RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 197 - Testo della trasmissione di giovedì 15 luglio 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Prosegue il soggiorno valdostano del Papa: oggi nuova escursione ad alta quota, ieri l’incontro con le suore benedettine del convento Regina Pacis di Saint Oyent. Intervista con Salvatore Mazza

 

Stamane in Vaticano il ministro degli Esteri russo Lavrov ha incontrato il cardinale Sodano e mons. Lajolo.                

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sostenere il multiculturalismo e non l’assimilazione forzata al fine di promuovere lo sviluppo. E’ quanto indica il 15.mo rapporto ONU sullo sviluppo umano. Interviste con Antonio Vigilante e padre Carmine Curci

 

Hun Sen nominato premier in Cambogia. Con noi, Emilio Asti

 

La Chiesa ricorda oggi San Bonaventura, grande teologo francescano del 1200. Intervista con padre Giovanni Iammarrone

 

Ricorre domani il 950.mo anniversario del grande scisma d’Oriente. Ce ne parla padre Edward Farrugia.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nella Repubblica democratica del Congo proseguono i lavori del Congresso internazionale di missiologia “Tertio millennio”

 

Sorprendente fioritura di vocazioni in Vietnam.

 

“Donne del Vangelo per la missione ad gentes oggi”: è il tema che accompagnerà il XVIII  Capitolo generale delle missionarie comboniane che si svolgerà a Roma tra il 22 agosto e il 30 settembre

 

Sempre alta la tensione in Colombia. La Chiesa esorta governo e ribelli ad imboccare la via del dialogo

 

Prosegue in Thailandia la XV Conferenza internazionale sull’Aids

 

In Cina 30 milioni di uomini rischiano di non sposarsi per la penuria di donne dovuto agli aborti selettivi.  

 

Gran Croce per l’abbé Pierre, fondatore della Comunità di Emmaus. Il riconoscimento è stato conferito ieri in Francia durante le celebrazioni per la presa della Bastiglia.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, almeno 13 vittime per due attentati

 

In Italia, il premier Berlusconi esprime il proprio ottimismo dopo il dibattito parlamentare di ieri per la verifica di governo

 

Si è svolto senza gravi incidenti lo sciopero generale indetto ieri, in Perù, per chiedere un rapido cambiamento della politica economica del governo

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 luglio 2004

 

 

PROSEGUE IL SOGGIORNO VALDOSTANO DEL PAPA: OGGI NUOVA

ESCURSIONE AD ALTA QUOTA, IERI L’INCONTRO CON LE SUORE BENEDETTINE

 DEL CONVENTO REGINA PACIS DI SAINT OYENT

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Ancora una gita ad alta quota per Giovanni Paolo II, che prosegue il suo periodo di riposo nella località valdostana di Les Combes. Per conoscere come il Papa ha trascorso queste ultime ore in Valle d’Aosta, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Les Combes, l’inviato del quotidiano Avvenire, Salvatore Mazza:

 

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R. – Stamattina il Papa ha lasciato lo chalet verso le 10.30, più o meno, per una nuova escursione. Anche oggi il tempo è molto bello, per cui si prevede che non torni prima delle 18.30.

 

D. – Dopo l’incontro con le suore carmelitane di clausura, ieri il Papa ha visitato le suore benedettine del Convento Regina Pacis. Quindi, un nuovo incontro, significativo anche questo per il Papa …

 

R. – Sì, perché tra l’altro in questo Convento, vicino a Saint Oyent, ha trovato non solo le suore ad attenderlo, ma anche i canonici del Gran San Bernardo che lui era andato a visitare durante uno dei suoi primi soggiorni qui in Valle d’Aosta. E’ stata una festa: c’erano un centinaio di persone. Noi sappiamo quanto il Papa sia legato alla vita monastica, quindi sicuramente è stato un momento per lui molto importante.

 

D. – Come è noto, i fedeli della Valle d’Aosta hanno dedicato un museo al Papa, un piccolo museo. Come si presenta all’occhio dei visitatori … sono aumentati in questo periodo?

 

R. – Il museo è nato da un’iniziativa del sindaco di Introd che, a Les Combes, ha riadattato uno dei vecchi casolari di questa piccola frazione a museo. E’ molto interessante perché ci sono non solo cimeli, chiamiamoli così, dei soggiorni valdostani del Papa, ma anche ricordi dei viaggi internazionali. Ovviamente in questo periodo è molto visitato. E’ stato aperto da qualche anno e, ormai, il nome di questo piccolo, ma interessante museo, si è sparso e la gente arriva.

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INCONTRO OGGI IN VATICANO TRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI RUSSO LAVROV

 E IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO SODANO

 

Oggi il ministro degli Esteri della Federazione Russa,  Sergei Lavrov, ha reso visita in Vaticano al cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. Al colloquio ha partecipato mons. Giovanni Lajolo, segretario per i rapporti con gli Stati, e l’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Vitaly Litvin.

 

Nel corso dell’incontro – rileva una nota del vice direttore della Sala Stampa vaticana, padre Ciro Benedettini - vi è stato uno scambio di vedute sui rapporti bilaterali fra la Santa Sede e la Russia e sulla situazione internazionale, con particolare riguardo al dialogo fra le culture ed alla collaborazione in seno alle Organizzazioni internazionali. Si è toccato infine anche il grave problema della pace in Terra Santa ed in Irak. L’incontro - conclude la nota - ha permesso di rilevare i cordiali rapporti esistenti fra le Parti e la possibilità di ulteriori sviluppi.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Sydney, in Australia, presentata da mons. Geoffrey J. Robinson, in conformità ai canoni 411 e 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Nella prima pagina spicca una successione di foto che illustrano le tappe dell’escursione di Giovanni Paolo II nella vallata del Gran San Bernardo.

 

Nelle vaticane, un articolo di Gianluca Biccini dal titolo “Alla scuola di San Camillo de Lellis per servire Cristo negli ammalati”: celebrazione del cardinale Giovanni Battista Re nell’ospedale romano “M. Vannini”; inaugurata la nuova Unità di terapia intensiva coronarica.

 

Nelle estere, in evidenza l’Iraq con un articolo dal titolo “Imperversa la strategia di destabilizzazione”: sanguinoso attentato dinamitardo a Nord-Ovest di Bagh-dad; assassinati, in due distinti episodi,  il governatore di Mossul e il direttore generale del ministero dell’industria.

Un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “Rispetto delle diversità e libertà culturale necessari ad ogni autentico progresso”: presentato il Rapporto 2004 commissionato dal Programma dell'Onu per lo sviluppo (Undp).

 

Nella pagina culturale, un articolo di Rodolfo Doni su un recente saggio di Vincenzo Arnone in cui rivivono l’opera e la figura dello scrittore Nicola Lisi.

 

Nelle pagine italiane, Rai: la commissione di vigilanza chiede le dimissioni del cda.      

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 luglio 2004

 

 

SOSTENERE IL MULTICULTURALISMO E NON L’ASSIMILAZIONE FORZATA

AL FINE DI PROMUOVERE LO SVILUPPO. E’ QUANTO INDICA IL 15.MO RAPPORTO

SULLO SVILUPPO UMANO, PRESENTATO OGGI

DAL PROGRAMMA DELLE NAZIONI UNITE PER LO SVILUPPO

- Interviste con Antonio Vigilante e padre Carmine Curci -

 

 

La libertà di scegliere la propria identità culturale, senza per questo dover affrontare discriminazioni, è essenziale ai fini dello sviluppo umano. È quanto emerge, in sostanza, dal 15.mo Rapporto sullo sviluppo umano, presentato oggi dalle Nazioni Unite, il cui titolo è “La libertà culturale in un mondo di diversità”. Ad illustrarci più nel dettaglio i contenuti dello studio, è Antonio Vigilante, responsabile del Programma dell’Onu per lo Sviluppo in Egitto, intervistato da Dorotea Gambardella:

 

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R. – In passato due approcci sono falliti, quello del differenzialismo e quello dell’assimilazione. Differenzialismo, cioè creare dei ghetti in cui gli immigrati possano far valere la propria cultura e l’altro, l’assimilazione, per cui gli immigrati devono conformarsi con la cultura dominante del luogo dove emigrano. A questi approcci il rapporto sostituisce il multi-culturalismo che è un’accettazione della diversità e la gestione possibile di questa diversità. Una delle strategie indicate dal rapporto è acquisire la consapevolezza che esiste la multipla identità. Forse non ce ne rendiamo conto, ma ciascuno di noi ha tante identità con ordine di priorità diverse, certo, ma una persona può essere allo stesso tempo europeo, italiano, napoletano.

 

D. – Tra gli ostacoli che impediscono la libertà culturale vi sono i pregiudizi sulla diversità …

 

R. – Uno è quello che esiste una sola identità possibile, per cui c’è un livello di difficoltà di interazione umana perché si vede l’identità come un gioco a somma zero, cioè, si pensa che acquisire una identità diversa sminuisca l’originale, invece il rapporto dice che da un lato non c’è contraddizione fra il riconoscimento della diversità e l’unità dello Stato, ma allo stesso tempo, rispetto alla pace sociale, mette in luce come i conflitti derivino più dal mancato riconoscimento della diversità culturale, che dalla diversità in se stessa, e sfata anche il mito della contraddizione fra la diversità culturale ed il mantenimento della democrazia. Per esempio il rapporto dice che quando ci sono tradizioni che violano i diritti umani, mettiamo il caso della circoncisione femminile, non per questo bisogna mantenere a tutti i costi una tradizione. Più che altro libertà culturale significa scegliere, non mantenere necessariamente la tradizione storica, allo stesso tempo il mito secondo il quale c’è un determinismo culturale, per cui certe culture sono più propense di altre allo sviluppo, viene sfatato dal rapporto per esempio mostrando il caso della Malesia, un Paese ad alta eterogeneità etnica che nonostante tutto riesce ad ottenere tra i più elevati tassi di crescita degli ultimi 20 anni. E l’ultimo mito che il rapporto sfata è che tra certe culture e democrazia ci sia una contraddizione insita, per esempio fra l’Islam e la democrazia. Il rapporto dimostra empiricamente che ci sono molti Paesi musulmani che sono democratici, ed analizza anche proprio i concetti tipici dell’Islam dimostrando come sia perfettamente compatibile con uno Stato democratico.

 

D. – Quali sono i Paesi con il più elevato tasso di sviluppo umano e quali con quello inferiore?

 

R. – Anche quest’anno il Paese che ha il maggiore sviluppo umano è la Norvegia. Lo sviluppo umano viene misurato sulla base non solo del reddito pro capite in termine di potere di acquisto, ma anche in termini di istruzione, in termini di salute. Fra i Paesi poveri, purtroppo, troviamo sempre quelli dell’Africa subsahariana: Mali, Burkina Faso, Niger e l’ultimo è la Sierra Leone. In tutti questi Paesi, il diffondersi dell’Aids ha ridotto anche a meno di 40 anni la vita media delle persone, rivelandosi la causa primaria nel declino degli indicatori di sviluppo umano.

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Non dimenticare la Sierra Leone. Questo l’appello lanciato da mons. George Biguzzi, vescovo saveriano di Makeni, proprio a seguito della pubblicazione della classifica Onu sullo sviluppo umano che colloca la Sierra Leone all’ultimo posto, preceduta da altri 18 Paesi africani. Dopo la guerra civile durata dal ’91 al 2001, “gran parte della popolazione sierraleonese - ha ricordato mons. Biguzzi all’Agenzia Misna - non ha ancora accesso all’acqua potabile, all’elettricità, all’istruzione, alle comunicazioni e in generale ai servizi essenziali”. Ma perché la Sierra Leone risulta il Paese meno sviluppato al mondo? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Carmine Curci, direttore della rivista comboniana “Nigrizia”:

 

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R. – Non dobbiamo dimenticare che è solo da qualche anno che la Sierra Leone è uscita da un decennio di guerra civile, che ha provocato la morte di 50 mila persone e centinaia di migliaia di rifugiati e sfollati. Ci si è quindi trovati di fronte un Paese con tutte le infrastrutture distrutte e con migliaia di persone senza lavoro. Non è una sorpresa perciò che la Sierra Leone risulti agli ultimi posti per lo sviluppo. Nello stesso tempo però dobbiamo riconoscere il cammino lento di ricostruzione del Paese africano, per quanto riguarda le scuole, le case, le infrastrutture delle zone che fino a qualche tempo fa erano in mano ai ribelli. All’inizio di giugno, inoltre, ha cominciato il proprio lavoro la speciale Corte internazionale della Sierra Leone: sarà questo tribunale ad esaminare i crimini dei 10 anni di guerra e a condannare i vari responsabili delle violenze.

 

D. – Ma cosa manca allora alla Sierra Leone per imboccare la via dello sviluppo?

 

R. – La comunità internazionale deve essere attenta a ciò che sta avvenendo nel Paese, con degli aiuti mirati, con un appoggio al governo di Freetown eletto democraticamente e soprattutto con uno sguardo particolare al futuro e ai giovani sierraleonesi.

 

D. – Quale ruolo può svolgere la Chiesa in questo contesto?

 

R. – La Chiesa durante i 10 anni di guerra civile è stata sempre un interlocutore molto attento al ritorno della pace. Ora sta facendo anzitutto un lavoro di base, quindi di riconciliazione delle persone, delle famiglie, delle comunità. Nello stesso tempo assistiamo ai tanti progressi fatti negli ultimi due-tre anni ed i progressi a volte non vengono decisi dai numeri, ma dai cuori delle persone.

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UN GOVERNO ATTESO UN ANNO: HUN SEN NUOVO PREMIER,

LA CAMBOGIA SBLOCCA LA PARALISI LEGISLATIVA

- Intervista con Emilio Asti -

 

 

Dopo quasi un anno di crisi politica, la Cambogia ha da stamattina un nuovo governo. Lo guiderà il 52.enne Hun Sen, votato dal Partito popolare e dal Funcinpec, le forze politiche che detengono 96 dei 123 seggi della Camera bassa. Lo stesso Hun Sen, leader del Partito popolare, ha definito la sua elezione “un atto storico”, perché pone fine alla paralisi legislativa in atto dalle ultime elezioni. Ma le divisioni politiche non sono ancora finite, come conferma Emilio Asti, docente alla Royal University di Phnom Penh, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. – La dirigenza cambogiana è tuttora fortemente divisa, nonostante l’ordina-mento del Paese sia quello di una monarchia … e sappiamo bene il ruolo importante - non tanto a livello istituzionale, quanto proprio a livello d’immagine - svolto dal re, che tuttora costituisce un importante punto di riferimento. E poi c’è il problema del passato, perché il ricordo dei khmer rossi è un fantasma ancora incombente. In questo quadro, che appare molto frammentario e tuttora in fase di evoluzione, speriamo che le varie forze politiche possano trovare un accordo e mettere da parte i profondi dissidi che tuttora le dividono. Ricordiamoci che la Cambogia aveva due primi ministri ed è reduce da un conflitto interno: una guerra civile che aveva contrapposto diversi schieramenti. Il tutto, all’insegna di una grande precarietà sociale ed economica.

 

D. – Dal 27 luglio 2003 è passato quasi un anno. In questi dodici mesi, la Cambogia non ha approvato neppure una legge. Non ha approvato neanche il bilancio dello Stato, perché non c’era un governo. Che periodo è stato?

 

R. – È stato un periodo di relativa tranquillità, anche se il Paese è afflitto da gravi problemi economici e sociali: tra l’altro, una parte notevole del territorio è ancora minata… La Cambogia sta facendo grossi sforzi per cercare di uscire da questa condizione. Dopo il suo ingresso nell’Asean, diversi passi sono stati compiuti in questa direzione: c’è una maggiore attenzione all’incremento del turismo e, soprattutto, c’è il desiderio di far uscire il Paese dall’isolamento internazionale. Purtroppo però, al di fuori delle città, nelle zone rurali, la situazione è ancora tragica. Molte abitazioni mancano di acqua corrente, i villaggi sono privi dei servizi fondamentali e quindi il compito che attende il capo del governo è veramente arduo.

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RICORRE DOMANI IL 950.MO ANNIVERSARIO DEL GRANDE SCISMA D’ORIENTE: SULL’EVENTO CHE SEGNA LA STORICA FRATTURA TRA ROMA E COSTANTINOPOLI,

LA RIFLESSIONE DI PADRE EDWARD FARRUGIA,

DOCENTE DEL PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE

 

Il 16 luglio 1054 segna l’inizio del Grande Scisma d’Oriente: quel giorno di 950 anni fa, infatti, sull’altare di Santa Sofia a Bisanzio, avveniva la deposizione -da parte del legato papale Umberto da Silvacandida - del libello di scomunica contro il Patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario. Dal canto suo, pochi giorni dopo, il Patriarca convocava il sinodo, ritorcendo la scomunica contro i latini. Un evento drammatico, che ha segnato, come pochi altri, la vita della Chiesa, e le cui conseguenze sono tuttora profonde, a quasi un millennio di distanza. Per un giudizio storico e teologico di quell’avvenimento che segna la frattura tra Roma e Costantinopoli, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Edward Farrugia, docente del Pontificio Istituto Orientale:

 

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R. – Storicamente vediamo questa come l’ultima fase, dove forse poteva esserci la possibilità di ingaggiare un dialogo, ma è fallita. Tuttavia la rottura non è ancora definitiva. Teologicamente la cosa che salta agli occhi è la rottura di carità, perché in fin dei conti gli orientali avevano sempre accettato che il Papa avesse una posizione preminente.

 

D. – Quali furono le conseguenze più profonde nella vita dei cristiani dell’Occi-dente e dell’Oriente derivanti da quella divisione, scaturita 950 anni fa?

 

R. – Le conseguenze furono di varia natura. Anzitutto furono ecclesiologiche. E’ interessante vedere che quando il Papa Urbano II volle sapere perché non si pregasse per lui durante la liturgia, 30 anni dopo il 1054, l’imperatore convocò un Sinodo a Costantinopoli, nel quale non si sapeva perché non pregassero per il Papa ... Quindi, ciò che accade è un grande raffreddamento nell’amore. Ci sono anche altre conseguenze, come la voglia di una Crociata per liberare la Terra Santa. Allora gli imperatori sono indecisi, hanno paura. E poi quando la Quarta Crociata del 1204 finisce contro Costantinopoli, questa diviene la pagina più brutta dei loro rapporti con noi. Il Papa di allora disapprova le brutalità. Gli imperatori avevano, insomma, paura che ci fossero invasioni da parte dei latini, più che non da parte dei musulmani e questo comprometterà tutto.

 

D. – Come si è approfondita nel corso dei secoli questa frattura?

 

R. – Lo scisma ha fatto sì che lentamente l’uno percepisse l’altro come diverso. Non dico subito, però, perché c’è chi considera che la vera rottura ci fu solo nel 1729, quando fu stabilito il Patriarcato melchita di Antiochia. Come prima conseguenza si ha questo percepire l’altro diversamente, ma non del tutto diverso. Abbiamo tanti esempi di comunicazione, ortodossi che invitano gesuiti, cappuccini a confessare durante la Quaresima, e siamo nel secolo XVII. Ancora una volta la rottura non si è consumata del tutto.

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LA CHIESA RICORDA OGGI SAN BONAVENTURA,

GRANDE TEOLOGO FRANCESCANO DEL 1200

- Intervista con padre Giovanni Iammarrone -

 

 

Oggi la Chiesa ricorda San Bonaventura, il grande teologo francescano nato nel 1217 a Bagnoregio in provincia di Viterbo, diventato ministro generale dell’Ordine e poi creato cardinale e vescovo di Albano. Morì nel 1274 durante il secondo Concilio di Lione. Ma su quali basi si fonda la sua teologia? Sergio Centofanti lo ha chiesto al padre francescano Giovanni Iammarrone, professore di teologia e spiritualità presso la Pontificia Facoltà San Bonaventura di Roma.

 

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R. – Bonaventura è un teologo con un’anima profondamente mistica. Tutto per lui è a servizio dell’approfondimento dell’esperienza della vita di fede. Bonaventura fondamentalmente è un’anima francescana, nel senso che Dio è tutto per l’uomo, l’uomo viene da Dio, deve tornare a Dio e ci torna attraverso la mediazione del Verbo fatto carne e crocifisso. E lui, Bonaventura, vede l’esperienza mistica vissuta in profondità, un’unione contemplativa affettiva con Dio, Bene Supremo che per Bonaventura è già una specie di anticipazione dell’esperienza intima della comunione con Dio nel Paradiso.

 

D. – Ecco, che cosa ha portato di nuovo San Bonaventura alla Chiesa?

 

R. – Che cosa ha portato? Fondamentalmente l’esperienza francescana dell’amo-re di Dio sia sul piano della riflessione teologica che su quello della riflessione mistica, e la centralità di Cristo ed il Cristo crocifisso come espressione più alta dell’amore di Dio che deve essere sempre davanti a noi come modello e stimolo perché noi possiamo riamare, corrispondere all’amore di Dio e consegnarci all’amore di Dio con quella totalità che il Cristo ci manifesta appunto quando lo contempliamo nel mistero della sua Croce. Credo che anche oggi possa dire molte cose valide, utili ai cristiani. Noi sappiamo che oggi si va in cerca di tante esperienze mistiche anche al di fuori dell’ambiente cristiano, si ricerca piuttosto una mistica di fusione, ci si vuol sentire fusi nel divino. Ecco, Bonaventura ci viene incontro dicendo che la nostra vocazione è più alta e più profonda, è proprio quella dell’unione nostra con Dio già in questa vita affettiva, principalmente, però un’unione che non è fusione, non è illusione di fonderci o di sentirci Dio, ma una mistica di comunione che rispetta l’alterità di Dio, rispetta l’alterità dell’uomo e vede nella intima unione tra Dio e l’uomo, l’anima e Dio, la vocazione più alta che l’uomo possa avere su questa terra e per l’eternità.

 

D. – San Bonaventura diceva “non basta l’indagine senza la meraviglia, non basta la scienza senza la carità, non basta l’intelligenza senza l’umiltà” …

 

R. – San Bonaventura è consapevole profondamente che tutto il mistero dell’e-sperienza cristiana è un dono che viene da Dio, è un dono dello Spirito Santo, perché lui è consapevole che è Dio che ha l’iniziativa, tutto ciò che siamo viene da Dio che attende che noi ci lasciamo coinvolgere e attirare, in qualche modo afferrare, dall’iniziativa divina.

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CHIESA E SOCIETA’

15 luglio 2004

 

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO PROSEGUONO I LAVORI

DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MISSIOLOGIA “TERTIO MILLENNIO”.

L’INCONTRO SI CHIUDERA’ IL PROSSIMO 17 LUGLIO

- A cura di padre Joseph Ballong -

 

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KINSHASA. = I lavori del Congresso proseguono oggi sulle sfide della missione e le vie della ricerca teologica in Africa. La prima seduta plenaria di giovedì è cominciata con la lettura del messaggio del prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, il cardinale Francis Arinze. Nel suo messaggio, letto da un delegato del dicastero, il cardinale Arinze propone alcune riflessioni su due temi: la promozione del culto divino, specialmente del culto eucaristico, e l’inculturazione della liturgia. Dopo aver richiamato le recenti pubblicazioni del magistero, che danno orientamenti e direttive sulla celebrazione e il culto dell’Eucaristia, il porporato riafferma, secondo l’enciclica Ecclesia de Eucaristia, che la Liturgia non è proprietà di nessuno, né del celebrante, né della comunità in cui i misteri sono celebrati. Il cardinale Arinze sottolinea anche l’importanza del culto eucaristico nell’attività missionaria e del sacramento della riconciliazione, di cui il sacerdote deve essere il primo convinto. Parlando dell’inculturazione della liturgia ne ribadisce l’importanza, l’urgenza e le esigenze. Per il cardinale Arinze, il radicamento della Liturgia nelle diverse culture è un compito importante per il rinnovamento liturgico. “L’accoglienza dei valori culturali - ricorda il porporato - deve però farsi in armonia con gli aspetti del vero spirito liturgico, nel rispetto dell’unità del rito romano espresso nei libri liturgici”.

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SEGNI DI SPERANZA PER LA CHIESA IN VIETNAM.

IL GOVERNO HA AUTORIZZATO L’ISCRIZIONE DI 90 NUOVI STUDENTI

AL SEMINARIO MAGGIORE DI SAN GIUSEPPE DI HANOI

 

HANOI. = Sorprendente fioritura di vocazioni in Vietnam. Per il prossimo anno accademico 2004-2005, il governo ha autorizzato il seminario maggiore di San Giuseppe di Hanoi a reclutare 90 nuovi studenti dalle otto diocesi del nord del Paese. Per mons. Joseph Ngô Quang Kiêt, vescovo di Lang Son e attuale amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Hanoi, l’autorizzazione rappresenta un importante segnale di speranza per la Chiesa nel Nord Vietnam, da decenni alle prese con una cronica carenza di sacerdoti. La nuova classe è in effetti la più grande mai avuta dal seminario da quando ha riaperto i battenti nel 1989. In passato veniva autorizzata l’iscrizione di un massimo di 60 nuovi seminaristi ogni due anni. Attualmente il numero dei sacerdoti nella maggior parte delle otto diocesi nord-vietnamite riesce appena a coprire un terzo del fabbisogno. Ad Hanoi, ad esempio, ogni parroco deve assistere in media 5-10mila fedeli. (L.Z.)

 

 

“DONNE DEL VANGELO PER LA MISSIONE AD GENTES OGGI”:

E’ IL TEMA CHE ACCOMPAGNERA’ IL XVIII CAPITOLO GENERALE

DELLE MISSIONARIE COMBONIANE. L’INCONTRO SI SVOLGERA’ A ROMA

TRA IL 22 AGOSTO E IL 30 SETTEMBRE

 

ROMA. = Ricercare risposte nuove, coraggiose e audaci alle sfide dell’evan-gelizzazione. E’ l’obiettivo che sottende il prossimo Capitolo generale delle Missionarie Comboniane, che si celebrerà a Roma dal 22 agosto al 30 settembre prossimi, sul tema “Donne del Vangelo per la Missione ad gentes oggi”. L’incontro rappresenterà per le figlie spirituali di San Daniele Comboni l’occasione per fare una valutazione attenta sull’impegno per l’evangelizzazione e di rilanciarsi per le strade di un mondo in rapida evoluzione, dove il 75 per cento dell’umanità non conosce ancora Gesù Cristo e nel quale, insieme a segni di luce e di speranza, persistono gravi situazioni di ingiustizia e oppressione. Al Capitolo prenderanno parte 64 religiose, di cui 24 sono membri di diritto (la Superiora generale, le quattro Consigliere generali e le 19 Superiore provinciali) e le altre 40 sono delegate elette. “Il XVIII Capitolo generale è un nuovo dono che Comboni vuole fare alla nostra Congregazione – scrive la Superiora generale, madre Adele Brambilla, nella lettera di indizione dell’incontro – vuole farci ritrovare la freschezza di un carisma, vuole farci sperimentare la forza trasformante del mandato che ne deriva e che permette alla sua passione di manifestarsi con intensità rinnovata. Comboni non potrà abbandonarci. Egli prega per noi e con noi”. (B.C.)

 

 

SEMPRE ALTA LA TENSIONE IN COLOMBIA E LA CHIESA ESORTA GOVERNO

E RIBELLI A IMBOCCARE LA VIA DEL DIALOGO. “LA PACE NON SI OTTIENE

GRATUITAMENTE - AMMONISCONO I VESCOVI DI SONSON-RIONEGRO –

MA E’ FRUTTO DI UNO SFORZO COMUNE”

 

BOGOTA’. = “L’assassinio di sette contadini indifesi ad opera di gruppi armati ci obbliga non solo a condannare l’orrendo crimine commesso, ma anche a chiedere l’esclusione dalla società di chi si è macchiato di tale efferato delitto”. I vescovi della diocesi di Sonson-Rionegro, guidati da mons. Ricardo Antonio Tobón Restrepo, affidano ad un comunicato stampa dai toni molto forti il loro “profondo dolore” per quanto accaduto sabato scorso nel comune di San Carlos. “Si tratta di un episodio tutt’altro che isolato e che va ad aggiungersi a ulteriori massacri e deportazioni verificatesi soprattutto negli ultimi due mesi. Si parla insistentemente di pressioni dei gruppi armati, anche se all’opinione pubblica non sono stati forniti dettagli precisi. L’unica cosa di cui siamo certi - scrivono i presuli - è che serpeggia un clima di angoscia e di terrore tra la gente”. “Come servitori dell’uomo - aggiungono - siamo chiamati a difendere la dignità dell’uomo e i suoi diritti fondamentali. Soprattutto quello alla vita e alla libertà”. I vescovi si appellano, inoltre, alle autorità e alla società civile affinché si adoperi per una “soluzione immediata che porti al ripristino di un clima di convivenza serena e pacifica”. I vescovi, infine, chiamano in causa anche i guerriglieri. “Il mondo condannerà sempre gli atti terroristici - ammoniscono - qualificandoli come il peggior modo per ottenere ragione. Comunque, sarete chiamati a rispondere davanti alla storia e soprattutto dinanzi a Dio per tanto sangue e tante lacrime”. (D.D.)

 

 

PROSEGUE IN THAILANDIA LA XV CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL’AIDS.

IN MATTINATA E’ INTERVENUTO L’EX PRESIDENTE SUDAFRICANO NELSON MANDELA,

CHE HA FOCALIZZATO L’ATTENZIONE SULLA LOTTA ALLA TUBERCOLOSI.

"LA TBC - HA DETTO - E’ TROPPO SPESSO UNA SENTENZA DI MORTE

PER LE PERSONE AFFETTE DALL’HIV”

 

BANGKOK. = La lotta all’Aids può essere vinta solo con concrete alleanze. E’ l’appello che emerge dal congresso mondiale in corso di Bangkok: dopo l’ottimismo degli anni passati, oggi ci si chiede perché tanti sforzi siano falliti e perché, solo nell’ultimo anno, ci siano stati altri 6 milioni di morti e 8 milioni di nuove infezioni. “Adesso è necessario mettersi tutti insieme attorno a un tavolo”: ha detto il virologo Stefano Vella, membro del comitato scientifico del Fondo Globale per la lotta contro Aids, malaria e tubercolosi. “Nel Fondo Globale - ha osservato - molti donatori lavorano su propri canali e a volte preferiscono instaurare collaborazioni bilaterali, con la conseguenza che molti donatori non sanno che cosa fanno gli altri e si corre il rischio di duplicare le iniziative”. Dopo aver acceso i riflettori sul dramma dei bambini, si parla di 25 milioni di orfani da Aids nel 2010, dal palco dell’incontro mondiale gli studiosi hanno parlato anche di un altro fronte di emergenza, quello delle donne e delle ragazze. Le donne contagiate dall’Hiv o in malattia conclamata, infatti, sono in continuo aumento: secondo le statistiche Unaids, sono passate dal 41 per cento del ‘97 al 48 per cento del 2003. Un trend particolarmente evidente nell’Africa sub-sahariana, dove le donne rappresentano il 60% dei sieropositivi. (B.C.)

 

 

IN CINA 30 MILIONI DI UOMINI RISCHIANO DI NON SPOSARSI

PER LA PENURIA DI DONNE. È L’ALLARME LANCIATO DAL GOVERNO

PER PREVENIRE UN GRAVE PROBLEMA SOCIALE. LA MANCANZA DI DONNE

E’ CAUSATA DAI DRAMMATICI FENOMENI DEGLI ABORTI DEI FETI DI SESSO FEMMINILE

E DEGLI INFANTICIDI DELLE BAMBINE

 

PECHINO. = Rischiano di restare celibi circa 30 milioni di uomini cinesi a causa della penuria delle donne, dovuta all’aborto selettivo dei feti di sesso femminile e all’infanticidio delle bambine. A lanciare l’allarme è il governo, per prevenire un grave problema sociale. Secondo i dati riportati dal quotidiano di Hong Kong, “South China Morning Post”, in base al censimento del 2000, in Cina vi sono 120 maschi ogni 100 femmine. Dati in controtendenza rispetto alla media mondiale che è di 100 femmine contro 107 maschi. Il notevole sbilanciamento in favore dei maschi che si registra nel Paese asiatico è dovuto alla politica del figlio unico imposta dall’esecutivo, che spinge le coppie ad eliminare le figlie femmine o a non registrarle alla nascita. Ma questi fattori culturali spiegano soltanto in parte il fenomeno, dovuto anche a ragioni pratiche: soprattutto nelle zone rurali, la femmina è meno utile alla famiglia perché più fragile per il duro lavoro dei campi, per cui è considerata solo un onere economico. Ciò determina una discriminazione delle bambine anche nella cura da parte dei genitori, che privilegiano i maschi nell’alimentazione, nell’assistenza sanitaria e nell’istruzione. Il diritto ad andare a scuola è, comunque, precluso alle ragazzine che non vengono registrate alla nascita e questo costituisce una delle ragioni primarie della loro futura discriminazione sociale, che le condurrà, da adulte, ad una vita di stenti, alla subordinazione al marito, alla mancanza di opportunità lavorative, allo sfruttamento e, spesso, anche alla prostituzione. Un’altra drammatica usanza è l’abbandono delle bambine. Secondo gli esperti, ogni anno in Cina vengono abbandonate tra le 20 mila e le 100 mila bambine. Tra le più gravi ripercussioni sociali della discriminazione sessuale nel Paese vi è il traffico di esseri umani. Sempre più uomini, infatti, per poter contrarre matrimonio ricorrono alla tratta femminile, privilegian-do minorenni vendute da famiglie indigenti, in larga parte nordcoreane. (D.G.)

 

 

CONFERITA LA GRAN CROCE ALL’ABBE’ PIERRE,

FONDATORE DELLA COMUNITA’ DI EMMAUS.

IL RICONOSCIMENTO IERI IN FRANCIA DURANTE LE CELEBRAZIONI

PER LA PRESA DELLA BASTIGLIA

 

PARIGI. = Ennesimo riconoscimento per l’abbé Pierre, fondatore della Comunità di Emmaus, una realtà che ha ridato speranza e dignità a migliaia e migliaia di emarginati in tutto il mondo, con 350 comunità in 35 nazioni diverse. Il religioso  francese è stato insignito ieri della Gran Croce della Legione d’onore, in occasione delle celebrazioni per la presa della Bastiglia. L’amore dell’Abbé Pierre per gli uomini è profondo e si accompagna ad una continua rivendicazione di giustizia: ogni azione della sua vita è stata sempre finalizzata alla difesa dei più deboli (gli ebrei, gli obiettori di coscienza, i senza tetto, i poveri, gli emarginati). Nasce a Lione nel 1912 da famiglia benestante. Studia nel collegio dei Gesuiti. A 16 anni, illuminato dall’esempio di San Francesco, decide di diventare cappuccino e a 19 entra nel convento dei cappuccini di Lione, dove trascorrerà sette anni di intensa preparazione. Nel 1938 è ordinato sacerdote e lascia la vita monastica per motivi di salute. Durante l’occupazione nazista della Francia entra a far parte della Resistenza e riesce a mettere in salvo un gran numero di ebrei, scortandoli personalmente oltre le Alpi e i Pirenei. Eletto deputato dell’Assemblea Costituente nel 1946; nel ‘49 presenta un disegno di legge a tutela degli obiettori di coscienza, che, in seguito, viene approvato. Nel ’51 lascia il Parlamento per protestare contro una legge elettorale truffa e decide di dedicarsi interamente al Movimento di Emmaus. Nel 1949, infatti, aveva acquistato una grande casa, adibendola ad ostello per la gioventù. In breve l’ostello è pieno di gente in difficoltà. È in quel momento che incontra Georges, un ex-ergastolano graziato per buona condotta che aveva tentato il suicidio e voleva riprovarci: insieme, fanno nascere Emmaus. E’ solo il primo passo di una grande testimonianza che avrà modo di farsi strada nel mondo. (B.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

15 luglio 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq continua a non spezzarsi il drammatico intreccio di minacce e violenze. Dopo la decapitazione di uno dei due cittadini bulgari sequestrati dalla guerriglia, il terrorista giordano Al Zarqawi ha chiesto, in cambio del rilascio dell’altro ostaggio, la liberazione “delle prigioniere” detenute dalle forze statunitensi nel Paese arabo. Sul terreno si deve registrare, inoltre, un’ennesima ondata di violenze. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:

 

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Almeno dieci persone sono morte, questa mattina, in seguito ad un lancio di razzi contro il principale commissariato di Haditha, cittadina a nord-ovest di Baghdad. Quasi contemporaneamente, tre attentatori sono deceduti a Kerbala per l’esplosione di una bomba nei pressi di una base militare dove sono di stanza truppe bulgare. Quattro membri della stessa famiglia, tra i quali tre bambini, sono stati uccisi, inoltre, da un ordigno lanciato contro la loro casa a Kirkuk, città dove il sabotaggio dell’oleodotto che collega l’Iraq alla Turchia ha provocato, stamani, l’interruzione delle esportazioni di greggio. In questa drammatica spirale di odio si deve anche aggiungere l’agguato costato la vita, ieri, al governatore di Mosul, Yussof Kashmula, raggiunto da colpi di arma da fuoco mentre si trovava in viaggio verso Baghdad. Nel Paese, dove più di mille persone sono scese in piazza nella capitale per manifestare contro il terrorismo e chiedere la condanna a morte per Saddam Hussein, proseguono intanto le operazioni della polizia: il premier iracheno, Iyad Allawi, ha dichiarato che, questa settimana, sono stati arrestati importanti membri della rete di Al Qaeda.  Allawi ha aggiunto che i detenuti hanno iniziato a collaborare pienamente con gli investigatori. Una società saudita ha annunciato, infine, di essere pronta a lasciare il Paese, come richiesto da un gruppo di rapitori, per salvare la vita del proprio dipendente egiziano preso in ostaggio la scorsa settimana.

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In Gran Bretagna, intanto, si continua a discutere sul rapporto di Lord Butler, che ha ammesso gli errori dell’intelligence sulla guerra in Iraq. Saddam Hussein “non possedeva armi chimiche o biologiche in grado di essere impiegate, né aveva sviluppato piani per il loro utilizzo”. Da Londra, Sagida Syed:

 

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Responsabilità di tutti, colpa di nessuno. L’attesa inchiesta di Lord Butler ha giudicato i dati sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, in possesso dell’intelligence inglese, impropri ed esagerati. Nessuno è stato però incolpato e nessuno dovrà dare le dimissioni. Il dossier del settembre 2002, con il quale l’ufficio del primo ministro dichiarava che Saddam Hussein avrebbe potuto attaccare il Regno Unito in tre quarti d’ora, fu dunque un’esagerazione per giustificare la guerra. Tony Blair, parlando alle Camere subito dopo la pubblicazione dell’inchiesta, ha ammesso la possibile inesistenza delle armi di distruzione di massa in Iraq, ma ha fortemente difeso il proprio operato. Sereno e battagliero ha dichiarato che non sono state dette bugie, né sono stati ritoccati i dossier dei servizi segreti. L’opposizione ha accusato l’inchiesta di essere di parte, ma Blair per ora sembra essere riuscito a superare l’ennesima crisi.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.

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Nuova operazione militare israeliana in Cisgiordania. L’esercito ha arrestato almeno 18 sospetti estremisti palestinesi, tra cui due giovani donne fermate nel campo profughi di Jenin. Gli stessi militari hanno diramato un allarme su possibili rapimenti ai danni di cittadini dello Stato ebraico. Al Palazzo di vetro, intanto, sembra ormai chiarito il dissidio tra i rappresentanti palestinesi e l’inviato dell’Onu, Terje Roed-Larsen, che l’Anp aveva giudicato “persona non grata” dopo le sue critiche ad Arafat. I palestinesi hanno fatto marcia indietro.

 

In Italia, la delicata verifica all’interno della maggioranza di governo ha fatto ieri tappa in Parlamento. Davanti a Camera e Senato, il premier Berlusconi si è mostrato ottimista: la Casa delle Libertà – ha detto – ritroverà la coesione e si presenterà unita anche alle elezioni politiche del 2006. Questa mattina, inoltre, il primo ministro ha avuto un incontro, al quale ha partecipato anche il vicepremier Gianfranco Fini, con il segretario dell’UDC, Marco Follini. Sulla situazione politica italiana, ci riferisce Giampiero Guadagni:

 

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Adesso si può ripartire. E’ un Berlusconi ottimista quello che ha affrontato il dibattito parlamentare, al termine di una delicata verifica con gli alleati. Dal premier una mano tesa all’UDC, con l’apertura alla riforma del sistema elettorale in senso proporzionale, purché rafforzi il maggioritario. Alla Lega l’assicurazione che la riforma federalista sarà approvata entro settembre. Quanto alle tasse, saranno ridotte, ma tenendo presente le indicazioni di Alleanza Nazionale. Berlusconi aggiunge: i conti pubblici sono apposto, l’interim all’economia durerà il tempo necessario a trovare una personalità adatta, infine, ci sarà un ampio confronto con le parti sociali. L’intervento di Berlusconi è stato duramente attaccato dalle opposizioni, che ormai chiedono esplicitamente la crisi di governo. Quanto alla maggioranza, il vice premier Fini sollecita tutti i leader della Casa delle Libertà ad entrare nel governo. Il segretario UDC, Follini, sottolinea: “Non passeremo mai dall’altra parte, ma non rinunceremo, se occorre, ad un ruolo critico”. Ma per la Lega, Follini teorizza così un diritto dell’UDC alle mani libere; la tensione tra i due partiti è aumentata con il voto in commissione vigilanza Rai, che ha approvato una mozione presentata dall’UDC e sostenuta dal centro sinistra. La mozione prevede il rinnovo dei vertici dell’azienda entro il prossimo 30 settembre.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Restiamo in Italia. La legge Bossi-Fini sull’immigrazione è parzialmente illegittima. Lo ha dichiarato stamattina la Corte Costituzionale. Secondo i giudici, è illegittimo che l’immigrato possa essere espulso, dopo essere comparso davanti al giudice per la convalida del provvedimento, senza contraddittorio e garanzie di difesa. Incostituzionale anche il passaggio nel quale si prevede l’arresto obbligatorio per lo straniero che abbia violato l’ordine di allontanamento dall’Italia entro 5 giorni.

 

Un’assemblea costituente ed un maggiore sforzo per favorire l’occupazio-ne. Sono queste le principali richieste emerse al termine dello sciopero generale, svoltosi ieri in Perú. La protesta è stata indetta dalla Confederazione generale dei lavoratori contro la politica economica del presidente Alejandro Toledo. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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Dopo 5 anni, dall’epoca cioè in cui guidava il Paese Alberto Fujimori, ora in esilio, i peruviani sono tornati nelle strade per uno sciopero generale e per chiedere un cambiamento della politica economica del governo. Grande imputato è Alejandro Toledo, presidente che ha visto negli ultimi tempi cadere la sua popolarità fino al minimo storico del 5 per cento. Il fatto è che nonostante le promesse realizzate al momento di assumere il potere tre anni fa, il capo dello Stato non ha potuto generare crescita ed occupazione, dovendo anzi rimaneggiare continuamente il suo governo a causa degli scarsi risultati socio-economici ottenuti e degli scandali che hanno coinvolto vari ministri. Nonostante i timori della vigilia, comunque, la giornata è trascorsa senza incidenti gravissimi, con pochi feriti o fermati dalle forze dell’ordine. Governo e sindacati hanno fornito alla fine un bilancio diametralmente opposto dell’andamento della protesta. Secondo il premier Carlos Ferrero, infatti, lo sciopero è stato un fallimento ed i peruviani – ha assicurato – hanno lavorato normalmente. Ma per il presidente della Confederazione generale dei lavoratori e per il principale leader dell’opposizione, l’ex presidente social-democratico Alan García, lo sciopero è riuscito con un blocco del 70 per cento del Paese.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Ripartono da Addis Abeba, in Etiopia, i negoziati per promuovere la pace nel Darfur, la regione nord-occidentale del Sudan teatro di violenti scontri che hanno causato almeno 30 mila morti ed oltre un milione di sfollati. Il presidente degli Stati Uniti Bush, intanto, ha chiesto alle Nazioni Unite la messa a punto di una risoluzione che sanzioni i leader delle milizie.

 

 

 

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