RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 190 - Testo della trasmissione di giovedì 8 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nuovo appello per la pace dei
vescovi della Repubblica democratica del Congo
La Chiesa colombiana ribadisce
l’importanza della mediazione tra governo e ribelli delle FARC
In corso a Barcellona il
Parlamento delle Religioni del Mondo
Aumentato dell’88 per cento il
numero degli aborti in Spagna dal 1991 al 2001
Concluso
in Etiopia il Vertice dell’Unione Africana: i Paesi del Continente rilanciano
l’impegno per la pace
In
Iraq,Samarra devastata dalla violenza: almeno 9 le vittime
Uccisi
sette palestinesi nella Striscia di Gaza. Attesa domani la sentenza della Corte
di giustizia dell’Aja sul muro israeliano nei Territori occupati.
8 luglio 2004
LE VACANZE DI GIOVANNI PAOLO II IN VALLE D’AOSTA:
IL
PAPA IN GITA NONOSTANTE IL MALTEMPO
Prima
gita delle vacanze valdostane del Papa. Nonostante la pioggia, Giovanni Paolo
II ha lasciato nella tarda mattinata lo chalet di Les Combes per un’escursione
che potrebbe durare fino al pomeriggio. Ce ne parla Salvatore Mazza, inviato
del quotidiano Avvenire, intervistato da Dorotea Gambardella:
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R. – Oggi il Papa è riuscito
finalmente ad uscire dallo chalet per una passeggiata, che dovrebbe averlo
portato lontano. Il tempo non è che sia bellissimo, ma la pioggia non ha mai
spaventato più di tanto il Papa. Rientrato quindi l’allarme grosso peril
maltempo – diciamo - stamattina verso le 11.30 è stato visto il corteo di
macchine, che lo accompagna sempre, lasciare Les Combes in direzione di Introd.
D. – Si conosce la
destinazione raggiunta dal Papa?
R. – Ancora non si sa quale
sia. E questo per evitare che la gente che sta in valle, i turisti dicano “andiamo
a vedere dov’è il Papa. Andiamolo a trovare”. I percorsi preparati quest’anno
sono 15, cioè comunque molti di più rispetto ai giorni di soggiorno del Papa.
Si decide di giorno in giorno, a seconda del tempo e a seconda di quello che il
Papa vuole vedere. Bisogna tenere presente che questo è il decimo anno che il
Papa viene in Valle d‘Aosta, per cui ormai questi posti li conosce bene. Si sa
che in passato ha chiesto lui stesso se era possibile tornare in un certo posto
piuttosto che in un altro. Quindi, è prevedibile che anche quest’anno, se
potranno, lo accontenteranno.
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LE CRISI INTERNAZIONALI
E IL FRENO DELL’ECONOMIA GLOBALE
SONO IL CONTESTO IN CUI LEGGERE IL DISAVANZO NEL
BILANCIO DELLA SANTA SEDE.
SI REGISTRA PER IL TERZO ANNO CONSECUTIVO MA PER
LA PRIMA VOLTA NEL 2003
E’ IN DIMINUZIONE. I DATI RESI NOTI IERI, SONO
STATI PRESENTATI
QUESTA MATTINA IN SALA STAMPA VATICANA DAL
CARDINALE SEBASTIANI
E DA MONS. CROCI, PRESIDENTE E SEGRETARIO
DELLA PREFETTURA DEGLI AFFARI ECONOMICI DELLA
SANTA SEDE
Presentazione, questa mattina in
Sala Stampa vaticana, del bilancio consuntivo della Santa Sede per l’anno 2003
reso noto ieri. Martedì scorso si era svolta la 38.ma riunione del Consiglio
dei Cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici, presieduta
dal Segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano. Oggi alla stampa hanno riferito
il cardinale Sergio Sebastiani e mons. Franco Croci, rispettivamente presidente
e segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. C’era
per noi Fausta Speranza:
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Si tratta del terzo anno di
disavanzo. Un trienno che ha fatto seguito al periodo di avanzi di bilancio
registrati fino al 2000. E il cardinale Sebastiani ha allargato lo sguardo ricordando
che l’economia mondiale proprio a partire dall’ultima parte del 2000 era “entrata
in una fase di crisi che poi ha risentito in ampia misura delle turbolenze
provocate da eventi di altra natura”:
“Come l’attacco alle Torri
Gemelle e la serie di ulteriori attentati, la guerra in Iraq e il perdurare del
conflitto israelo-palestinese”.
Di tutto questo non poteva – ha
sottolineato il cardinale - non risentire anche il bilancio della Santa Sede. A
questo proposto ricordiamo l’entità del disavanzo: oltre 9 milioni e mezzo di
euro, precisando anche che è in calo rispetto al 2002 in cui aveva superato i
13 milioni e mezzo. E questo miglioramento si registra nell’attività
istituzionale, nell’attività finanziaria e nelle attività mediatiche, (L'Osservatore romano, la
Radio Vaticana, l’Editrice e la Tipografia Vaticana, il Centro Televisivo)
mentre se si parla del settore immobiliare si cambia termine perché di avanzo
si tratta. Un avanzo di 22,4 milioni, persino in crescita rispetto all’anno
precedente.
Quindi, il cardinale Sebastiani
ha aggiunto:
“Solo
a partire dal secondo semestre dell’anno 2003 si assiste ad una certa ripresa
dei corsi azionari, ma a livello europeo sono ancora carenti gli investimenti
ed è soprattutto debole l’andamento della domanda”.
C’è poi l’osservazione sul
“cresciuto valore dell'euro nei confronti del dollaro e di altre monete''.
Considerato che la Santa Sede è nell’area euro ma le entrate sono soprattutto
in dollari, il tasso di cambio non ha giocato a favore. A proposito delle offerte, ad una domanda
sull’entità di quelle che arrivano dagli Stati Uniti, il cardinale Sebastiani
ha risposto confermando che non sono in diminuzione rispetto al passato e che
gli USA restano al primo posto tra i Paesi donatori.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato ausiliare della diocesi di
Namur in Belgio il reverendo Canonico Pierre Warin, del clero di Liegi, finora
presidente del Seminario della medesima diocesi e vicario episcopale,
assegnandogli la sede titolare vescovile di Tongeren.
Mons. Pierre Warin è nato il 15 giugno 1948 a Rocourt,
nella diocesi di Liegi. Ha studiato all’Università Cattolica di Lovanio, dove
ha ottenuto il baccalaureato in Filosofia scolastica, e a Roma presso la
Pontificia Università Gregoriana e il Pontificio Istituto Biblico, ottenendovi
il dottorato in Teologia e la Licenza in Teologia biblica. E’ stato ordinato
sacerdote il 23 dicembre 1972.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il
messaggio di Giovanni Paolo II al cardinale Renato Raffaele Martino,
presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in
occasione del Simposio sul tema: “Sviluppo economico e sociale dell’Africa
nell’era della globalizzazione”. La Dichiarazione finale del Simposio.
Nelle vaticane, due pagine
dedicate al cammino della Chiesa in Italia.
Nelle estere, “Ancora sangue” è
il titolo dell’articolo sull’Iraq, dove non cessano attacchi, agguati e
combattimenti.
Sudan: colloqui con il Ciad
sulla crisi nel Darfur.
Nella pagina culturale, un
articolo di Marco Testi dal titolo “Manca il nome di Marino Piazzolla nella
‘lista aurea’ dei massimi poeti”: la riedizione, dopo 25 anni, di “Sugli occhi
e per sempre” offre l'occasione di riscoprire una voce cosmica.
Nelle pagine italiane, governo:
l’Udc gela gli alleati, ottimismo ingiustificato; dopo il vertice con
Berlusconi e Fini.
I vescovi dell’Emilia Romagna
sullo Statuto regionale: “Censurati 18 secoli di storia”.
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8 luglio 2004
DOMANI LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
DELL’AJA SULLA LEGALITA’
DEL MURO CHE ISRAELE
STA COSTRUENDO NEI TERRITORI PALESTINESI
- Intervista con padre Marco Malagola -
Domani
la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja emetterà la sentenza sulla legalità
del muro che Israele sta edificando nei Territori Palestinesi per motivi di sicurezza;
il parere della Corte è stato richiesto dalle Nazioni Unite con la risoluzione
dell’8 dicembre del 2003 e fa seguito al verdetto pronunciato dalla Corte
Suprema israeliana il 30 giugno scorso, secondo il quale il tracciato va
rivisto poiché non tiene nella necessaria considerazione le esigenze della
popolazione palestinese. Ma quali sono le ripercussioni di questa barriera
sulla vita dei palestinesi? Adriana Masotti lo ha chiesto al padre francescano
Marco Malagola, delegato della Commissione Giustizia e Pace della Custodia di
Terra Santa.
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R. – L’erezione del muro è un
altro colpo di delusione per le speranze del popolo palestinese. E’ un muro che
invece di proteggere non fa altro che aumentare quel senso di non speranza dei
palestinesi. E’ una popolazione che vive nella disperazione, perché non vede
nessun futuro. Gaza, Nablus, Jenin, Hebron: voi non potete immaginare cosa ci
sia là.
D. – Può descriverci
brevemente le condizioni di vita?
R. – E’ un inferno permanente,
perché la gente vive nella paura. Non passa una notte senza sentire il rumore
di questi pesanti carri armati, che vanno e che vengono, e degli aerei. E’ una
guerra. E poi non possono andare da una città all’altra. Ci sono delle famiglie
che sono divise. I contadini non possono andare a lavorare nei loro campi.
D. – Paura costante nei campi
profughi, paura negli israeliani. E questa è la giustificazione del muro:
essere più sicuri, fermare i terroristi…
R. – Anche gli israeliani soffrono,
perché questi kamikaze si fanno scoppiare sui mezzi pubblici, o nei ristoranti,
o nelle discoteche. Quindi c’è una paura permanente. Però, certamente, se io
dovessi dire chi soffre di più in Terra Santa, direi che soffre di più questa
popolazione che è divisa. Un’occupazione brutale. Alle volte si aspettano ore
ai posti di blocco prima di passare e poi magari ti dicono di no. E’ una vita
senza vita. Qui chi parla chiaro è proprio il Papa, perché lui dice ‘no’
all’occupazione, ‘no’ agli insediamenti, più rispetto delle risoluzioni dell’Onu. Il
nodo è l’occupazione che veramente opprime e toglie la libertà e la speranza di
un futuro.
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LE
SPERANZE DI PACE PER LA SOMALIA DAI NEGOZIATI IN KENYA
-
Intervista con Alfredo Mantica, mons. Pietro Parolin e Angelo Masetti -
Le
speranze di pace per la Somalia vengono da Nairobi in Kenya, dove sono in corso
i negoziati tra 275 rappresentanti di clan somali. L’accordo finale potrebbe
arrivare per la fine di luglio: il Paese, indipendente dal 1960 è sconvolto da
una guerra civile dal 1991, anno della cacciata del generale Siad Barre. La
Somalia è ora nelle mani dei “signori della guerra”, preda della più assoluta
anarchia. Neppure l’intervento dell’Onu dal ’92 al ’95 è servito a riportare
ordine e pace. Di tutto questo se ne è parlato in questi giorni a Roma in un
convegno organizzato dal Forum Italia-Somalia per il 44° anniversario della
Repubblica Somala. Il servizio di Francesca Smacchia.
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C’è forse una reale possibilità per la Somalia di uscire
dalla difficile situazione in cui versa da più di un decennio. Il processo di
pacificazione, in corso a Nairobi, dovrebbe infatti portare alla nomina di un
Parlamento provvisorio entro il 31 luglio. Un nuovo tentativo, questo, di
formare l’apparato statale somalo, finora gestito dai “signori della guerra”.
Per Alfredo Mantica, sottosegretario italiano agli Esteri, sono essenziali una
partecipazione dell’Unione Africana al disarmo e la costituzione di un governo
federale nel rispetto dei clan esistenti sul territorio:
R. – Credo che ogni popolo abbia la sua storia e in
Somalia c’è questa tradizione, che dura da secoli, dei clan, degli sceiccati,
di governi piccoli e locali che mai hanno conosciuto una struttura statuale
come la intendiamo noi. Quindi quella struttura tradizionale è la struttura
portante ed ignorarla è un errore. Immaginare che i clan non possano determinare
le scelte politiche della futura Somalia sarebbe non riconoscere la realtà.
Credo allora che in un combinato disposto di autonomie locali che corrispondono
ai clan, ai sotto clan e alle regioni, uniti in rete e quindi avendo dei
servizi in comune – l’esercito, la giustizia, la politica estera – diminuendo
il peso di Mogadiscio e quindi ridando una maggiore autonomia a tutti si può arrivare
ad immaginare questa Somalia come una Repubblica federale.
Importante il ruolo dei missionari per il processo di
pacificazione e l’attenzione che la Santa Sede rivolge alla complessa
situazione somala. Lo sottolinea mons. Pietro Parolin, sottosegretario vaticano
per i rapporti con gli Stati:
R. – Purtroppo la presenza della Chiesa in Somalia è quasi
scomparsa. D’altra parte la Chiesa è pronta a riprendere la sua presenza in
Somalia, attraverso soprattutto l’opera dei missionari. Ricordavamo come già
nel passato questi hanno dato un grandissimo contributo alla vita del popolo
somalo e al suo sviluppo, pagando anche un alto prezzo di sangue. Naturalmente
i missionari sono pronti a tornare. C’è stato anche il telegramma del cardinal
Sepe, che ricordava proprio questa disponibilità da parte dei missionari.
Secondo Angelo Masetti, portavoce del Forum
Italia-Somalia, la comunità internazionale deve dare forza ad una
organizzazione dei membri della diaspora, disponibili a rientrare e in Somalia,
per svolgere un ruolo di ricostruzione, sempre sotto la guida e nell’ambito di
un piano internazionalmente concordato:
R. – In Somalia, dopo 13 anni di guerra, la classe
dirigente somala è scomparsa: sono rimasti soltanto i cosiddetti “signori della
guerra” ed una sterminata popolazione che è ostaggio degli stessi “signori
della guerra”. Tutti coloro che erano classe dirigente, professionisti,
politici, imprenditori; tutti coloro che rappresentano l’ossatura di uno Stato
che riesce a svilupparsi sono esuli all’estero. Possiamo pensare ad una Somalia
che rinasce, ad una Somalia che si ricostruisce moralmente e materialmente
soltanto se rimettiamo in gioco e ridiamo un ruolo alla futura classe dirigente
somala che è all’estero.
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INTERVENIRE CON RIFORME STRUTTURALI PER SOSTENERE
LA CRESCITA DELL’EUROPA.
COSÌ
LA BANCA CENTRALE EUROPEA NEL RAPPORTO PRESENTATO OGGI IN GERMANIA
-
Intervista con Paolo Baroni -
Sfruttare
la ripresa economica per risanare i conti pubblici di Eurolandia. Lo ribadisce
la Banca Centrale Europea, nel Bollettino di luglio pubblicato oggi a
Francoforte. E' della “massima importanza” - si sottolinea - che tutti i Paesi
con squilibri di bilancio si impegnino con rapidità. Rimarcato, comunque che la
crescita proseguirà, nonostante i rischi provenienti dalle contrattazioni
petrolifere. Il servizio è di Massimiliano Menichetti.
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Evitare
l’errore compiuto in passato, ovvero attuare politiche sbilanciate in periodi
di ripresa. Così la Banca Centrale Europea, nel Rapporto presentato oggi,
rimarca rischi e benefici nell’attuale situazione economica. L’Istituto
sottolinea che la fase di crescita attuale sorretta dai tassi di interesse
bassi offre l’opportunità per potenziare le finanze pubbliche, ma che il patto
di stabilità e crescita non va modificato e i governi devono confermare con la
massima priorità il proprio impegno nel risanamento delle finanze. Per quanto riguarda
il costo della vita si evidenzia che nonostante qualche picco nel breve periodo
le prospettive di andamento dell’inflazione continuano a restare sotto
controllo. E sui rischi derivanti dalle fluttuazioni petrolifere c’è
attenzione. Paolo Baroni, capo servizio economia del quotidiano La Stampa:
“Il
petrolio l’altro giorno è ritornato a 40 dollari al barile e ovviamente getta
delle ombre preoccupanti sui livelli di inflazione, di conseguenza sulla
politica monetaria e su quella che può essere la crescita e la ripresa”.
La BCE
si mostra soprattutto preoccupata per l’andamento della produttività del
lavoro, che tende a diminuire dalla metà degli anni ’90. Ancora Baroni.
“La
BCE segnala che sta calando in maniera significativa la produttività del lavoro
e quindi sollecita anche su questo fronte, come sul fronte dei conti pubblici,
delle riforme strutturali, per cercare di invertire questo dato, perché un calo
significativo forte della produttività del lavoro ci metterebbe in posizione di
svantaggio rispetto ai competitori mondiali. Pensiamo agli Stati Uniti, ma
anche alla Cina e ai Paesi emergenti dell’Asia”.
Le
prime riforme da attuare secondo la Banca Centrale Europea dovranno quindi appoggiarsi
su un rigoroso controllo della spesa interna di ogni singolo Paese e
sull’attenta valutazione per i piani economici relativi all’anno prossimo.
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CONCLUSA
A ROMA, PRESSO LA FAO,
LA
PRIMA CONFERENZA MONDIALE SULLE SEMENTI ORGANICHE
-
Intervista con Nadia Shalaba -
Si sono chiusi ieri a Roma, presso il quartier generale
della FAO, i lavori della Prima Conferenza Mondiale sulle Sementi organiche. I
partecipanti di quasi sessanta Paesi si sono confrontati su temi delicati quali
la coesistenza di colture convenzionali e biologiche, sia a livello tecnico,
sia a livello di mercato globale, senza dimenticare la problematica Ogm, gli
organismi geneticamente modificati. Ascoltiamo in proposito il servizio di
Lucas Duran:
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Rappresentanti delle associazioni di settore, delle
industrie produttive, ricercatori e funzionari di colossi della biotecnologia
hanno dato voce, ognuno, alle proprie istanze, spesso in contraddizione con
quella degli altri oratori. I fautori dell’agricoltura biologica seguono
l’obiettivo della qualità del prodotto senza l’utilizzo di fertilizzanti
chimici e di pesticidi artificiali, ma ricorrendo a tecniche naturali e
all’adattamento delle singole aziende agricole alle necessità del mercato
locale. Da tendenza alternativa di rifiuto della società moderna, l’agricoltura
biologica rappresenta oggi il settore alimentare con il tasso di crescita più
elevato: dal caffè messicano al the cinese, dal cotone ugandese e alle olive italiane
si assiste alla moltiplicazione del numero di coltivatori che scelgono metodi
naturali in chiave moderna.
Non mancano le critiche di coloro che ritengono la scelta
biologica troppo costosa sia dal punto di vista economico, sia da quello delle
energie fisiche. Inoltre alcuni affermano che “non sarà con l’agricoltura
biologica che si potrà rispondere alle esigenze crescenti di una popolazione
mondiale già largamente affetta dal dramma della fame.
A complicare le cose vi è poi il conflitto sugli OGM, che
le compagnie produttrici ritengono la strada del futuro in materia di semina e
di lotta alla fame e che invece vengono ritenuti per nulla indispensabili da
molte associazioni di coltivatori convenzionali e biologici. Ne sottolineano
l’elevato rischio potenziale legato all’ancora troppo recente sperimentazione.
Un settore, quello degli OGM, dove continua a manifestarsi il braccio di ferro
fra gli Stati Uniti, da sempre favorevoli alla loro introduzione sul mercato
mondiale, e l’Unione Europa, assai più prudente al riguardo.
Un
tema su cui tutti si sono dimostrati d’accordo e a cui porre rimedio è quello
della mancanza di regole comuni in materia di certificazioni dei prodotti e dei
semi biologici. Il rischio è che ogni Paese, addirittura ogni organismo di
verifica stabilisca regole individuali in contrasto con il postulato di
armonizzazione normativa. Sull’esito della conferenza abbiamo chiesto il parere
di Nadia Shalaba, responsabile del programma interdisciplinare della FAO
sull’agricoltura biologica:
R. – Le tre aree di lavoro principali che abbiamo
identificato sono le seguenti: creare un meccanismo di dibattito e trovare
delle soluzioni tecniche sul problema della coesistenza tra i sistemi biologici
ed i sistemi di agricoltura geneticamente modificata, affinché i governi
possano definire dei regolamenti che permettano agli agricoltori di scegliere
il sistema di produzione che li interessa ed ai consumatori di poter scegliere
il tipo di cibo che li interessa di più; la seconda area che abbiamo
identificato, che è molto prioritaria, riguarda uno sforzo maggiore per
rinforzare la capacità degli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo ed anche
dei piccoli agricoltori dei Paesi del Nord per poter produrre delle sementi adeguate
per l’agricoltura biologica in azienda. Infine, il ruolo normativo dove la Fao
può aiutare molto, riguarda le linee guida per trovare dei modi di
armonizzazione che i vari Paesi stanno mettendo in atto adesso per le semine
biologiche certificate.
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UNA ESPERIENZA DI STRAORDINARIA INTENSITA’
SPIRITUALE:
CON
QUESTE PAROLE MONS. BRUNO FORTE RICORDA IL PERIODO
DELLE
PREDICHE QUARESIMALI AL PAPA E ALLA CURIA ROMANA.
PUBBLICATO
DALLA MONDADORI UN VOLUME
CHE
RACCOGLIE GLI ESERCIZI SPIRITUALI DEL NOTO TEOLOGO
-
Intervista con mons. Bruno Forte -
“Seguendo
Te, luce della vita”: è il titolo del volume che raccoglie gli esercizi spirituali
predicati da mons. Bruno Forte, dallo scorso 26 giugno arcivescovo di
Chieti-Vasto, a Giovanni Paolo II e alla Curia Romana, durante il periodo quaresimale.
Il libro, di oltre 200 pagine, è stato recentemente pubblicato dalla Mondadori.
Gli “esercizi spirituali” sono un itinerario di fede teso ad accogliere sempre
più profondamente Dio nel proprio cuore per lasciarsi trasformare da Lui seguendo
Gesù, “luce della vita”. Definiti nella loro forma più compiuta da Ignazio di Loyola,
furono più volte raccomandati dalla Chiesa, tanto che Pio XI dedicò loro
l’Enciclica Mens nostra, istituendo gli esercizi spirituali annuali in
Vaticano. Marco Cardinali ha intervistato mons. Bruno Forte chiedendogli, prima
di tutto, quale ricordo abbia degli esercizi predicati al Papa:
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R. –
Devo dire che è stata un’esperienza di straordinaria intensità spirituale.
Vedere il Papa in ascolto, sempre presente, in un’intensità fortissima di preghiera
e vedere in analogo ascolto tanti cardinali, tanti vescovi, che sono poi i suoi
più stretti collaboratori, mi ha dato una gioia profonda. Ho pensato: se per
una settimana, interamente, a 360 gradi, il cuore del governo della Chiesa si
mette in ascolto soltanto della Parola di Dio, questo rappresenta veramente una
sorgente di luce e di grazia per la Chiesa stessa e per il mondo. Forse è
quella forza nascosta che rende la Chiesa giovane e bella, nonostante i suoi
duemila anni.
D. -
Mons. Forte, come ha diviso l’itinerario di fede nei suoi esercizi spirituali?
R. –
Tutto il cammino, la trama e gli esercizi è compendiata in quella frase di Giovanni:
“Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre ma verrà alla
luce della vita”. In questa frase, infatti, sono presenti i tre momenti di ogni
vero percorso degli esercizi spirituali: la cosiddetta via purificativa, quella
cioè che ci fa raggiungere con la Grazia di Dio la libertà, dalle tenebre e dal
peccato (“chi segue me non camminerà nelle tenebre”); poi la via illuminativa,
quella cioè che attinge alla Croce del Risorto la luce per poter recuperare le
proprie scelte (“io sono la luce del mondo”); ed, infine, la via unitivia,
quella cioè che fa fruttificare questa illuminazione ricevuta ai piedi della
Croce da Gesù Risorto e, dunque, trasforma la nostra vita, secondo il cuore di
Dio (“avrà la luce della vita”).
D. –
Qual è il significato del “nugolo di testimoni” di cui spesso parla nelle meditazioni?
R. – Il
senso del “nugolo dei testimoni”, che è l’espressione della Lettera agli ebrei,
vuol significare che nessuno di noi si salva da solo, nessuno di noi scopre da
solo il dono di Dio, ma abbiamo bisogno della comunione della Chiesa. Questa
comunione è quella della Chiesa pellegrina nel tempo, ma anche della Chiesa dei
Santi, della Chiesa Celeste. Ecco perché il primo testimone, che ho
continuamente invocato, alla fine di ogni giorno, con una lectio divina dedicata
a Lei nella Bibbia, è la Vergine Maria. Ci sono poi i grandi testimoni. Tra i
personaggi biblici ho scelto Abramo, Mosé, Pietro, Paolo, Giovanni: figure che
ci aiutano veramente a fare il cammino della fede. La fede in realtà esige un
continuo cammino di riscoperta e di approfondimento e, quindi, in un certo
senso, invocare questo “nugolo di testimoni”, meditare la loro esperienza di
Dio come un’esperienza viva, attuale, che parla al nostro cuore, significa fare
un laboratorio della fede. E tutti noi ne abbiamo bisogno!
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8 luglio 2004
KINSHASA. = “Non siamo per nulla disposti a
tollerare che il processo di pace avviato a prezzo di tanti sacrifici venga
sabotato”. I vescovi della Repubblica Democratica del Congo ribadiscono così il
loro fermo sostegno al processo di transizione alla democrazia, avviato un anno
fa con la formazione del governo di unità nazionale che deve preparare le
elezioni generali del 2005. “Anche se imperfetta
questa fase merita di essere sostenuta e la nostra Chiesa desidera che vada a
buon fine. Occorre salvarla a tutti i costi per instaurare un nuovo sistema
politico eletto democraticamente”. La posizione dei vescovi è contenuta in un
messaggio pubblicato nei giorni scorsi, al termine della loro 38.esima
assemblea plenaria a Kinshasa, dal titolo “Fratelli che cosa dobbiamo fare?
L’ora della responsabilità è arrivata”. Con la recente ripresa delle violenze
in alcune parti del Paese, l’ex Zaire sta attraversando nuovamente un momento
difficile, ma i vescovi vedono incoraggianti segni di risveglio della società
civile. Al di là dei disordini, degli attacchi contro certe istituzioni
internazionali e dei saccheggi, che disapprova, infatti, la Chiesa saluta il
coraggio mostrato dal popolo congolese nell’opporsi alla violazione
dell’integrità territoriale e alla balcanizzazione del Paese. “Vittima per
tanto tempo della deriva politica - rilevano - esso si è assunto ormai la
responsabilità di contribuire alla costruzione di una pace durevole e dimostra
la sua volontà di prendere in mano il proprio destino e di partecipare attivamente
alla costruzione di una società in cui regni la giustizia, la democrazia e lo
sviluppo”. I presuli, tuttavia, ammoniscono il popolo congolese ad agire in modo
riflessivo e ordinato, per non compromettere il delicato processo in corso.
“Occorre essere vigili - scrivono - senza cadere nella trappola della
manipolazione e della demagogia”. (L.Z.)
LA
CHIESA COLOMBIANA RIBADISCE L’IMPORTANZA DELLA MEDIAZIONE TRA GOVERNO
E RIBELLI. UN APPELLO AD ANTEPORRE LE
ESIGENZE UMANITARIE
A QUELLE POLITICHE E’ STATO LANCIATO DAL
CARDINALE RUBIANO SAENZ
AL
GOVERNO DI BOGOTA’ E ALLE FARC
BOGOTA’.
= Un invito a dare “segni di disponibilità” circa la questione degli ostaggi è
stato rivolto, nei giorni scorsi, dal cardinale Pedro Rubiano Sàenz, arcivescovo
di Bogotà e presidente della Conferenza episcopale colombiana, ai guerriglieri
delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC). Condannando il
sequestro come “atto di violenza”, il porporato ha chiesto ai combattenti di mostrare
segnali di apertura, mediante atti concreti, che pongano fine alle sofferenze
del popolo colombiano. “Anteponete le esigenze umanitarie a quelle giuridiche e
politiche - è stato l’appello lanciato dal cardinale - liberate tutte quelle
persone detenute illegalmente a causa del conflitto civile”. In disaccordo con
un eventuale scambio tra i ribelli attualmente in detenzione e i sequestrati,
perché “equivarrebbe a porre un prezzo sulla persona”, il porporato ha
insistito sulla necessità, più volta ribadita dalla Chiesa, di “un accordo
umanitario con i guerriglieri, per ragioni legali e di dignità umana”. (D.G.)
ALL’INCONTRO
PARTECIPANO 7.000 PERSONE DI 75 PAESI
LA SITUAZIONE NELLO
ZIMBABWE E’ SEMPRE PIU’ CRITICA, LO SPETTRO DELLA FAME
STA ALLUNGANDO LE SUE SPIRE: A LANCIARE L’ALLARME
E’ L’ARCIVESCOVO
DI BULAWAYO
MONS. NCUBE, MANIFESTANDO LA PROPRIA PREOCCUPAZIONE
PER L’OPERATO DEL GOVERNO
BULAWAYO.
= “La gente non ha cibo. Le persone moriranno perché il governo ci sta
raccontando delle menzogne”. Così mons. Pius Alick Ncube, arcivescovo di Bulawayo,
seconda città dello Zimbabwe, in occasione della recente Giornata mondiale per
le vittime della tortura. L’arcivescovo ha parlato di fronte ad oltre 2 mila
fedeli nella cattedrale di Bulawayo. Durante la cerimonia, i presenti hanno acceso
candele in memoria delle vittime della tortura, mentre il coro dell’arcidiocesi
ha intonato inni nelle lingue dello Zimbabwe: shona, ndebele e inglese. “Molte
persone in questo Paese sono state torturate a morte - ha dichiarato mons.
Ncube - come cristiani dobbiamo opporci alla tortura”. Accanto alla violenza
politica, l’arcivescovo ha ricordato la penuria alimentare che sta facendo
soffrire gli abitanti dello Zimbabwe e ha evocato lo spettro della fame. Già in
altre occasioni l’arcivescovo Ncube aveva manifestato la propria preoccupazione
per la situazione nel Paese e per l’operato del governo di Harare. “La politica
del presidente Robert Mugabe - ha riferito il presule all’agenzia Fides - ha
portato il Paese al collasso. Da oltre tre anni, da quando ha iniziato a temere
di perdere il potere, il presidente ha imposto un controllo ferreo sulla
società. La politica di distribuzione della terra, in particolare, ha distrutto
il settore agricolo, un tempo fiorente, con il risultato che ogni settimana
nello Zimbabwe muoiono di fame 40 persone. Oltre 6 milioni di persone sono a
rischio fame (su un totale di poco più di 12 milioni), l’80 % della popolazione
vive al di sotto della soglia di povertà, non si trova carburante e le banche
hanno bloccato i conti correnti”. (A.M.)
DAL
1990 AL 2001 E’ AUMENTATO DELL’88 PER CENTO
IL
NUMERO DEGLI ABORTI IN SPAGNA
MADRID. = Aumentato dell’88 per cento il numero degli
aborti in Spagna, dal 1990 al 2001. Non solo, il 50 per cento delle minorenni
spagnole incinte interrompe la gravidanza. Il primato di questo fenomeno spetta
alla Catalogna, dove ad abortire è il 60 per cento delle ragazze di età
inferiore ai 18 anni, seguita dalle Baleari, con il 20 per cento, e le Asturie,
con il 19 per cento. Sono alcuni degli allarmanti dati, contenuti nel rapporto
appena pubblicato dal Centro superiore di ricerche scientifiche (CSIC), dal
quale emerge come l’interruzione di gravidanza nel Paese iberico sia diventata
una pratica frequente. Lo studio rivela, inoltre, che tre anni fa gli aborti
delle ragazze sotto i 25 anni rappresentavano già il 40 per cento del totale.
“Dati in controtendenza rispetto all’Unione Europea - ha commentato la
responsabile del CSIC, Margarita Delgado - in cui il numero delle interruzioni
di gravidanza tende a diminuire”. In Spagna, l’aborto è stato depenalizzato nel
1985, in tre casi: grave pericolo per la salute fisica e psichica della madre;
se la gravidanza è la conseguenza di una violenza sessuale; se il feto è
affetto da gravi malformazioni. È intenzione, tuttavia, del governo Zapatero depenalizzare
completamente l’aborto entro le prime 12 o 14 settimane. (D.G.)
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8
luglio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Si è chiuso oggi ad
Addis Abeba, in Etiopia, il 13.mo Vertice dell’Unione Africana. Il presidente
nigeriano, Olusegun Obasanjo, ha affermato che i Paesi africani si sono impegnati a promuovere e a
rilanciare la pace nel Continente. Tra le decisioni prese ad Addis Abeba,
l’invio di una forza di pace nella regione sudanese del Darfur e l’appello al
governo del Sudan perché cessi i bombardamenti contro le popolazioni autoctone
non arabe di questa zona. Il vertice ha deciso anche di stabilire il Parlamento
dell’Unione in Sudafrica. Andrea Sarubbi ha raccolto il commento di padre
Giuseppe Caramazza, missionario comboniano, direttore dell’agenzia di stampa
New People a Nairobi:
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R. – La decisione, a livello ideologico, è molto buona. Il
Sudafrica è l’unico Paese in Africa che può veramente garantire la sicurezza di
poter lavorare. Rimane ora il problema riguardo a cosa farà questo Parlamento.
Su questo punto io sono un po’ scettico, perché mi sembra che in Africa non ci
sia ancora una coscienza internazionale capace di dare anche un peso politico
ad una assise di questo tipo.
D. – Da questo vertice emerge che il Darfur sarà un po’ il
banco di prova per l’Unione Africana…
R. – C’è una grande pressione internazionale affinché sia
l’Africa a prendersi cura dei propri problemi. Credo però che l’Unione non sia
in grado di agire prontamente in Darfur. Prima di tutto, vengono messe a
disposizione troppe poche persone per una regione che è grande come la Francia.
I Paesi africani, inoltre, non sono stati capaci di una vera critica verso i
presidenti africani. Dunque non vedo come adesso l’Unione Africana riuscirà ad
imporre quanto meno un po’ di democrazia e correttezza al governo del Sudan.
Non lo ha fatto in venti anni di guerra.
D. – Proprio sul Darfur c’è stato un dibattito piuttosto
acceso: alcuni Paesi insistevano nel parlare di genocidio in corso mentre il
Sudan si è impegnato affinché la parola genocidio non venisse menzionata e c’è
riuscito…
R. – Il Sudan può imporre forti pressioni agli altri Paesi
africani, perché ha il petrolio da vendere e tantissime altre cose da dare agli
altri. Ha quindi giocato le sue carte per non essere messo al bando. La verità
però è che il Sudan è stato un governo genocida negli ultimi due decenni e
quello che sta facendo ora in Darfur è ancora un genocidio.
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In Iraq quattro soldati americani
ed una guardia irachena sono stati uccisi in un attacco avvenuto a Samarra,
città dove l’esplosione di una bomba ha anche provocato la morte di almeno
cinque civili. Il nostro servizio:
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Si trova in Libano il marine
americano di origine libanese, Wassef Ali Hassoun, rapito in Iraq lo scorso 21
giugno. Lo ha reso noto un portavoce dell’ambasciata statunitense a Beirut ma i
familiari del soldato hanno dichiarato di non avere ancora alcuna notizia sul
loro congiunto. La liberazione di Hassoun è stata annunciata lunedì scorso poco
dopo la falsa notizia di una sua decapitazione data da un gruppo di
guerriglieri. Nello Stato arabo si è ripresentato, inoltre, il dramma di un
nuovo sequestro: in un video diffuso da Al Jazeera un gruppo armato ha mostrato
un uomo, ritenuto dai rapitori di nazionalità filippina, chiedendo al governo
di Manila di ritirare le proprie truppe dall’Iraq. Il ministero del Lavoro del
Paese asiatico ha successivamente precisato che l’ostaggio non è filippino. E’
alto intanto l’allarme terrorismo in Italia in seguito ad un messaggio del
leader di Al Qaeda, Osama Bin Laden, pubblicato su un sito islamico e tradotto
per la prima volta in italiano. Il testo contiene minacce esplicite. “Siccome
l’Italia è il prossimo obiettivo ed è il Paese che ha maggiori probabilità di
essere colpito – si legge nel documento – abbiamo tradotto in italiano l’ultimo
discorso dello sceicco”.
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In Afghanistan, una donna che
lavorava in un centro di registrazione elettorale è rimasta uccisa in seguito
ad un nuovo attentato avvenuto nei pressi di Jalalabad. Le autorità afghane hanno reso
noto, intanto, di essere riuscite a rintracciare telefonicamente il leader dei
Taleban, mullah Omar. La chiamata è stata possibile grazie al satellitare di un
suo collaboratore recentemente catturato ma non è emerso nessun sviluppo utile.
La situazione continua ad essere tesa anche in Medio
Oriente, dove almeno sette palestinesi sono stati uccisi nel corso di violenti
combattimenti con i soldati israeliani nei pressi di Beit Hanun, nel Nord della
Striscia di Gaza. E mentre sono in corso operazioni dello Stato ebraico nel
nord della Cisgiordania, continua la missione avviata ieri a Gerusalemme dal
direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, El Baradei. L’AIEA
punta all’adesione di Israele al progetto di denuclearizzare l’area. Il premier
israeliano, Ariel Sharon, si è detto pronto a discutere sulla possibilità di
creare un Medio Oriente senza armi nucleari. Israele – ha dichiarato inoltre un
funzionario dello Stato ebraico dopo un incontro a Gerusalemme con El Baradei –
vuole continuare a non confermare e a non smentire il suo presunto possesso di
armi nucleari.
I ribelli delle Tigri Tamil hanno negato ogni implicazione
nell’attentato suicida di ieri in Sri Lanka, costato la vita a 5 persone tra
cui una donna kamikaze. Lo ha dichiarato la presidente Kumaratunga
sottolineando che i Tamil hanno ribadito la loro fedeltà all’accordo di tregua
concluso col governo nel febbraio 2002.
Altri nove prigionieri della base americana di Guantanamo
a Cuba potranno essere processati da una corte militare. Secondo il Pentagono
“c’è ragione di credere che ognuno di loro sia un militante di Al Qaeda o che
sia coinvolto in attentati contro gli Stati Uniti”. Sale così a 15 il numero di
detenuti a Guantanamo ritenuti giudicabili per terrorismo dal tribunale speciale.
Ha giurato stamani dinanzi alle due Camere del Parlamento
di Vienna l’ottavo presidente austriaco. E’ il socialdemocratico Heinz Fischer,
che succede a Thomas Klestil, morto martedì sera, a poche ore dal termine del
suo incarico, durato due mandati. Fischer, uscito vittorioso dalle elezioni 25
aprile, resterà in carica sei anni.
Svolta nel processo sull’uccisione del ministro degli
Esteri svedese Anna Lindh, assassinata l’anno scorso a Stoccolma. La Corte
d’Appello della capitale svedese ha infatti ordinato oggi che Mijailo
Mijailovic, autore materiale del gesto, venga ricoverato in una clinica psichiatrica,
annullando la precedente condanna all’ergastolo.
Giornata conclusiva in Argentina, a Puerto Iguazu, dei
lavori della XXVI riunione dei Paesi del Mercosur, organizzazione impegnata nel
promuovere la libera circolazione di beni, servizi e fattori produttivi tra gli
Stati membri Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Durante il vertice, il
ministro degli Esteri di Buenos Aires, Rafael Bielsa, ha assicurato che
l’accordo di libero commercio con l’Unione Europea sarà siglato “prima della
fine dell'anno”.
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