RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 195 - Testo della trasmissione di martedì 13 luglio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nuova gita del Papa, che stamani ha salutato un gruppo di bambini vicino al suo chalet di Les Combes. Intervista con Salvatore Mazza ed una riflessione di padre Raniero Cantalamessa sull’invito di Giovanni Paolo II a non dimenticare Dio durante le vacanze.

           

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Corte di giustizia dell’UE emette la sua sentenza: l’Ecofin ha sbagliato a sospendere la procedura contro Germania e Francia per deficit eccessivo: con noi Enrico Singer

 

Continuano le polemiche sui 37 profughi soccorsi dalla nave tedesca Cap Anamur. Il missionario comboniano, padre Spadavecchia, conferma ai nostri microfoni la nazionalità sudanese dei naufraghi

 

L’Aids è come il terrorismo: il monito dell’Onu alla comunità internazionale. Con noi, Nicoletta Dentico

 

“Rompere il muro di silenzio che circonda le stragi degli innocenti in Uganda”: è l’appello lanciato durante un Convegno a Roma. Interviste con il cardinale Renato Raffaele Martino, Savino Pezzotta, Sergio Marelli e padre Tarcisio Apostoli

 

Applausi e contestazioni per la Traviata all’Arena di Verona messa in scena domenica scorsa dal regista inglese Graham Vick.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Prosegue nella Repubblica democratica del Congo il Congresso internazionale di missiologia “tertio millennio”

 

“Dal momento della fecondazione dell’ovulo viene inaugurata una nuova vita, che non appartiene né al padre, né alla madre”: così il vescovo di Estelì, mons. Guevara, esprimendo la preoccupazione della Chiesa nicaraguense per la tutela della vita nel Paese centroamericano

 

Sentenza storica in Guatemala. Diversi militari sono stati condannati per aver barbaramente ucciso 11 indios nel 1995

 

‘In Pakistan l’intolleranza religiosa e la discriminazione delle minoranze non cesseranno di esistere senza un impegno concreto del governo’: denuncia della Commissione nazionale di giustizia e pace, nel suo ottavo rapporto sui diritti umani

 

Sempre drammatica la situazione in India per le piogge monsoniche. Colpiti anche il Bangladesh e il Nepal.

 

24 ORE NEL MONDO:

Riprenderà domani pomeriggio il processo al magnate del petrolio russo, Mikhail Khodorkovsky

 

Con il tavolo tecnico di oggi pomeriggio sulle riforme si conclude, in Italia, la verifica all’interno della maggioranza di centrodestra.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 luglio 2004

 

 

NUOVA GITA DEL PAPA, CHE STAMANI HA SALUTATO UN GRUPPO DI BAMBINI VICINO AL SUO CHALET DI LES COMBES.

LA RIFLESSIONE DI PADRE RANIERO CANTALAMESSA SULL’INVITO DEL SANTO PADRE

A NON DIMENTICARE DIO DURANTE LE VACANZE

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Nuova escursione in alta quota, oggi, per Giovanni Paolo II, che sta dedicando il suo soggiorno estivo in Valle d’Aosta alla preghiera, alle letture e alla contemplazione della natura. Per una cronaca della mattinata del Papa a Les Combes, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza:

 

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R. – Il Papa, come tutti i giorni, è uscito intorno alle 11.00. Non si sa ovviamente quale sia la destinazione dell’escursione odierna. Comunque, ha imboccato la strada per la bassa valle, probabilmente solo stasera si saprà dove è andato.

 

D. – C’è un evento particolare, che stamani ha caratterizzato l’uscita del Papa prima di intraprendere la sua escursione?

 

R. – Per la prima volta, il Papa si è fermato pure all’andata. In genere quando lascia Les Combes la macchina del Papa tira dritto. Stamattina invece si è fermato. C’era una famiglia con alcuni bambini che lo aspettavano ed il Papa ha fatto fermare la vettura. E’ stato fermo circa un minuto, il tempo di salutare i bambini, prima di ripartire.

 

D. – Il Papa è sicuramente un ospite illustre, ma se vogliamo anche abituale a Les Combes: è la decima volta che è in Valle d’Aosta. C’è però qualche iniziativa che sta caratterizzando questo soggiorno del 2004?

 

R. – Proprio in occasione del decimo soggiorno del Papa, c’è stata un’iniziativa editoriale molto significativa: è stato pubblicato qui un libricino da una piccola casa editrice, che parla del rapporto del Papa con la montagna. E’ una sorta di guida alla spiritualità della montagna di cui il Papa ha parlato tante volte, soprattutto durante i suoi soggiorni in montagna. Tant’è vero che si ritrovano brani dei discorsi di quando lui, per esempio, venne in Valle d’Aosta per la prima volta nell’86, allora in visita pastorale della diocesi di Aosta. Sono raccolti tutti gli Angelus pronunciati durante il suo soggiorno in montagna, sia ad Introd che a Lorenzago di Cadore. Viene fuori una sorta di guida a questa spiritualità della montagna, che il Papa ha sviluppato in tanti anni, tante occasioni, ma appunto privilegiando questi momenti di riposo.

 

D. – Il tempo in Valle d’Aosta non è stato clemente in questi giorni, però il Papa non è sembrato scoraggiarsi…

 

R. – No, infatti. Anche in occasione dei soggiorni precedenti lui è sempre uscito con qualunque tempo. Ha sempre detto che la natura va apprezzata in tutte le sue manifestazioni, per cui anche ieri che il tempo era incerto - e a quanto pare si è preso anche la grandine – è uscito lo stesso.

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Domani, mercoledì, non avrà luogo l’udienza generale: il Papa prosegue, dunque, il suo periodo di riposo, che non ha mancato tuttavia di arricchire con riflessioni profonde: all’Angelus di domenica scorsa, infatti, ha messo l’accento sulle vacanze quale tempo da dedicare a Dio, riscoprendo l’indispensabile dimensione interiore dell’esistenza umana. Esortazione sulla quale Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia:

 

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R. – C’è un momento nel Vangelo dove Gesù dice ai suoi discepoli: “Venite in disparte e riposatevi un po’”. Credo che le vacanze dovrebbero essere un poco anche questo, un tempo diverso perché si ha più tempo di ascoltare, anzitutto, la moglie, giocare con i bambini, leggere un buon libro ... E’ interessante che la parole ‘ferie’ originariamente – e anche oggi, nel linguaggio liturgico – significa giorno dedicato al culto, la ‘feria’, cioè giorno in cui si fa vacanza dal resto delle attività per dedicarsi ad un’attività diversa e quindi, come dice la Bibbia: ‘Ricordati di santificare le feste’, bisognerebbe dire anche: ‘Ricordati di santificare le ferie!’.

 

D. – Nella tradizione spirituale cattolica è presente l’esortazione ‘vacare Deo’, essere liberi per Dio. Come è possibile per il fedele, oggi, mettersi in sintonia con questa esortazione?

 

R. – Io credo che i più responsabili, più maturi che hanno la capacità di porsi dei problemi seri, sentano questa necessità, per cui ci sono tante persone, per esempio, che fanno oggi vacanze davvero diverse dagli altri. Vanno in luoghi come monasteri, luoghi lontani dalle spiagge dove c’è il chiasso... ci sono persone che scelgono queste vacanze diverse e amano passeggiare in mezzo alla natura ... Questo, certamente, è più confacente ai bisogni dell’anima perché permette all’uomo di staccarsi un momentino dalla catena di montaggio: perché noi, senza accorgercene, siamo una catena di montaggio, durante il resto dell’anno ... Le vacanze dovrebbero essere, come dicono gli inglesi, ‘holy days’, che significa ‘giorni santi’ ...

 

D. – Il Papa ha più volte sottolineato che le vacanze devono essere un tempo per soffermarsi con più attenzione sulle bellezze del creato. Un richiamo quanto mai opportuno, soprattutto in questo periodo ...

 

R. – Certo! E’ un peccato che noi andiamo a vedere scene, effetti cosiddetti speciali ma lontanissimi dalla natura, e trascuriamo questo grande spettacolo che Dio ci mette sotto gli occhi gratuitamente, ogni giorno ... In montagna, vedere questi colori, il verde degli abeti ... ogni volta si è quasi costretti a dire: ‘Ma chi ha fatto questo?’. C’era un autore medievale che diceva che l’uomo in questi casi dovrebbe sentirsi proprio come un maestro di orchestra che in mezzo a tutte queste voci della natura, le dirige e le eleva… le orienta alla lode di Dio. Ad un cristiano che abbia un minimo di familiarità con la Scrittura certamente non mancano i mezzi per esprimere questi sentimenti. Lo stupore davanti al Creato fa parte forse dei sentimenti più universali, più antichi dell’uomo ...

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NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Fulda in Germania, presentata da mons. Johannes Kapp, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Karlheinz Diez, del clero della medesima diocesi, finora professore di teologia dogmatica ed ecumenica presso la Facoltà Teologica di Fulda, assegnandogli la sede titolare vescovile di Villa del Re. Mons. Diez è nato a Freigericht-Horbach (diocesi di Fulda) il 20 febbraio 1954. E’ stato ordinato sacerdote il 10 ottobre 1978. 

 

          

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la situazione in Iraq: l'Ambasciatore pakistano Qazi nominato inviato speciale delle Nazioni Unite.

Sempre in prima, la fotonotizia dal titolo "L'abbraccio del Santo Padre ai bambini della Valle d'Aosta".

 

Nelle vaticane, l'intervento del Cardinale Renato Raffaele Martino al Seminario su "Poverty and Globalization: Financing for development, including the Millennium development goals":  La crisi dei Paesi poveri fortemente indebitati si inscrive in un sistema di relazioni di natura politica e non di mercato.

 

Nelle estere, Medio Oriente: Sharon si allea con Peres per realizzare il ritiro da Gaza.

Per l'"Atlante geopolitico" una pagina - a cura di Marcello Filotei e di Giuseppe Fiorentino - dal titolo "Il 13 agosto si apre la XXV edizione delle Olimpiadi moderne".

 

Nella pagina culturale, un articolo di Armando Rigobello sull'opera di Emmanuel Levinas "Difficile libertà" (uscita in edizione italiana).

Per l'"Osservatore libri" un approfondito contributo di Angelo Marchesi in merito al volume "Lo sfondo mistico della teologia", che illustra il pensiero teologico del benedettino tedesco Anselm Stolz (1900-1942).

 

Nelle pagine italiane, un articolo dal titolo "Il dovere di salvare degli esseri umani"; la vicenda della Cap Anamur, il comandante arrestato. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 luglio 2004

 

 

LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA EMETTE LA SUA SENTENZA:

L’ECOFIN HA SBAGLIATO A SOSPENDERE LA PROCEDURA CONTRO GERMANIA E FRANCIA PER DEFICIT ECCESSIVO.

I PARAMETRI DI MAASTRICHT VANNO RISPETTATI DA TUTTI

- Intervista con Enrico Singer -

 

La decisione di sospendere la procedura di infrazione per i deficit eccessivi di Germania e Francia presa dall’Ecofin (il Consiglio dei ministri dell’Economia e delle Finanze dell’UE) lo scorso novembre è illegittima, e dunque da annullare. La sentenza della Corte di Giustizia europea – pronunciata stamattina a Lussemburgo ed accolta con soddisfazione dalla presidenza di turno olandese e dalla Commissione UE – rappresenta, per molti osservatori economici, l’ennesimo segnale che il Patto di stabilità e crescita deve essere cambiato. Il servizio è di Massimiliano Menichetti.

 

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La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha annullato la decisione dei 15 ministri economici dell’Ecofin che il 25 novembre dello scorso anno avevano bloccato la procedura per deficit eccessivo contro Francia e Germania per aver superato, per il terzo anno consecutivo, il tetto del 3 per cento del rapporto deficit/pil, parametro stabilito dal trattato di Maastricht. La Commissione Europea aveva deciso di rivolgersi ai magistrati a gennaio ed oggi il presidente Romano Prodi in conferenza stampa ha espresso grande soddisfazione ed ha rimarcato che è stato confermato il ruolo essenziale del patto di stabilità nel processo di sorveglianza del bilancio. Parere positivo anche da Spagna, Olanda, Austria e Finlandia. Enrico Singer, corrispondente del quotidiano La Stampa a Bruxelles:

 

“Quello che è successo oggi è che gli Stati sovrani hanno votato il 25 novembre contro la decisione della Commissione e ne hanno elaborata un’altra loro e la Corte di giustizia ha ribadito che non era possibile un tale intervento per difetto di competenza, ma solo la bocciatura della decisione della Commissione, senza quindi trovare soluzioni alternative”.

 

Per il primo ministro francese Jean Pierre Raffarin la decisione non rimette in questione la politica di bilancio e la Germania sottolinea che permangono margini di manovra. Intanto, secondo alcuni osservatori internazionali, il patto di stabilità dovrebbe essere riformulato ed il presidente designato della Commissione UE, Jose' Manuel Durao Barroso, ha ribadito che verrà studiato con attenzione il modo di rendere il patto più credibile. Ancora Enrico Singer:

 

“Tecnicamente la decisione presa questa mattina dovrà adesso essere valutata: sia dalla Commissione Europea, cioè dall’esecutivo, sia dal Consiglio; però la situazione attuale evidenzia che il Patto di stabilità non è più adatto, infatti è stato pensato per far convergere le politiche dei Paesi che aderivano all’euro in un momento tra l’altro di espansione economica, adesso invece stiamo vivendo una fase di stagnazione. La decisione dei giudici lussemburghesi apre un dibattito in questa direzione perché se si dovesse riapplicare il Patto così come è bisognerebbe chiedere a Francia e Germania di applicare dei tagli netti ai bilanci così da permette in rientro ai parametri del 3 per cento entro la fine dell’anno, che di fatto è improponibile”.

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CONTINUANO LE POLEMICHE SUI 37 PROFUGHI SOCCORSI DALLA NAVE TEDESCA CAP ANAMUR.

IL MISSIONARIO COMBONIANO, PADRE SPADAVECCHIA,

CONFERMA AI NOSTRI MICROFONI LA NAZIONALITÀ SUDANESE DEI NAUFRAGHI.

 

Continuano le polemiche sui 37 profughi sudanesi della nave tedesca Cap Anamur, sbarcati ieri a Porto Empedocle, in Sicilia, dopo essere rimasti bloccati in acque internazionali per tre settimane. Molti i punti della vicenda ancora da chiarire. Tra essi, il mancato attracco del natante nel porto di Malta. Nel frattempo, tre membri dell’equipaggio, tra cui il capitano Stefan Schmidt, sono stati tratti in arresto. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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Si terrà giovedì davanti al gip di Agrigento l’udienza per convalidare l’arresto del comandante della Cap Anamur, del responsabile dell’omonima associazione umanitaria, Elias Bierdel, e del secondo ufficiale, il russo Vladimir Dhchkevitch, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I tre sono rinchiusi nel carcere agrigentino “Petrusa”. Sul piano diplomatico, la Germania, che ha chiesto formalmente la scarcerazione di Bierdel, si è estromessa ieri dall’intera vicenda, comunicando il suo rifiuto ad accogliere le domande d’asilo dei 37 profughi, che nella notte hanno presentato richiesta di asilo anche al governo italiano. Sulla loro nazionalità sudanese sono stati da più parti avanzati dei dubbi. Dubbi fugati dal missionario comboniano, padre Cosimo Spadavecchia, che abbiamo raggiunto telefonicamente mentre era dinanzi al centro di permanenza temporanea di Agrigento, la struttura che ospita i naufraghi:

 

R. – Ho diffuso un comunicato dicendo che sono stato tre giorni con loro sulla nave e parlavo in inglese e in arabo, sia in pubblico che in privato e tutti mi capivano. Anche il loro stesso modo di salutare era alla maniera sudanese. Quando abbiamo pregato, in due occasioni, abbiamo pregato cristiani da una parte e musulmani dall’altra, rispettandosi a vicenda. Questo è un vero modo sudanese di comportarsi.

 

D. – Lei sa che cosa sta avvenendo nel centro, se stanno iniziando le procedure di identificazione?

 

R. – Sembra che ieri ci siano stati parecchi avvocati che si presentavano a loro, ma loro hanno rifiutato di incontrarli, hanno aspettato che venissi perché potessimo noi trovarne uno. Adesso sto cercando di vedere attraverso l’arcivescovo che cosa fare.

 

D. – Che cosa succederà a queste persone, perché nei centri di permanenza temporanea dovrebbero starci gli immigrati clandestini…

 

R. – Infatti, il prefetto della Regione, prima che arrivassero, aveva detto che sarebbero andati in un centro di identificazione di immigrati. Adesso la società civile si sta muovendo contro questa situazione.

 

D. – Che cosa può dirci circa le loro condizioni psicologiche?

 

R.- Si trovano proprio in una condizione disastrosa perché non sanno qual è il loro futuro. In più, quando hanno saputo che anche quelli della nave sono agli arresti sono rimasti molto sconvolti perché c’era una stretta amicizia tra loro e l’equipaggio.

 

D. – Padre, come commenta l’intera vicenda?

 

R.- Sento rabbia per questa situazione di ingiustizia di cui soffrono gli africani e li paragono a me stesso che, da italiano, posso andare ovunque. In più mi arrabbio perché l’equipaggio della nave è stato come il buon samaritano che è andato incontro a questi uomini, ma adesso stanno in prigione. Mi sento ribollire il sangue di fronte all’indifferenza, di fronte a queste situazioni che si ripetono giorno dopo giorno. Ma non è solo l’indifferenza ad indignarmi, trovo inaccettabile che chi si offre di salvare queste persone dalla morte sia costretto a subire una punizione.

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Dal canto suo, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha sollecitato un maggiore coordinamento in Europa in materia d’immigrazione. Secondo l’organismo dell’Onu, bisognerebbe mettere a punto una domanda di asilo europea.

 

 

L’AIDS COME IL TERRORISMO:

IL MONITO DELL’ONU ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

- Con noi, Nicoletta Dentico -

 

Cresce nel mondo il numero di orfani dell’Aids, passato negli ultimi due anni da 11 milioni e mezzo a 15 milioni. Lo hanno rivelato le Nazioni Unite, in un rapporto presentato stamattina alla XV Conferenza internazionale sul virus Hiv, in corso a Bangkok. Proprio il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha messo in guardia la comunità internazionale sull’inadeguatezza degli sforzi compiuti finora. Un monito particolare agli Stati Uniti, che – ha detto il capo del Palazzo di vetro – dovrebbero guidare la lotta all’Aids con lo stesso impegno mostrato nella guerra al terrorismo ed alle armi di distruzione di massa. Il commento di Nicoletta Dentico, vicepresidente dell’Osservatorio permanente sulla salute globale, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. – Io credo che Kofi Annan abbia posto il dito su un punto estremamente importante: non è una questione di soldi, ma di volontà politica. Questo vale sicuramente per gli Stati Uniti, ma non solo per loro. È anche vero che negli scorsi anni - al G8 di Evian, per esempio - Washington aveva annunciato 15 miliardi di dollari nella lotta contro l’Aids e di questi ben poco è giunto al Fondo globale per la salute, ben poco è stato effettivamente stanziato. Ovviamente, il problema dei fondi esiste… Ma basta vedere cosa è stato fatto contro la SARS, o nel campo del bioterrorismo, per dire che evidentemente sono queste le vere priorità, mentre l’AIDS ancora non lo è, per la comunità internazionale.

 

D. – Un’altra accusa diretta agli Stati Uniti è venuta dalla Francia. In sostanza, Parigi ha accusato Washington di ricattare economicamente i Paesi in via di sviluppo per impedire loro di produrre quei farmaci a basso costo che curerebbero l’AIDS ma ucciderebbero il sistema di brevetti delle case farmaceutiche ...

 

R. – Gli Stati Uniti hanno attuato negli ultimi anni una politica effettivamente molto inquietante: una serie di accordi bilaterali con diversi Paesi in via di sviluppo, per far sì che gli accordi sulla proprietà intellettuale diventassero via via sempre più restrittivi e per impedire ai Paesi in via di sviluppo quella libertà di movimento che pure l’Accordo sulla proprietà intellettuale (il cosiddetto Trips) permette. Ora, nell’ambito della politica statunitense c’è sicuramente una grande pressione esercitata dalle case farmaceutiche… C’è un problema politico enorme, sul quale l’Europa, però, potrebbe giocare un ruolo attivo, rilanciando la liberalizzazione della produzione dei farmaci. Fino ad oggi, purtroppo, non abbiamo visto l’Europa giocare questo ruolo.

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ROMPERE IL MURO DI SILENZIO CHE CIRCONDA I MASSACRI IN UGANDA:

E’ L’APPELLO LANCIATO DURANTE UN CONVEGNO A ROMA

- Interviste con il cardinale Renato Raffaele Martino, Savino Pezzotta, Sergio Marelli e padre Tarcisio Apostoli -

 

Rompere il muro di silenzio che circonda le stragi degli innocenti in Uganda, dove in 18 anni un conflitto strisciante ha fatto oltre 100 mila morti e più di un milione e mezzo di profughi. L’appello è stato lanciato a Roma in un Convegno organizzato dal magazine no profit “Vita”, dalla Cisl e dal Comune di Roma nell’ambito delle iniziative per la manifestazione “Italia-Africa 2004”. Il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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Contro l'incubo di una guerra civile che da quasi due decenni si combatte fra il governo in carica del presidente Yoweri Museveni e le milizie ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (LRA), guidato da Joseph Kony, la società civile europea si mobilita per lanciare un appello alla Comunità internazionale ed al Governo italiano affinché si metta fine alla tragedia umanitaria in atto nel Paese africano. Oltre 25 mila, secondo i missionari, i bambini rapiti dai ribelli per farne dei piccoli, spietati soldati.

 

Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, è stato recentemente in Uganda dove ha visitato i campi degli sfollati e le case di accoglienza per gli ex bambini soldato. Ecco quello che ha visto:

 

“Ho visto ragazzi senza naso, senza braccia, senza dita, senza orecchie ... Perché? Perché hanno subìto questo dall’“Esercito di resistenza del signore”.

 

Anche il leader della Cisl Savino Pezzotta chiama i Governi alla solidarietà e alla difesa della democrazia, la cui mancanza in Uganda è concausa degli orrori che lì si verificano:

 

“La democrazia è legata allo sviluppo, è legata alla crescita, e allora si può far molto, soprattutto negli ambiti internazionali. In una realtà come l’Uganda, che non vi sia un intervento delle Nazioni Unite, è alquanto sconcertante. Il nostro Paese dovrà richiederlo!”.

 

Tuttavia, tra mille difficoltà il popolo dell’Uganda non viene lasciato solo. I volontari delle organizzazioni non governative restano al loro posto per ridare la speranza a questo Paese. Sergio Marelli,dell’associazione delle ONG italiane:

 

“La speranza c’è. L’Uganda come altri Paesi, è abitato da popolazioni che hanno chiaramente dimostrato che quando appena si dà loro qualche risorsa, qualche opportunità sanno sfruttarla e sanno sfruttarla al meglio”.

 

Ma come è possibile che in tanti anni la guerriglia dell’Esercito di resistenza del signore – composto da non più di 3mila unità – non sia mai stato sconfitto? Giulio Albanese, direttore dell’agenzia giornalistica missionaria MISNA, parla di una mancanza di volontà da parte del governo di Museveni, che la comunità internazionale dovrebbe invece costringere a difendere i civili indifesi di cui egli è il presidente. Ma le responsabilità nelle stragi degli innocenti ugandesi sono ben più vaste: il Sudan, ad esempio, appoggia il leader dei ribelli Kony, per destabilizzare la regione. Ascoltiamo padre Tarcisio Apostoli, per oltre 50 anni missionario in Uganda:

 

“Il governo del Sudan sa benissimo dov’è Kony, questo criminale, che ha una casa a Khartoum, quindi se si volesse, si potrebbe benissimo metterlo a tacere, metterlo in prigione”.

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APPLAUSI E CONTESTAZIONI PER LA TRAVIATA ALL’ARENA DI VERONA

MESSA IN SCENA DOMENICA SCORSA DAL REGISTA INGLESE GRAHAM VICK

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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(musica)

 

Inizio spettacolare, trasgressivo, sorprendente, quello della Traviata veronese messa in scena dal regista inglese Graham Vick coadiuvato dalle scene ed i costumi di Paul Brown. Punto di riferimento: la perennità del mito della donna-oggetto-icona e l’illusoria sicurezza sociale ed economica che la circonda, messa in crisi dalla verità dell’amore e della passione. “Ho voluto rafforzare l’idea di un soggetto attuale perché anche noi viviamo in una società che sa il prezzo di tutto e il valore di niente”, afferma Vick: di conseguenza, la sua regia spudorata e teatralissima, senza forzare mai la drammaturgia verdiana ma reinventandola con travolgente e grottesca fantasia, sposta la storia ai giorni nostri e la sovraccarica di eccitazione, gesti, dramma e solitudine. Costumi illuminati da lampadine, processioni di gaudenti dediti a piaceri poco leciti, papà Germont con valigetta da gangster che tenta di comprare la fedeltà di Violetta ed alla fine, per lei, una morte drammatica, allucinata, beatificante.

 

Ovvio che tutto questo ha diviso il pubblico, suscitando tante contestazioni quanti applausi, rivolti soprattutto al baritono, Ambrogio Maestri, al tenore, Giuseppe Sabbatini, e a Mariella Devia, coraggiosa Violetta dalla voce adamantina che ha così commentato questa sua anticonvenzionale Traviata areniana:

 

(musica)

 

“Noi abbiamo lavorato per circa un mese e questo spettacolo mi ha convinta subito, mi è piaciuto moltissimo interpretare questo ruolo in un modo leggermente diverso da come si fa di solito, in modo più moderno; la situazione era ambientata praticamente ai nostri giorni e quindi costumi diversi, atteggiamenti diversi dal solito. Però, secondo me, era tutto molto bello. I personaggi, comunque, non cambiano perché il loro carattere è attualissimo.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

13 luglio 2004

 

 

PROSEGUE NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

IL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MISSIOLOGIA “TERTIO MILLENNIO”.

L’INCONTRO E’ PROMOSSO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE NAZIONALE DEL CONGO

- A cura di padre Joseph Ballong -

 

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KINSHASA. = Diverse conferenze, il cui filo conduttore è l’Africa evangelizzata ed evangelizzatrice, alimentano la riflessione e i dibattiti dei congressisti. Mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, in Nigeria, presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), ha illustrato come in un’Africa travagliata da numerosi problemi, l’istituzione panafricana del SECAM rimanga uno strumento più che valido di solidarietà pastorale, con il quale la Chiesa deve continuare a dare speranza agli africani. Dopo di lui, il vescovo di Mbujimayi, mons. Tarcisio Tshibangu Tshishiku, ha chiesto al Congresso di ispirarsi alla visione missionaria profetica di Daniele Comboni per proporre la creazione di un centro comune e interafricano di studi e di formazione per la preparazione dei futuri missionari per l’Africa e fuori dall’Africa. Egli ha, dunque, lanciato un appello ai comboniani perché aderiscano ad una tale iniziativa. Poi è stata la volta di mons. Giuseppe Cavallotto, rettore della Pontificia Università Urbaniana di Roma: ha chiesto di dare un’attenzione particolare alla storia viva e concreta dei popoli e delle comunità ecclesiali per scoprire meglio l’azione del mistero di Dio. Dal canto suo, Maurizio Pivot, professore di Missiologia in Francia, ha proposto una nuova lettura del decreto conciliare sull’attività missionaria ‘Ad Gentes’, che tanga conto del fenomeno attuale della globalizzazione. La Chiesa cattolica in Africa è oggi fortemente interpellata dall’emergenza crescente delle sette, che non devono lasciare i pastori e i laici indifferenti. Questa problematica è stata affrontata da Alfonse Quièlhomme, professore all’Università cattolica dell’Africa dell’Ovest ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Infine, è attraverso e nei mass media ogni giorno più sofisticati, che la Chiesa è chiamata ad esercitare il suo ministero profetico in Africa, ha sottolineato Moinzé, professore di comunicazione sociale all’Università di Kinshasa.

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“DAL MOMENTO DELLA FECONDAZIONE DELL’OVULO VIENE INAUGURATA
UNA NUOVA VITA, CHE NON APPARTIENE NE’ AL PADRE, NE’ ALLA MADRE”:
COSI’ IL VESCOVO DI ESTELI’, MONS. GUEVARA,
ESPRIMENDO PREOCCUPAZIONE PER LA TUTELA DELLA VITA IN NICARAGUA

 

MANAGUA. = “La Chiesa guarda con estrema preoccupazione alla difficile situazione della famiglia e alle sfide poste alla dignità della vita della persona umana”. Così mons. Juan Abelardo Mata Guevara, vescovo di Estelí e presidente del Dipartimento Episcopale Vita e Famiglia della Conferenza Episcopale del Nicaragua. In un comunicato, il prelato sottolinea come le “minacce alla vita umana” siano state oggetto di vari dibattiti in Parlamento, evidenziando di aver assistito “con sconcerto e scoraggiamento” alla depenalizzazione del cosiddetto aborto terapeutico. L’aborto effettuato adducendo “ragioni terapeutiche”, infatti, non solo non viene considerato un delitto, ma è visto addirittura come un diritto, “al punto da pretendere un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato”. Le conseguenze di questa presa di posizione possono essere “fatali” per la società di oggi, sempre più “senza Dio”, “senza speranza” e basata su una “mentalità conformista ed egoista”. “Dal momento della fecondazione dell’ovulo - ribadisce mons. Mata Guevara - viene inaugurata una vita, che non è né del padre né della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa da sé. L’aborto, quindi, è grave da due punti di vista: per il fatto di eliminare una vita della quale l’uomo non è padrone, perché l’unico padrone della vita è Dio, e perché si tratta della vita di un essere umano innocente e incapace di difendersi. (D.D.)

 

 

SENTENZA STORICA IN GUATEMALA. DIVERSI MILITARI SONO STATI CONDANNATI

PER AVER BARBARAMENTE UCCISO 11 INDIOS NEL 1995.

 

GUATEMALA. = “È una sentenza che ha enorme valore, soprattutto perché in Guatemala quando in episodi del genere sono coinvolti militari o politici la loro responsabilità viene sempre messa a tacere”. Con queste parole Nery Rodenas, direttore dell’Ufficio per i diritti umani dell’arcivescovado di Città del Guatemala (Odhag), ha commentato all’agenzia Misna la condanna a 40 anni di carcere di un tenente e 13 soldati dell’esercito per la strage di 11 indios, tra cui due bambini, perpetrata nella comunità di ‘Aurora 8 de Octubre’ a Xamán (dipartimento settentrionale di Alta Verapaz) nel 1995. “Credo che sia una delle poche volte, o forse l’unica - ha ribadito Rodenas, riferendosi al lungo conflitto interno che dal 1960 al 1996 ha insanguinato il Paese - in cui i militari sono riconosciuti colpevoli per gli abusi contro le comunità indigene durante la guerra civile”. “È la dimostrazione - ha aggiunto il direttore dell’Odhag, organismo fondato da monsignor Juan José Gerardi Conedera, barbaramente ucciso il 26 aprile del 1998 - che anche in questo Paese la magistratura può fare il proprio lavoro, quando esiste la volontà politica”. Soddisfatta per il pronunciamento della corte, che ha, inoltre, stabilito che d’ora in poi nessun tribunale militare potrà giudicare crimini commessi contro la popolazione civile, anche il Premio Nobel per la pace Rigoberta Menchú. (B.C.)

 

 

IN PAKISTAN L’INTOLLERANZA RELIGIOSA E LA DISCRIMINAZIONE DELLE MINORANZE

NON CESSERANNO DI ESISTERE SENZA UN IMPEGNO CONCRETO DEL GOVERNO:

E’ LA DENUNCIA DELLA COMMISSIONE NAZIONALE DI GIUSTIZIA E PACE

 

FAISALABAD. = Se non si passerà dalla teoria ai fatti, la tolleranza religiosa è destinata a rimanere un’illusione in Pakistan, nonostante tutti i governi, civili e militari, abbiano fatto promesse e alimentato grandi aspettative. Lo denuncia la Commissione nazionale di giustizia e pace (NCJP), nel suo ottavo rapporto sui diritti umani, dedicato quest’anno alla situazione delle minoranze religiose in Pakistan, Paese a maggioranza musulmana. Le ingiustizie riguardano soprattutto questioni legali: è la legge stessa, secondo la  NCJP, che stabilisce discrimini religiosi. Finché le Ordinanze “Hudood”, “Qisas”, “Diayat” e la legge sulla blasfemia - che puniscono anche con la flagellazione e la lapidazione i comportamenti incompatibili con la legge islamica - influenzeranno la Costituzione del Paese, è difficile immaginare la possibilità di una condizione di libertà religiosa. Le minoranze, inoltre, devono affrontare diversi problemi legati al diritto privato, che regola questioni quali matrimonio, divorzio, difesa personale ed eredità. La NCJP, infine, ha avanzato diverse proposte, tra cui l’abolizione della Costituzione del Pakistan e delle leggi che discriminano le minoranze nonché il riconoscimento e il rispetto, da parte del governo, di tutte le religioni. (R.M.)

 

 

SEMPRE DRAMMATICA LA SITUAZIONE IN INDIA PER LE PIOGGE MONSONICHE

CHE SI SONO ABBATTUTE SUL PAESE ASIATICO.

COLPITI ANCHE IL BANGLADESH E IL NEPAL

- A cura di Maria Grazia Coggiola -

 

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NEW DELHI. = Secondo alcuni si tratta della peggiore alluvione degli ultimi dieci anni. Un terzo del Bangladesh, parte dell’India nord orientale e anche il vicino Nepal, si trovano sott’acqua per le piogge monsoniche che sono iniziate alla fine di giugno. Le stime parlano di cinque milioni di senzatetto e dozzine di morti. Straripamenti e smottamenti hanno colpito un terzo del Bangladesh, un Paese dove le alluvioni ogni anno provocano enormi devastazioni. Secondo il governatore dello Stato dell’Assam, nel nord-est dell’India, una delle regioni più colpite oltre al Bihar e all’Uttar Pradesh, sarebbero state distrutte 400 mila case a causa dello straripamento del Brahmaputra, uno dei grandi fiumi indiani. L’Assam, Stato famoso per la produzione del thè, ha chiesto l’aiuto della comunità internazionale. Per ora i soccorsi sono gestiti dall’esercito, ma è molto difficile raggiungere i villaggi colpiti perché sono stati tagliati i collegamenti stradali e ferroviari. Migliaia di alluvionati si sono rifugiati sul tetto delle case. Come spesso capita in queste emergenze c’è il rischio che insorgano epidemie. Molte persone sono morte per il morso di serpenti, che il flusso d’acqua ha fatto finire nelle abitazioni. Secondo le previsioni meteorologiche provenienti da Dacca, la situazione, soprattutto in Bangladesh, potrebbe peggiorare nei prossimi giorni, con un intensificarsi delle piogge.

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24 ORE NEL MONDO

13 luglio 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq non si interrompe la catena di violenze: un soldato iracheno è morto per un’imboscata tesa da combattenti a nord di Mossul e, in una esplosione avvenuta a sud-ovest di Baghdad, sono rimasti feriti tre civili. E per migliorare la cornice di sicurezza nel Paese il ministro degli Esteri di Baghdad, Hoshyar Zebari, ha lanciato un appello affinché la Nato metta in pratica “prima possibile” la decisione di aiutare l’Iraq ad addestrare le proprie forze di sicurezza. Sulla vicenda del cittadino filippino tenuto in ostaggio da miliziani si registrano, intanto, notizie contrastanti. Un portavoce dell’esercito di Manila ha ribadito, stamani, che le Filippine non ritireranno il loro contingente prima del prossimo 20 agosto. Invece il vice ministro degli Esteri dello Stato asiatico ha annunciato, rivolgendosi ai rapitori, che l’esecutivo di Manila rimpatrierà rapidamente le proprie truppe per ottenere il rilascio dell’ostaggio.

 

Il segretario generale dell’Onu Kofi Annan ha nominato il nuovo inviato speciale in Iraq: si tratta dell’attuale ambasciatore pakistano a Washington, Ashraf Jehangir Qazi. Il nuovo rappresentante dell’organizzazione internazionale sostituirà Sergio Vieira de Mello rimasto ucciso insieme ad altre 21 persone nell’attentato compiuto da guerriglieri 11 mesi fa contro la sede delle Nazioni Unite a Baghdad.

 

In Israele il premier, Ariel Sharon, ed il leader dell’opposizione laburista, Shimon Peres, si sono detti d’accordo per lavorare insieme al disimpegno dalla Striscia di Gaza. L’intesa è stata raggiunta ieri, a Gerusalemme, durante l’incontro promosso per favorire la formazione di un esecutivo di unità nazionale. Il primo ministro dello Stato ebraico ha lanciato l’ipotesi di elezioni anticipate se i suoi alleati gli impediranno di allargare la coalizione. Shimon Peres ha dichiarato, inoltre, che risponderà positivamente all’offerta di Sharon di entrare nel governo, se saranno garantite l’attuazione del ritiro degli insediamenti da Gaza entro il 2005, una maggiore collaborazione con i palestinesi ed una più adeguata politica sociale.

 

I Paesi arabi hanno chiesto una riunione straordinaria dell’Assemblea generale dell’Onu affinché Israele si uniformi al parere espresso dalla Corte internazionale dell’Aja sul muro. La sentenza del tribunale, che ha chiesto di smantellare la barriera perché ritenuta illegale, non è stata accolta dal governo di Tel Aviv, intenzionato a proseguire, in Cisgiordania, i lavori per la costruzione del muro.

 

I terroristi della rete di Al Qaeda vogliono ancora colpire gli Stati Uniti che “resta un Paese in guerra”. Lo ha ribadito il presidente americano, George Bush, spiegando che “la guerra contro il terrore non potrà finire in un pareggio”. Ancora una volta Bush ha giustificato l’intervento bellico in Iraq anche se non sono mai state trovate armi di distruzione di massa. “Abbiamo fatto la cosa giusta”, ha ripetuto.

 

Riprenderà domani pomeriggio il processo al magnate del petrolio russo Mikhail Khodorkovsky, in carcere dall’ottobre scorso. Lo ha deciso questa mattina un tribunale di Mosca, rigettando l’istanza dei legali dell’azionista di riferimento della Yukos, che ne chiedevano la libertà provvisoria per motivi di salute. Secondo il Cremlino, l’azienda petrolifera avrebbe un elevato debito con lo Stato per imposte non pagate. Ma perché è tanto importante il processo Khodorkovsky per la Russia del presidente Putin? Giada Aquilino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe:

 

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R. - Si diceva che Khodorkovsky avesse delle ambizioni politiche e che Putin abbia voluto stroncarle. Mi sembra più seria, però, la motivazione addotta da chi sostiene che Putin, attaccando Khodorkovsky, stia in qualche modo mescolando gli equilibri di potere economico che erano usciti dall’era Eltsin e ridistribuendo le risorse tra le figure più fedeli all’attuale amministrazione di Mosca. Ma soprattutto mi pare che questo attacco a Khodorkovsky segnali quanto le sorti del Cremino - e in generale della Russia - siano ancora legate all’industria petroliera. Con i proventi del petrolio Putin paga i salari, paga l’Armata Rossa, può pagare le pensioni e, quindi, in qualche modo garantire alla Russia una certa pace sociale.

 

D. – Ma cosa rischia effettivamente il magnate del petrolio russo?

 

R. – Un primo risultato è che l’azienda, di fatto, non è più sua. Ciò che rischia dal punto di vista penale a questo punto è abbastanza difficile dirlo, perché nell’ultimo anno sono spuntate nuove accuse. Il nocciolo della questione è che lui non avrebbe pagato 3 miliardi e mezzo di dollari di tasse. Ora per Khodorkovsky, che viene accreditato di una fortuna personale di 15,5 miliardi di dollari, non dovrebbe essere un enorme problema saldare tale debito. Evidentemente le questioni sono altre.

 

D. – Quali sono allora i progetti di Putin per il petrolio, le privatizzazioni e le alleanze internazionali?

 

R. – Putin non è assolutamente disposto a lasciare ad altri, che non siano fedelissimi del Cremino, la gestione delle risorse strategiche. C’è comunque da aggiungere che la vera colpa degli oligarchi - secondo me - non è stata quella di aver realizzato colossali profitti, ma di aver poi sostanzialmente trasferito all’estero gran parte di quei profitti.

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Rimane critica la situazione in Cecenia. Diciotto miliziani della guardia presidenziale e, fedele all’amministrazione russa, sono morti in combattimenti contro guerriglieri separatisti nella parte meridionale della regione. Gli scontri, nei quali sarebbero morti anche 24 ribelli, sono avvenuti tra ieri ed oggi nel distretto di Shali, dove già nelle settimane scorse i federali russi avevano compiuto azioni di rastrellamento contro la guerriglia.

 

Ancora violenze in Kashmir, regione contesa da India e Pakistan. Questa mattina la guerriglia separatista ha tentato di uccidere il vicepremier, Mangat Ram Sharma, lanciando una granata contro il convoglio su cui viaggiava a Srinagar. L’uomo è rimasto illeso, ma l’esplosione ha ferito quattro persone. L’episodio rientra nel tentativo dei guerriglieri di sabotare il processo di pace in corso tra Islamabad e New Delhi.

 

Spostiamoci in Italia. Con il tavolo tecnico di oggi pomeriggio sulle riforme si conclude la verifica all’interno della maggioranza di centrodestra. Il clima sembra più disteso ma il ministro del Welfare, Roberto Maroni, smentisce che dal governo e dalla maggioranza si siano allontanate le nubi della rottura. C’è comunque un accordo sulle linee guida della manovra economica ma non sul successore di Tremonti al ministero del Tesoro. Domani il premier, Silvio Berlusconi, farà il punto della situazione in Parlamento. Intanto, dure critiche dell’opposizione del centrosinistra che parla della verifica come di un rito sconcertante. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Misure per lo sviluppo economico e la riforma fiscale, senza ridurre gli interventi per il Mezzogiorno: è questo il principale risultato dei due giorni di verifica, iniziata con toni molto duri e andata avanti in un clima più costruttivo. C’è dunque un accordo di massima nel centro-destra sulla politica economica ma non sul nome di chi dovrà gestirla. Il vice premier Gianfranco Fini, che dopo un lungo braccio di ferro nei giorni scorsi aveva chiesto ed ottenuto le dimissioni di Tremonti, ieri sera ha rifiutato l’invito di Berlusconi e degli alleati a prenderne il posto al dicastero dell’Economia. Fini è soddisfatto perché si è affermato il principio della collegialità nelle scelte sui temi economici; meno soddisfatta la Lega che sottolinea il persistere di incertezze sulla riforma federalista e ancora meno soddisfatta l’Udc di Follini, il partito che più di altri aveva preteso questa verifica. L’Udc sosterrà la manovra e insieme ad An chiede con forza l’inserimento della clausola di interesse nazionale nella legge sulla ‘devolution’, cioè il passaggio dallo Stato alle regioni dei poteri in materia di scuola, sanità e polizia locale. Ma cosa farà, adesso, l’Udc che alla vigilia del confronto aveva minacciato di uscire dal governo e appoggiarlo dall’esterno? Lo spiega il segretario Follini in un’intervista: “Resteremo dentro il governo ma certo, nella coalizione – dice Follini – qualcosa si è rotto e va ricostruito per governare efficacemente negli ultimi due anni di legislatura e affrontare le elezioni del 2006. Il problema – dice ancora Follini – è politico e non di poltrone”. L’Udc, insomma, non cambia schieramento ma sullo sfondo resta il sospetto di Forza Italia e Lega che Follini e il presidente della Camera, Casini, vogliano piuttosto ricreare un centro forte, magari una nuova Democrazia Cristiana, per sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi. E questo nodo nei rapporti politici e personali non sembra destinato a sciogliersi presto.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Via libera della commissaria dell’Unione Europea per i Trasporti, Loyola de Palacio, al prestito in favore di ‘Alitalia’ grazie anche all’impegno del governo italiano di privatizzare l’azienda entro sei mesi o al massimo un anno. L’autorizzazione, che appare scontata, dovrà essere confermata formalmente dal collegio dei commissari europei nell’ultima riunione dell’eurogoverno prima della pausa estiva.

 

Ad un mese dall’inizio delle Olimpiadi di Atene, un blackout elettrico ha messo ieri letteralmente in ginocchio la capitale ellenica. Tutto il sistema di trasporto pubblico urbano, treni, autobus e metropolitana, si è fermato per un’ora. Il ministro dello Sviluppo, Dimitris Sioufas, ha comunicato l’istituzione da parte del governo di una commissione d’inchiesta. Secondo il gestore nazionale di energia elettrica, il blocco sarebbe stato provocato da un aumento nell’uso degli impianti di condizionamento.

 

 

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