RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 194 - Testo della trasmissione di lunedì 12 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Stamani, nuova escursione ad alta quota di Giovanni
Paolo II. Ai nostri
microfoni, il direttore della Sala Stampa vaticana, Navarro-Valls, che racconta
momenti ed emozioni di questo soggiorno valdostano del Papa, ed una riflessione del priore di Bose, Enzo Bianchi, sul richiamo del
Pontefice, ieri all’Angelus, a riscoprire il valore del silenzio per ascoltare
il Signore.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Si sblocca la vicenda della nave Cap
Anamur. I 37 profughi
sudanesi, sbarcati a porto Empedocle, saranno alloggiati per ora nel centro di
permanenza temporanea di Agrigento. Intervista
con Laura Boldrini e
padre
Trasparano Di Vincenzo
CHIESA E SOCIETA’:
La Francia sotto shock per l’ennesimo
episodio antisemita
Al via da ieri in Thailandia
i lavori della XV Conferenza internazionale sull’Aids
Gravi inondazioni in India Nord
orientale e Bangladesh a causa delle piogge monsoniche
In Israele primo incontro,
questa mattina, tra Sharon e Peres per discutere l’ipotesi di un governo di
unità nazionale che
dovrà portare a compimento il disimpegno dalla Striscia di Gaza
In Iraq il premier Yiad Allawi ha
incontrato a Baghdad, per la prima volta dal suo insediamento, tutti i più
importanti capi tribù dello Stato arabo.
12 luglio 2004
STAMANI, NUOVA ESCURSIONE AD ALTA QUOTA DI
GIOVANNI PAOLO II.
AI
NOSTRI MICROFONI, IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA,
NAVARRO-VALLS,
RACCONTA MOMENTI ED EMOZIONI
DI
QUESTO SOGGIORNO VALDOSTANO DEL PAPA. UNA
RIFLESSIONE
DEL PRIORE DI BOSE, ENZO BIANCHI, SUL RICHIAMO DEL
PONTEFICE,
IERI
ALL’ANGELUS, A RISCOPRIRE IL VALORE DEL SILENZIO PER ASCOLTARE IL SIGNORE
- A cura di Alessandro Gisotti -
Prosegue il soggiorno estivo del
Papa a Les Combes, tra le amate Alpi valdostane. Ieri, all’Angelus, il Santo
Padre ha ricevuto l’abbraccio caloroso di migliaia di fedeli, accorsi da tutta
la regione. Stamani, invece, è uscito per un’escursione, che durerà tutto il
giorno. A raccontarci come il
Papa sta trascorrendo questo ore, abbiamo oggi un cronista d’eccezione: il
direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il dottor Joaquín
Navarro-Valls, raggiunto telefonicamente in Valle d’Aosta da Alessandro
Gisotti:
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R. – Siamo partiti questa mattina presto come al solito e
adesso siamo arrivati nel luogo, dove passerà la giornata. La cosa stupenda è
il paesaggio che da qui può vedere il Santo Padre. Penso che il Papa oggi si
potrà riposare molto bene qui.
D. – L’amore di Papa Wojtyla per le montagne è ben noto,
ce lo sta confermando anche lei adesso. C’è qualche aneddoto che può rivelarci
delle escursioni di questi giorni?
R. – Direi questa gioia del Santo Padre davanti al
paesaggio. Si passa alle volte da un po’ di pioggia, al sole, al vento, ma
tutto questo non disturba. Lui vede questa natura in tutta la sua bellezza. E
poi è evidente che vede in tutto questo una epifania di Dio, una manifestazione
dell’Autore di questa natura.
D. – Direttore, quali sono altri aspetti, altri momenti
che maggiormente stanno caratterizzando questo soggiorno valdostano del Papa?
R. – Ci sono tre elementi che si vedono ogni giorno. Le
lunghe letture: il Papa fa portare con sé nella macchina dei libri e legge.
Approfitta a leggere quello che, per ovvie ragioni, non ha avuto il tempo di
leggere quando sta normalmente in Vaticano. C’è chiaramente la preghiera, che a
volte è silenziosa: in altre occasioni invece è possibile sentire ed ascoltare
il Papa che prega. E poi ci sono lunghe conversazioni con le persone che gli
stanno intorno. Si vede che il Papa vuole mantenersi in contatto con tutto
quello che succede nel mondo. Spesso ci sono delle notizie tristi e spesso
anche delle notizie gioiose. Si vede questa volontà del Papa di non voler
staccarsi da tutte quelle che sono le gioie e le tristezze dell’umanità, anche
se lui fisicamente è lontano dal suo ‘posto di lavoro’ in Vaticano.
D. – Nonostante l’attività del Papa sia ovviamente
rallentata, proprio in questi giorni c’è stato un annuncio davvero importante.
Il 28 agosto verrà consegnata alla Chiesa ortodossa la Sacra Icona della
Madonna di Kazan. Quali sono gli auspici del Santo Padre, legati a questo
evento?
R. – Da quando anni fa questa Sacra Icona della Madonna di
Kazan è arrivata al Santo Padre, il suo desiderio da allora è sempre stato
quello di donare questa icona della Madonna, perché continuasse il culto e
l’adorazione del popolo russo. Adesso lui ha giudicato che questo è il tempo
opportuno e ha deciso e addirittura concordato con il patriarcato di Mosca
questa data del 28 agosto.
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Della consegna della Sacra Icona di Kazan della Madre di
Dio alla Chiesa Ortodossa, il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio
II, aveva parlato il 9 luglio scorso, durante l’incontro con i partecipanti
alle celebrazioni nel Monastero della Dormizione a Tikhvin. In particolare,
aveva affermato che una delegazione vaticana avrebbe donato questa icona alla
Chiesa ortodossa russa nella Cattedrale della Dormizione in Cremlino, il
prossimo 28 agosto. “Questi oggetti sacri che rimpatriano – ha sottolineato
Alessio II – aiuteranno il nostro popolo a ritornare ai valori spirituali che
la Chiesa ortodossa russa ha consolidato durante la sua storia millenaria”.
E torniamo all’Angelus di ieri: il
Papa ha messo l’accento sulla necessità di riscoprire il valore profondo del silenzio,
un bene, ha detto, sempre più raro nella società moderna. “Solo nel silenzio –
ha avvertito – l’uomo riesce ad ascoltare nell’intimo della coscienza la voce
di Dio, che veramente lo rende libero”. Sulle parole del Papa, Alessandro
Gisotti ha raccolto la riflessione del priore della
comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi:
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R. – Siamo in una società che vive soprattutto di rumore,
in cui i messaggi sono talmente tanti che impediscono un vero ascolto, e impediscono
quel silenzio che è quel grembo nel quale è possibile sentire innanzitutto la
propria verità e nella propria verità la voce di Dio che parla a tutti gli
uomini. Credo che molti mali della società attuale siano proprio dovuti alla
mancanza di vita interiore. La vita interiore, però, ha bisogno del silenzio.
Il silenzio è il suo ambiente. Senza il silenzio la vita interiore non è
possibile.
D. – Come lei diceva, in questa società c’è molto rumore,
c’è anche molta informazione, ma forse c’è anche molta solitudine per l’uomo?
R. – Certamente, perché non è comunicazione né il rumore
né la molteplicità esagerata dei messaggi che l’uomo riceve. Anche per la
comunicazione tra noi uomini, sappiamo che è necessario il silenzio. Il
silenzio è costitutivo della parola, è come il bianco sul quale vengono scritte
le lettere nere che ci permettono di leggere. Per cui se manca il silenzio,
manca la comunicazione, e se manca la comunicazione è impossibile la comunione.
D. – Il Papa ha sottolineato che nella società moderna
talora si toglie spazio al raccoglimento sino a rendere le persone incapaci di
riflettere e di pregare. E’ davvero così difficile oggi trovare dei momenti di
raccoglimento, dei momenti di riflessione?
R. – La televisione ci assorda dal mattino alla sera e
anche la vita si è fatta veloce, frenetica, dispersiva, per cui effettivamente
noi siamo circondati non dalla parola, siamo circondati dal rumore, e
discernere la parola con la “P” maiuscola, la Parola di Dio, tra le varie
parole che ci vengono offerte attraverso questo rumore, è diventata
un’operazione faticosa, difficile.
D. – Giovanni Paolo II ha detto ancora che le vacanze
possono aiutare a riscoprire e coltivare il silenzio, indispensabile dimensione
interiore dell’esistenza umana. Come è possibile, secondo lei, vivere questa
dimensione in un periodo, comunemente dedicato allo svago?
R. – Non dovremmo mai dimenticare che “vacanze” è
apparentato a quel termine così caro alla tradizione spirituale cattolica del
“vacare Deo”(“essere libero per Dio”), cioè il lasciare del tempo in cui si sta
davanti a Dio. Le vacanze sono anche un tempo in cui una persona, prendendo la
distanza dal proprio quotidiano, dal proprio ambiente - perché normalmente va
in un altro luogo - ha l’occasione di guardare l’opera che compie giorno dopo giorno
a distanza. Noi dovremmo fare questo lavoro in vacanza e farlo davanti a Dio
diventa un’operazione di verità, un’operazione di liberazione da tutti gli
idoli e da tutte le alienazioni che ci attorniano e ci schiacciano.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Ciudad del Este in
Paraguay padre Rogelio Ricardo Livieres Plano, della Prelatura dell'Opus Dei,
cappellano del Centro Universitario "Ykuá" della stessa Prelatura in
Asunción. Di origine
e nazionalità paraguaiana, è nato il 30 agosto 1945 a Corrientes in Argentina.
E’ stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1978.
Il Papa ha quindi nominato vescovo di Encarnación, sempre
in Paraguay mons. Ignacio Gogorza Izaguirre,
dei Preti del Sacro Cuore di Gesù di Bétharram, finora vescovo di Ciudad del
Este. È nato in Azcoitia, diocesi di San Sebastián in Spagna, il 28
luglio 1936. E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1961 e consacrato vescovo
il 7 giugno 1998.
Il Pontefice ha poi nominato
vescovo della diocesi di Pemba in Mozambico padre Maguengue, del clero di
Maputo, rettore del Seminario Teologico Interdiocesano “S. Pio X”. E’ nato
il 2 agosto 1964 a Chidenguele nella diocesi di Xai-Xai. E’ stato ordinato sacerdote
il 14 maggio 1989.
Infine, sempre per il Mozambico,
Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi
di Xai-Xai presentata da mons. Júlio Duarte Langa, per raggiunti limiti di
età. Gli succede padre Lucio Andrice Muandula, parroco della Cattedrale di
Maputo e professore al Seminario Teologico Interdiocesano “S. Pio X”. Padre
Lucio Andrice Muandula è nato a Maputo il 9 ottobre 1959 ed è stato ordinato
sacerdote il 14 maggio 1989.
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Spicca in prima pagina il
titolo "Nel silenzio del meraviglioso spettacolo della natura l'uomo
ascolta la voce di Dio": da Les Combes, in Valle d'Aosta, di fronte all'incomparabile
scenario delle Alpi, Giovanni Paolo II guida la recita dell'Angelus ed esorta a
ritrovare lo spazio del raccoglimento interiore.
Nelle vaticane, due pagine con
articoli sulle iniziative pastorali promosse in varie Diocesi italiane.
Nelle estere, Medio Oriente:
attentato palestinese a Tel Aviv provoca un morto e non meno di venti feriti.
Riguardo all'Iraq si rileva il
comune impegno con la Siria a migliorare la situazione delle frontiere.
Riallacciate con la Francia le relazioni diplomatiche.
Nella pagina culturale, un
articolo di Roberto Morozzo della Rocca dal titolo "La 'pedagogia
missionaria' di Guglielmo Massaja": riedito il volume sul Vicario Apostolico
dei Galla.
Nelle pagine italiane, Governo,
verifica: incontri bilaterali prima di un nuovo vertice.
Immigrazione: finalmente vince
l'umanità, in salvo i 37 sudanesi dell'"Anamur".
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12 luglio 2004
SI
SBLOCCA LA VICENDA DELLA NAVE CAP ANAMUR:
SBARCATI A PORTO EMPEDOCLE I 37 PROFUGHI SUDANESI: SARANNO ALLOGGIATI
PER ORA NEL CENTRO DI
PERMANENZA TEMPORANEA DI AGRIGENTO.
È
stato autorizzato dal governo italiano l’attracco della Cap Anamur al molo di
Porto Empedocle. Termina, quindi, dopo 22 giorni l’odissea della nave, battente
bandiera tedesca, con a bordo 37 profughi sudanesi, rimasta bloccata in acque
internazionali al largo della costa siciliana. L’Osservatore Romano, che esce
oggi pomeriggio, titola in prima pagina: “Finalmente vince l’umanità”. Il servizio
di Dorotea Gambardella.
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Dopo
un breve controllo sanitario compiuto a bordo dello stesso mercantile da alcuni
medici, gli immigrati sono stati fatti salire su un pullman per essere trasferiti
in un centro di accoglienza. Come ci conferma
Laura Boldrini, portavoce italiana dell’Alto
Commissariato Onu per i Rifugiati:
R. - Adesso queste persone
verranno portate in un centro dove saranno assistite, rifocillate e poi si
passerà all’identificazione. Chi vorrà fare domanda d’asilo alle autorità
italiane potrà farlo, dopodiché, poiché è stata già avanzata una domanda al
governo della Germania, bisognerà capire, in base al regolamento del 2002, chi
ha la responsabilità per la domanda d’asilo.
D. – Poiché queste persone
scappano da una situazione di guerra, non avrebbero il diritto di essere
accolti in tutti i Paesi?
R. – Prima di arrivare a questa
conclusione bisogna stabilire chi sono queste persone e da dove vengono, perché
finora sono state fatte solo delle illazioni. Nessuno le ha identificate,
bisogna seguire le procedure, quindi si procederà come da legge, perché l’asilo
segue delle tappe. Definire queste persone già “rifugiate” sembra molto
prematuro.
D. – Che cosa pensa dell’intera
vicenda?
R. – Una vicenda complicata. Ci
sono stati molti attori in
questa vicenda, molte versioni contrastanti. La soddisfazione nasce
dall’epilogo, dal fatto che comunque è stata data la precedenza alla linea
umanitaria e che sia prevalso il buon senso.
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Ma
come stanno da un punto di vista psicologico i 37 profughi? Abbiamo rivolto la
domanda a padre Trasparano Di Vincenzo, missionario comboniano che ha trascorso
diversi giorni a bordo della Cap Anamur.
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R. – Le condizioni psicologiche degli immigrati, fino a
ieri sera, erano abbastanza tragiche con momenti di isterismo e di pianto. Un
paio di persone hanno anche tentato di buttarsi in mare e tre sono andate a
finire in infermeria per le tensioni psicologiche che vivevano. Questo ha
creato tensione anche negli altri. Padre Cosimo Spadavecchia, mio confratello,
parlando in arabo con loro, ha cercato di tranquillizzarli, di creare un clima
di fiducia. Adesso li ho visti abbastanza sereni e speranzosi nello scendere
dalla nave, ma non mi è piaciuto che ognuno di loro sia stato accompagnato da
un poliziotto come se fosse un carcerato. Certamente ciò crea ulteriori
tensioni.
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Nel
frattempo, rischia l’arresto il comandante dell’imbarcazione, Stefan Schmidt,
che ieri aveva lanciato un ultimatum alla guardia costiera: se non fosse stata
accolta la sua richiesta di ingresso nel porto, si sarebbe comunque avvicinato
alla costa per l’incapacità di controllare la situazione a bordo, sempre più
tesa. Schmidt, che non appena sbarcato dalla nave, è stato condotto al commissariato
di polizia di Porto Empedocle, potrebbe essere incriminato per favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina.
SOLO
LA CARITA’ SALVERA’ IL MONDO: E’ L’APPELLO
LANCIATO AI NOSTRI MICROFONI DAL NUOVO
DIRETTORE GENERALE
DELL’OPERA DI DON ORIONE, DON FLAVIO
PELOSO
- Intervista con don Flavio Peloso -
L’Opera di Don Orione ha un nuovo direttore generale. Si tratta di
don Flavio Peloso, designato come settimo successore di San Luigi Orione
durante il 12.mo Capitolo generale dei Figli della Divina Provvidenza che si
tiene nei pressi di Roma, ad Ariccia, fino al prossimo 17 luglio. Ma qual è
oggi la principale sfida per la congregazione orionina, a quasi 2 mesi dalla
canonizzazione del loro fondatore, avvenuta il 16 maggio scorso? Ascoltiamo
proprio don Flavio Peloso intervistato da Amedeo Lomonaco:
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R. – La sfida consiste nell’affrontare la cultura debole,
il relativismo e l’indifferentismo presenti nell’attuale società. Nello stesso
tempo siamo chiamati a valorizzare la gioia e la fierezza del dono vocazionale
che abbiamo ricevuto. Un dono che ci porta a stringere i piccoli, i poveri e la
Chiesa al Papa per instaurare omnia in Christo mediante la carità.
D. – “Con l’aiuto di Dio e vostro, accetto”. Così padre,
lei ha risposto al direttore generale uscente quando le ha comunicato la
nomina. A queste parole quali intenti vuole accostare?
R. – Liberare il dono che è in noi. Dobbiamo liberarlo
dalle nostre debolezze personali e, a volte, dalle derive della vita
comunitaria che possono dipendere dalla nostra responsabilità ma anche dalle
mutate condizioni della società.
D. – Il generoso programma della vita di Don Orione era
quello di abbracciare tutte le anime e di salvarle tutte. Quali insidie
incontra oggi questo progetto apostolico?
R. – Dobbiamo preoccuparci che il dono sia vivo: l’ultimo
a vincere è Dio. Il Signore vince nella Sua grande, infinita misericordia e
provvidenza. La nostra vocazione è dono di Dio ed il Suo dono è superiore ad
ogni difficoltà e problema. E soprattutto, fa fermentare le tante potenzialità
positive che il mondo d’oggi ci presenta.
D. – Come seminare Cristo, la fede e la civiltà nei solchi
più umili e bisognosi dell’umanità?
R. –
Solo la carità salverà il mondo. Questo è il nostro modo di seminare, di arare
Cristo nel mondo e nella società di oggi.
D. – I Figli della Divina Provvidenza, le Piccole Suore
Missionarie della Carità, l’Istituto secolare ed il Movimento laicale sono
alcune delle espressioni della famiglia orionina. Quali sono i frutti della
loro opera?
R. – Credo che con la grazia di Dio si faccia un po’ di
bene. Noi guardiamo avanti e cerchiamo che cresca ancora questa pianta, la
piccola opera della Divina Provvidenza.
D. – L’opera di Don Orione è dunque una pianta con molti
rami tutti alimentati dalla stessa linfa e da uno spirito di fraterna carità
tra gli uomini …
R. – E’ questa linfa che è nostra responsabilità far
circolare. E’ la condizione per un’esplosione di carità e di fecondità.
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100 ANNI FA NASCEVA IL POETA CILENO PABLO NERUDA,
CANTORE
DEI POVERI E DELLA BELLEZZA DELLA NATURA
-
Intervista con Patricia Rivadeneira -
Cento
anni fa, il 12 luglio del 1904, nasceva il poeta cileno Pablo Neruda, cantore
dei poveri e della civiltà precolombiana, della bellezza della natura e delle
cose semplici. La fucilazione nel 1936, durante la guerra civile spagnola,
dell’amico e poeta García Lorca lo spinse ad impegnarsi nella politica entrando
nelle file del partito comunista cileno. Costretto per alcuni anni all’esilio
nel 1948 sotto il governo di Gonzales Videla, ottenne nel 1971 il premio Nobel
per la letteratura. E’ morto nel 1973 poco dopo il colpo di Stato del generale
Pinochet. Ma sulla figura e la poesia di Pablo Neruda ascoltiamo il servizio di
Monia Parente.
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(musica)
“Chi non è mai stato nella foresta cilena non conosce
questo pianeta. Io sono andato via da questo posto, da questi silenzi, per
andare cantando al mondo”.
Sono parole scritte dal poeta cileno Pablo Neruda, una
voce universale della poesia contemporanea. Cento anni fa, esattamente il 12
luglio 1904, nasceva a Parral, nel piovoso, malinconico e selvaggio sud del
Cile, quello che sarebbe diventato il cantore della povera gente. Genio
immaginativo, Neruda comincia come simbolista, diventa quindi surrealista e
infine realista, abbandonando la struttura formale e tradizionale della poesia
per una espressività più semplice e terrena. Ci parla del poeta cileno
l’addetto culturale dell’ambasciata del Cile in Italia, Patricia Rivadeneira:
“Neruda ha scritto tante poesie e tante cose diverse, ma è
importante il suo rapporto con le cose semplici, la capacità di guardare,
vedere la bellezza, di vedere il sublime non solo nelle grandi cose, nella
metafisica, ma anche nelle piccole cose, che sono quelle che ci accompagnano
nel quotidiano”.
E ora ascoltiamo un brano tratto dalle poesie della
raccolta “Navigaciones y regreso”, Ode ad un mattino del Brasile:
“Questo è un mattino del Brasile,
vivo dentro un violento diamante.
Tutta la trasparenza della Terra
si è materializzata sulla mia fronte.
Si muove appena la ricamata vegetazione,
il rumoroso cinto della selva.
Ampia è la chiarità …
Tutto cresce: alberi, acqua, insetti, giorno.
Tutto finisce in foglia …
Disabitate terre, cristallo verde del mondo …
Il meriggio arriva, quieto. Si propaga la luce,
quasi fosse comparso un nuovo fiume, che scorresse e
cantasse
colmando l’universo.
Bruscamente tutto rimane immobile.
La Terra, il cielo, l’acqua sono pura trasparenza.
Il tempo si è fermato e tutto è dentro il suo scrigno di
diamante”.
(musica)
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12 luglio 2004
“IL FUTURO DELL’ATTIVITÀ
MISSIONARIA AD GENTES.
PROSPETTIVE PER IL XXI SECOLO”:
E’ IL TEMA CHE ACCOMPAGNA I LAVORI DEL CONGRESSO
INTERNAZIONALE
DI MISSIOLOGIA “TERTIO MILLENNIO”. L’INCONTRO SI
E’ APERTO IERI
NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO CON UNA
MESSA SOLENNE
CELEBRATA DALL’ARCIVESCOVO DI KINSHASA
- A
cura di Joseph Ballong -
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KINSHASA.
= Nel suo saluto di benvenuto, all’inizio della celebrazione, il cardinale
Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi, arcivescovo di Kinshasa, ha sottolineato che
questo Congresso deve affrontare alcune sfide attuali della Chiesa in Africa,
come il problema, ogni giorno più preoccupante, delle sette, in un contesto
socio-politico distrutto da una miseria multiforme: occorre fare in modo che il
Vangelo diventi per l’africano una forza e un fattore di liberazione vera. Alla
fine della Messa, il nunzio apostolico nella Repubblica democratica del Congo,
mons. Giovanni d’Aniello, ha letto un messaggio del prefetto della
Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il cardinale Crescenzio Sepe.
Dopo aver sottolineato l’attualità e la pertinenza del tema del Congresso, “Il
futuro dell’attività missionaria ad gentes. Prospettive per il XXI secolo”, il
cardinale Sepe auspica che ci siano delle proposte concrete per un rinnovamento
delle forze e degli sforzi dell’attività missionaria e ribadisce l’importanza e
la necessità della formazione e della testimonianza di santità di tutte le
componenti del popolo di Dio. La Chiesa in Africa, inoltre, ribadisce il porporato,
deve vincere alcune sfide, tra le quali l’estremismo islamico in certi Paesi e
il sottosviluppo economico.
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CURA DELL’ISTITUZIONE DELLA FAMIGLIA
E ATTENZIONE AI GIOVANI:
SONO
LE PRIORITA’ PASTORALI EMERSE NEL CORSO DELLA PRIMA ASSEMBLEA GENERALE DELLA
CHIESA CATTOLICA IN PAPUA NUOVA GUINEA.
L’INCONTRO
SI E’ CHIUSO IERI A RABAUL
RABAUL. = Con una solenne
celebrazione eucaristica e il saluto del primo ministro, Michael Somare, si è
chiusa ieri a Rabaul l’Assemblea Generale della Chiesa Cattolica in Papua Nuova
Guinea. La consultazione, preceduta da un anno e mezzo di ricerca e di
confronto tra 19 diocesi del Paese, ha portato in primo piano la condizione
della famiglia come assoluta preoccupazione pastorale per il futuro. Dopo la
famiglia, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Misna, le priorità
individuate dalla Chiesa locale sono i giovani, l’istruzione pubblica e la
formazione interna del personale religioso. Le confessioni cristiane, e in
particolare la Chiesa cattolica, infatti, giocano un ruolo fondamentale nel
Paese, supplendo all’incapacità dello Stato di gestire completamente in proprio
l’educazione dei giovani. Nel corso dell’incontro, inoltre, i delegati hanno
emesso una forte dichiarazione di condanna sulle divisioni e sugli interessi
economici e di potere che attualmente lacerano la classe dirigente, in
particolare il Parlamento papuano. A farne le spese - si legge nel comunicato
conclusivo - sono le regioni periferiche, i giovani, che faticano a rimanere a
scuola per gli alti costi dell’istruzione, e il settore sanitario, cronicamente
a corto di finanziamenti. (B.C.)
LA FRANCIA SOTTO SHOCK PER L’ENNESIMO
EPISODIO ANTISEMITA.
UN
GRUPPO DI SEI UOMINI HA AGGREDITO E MALMENATO IERI UNA GIOVANE MADRE,
INSIEME
CON IL FIGLIO DI UN ANNO, CREDENDOLA EBREA
PARIGI.
= Vergognoso episodio antisemita ieri a Parigi. Un gruppo di sei uomini
maghrebini ha malmenato, insultato, derubato e rasato una ragazza 23.enne, con
il bimbo di un anno in carrozzina, credendola ebrea. Prima di scappare, rovesciando
la carrozzina e facendo cadere il piccolo, gli uomini hanno disegnato tre
svastiche sulla pelle della madre. L’aggressione è avvenuta in un treno alla
periferia della capitale francese; nessuno all’interno del vagone è intervenuto
per soccorrere la giovane madre. Immediate le reazioni di associazioni, partiti
politici e organizzazioni. Sono “agghiacciato”, ha detto il presidente
francese, Jacques Chirac, i colpevoli di questo “atto odioso” devono essere
“giudicati e condannati con tutta la severità che si impone”. Il ministro degli
Interni, Dominique de Villepin, ha assicurato che i colpevoli verranno
rapidamente trovati. In Francia, gli ebrei sono circa 600 mila, mentre i
musulmani sono oltre 5 milioni. Negli ultimi anni le azioni antisemite nel
Paese sono costantemente aumentate. Il ministero degli Interni ha chiarito che
nei primi sei mesi di quest’anno sono state più numerose di quelle registrate
nell’intero 2003: aggressioni verbali, profanazioni di tombe e cimiteri,
bambini ebrei costretti a cambiare scuola perché presi di mira da coetanei
musulmani, sinagoghe danneggiate. (B.C.)
PRENDERA’ IL VIA IL PROSSIMO 15 LUGLIO
AD ASSISI UN CONVEGNO SU ISLAM
E
CRISTIANESIMO, PROMOSSO DAL DIALOGO INTERRELIGIOSO MONASTICO.
IL DIM
FIRMA DIVERSE INIZIATIVE NEL SEGNO DEL DIALOGO
TRA LE
RELIGIONI DAL 1977
ROMA. = Assisi ancora una volta
ponte tra le religioni. Tra il 15 e il 18 luglio prossimo, infatti, si svolgerà
presso il monastero benedettino di San Giuseppe il Convegno promosso dalla
Commissione italiana del Dialogo Interreligioso Monastico (Dim), che avrà per
tema “Islam e Cristianesimo”. Il Convegno risponde all’appello lanciato da
Giovanni Paolo II proprio ad Assisi: “In nome di Dio ogni religione porti sulla
terra giustizia e pace”. Il Dim, quindi, riporta l’agenzia Fides, intende
approfondire la conoscenza dell’Islam, per evidenziare che il fanatismo
islamico rappresenta solo una minoranza e va combattuto e vinto all’interno
dello stesso Islam. Scopo principale del Dialogo Interreligioso Monastico è favorire
la conoscenza reciproca tra monaci e monache delle diverse religioni e
promuovere il dialogo interreligioso nei monasteri attraverso l’ospitalità, la
preghiera, la meditazione, la contemplazione, il silenzio, l’amore per la
natura e la riflessione teologica. L’iniziativa nasce nel 1960, in risposta
all’Enciclica “Fidei Donum” che invitava a fondare monasteri nelle giovani
Chiese. Benedettini e Cistercensi diedero così vita all’Aim (Aiuto
all’implantatio monastica). Per far fonte alla formazione dei monaci sul posto,
si organizzarono una serie di incontri in Africa in Asia. Nel 1973, per la
prima volta, monaci cristiani e non cristiani si ritrovarono a Bangalore, in
India, per confrontarsi sull’esperienza di Dio. Con l’incoraggiamento dell’allora
Segretariato per i Non Credenti, all’interno dell’Aim vennero create nel 1977
due Commissioni per occuparsi in particolare del Dialogo interreligioso, una
per America del Nord e Canada (Mid) e una per l’Europa (Dim). Il Dim in questi
anni ha moltiplicato i rapporti con monaci Indù, Buddisti, Tibetani, Zen
giapponesi. (B.C.)
AL VIA DA IERI IN THAILANDIA I LAVORI
DELLA
XV CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL’AIDS.
“PARLARE
DI AIDS - HA DETTO IN APERTURA IL SEGRETARIO GENERALE ONU ANNAN - NON DOVRA’
PIU’ ESSERE UNA VERGOGNA”.
OLTRE
20 MILA I PARTECIPANTI ALL’INCONTRO, CHE SI CHIUDERA’ IL PROSSIMO 16 LUGLIO
BANGKOK. = Smettere di trattare
l’Aids come una vergogna e garantire l’accesso alle cure per chi è colpito dal
virus Hiv. Con queste parole ieri il segretario generale delle Nazioni Unite,
Kofi Annan, ha indicato la via per combattere l’epidemia. “Non bisogna più
mettere la testa sotto la sabbia - ha detto il capo del Palazzo di Vetro nel
suo discorso di apertura della quindicesima Conferenza Internazionale sull’Aids
- non bisogna più imbarazzarsi, non più nascondersi dietro a un velo di
apatia”. All’incontro, che ha preso il via ieri a Bangkok, capitale della
Thailandia, partecipano più di 20 mila delegati - ricercatori, medici,
rappresentanti di agenzie internazionali e di organizzazioni non governative
locali, nazionali e internazionali, organizzazioni religiose e vittime
dell’Hiv/Aids - provenienti da 160 Paesi. “Lasciata prosperare l’Aids - ha
aggiunto Annan - non solo devasterà milioni di vite, ma imporrà anche dure
perdite al sistema sanitario della regione, accrescendo le risorse necessarie
per il sociale e lo sviluppo economico”. Secondo quanto riferisce
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), inoltre, l’Aids rischia di mettere
in ginocchio l’economia mondiale: 48 milioni di lavoratori potrebbero essere
uccisi dal micidiale virus entro il 2010 e la cifra potrebbe salire a 74
milioni entro il 2015. La conferenza, che si concluderà il 16 luglio prossimo,
è la prima nel suo genere a svolgersi in un Paese asiatico. La minaccia,
infatti, purtroppo molto concreta, è che in poco tempo il numero di infezioni
nel continente asiatico, dove vive il 60 per cento della popolazione mondiale,
possa aumentare vertiginosamente, fino a 10 milioni di nuovi casi entro il
2010. Tra le sfide che si profilano ai governi del mondo, dunque, non solo un
radicale cambiamento della politica sanitaria, ma anche l’accesso per tutti ai
farmaci. Nei Paesi industrializzati solo 450 mila persone possono curarsi con i
nuovi farmaci, su almeno sei milioni che ne avrebbero bisogno. (B.C.)
GRAVI
INONDAZIONI IN INDIA NORD ORIENTALE E BANGLADESH
A
CAUSA DELLE PIOGGE MONSONICHE.
130 I
MORTI E PIU’ DI 2 MILIONI LE PERSONE SENZA TETTO.
LA
SITUAZIONE, SECONDO I SOCCORRITORI, POTREBBE ANCORA PEGGIORARE
NEW
DELHI/DACCA.= E’ salito a 130 morti il bilancio delle inondazioni che hanno
colpito in questi giorni l’India settentrionale e il Bangladesh, a causa delle
violente piogge monsoniche. Sono circa un centinaio i dispersi e più di due milioni
gli sfollati, ma si tratta di stime prudenti e incomplete, dal momento che in
entrambi i Paesi vi sono zone isolate da giorni. In Bangladesh, dove nelle
regioni settentrionali piove incessantemente da un mese, funzionari pubblici
affermano che centinaia di villaggi in 15 distretti dei 64 che compongono il
Paese sono stati spazzati via dalle alluvioni, provocando decine di migliaia di
senza tetto, mentre due milioni di persone restano isolate a causa delle piene
dei fiumi che attraversano il Paese. Dati ufficiali riportano finora 11 morti,
per annegamento o a causa di smottamenti di fango. La situazione più drammatica
si registra però in Assam, uno degli Stati nord orientali che formano
l’appendice indiana al di là del Bangladesh. Il bilancio delle vittime oscilla
al momento tra i 70 e i 100 morti, 40 dei quali a causa dell’affondamento della
barca con la quale cercavano di scappare, altrettanti dispersi e più di 2
milioni di senza tetto. Le forti piogge monsoniche hanno fatto straripare i
fiumi presenti nella zona. Ad aggravare la situazione, una frattura nella diga
del lago Tsatitsu, nel vicino Bhutan, che ha incentivato l’innalzamento del
livello di tutti i fiumi del Paese. “Stiamo sperimentando la più grave
inondazione degli ultimi anni”, ha dichiarato il primo ministro dello Stato di
Assam, Tarun Gogoi, all’agenzia Reuters. Colpito anche il Nepal, con 23 vittime
nello scorso week-end. Secondo i meteorologi, purtroppo, la situazione non è destinata
a migliorare nei prossimi giorni. (R.M.)
IL CONGO - BRAZZAVILLE FUORI DAL “KIMBERLEY
PROCESS”
PER LE
GEMME INSANGUINATE CHE FINANZIANO I CONFLITTI IN AFRICA.
SECONDO
L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE SONO ANCORA TROPPI I DIAMANTI ESPORTATI IN MODO
ILLEGALE
BRAZZAVILLE. = La Repubblica del Congo è
stata espulsa dal “Kimberley process”, l’organizzazione internazionale nata per porre fine al contrabbando
delle cosiddette “gemme insanguinate”, usate per finanziare i
conflitti. Lo riferisce l’agenzia Reuters, precisando che il provvedimento è
stato adottato perché nel Paese africano sono ancora troppi i diamanti
esportati in modo illegale. Dalle verifiche condotte da un gruppo di esperti
del “Kimberley”, infatti, risulta una massiccia discrepanza tra il numero di
diamanti grezzi esportati e la mancanza di documenti di produzione o di
importazione. “I Partecipanti del Kimberley process - ha detto Tim Martin,
presidente del Kimberley process certification scheme (Kpcs) - devono avere una
completa fiducia del fatto che i ‘diamanti insanguinati’ non vengono introdotti
sul mercato legale”. Il Processo di Kimberley è nato nel 1993 in risposta ai
conflitti in Paesi africani ricchi di queste pietre preziose - come Repubblica
democratica del Congo, Sierra Leone e Angola - dove l’esportazione illegale di
diamanti è stata usata a lungo per foraggiare i movimenti armati. Il governo di
Brazzaville - che potrebbe chiedere di essere riammesso al Kpcs - per ora non
ha rilasciato alcun commento. (B.C.)
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12 luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Il premier israeliano, Ariel Sharon, e il capo
dell’opposizione laburista, Shimon Peres, si sono incontrati questa mattina per
discutere l’eventuale allestimento di un nuovo governo di unità nazionale che
dovrà portare a compimento il disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza.
Proseguono, intanto, le azioni delle forze armate dello Stato ebraico mirate a
distruggere le case delle famiglie dei miliziani palestinesi. Questa mattina,
nel sud della striscia di Gaza, un disabile palestinese di 75 anni è morto
sotto le macerie della sua abitazione, demolita dall'esercito di Tel Aviv.
Sugli equilibri politici all’interno del governo israeliano, dove l’ingresso
del partito laburista ridarebbe a Sharon la maggioranza persa con l’uscita
dell’estrema destra, Andrea Sarubbi ha intervistato Marcella Emiliani, docente
di Storia ed istituzioni dei Paesi del Mediterraneo:
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R. – Certamente, la cosa è positiva: il fatto che Sharon
non avesse più una maggioranza alle spalle, rendeva ancora più difficile il
dialogo tra le parti. Adesso bisogna vedere a quali condizioni il partito
laburista acconsentirà ad entrare nella coalizione di governo.
D. – Sharon vuole conservare anche il ministero delle
Finanze: secondo lei, è significativo?
R. – E’ molto significativo perché la chiave con la quale
il Likud ha sempre tenuto legati a sé i partiti ultraortodossi, è sempre stata
quella di finanziare l’edilizia popolare nei Territori occupati.
D. – Quindi, ritirarsi da Gaza non significa lasciare gli
insediamenti?
R. – No, assolutamente no. Qui diventano importanti le
condizioni che porranno i laburisti per entrare nella coalizione di governo,
perché i due punti-chiave, quelli che finora hanno creato maggiore contrasto,
sono sempre stati il numero delle colonie e la possibilità di re-introdurre i palestinesi
nel negoziato: sono due punti ai quali Peres ed il partito laburista dovrebbero
essere estremamente sensibili.
D. – Secondo lei, quanto peso effettivo può avere Peres in
questo momento sulla politica degli israeliani verso i palestinesi?
R. – Peres indubbiamente è un personaggio di rilievo ma
deve prima portare il suo partito dentro il governo; secondariamente, è l’uomo
del fallimento degli Accordi di Oslo. E questo – non scordiamocelo – per molta
parte dell’opinione pubblica israeliana, rimane una macchia nera nei suoi
confronti.
D. – Dottoressa, le propongo uno scenario: Sharon
acconsente al ritiro da Gaza insieme a Peres, ma in cambio tiene duro sulla
Cisgiordania dove conserva il muro ...
R. – Sì, è uno scenario assolutamente plausibile. Gaza è
un ‘bubbone’ che nessuno vorrebbe ritrovarsi a governare; inoltre, l’opzione di
‘cedere una parte dei Territori per mantenere la Cisgiordania, che poi è il
cuore che interessa il Likud’, è una politica che è già stata seguita.
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In Iraq proseguono gli sforzi del governo ad interim per
assicurare alle varie espressioni del Paese una partecipazione attiva al
processo politico: il premier Yiad Allawi ha incontrato a Baghdad, per la prima
volta dal suo insediamento, tutti i più importanti capi tribù dello Stato. Il
nostro servizio:
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Durante l’incontro, Allawi ha affermato che i Paesi arabi
hanno iniziato a riarmare l’esercito iracheno, considerato un tempo il più potente
della regione. Sempre questa mattina, il presidente iracheno, Ghazi al-Yawar,
ha dichiarato che l’esecutivo ha intenzione di concedere “in pochi giorni”
un’amnistia ai ribelli che combattono contro le forze della coalizione guidata
dagli Stati Uniti. Francia e Iraq si apprestano a ripristinare, inoltre, le relazioni
diplomatiche interrotte nel 1991 dall’ex presidente, Saddam Hussein. L’Iraq ha
anche concordato la chiusura della frontiera con la Siria. Il confine tra i due
Paesi, oltrepassato dai combattenti stranieri diretti verso il territorio
iracheno, si estende, nel deserto, per oltre 600 chilometri. E per garantire
un’adeguata cornice di sicurezza allo Stato arabo, il Giappone ha reso noto che
manterrà le proprie truppe in Iraq. Lo ha ribadito oggi il primo ministro
Koizumi, uscito sconfitto dalle elezioni di ieri per il rinnovo di metà del
Senato nipponico. Cresce, intanto, l’apprensione per la sorte dell’ostaggio
filippino. Il governo di Manila ha espresso ottimismo per una conclusione
positiva della vicenda e l’ultimatum lanciato dai rapitori è stato prorogato
fino a domani. La Cia non toglie, infine, il segreto dal dossier sulle armi di
distruzione di massa in Iraq. Il controverso rapporto dell’ottobre 2002,
oggetto dell’inchiesta da parte della Commissione del Senato americano, rimane,
infatti, per larga parte top-secret.
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Il ruolo dell’Europa
per la ricostruzione dell’Iraq e l’esame della la sentenza della Corte
internazionale di giustizia dell'Aja sul muro costruito da Israele in Cisgiordania.
Sono i principali argomenti al centro della discussione, iniziata da poco a
Bruxelles, del Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea, il
primo sotto la presidenza olandese.
Allarme terrorismo
negli Stati Uniti: il ministro americano per la sicurezza interna, Tom Ridge,
ha dato mandato di studiare i passi legali da compiere per un eventuale rinvio
delle elezioni presidenziali, previste nel mese di novembre, in caso di attacco
terroristico.
Continua ad essere alta, in Italia, la tensione tra il
segretario dell’Udc, Marco Follini, ed il premier, Silvio Berlusconi. La
mediazione del leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini ha consentito la
ripresa del il dialogo dopo la sospensione del vertice la scorsa notte: l’inizio di discussione “è stato particolarmente turbolento”,
sottolineano alcune fonti, ma la frattura si è ricomposta quando il confronto è
stato spostato sui contenuti. I leader dei partiti di governo sono chiamati ad un nuovo
incontro, questa sera alle 21, dopo un tavolo tecnico sulle riforme ed un altro
sull’economia previsti nel pomeriggio. Sono in miglioramento, intanto, le
condizioni di salute del ministro per le Riforme istituzionali, Umberto Bossi.
I medici di Lugano definiscono soddisfacente la sua situazione clinica.
In Giappone, le elezioni per rinnovare metà del Senato
hanno sancito la sconfitta del primo ministro Junichiro Koizumi che comunque ha
annunciato di non volersi dimettere. Il servizio di Chiaretta Zucconi:
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Il partito liberal-democratico del premier Koizumi perde
per la prima volta il primato nelle elezioni per il rinnovo del Senato,
fermandosi a 49 seggi, uno in meno rispetto al numero che si era proposto di
ottenere, battuto di stretta misura dall’opposizione di centro-sinistra
rappresentata dal partito democratico, passato da 38 a 50 seggi; un seggio in
più al partner di coalizione dei liberal-democratici, il nuovo Komeito che
arriva ad 11 seggi. Ma nonostante la sconfitta, che era stata preannunciata
ieri dagli exit-poll delle principali emittenti televisive del Paese, il primo
ministro non si dimette e ha annunciato poco fa che intende confermare la
solidità della coalizione di governo. Come infatti dichiarato dal segretario di
gabinetto di Koizumi, Osoda, in una conferenza stampa, i risultati di queste elezioni
non hanno alcun impatto sull’amministrazione del primo ministro. Ma adesso per
Koizumi, che non è molto amato all’interno del suo stesso partito, sarà sicuramente
più difficile riuscire a promuovere le riforme strutturali avviate tre anni fa.
Per il premier si tratta della prima sconfitta elettorale dalla sua ascesa al
potere nell’aprile del 2001. A giocare un brutto tiro a Koizumi l’impopolare
riforma delle pensioni che andrà a gravare sui giapponesi in cambio di pochi
benefici e l’invio di soldati giapponesi in Iraq.
Per Radio Vaticana, ChiarettaZucconi.
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Oltre 20 mila persone
hanno assistito, ieri, alla cerimonia in memoria delle vittime di Srebrenica,
dove 7 mila musulmani sono stati uccisi 9 anni fa dalle forze serbo-bosniache
nel più sanguinoso massacro avvenuto in Europa dopo la II Guerra Mondiale. Durante
la cerimonia è stata data sepoltura nel memoriale di Potocari ad altre 338
vittime identificate tramite Dna.
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