' stato avviato oggi in Consiglio dei Ministri". La Consulta
aveva decretato l’illegittimità della normativa per la parte riguardante
l’espulsione forzata, priva di garanzie di difesa, per l’immigrato clandestino
e così pure il suo arresto in attesa dell’allontanamento. Immediate le reazioni
delle forze politiche alla sentenza: per l’opposizione il parere della Corte
impegna il Parlamento a ripensare l’intera normativa, per la maggioranza
conferma comunque la fondatezza generale della Bossi-Fini. Adriana Masotti ha
chiesto un parere a Germano Garatto, capo ufficio immigrazione della Caritas
italiana.
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R. – Per noi la decisione era in qualche modo scontata,
perché già al momento del dibattimento di questo passaggio della legge appariva
a tutti evidente questa non costituzionalità. L’impossibilità della persona di
potersi spiegare davanti al giudice per vedere se effettivamente il fatto di
non essere partito dopo l’espulsione non fosse dipeso da un motivo come ad
esempio il non avere i mezzi sufficienti, oppure situazioni familiari
particolari nel Paese di origine, o qui addirittura avere dei familiari che
resterebbero senza un aiuto importantissimo per la loro sopravvivenza: tutte
questioni che il giudice dovrebbe poter valutare prima di decidere l’espulsione
forzata.
D. – Obiettivo principale della legge Bossi-Fini è la
lotta alla clandestinità, ma la Caritas italiana ha sempre trovato
controproducente la rigidità della normativa, perché?
R. – Intanto perché essere clandestino non significa
essere un delinquente. Lo dimostra il fatto che l’ultima sanatoria ha trovato
più o meno 700 mila persone che lavoravano e che erano clandestine, e quindi
non erano persone in situazione di delinquenza; seconda cosa è che mentre si
espellono queste persone non si lasciano entrare un numero sufficiente di
immigrati per lavoro, laddove invece la richiesta sarebbe molto grande. Il
fatto di restringere gli ingressi legali non fa che favorire gli ingressi illegali.
D. – L’impressione dell’opinione pubblica, generalmente,
però, è che ci siano troppi immigrati, per poter dare a tutti lavoro, casa ...
come rispondere?
R. – Questa impressione è spesso rafforzata dalle presenze
che sono le più visibili di quella parte di immigrazione che non è riuscita ad
inserirsi, che vive allo sbando, di elemosina o che è caduta nell’alcolismo,
oppure le persone che si prostituiscono ... Queste sono le persone che sono
sulla strada e l’immigrazione sulla strada, che quantitativamente è una
piccolissima parte dell’immigrazione, fa l’immagine di tutta l’immigrazione. E’
chiaro che quell’immigrazione non è quella di cui stiamo parlando: quella è un
fenomeno sociale di marginalità e come tale andrebbe trattato, come tutte le marginalità,
anche le nostrane.
D. – Che cosa la Caritas italiana chiede al governo in
tema di immigrazione?
R. – Innanzitutto, che l’immigrato venga percepito come
persona e quindi un maggior rispetto per queste persone; un rispetto per il
loro progetto migratorio, che è un progetto di miglioramento della vita della
propria famiglia. In secondo luogo, di non farci abbagliare soltanto dagli
arrivi in clandestinità, ma di pensare ai due milioni e mezzo di persone
regolari che abbiamo tra di noi e per la cui integrazione si fa troppo poco.
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16 luglio 2004
DISASTROSO
INCENDIO IN UNA SCUOLA ELEMENTARE INDIANA.
IL BILANCIO ANCORA PROVVISORIO PARLA DI 100 VITTIME
NEW DELHI. = Drammatico
incidente in India. E’ di almeno 100 bambini morti il bilancio, ancora
provvisorio, del furioso incendio divampato in una scuola elementare nello
Stato meridionale del Tamil Nadu. Secondo i primi elementi raccolti dai vigili
del fuoco, le fiamme si sono sviluppate da un forno a legna usato per preparare
i pasti nella mensa della scuola. Numerosi anche i feriti, che ammontano a non
meno di 34, gran parte dei quali versano in condizioni critiche. Al momento
dell’incendio nella scuola erano presenti 500 alunni, prevalentemente bambine,
di età compresa fra i 6 e i 13 anni. Le
vittime sono quasi tutte dell’asilo, che si trovava all’ultimo piano
dell’edificio dal tetto di paglia. Testimoni affermano che la scala che
scendeva dall’asilo al piano terra era troppo piccola per permettere a tutte le
bambine di mettersi in salvo con la fuga. Il primo ministro indiano, Manmohan
Singh, che si è detto scioccato per l’accaduto, ha telefonato al primo ministro
dello Stato del Tamil Nadu esprimendo lo sgomento e le condoglianze del governo
per le famiglie delle vittime. (B.C.)
ULTIME
BATTUTE PER IL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MISSIOLOGIA
“TERTIO
MILLENNIO”, CHE SI CHIUDERA’ DOMANI A KINSHASA
- A cura di padre Joseph Ballong -
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KINSHASA. = Al penultimo giorno,
il Congresso ha affrontato i temi della situazione e dell’evoluzione delle
Pontificie Opere Missionarie con una relazione di padre Galbiati, direttore nazionale
delle POM in Italia; e della spiritualità missionaria e delle prospettive della
cooperazione con gli organismi di sostegno con l’intervento del direttore di “Missio
Aquisgrana”, in Germania, padre Schaluck. Il tema del laicato e
volontariato missionario sarà al centro dei lavori odierni. Durante la giornata
di giovedì è stato affrontato, invece, una questione molto importante: la
formazione degli apostoli e dei missionari ‘ad intra’ e ‘ad extra’ per il XXI
secolo; e infine quello dell’avvenire delle Congregazioni e degli Istituti
missionari. Il Congresso si chiuderà domani, dopo aver adottato delle raccomandazioni
e delle risoluzioni.
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ALTO TASSO DI SUICIDI TRA I SOLDATI ISRAELIANI.
LO RIVELA UN RAPPORTO DEL MINISTERO DELLA DIFESA DI
GERUSALEMME
TEL AVIV. = Nel 2003 il suicidio è stato
la prima causa di mortalità nell’esercito israeliano. E’ quanto emerge da un
rapporto del ministero della Difesa di Gerusalemme, pubblicato ieri dal sito
internet del quotidiano Maariv. Secondo quanto si legge nel documento, lo
scorso anno 43 militari israeliani si sono suicidati, un dato in aumento del 30
per cento rispetto al 2002. Sempre l’anno scorso sono stati, invece, 30 i
soldati israeliani uccisi durante operazioni militari. Il rapporto interno del
ministero, che non fornisce spiegazioni sul fenomeno, parla, inoltre, di altri
15 suicidi registrati nei primi sei mesi del 2004. I soldati israeliani, per la
maggior parte giovani fra i 19 e i 25 anni in servizio di leva per tre anni,
sono spesso impegnati in operazioni militari nei territori palestinesi, con frequenti
scontri con i miliziani dei gruppi armati. (B.C.)
NELLA CONVENZIONE
SIGLATA NEI GIORNI SCORSI,
IL GOVERNO DEL BURKINA FASO SI IMPEGNA A SOSTENERE
LE SCUOLE CATTOLICHE
OUAGADOUGOU. = L’impegno da parte del governo del
Burkina Faso a sostenere le scuole cattoliche di ogni ordine e grado nel Paese
è il senso della convenzione sottoscritta dal ministro della Pubblica
Istruzione e della Ricerca, Laya Sawadogo, e dall’arcivescovo di Ouagadougou,
mons. Jean-Marie Untaani Compaoré. Ne ha dato notizia il quotidiano locale “Sidwaya”,
che precisa come dal canto loro, gli istituti cattolici si siano impegnati ad
offrire un insegnamento di qualità, a rispettare i regolamenti in vigore in
materia di didattica e ad accettare un controllo ministeriale di carattere
pedagogico e finanziario allorquando siano ospitati in edifici di proprietà
statale. La convenzione, quindi, riconosce il carattere di servizio pubblico e
di interesse nazionale della scuola cattolica. Questa, infatti, si legge nel
documento, “favorisce una formazione integrale della persona, attraverso
l’assimilazione sistematica e critica della cultura”. La convenzione segue un
primo protocollo d’intesa siglato il 13 di giugno del 2000. Con quell’accordo
venivano restituite alla Chiesa le scuole elementari confiscate dallo stato del
Burkina Faso nel 1969. “Si tratta di un segno di una nuova era tra Stato e
Chiesa”: ha commentato mons. Wenceslas Compaoré, vescovo di Manga e presidente
della Commissione Episcopale per la Scuola Cattolica. (A.M.)
L’UNIONE
EUROPEA HA ASSICURATO 42 MILIONI DI EURO NELLA LOTTA ALL’AIDS:
CHIUDE
OGGI IN THAILANDIA LA XV CONFERENZA INTERNAZIONALE
SUL
VIRUS DELL’HIV
BANGKOK. = Nessuno “deve
dimenticare i milioni di persone che soffrono a causa dell’Aids”. Alla
cerimonia conclusiva del XV Congresso Internazionale sull’Hiv, Nelson Mandela
ha lanciato una nuovo appello ad unire le forze e ad aumentare le risorse per
la lotta contro il virus, che continua a seminare morte e miseria nel mondo.
Dinanzi a questa tragedia, a volte dimenticata dai grandi del pianeta, la
Commissione dell’Unione Europea ha annunciato un contributo pari a 42 milioni
di euro per il Fondo mondiale. “Proprio grazie a tale apporto - ha sottolineato
una nota del commissario Ue allo sviluppo e gli aiuti umanitari, Poul Nielson -
il Fondo sarà in grado di rafforzare il proprio lavoro di prevenzione, cure e
assistenza”. La Thailandia, intanto, si è unita ai sei Paesi che, su iniziativa
del Brasile, hanno stretto un accordo per produrre medicinali generici nella
lotta contro la diffusione dell’Aids; anche l’India si è detta pronta ad
accogliere questa sfida, mentre stanno per partire i primi programmi
governativi per le terapie. Lo ha assicurato a Bangkok Sonia Gandhi. Cinque le
priorità indicate dal presidente dell’Indian National Congress: evitare
lo stigma e la discriminazione delle persone sieropositive; integrare
prevenzione e terapia; eguaglianza dei diritti per le donne; sforzi più
consistenti da parte della sanità pubblica; lottare contro i pregiudizi. (B.C.)
SEMPRE
DRAMMATICA LA SITUAZIONE IN INDIA, BANGLADESH E NEPAL, DOVE LE PIOGGE
MONSONICHE FINO AD ORA HANNO CAUSATO
350
MORTI E 18 MILIONI DI SENZATETTO
- A cura di Maria Grazia Coggiola -
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NEW DELHI. = Continuano le alluvioni in parte
dell’Asia meridionale, dove sono ormai milioni i senzatetto e centinaia le
vittime. Dopo settimane di piogge e fiumi straripati, la situazione nell’India
del nord-est, in Bangladesh e in Nepal è allarmante, anche perché in molti casi
i soccorsi sono resi difficili dalla mancanza di vie di accesso ai villaggi
inondati. Manca il cibo, l’acqua potabile, comincia a insorgere il rischio di
malattie. Soltanto in Bihar, uno degli Stati più poveri dell’India settentrionale,
sarebbero quattro milioni i senzatetto. In Assam, altro Stato indiano del
nord-est, famoso per la produzione del thé, le autorità hanno detto che
sarebbero 10 milioni le persone colpite dalle inondazioni, iniziate alla fine
di giugno. L’emergenza è ancora più grave in Bangladesh, Paese che ogni anno è
devastato dalle alluvioni: un terzo dei distretti è sott’acqua, la capitale
Dacca finora però non è stata interessata. Per ironia della sorte, l’altra metà
dell’India, quella del nord-ovest, sta invece soffrendo la sete: finora il
monsone è stato avaro di piogge e si teme, soprattutto in Stati come il
Gujarat, granaio dell’India, una crisi idrica come quella del 2002.
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ANCHE SE
EMENDATA, LA LEGGE IN PAKISTAN CONTINUERA’ A PUNIRE LA BLASFEMIA
CON LA PENA CAPITALE. LO HA ANNUNCIATO,
IN QUESTI GIORNI,
IL GOVERNO DI ISLAMABAD
FAISALABAD. = Parziale marcia indietro
del governo pakistano circa la legge sulla blasfemia. Anche se emendato il
provvedimento continuerà a prevedere la pena di morte come condanna, mentre le
annunciate modifiche rimarranno limitate alla procedura e all’applicazione
della norma. Tra esse, la pena capitale anche per chi sostiene accuse false. A
renderlo noto in questi giorni, il ministro federale per gli affari religiosi,
Ejaz ul Haq, il quale ha, tuttavia, ammesso che, negli ultimi 18 anni, si è registrato
un abuso della legge, che troppo spesso viene utilizzata per regolare questioni
private. Dal 1986 ad oggi, infatti, sono stati registrati oltre 4 mila casi di
blasfemia, contro i 7 dal 1927 al 1986. Secondo quanto riferito dall’agenzia di
stampa “Asia News”, per Ismail Qireshi, avvocato della Corte suprema del
Pakistan, il governo non ha il diritto di modificare la legge, che tocca una
materia puramente religiosa. Il provvedimento, inoltre, come spiegato da Qireshi,
è stato approvato da entrambe le Corti e la decisione di una della due di
modificarla autonomamente, significherebbe negare l’autorità dell’altra. (D.G.)
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16
luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq è stato compiuto, stamani, un ennesimo
attacco contro un oleodotto nel nord del Paese. Il gruppo del terrorista
giordano al-Zarqawi ha rivendicato, inoltre, l’omicidio del governatore di
Mosul, Osama Kashmoula, assassinato due giorni fa. Proseguono, intanto, gli
sforzi per ottenere la liberazione dell’ostaggio filippino, Angelo de la Cruz,
sequestrato la scorsa settimana da un gruppo di guerriglieri. In un video
trasmesso da Al Jazeera l’uomo preannuncia la sua imminente liberazione e
ringrazia il governo di Manila per aver iniziato a rimpatriare le proprie
truppe dal Paese arabo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Dieci soldati del contingente inviato da Manila
hanno lasciato l’Iraq alla volta del Kuwait, in vista del rientro nelle
Filippine deciso dalla presidente Gloria Arroyo per soddisfare la richiesta dei
sequestratori. “Il resto dei soldati – ha dichiarato il ministro degli Esteri
filippino – sarà ritirato molto presto”. La Thailandia ha annunciato, inoltre,
l’avvio del rimpatrio dei suoi soldati e ha confermato che l’operazione sarà completata
entro il prossimo 20 settembre, data di scadenza del mandato. Il ritiro delle
truppe dei due Paesi asiatici dallo Stato arabo si aggiunge, dunque, a quelli
già completati delle forze di Spagna, Honduras, Repubblica Dominicana e
Nicaragua. Ed anche l’impresa saudita, per la quale lavora un egiziano
recentemente rapito da un gruppo di miliziani, ha dichiarato di aver terminato
il ritiro come richiesto dai sequestratori. Nel Paese arabo la polizia irachena
ha trovato, intanto, due cadaveri: uno ieri a Mosul, che potrebbe appartenere
all’ostaggio bulgaro ucciso tre giorni fa, ed un altro stamani, anche questo in
tuta arancione, nelle acque del fiume Tigri. Sempre alto, infine, l’allarme
terrorismo: una lettera di minacce contro istituzioni dell’Unione Europea, spedita
da estremisti islamici, è giunta alla sede dell’Onu a New York. E un ultimatum contro l’Italia è stato pubblicato, inoltre,
su un sito internet di Al Qaeda: nel messaggio, scritto in italiano, si preannuncia
un “bagno di sangue simile a quello dell’11 settembre”.
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Dopo il riconoscimento, nel
recente rapporto Butler, dell’infondatezza delle accuse dei servizi segreti
inglesi contro il deposto presidente iracheno, Saddam Hussein, il premier
britannico, Tony Blair, ha perso un seggio in Parlamento. I liberaldemocratici
hanno vinto, infatti, le elezioni suppletive a Leicester, dove il deputato
uscente era laburista. Mantenuto invece, se pure di stretta misura, il seggio a
Birmingham.
Inizia oggi l’esame dell’Assemblea generale dell’Onu sulla
bozza di risoluzione nella quale si chiede ad Israele di uniformarsi alla
sentenza della Corte internazionale smantellando il muro eretto in
Cisgiordania. Il voto sul documento, presentato dall’osservatore palestinese al
Palazzo di Vetro, Naseral-Kidwa, è atteso per la prossima settimana. Ed in
Medio Oriente si deve intanto registrare l’ennesimo raid dell’esercito israeliano
nei Territori: forze dello Stato ebraico hanno ucciso ieri sera ad Hebron, in
Cisgiordania, il capo locale del movimento radicale palestinese Hamas.
Gli
Stati Uniti hanno cancellato 495 milioni di dollari di debito al Pakistan, uno
dei loro principali alleati nella lotta al terrorismo. La notizia viene da
Washington, dove proprio oggi il Senato americano discuterà di un provvedimento
molto controverso: il taglio di oltre 19 miliardi di dollari che
l’amministrazione Bush aveva destinato agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo.
Se approvata, la riduzione comprometterebbe la possibilità di centrare gli obiettivi
di Sviluppo del Millennio, fissati dall’ONU nel 2000.
Il governo libico ha accettato
di aprire un nuovo corridoio umanitario per permettere il rapido passaggio di
aiuti alla regione sudanese del Darfur, teatro da anni di un sanguinoso
conflitto interetnico. Intanto, sono in fase di stallo i negoziati avviati ieri
tra le autorità di Khartoum e i due movimenti ribelli attivi nel Darfur, ad
Addis Abeba, in Etiopia. I particolari nel servizio di Dorotea Gambardella:
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In base all’accordo con il
Programma alimentare mondiale, il primo convoglio giungerà nel Darfur il
prossimo mese, attraverso il deserto del Sahara. Ed un carico di farina,
proveniente dalla Svizzera, è atteso nel porto libico di Bengasi nei prossimi
giorni. Finora i soccorsi arrivavano a Porto Sudan e da lì, via terra, nel
Darfur. Si tratta di un percorso molto pericoloso, mediante sentieri di fatto
impercorribili in caso di piogge violente, a causa dei numerosi fiumi che costellano
il tragitto. Scopo dell’iniziativa assunta da Tripoli, secondo quanto
sottolineato dal vice ministro degli Esteri libico, Mohammed Sabala, “è
restaurare pace e stabilità nel continente africano”. Nella regione del Sudan
nord occidentale, infatti, la crisi determinata dalla guerra civile ha già
provocato un milione di sfollati, di cui circa 100 mila in Ciad e molti altri
accampati lungo i 600 chilometri di confine. Sul piano politico, i due
movimenti ribelli presenti ai colloqui in corso ad Addis Abbeba, hanno posto
alle autorità di Khartoum alcune condizioni, tra le quali il disarmo delle
milizie arabe ed un’inchiesta internazionale sulle responsabilità del genocidio.
Non decollano quindi i negoziati, ai quali partecipano anche rappresentanti di
Stati Uniti, Unione Europea e membri della Comunità di Sant’Egidio, e il cui
obiettivo sarebbe rafforzare la tregua siglata ad aprile, che di fatto non è
mai entrata in vigore.
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I Paesi
del sudest asiatico dovrebbero esercitare pressioni maggiori sul regime
militare birmano, perché in Myanmar torni la democrazia e venga liberata Aung
San Suu Kyi, il premio Nobel per la pace ancora agli arresti domiciliari. Lo ha
detto stamani l’inviato dell’ONU, Razali Ismail, ribadendo che “la crisi
nell’ex Birmania non potrà essere superata senza l’aiuto degli Stati vicini”.
La Corea del Nord ha riconosciuto che parte del suo
contestato programma di sviluppo nucleare riveste un carattere militare. Lo
sostiene il segretario di Stato, James Kelly, responsabile per l’Asia orientale
ed il Pacifico. I coreani – ha dichiarato Kelly - hanno spiegato che volevano
conservare un programma nucleare civile, ma hanno anche riconosciuto che la
maggior parte dei loro programmi nucleari erano legati agli armamenti.
Prima
riunione in corso per il governo cambogiano, che ha giurato poche ore fa nel
palazzo reale di Phnom Penh. Con il premier, Hun Sen, sono entrate in carica
altre 160 persone, fra ministri e funzionari: dal 27 luglio dello scorso anno,
infatti, il Paese era senza esecutivo, e da allora non è stata approvata
nessuna legge, neppure il bilancio dello Stato.
In
Italia sembra ricomporsi la frattura politica all’interno della maggioranza che
ha portato alla verifica di governo. Nel suo intervento al Consiglio nazionale
dell’UDC, che si sta svolgendo a porte chiuse, il segretario Marco Follini ha
chiesto al suo partito di continuare la trattativa con il premier e gli alleati
per trovare un accordo. Silvio Berlusconi ha parlato ieri di “situazione
risolta”, anche se resta il problema di dare risposte alle esigenze che vengono
dai singoli partiti e di trovare un nuovo ministro dell’Economia.
In
Francia l’ex-premier, Alain Juppé, si è
dimesso dalla presidenza dell’UMP, il partito di maggioranza. Juppé era a capo del partito di centro-destra dal 17 novembre
2002. Già da qualche mese aveva preannunciato che si sarebbe dimesso dalla
carica dopo essere stato condannato a 18 mesi di carcere e a 10 anni di ineleggibilità
per lo scandalo dei falsi impieghi al comune di Parigi.
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