RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 197 - Testo della trasmissione di giovedì 15 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Hun Sen nominato premier in Cambogia. Con noi, Emilio Asti
CHIESA E SOCIETA’:
Sorprendente fioritura di vocazioni in Vietnam.
Prosegue in Thailandia la XV
Conferenza internazionale sull’Aids
In Iraq, almeno 13 vittime per due attentati
In Italia, il premier Berlusconi esprime il
proprio ottimismo dopo il dibattito parlamentare di ieri per la verifica di
governo
Si è svolto senza gravi incidenti lo sciopero
generale indetto ieri, in Perù, per chiedere un rapido cambiamento della
politica economica del governo
15 luglio 2004
PROSEGUE IL SOGGIORNO VALDOSTANO DEL PAPA: OGGI
NUOVA
ESCURSIONE
AD ALTA QUOTA, IERI L’INCONTRO CON LE SUORE BENEDETTINE
DEL CONVENTO REGINA PACIS DI SAINT
OYENT
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Ancora una gita ad alta quota per Giovanni Paolo II, che
prosegue il suo periodo di riposo nella località valdostana di Les Combes. Per
conoscere come il Papa ha trascorso queste ultime ore in Valle d’Aosta,
Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Les Combes, l’inviato del
quotidiano Avvenire, Salvatore Mazza:
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R. – Stamattina il Papa ha lasciato lo chalet verso
le 10.30, più o meno, per una nuova escursione. Anche oggi il tempo è molto
bello, per cui si prevede che non torni prima delle 18.30.
D. –
Dopo l’incontro con le suore carmelitane di clausura, ieri il Papa ha visitato
le suore benedettine del Convento Regina Pacis. Quindi, un nuovo incontro,
significativo anche questo per il Papa …
R. –
Sì, perché tra l’altro in questo Convento, vicino a Saint Oyent, ha trovato non
solo le suore ad attenderlo, ma anche i canonici del Gran San Bernardo che lui
era andato a visitare durante uno dei suoi primi soggiorni qui in Valle
d’Aosta. E’ stata una festa: c’erano un centinaio di persone. Noi sappiamo
quanto il Papa sia legato alla vita monastica, quindi sicuramente è stato un
momento per lui molto importante.
D. –
Come è noto, i fedeli della Valle d’Aosta hanno dedicato un museo al Papa, un
piccolo museo. Come si presenta all’occhio dei visitatori … sono aumentati in
questo periodo?
R. –
Il museo è nato da un’iniziativa del sindaco di Introd che, a Les Combes, ha
riadattato uno dei vecchi casolari di questa piccola frazione a museo. E’ molto
interessante perché ci sono non solo cimeli, chiamiamoli così, dei soggiorni
valdostani del Papa, ma anche ricordi dei viaggi internazionali. Ovviamente in
questo periodo è molto visitato. E’ stato aperto da qualche anno e, ormai, il
nome di questo piccolo, ma interessante museo, si è sparso e la gente arriva.
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INCONTRO OGGI IN VATICANO TRA IL MINISTRO
DEGLI ESTERI RUSSO LAVROV
E IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO SODANO
Oggi il
ministro degli Esteri della Federazione Russa,
Sergei Lavrov, ha reso visita in Vaticano al cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. Al
colloquio ha partecipato mons. Giovanni Lajolo, segretario per i rapporti con
gli Stati, e l’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Vitaly Litvin.
Nel
corso dell’incontro – rileva una nota del vice direttore della Sala Stampa vaticana,
padre Ciro Benedettini - vi è stato uno scambio di vedute sui rapporti
bilaterali fra la Santa Sede e la Russia e sulla situazione internazionale, con
particolare riguardo al dialogo fra le culture ed alla collaborazione in seno
alle Organizzazioni internazionali. Si è toccato infine anche il grave problema
della pace in Terra Santa ed in Irak. L’incontro - conclude la nota - ha
permesso di rilevare i cordiali rapporti esistenti fra le Parti e la possibilità
di ulteriori sviluppi.
NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di
ausiliare dell’arcidiocesi di Sydney, in Australia, presentata da mons.
Geoffrey J. Robinson, in conformità ai canoni 411 e 401 § 2 del Codice di
Diritto Canonico.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Nella prima pagina spicca una
successione di foto che illustrano le tappe dell’escursione di Giovanni Paolo
II nella vallata del Gran San Bernardo.
Nelle vaticane, un articolo di
Gianluca Biccini dal titolo “Alla scuola di San Camillo de Lellis per servire
Cristo negli ammalati”: celebrazione del cardinale Giovanni Battista Re
nell’ospedale romano “M. Vannini”; inaugurata la nuova Unità di terapia intensiva
coronarica.
Nelle estere, in evidenza
l’Iraq con un articolo dal titolo “Imperversa la strategia di destabilizzazione”:
sanguinoso attentato dinamitardo a Nord-Ovest di Bagh-dad; assassinati, in
due distinti episodi, il governatore di Mossul e il direttore
generale del ministero dell’industria.
Un articolo di Pierluigi
Natalia dal titolo “Rispetto delle diversità e libertà culturale necessari ad
ogni autentico progresso”: presentato il Rapporto 2004 commissionato dal Programma
dell'Onu per lo sviluppo (Undp).
Nella pagina culturale, un
articolo di Rodolfo Doni su un recente saggio di Vincenzo Arnone in cui
rivivono l’opera e la figura dello scrittore Nicola Lisi.
Nelle pagine italiane, Rai: la
commissione di vigilanza chiede le dimissioni del cda.
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15 luglio 2004
SOSTENERE IL MULTICULTURALISMO E NON
L’ASSIMILAZIONE FORZATA
AL FINE
DI PROMUOVERE LO SVILUPPO. E’ QUANTO INDICA IL 15.MO RAPPORTO
SULLO
SVILUPPO UMANO, PRESENTATO OGGI
DAL
PROGRAMMA DELLE NAZIONI UNITE PER LO SVILUPPO
-
Interviste con Antonio Vigilante e padre Carmine Curci -
La libertà di scegliere la propria identità culturale,
senza per questo dover affrontare discriminazioni, è essenziale ai fini dello
sviluppo umano. È quanto emerge, in sostanza, dal 15.mo Rapporto sullo sviluppo
umano, presentato oggi dalle Nazioni Unite, il cui titolo è “La libertà
culturale in un mondo di diversità”. Ad illustrarci più nel dettaglio i
contenuti dello studio, è Antonio Vigilante, responsabile del Programma
dell’Onu per lo Sviluppo in Egitto, intervistato da Dorotea Gambardella:
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R. – In passato due approcci sono falliti,
quello del differenzialismo e quello dell’assimilazione. Differenzialismo, cioè
creare dei ghetti in cui gli immigrati possano far valere la propria cultura e
l’altro, l’assimilazione, per cui gli immigrati devono conformarsi con la
cultura dominante del luogo dove emigrano. A questi approcci il rapporto
sostituisce il multi-culturalismo che è un’accettazione della diversità e la
gestione possibile di questa diversità. Una delle strategie indicate dal
rapporto è acquisire la consapevolezza che esiste la multipla identità. Forse
non ce ne rendiamo conto, ma ciascuno di noi ha tante identità con ordine di
priorità diverse, certo, ma una persona può essere allo stesso tempo europeo, italiano, napoletano.
D. – Tra gli ostacoli che impediscono la libertà culturale
vi sono i pregiudizi sulla diversità …
R. – Uno è quello che esiste una sola identità possibile,
per cui c’è un livello di difficoltà di interazione umana perché si vede
l’identità come un gioco a somma zero, cioè, si pensa che acquisire una
identità diversa sminuisca l’originale, invece il rapporto dice che da un lato
non c’è contraddizione fra il riconoscimento della diversità e l’unità dello
Stato, ma allo stesso tempo, rispetto alla pace sociale, mette in luce come i
conflitti derivino più dal mancato riconoscimento della diversità culturale,
che dalla diversità in se stessa, e sfata anche il mito della contraddizione
fra la diversità culturale ed il mantenimento della democrazia. Per esempio il
rapporto dice che quando ci sono tradizioni che violano i diritti umani, mettiamo
il caso della circoncisione femminile, non per questo bisogna mantenere a tutti
i costi una tradizione. Più che altro libertà culturale significa scegliere,
non mantenere necessariamente la tradizione storica, allo stesso tempo il mito
secondo il quale c’è un determinismo culturale, per cui certe culture sono più
propense di altre allo sviluppo, viene sfatato dal rapporto per esempio
mostrando il caso della Malesia, un Paese ad alta eterogeneità etnica che
nonostante tutto riesce ad ottenere tra i più elevati tassi di crescita degli
ultimi 20 anni. E l’ultimo mito che il rapporto sfata è che tra certe culture e
democrazia ci sia una contraddizione insita, per esempio fra l’Islam e la
democrazia. Il rapporto dimostra empiricamente che ci sono molti Paesi
musulmani che sono democratici, ed analizza anche proprio i concetti tipici
dell’Islam dimostrando come sia perfettamente compatibile con uno Stato democratico.
D. – Quali sono i Paesi con il più elevato tasso di
sviluppo umano e quali con quello inferiore?
R. – Anche quest’anno il Paese che ha il maggiore sviluppo
umano è la Norvegia. Lo sviluppo umano viene misurato sulla base non solo del
reddito pro capite in termine di potere di acquisto, ma anche in termini di
istruzione, in termini di salute. Fra i Paesi poveri, purtroppo, troviamo
sempre quelli dell’Africa subsahariana: Mali, Burkina Faso, Niger e l’ultimo è
la Sierra Leone. In tutti questi Paesi, il diffondersi dell’Aids ha ridotto
anche a meno di 40 anni la vita media delle persone, rivelandosi la causa
primaria nel declino degli indicatori di sviluppo umano.
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Non dimenticare la Sierra Leone. Questo l’appello
lanciato da mons. George Biguzzi, vescovo saveriano di Makeni, proprio a
seguito della pubblicazione della classifica Onu sullo sviluppo umano che
colloca la Sierra Leone all’ultimo posto, preceduta da altri 18 Paesi africani.
Dopo la guerra civile durata dal ’91 al 2001, “gran parte della popolazione
sierraleonese - ha ricordato mons. Biguzzi all’Agenzia Misna - non ha ancora
accesso all’acqua potabile, all’elettricità, all’istruzione, alle comunicazioni
e in generale ai servizi essenziali”. Ma perché la Sierra Leone risulta il
Paese meno sviluppato al mondo? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Carmine Curci,
direttore della rivista comboniana “Nigrizia”:
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R. – Non dobbiamo dimenticare che è solo da qualche anno
che la Sierra Leone è uscita da un decennio di guerra civile, che ha provocato
la morte di 50 mila persone e centinaia di migliaia di rifugiati e sfollati. Ci
si è quindi trovati di fronte un Paese con tutte le infrastrutture distrutte e
con migliaia di persone senza lavoro. Non è una sorpresa perciò che la Sierra
Leone risulti agli ultimi posti per lo sviluppo. Nello stesso tempo però
dobbiamo riconoscere il cammino lento di ricostruzione del Paese africano, per
quanto riguarda le scuole, le case, le infrastrutture delle zone che fino a
qualche tempo fa erano in mano ai ribelli. All’inizio di giugno, inoltre, ha
cominciato il proprio lavoro la speciale Corte internazionale della Sierra
Leone: sarà questo tribunale ad esaminare i crimini dei 10 anni di guerra e a
condannare i vari responsabili delle violenze.
D. – Ma cosa manca allora alla Sierra Leone per imboccare
la via dello sviluppo?
R. – La comunità internazionale deve essere attenta a ciò
che sta avvenendo nel Paese, con degli aiuti mirati, con un appoggio al governo
di Freetown eletto democraticamente e soprattutto con uno sguardo particolare
al futuro e ai giovani sierraleonesi.
D. – Quale ruolo può svolgere la Chiesa in questo
contesto?
R. – La Chiesa durante i 10 anni di guerra civile è stata
sempre un interlocutore molto attento al ritorno della pace. Ora sta facendo
anzitutto un lavoro di base, quindi di riconciliazione delle persone, delle
famiglie, delle comunità. Nello stesso tempo assistiamo ai tanti progressi
fatti negli ultimi due-tre anni ed i progressi a volte non vengono decisi dai
numeri, ma dai cuori delle persone.
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UN GOVERNO ATTESO UN ANNO: HUN SEN NUOVO PREMIER,
LA
CAMBOGIA SBLOCCA LA PARALISI LEGISLATIVA
-
Intervista con Emilio Asti -
Dopo quasi un anno di crisi politica, la Cambogia ha da
stamattina un nuovo governo. Lo guiderà il 52.enne Hun Sen, votato dal Partito
popolare e dal Funcinpec, le forze politiche che detengono 96 dei 123 seggi
della Camera bassa. Lo stesso Hun Sen, leader del Partito popolare, ha definito
la sua elezione “un atto storico”, perché pone fine alla paralisi legislativa
in atto dalle ultime elezioni. Ma le divisioni politiche non sono ancora finite,
come conferma Emilio Asti, docente alla Royal University di Phnom Penh, intervistato
da Andrea Sarubbi:
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R. – La dirigenza cambogiana è tuttora fortemente divisa,
nonostante l’ordina-mento del Paese sia quello di una monarchia … e sappiamo
bene il ruolo importante - non tanto a livello istituzionale, quanto proprio a livello
d’immagine - svolto dal re, che tuttora costituisce un importante punto di
riferimento. E poi c’è il problema del passato, perché il ricordo dei khmer rossi
è un fantasma ancora incombente. In questo quadro, che appare molto
frammentario e tuttora in fase di evoluzione, speriamo che le varie forze politiche
possano trovare un accordo e mettere da parte i profondi dissidi che tuttora le
dividono. Ricordiamoci che la Cambogia aveva due primi ministri ed è reduce da
un conflitto interno: una guerra civile che aveva contrapposto diversi schieramenti.
Il tutto, all’insegna di una grande precarietà sociale ed economica.
D. – Dal 27 luglio 2003 è passato quasi un anno. In questi
dodici mesi, la Cambogia non ha approvato neppure una legge. Non ha approvato neanche
il bilancio dello Stato, perché non c’era un governo. Che periodo è stato?
R. – È stato un periodo di relativa tranquillità, anche se
il Paese è afflitto da gravi problemi economici e sociali: tra l’altro, una
parte notevole del territorio è ancora minata… La Cambogia sta facendo grossi
sforzi per cercare di uscire da questa condizione. Dopo il suo ingresso
nell’Asean, diversi passi sono stati compiuti in questa direzione: c’è una
maggiore attenzione all’incremento del turismo e, soprattutto, c’è il desiderio
di far uscire il Paese dall’isolamento internazionale. Purtroppo però, al di fuori
delle città, nelle zone rurali, la situazione è ancora tragica. Molte
abitazioni mancano di acqua corrente, i villaggi sono privi dei servizi
fondamentali e quindi il compito che attende il capo del governo è veramente arduo.
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RICORRE
DOMANI IL 950.MO ANNIVERSARIO DEL GRANDE SCISMA D’ORIENTE:
SULL’EVENTO CHE SEGNA LA STORICA FRATTURA TRA ROMA E COSTANTINOPOLI,
LA
RIFLESSIONE DI PADRE EDWARD FARRUGIA,
DOCENTE
DEL PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE
Il 16 luglio 1054 segna l’inizio
del Grande Scisma d’Oriente: quel giorno di 950 anni fa, infatti, sull’altare
di Santa Sofia a Bisanzio, avveniva la deposizione -da parte del legato papale
Umberto da Silvacandida - del libello di scomunica contro il Patriarca di
Costantinopoli, Michele Cerulario. Dal canto suo, pochi giorni dopo, il
Patriarca convocava il sinodo, ritorcendo la scomunica contro i latini. Un
evento drammatico, che ha segnato, come pochi altri, la vita della Chiesa, e le
cui conseguenze sono tuttora profonde, a quasi un millennio di distanza. Per un
giudizio storico e teologico di quell’avvenimento che segna la frattura tra
Roma e Costantinopoli, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Edward Farrugia,
docente del Pontificio Istituto Orientale:
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R. – Storicamente vediamo questa
come l’ultima fase, dove forse poteva esserci la possibilità di ingaggiare un
dialogo, ma è fallita. Tuttavia la rottura non è ancora definitiva.
Teologicamente la cosa che salta agli occhi è la rottura di carità, perché in
fin dei conti gli orientali avevano sempre accettato che il Papa avesse una
posizione preminente.
D. – Quali furono le conseguenze
più profonde nella vita dei cristiani dell’Occi-dente e dell’Oriente derivanti
da quella divisione, scaturita 950 anni fa?
R. – Le conseguenze furono di
varia natura. Anzitutto furono ecclesiologiche. E’ interessante vedere che
quando il Papa Urbano II volle sapere perché non si pregasse per lui durante la
liturgia, 30 anni dopo il 1054, l’imperatore convocò un Sinodo a Costantinopoli,
nel quale non si sapeva perché non pregassero per il Papa ... Quindi, ciò che
accade è un grande raffreddamento nell’amore. Ci sono anche altre conseguenze,
come la voglia di una Crociata per liberare la Terra Santa. Allora gli imperatori
sono indecisi, hanno paura. E poi quando la Quarta Crociata del 1204 finisce
contro Costantinopoli, questa diviene la pagina più brutta dei loro rapporti
con noi. Il Papa di allora disapprova le brutalità. Gli imperatori avevano,
insomma, paura che ci fossero invasioni da parte dei latini, più che non da
parte dei musulmani e questo comprometterà tutto.
D. – Come si è approfondita nel
corso dei secoli questa frattura?
R. – Lo scisma ha fatto sì che lentamente
l’uno percepisse l’altro come diverso. Non dico subito, però, perché c’è chi
considera che la vera rottura ci fu solo nel 1729, quando fu stabilito il
Patriarcato melchita di Antiochia. Come prima conseguenza si ha questo percepire
l’altro diversamente, ma non del tutto diverso. Abbiamo tanti esempi di comunicazione,
ortodossi che invitano gesuiti, cappuccini a confessare durante la Quaresima, e
siamo nel secolo XVII. Ancora una volta la rottura non si è consumata del
tutto.
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LA CHIESA RICORDA OGGI SAN BONAVENTURA,
GRANDE
TEOLOGO FRANCESCANO DEL 1200
Oggi la Chiesa ricorda San Bonaventura, il grande teologo
francescano nato nel 1217 a Bagnoregio in provincia di Viterbo, diventato
ministro generale dell’Ordine e poi creato cardinale e vescovo di Albano. Morì
nel 1274 durante il secondo Concilio di Lione. Ma su quali basi si fonda la sua
teologia? Sergio Centofanti lo ha chiesto al padre francescano Giovanni
Iammarrone, professore di teologia e spiritualità presso la Pontificia Facoltà
San Bonaventura di Roma.
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R. – Bonaventura è un teologo con un’anima profondamente
mistica. Tutto per lui è a servizio dell’approfondimento dell’esperienza della
vita di fede. Bonaventura fondamentalmente è un’anima francescana, nel senso
che Dio è tutto per l’uomo, l’uomo viene da Dio, deve tornare a Dio e ci torna
attraverso la mediazione del Verbo fatto carne e crocifisso. E lui,
Bonaventura, vede l’esperienza mistica vissuta in profondità, un’unione contemplativa
affettiva con Dio, Bene Supremo che per Bonaventura è già una specie di anticipazione
dell’esperienza intima della comunione con Dio nel Paradiso.
D. – Ecco, che cosa ha portato di nuovo San Bonaventura
alla Chiesa?
R. – Che cosa ha portato? Fondamentalmente l’esperienza
francescana dell’amo-re di Dio sia sul piano della riflessione teologica che su
quello della riflessione mistica, e la centralità di Cristo ed il Cristo
crocifisso come espressione più alta dell’amore di Dio che deve essere sempre
davanti a noi come modello e stimolo perché noi possiamo riamare, corrispondere
all’amore di Dio e consegnarci all’amore di Dio con quella totalità che il
Cristo ci manifesta appunto quando lo contempliamo nel mistero della sua Croce.
Credo che anche oggi possa dire molte cose valide, utili ai cristiani. Noi
sappiamo che oggi si va in cerca di tante esperienze mistiche anche al di fuori
dell’ambiente cristiano, si ricerca piuttosto una mistica di fusione, ci si
vuol sentire fusi nel divino. Ecco, Bonaventura ci viene incontro dicendo che
la nostra vocazione è più alta e più profonda, è proprio quella dell’unione nostra
con Dio già in questa vita affettiva, principalmente, però un’unione che non è
fusione, non è illusione di fonderci o di sentirci Dio, ma una mistica di
comunione che rispetta l’alterità di Dio, rispetta l’alterità dell’uomo e vede
nella intima unione tra Dio e l’uomo, l’anima e Dio, la vocazione più alta che
l’uomo possa avere su questa terra e per l’eternità.
D. – San Bonaventura diceva “non basta l’indagine senza la
meraviglia, non basta la scienza senza la carità, non basta l’intelligenza
senza l’umiltà” …
R. – San Bonaventura è consapevole profondamente che tutto
il mistero dell’e-sperienza cristiana è un dono che viene da Dio, è un dono
dello Spirito Santo, perché lui è consapevole che è Dio che ha l’iniziativa,
tutto ciò che siamo viene da Dio che attende che noi ci lasciamo coinvolgere e
attirare, in qualche modo afferrare, dall’iniziativa divina.
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15 luglio 2004
NELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO PROSEGUONO I LAVORI
DEL
CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MISSIOLOGIA “TERTIO MILLENNIO”.
L’INCONTRO
SI CHIUDERA’ IL PROSSIMO 17 LUGLIO
- A
cura di padre Joseph Ballong -
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KINSHASA. = I lavori del Congresso proseguono oggi sulle
sfide della missione e le vie della ricerca teologica in Africa. La prima
seduta plenaria di giovedì è cominciata con la lettura del messaggio del
prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei
Sacramenti, il cardinale Francis Arinze. Nel suo messaggio, letto da un
delegato del dicastero, il cardinale Arinze propone alcune riflessioni su due
temi: la promozione del culto divino, specialmente del culto eucaristico, e
l’inculturazione della liturgia. Dopo aver richiamato le recenti pubblicazioni
del magistero, che danno orientamenti e direttive sulla celebrazione e il culto
dell’Eucaristia, il porporato riafferma, secondo l’enciclica Ecclesia de
Eucaristia, che la Liturgia non è proprietà di nessuno, né del celebrante,
né della comunità in cui i misteri sono celebrati. Il cardinale Arinze
sottolinea anche l’importanza del culto eucaristico nell’attività missionaria e
del sacramento della riconciliazione, di cui il sacerdote deve essere il primo
convinto. Parlando dell’inculturazione della liturgia ne ribadisce
l’importanza, l’urgenza e le esigenze. Per il cardinale Arinze, il radicamento
della Liturgia nelle diverse culture è un compito importante per il
rinnovamento liturgico. “L’accoglienza dei valori culturali - ricorda il porporato
- deve però farsi in armonia con gli aspetti del vero spirito liturgico, nel rispetto
dell’unità del rito romano espresso nei libri liturgici”.
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SEGNI
DI SPERANZA PER LA CHIESA IN VIETNAM.
IL
GOVERNO HA AUTORIZZATO L’ISCRIZIONE DI 90 NUOVI STUDENTI
AL
SEMINARIO MAGGIORE DI SAN GIUSEPPE DI HANOI
HANOI. = Sorprendente fioritura di vocazioni in
Vietnam. Per il prossimo anno accademico 2004-2005, il governo ha autorizzato
il seminario maggiore di San Giuseppe di Hanoi a reclutare 90 nuovi studenti
dalle otto diocesi del nord del Paese. Per mons. Joseph Ngô Quang Kiêt, vescovo
di Lang Son e attuale amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Hanoi,
l’autorizzazione rappresenta un importante segnale di speranza per la Chiesa
nel Nord Vietnam, da decenni alle prese con una cronica carenza di sacerdoti.
La nuova classe è in effetti la più grande mai avuta dal seminario da quando ha
riaperto i battenti nel 1989. In passato veniva autorizzata l’iscrizione di un
massimo di 60 nuovi seminaristi ogni due anni. Attualmente il numero dei
sacerdoti nella maggior parte delle otto diocesi nord-vietnamite riesce appena
a coprire un terzo del fabbisogno. Ad Hanoi, ad esempio, ogni parroco deve assistere
in media 5-10mila fedeli. (L.Z.)
“DONNE DEL VANGELO PER LA MISSIONE AD GENTES
OGGI”:
E’ IL TEMA CHE ACCOMPAGNERA’ IL XVIII CAPITOLO
GENERALE
DELLE MISSIONARIE COMBONIANE. L’INCONTRO SI
SVOLGERA’ A ROMA
TRA IL 22 AGOSTO E IL 30 SETTEMBRE
ROMA. = Ricercare risposte nuove,
coraggiose e audaci alle sfide dell’evan-gelizzazione. E’ l’obiettivo che
sottende il prossimo Capitolo generale delle Missionarie Comboniane, che si
celebrerà a Roma dal 22 agosto al 30 settembre prossimi, sul tema “Donne del Vangelo
per la Missione ad gentes oggi”. L’incontro rappresenterà per le figlie
spirituali di San Daniele Comboni l’occasione per fare una valutazione attenta
sull’impegno per l’evangelizzazione e di rilanciarsi per le strade di un mondo
in rapida evoluzione, dove il 75 per cento dell’umanità non conosce ancora Gesù
Cristo e nel quale, insieme a segni di luce e di speranza, persistono gravi
situazioni di ingiustizia e oppressione. Al Capitolo prenderanno parte 64
religiose, di cui 24 sono membri di diritto (la Superiora generale, le quattro
Consigliere generali e le 19 Superiore provinciali) e le altre 40 sono delegate
elette. “Il XVIII Capitolo generale è un nuovo dono che Comboni vuole fare alla
nostra Congregazione – scrive la Superiora generale, madre Adele Brambilla,
nella lettera di indizione dell’incontro – vuole farci ritrovare la freschezza
di un carisma, vuole farci sperimentare la forza trasformante del mandato che
ne deriva e che permette alla sua passione di manifestarsi con intensità
rinnovata. Comboni non potrà abbandonarci. Egli prega per noi e con noi”.
(B.C.)
SEMPRE ALTA LA TENSIONE IN COLOMBIA E LA CHIESA
ESORTA GOVERNO
E RIBELLI A IMBOCCARE LA VIA DEL DIALOGO. “LA PACE
NON SI OTTIENE
GRATUITAMENTE - AMMONISCONO I VESCOVI DI
SONSON-RIONEGRO –
MA E’ FRUTTO DI UNO SFORZO COMUNE”
BOGOTA’. = “L’assassinio di sette contadini indifesi
ad opera di gruppi armati ci obbliga non solo a condannare l’orrendo crimine
commesso, ma anche a chiedere l’esclusione dalla società di chi si è macchiato
di tale efferato delitto”. I vescovi della diocesi di Sonson-Rionegro, guidati
da mons. Ricardo Antonio Tobón Restrepo, affidano ad un comunicato stampa dai
toni molto forti il loro “profondo dolore” per quanto accaduto sabato scorso
nel comune di San Carlos. “Si tratta di un episodio tutt’altro che isolato e
che va ad aggiungersi a ulteriori massacri e deportazioni verificatesi
soprattutto negli ultimi due mesi. Si parla insistentemente di pressioni dei
gruppi armati, anche se all’opinione pubblica non sono stati forniti dettagli
precisi. L’unica cosa di cui siamo certi - scrivono i presuli - è che serpeggia
un clima di angoscia e di terrore tra la gente”. “Come servitori dell’uomo -
aggiungono - siamo chiamati a difendere la dignità dell’uomo e i suoi diritti fondamentali.
Soprattutto quello alla vita e alla libertà”. I vescovi si appellano, inoltre,
alle autorità e alla società civile affinché si adoperi per una “soluzione
immediata che porti al ripristino di un clima di convivenza serena e pacifica”.
I vescovi, infine, chiamano in causa anche i guerriglieri. “Il mondo condannerà
sempre gli atti terroristici - ammoniscono - qualificandoli come il peggior
modo per ottenere ragione. Comunque, sarete chiamati a rispondere davanti alla
storia e soprattutto dinanzi a Dio per tanto sangue e tante lacrime”. (D.D.)
PROSEGUE IN THAILANDIA LA XV CONFERENZA
INTERNAZIONALE SULL’AIDS.
IN MATTINATA E’ INTERVENUTO L’EX PRESIDENTE
SUDAFRICANO NELSON MANDELA,
CHE HA FOCALIZZATO L’ATTENZIONE SULLA LOTTA ALLA
TUBERCOLOSI.
"LA TBC - HA DETTO - E’ TROPPO SPESSO UNA
SENTENZA DI MORTE
PER LE PERSONE AFFETTE DALL’HIV”
BANGKOK. = La lotta all’Aids può
essere vinta solo con concrete alleanze. E’ l’appello che emerge dal congresso
mondiale in corso di Bangkok: dopo l’ottimismo degli anni passati, oggi ci si
chiede perché tanti sforzi siano falliti e perché, solo nell’ultimo anno, ci
siano stati altri 6 milioni di morti e 8 milioni di nuove infezioni. “Adesso è
necessario mettersi tutti insieme attorno a un tavolo”: ha detto il virologo
Stefano Vella, membro del comitato scientifico del Fondo Globale per la lotta
contro Aids, malaria e tubercolosi. “Nel Fondo Globale - ha osservato - molti
donatori lavorano su propri canali e a volte preferiscono instaurare collaborazioni
bilaterali, con la conseguenza che molti donatori non sanno che cosa fanno gli
altri e si corre il rischio di duplicare le iniziative”. Dopo aver acceso i
riflettori sul dramma dei bambini, si parla di 25 milioni di orfani da Aids nel
2010, dal palco dell’incontro mondiale gli studiosi hanno parlato anche di un
altro fronte di emergenza, quello delle donne e delle ragazze. Le donne contagiate
dall’Hiv o in malattia conclamata, infatti, sono in continuo aumento: secondo
le statistiche Unaids, sono passate dal 41 per cento del ‘97 al 48 per cento
del 2003. Un trend particolarmente evidente nell’Africa sub-sahariana, dove le
donne rappresentano il 60% dei sieropositivi. (B.C.)
IN CINA 30 MILIONI DI UOMINI RISCHIANO DI NON SPOSARSI
PER LA
PENURIA DI DONNE. È L’ALLARME LANCIATO DAL GOVERNO
PER
PREVENIRE UN GRAVE PROBLEMA SOCIALE. LA MANCANZA DI DONNE
E’
CAUSATA DAI DRAMMATICI FENOMENI DEGLI ABORTI DEI FETI DI SESSO FEMMINILE
E
DEGLI INFANTICIDI DELLE BAMBINE
PECHINO. = Rischiano di restare
celibi circa 30 milioni di uomini cinesi a causa della penuria delle donne,
dovuta all’aborto selettivo dei feti di sesso femminile e all’infanticidio
delle bambine. A lanciare l’allarme è il governo, per prevenire un grave
problema sociale. Secondo i dati riportati dal quotidiano
di Hong Kong, “South China Morning Post”, in base al censimento del
2000, in Cina vi sono 120 maschi ogni 100 femmine. Dati in controtendenza
rispetto alla media mondiale che è di 100 femmine contro 107 maschi. Il
notevole sbilanciamento in favore dei maschi che si registra nel Paese asiatico
è dovuto alla politica del figlio unico imposta dall’esecutivo, che spinge le
coppie ad eliminare le figlie femmine o a non registrarle alla nascita. Ma
questi fattori culturali spiegano soltanto in parte il fenomeno, dovuto anche a
ragioni pratiche: soprattutto nelle zone rurali, la femmina è meno utile alla
famiglia perché più fragile per il duro lavoro dei campi, per cui è considerata
solo un onere economico. Ciò determina una discriminazione delle bambine anche
nella cura da parte dei genitori, che privilegiano i maschi nell’alimentazione,
nell’assistenza sanitaria e nell’istruzione. Il diritto ad andare a scuola è,
comunque, precluso alle ragazzine che non vengono registrate alla nascita e
questo costituisce una delle ragioni primarie della loro futura discriminazione
sociale, che le condurrà, da adulte, ad una vita di stenti, alla subordinazione
al marito, alla mancanza di opportunità lavorative, allo sfruttamento e,
spesso, anche alla prostituzione. Un’altra drammatica usanza è l’abbandono
delle bambine. Secondo gli esperti, ogni anno in Cina vengono abbandonate tra
le 20 mila e le 100 mila bambine. Tra le più gravi ripercussioni sociali della
discriminazione sessuale nel Paese vi è il traffico di esseri umani. Sempre più
uomini, infatti, per poter contrarre matrimonio ricorrono alla tratta
femminile, privilegian-do minorenni vendute da famiglie indigenti, in larga
parte nordcoreane. (D.G.)
CONFERITA LA GRAN CROCE ALL’ABBE’ PIERRE,
FONDATORE DELLA COMUNITA’ DI EMMAUS.
IL RICONOSCIMENTO IERI IN FRANCIA DURANTE LE
CELEBRAZIONI
PER LA PRESA DELLA BASTIGLIA
PARIGI.
= Ennesimo riconoscimento per l’abbé Pierre, fondatore della Comunità
di Emmaus, una realtà
che ha ridato speranza e dignità a migliaia e migliaia di emarginati in tutto
il mondo, con 350 comunità in 35 nazioni diverse. Il
religioso francese è stato insignito
ieri della Gran Croce della
Legione d’onore, in occasione delle celebrazioni per la presa della Bastiglia. L’amore dell’Abbé Pierre per gli
uomini è profondo e si accompagna ad una continua rivendicazione di giustizia:
ogni azione della sua vita è stata sempre finalizzata alla difesa dei più
deboli (gli ebrei, gli obiettori di coscienza, i senza tetto, i poveri, gli
emarginati). Nasce a Lione nel 1912 da famiglia benestante. Studia nel collegio
dei Gesuiti. A 16 anni, illuminato dall’esempio di San Francesco, decide di
diventare cappuccino e a 19 entra nel convento dei cappuccini di Lione, dove
trascorrerà sette anni di intensa preparazione. Nel 1938 è ordinato sacerdote e
lascia la vita monastica per motivi di salute. Durante l’occupazione nazista
della Francia entra a far parte della Resistenza e riesce a mettere in salvo un
gran numero di ebrei, scortandoli personalmente oltre le Alpi e i Pirenei.
Eletto deputato dell’Assemblea Costituente nel 1946; nel ‘49 presenta un disegno
di legge a tutela degli obiettori di coscienza, che, in seguito, viene
approvato. Nel ’51 lascia il Parlamento per protestare contro una legge
elettorale truffa e decide di dedicarsi interamente al Movimento di Emmaus. Nel
1949, infatti, aveva acquistato una grande casa, adibendola ad ostello per la
gioventù. In breve l’ostello è pieno di gente in difficoltà. È in quel momento
che incontra Georges, un ex-ergastolano graziato per buona condotta che aveva
tentato il suicidio e voleva riprovarci: insieme, fanno nascere Emmaus. E’ solo
il primo passo di una grande testimonianza che avrà modo di farsi strada nel
mondo. (B.C.)
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15
luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq continua a non spezzarsi il
drammatico intreccio di minacce e violenze. Dopo la decapitazione di uno dei
due cittadini bulgari sequestrati dalla guerriglia, il terrorista giordano Al
Zarqawi ha chiesto, in cambio del rilascio dell’altro ostaggio, la liberazione
“delle prigioniere” detenute dalle forze statunitensi nel Paese arabo. Sul
terreno si deve registrare, inoltre, un’ennesima ondata di violenze. Ce ne
parla Amedeo Lomonaco:
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Almeno dieci persone sono morte, questa
mattina, in seguito ad un lancio di razzi contro il principale commissariato di
Haditha, cittadina a nord-ovest di Baghdad. Quasi contemporaneamente, tre
attentatori sono deceduti a Kerbala per l’esplosione di una bomba nei pressi di
una base militare dove sono di stanza truppe bulgare. Quattro membri della
stessa famiglia, tra i quali tre bambini, sono stati uccisi, inoltre, da un
ordigno lanciato contro la loro casa a Kirkuk, città dove il sabotaggio
dell’oleodotto che collega l’Iraq alla Turchia ha provocato, stamani,
l’interruzione delle esportazioni di greggio. In questa drammatica spirale di
odio si deve anche aggiungere l’agguato costato la vita, ieri, al governatore
di Mosul, Yussof Kashmula, raggiunto da colpi di arma da fuoco mentre si trovava
in viaggio verso Baghdad. Nel Paese, dove più di mille persone sono scese in
piazza nella capitale per manifestare contro il terrorismo e chiedere la
condanna a morte per Saddam Hussein, proseguono intanto le operazioni della
polizia: il premier iracheno, Iyad Allawi, ha dichiarato che, questa settimana,
sono stati arrestati importanti membri della rete di Al Qaeda. Allawi ha aggiunto che i detenuti hanno
iniziato a collaborare pienamente con gli investigatori. Una società saudita ha
annunciato, infine, di essere pronta a lasciare il Paese, come richiesto da un
gruppo di rapitori, per salvare la vita del proprio dipendente egiziano preso
in ostaggio la scorsa settimana.
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In Gran Bretagna, intanto, si continua a discutere sul rapporto di
Lord Butler, che ha ammesso gli errori dell’intelligence sulla guerra in Iraq.
Saddam Hussein “non possedeva armi
chimiche o biologiche in grado di essere impiegate, né aveva sviluppato piani
per il loro utilizzo”. Da Londra, Sagida Syed:
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Responsabilità di tutti, colpa di nessuno.
L’attesa inchiesta di Lord Butler ha giudicato i dati sulle armi di distruzione
di massa di Saddam Hussein, in possesso dell’intelligence inglese, impropri ed
esagerati. Nessuno è stato però incolpato e nessuno dovrà dare le dimissioni.
Il dossier del settembre 2002, con il quale l’ufficio del primo ministro
dichiarava che Saddam Hussein avrebbe potuto attaccare il Regno Unito in tre
quarti d’ora, fu dunque un’esagerazione per giustificare la guerra. Tony Blair,
parlando alle Camere subito dopo la pubblicazione dell’inchiesta, ha ammesso la
possibile inesistenza delle armi di distruzione di massa in Iraq, ma ha
fortemente difeso il proprio operato. Sereno e battagliero ha dichiarato che
non sono state dette bugie, né sono stati ritoccati i dossier dei servizi
segreti. L’opposizione ha accusato l’inchiesta di essere di parte, ma Blair per
ora sembra essere riuscito a superare l’ennesima crisi.
Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.
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Nuova operazione militare israeliana in Cisgiordania. L’esercito
ha arrestato almeno 18 sospetti estremisti palestinesi, tra cui due giovani
donne fermate nel campo profughi di Jenin. Gli stessi militari hanno diramato
un allarme su possibili rapimenti ai danni di cittadini dello Stato ebraico. Al
Palazzo di vetro, intanto, sembra ormai chiarito il dissidio tra i
rappresentanti palestinesi e l’inviato dell’Onu, Terje Roed-Larsen, che l’Anp
aveva giudicato “persona non grata” dopo le sue critiche ad Arafat. I
palestinesi hanno fatto marcia indietro.
In Italia, la delicata verifica all’interno della maggioranza di
governo ha fatto ieri tappa in Parlamento. Davanti a Camera e Senato, il
premier Berlusconi si è mostrato ottimista: la Casa delle Libertà – ha detto –
ritroverà la coesione e si presenterà unita anche alle elezioni politiche del
2006. Questa mattina, inoltre, il primo ministro ha avuto un incontro, al quale
ha partecipato anche il vicepremier Gianfranco Fini, con il segretario
dell’UDC, Marco Follini. Sulla situazione politica italiana, ci riferisce
Giampiero Guadagni:
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Adesso si può ripartire. E’ un Berlusconi
ottimista quello che ha affrontato il dibattito parlamentare, al termine di una
delicata verifica con gli alleati. Dal premier una mano tesa all’UDC, con l’apertura
alla riforma del sistema elettorale in senso proporzionale, purché rafforzi il
maggioritario. Alla Lega l’assicurazione che la riforma federalista sarà
approvata entro settembre. Quanto alle tasse, saranno ridotte, ma tenendo
presente le indicazioni di Alleanza Nazionale. Berlusconi aggiunge: i conti
pubblici sono apposto, l’interim all’economia durerà il tempo necessario a
trovare una personalità adatta, infine, ci sarà un ampio confronto con le parti
sociali. L’intervento di Berlusconi è stato duramente attaccato dalle opposizioni,
che ormai chiedono esplicitamente la crisi di governo. Quanto alla maggioranza,
il vice premier Fini sollecita tutti i leader della Casa delle Libertà ad entrare
nel governo. Il segretario UDC, Follini, sottolinea: “Non passeremo mai
dall’altra parte, ma non rinunceremo, se occorre, ad un ruolo critico”. Ma per
la Lega, Follini teorizza così un diritto dell’UDC alle mani libere; la
tensione tra i due partiti è aumentata con il voto in commissione vigilanza
Rai, che ha approvato una mozione presentata dall’UDC e sostenuta dal centro
sinistra. La mozione prevede il rinnovo dei vertici dell’azienda entro il
prossimo 30 settembre.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Restiamo in Italia. La legge Bossi-Fini sull’immigrazione è
parzialmente illegittima. Lo ha dichiarato stamattina la Corte Costituzionale.
Secondo i giudici, è illegittimo che l’immigrato possa essere espulso, dopo
essere comparso davanti al giudice per la convalida del provvedimento, senza contraddittorio
e garanzie di difesa. Incostituzionale anche il passaggio nel quale si prevede
l’arresto obbligatorio per lo straniero che abbia violato l’ordine di
allontanamento dall’Italia entro 5 giorni.
Un’assemblea costituente ed un maggiore
sforzo per favorire l’occupazio-ne. Sono queste le principali richieste emerse
al termine dello sciopero generale, svoltosi ieri in Perú. La protesta è stata
indetta dalla Confederazione generale dei lavoratori contro la politica economica
del presidente Alejandro Toledo. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Dopo 5 anni, dall’epoca cioè in cui guidava il
Paese Alberto Fujimori, ora in esilio, i peruviani sono tornati nelle strade
per uno sciopero generale e per chiedere un cambiamento della politica
economica del governo. Grande imputato è Alejandro Toledo, presidente che ha
visto negli ultimi tempi cadere la sua popolarità fino al minimo storico del 5
per cento. Il fatto è che nonostante le promesse realizzate al momento di
assumere il potere tre anni fa, il capo dello Stato non ha potuto generare
crescita ed occupazione, dovendo anzi rimaneggiare continuamente il suo governo
a causa degli scarsi risultati socio-economici ottenuti e degli scandali che
hanno coinvolto vari ministri. Nonostante i timori della vigilia, comunque, la
giornata è trascorsa senza incidenti gravissimi, con pochi feriti o fermati
dalle forze dell’ordine. Governo e sindacati hanno fornito alla fine un
bilancio diametralmente opposto dell’andamento della protesta. Secondo il
premier Carlos Ferrero, infatti, lo sciopero è stato un fallimento ed i
peruviani – ha assicurato – hanno lavorato normalmente. Ma per il presidente
della Confederazione generale dei lavoratori e per il principale leader
dell’opposizione, l’ex presidente social-democratico Alan García, lo sciopero è
riuscito con un blocco del 70 per cento del Paese.
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Ripartono da Addis Abeba, in Etiopia, i
negoziati per promuovere la pace nel Darfur, la regione nord-occidentale del
Sudan teatro di violenti scontri che hanno causato almeno 30 mila morti ed
oltre un milione di sfollati. Il presidente degli Stati Uniti Bush, intanto, ha
chiesto alle Nazioni Unite la messa a punto di una risoluzione che sanzioni i
leader delle milizie.
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