RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 193 - Testo della trasmissione di domenica 11 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il prossimo 28 agosto, il
Papa donerà alla Chiesa ortodossa la sacra icona della Madonna di Kazan
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Autorizzato l’attracco a
Porto Empedocle della Cap Anamur con a bordo 37 profughi sudanesi.
In India, reazioni positive al bilancio approvato
dal governo, che prevede fondi per gli indigenti
Si è conclusa ieri a Genova la settimana della cultura
ambientale
Attentato
palestinese a Tel Aviv: una vittima e almeno venti feriti, intanto Sharon
respinge la sentenza della Corte dell’Aja sul “muro”
In
Italia, stasera verifica “non stop” nella maggioranza di governo
Secondo
gli exit poll, in Giappone, l’opposizione vince di misura le elezioni parziali.
11
luglio 2004
RISCOPRIRE
IL SILENZIO PER ASCOLTARE LA VOCE DI DIO: COSI’,
GIOVANNI PAOLO II ALL’ANGELUS, SUL PIANORO DI
LES COMBES,
RIVOLGENDOSI
A MIGLIAIA DI FEDELI, ACCORSI PER L’UNICO APPUNTAMENTO
PUBBLICO DEL PAPA NEL SUO SOGGIORNO ESTIVO
TRA LE
AMATE MONTAGNE VALDOSTANE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Il
silenzio, bene sempre più raro, ci aiuta ad ascoltare la voce di Dio: nello
spettacolare scenario alpino di Les Combes, Giovanni Paolo II ha offerto questa
profonda riflessione ai fedeli accorsi da tutta la Valle d’Aosta per ascoltare
l’Angelus domenicale. Non ha, poi, mancato di ringraziare quanti, in questi
giorni, assicurano al Papa e ai suoi collaboratori “un sereno soggiorno” fra le
“ridenti montagne” valdostane. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
(Canti)
“In questa oasi di quiete, di fronte al meraviglioso
spettacolo della natura, si sperimenta facilmente quanto proficuo sia il
silenzio, un bene oggi sempre più raro”. E’ quanto sottolineato all’Angelus da
Giovanni Paolo II, nella suggestiva cornice del pianoro di Les Combes, località
dove il Papa sta trascorrendo in questi giorni un periodo di riposo. Il
Pontefice ha rilevato che “le molteplici opportunità di relazione e di
informazione” offerte dalla società moderna “rischiano talora di togliere
spazio al raccoglimento, sino a rendere le persone incapaci di riflessione e
preghiera”.
“In realtà, solo nel silenzio l’uomo riesce ad ascoltare
nell’intimo della coscienza la voce di Dio, che veramente lo rende libero. E le
vacanze possono aiutare a riscoprire e coltivare questa indispensabile
dimensione interiore dell’esistenza umana”.
“Modello perfetto di ascolto di Dio, che parla al cuore
umano - ha proseguito - è Maria Santissima”. A Lei ci rivolgiamo, “pensando ai
santuari mariani della Valle d’Aosta e alle immagini della Vergine che si
incontrano nelle vie e lungo i sentieri”. In particolare, il Papa ha benedetto
la statua della “Madonnina del Gran Paradiso”, restaurata a 50 anni dalla sua
collocazione sulla cima della maestosa montagna. “Maria, che tra pochi giorni celebreremo
quale Regina del Monte Carmelo – ha aggiunto - ci aiuti a cogliere nella
bellezza del creato un riflesso della gloria divina, e ci incoraggi a tendere
con ogni energia verso la vetta spirituale della santità”. L’Angelus di stamani
è l’unico appuntamento pubblico del Papa in questo soggiorno estivo in Valle
d’Aosta. Tanti dunque sono stati i fedeli, almeno 5 mila, che si sono radunati
nel pianoro di Les Combes, per ascoltare il Pontefice. Tra loro anche il
cardinale Poletto, arcivescovo di Torino, e le autorità civili. A fare gli
onori di casa, il vescovo di Aosta, mons. Anfossi, che, nella mattinata, ha
celebrato una messa nel
prato vicino allo chalet del Papa e, poi, -
prima della recita dell’Angelus - ha rivolto un caloroso saluto all’illustre ospite:
“Le parlo con il cuore e le dico grazie! Il dono della
sua presenza è grande. La Valle d’Aosta, lei ha detto, è bellissima. Sempre si
torna volentieri tra i vostri monti. Finora non ha mai tradito questa frase.
Non la tradisca: torni di nuovo il prossimo anno”.
Dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto un pensiero speciale
alla comunità salesiana di Les Combes e alle suore italiane, malgasce e
ivoriane presenti, che nei prossimi giorni parteciperanno ad un incontro della
Federazione italiana di San Giuseppe”. Infine, ha rivolto un augurio, accolto
da un fragoroso applauso:
(applausi)
**********
IL PROSSIMO 28 AGOSTO, IL PAPA DONERA’ ALLA CHIESA
ORTODOSSA
LA SACRA ICONA DELLA MADONNA DI KAZAN
“Qualche settimana fa il Santo Padre ha comunicato al
Patriarca di Mosca il suo desiderio di donare alla Chiesa Ortodossa Russa la
Sacra Icona della Madonna di Kazan”. E’ quanto annunciato, ieri, dal direttore
della Sala stampa vaticana, Joaquin Navarro-Valls. “Da quando anni fa il Papa
ha ricevuto questa Sacra Icona – sottolinea il portavoce vaticano – è stato
sempre il suo vivo desiderio di donarla per il suo ritorno alla venerazione del
popolo russo. Arrivato adesso il tempo propizio – prosegue la nota – è stata
concordata la data del 28 agosto prossimo, festività della Dormizione della
Madonna secondo il calendario liturgico ortodosso, per la cerimonia della
consegna della Sacra Icona”.
Il comunicato si riferisce ad una preziosa, antica e
venerata icona russa della Madonna di Kazan, probabilmente rubata tempo
addietro e recuperata sul mercato antiquario internazionale nei decenni scorsi.
L’icona era stata consegnata al Santo Padre nel 1993 dalla “Armata Azzurra”,
organizzazione cattolica legata alla devozione alla Madonna di Fatima. Da
allora è stata conservata con devozione nella cappella dell’appartamento del
Santo Padre, in attesa dell’occasione propizia per riconsegnarla al culto nella
sua terra di provenienza, la Russia. Come forse si ricorderà, in occasione
dell’ultima udienza concessa dal Papa in Vaticano al presidente russo, Vladimir
Putin, l’icona della Madonna di Kazan era esposta nel luogo dell’incontro.
Il Santo Padre, conclude Navarro-Valls, “spera che questo
pellegrinaggio romano della Madonna di Kazan possa contribuire all’auspicata
unità tra le Chiese Cattolica e Ortodossa”. Nei prossimi giorni, saranno
comunicati data e modalità dell’atto di devozione alla Sacra Icona e la
composizione della Delegazione che si recherà in Russia per la sua consegna.
ALLA PRESENZA DELL’INVIATO SPECIALE DEL PAPA, IL CARDINALE MACHARSKI,
E’ STATA CELEBRATA, A LISIEUX, LA
SOLENNE CERIMONIA
PER IL 50.MO ANNIVERSARIO DELLA
CONSACRAZIONE DELLA BASILICA
DEDICATA A SANTA TERESA DEL BAMBINO GESU’
- Con noi, il rettore della
basilica, mons. Bernard Lagoutte -
Con una
solenne cerimonia, è stato celebrato oggi il 50.mo anniversario della consacrazione
della Basilica di Lisieux, dedicata a Santa Teresa del Bambino Gesù.
All’evento, nella cittadina francese, ha partecipato anche l’Inviato speciale
del Papa, il cardinale Franciszek Macharski, arcivescovo di Cracovia. Della
costruzione di una Basilica si cominciò a parlare fin dalla canonizzazione
della Santa, avvenuta a Roma, sotto Pio XI, il 17 maggio 1925; nell’ottobre 1928
vennero iniziati i lavori con il sostegno dello stesso Papa Ratti, che appose
la sua firma in calce al progetto dell'architetto Louis Cordonnier. Quindi,
l’11 luglio 1954, la consacrazione del tempio da parte di mons. Martin,
arcivescovo di Rouen. Sul significato di questo anniversario, Celine Hoyeau ha
intervistato il rettore della Basilica, mons. Bernard Lagoutte:
**********
R. – POUR MOI, ELLE EST D’ABORD UN TEMOIGNAGE DE LA FOI.
...
Per me, è una testimonianza della fede. Non solo della
fede di 50 anni fa, ma della fede di oggi, perché oggi la basilica è molto
frequentata. Si calcola che i visitatori siano circa 800 mila l’anno. Per noi è
un luogo di grandi incontri, e in occasione dei maggiori siamo costretti ad
utilizzare anche i maxi-schermi in altre sale o all’aperto, perché la basilica
– nonostante i suoi 4 mila posti – non è abbastanza capiente. Allo stesso
tempo, ha un valore di memoria architettonica dell’epoca, perché la basilica è
il più grande edificio religioso costruito in Europa nel XX secolo.
D. – Voleva mettere l’accento anche sull’edificazione
della basilica spirituale ...
R. – ALORS, DERRIERE TOUT CELA, CET ANNIVERSAIRE POUR
NOUS N’EST PAS ...
Allora, al di là di tutto, questo anniversario per noi non
è soltanto un momento di grande emozione, ma l’emozione è grande anche da parte
dei professionisti, delle famiglie, ma soprattutto quella dei donatori, è
grande. Ci sono persone, che ci portano buoni di donazione che recano la data
del 1932. Poi, vogliamo porre in evidenza quello che realmente attraversa la
basilica, ed è il messaggio spirituale. Il primo rettore della Basilica, mons.
Germain, diceva che ‘costruire la basilica spirituale era più importante che
costruire la basilica-monumento’. Personalmente, questo mi colpisce molto perché
la sfida di proporre la persona di Gesù Cristo oggi, attraverso la
testimonianza di Teresa, è indispensabile tanto quanto lo era 50 anni fa, o nel
1929, nel 1925 o addirittura al momento della sua canonizzazione. Abbiamo anche
la possibilità, con il pellegrinaggio delle reliquie di Santa Teresa nel mondo,
di constatare che ovunque ci si rechi e si trovi l’immagine di Teresa – che sia
in Libano, nell’Isola di La Réunion, in Madagascar, in Benin, negli Stati
Uniti, in Canada o in Brasile -, a questa immagine è regolarmente accostata
quella della Basilica. Oggi, la basilica ci dice, in chiave simbolica, che
Teresa continua a svolgere la sua missione, che è quella di fare del bene sulla
terra.
D. – C’è una sorta di paradosso
tra questa basilica immensa e la piccola Teresa, umile, nascosta ...
R. – C’EST VRAI QUE C’EST LA PREMIERE QUESTION QUI NAIT.
...
E’ vero: questa è la prima domanda che nasce spontanea. Ma
la risposta è questa: la basilica non è un monumento al prestigio; è un ‘magnificat’
dei piccoli e degli umili. Sono loro, i piccoli, che hanno costruito la
basilica, persone che hanno ottenuto aiuto in un momento difficile, che hanno ricevuto
da Teresa il sostegno nell’agonia e nella morte di un caro – e parlo con
cognizione di causa, basandomi su lettere che continuo a ricevere
quotidianamente ... Ecco, sono i piccoli che l’hanno costruita. E sono anche i
piccoli che vengono a vederla, oggi. La contraddizione, dunque, il paradosso è
solo apparente, secondo me. Forse, se si fosse iniziata oggi la costruzione
della basilica, si sarebbe proceduto in maniera diversa; comunque, l’edificio
avrebbe dovuto essere grande per consentire grandi cerimonie ... Non penso
però, dopo due anni alla guida della basilica, che essa sia in contraddizione
con la testimonianza di Teresa!
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11
luglio 2004
OGGI LA CHIESA RICORDA SAN BENEDETTO
ABATE, PATRONO D’EUROPA
- Intervista con padre Mauro Meacci -
La Chiesa celebra oggi la straordinaria figura
di San Benedetto abate, compatrono d’Europa insieme ai Santi Cirillo e Metodio
e alle Sante Caterina da Siena, Brigida di Svezia e Teresa Benedetta della
Croce, al secolo Edith Stein. E’ stato Paolo VI, il 24 ottobre 1964, in coincidenza con la consacrazione della
Basilica di Montecassino, ricostruita dopo la distruzione della Seconda Guerra
Mondiale, a proclamare San Benedetto patrono d'Europa, definendolo
“messaggero di pace, operatore d'unità, maestro di civiltà, araldo della fede”.
Sulla figura di San Benedetto da Norcia e sulla sua influenza nella storia
europea, ecco il servizio di Marco Cardinali:
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Benedetto nacque a Norcia intorno al 480 d.C., nel 476 era
avvenuta la caduta dell’impero romano d’Occidente con la deposizione
dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo, ad opera del barbaro Odoacre. Si
chiudeva, così, definitivamente il capitolo del dominio di Roma: la
sopravvivenza della sua cultura sarebbe passata, in larga misura, solo
attraverso l'impegno religioso e culturale della Chiesa e dei monaci.
Esistevano già forme di vita monastiche ed eremitiche, ad imitazione di quelle
orientali, ma è con S. Benedetto che si apre il glorioso capitolo del
monachesimo occidentale.
Come
c'informa San Gregorio Magno nel suo “II Libro dei Dialoghi”, Benedetto,
giovane patrizio, fu inviato a Roma perché vi apprendesse lo studio della
retorica e della filosofia. Deluso della vita che vi si conduceva, abbandonò la
città per ritirarsi nell'odierna Affile, dedicandosi allo studio e alla ricerca
di Dio in una vita di rigorosa disciplina ascetica. Non pago di quella relativa
solitudine, ventenne, sotto la guida di un pio eremita, si nascose in una
spelonca di Subiaco. Qualche anno dopo con un gruppo di giovani, tra i quali
Placido e Mauro, si mosse verso Napoli, scegliendo a fissa dimora la scoscesa
montagna di Montecassino, dove scrisse la sua regola che divenne espressione di
un modo nuovo di concepire l'ascesi cristiana, preghiera e lavoro, per
edificare spiritualmente e materialmente la nuova società, sulle rovine del
mondo romano. Al padre Abate ordinario di Subiaco, don Mauro Meacci, abbiamo
chiesto prima di tutto come S. Benedetto ha iniziato il suo cammino spirituale:
R. -
San Benedetto è un giovane del VI secolo, un giovane normale. La sua non è la vicenda
di un grande convertito, come ad esempio Sant’Agostino che da una vita pur
spesa alla ricerca della verità, tuttavia ha avuto anche momenti di stridente
contrasto, come anche altre persone che hanno avuto un passato tormentoso, un
passato dal quale si sono distaccati con una conversione forte e che ha segnato
un po’ la loro vita. Scopre che il Signore lo chiama ad un’altra vita e, per
una evoluzione tutta propria, nel rigore dell’eremo, sceglie di seguire la voce
di Dio preferendola ad ogni altra voce umana.
D. –
Padre Abate, secondo lei quali sono le motivazioni per cui la Chiesa ha dichiarato
San Benedetto patrono d’Europa?
R. –
Credo che San Benedetto sia patrono d’Europa perché, come pochi altri, ha
saputo dare quegli apporti per far crescere, in tutte le sue dimensioni, la persona
umana, in piena sintonia anche con la tradizione classica della cultura antica
che sta alla base della nostra Europa, poi, chiaramente, su questo s’innestano
tutti gli altri discorsi, il discorso della conservazione della cultura,
dell’apporto anche in alcune scelte fondamentali come le scelte agricole, le
scelte educative, ecc …
D. –
Qualche studioso ha detto che una delle prime forme di democrazia si vive
proprio nelle comunità monastiche dove si elegge l’abate. Cosa ne pensa?
R. –
Sì, da sempre la comunità monastica ha scelto la propria guida dal suo interno,
comunque dall’interno della famiglia nella quale si riconosce. Sono questi
alcuni elementi di democrazia, anche se non si deve poi esagerare troppo il
paragone, in quanto la figura dell’abate non è la figura di un presidente, ma,
una volta eletto, l’abate è la guida ed il responsabile della vita spirituale,
oltre che della vita materiale della comunità che incide direttamente sulla
crescita delle persone in una maniera che credo non possa essere paragonata a
quella di un comune presidente, di una qualsiasi altra realtà.
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APERTA
OGGI A BANGKOK LA CONFERENZA MONDIALE SULL’AIDS,
LE
NAZIONI UNITE LANCIANO L’ALLARME SULLA DIFFUSIONE DELL’EPIDEMIA,
CHE AFFLIGGE AFRICA ED ASIA, MA NON RISPARMIA
I PAESI OCCIDENTALI
-
Servizio di Stefano Leszczynski -
Accesso alle cure per tutti: è questo lo slogan della conferenza mondiale
sull'Aids apertasi oggi a Bangkok. Al Vertice, prendono parte almeno 20 mila
delegati (fra medici, ricercatori e rappresentanti di Ong) provenienti da 160
Paesi, riuniti nella capitale thailandese per discutere delle nuove emergenze
poste dall'epidemia. L'Asia, ha detto in queste ore il segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan, è ad un punto di svolta nella sua lotta contro
l'Aids, che se non affrontato in modo deciso, rischia di minacciare decenni di
conquiste sociali ed economiche nel
continente. “Se non si interverrà, l'Aids non solo devasterà milioni di vite -
ha detto Annan - ma imporrà anche un pesante fardello al sistema sanitario
della regione e assorbirà risorse che sono invece terribilmente necessarie allo
sviluppo economico e sociale”. In questi giorni, proprio in vista della Conferenza
di Bangkok, l’agenzia dell’Onu, UNAIDS, ha pubblicato un drammatico rapporto
sulla diffusione dell’epidemia nei cinque continenti. Il servizio di Stefano
Leszczynski:
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Il rapporto dell’UNAIDS non lascia
dubbi: l’avanzata dell’infezione ha coinvolto nuove regioni della terra e con
una rapidità mai conosciuta finora. Lenta la risposta dei governi, soprattutto
nelle aree meno sviluppate del pianeta.
A preoccupare maggiormente l’agenzia delle Nazioni Unite è il progredire
dell’AIDS in Asia: Cina e Vietnam gli Stati più colpiti nel continente che
conta, secondo le Nazioni Unite, quasi 7 milioni e mezzo di contagiati. Il
commento di padre Robert Vitillo, consulente speciale sull’Aids della Caritas
Internationalis:
R. – La situazione è molto grave, specialmente In india e
in Cina. Non c’è, poi, una risposta molto forte da parte dei governi di questi
Paesi. In un certo senso la ragione è che la pandemia si sta diffondendo in
questi anni. C’è uno sviluppo di questa malattia nelle varie parti del mondo in
tempi diversi e adesso tocca all’Asia.
D. – Padre, una situazione molto grave è quella che
riguarda i bambini. Cosa si può fare per salvarli e per salvare anche il futuro
di questi Paesi?
R. – Prima di tutto prevenire che l’infezione colpisca i
bambini. Adesso questo è possibile perché i medici hanno scoperto che con una
piccola dose di un medicamento antiretrovirale si può impedire che l’infezione
passi dalla madre al bambino. Questo si può fare per meno di 4 dollari americani.
25 milioni sieropositivi stimati in Africa subsahariana,
circa i due terzi della popolazione totale. Il problema maggiore resta per
l’Africa quello dell’accesso ai farmaci. La preoccupazione di George Shenbabi,
consulente di UNAIDS per l’Africa:
“Nei Paesi in via di sviluppo è solo il 7 per cento dei
malati ad avere accesso alla terapia farmacologia antiretrovirale. C’è ancora
molto da fare per fornire le cure necessarie a tutti coloro che sono stati
infettati. Questo rappresenta la grande sfida del futuro che si può vincere
solo attraverso una migliore prevenzione e una maggiore accessibilità ai
farmaci”.
E anche nel nord del mondo l’AIDS è in aumento: tra il
2001 e il 2004 il numero dei sieropositivi negli Stati Uniti è passato da 900
mila a 950 mila e nell’Europa occidentale da 540 mila a 580 mila. Il commento
di Guido Castelli Gattinara, responsabile dell’unità operativa AIDS
dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma:
“La percezione nei Paesi occidentali che l’epidemia di
AIDS non sia più un vero problema è sicuramente una percezione sbagliata. Siamo
in una situazione più favorevole nei confronti dei malati, cioè i malati
possono essere curati, però il numero di nuovi casi è ancora molto alta e forse
bisognerebbe fare più informazione per far sapere che questo problema esiste,
si trasmette in determinate modalità ormai conosciute e che vanno evitati tutte
le possibili occasioni di contagio”.
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“OGNI MINUTO, UNA MADRE
SCOMPARE. UNA SOLUZIONE ESISTE”:
E’ QUESTO IL TEMA SCELTO DALL’ONU
PER L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DELLA POPOLAZIONE
- Intervista con il professor Giuseppe Noia -
“Ogni minuto, una madre scompare. Una soluzione
esiste”. E’ il richiamo dell’Onu
alla comunità internazionale nell’odierna Giornata mondiale
della popolazione. L’evento cade quest’anno in concomitanza con il decimo
anniversario della Conferenza Internazionale sulla popolazione e lo sviluppo
svoltasi al Cairo nel 1994 e vuole richiamare l’attenzione sull’elevato numero
di decessi legati alla maternità. Un dramma diffuso soprattutto nei Paesi
poveri. Il servizio è di Paolo Ondarza.
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Sono 529
mila le donne che ogni anno perdono la vita in seguito al parto o per
complicazioni legate ai nove mesi di gravidanza: un dramma destinato a lasciare
un vuoto irreparabile nelle famiglie e nelle comunità nei vari Paesi del mondo.
Solo dieci anni fa la Conferenza del Cairo ribadiva come la diversità
geografica non debba essere una discriminante nella salvaguardia dei diritti
dell’uomo ad una vita decorosa. Lo ricorda il segretario generale delle Nazioni
Unite Kofi Annan nel suo messaggio in cui traccia un bilancio di una decade che
ha visto un sensibile miglioramento nell’educazione della popolazione mondiale
alla lotta all’Hiv, l’aumento dell’età media e la riduzione della mortalità.
“Ma ci sono ancora troppe persone che non hanno raggiunto tali risultati, –
avverte Annan – c’è bisogno di un forte impegno nella promozione dei diritti
della donna e di nuovi investimenti nel campo dell’educazione e della salute”.
In molti casi infatti le vite di tante donne potrebbero essere salvate con la
promulgazione e l’applicazione di leggi volte a tutelare i loro diritti e ad
assicurare le pari opportunità sul piano educativo, sanitario, professionale.
Quali le soluzioni necessarie ad affrontare un problema di così grandi
dimensioni? Ci risponde Giuseppe Noia, professore associato di medicina
dell’età prenatale e responsabile del centro diagnosi e terapia fetale del
Policlinico Gemelli.
R. - Queste sono delle tragedie evitabili soprattutto se
l’uomo riconosce che la allocazione delle risorse economiche deve essere più giusta
e deve mirare a promuovere scientificamente e culturalmente le popolazioni meno
abbienti.
D. – L’Onu parla di educazione alla pianificazione
familiare, non escludendo vie come la contraccezione e l’aborto…
R. – Non è possibile invocare qualcosa che possa aiutare
la salute riproduttiva della donna, esponendola a dei gravissimi rischi di tipo
depressivo legati alla lacerazione che provoca appunto una interruzione di
gravidanza anche precocissima. Quando si parla di questa argomentazione si parla
ad un livello di conoscenza che è molto superficiale. Dobbiamo lavorare per
promuovere quelle forme che invece aiutano la sessualità vissuta non come ‘fast
food’, l’affettività come valore …
D. – I metodi naturali e l’appello della Chiesa alla
maternità e paternità responsabile possono rappresentare una soluzione al
problema?
R. – La scientificità dei metodi naturali oggi è
acclarato. La consapevolezza della coppia, di due sposi, è l’elemento centrale,
non una ‘castrazione culturale’ a favore solo del maschio sulla donna, con
l’uso della pillola …
D. – Quindi è quanto mai opportuno intendere “diritto
umano” in senso molto più esteso…
R. –
Moltissimi valori che vengono proposti dalla Chiesa cattolica sono
condivisibili anche da gente non credente, perché sono valori estremamente
umani. Molto spesso la medicina ha riscoperto dopo anni ciò che sul piano etico
e sul piano religioso la Chiesa cattolica proponeva. Quando i risultati ci
sono, e culturalmente questi si possono vedere, allora è bene intraprendere
quelle strade che segnano la piena verità dell’uomo.
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LA TRAGEDIA DI “RE LEAR” DI SCENA
AL 56.MO
FESTIVAL SHAKESPEARIANO DI VERONA
- Servizio di Luca Pellegrini -
Si è inaugurato al Teatro Romano
di Verona il 56.mo Festival Shakespeariano con un intenso, astratto e assai
applaudito allestimento della cupa tragedia di “Re Lear”, interpretato dal
magnifico e vibrante Roberto Herlitzka. Il servizio è di Luca Pellegrini:
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Shakespeare
è di casa sulle rive dell’Adige. Tutte le sue creature, i suoi re, elfi,
borghesi, innamorati, eroi, matti e sognatori hanno calcato le scene dello
splendido Teatro Romano. Quest’anno uno spazio vuoto e asettico, delimitato
soltanto da una cupa struttura sul fondo, è attraversato da brividi di follia e
di lussuria, dall’ebbrezza del potere che strumentalizza con astuzia
calcolatrice l’affetto paterno e di un re. E’ la più moderna tragedia del
drammaturgo inglese, tragedia della parola e allucinante metafora teatrale. E’
la storia della credulità, della caduta, della dissennata vecchiaia e della
morte di Lear, il re che cede il suo regno alle figlie Gonerilla e Regana e da
queste viene annientato, mentre Cordelia, l’ultimogenita, s’immola sull’altare
dei valori familiari e della verità. Lo spettacolo è stato realizzato da
Antonio Calenda con scientifica, raziocinante progressione, spogliato da ogni
possibile - e qui inutile -, riferimento storico e inserito, invece, nella
desolazione fisica e nell’assurdità esistenziale che devastano con sistematicità
la vita di Lear, interpretato magnificamente, in modo ironico e querulo, da
Roberto Herlitzka. Valorosa e attenta anche tutta la compagnia di attori, che
riporta ai fasti di un Festival shakespeariano dalla lunga e nobile storia,
come ricorda Giampaolo Savorelli, direttore artistico dell’Estate teatrale
veronese.
R. – Il Festival shakesperiano è sicuramente il più
importante d’Italia e possiamo dire anche il secondo a livello europeo, dopo
quello di Stratford upon Avon. Noi siamo partiti nel 1948 con “Romeo e Giulietta”,
in omaggio alla città di Verona e a William Shakespeare, che ha reso famosa la
città nel mondo con quest’opera. In quell’edizione, tra l’altro, devo ricordare
che tra i grandissimi attori del momento c’era anche un giovanissimo Nino
Manfredi che faceva la parte di Paride. In questi 56 anni di vita del Festival
shakesperiano tutti i più grandi attori italiani sono passati sulla ribalta del
Teatro romano di Verona. Dobbiamo ricordare che abbiamo messo in scena più di
100 opere di Shakespeare, per oltre mille rappresentazioni shakesperiane. Un
record difficilmente confrontabile con altra realtà italiane. Da questo punto
di vista, Verona e il suo Festival hanno un’identità forte. Il Festival
shakesperiano è il nucleo storico originario e centrale più importante, anche
se accanto ad esso ci sono altri settori come la danza e come la musica.
Questa sera ultime repliche per Re Lear, mentre debutterà il 15 luglio
un Riccardo III con l’inaspettata
presenza di Enrico Montesano e il 23 luglio la commedia Molto rumore per nulla allestita da Lina Wertmüller.
Da Verona, Luca Pellegrini per
la Radio Vaticana.
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11
luglio 2004
AUTORIZZATO DAL GOVERNO ITALIANO L’ATTRACCO A
PORTO EMPEDOCLE
DELLA CAP ANAMUR, LA NAVE TEDESCA CON A BORDO
37 PROFUGHI SUDANESI
BLOCCATA
PER TRE SETTIMANE AL LARGO DELLA COSTA SICILIANA
PORTO EMPEDOCLE. = È stato autorizzato dalle autorità
italiane l’attracco a Porto Empedocle della Cap Anamur, la nave tedesca con 37
immigrati sudanesi bloccata per tre settimane in acque internazionali, al largo
della costa siciliana. L’autorizzazione è giunta a poche ore dall’ultimatum
lanciato stamani dal capitano dell’imbarcazione, Stefan Schmitd, che aveva
richiesto di poter entrare nel porto perché incapace di controllare la situazione
a bordo. Alcuni profughi, infatti, avevano minacciato di gettarsi in mare per
la disperazione. Il comandante aveva ammonito che se la sua richiesta non fosse
stata accolta, entro le 12, si sarebbe avvicinato alla costa siciliana anche
senza autorizzazione “al fine di prevenire pericoli per l’equipaggio e per i
naufraghi”. A quanto si apprende, una volta giunti a terra, i 37 immigrati
sudanesi saranno trasferiti nel centro di accoglienza di Agrigento in attesa
che venga definito il loro status. Il Consiglio italiano per i rifugiati ha
reso noto, intanto, che i profughi hanno presentato richiesta d’asilo al
governo della Germania, mediante il comandante Schmitd. Tuttavia, secondo il direttore
dell’organismo, Christofer Hein, la legge tedesca in materia prevede che la
domanda debba essere inoltrata quando gli immigrati sono presenti sul
territorio germanico. (D.G.)
“EVANGELIZZAZIONE
E SVILUPPO. UNA RILETTURA DELLA MISSIONE AD GENTES”
E’ IL
TEMA DEL SEMINARIO, PROMOSSO DAI GESUITI, AL VIA DA OGGI A JAVIER,
IN
SPAGNA. L’INCONTRO E’ IN PREPARAZIONE AL QUINTO CENTENARIO
DELLA
NASCITA DI SAN FRANCESCO SAVERIO, CHE SI CELEBRERA’ NEL 2006
JAVIER. = Al via oggi, a Javier, in Spagna, il seminario
promosso dalla Compagnia di Gesù sul tema “Evangelizzazione e sviluppo. Una
rilettura della Missione ad gentes”. L’incontro – che durerà fino al 15
luglio – si pone come momento di preparazione al quinto centenario della
nascita di San Francesco Saverio, uno dei pionieri dell’evangelizzazione. La
ricorrenza, che cadrà nel 2006, sarà celebrata con un Congresso internazionale
incentrato sulla diffusione del Vangelo all’inizio del nuovo secolo e del nuovo
millennio. L'iter del seminario parte da una visione d’insieme dell’azione evangelizzatrice
in rapporto allo sviluppo; in particolare saranno analizzate le concezioni
dello sviluppo emerse negli ultimi decenni, la partecipazione della Chiesa alla
promozione sociale, i nuovi paradigmi dell’annuncio della fede introdotti dal
Concilio Vaticano II. Quindi, nelle giornate del 13 e 14 luglio, si darà spazio
alle testimonianze sulle diverse finalità e modalità dell’evangelizzare: in
dialogo con la cultura, per la giustizia, in dialogo con altre religioni.
Nell’ultimo giorno di lavori, i partecipanti si riuniranno in gruppi ristretti
per definire titolo, struttura e contenuti del Congresso del 2006; la sintesi
delle loro proposte confluirà in un documento, da utilizzare come strumento di
lavoro per la preparazione del futuro convegno. (D.G.)
IN MESSICO, BOCCIATA DALLA COMMISSIONE PASTORALE
INDIGENA
LA RIFORMA
SCOLASTICA PERCHE’ PREVEDE L’ABOLIZIONE DELL’INSEGNAMENTO
DELLA
STORIA PRECOLOMBIANA NEL CICLO SECONDARIO DI STUDI
SAN
CRISTOBAL DE LAS CASAS. = La Commissione episcopale della pastorale indigena
dei vescovi messicani ha bocciato la riforma scolastica che prevede
l’abolizione dell’insegnamento della storia precolombiana nel ciclo secondario
di studi. “Non si può lasciare da parte un periodo storico tanto importante che
racconta la cultura precoloniale, i suoi sistemi economici, l’organizzazione
sociale e politica” si legge nel documento, diffuso in questi giorni, firmato
dal Presidente della Commissione e vescovo di San Cristobal de Las Casas, mons.
Felipe Arizmendi Esquivel, e dai vescovi di Nayar, Morelia, Huajuapan, Tuxpan,
Ciudad Valles e Tlapa. Il disegno di legge proposto prevede per il ciclo
primario lo studio della storia fino al 15.mo secolo, mentre per il secondario
dal 16.mo in poi, omettendo tutta la parte relativa alle civiltà precolombiane.
“E’ un errore – sottolineano i firmatari - perché i ragazzi possono dimenticare
che il Messico è fondamentalmente una nazione multietnica. Sottolineiamo
inoltre che, dal punto di vista educativo, sono gli insegnamenti impartiti
durante il periodo dell’adolescenza quelli che rimangono e formano il senso
civico per il cittadino del futuro”. Il Messico conta quasi dieci milioni di
indigeni, suddivisi in 60 etnie, molte delle quali parlano un loro idioma e
professano la religione cattolica. Per questo motivo è importante per i vescovi
della pastorale indigena che “venga loro riconosciuto il posto che meritano
nella società”. Sarà questo lo spirito che animerà l’Incontro nazionale delle
religiose indigene, che si terrà nella diocesi di Huejutla, una delle aree a
più alta concentrazione di indigeni, dal 15 al 18 novembre prossimo.
L’iniziativa è promossa dalla Commissione episcopale preposta, quella della
vita consacrata e della pastorale liturgica. (D.D.)
IN PARLAMENTO, DALL’ESECUTIVO INDIANO FAVORISCE
GLI INDIGENTI.
STANZIATI 100 MILIONI DI RUPIE IN PIU’ PER IL
SETTORE AGRICOLO.
PREVISTI, INOLTRE, FINANZIAMENTI
PER
L’ISTRUZIONE PRIMARIA E IL MIGLIORAMENTO
DEL PROGRAMMA ALIMENTARE NELLE SCUOLE
NEW
DELHI. = E’ stato definito da più parti “a favore dei poveri” il Bilancio 2004
presentato, giovedì scorso in Parlamento, dall’esecutivo indiano. Mantenendo le
promesse fatte in campagna elettorale, il governo Singh ha stanziato 100
milioni di rupie, cioè oltre due miliardi di dollari, in più per il settore
rurale. In India, infatti, come rende noto l’agenzia di stampa Asia News, circa
il 70 per cento della popolazione vive nelle campagne. Oltre a varie
concessioni, nella manovra sono stati fissati anche l’aumento delle assicurazioni
sul bestiame e sulle fattorie e maggiori fondi per promuovere il mercato
agricolo, la ricerca e il potenziamento delle infrastrutture e della
distribuzione dell’acqua. Altri punti chiave della politica governativa sono
l’educazione primaria e il miglioramento dell’alimentazione nelle scuole.
Misure che, secondo il ministro dell’Economia, Palaniappan Chidambaram, contribuiranno
ad una svolta per i bambini poveri dell’India, dove l’analfabetismo colpisce il
47 per cneto degli adulti. Il governo ha previsto anche più alloggi, medicine
di base e lavoro, ma nessun provvedimento per tagliare il deficit fiscale.
Quest’ultima decisione è considerata da molti come un rifiuto di sostenere lo
sviluppo economico del Paese. Critici nei confronti della manovra i mercati
finanziari, a causa dell’introduzione di un’imposta sugli scambi. (D.G.)
COLLABORAZIONE
INTERNAZIONALE, COORDINAMENTO E IMMEDIATO SCAMBIO
DI NOTIZIE. QUESTE ALCUNE DELLE STRATEGIE PER
PREVENIRE I DISASTRI
AMBIENTALI INDIVIDUATE NEL CORSO DELLA SETTIMANA
DELLA CULTURA
AMBIENTALE, CONCLUSASI IERI A GENOVA,
- A
cura di Dino Frambati -
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GENOVA. = Monitorare con costanza ambiente e sicurezza
secondo quanto predisposto dall’ONU per tenere sotto controllo i mutamenti
climatici e quindi ambientali, pensando che lo sviluppo deve essere
sostenibile; ma anche la necessità di vedere l’ambiente come investimento,
imponendo alle aziende di tutto il mondo un’adeguata politica ambientale verso
di noi che popoliamo il pianeta. Argomenti fondamentali per la vivibilità del
mondo, emersi dalla Settimana della cultura ambientale che si è conclusa ieri a
Genova, e dove qualche scienziato ha paragonato i disastri ambientali alle
catastrofi causate dall’uomo, ad esempio l’emblematico e terribile 11
settembre: terrorismo e disastri derivanti dall’ambiente non sono poi così dissimili.
Essenziali - hanno sostenuto gli esperti del mondo in entrambe le emergenze -
interazione, collaborazione internazionale, coordinamento ed immediato scambio
di notizie tra tutti gli enti e strutture preposti ad intervenire per porvi
rimedio. Dal Convegno è anche emersa una forte tensione a creare una cultura
ambientale, visto che sull’argomento la gente sembra interessata. I sondaggi
dicono, infatti, che oltre il 60 per cento degli italiani conosce le fonti di
energia rinnovabili. Per finire, riferiamo come la qualità dei nostri mari
migliori costantemente, dal momento che le acque di buona qualità sono passate
dal 36 al 42 per cento, con la Puglia che eccelle in tale classifica, seguita
subito dopo dalle Marche.
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11
luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Attentato
in Israele: l’esplosione di una bomba avvenuta questa mattina, nei pressi di
Tel Aviv, ha provocato la morte di una donna ed almeno 20 feriti. Il premier
dello Stato ebraico, Ariel Sharon, ha intanto respinto la sentenza della Corte
dell’Aja, che ha giudicato illegale il “muro” in Cisgiordania. Sull’attentato a
Tel Aviv, ci riferisce Graziano Motta:
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L’attentato di questa mattina a Tel Aviv, ad una fermata
dell’autobus 26, presso la stazione centrale della autolinee, è stato
rivendicato dalle Brigate dei Martiri al-Aqsa e da una organizzazione
palestinese, come risposta alla morte di esponenti e di attivisti delle rivolte
a Gaza e in Cisgiordania. Aspra e amara la reazione del primo ministro Sharon:
“L’attentato è avvenuto – ha detto – sotto gli auspici della Corte dell’Aja”,
alludendo al fatto che appena venerdì scorso il tribunale si è pronunciato
contro la barriera di separazione tra Israele e Cisgiordania. “Un parere
parziale quello del tribunale – ha spiegato – perché ha ignorato completamente
le ragioni che ne hanno determinato la costruzione”. “Uno schiaffo – ha
aggiunto – al diritto di Israele di combattere il terrorismo”. Lo Stato ebraico
ha anche reso noto che i lavori per il completamento del muro proseguiranno. Il
presidente palestinese Arafat, ad una riunione straordinaria del governo
palestinese, ha illustrato, intanto, la campagna intrapresa per ottenere la demolizione
del muro dalle Nazioni Unite, e l’imposizione ad Israele di sanzioni internazionali.
Il portavoce di Sharon, l’ambasciatore Pazner, ha reagito, in proposito,
dicendosi certo che i Paesi amici di Israele in Europa e negli Stati Uniti rigetteranno
ogni idea di sanzione. In mattinata, a Gaza, soldati israeliani hanno infine
sventato un attentato contro una loro postazione, scoprendo un potente ordigno
nascosto da palestinesi in un carrettino di frutta e verdura.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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In
Iraq, c’è apprensione per la sorte dell’ostaggio filippino: i sequestratori
hanno lanciato un nuovo ultimatum minacciando di uccidere l’uomo se le truppe
inviate da Manila non lasceranno il Paese arabo entro il prossimo 20 luglio. Il
governo filippino ha ribadito che rimpatrierà, come previsto, il proprio
contingente il 20 agosto. L’esecutivo di Sofia ha reso noto, inoltre, che i due
camionisti bulgari presi in ostaggio dalla guerriglia, sono vivi. Sul terreno,
ancora vittime: tre persone sono rimaste uccise a Mossul durante un attacco
contro un convoglio della forza multinazionale. Un incidente stradale avvenuto
nella provincia di Al Anbar ha provocato, inoltre, la morte di quattro soldati
americani. Decine di migliaia di vittime del regime di Saddam Hussein sono
intanto pronte a costituirsi parte civile nel processo contro l’ex rais.
Si sono chiuse, in Giappone, le
operazioni di voto per il rinnovo di metà del Senato. La consultazione
costituisce un test cruciale per il premier liberal-democratico Junichiro
Koizumi, al potere dall’aprile 2001. Gli exit pool prevedono la sconfitta di
Koizumi e l’affermazione del partito democratico, il maggiore schieramento
dell’opposizione. I risultati definitivi si conosceranno solo questa sera.
Almeno
cinque persone sono rimaste uccise, in Afghanistan, per l’esplosione di una
bomba ad Herat, nell’area orientale del Paese. La deflagrazione è avvenuta vicino ad un mercato,
all’esterno di un’area militare. Il presidente afgano,
Hamid Karzai, ha intanto accolto positivamente l’annuncio da parte dell’Organo
amministrativo elettorale di Kabul dello svolgimento, il prossimo 9 ottobre,
delle prime elezioni presidenziali dirette. Karzai ha definito la decisione “un
passo importante” per il futuro del Paese.
Una “significativa correzione”
del federalismo, una legge elettorale proporzionale con vincolo di coalizione
ed una rapida approvazione della legge sul conflitto di interessi. Sono alcune delle richieste contenute nella lettera
inviata dal segretario dell’Udc, Marco
Follini, al presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, in vista del
vertice di governo previsto questa sera a Roma. E mentre in Italia cresce
l’attesa per il ‘tavolo’ sulla verifica dell’esecutivo, dalla
Svizzera giungono notizie, diffuse dall’emittente elvetica ‘Tele Ticino’, di un
peggioramento delle condizioni di salute del leader della Lega, Umberto Bossi.
Il ministro per le Riforme istituzionali - ha reso noto la televisione
ticinese - sarebbe stato colpito questa notte da un grave scompenso cardiaco.
Secondo il bollettino diramato questa mattina dall’ospedale di Lugano le
condizioni di Bossi sono invece soddisfacenti e in miglioramento.
E’ di almeno 100 morti il
drammatico bilancio delle vittime del monsone che dall’inizio del mese di
giugno sta flagellando India e Bangladesh. In India la zona più colpita è
quella dello Stato del Bihar, dove elicotteri delle forze armate sono riusciti
a mettere in salvo 350 allievi di una scuola che si erano rifugiati sul tetto
dell’edificio. In Bangladesh almeno due milioni di persone sono ancora bloccate
in aree rimaste isolate dalle alluvioni.
Il presidente iraniano Mohammad Khatami ha
ricevuto oggi a Teheran Abdul Aziz al Hakim, il leader del Supremo consiglio
per la rivoluzione islamica in Iraq, la più importante organizzazione
politico-militare irachena. Durante l’incontro - ha riferito l’agenzia di
stampa Irna - Khatami ha sottolineato “l’esigenza che venga posta fine
all’occupazione dell’Iraq”.
Restiamo in Iran dove la libertà di stampa continua
a ricevere duri colpi dal governo di Teheran: un giudice ha emesso un mandato
di cattura contro Qoli
Sheikhi, caporedattore del quotidiano ‘Towse’e’, accusato di aver diffuso
notizie false e di propaganda contro il sistema islamico. La rivista mensile ‘Aftab’ è stata chiusa, inoltre, per avere
pubblicato articoli contro la guida religiosa dello Stato, i principi della
Costituzione ed il Parlamento. Lo riferisce l’Agenzia di stampa della
Repubblica islamica, Irna.
Due killer a bordo di una motocicletta hanno
assassinato questa mattina, in Pakistan, un ispettore della polizia. L’omicidio
è avvenuto nei pressi della capitale Islamabad. Secondo le prime ricostruzioni,
l’uomo sarebbe stato ucciso per le sue indagini sugli attacchi terroristici
contro le minoranze musulmane sciite e cristiane.
I presidenti di Sudan e Ciad
hanno raggiunto, ieri, un accordo per formare pattuglie miste di confine da
impiegare in un sistema di sicurezza comune. La decisione fa seguito alle
proteste del governo del Ciad, secondo il quale la scia di violenza che sta
sconvolgendo la regione sudanese del Darfur ha raggiunto anche il proprio
territorio. Nei giorni scorsi l’Unione Africana ha deciso di inviare, nel
Darfur, un primo contingente di circa 300 soldati per proteggere i civili della
martoriata regione.
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