RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 191 - Testo della trasmissione di venerdì 9 luglio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa chiede alle Nazioni ricche maggiore solidarietà verso i Paesi poveri. L’invito giunge in occasione del Seminario internazionale su “povertà e globalizzazione”, organizzato oggi a Roma dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: ai nostri microfoni il cardinale Renato Raffaele Martino e il cardinale Theodore Mc Carrick

 

Nuova escursione del Papa questa mattina tra i boschi della Valle d’Aosta.

 

Scambio degli strumenti di ratifica dell’accordo tra Santa Sede e Repubblica Slovacca sull’educazione e l’istruzione cattolica

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Svoltosi ieri a Puerto Iguazù, nel nord dell’Argentina, il 26.mo Vertice presidenziale del Mercosur: intervista con Roberto Da Rin

 

I vescovi dell’Emilia Romagna e le associazioni cattoliche umbre scendono in campo in difesa delle radici cristiane. Profondo dissenso per il mancato riferimento ai valori della fede negli statuti delle due regioni, recentemente approvati in prima lettura

 

Diocesi statunitensi sull’orlo della bancarotta in seguito ai casi di abusi sessuali: con noi il gesuita Thomas Reese

 

Le conclusioni a Strasburgo della “Conferenza europea per le vocazioni”: ce ne parla padre Riccardo Tonelli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa di Hong Kong “addolorata” per la nuova legge sull’educazione

 

Il primo ministro cambogiano Hun Sen pronto ad inviare truppe contro i rifugiati Montagnard

 

Anche un missionario comboniano da domani a bordo della nave tedesca, Cap Anamur: l’imbarcazione con 37 profughi sudanesi bloccata ormai da 18 giorni al largo della costa siciliana

 

“Europa terra d’asilo”: è il titolo della ricerca su accoglienza e integrazione dei rifugiati presentata oggi a Roma

 

Amnesty International denuncia che nel pianeta un abitante su dieci possiede un’arma.

 

Il sito della Chiesa di Genova on-line con una veste del tutto rinnovata

 

24 ORE NEL MONDO:

Attesa tra poco la sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja sul muro che Israele sta costruendo in Cisgiordania

 

In Iraq continua il dramma degli ostaggi: sequestrati due cittadini bulgari da un gruppo di guerriglieri

 

Ricorre oggi, in Iran, il quinto anniversario della protesta studentesca duramente repressa dalla polizia.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 luglio 2004

 

 

IL PAPA CHIEDE ALLE NAZIONI RICCHE MAGGIORE SOLIDARIETA’ VERSO I PAESI POVERI. L’INVITO GIUNGE IN OCCASIONE DEL SEMINARIO INTERNAZIONALE

 SU “POVERTA’ E GLOBALIZZAZIONE” ORGANIZZATO OGGI A ROMA

DAL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE.

PRESENTATA DAL CANCELLIERE DELLO SCACCHIERE BRITANNICO

UN’INIZIATIVA PER CENTRARE GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

- Interviste con il cardinale Martino e il cardinale Mc Carrick -

 

“Molto è stato fatto per ridurre il peso del debito che affligge i Paesi poveri ma occorre fare di più”. E’ l’invito che il Papa rivolge alla comunità internazionale in una lettera inviata al cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, promotore del seminario internazionale in corso oggi a Roma sul tema: “Povertà e globalizzazione: il finanziamento allo sviluppo  e agli Obiettivi  del Millennio”. All’iniziativa prendono parte responsabili di agenzie dell’Onu e membri di organizzazioni cattoliche di solidarietà. Nel contesto del seminario, il Cancelliere dello Scacchiere britannico, Gordon Brown, ha illustrato - poco fa - un’iniziativa per raddoppiare l’aiuto ai Paesi più poveri, portandolo da 50 a 100 miliardi di dollari, al fine di raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio entro il 2015. Il progetto è stato illustrato in una conferenza stampa, seguita per noi da Alessandro Gisotti:

 

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“Abbiamo bisogno di una nuova creatività nella carità, così da trovare mezzi più efficaci per una più giusta distribuzione delle risorse mondiali”. E’ questa la viva esortazione del Papa in un messaggio al cardinale Martino per l’occasione odierna, sottolinea come la Chiesa sia fortemente impegnata a far sì che venga centrato l’obiettivo del millennio, che prevede il dimezzamento entro il 2015 del numero di persone che nel mondo vivono in povertà. “Molto – scrive il Pontefice – è stato fatto per ridurre il peso del debito, che affligge i Paesi poveri, ma molto ancora bisogna fare” affinché le nazioni in via di sviluppo, sfuggano ai terribili effetti della povertà.

 

Il Papa richiama così i Paesi ricchi a “rispettare il dovere di solidarietà con chi è meno fortunato” in altre parti del mondo. D’altro canto il Pontefice sottolinea che il sostegno finanziario degli Stati ricchi deve essere accompagnato da una “dimostrazione di trasparenza e responsabilità” da parte dei Paesi che ricevono questi fondi. In tale contesto, il Santo Padre evidenzia che la Chiesa accoglie positivamente “soluzioni innovative” di finanziamento allo sviluppo come l’International Finance Facility, progetto britannico che proprio stamani è stato presentato qui a Palazzo San Calisto dal Cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown. “L’iniziativa - ha spiegato – si basa sulla raccolta per dieci anni di risorse pari a 50 miliardi di dollari l’anno”, grazie all’emissione di obbligazioni sul mercato internazionale dei capitali. Brown ha sottolineato che questi fondi saranno destinati a migliorare le condizioni degli ospedali e delle scuole nei Paesi poveri. Il ministro del Tesoro britannico ha, quindi, confermato che sono già numerosi gli Stati che hanno dato il proprio appoggio a questo progetto, che il Regno Unito si impegna a sponsorizzare con forza il prossimo anno, in seno al G8, di cui Londra assumerà la presidenza di turno. Brown ha infine espresso l’auspicio che l’International Finance Facility trovi sempre maggiori consensi nella comunità internazionale, affinché gli obiettivi tracciati al Vertice del Millennio non restino una chimera.

 

Da Palazzo San Calisto, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.

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Sul significato e gli obiettivi di questo seminario sul finanziamento allo sviluppo, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente di Giustizia e Pace:

 

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R. - Lo scopo è quello di attirare l’attenzione del mondo e specialmente dei governi dei Paesi sviluppati alle necessità del mondo in via di sviluppo. Il debito estero, la situazione interna dei Paesi, varie ingiustizie riguardo il commercio estero devono essere superate. Gli stessi Paesi interessati, da soli, non ce la fanno ed hanno quindi bisogno della “mano di un buon samaritano” che li aiuti ad alzarsi e a camminare da soli. Vogliamo che i Paesi poveri siano resi capaci di essere protagonisti del proprio sviluppo e attori del proprio futuro.

 

D. – Sembra esserci oggi, almeno come percezione diffusa, una maggiore attenzione dei Paesi ricchi nei confronti dei Paesi poveri. D’altro canto, è anche vero che siamo molto lontani da quegli obiettivi di riduzione del debito, di finanziamento allo sviluppo. C’è, quindi, una certa divaricazione tra proposte e poi reali e concrete iniziative…

 

R. – Il nostro seminario ha proprio questo scopo, quello cioè di richiamare l’attenzione e di incoraggiare non solo i governi ma anche i comuni cittadini a fare pressione sui propri governi affinché si interessino di questo villaggio globale. Quello che noi vorremmo è che il mondo sviluppato tenga fede a quell’impegno preso 30 anni fa di dare lo 0,7 del proprio prodotto interno lordo allo sviluppo dei Paesi poveri. Questi nuovi progetti, come la International Finance Facility, che il governo britannico sta proponendo, rientrano nei piani della Santa Sede nel promuovere l’aiuto a chi è più povero.

 

D. – Il Papa ha più volte parlato di globalizzazione della solidarietà. Cosa può fare su questo fronte la Chiesa? Quale può essere il suo ruolo?

 

R. – Già l’esempio dei cattolici individualmente e delle organizzazioni cattoliche in tutto il mondo, specialmente nel mondo in via di sviluppo è presente, è evidente. Questo è meraviglioso ed è già una cosa che si fa. Ma quello che bisogna raggiungere è l’interesse fattivo dei governi. Anche i cattolici lo possono fare, facendo appelli: quando la società civile si muove, anche i governi stanno ad ascoltare, perché dopo tutto è la società civile che elegge i governi.

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Al simposio di Palazzo San Calisto partecipa anche l’arcivescovo di Washington, il cardinale Theodore Mc Carrick, che – al microfono di Alessandro Gisotti – parla dell’atteggiamento del governo americano nei confronti dei Paesi in Via di Sviluppo:

 

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R. – Credo che il governo degli Stati Uniti abbia deciso di tentare di fare qualcosa per i poveri, con il varo del Fondo ad hoc. Questa iniziativa sta a significare che c’è una volontà di appoggiare le nazioni povere, che hanno molti debiti.

 

D. – Gli Stati Uniti sono impegnati fortemente nella guerra contro il terrorismo. Questo aspetto della politica americana può togliere fondi per lo sviluppo?

 

R. – Lei ha ragione, perché la quantità di denaro è limitata. E’ sempre una questione di priorità. Noi, come Chiesa, abbiamo quale priorità l’appoggio e l’aiuto ai poveri. Oggi dobbiamo essere forti per dire ai leader di tutte le nazioni che bisogna appoggiare, aiutare i poveri.

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NUOVA ESCURSIONE DEL PAPA QUESTA MATTINA TRA I BOSCHI DELLA VALLE D’AOSTA

- Servizio di Dorotea Gambardella -

 

Complice la giornata di sole, il Papa anche oggi è uscito dalla sua abitazione, tra i boschi valdostani di Les Combes, per una escursione che potrebbe protrarsi fino al tardo pomeriggio. Ce ne parla Dorotea Gambardella:

 

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Giovanni Paolo II, apparso sorridente, è uscito dalla sua villetta intorno alle 11.00. Come di consueto, la meta verso la quale si è diretto il corteo papale è avvolta dal riserbo.

 

Ieri, invece, il Santo Padre ha trascorso l’intera giornata a Mont Chaussi, nella zona di Quart, a 1.600 metri di altitudine. Lì si trova un alpeggio con una balconata naturale, dalla quale si contemplano i monti Milius e Becca di Nona. L’escursione ha giovato al Pontefice che, ieri sera, è apparso anche lievemente abbronzato.

 

Sulla strada del ritorno, il Papa si è fermato ai due posti di blocco prima del suo chalet, per salutare le numerose persone che lo attendevano da ore. Il Santo Padre ha preso in braccio due bambini, Riccardo, di pochi mesi, e Camilla di 7 anni, accarezzandoli e baciandoli con aria divertita. Il suo rientro, intorno alle 20.00, ha colto tutti di sorpresa visto che si trattava della sua prima gita e soprattutto visto il tempo, piovoso e freddo per quasi tutto il pomeriggio.

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SCAMBIO DEGLI STRUMENTI DI RATIFICA DELL’ACCORDO

TRA SANTA SEDE E REPUBBLICA SLOVACCA

SULL’EDUCAZIONE E L’ISTRUZIONE CATTOLICA

 

         Oggi nella sede della nunziatura apostolica a Bratislava l’arcivescovo Henryk Józef Nowacki, nunzio apostolico in Slovacchia, e il ministro dell’Educazione della Repubblica Slovacca Martin Fronc, hanno proceduto allo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo tra la Santa Sede e la medesima Repubblica sull’educazione e l’istruzione cattolica, firmato a Bratislava il 13 maggio scorso. L’Accordo entrerà in vigore domani. 

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi spagnola di Mérida-Badajoz, presentata da mons. Antonio Montero Moreno, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Santiago García Aracil, finora vescovo di Jaén. Mons. Santiago García Aracil è nato a Valencia l’8 maggio 1940 ed è stato ordinato sacerdote il 21 settembre 1963. E’ stato assistente diocesano della “Juventud estudiantil católica” (1966-1984) e assistente diocesano dell’Azione Cattolica (1972-1984). Nel 1971 ha fondato a Valencia il “Centro di Estudios Universitarios (CEU) San Pablo”. Nel 1984 è stato nominato vescovo titolare di Croe ed ausiliare di Valencia, e nel 1988 vescovo di Jaén. In seno alla Conferenza Episcopale Spagnola è presidente della Commissione per il Patrimonio Culturale.

 

Il Papa ha poi nominato ausiliari di Guatemala: mons. Gustavo Rodolfo Mendoza Hernández, pro-vicario generale, cancelliere della curia e parroco della parrocchia di "Nuestra Señora de Guadalupe" dell'arcidiocesi di Guatemala, assegnandogli la sede titolare vescovile di Selemsele; e padre Gonzalo De Villa y Vásquez, gesuita, consultore e rettore dell'Università "Rafael Landívar", assegnandogli la sede titolare vescovile di Rotaria. Mons. Gustavo Rodolfo Mendoza Hernández è nato nella città di Guatemala il 19 ottobre 1934 ed è stato ordinato sacerdote il 21 settembre 1958. Mons. De Villa y Vásquez è nato a Madrid  il 28 aprile 1954 ed è stato ordinato sacerdote a Panamá il 13 agosto 1983.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Il Medio Oriente apre la prima pagina: attesa per la sentenza dell'Aja sul "muro" israeliano in Cisgiordania.

Nelle vaticane, il messaggio di Giovanni Paolo II al cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in occasione di un seminario dedicato alla povertà e alla globalizzazione; il Papa invita ad elaborare modi sempre più efficaci per ottenere una distribuzione più equa delle risorse del mondo.

 

Nelle estere, la notificazione dello scambio degli strumenti di ratifica tra la Santa Sede e la Repubblica di Slovacchia.

In Iraq non si arrestano le violenze. Il premier iracheno conferma il ritrovamento di materiale nucleare e radioattivo.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Impagliazzo sul volume "I viaggi apostolici di Paolo VI", che raccoglie gli Atti del convegno di Brescia.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dei conti pubblici.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 luglio 2004

 

 

IERI IN ARGENTINA IL 26° VERTICE DEL MERCOSUR,

IL MERCATO COMUNE SUDAMERICANO

- Intervista con Roberto Da Rin -

 

L'accettazione del Venezuela come nuovo socio del MERCOSUR - il mercato comune sudamericano - lo slittamento di un accordo di libero commercio con l'Unione Europea e la richiesta del Cile di diventare un membro dell’organizzazione sono stati i punti salienti del 26.mo Vertice presidenziale del MERCOSUR, svoltosi ieri a Puerto Iguazù, nel nord dell’Argentina. Alla riunione è stato presentato anche il progetto per la creazione di un Parlamento del MERCOSUR. L’Assemblea sarà formata da 64 deputati ed avrà inizialmente prerogative piuttosto limitate. Ma si tratta comunque di una novità importante per lo sviluppo delle relazioni dei Paesi sudamericani. Lo conferma l’inviato del Sole 24 Ore, Roberto Da Rin, intervistato da Giancarlo La Vella:

 

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R. – E’ un segnale importante per chi cerca di mettere a punto un’unione doganale che sia mano a mano più avanzata e che abbia dei connotati – e questo i latinoamericani non lo nascondono – sempre più somiglianti a quelli dell’Unione Europea. Questo è certamente un aspetto positivo. Quello invece meno positivo è che è slittato a dicembre l’accordo tra Unione Europea e MERCOSUR. E questo proprio perché ci sono alcune questioni non risolte.

 

D. – Come per l’Unione Europea, il prossimo passo sarà quello dell’allargamento?

 

R. – Sì, c’è un’idea del rafforzamento del MERCOSUR che si sta profilando. Questo naturalmente con alcuni problemi da risolvere. Tutti questi processi necessitano di tempi molto lunghi.

 

D. – Se l’Unione Europea guarda con favore allo sviluppo del MERCOSUR, con quale spirito gli Stati Uniti osservano questi cambiamenti?

 

R. – Gli Stati Uniti non guardano con gran favore al MERCOSUR, tanto da aver lanciato un’idea distinta, quella dell’Area di libero scambio delle Americhe, che va dall’Alaska alla Terra del Fuoco. Questa potrebbe essere una buona idea, soltanto se i rapporti di forza che gli Stati Uniti hanno sempre mantenuto e perpetuato con molti Paesi latinoamericani, non si ripetessero ancora e dando delle reali opportunità di sviluppo ai Paesi latinoamericani, che con l’idea del MERCOSUR vorrebbero creare un loro nocciolo duro. Eventualmente poi si potrebbe approdare a quest’area di libero scambio delle Americhe, ma soltanto in un secondo momento. Gli Stati Uniti quindi il MERCOSUR non lo hanno mai favorito, al contrario lo hanno sempre boicottato.

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I VESCOVI DELL’EMILIA ROMAGNA E LE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE UMBRE

SCENDONO IN CAMPO IN DIFESA DELLE RADICI CRISTIANE.

PROFONDO DISSENSO PER IL MANCATO RIFERIMENTO AI VALORI DELLA FEDE

NEGLI STATUTI DELLE DUE REGIONI, RECENTEMENTE APPROVATI IN PRIMA LETTURA

- A cura di Barbara Castelli -

 

Cresce il dibattito sugli statuti regionali recentemente approvati in prima lettura da Emilia Romagna e Umbria. “Proclamare che la regione Emilia Romagna si fonda sui valori del Risorgimento e della Resistenza al nazismo e al fascismo - affermano i vescovi locali in una dichiarazione - senza identificare nelle vicende della regione alcun altro valore fondativo, significa censurare diciotto secoli di storia”. I presuli lamentano, quindi, “la menzione generica dell’esistenza di un patrimonio religioso”, che “sembra riferirsi a un patrimonio giacente e infruttifero, più che a una radice ancora viva e vitale”. Nel nuovo Statuto, dunque, per i vescovi emiliani, la religione appare “solo in senso negativo, cioè come possibile fattore di discriminazione sociale”. Tra i diritti elencati nel documento, concludono i presuli, non viene menzionato poi “il primo e fondamentale di essi: il diritto alla vita, con tutto quello che ne dovrebbe conseguire sul piano delle politiche, familiari, culturali ed economiche”.

 

A scendere in campo nella questione per la regione Umbria è, invece, un gruppo di associazioni cattoliche della diocesi di Perugia-Città della Pieve, in collaborazione con il Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC). In una lettera, in modo particolare, si chiede che il testo faccia esplicito riferimento al “patrimonio spirituale e culturale, civile e cristiano, caratterizzato dai movimenti benedettino e francescano, che fa dell’Umbria una terra di pace e di Assisi la capitale mondiale del dialogo tra le religioni”. I gruppi firmatari difendono, inoltre, l’istituzione della famiglia. Nell’articolo 9 dello Statuto umbro, infatti, compare l’espressione “tutela le varie forme di convivenza”. Le associazioni sottolineano così che si tratta di una frase “equivoca” che “implicitamente equipara alla famiglia altre forme di convivenza non meglio identificate”.

 

 

DIOCESI STATUNITENSI SULL’ORLO DELLA BANCAROTTA

IN SEGUITO AI CASI DI ABUSI SESSUALI

- Intervista con padre Thomas Reese -

 

Cresce il numero delle diocesi statunitensi sull’orlo della bancarotta, in seguito alle sentenze di risarcimento per i casi di abusi sessuali. E l’avvio della procedura fallimentare chiesto ufficialmente dall’arcivescovo di Portland, in Oregon, ha riaperto il dibattito sulla liquidazione del danno alle vittime degli abusi. Colpire economicamente la Chiesa locale – spiega il gesuita Thomas Reese, direttore della rivista America – significa penalizzare molte persone che hanno bisogno del suo aiuto. Ascoltiamolo al microfono di Charles Collins:

 

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“WE HAD A SIMILAR SITUATION …

Abbiamo vissuto una situazione simile alcuni anni fa, quando la Croce Rossa fu ritenuta responsabile di avere fatto ammalare di Aids alcune persone, in seguito a trasfusioni di sangue infetto. Si pose anche allora il problema di una pena per i colpevoli, e si fece *pagare alla Croce Rossa una multa elevata. Questa multa non punì direttamente i responsabili – che, nel frattempo, non lavoravano più lì – ma, piuttosto, i finanziatori della Croce Rossa e la stessa organizzazione. In molti notarono che sarebbe stato meglio punire direttamente i responsabili, magari con la galera, non la Croce Rossa nel suo insieme. Allo stesso modo, questi enormi risarcimenti a cui le diocesi sono obbligate non puniscono i responsabili degli abusi, ma piuttosto tutte quelle persone che hanno bisogno della diocesi stessa: i ragazzi a cui serve una borsa di studio per andare in una scuola cattolica, i senzatetto che hanno bisogno di un ostello dove passare la notte… Ma la Chiesa non avrà più i soldi per poter attuare questi programmi”.

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LE CONCLUSIONI A STRASBURGO DELLA CONFERENZA EUROPEA PER LE VOCAZIONI

- Intervista con padre Riccardo Tonelli -

 

Speranze per le vocazioni in Europa, nonostante la cultura occidentale non sembri favorire la crescita nella risposta alla chiamata di Dio: è quanto emerge dal comunicato conclusivo della “Conferenza europea per le vocazioni”, che si è svolta dal 1 al 4 luglio scorsi a Strasburgo. All’iniziativa, promossa dall’European Vocation Service di Dublino, si è discusso della nuova realtà dell’Europa a 25 e sulla situazione dei giovani nell’Unione allargata, per imparare ad offrire loro idee coraggiose e mature che li aiuteranno ad ascoltare la chiamata di Gesù “Vieni e seguimi”. Ma cosa significa “Promuovere una cultura vocazionale in Europa”? Roberta Moretti lo ha chiesto a padre Riccardo Tonelli, direttore dell’Istituto per la Pastorale giovanile presso la Pontificia Università Salesiana, che su questo tema ha svolto la relazione introduttiva alla Conferenza:

 

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R. – La vocazione si muove all’interno dei modelli culturali che noi respiriamo per il fatto di vivere in un certo tempo; nell’Europa in genere, le vocazioni non sono tanto numerose proprio perché stiamo assistendo ad una trasformazione culturale notevole. Se vogliamo ridare spazio all’esperienza vocazionale, dobbiamo ricostruire una cultura vocazionale, orientata verso la possibilità di una decisione di vita nel seguire Gesù. Posso fare qualche esempio, riprendendo dei temi che abbiamo trattato. Abilitare prima di tutto le persone al coraggio di decidersi, sapendo rischiare e sapendo essere fedeli a questa decisione. Ci vuol poco, ad esempio, a constatare come nella nostra cultura la decisione sia davvero sempre più difficile e sia difficile essere fedeli all’eventuale decisione presa. Un secondo atteggiamento, collegato alla capacità di vivere in interiorità, di essere cioè persone capaci di contemplazione, di cogliere il senso del mistero, superando le logiche dell’efficienza. Una terza caratteristica di questa cultura è la capacità di scoprire che la verità della vita non può ignorare la dimensione di limite: dolore, morte, incertezza fanno parte del nostro vivere e dobbiamo imparare a guardare al futuro dentro questi limiti che accogliamo.

 

D. – Quali sono le gioie, i dolori e le ansie dei giovani che vivono una vocazione religiosa nell’Europa di oggi?

 

R. – I giovani più sensibili si stanno rendendo sempre più conto di avere una responsabilità profetica rispetto alla cultura che andiamo respirando. Si tratta cioè di far vedere qual è il senso vero della vita; di far vedere che consegnare la nostra esistenza al Signore Gesù non significa ‘perdere’, ma ‘ritrovare’; che sceglierlo non significa decidersi per lui perché ci guadagniamo, ma decidersi per lui perché possiamo servire meglio la vita e la speranza di tutti. Ora, io conosco molti giovani religiosi che sentono di avere una funzione per l’Europa, ma ci stiamo chiedendo qual è la ragione di questa Unione. Certo, non può essere quella di facilitare il mercato, ma dovrebbe essere quella di restituire speranza a tutti, e siamo sempre più consapevoli che la speranza con le ragioni oggettive di disperazione – e ce ne sono tante – non può che ancorarsi nell’unico nome in cui avere la speranza, che è il Signore Gesù.

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CHIESA E SOCIETA’

9 luglio 2004

 

 

LA CHIESA DI HONG KONG “ADDOLORATA” PER LA NUOVA LEGGE SULL’EDUCAZIONE.

IL PROVVEDIMENTO, SOTTOLINEANO I VESCOVI, DISTRUGGERA’ IL SISTEMA EDUCATIVO

 

HONG KONG.= Dopo due giorni di dibattito, è passata a Hong Kong la nuova legge sulle scuole. La Chiesa cattolica, da tempo critica verso il provvedimento, ha sottolineato in un comunicato che la nuova legge servirà a ridurre l’influenza della Chiesa nell’educazione e a minare il sistema educativo. La diocesi, tuttavia, ha affermato che continuerà a esprimere le proprie responsabilità educative, fino al giorno in cui non sarà costretta a ritirarsi dal sistema educativo. Alla vigilia del dibattito al Legco (Legislative Council), il 6 luglio scorso, mons. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo della diocesi, e 500 cattolici si sono radunati fuori dell’edificio del  parlamento per una veglia di preghiera, domandando ai parlamentari di votare contro la legge. La Chiesa cattolica e quella protestante sono presenti con le loro scuole dalla metà del XIX secolo, ancora prima che il governo britannico varasse un sistema educativo moderno nell’isola di Hong Kong. Le comunità cristiane in seguito sono divenute partners nell’educazione insieme con il governo. Mentre Londra non riusciva a soddisfare tutte le esigenze, gruppi cristiani hanno di loro iniziativa aperto scuole, varato programmi, impegnato persone per offrire educazione alle persone. Solo più tardi, dopo gli anni ‘50, il governo ha cominciato a sostenere economicamente alcune di queste scuole. Nel 2000, il governo di Hong Kong ha introdotto l’Education (Amendment) Bill 2002, in cui si richiede che ogni scuola sostenuta economicamente dal governo appronti un comitato organizzativo della scuola (School Management Committee, Smc) con valore legale, separato da quello delle istituzioni educative (Sb). (B.C.)

 

 

IL PRIMO MINISTRO CAMBOGIANO HUN SEN PRONTO AD INVIARE TRUPPE

CONTRO I RIFUGIATI MONTAGNARD,

 LA MINORANZA CRISTIANA DEL VIETNAM CENTRALE NASCOSTA

 NELLE FORESTE CAMBOGIANE DALLO SCORSO APRILE PER SFUGGIRE ALLA REPRESSIONE

 

PHNOM PENH.= Sempre più critica la situazione degli oltre 200 Montagnard, minoranza cristiana del Vietnam centrale, fuggiti lo scorso aprile verso le foreste nord-orientali della Cambogia dopo la violenta repressione che ha messo a tacere le loro richieste di terra e libertà religiosa. Il primo ministro di Phnom Penh, Hun Sen, infatti, ha deciso di inviare alcuni militari nella regione per stanare i rifugiati. Questi ultimi da mesi vivono di espedienti nella giungla cambogiana, con il rischio di contrarre la malaria, nutrendosi di tuberi e bevendo acqua piovana. Fonti di The Cambodia Daily hanno riferito che più di 250 Montagnard potrebbero nascondersi lungo il confine e molti sono gravemente malati. Il governo Hun Sen, tuttavia, continua a negare la presenza dei Montagnard. “Dobbiamo valutare - ha fatto sapere il primo ministro - se sono immigrati illegali o se vogliono formare, nascondendo i loro insediamenti, una zona autonoma. Se così fosse, useremo anche la forza per impedirlo”. Hun Sen ha, inoltre, fatto sapere che il suo governo permetterà all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) di aprire un ufficio nel nord-est del Paese, purché quest’area non venga usata come un campo profughi, mentre ha negato la possibilità di aprirne uno a Phnom Penh per dare asilo ai rifugiati. Le organizzazioni umanitarie a difesa dei diritti umani, intanto, si stanno mobilitando. Unica voce fuori dal coro, la Croce Rossa cambogiana, guidata da Bun Rany, moglie di Hun Sen, che considera gli aiuti ai profughi fuori dalle proprie competenze, limitate, invece, al soccorso delle vittime dei disastri naturali. Human Rights Watch (HRW), alla fine di maggio, ha chiesto di aprire un’indagine sulle repressioni dello scorso aprile in Vietnam e ha fatto pressione sul governo Hun Sen affinché sottoscrivesse la Convenzione di Ginevra del 1951, riguardo alle condizioni dei rifugiati. Il Vietnam, dal canto suo, ha negato l’esistenza dei rifugiati Montagnard e ha impedito l’entrata nella zona centrale degli altopiani ad agenzie stampa e reporter. (B.C.)

 

 

ANCHE UN MISSIONARIO COMBONIANO DA DOMANI A BORDO DELLA NAVE TEDESCA,

CAP ANAMUR: L’IMBARCAZIONE CON 37 PROFUGHI SUDANESI BLOCCATA

ORMAI DA 18 GIORNI AL LARGO DELLA COSTA SICILIANA

 

PORTO EMPEDOCLE.= Padre Cosimo Spadavecchia, missionario comboniano che ha prestato il proprio servizio nel Sudan per 18 anni, da domani salirà a bordo della Cap Anamur: la nave tedesca con i 37 profughi sudanesi, bloccata dalle autorità italiane al largo di Porto Empedocle, in Sicilia, ormai da oltre due settimane. Il religioso, domenica, celebrerà la Santa Messa sull’imbarcazione, per volere dell’arcivescovo di Agrigento, mons. Carmelo Ferraro, al quale i naufraghi, tutti cattolici, hanno chiesto assistenza spirituale. Il mercantile Cap Anamur, dell’omonima organizzazione umanitaria tedesca, aveva soccorso i 37 naufraghi al largo delle coste libiche, dove, secondo le leggi internazionali, avrebbero potuto sbarcare. La nave è poi approdata per alcuni problemi tecnici, a Malta, dove le autorità governative non erano a conoscenza della presenza a bordo dei profughi, quindi si è diretta verso la Sicilia, dove però è stata bloccata dalla Guardia costiera. La storia della Cap Anamur comincia con l’emergenza dei profughi vietnamiti in fuga verso la libertà nei mari del Sud della Cina. Questi viaggi su imbarcazioni malandate e sovraccariche si risolsero in tragedia per migliaia di persone, che rimasero vittime di tempeste o di assalti dei pirati. Nel 1979, il giornalista tedesco Rupert Neudeck fondò insieme ad alcuni amici il comitato “Una nave per il Vietnam” e noleggiò, per la missione di salvataggio, la nave da carico “Cap Anamur”, così chiamata dal nome di un promontorio sulla costa turca. In venticinque anni di attività, la “Cap Anamur” ha salvato oltre 10mila naufraghi. (D.G.)

 

 

EUROPA TERRA D’ASILO”: È IL TITOLO DELLA RICERCA

 SU ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE DEI RIFUGIATI PRESENTATA OGGI A ROMA,

PRESSO IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANTO SPIRITO.

L’UNIONE EUROPEA AUMENTERÀ PER IL PERIODO 2005-2010

GLI STANZIAMENTI IN FAVORE DEI RICHIEDENTI ASILO

E DEI RIFUGIATI ACCOLTI DAGLI STATI MEMBRI

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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ROMA. = Il dato positivo è stato illustrato da Patrick Lefèvre, rappresentante della Commissione europea, nell’ambito della conferenza conclusiva del progetto Europa Terra d’Asilo svoltasi stamani a Roma. Se da un lato gli sforzi dell’UE per garantire l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia d’asilo si stanno moltiplicando, dall’altro la Commissione europea sottolinea le disfunzioni di alcuni sistemi nazionali che impediscono un corretto accesso ai finanziamenti europei per l’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati. “L’Italia, per esempio – fa notare Lefèvre – ha perso in 4 anni oltre il 60% dei finanziamenti erogati dall’Unione in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati: dai 9,1 milioni di euro riscossi dall’Italia nel 2000, si è passati a 2,3 nel 2003 e si è giunti a 0,7 milioni nel 2004.” Una perdita dovuta essenzialmente alla mancanza di dati corretti sulla situazione dei rifugiati nel Paese e che le ONG hanno denunciato più volte. Per padre Francesco De Luccia del Centro Astalli di Roma si tratta di una situazione imputabile ad una scarsa volontà politica di sviluppare il sistema di accoglienza e ad un disinteresse politico di fondo per le questioni dell’asilo. Una linea questa che rischia anche di esasperare le tensioni a causa dell’alto costo sociale sostenuto dagli enti locali e dalla società. La stessa Raffaella Milano, assessore per le politiche sociali del Comune di Roma, ha lamentato l’isolamento istituzionale degli enti locali nell’affrontare le problematiche di accoglienza ed integrazione dei rifugiati ed ha lodato l’operato delle ONG impegnate nel settore. Infine, la rappresentante del Comune di Roma ha auspicato una veloce approvazione di una legge organica sull’asilo realmente basata sui principi fondamentali di solidarietà ed umanità. Unanime da parte delle organizzazioni e degli enti locali che hanno preso parte al progetto Europa Terra d’Asilo l’appello in favore di una pronta accoglienza in Italia dei 37 profughi bloccati da giorni a largo di Porto Empedocle sulla nave tedesca Cap Anamur.

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NEL PIANETA, UN ABITANTE SU DIECI POSSIEDE UN’ARMA.

LO DENUNCIA AMNESTY INTERNATIONAL, CHE, IN OCCASIONE

DELL’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE PER LA DISTRUZIONE DELLE ARMI,

RINNOVA LA RICHIESTA DI UN TRATTATO INTERNAZIONALE

SUL COMMERCIO DELLE ARMI

 

ROMA.= Un trattato internazionale sul commercio delle armi è stato richiesto per l’ennesima volta da Amnesty International, in occasione della “Giornata internazionale per la distruzione delle armi”, che si celebra oggi. Dal canto suo, l’organizzazione “Small Arms Survey”, in un rapporto presentato nei giorni scorsi a Ginevra, in Svizzera, ha reso noto che l’Italia è seconda soltanto agli Stati Uniti nella produzione di armi leggere e di piccolo calibro. Queste, secondo Amnesty, rappresentano “la vera arma di distruzione di massa”. Ve ne sono, infatti - denuncia l’organizzazione - 639 milioni in circolazione nel mondo, cioè una ogni dieci persone. Non solo, annualmente, vengono prodotte 8 milioni di nuove armi e 14 miliardi di munizioni. Ogni anno, inoltre, viene smarrito e rubato circa un milione di armi. In particolare in Iraq, nel 2003, nei depositi militari abbandonati in tutto il Paese, sono state sottratte almeno 650 mila tonnellate di armi ed esplosivi. Secondo Emilio Emmolo, della sezione italiana di Amnesty International, “la proliferazione e l’uso incontrollato delle armi leggere alimentano violazioni dei diritti umani, povertà, conflitti e criminalità e causano ogni anno centinaia di migliaia di vittime”. Per questo motivo, una coalizione costituita da Amnesty International, Oxfam e Rete internazionale di azione sulle armi leggere, nell’ottobre 2003 ha lanciato in oltre 50 Paesi una campagna denominata “Controllare le armi”. (D.G.)

 

 

IL SITO DELLA CHIESA DI GENOVA ON-LINE CON UNA VESTE DEL TUTTO RINNOVATA.

DIVERSE E VARIEGATE LE INIZIATIVE PROPOSTE SULLA PAGINA INTERNET

- A cura di Dino Frambati -

 

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GENOVA. = La Chiesa di Genova si propone on-line con un bel sito, completamente rinnovato rispetto all’esistente, attivo nei giorni scorsi e realizzato dallo sforzo corale di molti uffici e componenti della curia di Piazza Matteotti, in primis quello delle comunicazioni sociali. Una novità presentata dallo stesso arcivescovo, cardinale Tarcisio Bertone, cui peraltro è dedicata ovviamente ampia parte del sito, da sempre convinto assertore che pure la fede possa avvalersi vantaggiosamente delle nuove tecnologie e di Internet in particolare. Se l’aspetto visivo del nuovo sito è quello di una grafica più chiara e moderna, il suo vero valore sta nei contenuti, con le molte informazioni su storia, avvenimenti, associazioni cattoliche, la missione di Santo Domingo, fatti culturali, tesori architettonici e artistici della diocesi all’ombra della lanterna, comprese persino notizie sulle agenzie di viaggio diocesane e le sue iniziative. Nella proposta web, inoltre, appare primaria la lettura de “Il Settimanale cattolico”, organo di stampa ufficiale della Chiesa genovese. Molte, infine, e assai cliccate, le pagine sul cardinale Dionigi Tettamanzi, già arcivescovo del capoluogo ligure. Per concludere sono da citare le ampie pagine, con oltre 130 immagini, delle chiese genovesi, delle quali viene anche fornita un’anagrafe e gli orari di celebrazione delle messe.

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24 ORE NEL MONDO

9 luglio 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Il muro in Cisgiordania all’esame della Corte internazionale di giustizia: è una sentenza attesa da quattro mesi, quella che il Tribunale dell’Aja dovrebbe emettere tra poco. Ma sulla stampa israeliana di oggi si sono già diffuse anticipazioni ed indiscrezioni. Il nostro servizio:

 

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Il muro di separazione che Israele sta costruendo in Cisgiordania è contrario alle leggi internazionali, va smantellato e devono essere pagati compensi ai palestinesi per le proprietà loro confiscate: secondo il quotidiano israeliano Haaretz sarebbe questa la sentenza del tribunale dell’Aja che sarà letta tra poco. La Corte internazionale avrebbe chiesto, inoltre, che l’Onu prenda “misure supplementari” contro la barriera di sicurezza. Il giornale Haaretz aggiunge che il verdetto è stato sottoscritto da 14 giudici, con il solo voto contrario dell’americano Thomas Buerghental. Nella decisione della Corte dell’Aja – sempre secondo il documento pubblicato dal quotidiano israeliano – il governo di Ariel Sharon viene invitato a rispettare “la libertà di accesso ai Luoghi Sacri che sono sotto il proprio controllo”. In attesa della lettura della sentenza, il portavoce del governo di Tel Aviv Avi Pazner ha dichiarato, intanto, che Israele è pronto a discutere della linea di separazione dopo il previsto ritiro da Gaza. Pazner ha anche ribadito l’opinione dell’esecutivo di Sharon sul Tribunale dell’Aja: “Non ha alcuna giurisdizione” sulla decisione che si appresta a prendere; il verdetto non è vincolante. La Corte internazionale di giustizia è stata incaricata, infatti, della controversa questione del muro dall’Assemblea generale dell’Onu lo scorso 8 dicembre 2003. In quell’occasione, le Nazioni Unite hanno richiesto un parere consultivo sulle conseguenze giuridiche derivanti dalla costruzione della barriera da parte del governo di Tel Aviv. L’odierna sentenza ha dunque un carattere non vincolante ma si tratta, senza dubbio, di una raccomandazione dal grande significato politico.

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In Iraq un gruppo di guerriglieri ha dichiarato di aver preso in ostaggio due cittadini bulgari. I rapitori minacciano di ucciderli entro 24 ore se le forze della coalizione non libereranno dei detenuti. Il governo di Sofia ha reso noto che non cambierà la propria politica sul Paese arabo. Nel drammatico capitolo relativo agli ostaggi si deve comunque rimarcare una buona notizia. Il marine americano di origine libanese Ali Hassoun, rapito da estremisti islamici lo scorso mese di giugno, si trova nell’ambasciata americana a Beirut. Lo ha rivelato la Cnn citando fonti del Pentagono, secondo le quali il militare verrà prossimamente trasferito in una base militare statunitense in Germania per una serie di accertamenti medici. Un comunicato dell’esercito americano ha inoltre reso noto che ieri un soldato statunitense è rimasto ucciso in seguito a combattimenti.

 

Cresce l’allarme terrorismo negli Stati Uniti. Il ministro americano per la Sicurezza interna, Tom Ridge, ha dichiarato che la rete di Al Qaeda sta preparando un attacco su larga scala negli Stati Uniti per condizionare la campagna elettorale per la Casa Bianca. L’attenzione dell’amministrazione americana, che non ha alzato il livello di sicurezza nel Paese, è riversata soprattutto sulle imminenti convention repubblicane e democratiche di New York e Boston.

 

“Una ferita profonda nel corpo del mondo universitario”. Così un comunicato dell’Università di Teheran ricorda il quinto anniversario delle violenze sugli studenti e della rivolta poi duramente repressa da miliziani islamici e forze di sicurezza iraniane nel 1999. Era la sera del 9 luglio quando scoppiarono gli scontri nei quali perse la vita uno studente. Molti altri giovani, che rivendicavano maggiori diritti, sono ancora in carcere. In Iran ogni anno si tengono manifestazioni - peraltro quest’anno vietate - per non dimenticare la tragedia di quell’estate. Giada Aquilino ha chiesto al giornalista iraniano Ahmad Rafat, già segretario della stampa estera in Italia, di ricordare quei momenti drammatici:

 

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R. – Cinque anni fa ci fu una repressione brutale: furono distrutte le case degli studenti, intervenne la polizia nell’Università - dove per legge non potrebbe entrare - e tutto questo per reprimere un movimento di studenti che era iniziato con la chiusura di uno dei più importanti giornali indipendenti di Teheran, “Salam”. Quel giorno saltò il rapporto tra gli studenti e la società civile e ora nessuno ha voglia di dimenticare. Anche perché i colpevoli di quel massacro di studenti non furono mai né arrestati né processati, perché le richieste dei ragazzi per una maggiore libertà ed una maggiore democrazia sono ancora valide e perché la situazione è peggiorata negli ultimi cinque anni. Un anno fa, poi, una giornalista e fotografa iraniana con passaporto canadese che era a Teheran per coprire il quarto anniversario della rivolta degli studenti - mentre fotografava i genitori che protestavano fuori dal carcere per i figli che da quattro anni sono in prigione senza un processo - fu arrestata e morì in seguito a maltrattamenti ricevuti durante gli interrogatori: fu colpita alla testa con un oggetto contundente.

 

D. – Esiste un bilancio certo della repressione del regime?

 

R. – I bilanci in Iran sono difficili da fare, perché molto spesso le fonti ufficiali tacciono ed altre fonti danno numeri diversi. Personalmente, posso dare un bilancio per quanto riguarda la repressione nel campo giornalistico degli ultimi 12 mesi: un giornalista morto; 11 reporter in carcere; 47 giornali chiusi definitivamente; 10 mila siti internet, che rappresentano l’ultimo rifugio per poter parlare ed esprimersi liberamente in Iran, sono stati bloccati. Questo è soltanto un cenno di quanto sta accadendo in questi ultimi mesi in Iran.

 

D. – Cosa significa quindi libertà di espressione oggi in Iran?

 

R. – Significa la gran voglia di comunicare, di parlare, di dire, nonostante tutto. Credo che la marcia degli iraniani per la democrazia, che è iniziata qualche anno fa, sia ormai inarrestabile.

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Si profilano i timori di un nuovo conflitto nell’Ossezia del sud, la regione separatista georgiana al confine con la Russia, dopo che ieri duecento ribelli hanno fermato una quarantina di militari georgiani. In seguito all’accaduto, la Georgia ha richiesto, per la prima volta, l’intervento delle forze russe per il mantenimento della pace nella regione.

 

L'ex generale croato, Mirko Norac, si è dichiarato ieri non colpevole di fronte al Tribunale penale internazionale sull’ex Jugoslavia. Norac è accusato di crimini di guerra ai danni della popolazione civile serba di Croazia, commessi durante il conflitto bellico dei primi anni novanta. L’ex generale sta già scontando una pena di 12 anni per crimini compiuti nel 1991 nella regione della Lika, quando era comandante militare di tale zona.

 

 

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