RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 193 - Testo della trasmissione di domenica 11 luglio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Riscoprire il silenzio per ascoltare la voce di Dio: così, Giovanni Paolo II all’Angelus, sul pianoro di Les Combes, dove migliaia di fedeli sono accorsi per l’unico appuntamento pubblico del Papa nel suo soggiorno estivo in Valle d’Aosta

 

Il prossimo 28 agosto, il Papa donerà alla Chiesa ortodossa la sacra icona della Madonna di Kazan

 

Alla presenza dell’Inviato Speciale del Papa, celebrata a Lisieux la cerimonia per il 50.mo anniversario della consacrazione della basilica dedicata a Santa Teresa del Bambino Gesù. Con noi, il rettore della basilica, mons. Bernard Lagoutte.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi la Chiesa ricorda San Benedetto, patrono d’Europa: intervista con padre Mauro Meacci, abate ordinario di Subiaco

 

Al via a Bangkok la conferenza mondiale sull’Aids, allarme delle Nazioni Unite sulla diffusione dell’epidemia: ai nostri microfoni, gli esperti padre Robert Vitillo, George Shenbabi e Guido Castelli Gattinara

 

Nell’odierna Giornata mondiale della popolazione, l’Onu richiama l’attenzione sulla donna e la maternità: ne parliamo con il prof. Giuseppe Noia, del Policlinico Gemelli

 

La tragedia di “Re Lear” di scena al 56.mo festival  shakespeariano di Verona: con noi, Giampaolo Savorelli, direttore artistico dell’estate teatrale veronese.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Autorizzato l’attracco a Porto Empedocle della Cap Anamur con a bordo 37 profughi sudanesi.

 

Al via oggi a Javier, in Spagna, il Seminario promosso dai gesuiti sul tema “Evangelizzazione e sviluppo. Una rilettura della Missione ad gentes”

 

Bocciata, in Messico, dalla Commissione pastorale indigena la riforma scolastica che prevede l’abolizione dell’insegnamento della storia precolombiana nel ciclo secondario di studi

 

In India, reazioni positive al bilancio approvato dal governo, che prevede fondi per gli indigenti

 

Si è conclusa ieri a Genova la settimana della cultura ambientale

 

24 ORE NEL MONDO:

Attentato palestinese a Tel Aviv: una vittima e almeno venti feriti, intanto Sharon respinge la sentenza della Corte dell’Aja sul “muro”

 

In Italia, stasera verifica “non stop” nella maggioranza di governo

 

Secondo gli exit poll, in Giappone, l’opposizione vince di misura le elezioni parziali.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 luglio 2004

 

 

RISCOPRIRE IL SILENZIO PER ASCOLTARE LA VOCE DI DIO: COSI’,

 GIOVANNI PAOLO II ALL’ANGELUS, SUL PIANORO DI LES COMBES,

RIVOLGENDOSI A MIGLIAIA DI FEDELI, ACCORSI PER L’UNICO APPUNTAMENTO

 PUBBLICO DEL PAPA NEL SUO SOGGIORNO ESTIVO

TRA LE AMATE MONTAGNE VALDOSTANE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Il silenzio, bene sempre più raro, ci aiuta ad ascoltare la voce di Dio: nello spettacolare scenario alpino di Les Combes, Giovanni Paolo II ha offerto questa profonda riflessione ai fedeli accorsi da tutta la Valle d’Aosta per ascoltare l’Angelus domenicale. Non ha, poi, mancato di ringraziare quanti, in questi giorni, assicurano al Papa e ai suoi collaboratori “un sereno soggiorno” fra le “ridenti montagne” valdostane. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(Canti)

 

“In questa oasi di quiete, di fronte al meraviglioso spettacolo della natura, si sperimenta facilmente quanto proficuo sia il silenzio, un bene oggi sempre più raro”. E’ quanto sottolineato all’Angelus da Giovanni Paolo II, nella suggestiva cornice del pianoro di Les Combes, località dove il Papa sta trascorrendo in questi giorni un periodo di riposo. Il Pontefice ha rilevato che “le molteplici opportunità di relazione e di informazione” offerte dalla società moderna “rischiano talora di togliere spazio al raccoglimento, sino a rendere le persone incapaci di riflessione e preghiera”.

 

“In realtà, solo nel silenzio l’uomo riesce ad ascoltare nell’intimo della coscienza la voce di Dio, che veramente lo rende libero. E le vacanze possono aiutare a riscoprire e coltivare questa indispensabile dimensione interiore dell’esistenza umana”.

 

“Modello perfetto di ascolto di Dio, che parla al cuore umano - ha proseguito - è Maria Santissima”. A Lei ci rivolgiamo, “pensando ai santuari mariani della Valle d’Aosta e alle immagini della Vergine che si incontrano nelle vie e lungo i sentieri”. In particolare, il Papa ha benedetto la statua della “Madonnina del Gran Paradiso”, restaurata a 50 anni dalla sua collocazione sulla cima della maestosa montagna. “Maria, che tra pochi giorni celebreremo quale Regina del Monte Carmelo – ha aggiunto - ci aiuti a cogliere nella bellezza del creato un riflesso della gloria divina, e ci incoraggi a tendere con ogni energia verso la vetta spirituale della santità”. L’Angelus di stamani è l’unico appuntamento pubblico del Papa in questo soggiorno estivo in Valle d’Aosta. Tanti dunque sono stati i fedeli, almeno 5 mila, che si sono radunati nel pianoro di Les Combes, per ascoltare il Pontefice. Tra loro anche il cardinale Poletto, arcivescovo di Torino, e le autorità civili. A fare gli onori di casa, il vescovo di Aosta, mons. Anfossi, che, nella mattinata, ha celebrato una messa nel prato vicino allo chalet del Papa e, poi, - prima della recita dell’Angelus - ha rivolto un caloroso saluto all’illustre ospite:

 

“Le parlo con il cuore e le dico grazie! Il dono della sua presenza è grande. La Valle d’Aosta, lei ha detto, è bellissima. Sempre si torna volentieri tra i vostri monti. Finora non ha mai tradito questa frase. Non la tradisca: torni di nuovo il prossimo anno”.

 

Dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto un pensiero speciale alla comunità salesiana di Les Combes e alle suore italiane, malgasce e ivoriane presenti, che nei prossimi giorni parteciperanno ad un incontro della Federazione italiana di San Giuseppe”. Infine, ha rivolto un augurio, accolto da un fragoroso applauso:

 

“A tutti auguro una buona domenica e buone vacanze”.

 

(applausi)

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IL PROSSIMO 28 AGOSTO, IL PAPA DONERA’ ALLA CHIESA ORTODOSSA

LA SACRA ICONA DELLA MADONNA DI KAZAN

 

“Qualche settimana fa il Santo Padre ha comunicato al Patriarca di Mosca il suo desiderio di donare alla Chiesa Ortodossa Russa la Sacra Icona della Madonna di Kazan”. E’ quanto annunciato, ieri, dal direttore della Sala stampa vaticana, Joaquin Navarro-Valls. “Da quando anni fa il Papa ha ricevuto questa Sacra Icona – sottolinea il portavoce vaticano – è stato sempre il suo vivo desiderio di donarla per il suo ritorno alla venerazione del popolo russo. Arrivato adesso il tempo propizio – prosegue la nota – è stata concordata la data del 28 agosto prossimo, festività della Dormizione della Madonna secondo il calendario liturgico ortodosso, per la cerimonia della consegna della Sacra Icona”.

 

Il comunicato si riferisce ad una preziosa, antica e venerata icona russa della Madonna di Kazan, probabilmente rubata tempo addietro e recuperata sul mercato antiquario internazionale nei decenni scorsi. L’icona era stata consegnata al Santo Padre nel 1993 dalla “Armata Azzurra”, organizzazione cattolica legata alla devozione alla Madonna di Fatima. Da allora è stata conservata con devozione nella cappella dell’appartamento del Santo Padre, in attesa dell’occasione propizia per riconsegnarla al culto nella sua terra di provenienza, la Russia. Come forse si ricorderà, in occasione dell’ultima udienza concessa dal Papa in Vaticano al presidente russo, Vladimir Putin, l’icona della Madonna di Kazan era esposta nel luogo dell’incontro.

 

Il Santo Padre, conclude Navarro-Valls, “spera che questo pellegrinaggio romano della Madonna di Kazan possa contribuire all’auspicata unità tra le Chiese Cattolica e Ortodossa”. Nei prossimi giorni, saranno comunicati data e modalità dell’atto di devozione alla Sacra Icona e la composizione della Delegazione che si recherà in Russia per la sua consegna.

 

 

ALLA PRESENZA DELL’INVIATO SPECIALE DEL PAPA, IL CARDINALE MACHARSKI,

E’ STATA CELEBRATA, A LISIEUX, LA SOLENNE CERIMONIA

PER IL 50.MO ANNIVERSARIO DELLA CONSACRAZIONE DELLA BASILICA

 DEDICATA A SANTA TERESA DEL BAMBINO GESU’

- Con noi, il rettore della basilica, mons. Bernard Lagoutte -

 

Con una solenne cerimonia, è stato celebrato oggi il 50.mo anniversario della consacrazione della Basilica di Lisieux, dedicata a Santa Teresa del Bambino Gesù. All’evento, nella cittadina francese, ha partecipato anche l’Inviato speciale del Papa, il cardinale Franciszek Macharski, arcivescovo di Cracovia. Della costruzione di una Basilica si cominciò a parlare fin dalla canonizzazione della Santa, avvenuta a Roma, sotto Pio XI, il 17 maggio 1925; nell’ottobre 1928 vennero iniziati i lavori con il sostegno dello stesso Papa Ratti, che appose la sua firma in calce al progetto dell'architetto Louis Cordonnier. Quindi, l’11 luglio 1954, la consacrazione del tempio da parte di mons. Martin, arcivescovo di Rouen. Sul significato di questo anniversario, Celine Hoyeau ha intervistato il rettore della Basilica, mons. Bernard Lagoutte:

 

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R. – POUR MOI, ELLE EST D’ABORD UN TEMOIGNAGE DE LA FOI. ...

Per me, è una testimonianza della fede. Non solo della fede di 50 anni fa, ma della fede di oggi, perché oggi la basilica è molto frequentata. Si calcola che i visitatori siano circa 800 mila l’anno. Per noi è un luogo di grandi incontri, e in occasione dei maggiori siamo costretti ad utilizzare anche i maxi-schermi in altre sale o all’aperto, perché la basilica – nonostante i suoi 4 mila posti – non è abbastanza capiente. Allo stesso tempo, ha un valore di memoria architettonica dell’epoca, perché la basilica è il più grande edificio religioso costruito in Europa nel XX secolo.

 

D. – Voleva mettere l’accento anche sull’edificazione della basilica spirituale ...

 

R. – ALORS, DERRIERE TOUT CELA, CET ANNIVERSAIRE POUR NOUS N’EST PAS ...

Allora, al di là di tutto, questo anniversario per noi non è soltanto un momento di grande emozione, ma l’emozione è grande anche da parte dei professionisti, delle famiglie, ma soprattutto quella dei donatori, è grande. Ci sono persone, che ci portano buoni di donazione che recano la data del 1932. Poi, vogliamo porre in evidenza quello che realmente attraversa la basilica, ed è il messaggio spirituale. Il primo rettore della Basilica, mons. Germain, diceva che ‘costruire la basilica spirituale era più importante che costruire la basilica-monumento’. Personalmente, questo mi colpisce molto perché la sfida di proporre la persona di Gesù Cristo oggi, attraverso la testimonianza di Teresa, è indispensabile tanto quanto lo era 50 anni fa, o nel 1929, nel 1925 o addirittura al momento della sua canonizzazione. Abbiamo anche la possibilità, con il pellegrinaggio delle reliquie di Santa Teresa nel mondo, di constatare che ovunque ci si rechi e si trovi l’immagine di Teresa – che sia in Libano, nell’Isola di La Réunion, in Madagascar, in Benin, negli Stati Uniti, in Canada o in Brasile -, a questa immagine è regolarmente accostata quella della Basilica. Oggi, la basilica ci dice, in chiave simbolica, che Teresa continua a svolgere la sua missione, che è quella di fare del bene sulla terra.

 

D. – C’è una sorta di paradosso tra questa basilica immensa e la piccola Teresa, umile, nascosta ...

 

R. – C’EST VRAI QUE C’EST LA PREMIERE QUESTION QUI NAIT. ...

E’ vero: questa è la prima domanda che nasce spontanea. Ma la risposta è questa: la basilica non è un monumento al prestigio; è un ‘magnificat’ dei piccoli e degli umili. Sono loro, i piccoli, che hanno costruito la basilica, persone che hanno ottenuto aiuto in un momento difficile, che hanno ricevuto da Teresa il sostegno nell’agonia e nella morte di un caro – e parlo con cognizione di causa, basandomi su lettere che continuo a ricevere quotidianamente ... Ecco, sono i piccoli che l’hanno costruita. E sono anche i piccoli che vengono a vederla, oggi. La contraddizione, dunque, il paradosso è solo apparente, secondo me. Forse, se si fosse iniziata oggi la costruzione della basilica, si sarebbe proceduto in maniera diversa; comunque, l’edificio avrebbe dovuto essere grande per consentire grandi cerimonie ... Non penso però, dopo due anni alla guida della basilica, che essa sia in contraddizione con la testimonianza di Teresa!

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 luglio 2004

 

 

OGGI LA CHIESA RICORDA SAN BENEDETTO ABATE, PATRONO D’EUROPA

- Intervista con padre Mauro Meacci -

 

La Chiesa celebra oggi la straordinaria figura di San Benedetto abate, compatrono d’Europa insieme ai Santi Cirillo e Metodio e alle Sante Caterina da Siena, Brigida di Svezia e Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein. E’ stato Paolo VI, il 24 ottobre 1964, in coincidenza con la consacrazione della Basilica di Montecassino, ricostruita dopo la distruzione della Seconda Guerra Mondiale, a proclamare San Benedetto patrono d'Europa, definendolo “messaggero di pace, operatore d'unità, maestro di civiltà, araldo della fede”. Sulla figura di San Benedetto da Norcia e sulla sua influenza nella storia europea, ecco il servizio di Marco Cardinali:

 

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Benedetto nacque a Norcia intorno al 480 d.C., nel 476 era avvenuta la caduta dell’impero romano d’Occidente con la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo, ad opera del barbaro Odoacre. Si chiudeva, così, definitivamente il capitolo del dominio di Roma: la sopravvivenza della sua cultura sarebbe passata, in larga misura, solo attraverso l'impegno religioso e culturale della Chiesa e dei monaci. Esistevano già forme di vita monastiche ed eremitiche, ad imitazione di quelle orientali, ma è con S. Benedetto che si apre il glorioso capitolo del monachesimo occidentale.

 

Come c'informa San Gregorio Magno nel suo “II Libro dei Dialoghi”, Benedetto, giovane patrizio, fu inviato a Roma perché vi apprendesse lo studio della retorica e della filosofia. Deluso della vita che vi si conduceva, abbandonò la città per ritirarsi nell'odierna Affile, dedicandosi allo studio e alla ricerca di Dio in una vita di rigorosa disciplina ascetica. Non pago di quella relativa solitudine, ventenne, sotto la guida di un pio eremita, si nascose in una spelonca di Subiaco. Qualche anno dopo con un gruppo di giovani, tra i quali Placido e Mauro, si mosse verso Napoli, scegliendo a fissa dimora la scoscesa montagna di Montecassino, dove scrisse la sua regola che divenne espressione di un modo nuovo di concepire l'ascesi cristiana, preghiera e lavoro, per edificare spiritualmente e materialmente la nuova società, sulle rovine del mondo romano. Al padre Abate ordinario di Subiaco, don Mauro Meacci, abbiamo chiesto prima di tutto come S. Benedetto ha iniziato il suo cammino spirituale:

 

R. - San Benedetto è un giovane del VI secolo, un giovane normale. La sua non è la vicenda di un grande convertito, come ad esempio Sant’Agostino che da una vita pur spesa alla ricerca della verità, tuttavia ha avuto anche momenti di stridente contrasto, come anche altre persone che hanno avuto un passato tormentoso, un passato dal quale si sono distaccati con una conversione forte e che ha segnato un po’ la loro vita. Scopre che il Signore lo chiama ad un’altra vita e, per una evoluzione tutta propria, nel rigore dell’eremo, sceglie di seguire la voce di Dio preferendola ad ogni altra voce umana.

 

D. – Padre Abate, secondo lei quali sono le motivazioni per cui la Chiesa ha dichiarato San Benedetto patrono d’Europa?

 

R. – Credo che San Benedetto sia patrono d’Europa perché, come pochi altri, ha saputo dare quegli apporti per far crescere, in tutte le sue dimensioni, la persona umana, in piena sintonia anche con la tradizione classica della cultura antica che sta alla base della nostra Europa, poi, chiaramente, su questo s’innestano tutti gli altri discorsi, il discorso della conservazione della cultura, dell’apporto anche in alcune scelte fondamentali come le scelte agricole, le scelte educative, ecc …

 

D. – Qualche studioso ha detto che una delle prime forme di democrazia si vive proprio nelle comunità monastiche dove si elegge l’abate. Cosa ne pensa?

 

R. – Sì, da sempre la comunità monastica ha scelto la propria guida dal suo interno, comunque dall’interno della famiglia nella quale si riconosce. Sono questi alcuni elementi di democrazia, anche se non si deve poi esagerare troppo il paragone, in quanto la figura dell’abate non è la figura di un presidente, ma, una volta eletto, l’abate è la guida ed il responsabile della vita spirituale, oltre che della vita materiale della comunità che incide direttamente sulla crescita delle persone in una maniera che credo non possa essere paragonata a quella di un comune presidente, di una qualsiasi altra realtà.

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APERTA OGGI A BANGKOK LA CONFERENZA MONDIALE SULL’AIDS,

LE NAZIONI UNITE LANCIANO L’ALLARME SULLA DIFFUSIONE DELL’EPIDEMIA,

 CHE AFFLIGGE AFRICA ED ASIA, MA NON RISPARMIA I PAESI OCCIDENTALI

- Servizio di Stefano Leszczynski -

 

Accesso alle cure per tutti: è questo lo slogan della conferenza mondiale sull'Aids apertasi oggi a Bangkok. Al Vertice, prendono parte almeno 20 mila delegati (fra medici, ricercatori e rappresentanti di Ong) provenienti da 160 Paesi, riuniti nella capitale thailandese per discutere delle nuove emergenze poste dall'epidemia. L'Asia, ha detto in queste ore il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, è ad un punto di svolta nella sua lotta contro l'Aids, che se non affrontato in modo deciso, rischia di minacciare decenni di conquiste sociali  ed economiche nel continente. “Se non si interverrà, l'Aids non solo devasterà milioni di vite - ha detto Annan - ma imporrà anche un pesante fardello al sistema sanitario della regione e assorbirà risorse che sono invece terribilmente necessarie allo sviluppo economico e sociale”. In questi giorni, proprio in vista della Conferenza di Bangkok, l’agenzia dell’Onu, UNAIDS, ha pubblicato un drammatico rapporto sulla diffusione dell’epidemia nei cinque continenti. Il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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         Il rapporto dell’UNAIDS non lascia dubbi: l’avanzata dell’infezione ha coinvolto nuove regioni della terra e con una rapidità mai conosciuta finora. Lenta la risposta dei governi, soprattutto nelle aree meno sviluppate del pianeta.  A preoccupare maggiormente l’agenzia delle Nazioni Unite è il progredire dell’AIDS in Asia: Cina e Vietnam gli Stati più colpiti nel continente che conta, secondo le Nazioni Unite, quasi 7 milioni e mezzo di contagiati. Il commento di padre Robert Vitillo, consulente speciale sull’Aids della Caritas Internationalis:

 

R. – La situazione è molto grave, specialmente In india e in Cina. Non c’è, poi, una risposta molto forte da parte dei governi di questi Paesi. In un certo senso la ragione è che la pandemia si sta diffondendo in questi anni. C’è uno sviluppo di questa malattia nelle varie parti del mondo in tempi diversi e adesso tocca all’Asia.

 

D. – Padre, una situazione molto grave è quella che riguarda i bambini. Cosa si può fare per salvarli e per salvare anche il futuro di questi Paesi?

 

R. – Prima di tutto prevenire che l’infezione colpisca i bambini. Adesso questo è possibile perché i medici hanno scoperto che con una piccola dose di un medicamento antiretrovirale si può impedire che l’infezione passi dalla madre al bambino. Questo si può fare per meno di 4 dollari americani.

 

25 milioni sieropositivi stimati in Africa subsahariana, circa i due terzi della popolazione totale. Il problema maggiore resta per l’Africa quello dell’accesso ai farmaci. La preoccupazione di George Shenbabi, consulente di UNAIDS per l’Africa:

 

“Nei Paesi in via di sviluppo è solo il 7 per cento dei malati ad avere accesso alla terapia farmacologia antiretrovirale. C’è ancora molto da fare per fornire le cure necessarie a tutti coloro che sono stati infettati. Questo rappresenta la grande sfida del futuro che si può vincere solo attraverso una migliore prevenzione e una maggiore accessibilità ai farmaci”.

 

E anche nel nord del mondo l’AIDS è in aumento: tra il 2001 e il 2004 il numero dei sieropositivi negli Stati Uniti è passato da 900 mila a 950 mila e nell’Europa occidentale da 540 mila a 580 mila. Il commento di Guido Castelli Gattinara, responsabile dell’unità operativa AIDS dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma:

 

“La percezione nei Paesi occidentali che l’epidemia di AIDS non sia più un vero problema è sicuramente una percezione sbagliata. Siamo in una situazione più favorevole nei confronti dei malati, cioè i malati possono essere curati, però il numero di nuovi casi è ancora molto alta e forse bisognerebbe fare più informazione per far sapere che questo problema esiste, si trasmette in determinate modalità ormai conosciute e che vanno evitati tutte le possibili occasioni di contagio”.

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“OGNI MINUTO, UNA MADRE SCOMPARE. UNA SOLUZIONE ESISTE”:

E’ QUESTO IL TEMA SCELTO DALL’ONU

PER L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DELLA POPOLAZIONE

- Intervista con il professor Giuseppe Noia -

 

Ogni minuto, una madre scompare. Una soluzione esiste”. E’ il richiamo dell’Onu alla comunità internazionale nell’odierna Giornata mondiale della popolazione. L’evento cade quest’anno in concomitanza con il decimo anniversario della Conferenza Internazionale sulla popolazione e lo sviluppo svoltasi al Cairo nel 1994 e vuole richiamare l’attenzione sull’elevato numero di decessi legati alla maternità. Un dramma diffuso soprattutto nei Paesi poveri. Il servizio è di Paolo Ondarza.

 

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Sono 529 mila le donne che ogni anno perdono la vita in seguito al parto o per complicazioni legate ai nove mesi di gravidanza: un dramma destinato a lasciare un vuoto irreparabile nelle famiglie e nelle comunità nei vari Paesi del mondo. Solo dieci anni fa la Conferenza del Cairo ribadiva come la diversità geografica non debba essere una discriminante nella salvaguardia dei diritti dell’uomo ad una vita decorosa. Lo ricorda il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan nel suo messaggio in cui traccia un bilancio di una decade che ha visto un sensibile miglioramento nell’educazione della popolazione mondiale alla lotta all’Hiv, l’aumento dell’età media e la riduzione della mortalità. “Ma ci sono ancora troppe persone che non hanno raggiunto tali risultati, – avverte Annan – c’è bisogno di un forte impegno nella promozione dei diritti della donna e di nuovi investimenti nel campo dell’educazione e della salute”. In molti casi infatti le vite di tante donne potrebbero essere salvate con la promulgazione e l’applicazione di leggi volte a tutelare i loro diritti e ad assicurare le pari opportunità sul piano educativo, sanitario, professionale. Quali le soluzioni necessarie ad affrontare un problema di così grandi dimensioni? Ci risponde Giuseppe Noia, professore associato di medicina dell’età prenatale e responsabile del centro diagnosi e terapia fetale del Policlinico Gemelli.

 

R. - Queste sono delle tragedie evitabili soprattutto se l’uomo riconosce che la allocazione delle risorse economiche deve essere più giusta e deve mirare a promuovere scientificamente e culturalmente le popolazioni meno abbienti.

 

D. – L’Onu parla di educazione alla pianificazione familiare, non escludendo vie come la contraccezione e l’aborto…

 

R. – Non è possibile invocare qualcosa che possa aiutare la salute riproduttiva della donna, esponendola a dei gravissimi rischi di tipo depressivo legati alla lacerazione che provoca appunto una interruzione di gravidanza anche precocissima. Quando si parla di questa argomentazione si parla ad un livello di conoscenza che è molto superficiale. Dobbiamo lavorare per promuovere quelle forme che invece aiutano la sessualità vissuta non come ‘fast food’, l’affettività come valore …

 

D. – I metodi naturali e l’appello della Chiesa alla maternità e paternità responsabile possono rappresentare una soluzione al problema?

 

R. – La scientificità dei metodi naturali oggi è acclarato. La consapevolezza della coppia, di due sposi, è l’elemento centrale, non una ‘castrazione culturale’ a favore solo del maschio sulla donna, con l’uso della pillola …

 

D. – Quindi è quanto mai opportuno intendere “diritto umano” in senso molto più esteso…

 

R. – Moltissimi valori che vengono proposti dalla Chiesa cattolica sono condivisibili anche da gente non credente, perché sono valori estremamente umani. Molto spesso la medicina ha riscoperto dopo anni ciò che sul piano etico e sul piano religioso la Chiesa cattolica proponeva. Quando i risultati ci sono, e culturalmente questi si possono vedere, allora è bene intraprendere quelle strade che segnano la piena verità dell’uomo.

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LA TRAGEDIA DI “RE LEAR” DI SCENA

 AL 56.MO FESTIVAL SHAKESPEARIANO DI VERONA

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

Si è inaugurato al Teatro Romano di Verona il 56.mo Festival Shakespeariano con un intenso, astratto e assai applaudito allestimento della cupa tragedia di “Re Lear”, interpretato dal magnifico e vibrante Roberto Herlitzka. Il servizio è di Luca Pellegrini:

 

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Shakespeare è di casa sulle rive dell’Adige. Tutte le sue creature, i suoi re, elfi, borghesi, innamorati, eroi, matti e sognatori hanno calcato le scene dello splendido Teatro Romano. Quest’anno uno spazio vuoto e asettico, delimitato soltanto da una cupa struttura sul fondo, è attraversato da brividi di follia e di lussuria, dall’ebbrezza del potere che strumentalizza con astuzia calcolatrice l’affetto paterno e di un re. E’ la più moderna tragedia del drammaturgo inglese, tragedia della parola e allucinante metafora teatrale. E’ la storia della credulità, della caduta, della dissennata vecchiaia e della morte di Lear, il re che cede il suo regno alle figlie Gonerilla e Regana e da queste viene annientato, mentre Cordelia, l’ultimogenita, s’immola sull’altare dei valori familiari e della verità. Lo spettacolo è stato realizzato da Antonio Calenda con scientifica, raziocinante progressione, spogliato da ogni possibile - e qui inutile -, riferimento storico e inserito, invece, nella desolazione fisica e nell’assurdità esistenziale che devastano con sistematicità la vita di Lear, interpretato magnificamente, in modo ironico e querulo, da Roberto Herlitzka. Valorosa e attenta anche tutta la compagnia di attori, che riporta ai fasti di un Festival shakespeariano dalla lunga e nobile storia, come ricorda Giampaolo Savorelli, direttore artistico dell’Estate teatrale veronese.

 

R. – Il Festival shakesperiano è sicuramente il più importante d’Italia e possiamo dire anche il secondo a livello europeo, dopo quello di Stratford upon Avon. Noi siamo partiti nel 1948 con “Romeo e Giulietta”, in omaggio alla città di Verona e a William Shakespeare, che ha reso famosa la città nel mondo con quest’opera. In quell’edizione, tra l’altro, devo ricordare che tra i grandissimi attori del momento c’era anche un giovanissimo Nino Manfredi che faceva la parte di Paride. In questi 56 anni di vita del Festival shakesperiano tutti i più grandi attori italiani sono passati sulla ribalta del Teatro romano di Verona. Dobbiamo ricordare che abbiamo messo in scena più di 100 opere di Shakespeare, per oltre mille rappresentazioni shakesperiane. Un record difficilmente confrontabile con altra realtà italiane. Da questo punto di vista, Verona e il suo Festival hanno un’identità forte. Il Festival shakesperiano è il nucleo storico originario e centrale più importante, anche se accanto ad esso ci sono altri settori come la danza e come la musica.

 

Questa sera ultime repliche per Re Lear, mentre debutterà il 15 luglio un Riccardo III con l’inaspettata presenza di Enrico Montesano e il 23 luglio la commedia Molto rumore per nulla allestita da Lina Wertmüller.

 

Da Verona, Luca Pellegrini per la Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

11 luglio 2004

 

 

AUTORIZZATO DAL GOVERNO ITALIANO L’ATTRACCO A PORTO EMPEDOCLE

 DELLA CAP ANAMUR, LA NAVE TEDESCA CON A BORDO 37 PROFUGHI SUDANESI

BLOCCATA PER TRE SETTIMANE AL LARGO DELLA COSTA SICILIANA

 

PORTO EMPEDOCLE. = È stato autorizzato dalle autorità italiane l’attracco a Porto Empedocle della Cap Anamur, la nave tedesca con 37 immigrati sudanesi bloccata per tre settimane in acque internazionali, al largo della costa siciliana. L’autorizzazione è giunta a poche ore dall’ultimatum lanciato stamani dal capitano dell’imbarcazione, Stefan Schmitd, che aveva richiesto di poter entrare nel porto perché incapace di controllare la situazione a bordo. Alcuni profughi, infatti, avevano minacciato di gettarsi in mare per la disperazione. Il comandante aveva ammonito che se la sua richiesta non fosse stata accolta, entro le 12, si sarebbe avvicinato alla costa siciliana anche senza autorizzazione “al fine di prevenire pericoli per l’equipaggio e per i naufraghi”. A quanto si apprende, una volta giunti a terra, i 37 immigrati sudanesi saranno trasferiti nel centro di accoglienza di Agrigento in attesa che venga definito il loro status. Il Consiglio italiano per i rifugiati ha reso noto, intanto, che i profughi hanno presentato richiesta d’asilo al governo della Germania, mediante il comandante Schmitd. Tuttavia, secondo il direttore dell’organismo, Christofer Hein, la legge tedesca in materia prevede che la domanda debba essere inoltrata quando gli immigrati sono presenti sul territorio germanico. (D.G.)

 

 

“EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO. UNA RILETTURA DELLA MISSIONE AD GENTES

E’ IL TEMA DEL SEMINARIO, PROMOSSO DAI GESUITI, AL VIA DA OGGI A JAVIER,

IN SPAGNA. L’INCONTRO E’ IN PREPARAZIONE AL QUINTO CENTENARIO

DELLA NASCITA DI SAN FRANCESCO SAVERIO, CHE SI CELEBRERA’ NEL 2006

 

JAVIER. = Al via oggi, a Javier, in Spagna, il seminario promosso dalla Compagnia di Gesù sul tema “Evangelizzazione e sviluppo. Una rilettura della Missione ad gentes”. L’incontro – che durerà fino al 15 luglio – si pone come momento di preparazione al quinto centenario della nascita di San Francesco Saverio, uno dei pionieri dell’evangelizzazione. La ricorrenza, che cadrà nel 2006, sarà celebrata con un Congresso internazionale incentrato sulla diffusione del Vangelo all’inizio del nuovo secolo e del nuovo millennio. L'iter del seminario parte da una visione d’insieme dell’azione evangelizzatrice in rapporto allo sviluppo; in particolare saranno analizzate le concezioni dello sviluppo emerse negli ultimi decenni, la partecipazione della Chiesa alla promozione sociale, i nuovi paradigmi dell’annuncio della fede introdotti dal Concilio Vaticano II. Quindi, nelle giornate del 13 e 14 luglio, si darà spazio alle testimonianze sulle diverse finalità e modalità dell’evangelizzare: in dialogo con la cultura, per la giustizia, in dialogo con altre religioni. Nell’ultimo giorno di lavori, i partecipanti si riuniranno in gruppi ristretti per definire titolo, struttura e contenuti del Congresso del 2006; la sintesi delle loro proposte confluirà in un documento, da utilizzare come strumento di lavoro per la preparazione del futuro convegno. (D.G.)

 

 

IN MESSICO, BOCCIATA DALLA COMMISSIONE PASTORALE INDIGENA

 LA RIFORMA SCOLASTICA PERCHE’ PREVEDE L’ABOLIZIONE DELL’INSEGNAMENTO

 DELLA STORIA PRECOLOMBIANA NEL CICLO SECONDARIO DI STUDI

 

SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS. = La Commissione episcopale della pastorale indigena dei vescovi messicani ha bocciato la riforma scolastica che prevede l’abolizione dell’insegnamento della storia precolombiana nel ciclo secondario di studi. “Non si può lasciare da parte un periodo storico tanto importante che racconta la cultura precoloniale, i suoi sistemi economici, l’organizzazione sociale e politica” si legge nel documento, diffuso in questi giorni, firmato dal Presidente della Commissione e vescovo di San Cristobal de Las Casas, mons. Felipe Arizmendi Esquivel, e dai vescovi di Nayar, Morelia, Huajuapan, Tuxpan, Ciudad Valles e Tlapa. Il disegno di legge proposto prevede per il ciclo primario lo studio della storia fino al 15.mo secolo, mentre per il secondario dal 16.mo in poi, omettendo tutta la parte relativa alle civiltà precolombiane. “E’ un errore – sottolineano i firmatari - perché i ragazzi possono dimenticare che il Messico è fondamentalmente una nazione multietnica. Sottolineiamo inoltre che, dal punto di vista educativo, sono gli insegnamenti impartiti durante il periodo dell’adolescenza quelli che rimangono e formano il senso civico per il cittadino del futuro”. Il Messico conta quasi dieci milioni di indigeni, suddivisi in 60 etnie, molte delle quali parlano un loro idioma e professano la religione cattolica. Per questo motivo è importante per i vescovi della pastorale indigena che “venga loro riconosciuto il posto che meritano nella società”. Sarà questo lo spirito che animerà l’Incontro nazionale delle religiose indigene, che si terrà nella diocesi di Huejutla, una delle aree a più alta concentrazione di indigeni, dal 15 al 18 novembre prossimo. L’iniziativa è promossa dalla Commissione episcopale preposta, quella della vita consacrata e della pastorale liturgica. (D.D.)

 

 

IL BILANCIO 2004, PRESENTATO

IN PARLAMENTO, DALL’ESECUTIVO INDIANO FAVORISCE GLI INDIGENTI.

 STANZIATI 100 MILIONI DI RUPIE IN PIU’ PER IL SETTORE AGRICOLO.

 PREVISTI, INOLTRE, FINANZIAMENTI

PER L’ISTRUZIONE PRIMARIA E IL MIGLIORAMENTO

 DEL PROGRAMMA ALIMENTARE NELLE SCUOLE

 

NEW DELHI. = E’ stato definito da più parti “a favore dei poveri” il Bilancio 2004 presentato, giovedì scorso in Parlamento, dall’esecutivo indiano. Mantenendo le promesse fatte in campagna elettorale, il governo Singh ha stanziato 100 milioni di rupie, cioè oltre due miliardi di dollari, in più per il settore rurale. In India, infatti, come rende noto l’agenzia di stampa Asia News, circa il 70 per cento della popolazione vive nelle campagne. Oltre a varie concessioni, nella manovra sono stati fissati anche l’aumento delle assicurazioni sul bestiame e sulle fattorie e maggiori fondi per promuovere il mercato agricolo, la ricerca e il potenziamento delle infrastrutture e della distribuzione dell’acqua. Altri punti chiave della politica governativa sono l’educazione primaria e il miglioramento dell’alimentazione nelle scuole. Misure che, secondo il ministro dell’Economia, Palaniappan Chidambaram, contribuiranno ad una svolta per i bambini poveri dell’India, dove l’analfabetismo colpisce il 47 per cneto degli adulti. Il governo ha previsto anche più alloggi, medicine di base e lavoro, ma nessun provvedimento per tagliare il deficit fiscale. Quest’ultima decisione è considerata da molti come un rifiuto di sostenere lo sviluppo economico del Paese. Critici nei confronti della manovra i mercati finanziari, a causa dell’introduzione di un’imposta sugli scambi. (D.G.)

 

 

COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE, COORDINAMENTO E IMMEDIATO SCAMBIO

 DI NOTIZIE. QUESTE ALCUNE DELLE STRATEGIE PER PREVENIRE I DISASTRI

 AMBIENTALI INDIVIDUATE NEL CORSO DELLA SETTIMANA DELLA CULTURA

 AMBIENTALE, CONCLUSASI IERI A GENOVA,

- A cura di Dino Frambati -

 

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GENOVA. = Monitorare con costanza ambiente e sicurezza secondo quanto predisposto dall’ONU per tenere sotto controllo i mutamenti climatici e quindi ambientali, pensando che lo sviluppo deve essere sostenibile; ma anche la necessità di vedere l’ambiente come investimento, imponendo alle aziende di tutto il mondo un’adeguata politica ambientale verso di noi che popoliamo il pianeta. Argomenti fondamentali per la vivibilità del mondo, emersi dalla Settimana della cultura ambientale che si è conclusa ieri a Genova, e dove qualche scienziato ha paragonato i disastri ambientali alle catastrofi causate dall’uomo, ad esempio l’emblematico e terribile 11 settembre: terrorismo e disastri derivanti dall’ambiente non sono poi così dissimili. Essenziali - hanno sostenuto gli esperti del mondo in entrambe le emergenze - interazione, collaborazione internazionale, coordinamento ed immediato scambio di notizie tra tutti gli enti e strutture preposti ad intervenire per porvi rimedio. Dal Convegno è anche emersa una forte tensione a creare una cultura ambientale, visto che sull’argomento la gente sembra interessata. I sondaggi dicono, infatti, che oltre il 60 per cento degli italiani conosce le fonti di energia rinnovabili. Per finire, riferiamo come la qualità dei nostri mari migliori costantemente, dal momento che le acque di buona qualità sono passate dal 36 al 42 per cento, con la Puglia che eccelle in tale classifica, seguita subito dopo dalle Marche.

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24 ORE NEL MONDO

11 luglio 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Attentato in Israele: l’esplosione di una bomba avvenuta questa mattina, nei pressi di Tel Aviv, ha provocato la morte di una donna ed almeno 20 feriti. Il premier dello Stato ebraico, Ariel Sharon, ha intanto respinto la sentenza della Corte dell’Aja, che ha giudicato illegale il “muro” in Cisgiordania. Sull’attentato a Tel Aviv, ci riferisce Graziano Motta:

 

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L’attentato di questa mattina a Tel Aviv, ad una fermata dell’autobus 26, presso la stazione centrale della autolinee, è stato rivendicato dalle Brigate dei Martiri al-Aqsa e da una organizzazione palestinese, come risposta alla morte di esponenti e di attivisti delle rivolte a Gaza e in Cisgiordania. Aspra e amara la reazione del primo ministro Sharon: “L’attentato è avvenuto – ha detto – sotto gli auspici della Corte dell’Aja”, alludendo al fatto che appena venerdì scorso il tribunale si è pronunciato contro la barriera di separazione tra Israele e Cisgiordania. “Un parere parziale quello del tribunale – ha spiegato – perché ha ignorato completamente le ragioni che ne hanno determinato la costruzione”. “Uno schiaffo – ha aggiunto – al diritto di Israele di combattere il terrorismo”. Lo Stato ebraico ha anche reso noto che i lavori per il completamento del muro proseguiranno. Il presidente palestinese Arafat, ad una riunione straordinaria del governo palestinese, ha illustrato, intanto, la campagna intrapresa per ottenere la demolizione del muro dalle Nazioni Unite, e l’imposizione ad Israele di sanzioni internazionali. Il portavoce di Sharon, l’ambasciatore Pazner, ha reagito, in proposito, dicendosi certo che i Paesi amici di Israele in Europa e negli Stati Uniti rigetteranno ogni idea di sanzione. In mattinata, a Gaza, soldati israeliani hanno infine sventato un attentato contro una loro postazione, scoprendo un potente ordigno nascosto da palestinesi in un carrettino di frutta e verdura.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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In Iraq, c’è apprensione per la sorte dell’ostaggio filippino: i sequestratori hanno lanciato un nuovo ultimatum minacciando di uccidere l’uomo se le truppe inviate da Manila non lasceranno il Paese arabo entro il prossimo 20 luglio. Il governo filippino ha ribadito che rimpatrierà, come previsto, il proprio contingente il 20 agosto. L’esecutivo di Sofia ha reso noto, inoltre, che i due camionisti bulgari presi in ostaggio dalla guerriglia, sono vivi. Sul terreno, ancora vittime: tre persone sono rimaste uccise a Mossul durante un attacco contro un convoglio della forza multinazionale. Un incidente stradale avvenuto nella provincia di Al Anbar ha provocato, inoltre, la morte di quattro soldati americani. Decine di migliaia di vittime del regime di Saddam Hussein sono intanto pronte a costituirsi parte civile nel processo contro l’ex rais.

 

Si sono chiuse, in Giappone, le operazioni di voto per il rinnovo di metà del Senato. La consultazione costituisce un test cruciale per il premier liberal-democratico Junichiro Koizumi, al potere dall’aprile 2001. Gli exit pool prevedono la sconfitta di Koizumi e l’affermazione del partito democratico, il maggiore schieramento dell’opposizione. I risultati definitivi si conosceranno solo questa sera.

 

Almeno cinque persone sono rimaste uccise, in Afghanistan, per l’esplosione di una bomba ad Herat, nell’area orientale del Paese. La deflagrazione è avvenuta vicino ad un mercato, all’esterno di un’area militare. Il presidente afgano, Hamid Karzai, ha intanto accolto positivamente l’annuncio da parte dell’Organo amministrativo elettorale di Kabul dello svolgimento, il prossimo 9 ottobre, delle prime elezioni presidenziali dirette. Karzai ha definito la decisione “un passo importante” per il futuro del Paese.

 

Una “significativa correzione” del federalismo, una legge elettorale proporzionale con vincolo di coalizione ed una rapida approvazione della legge sul conflitto di interessi. Sono alcune delle richieste contenute nella lettera inviata dal segretario dell’Udc, Marco Follini, al presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, in vista del vertice di governo previsto questa sera a Roma. E mentre in Italia cresce l’attesa per il ‘tavolo’ sulla verifica dell’esecutivo, dalla Svizzera giungono notizie, diffuse dall’emittente elvetica ‘Tele Ticino’, di un peggioramento delle condizioni di salute del leader della Lega, Umberto Bossi. Il ministro per le Riforme istituzionali - ha reso noto la televisione ticinese - sarebbe stato colpito questa notte da un grave scompenso cardiaco. Secondo il bollettino diramato questa mattina dall’ospedale di Lugano le condizioni di Bossi sono invece soddisfacenti e in miglioramento.

 

E’ di almeno 100 morti il drammatico bilancio delle vittime del monsone che dall’inizio del mese di giugno sta flagellando India e Bangladesh. In India la zona più colpita è quella dello Stato del Bihar, dove elicotteri delle forze armate sono riusciti a mettere in salvo 350 allievi di una scuola che si erano rifugiati sul tetto dell’edificio. In Bangladesh almeno due milioni di persone sono ancora bloccate in aree rimaste isolate dalle alluvioni.

 

Il presidente iraniano Mohammad Khatami ha ricevuto oggi a Teheran Abdul Aziz al Hakim, il leader del Supremo consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq, la più importante organizzazione politico-militare irachena. Durante l’incontro - ha riferito l’agenzia di stampa Irna - Khatami ha sottolineato “l’esigenza che venga posta fine all’occupazione dell’Iraq”.

 

Restiamo in Iran dove la libertà di stampa continua a ricevere duri colpi dal governo di Teheran: un giudice ha emesso un mandato di cattura contro Qoli Sheikhi, caporedattore del quotidiano ‘Towse’e’, accusato di aver diffuso notizie false e di propaganda contro il sistema islamico. La rivista mensile ‘Aftab’ è stata chiusa, inoltre, per avere pubblicato articoli contro la guida religiosa dello Stato, i principi della Costituzione ed il Parlamento. Lo riferisce l’Agenzia di stampa della Repubblica islamica, Irna.

 

Due killer a bordo di una motocicletta hanno assassinato questa mattina, in Pakistan, un ispettore della polizia. L’omicidio è avvenuto nei pressi della capitale Islamabad. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo sarebbe stato ucciso per le sue indagini sugli attacchi terroristici contro le minoranze musulmane sciite e cristiane.

 

I presidenti di Sudan e Ciad hanno raggiunto, ieri, un accordo per formare pattuglie miste di confine da impiegare in un sistema di sicurezza comune. La decisione fa seguito alle proteste del governo del Ciad, secondo il quale la scia di violenza che sta sconvolgendo la regione sudanese del Darfur ha raggiunto anche il proprio territorio. Nei giorni scorsi l’Unione Africana ha deciso di inviare, nel Darfur, un primo contingente di circa 300 soldati per proteggere i civili della martoriata regione.

 

 

 

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