RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 186 - Testo della trasmissione di domenica 4 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Domani l’Indonesia va alle urne per eleggere il nuovo
presidente: l’analisi di Emanuele Giordana
CHIESA E SOCIETA’:
Conclusosi in Guinea Bissau il primo incontro dei missionari
Celebrata a Montava la messa in latino, autorizzata dal vescovo
della città lombarda
Un
gruppo islamico legato ad Al Qaeda decapita in Iraq il marines di origine
libanese. Altre violenze, mentre il premier Allawi dice no a truppe di Paesi
arabi
Crisi
nella maggioranza in Italia dopo le dimissioni del ministro per l’economia
Tremonti. Al premier Berlusconi l’incarico ad interim. L’opposizione chiede le
sue dimissioni
4 luglio 2004
RICONOSCENZA A DIO PER LA RECENTE VISITA DEL
PATRIARCA BARTOLOMEO I:
L’HA ESPRESSA IL PAPA ALL’ANGELUS SOTTOLINEANDO
IL DOVERE DI
CATTOLICI E ORTODOSSI DI LAVORARE INSIEME
PERCHE’
L’EUROPA NON DIMENTICHI LE PROPRIE RADICI CRISTIANE
Riconoscenza
a Dio per la recente visita del Patriarca Bartolomeo I: l’ha espressa il Papa
all’Angelus ricordando di aver firmato con il Patriarca ecumenico di
Costantinopoli una dichiarazione congiunta che conferma e rilancia l’impegno di
cattolici ed ortodossi a servizio della grande causa della piena comunione. Ha
poi sottolineato “il dovere di lavorare insieme per far sì che il Continente
europeo non dimentichi le proprie radici cristiane”. Il servizio di Fausta
Speranza:
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“Molto viva nel mio animo è la riconoscenza a Dio”,
afferma Giovanni Paolo II ricordando di aver celebrato insieme con Bartolomeo I
la festa degli Apostoli Pietro e Paolo, a 40 anni dallo storico incontro tra
Paolo VI e Atenagora I, avvenuto a Gerusalemme. E il Papa sottolinea il frutto
della visita, questa settimana a Roma, di Bartolomeo I:
“Riconoscendo
i passi positivi sinora compiuti e senza dimenticare gli ostacoli che ancora
sussistono, abbiamo riaffermato la volontà di proseguire ed anzi di intensificare
il dialogo ecumenico”
Per poi spiegare che il dialogo si muove sul piano delle
relazioni fraterne, “dialogo della carità”,
e su quello del confronto dottrinale, “dialogo della verità”. E per
chiarire che sono stati affrontati “alcuni problemi e malintesi sorti
recentemente, offrendo un segno concreto di come i cristiani possano e debbano
sempre collaborare, anche in presenza di divisioni e conflitti”.
Giovanni Paolo II parla chiaramente della consapevolezza,
emersa nell’incontro con il Patriarca Bartolomeo I, di una responsabilità
precisa:
“Cattolici
e ortodossi sono chiamati a lavorare insieme per far sì che il Continente europeo
non dimentichi le proprie radici cristiane”
Solo così – ribadisce ancora una volta il Papa - l’Europa
potrà svolgere appieno il suo ruolo nel dialogo tra le civiltà e nella
promozione globale della giustizia, della solidarietà e della salvaguardia del
creato.
A proposito dello spirito con cui è stata vissuta la
visita del Patriarca a Roma da cattolici e ortodossi – spiega il Papa – è stato
un modo eloquente di annunciare il Vangelo della pace in un mondo segnato
purtroppo da squilibri e violenze”.
Dopo la
preghiera mariana dell’Angelus, il Papa ricorda che accogliendo l’invito del
vescovo di Aosta, domani, partirà per trascorrere alcuni giorni in Valle
d’Aosta. “Mentre mi accingo a compiere questa breve villeggiatura – dice -il mio
pensiero va alle famiglie che hanno programmato in questo periodo le loro
vacanze”: “A tutti auguro di viverle in serena distensione”. Ricordando
“quanti, per diversi motivi, non potranno concedersi una vacanza vera e
propria” Giovanni Paolo II auspica che “ciascuno possa profittare della
necessaria pausa nell’attività lavorativa, e che opportune iniziative
ricreative, arricchite da genuini rapporti umani, siano promosse per dare
sollievo alle persone sole e in difficoltà”.
Rivolgendo un pensiero ai pellegrini presenti, in
particolare i numerosi giovani del Servizio di Volontariato Civile delle Pro
Loco, riuniti a Roma per un convegno nazionale, e la Corale della
parrocchia del Sacro Cuore in Bellizzi, un saluto particolare va, inoltre,
all’associazione Easy-Rider, presente in Piazza San Pietro con numerose
auto Ferrari, tra cui modelli d’epoca.
*********
CON UN
COMUNICATO LA PREFETTURA DELLA CASA PONTIFICIA
FA SAPERE CHE DAL 5 AL 17 LUGLIO, DURANTE IL
PERIODO DI RIPOSO,
SONO SOSPESE TUTTE LE
UDIENZE PRIVATE.
L’UDIENZA
GENERALE E L’ANGELUS AVRANNO LUOGO
NEL CORTILE DEL PALAZZO APOSTOLICO DI CASTEL
GANDOLFO
Con un
comunicato, la Prefettura della Casa Pontificia fa sapere che con il trasferimento
del Santo Padre in Valle d'Aosta, per il periodo di riposo dal 5 al 17 luglio,
sono sospese tutte le udienze private. Durante il periodo estivo, la consueta
udienza generale, da mercoledì 21 luglio, avrà luogo nel Cortile del Palazzo
Apostolico di Castel Gandolfo, alle ore 10,30. Tutte le domeniche, a partire da
domenica 18 luglio, Giovanni Paolo II reciterà la preghiera mariana dell'Angelus,
alle ore 12:00, nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.
I
SERRA CLUB E LA PROMOZIONE DELLE VOCAZIONI
-
Intervista con il cardinale Francis Arinze –
Nato a Seattle, negli Stati Uniti, il 27 febbraio del
1935, il “Movimento Serra” conta, oggi, 550 club diffusi oltre che negli Usa e
in Canada, anche in Sudamerica, Australia e in numerosi Paesi asiatici ed
europei. L’obiettivo è promuovere le vocazioni, contribuendo alla formazione di
seminaristi e novizie. Per incoraggiare l’impegno dei Serra Club, il cardinale
Francis Arinze si è recato nei giorni scorsi a Pittsburgh, in Pennsylvania. Ha
partecipato ad un raduno dell’orga-nizzazione, durante il quale è stato eletto
il nuovo presidente, che viene dalla Thailandia. Il movimento si richiama a
padre Junipero Serra, missionario francescano spagnolo che si è impegnato
nell’evangelizzazione sul territorio americano. Ascoltiamo, nell’intervista di
Giovanni Peduto, quali temi ha toccato il cardinale Arinze nei suoi interventi:
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R. – Io ho affrontato il tema dell’attualità e
dell’importanza della promozione di vocazioni sacerdotali e religiose nella
Chiesa di oggi. La promozione di tali vocazioni è un impegno per tutta la
Chiesa. Non si tratta di un qualcosa che interessa soltanto il Santo Padre, i
vescovi ed i sacerdoti ma interessa tutti quanti noi. E questo perché noi siamo
tutti sulla stessa barca. Ho poi parlato dell’importanza del ruolo del
sacerdote. E’ vero che i sacerdoti saranno sempre una minoranza nella Chiesa,
ma sono importanti perché in persona Christi celebrano per noi la Santa
Messa. Senza sacerdoti non ci può essere la Santa Messa. E poi chi perdonerà i
nostri peccati se non c’è il sacerdote? Abbiamo certamente bisogno della figura
del sacerdote. Ma abbiamo anche bisogno di suore, frati, monaci e monache. E
questo perché loro mostrano come la grazia di Cristo attira il cuore umano
molto di più di quello che attirano le cose della terra. La vita consacrata è
quasi una sorta di anticipazione della vita che verrà dopo la morte. Sono
quindi molto importanti come simboli.
D. – Come si possono promuovere le vocazioni?
R. – Cosa si può fare? Certamente la preghiera, perché
niente prende il posto della preghiera. E’ importante e fondamentale, quindi,
pregare il Signore della messe di mandare più operai nella sua messe. I laici,
inoltre, possono apportare il loro aiuto con il consiglio. Possono addirittura
aiutare i seminaristi durante le vacanze o magari i candidati alla vita
religiosa. Interessante è vedere come i candidati al sacerdozio si confrontano
con i laici sposati e sentono quanti sacrifici la gente sposata fa per vivere
da cristiani. Ogni cristiano fa sacrifici. I laici possono anche aiutare con
mezzi materiali: ci sono alcune parti del mondo in cui ci sono molti candidati
al sacerdozio ma non ci sono sufficienti mezzi per educarli, per formarli e per
costruire la loro casa.
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4
luglio 2004
A
QUATTRO MESI DALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI, L’AMERICA
CELEBRA,
TRA PAURE E SPERANZE, LA FESTA
DELL’INDIPENDENZA
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Gli Stati Uniti celebrano oggi la Festa dell’Indipendenza.
Ancora una volta, dopo l’11 settembre 2001, la solennità civile più amata dagli
americani è turbata dagli allarmi terrorismo. Quello del 2004, poi, è anche un
4 luglio carico di aspettative: a novembre, infatti, si terranno le elezioni
presidenziali. Questo Independence Day verrà anche ricordato per la posa
della prima pietra della “Torre della Libertà”, a New York, nel luogo dove fino
all’11 settembre 2001 sorgevano le “Torri Gemelle”. L’edificio sarà il più alto
del mondo, con un’altezza di 1.776 piedi (circa 541 metri), a ricordare l'anno
dell'indipendenza americana. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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(Inno americano)
“Noi rappresentanti degli Stati Uniti d’America …
dichiariamo solennemente che queste colonie unite sono, e per diritto devono
essere, stati liberi e indipendenti”. E’ il passaggio chiave della
Dichiarazione d’Indipendenza americana, che il 4 luglio del 1776 sanciva
l’affrancamento delle colonie del Nord America dall’impero britannico. Da
allora, ogni anno, gli Stati Uniti si fermano per ricordare l’Independence
Day, la più americana delle feste. Un evento, che dopo oltre due secoli,
rappresenta ancora bene lo spirito del popolo degli Stati Uniti. Lo sottolinea
il prof. Massimo Teodori, docente di storia americana all’Università di Perugia.
R. – Il giorno in cui è stata firmata la Dichiarazione
d’Indipendenza sono nati gli Stati Uniti ed è lì che vengono gettate le basi
ideali e i principi generali intorno ai quali si fonda la Nazione americana.
D. – Oggi, dunque qual è il vero significato, lo spirito
della parola Indipendenza per il popolo americano, ieri dall’impero britannico,
oggi si può dire dalla paura del terrorismo?
R. – Si suole dire che la vita stessa degli Stati Uniti
sia la realizzazione dei principi che sono stati enunciati nella Dichiarazione
d’Indipendenza, e che, quindi, tutta la vita americana sia tesa a realizzare
quest’idea di ricerca della perfezione intorno alla libertà, alla vita, al
perseguimento della felicità. Anche oggi, dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti
s’interrogano su come realizzare nella loro vita collettiva questi tre
elementi, e cioè la vita, la sicurezza per il popolo americano, la libertà e il
perseguimento della felicità.
(musica)
Dalla East alla West Coast passando per il profondo Sud,
gli americani celebrano, dunque, il loro Giorno dell’Indipendenza. Per
conoscere con quale spirito vivono questo 4 luglio 2004, a quattro mesi dalle
elezioni presidenziali, abbiamo raggiunto telefonicamente Gianni Riotta,
corrispondente da New York del Corriere della Sera:
R. – E’ un spirito molto diviso, perché la nazione è
polarizzata a destra, intorno ai Repubblicani del presidente George W. Bush, e
a sinistra intorno ai democratici dello sfidante senatore John Kerry. E quindi
non è proprio un clima unitario.
D. – Quali sono nel 4 luglio di questo 2004 le speranze e
le paure che maggiormente influiscono sulla vita degli americani?
R. – Le speranze sono ovviamente legate alla guerra al
terrorismo, che si abbia qualche risultato positivo… poi che aumentino i posti
di lavoro. Quindi, speranze e paure condizionate dala guerra al terrorismo e
dalle difficoltà economiche.
(musica)
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L’INDONESIA
DOMANI ALLE URNE PER ELEGGERE IL NUOVO PRESIDENTE.
IL
GRANDE FAVORITO DELLA VIGILIA E’ SUSILO BAMBANG
YUDHOYONO,
FAUTORE
DELLA LOTTA AL TERRORISMO NEL PAESE ISLAMICO
-
Intervista con Emanuele Giordana -
Sono oltre 150 milioni gli indonesiani chiamati domani
alle urne per le elezioni presidenziali, 6 anni dopo la caduta del dittatore Suharto.
Grande favorito è l’ex ministro per la sicurezza, Susilo Bambang Yudhoyono,
strenuo sostenitore di una politica forte di lotta al terrorismo islamico nel
Paese. L’attuale capo di Stato, Megawati Sukarnoputri, secondo le previsioni, è
data in caduta libera nei consensi, dopo 3 anni al potere. Il presidente dovrà
rimanere in carica per 5 anni. Il grande arcipelago asiatico conta 212 milioni
di abitanti. E’ il più grande Paese islamico del mondo e la quarta democrazia.
Novità sostanziale in questo voto di domani, l’elezione diretta del presidente
che sarà scelto direttamente dal popolo come spiega, nell’intervista di Roberto
Piermarini, Emanuele Giordana, autore del libro “La scommessa indonesiana”:
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R. – Prima, è bene ricordarlo, durante la dittatura il
presidente veniva eletto dal senato, un’istituzione che è stata riformata
dall’ultima legge elettorale. Il senato era formato per metà da rappresentanti
della Camera Bassa e per l’altra metà da deputati che erano stati scelti dal
presidente precedente. Si trattava, quindi, di un’elezione molto addomestica.
Questa volta, e per la prima volta, i cittadini potranno scegliere. Questo
rompe anche le logiche non soltanto delle scelte che faceva la dittatura ma
anche quelle dei partiti. Non è quindi detto che vinca le elezioni il candidato
del partito Golkar, il partito – diciamo – dei militari, che è quello che ha
ottenuto i migliori risultati alle elezioni parlamentari.
D. – Secondo lei, quali sono le previsioni della vigilia
per questo voto?
R. – I candidati più importanti sono soprattutto due
generali: l’ex generale Wiranto, che è un personaggio che è stato accusato di
crimini contro l’umanità per i fatti di Timor Est del ’99 e che è, appunto, il
candidato del Golkar, il partito dei militari. Poi c’è Susilo Bambang Yudhoyono, che è un generale, pure lui, ma considerato
moderato. Lo chiamano “Wesley Clark dell’Indonesia” ed è rappresentante di un
piccolissimo partito, il partito democratico, appena nato e che ha ottenuto il
7 per cento alle elezioni parlamentari. C’è poi la vecchia presidente Megawati
Sukarnoputri, che è data però in discesa e il Amien Rais che è il portavoce della Camera
Alta. La possibilità vera, dicono i sondaggi, premierebbe Yudhoyono, cioè
questo personaggio che scompagina un po’ i giochi. Non è, però, detto che ce la
faccia ad ottenere oltre il 50 per cento dei voti e si andrà quindi al
ballottaggio a settembre. Sarà comunque una sorpresa per tutti.
D. – Quanto potranno influire i vertici militari su questo
voto?
R. – Naturalmente questa è la grande preoccupazione come è
preoccupante che alla fine la scelta sia tra due ex generali. Anche se
Yudhoyono ha dimostrato di essere un buon ministro per la sicurezza, è anche
l’uomo che ha dato il via libera alla guerra ad Aceh. E’ comunque un militare e
il fatto che gli indonesiani si trovino a dover scegliere fra due militari
significa che l’elemento ordine e sicurezza è ancora importante, che la lobby
militare non è per niente finita ed è la stessa della dittatura. Gravano,
quindi, delle ombre sul futuro dell’Indonesia quale che sarà la scelta degli
indonesiani.
D. – Oltre all’Islam, che è maggioritario ovviamente,
possono influire su questo voto altre religioni presenti in Indonesia?
R. – In Indonesia c’è stato un periodo molto turbolento,
in cui l’Islam radicale ha avuto un certo successo. Direi che questo fenomeno
sta un po’ tornando indietro, ma poiché è stato utilizzato anche a fini
elettorali dai laici, e qualcuno dice dagli stessi militari, si è temuto
durante la campagna elettorale per le minoranze e, in particolare, per quella cristiana, perché spesso ritenuta
colpevole di far parte della lobby economica del Paese. La religione non credo
che alla fine avrà un fortissimo peso: sia quella maggioritaria islamica che
quelle minoritarie. Il vero focus del problema mi sembra, ancora una volta, il
fatto che la scelta, che comunque sarà laica, sarà sui militari.
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ADOZIONE
A DISTANZA: IN QUESTO MODO L’ASSOCIAZIONE “ITALIA SOLIDALE”
DA
ANNI OFFRE SOSTEGNO ALLE POPOLAZIONI DEL SUD SUDAN.
IL
LANCIO DI UN NUOVO PROGETTO NELLA REGIONE DEL DARFUR
-
Intervista con padre Angelo Bemolli -
Adozione a distanza: in questo modo, da oltre 10 anni,
Italia Solidale sostiene le comunità del Sud del Sudan, dove la guerra civile
ha causato 2 milioni di morti e 4 milioni di profughi. Nel corso dell’ultima
visita in Darfur, regione che l’Onu ha dichiarato a grave rischio di catastrofe
umanitaria, i missionari hanno scoperto sempre nuove necessità. In particolare,
c’è bisogno di un impegno a combattere l’aspetto troppo vincolante della realtà
delle tribù, dei clan. Con il progetto dell’adozione a distanza, si vuole
invece promuovere, tra l’altro, il valore della persona, di ogni individuo al
di là delle divisioni tribali. Ci sono poi le necessità pratiche in particolare
della regione del Darfur. Ce ne parla, al microfono di Teresa Gerundino, padre
Angelo Bemolli, fondatore di Italia Solidale:
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R. – Manca l’acqua, manca la luce, manca il cibo, manca il
lavoro. Non hanno nulla.
D. – Voi siete partiti con Italia Solidale dai bambini. Ci
spiega quali sono le attività concrete?
R. – Noi abbiamo lavorato nel Sud Sudan e in Darfur
cominciamo adesso. Praticamente, sia nel sud Sudan, a Djuba, che nel Darfur
quelli che della crisi risentono di più sono i bambini e le donne, che sono
resi schiavi, specialmente in Darfur. Vengono presi dalle case, vengono
massacrati, anche sessualmente, ed obbligati a diventare musulmani. Abbiamo
allora cominciato un progetto di liberazione dalla schiavitù dei bambini.
Facciamo in modo che le ragazze escano dal mercato del sesso nel quale sono
costrette a vivere e inizino corsi di taglio e cucito. Aiutiamo i ragazzi ad
aprire allevamenti di polli e qualche coltivazione, in modo che possono
provvedere al bisogno di acqua che ora devono comprare dagli arabi a prezzi
assurdi. Partiamo dai bambini con l’adozione a distanza. L’obiettivo,
attraverso i missionari, i quali hanno formato dei laici, è di cercare di far
arrivare queste popolazioni alla sussistenza. Noi non facciamo assistenza direttamente.
D. – Quante persone sono oggi coinvolte nelle missioni nel
Sud Sudan?
R. – Noi di Italia Solidale coinvolgiamo 1 milione e 200
mila persone.
D. – Cosa le è rimasto nel cuore dopo essere stato in
Darfur e aver visto questi bambini?
R. – Vorrei proprio fare un appello, affinché quei
bambini, quelle donne, quei poveri, centinaia di migliaia di poveri, non
muoiano. Basta un nostro piccolo intervento. Noi abbiamo già lì le strutture
perché queste persone siano liberate e perché sopravvivano. Il modo è
l’adozione a distanza, per il quale basta telefonare al nostro numero
06-6877999. Questo tipo nuovo di interven-
to di globalizzazione della solidarietà, che stiamo
facendo noi di Italia Solidale, è quello che ci chiedono i vescovi, è quello
che ci chiedono i superiori dei comboniani, che sono veramente protagonisti di
una grande missione. E’ anche quello che ci chiedono tutte le famiglie e tutte
le associazioni del posto, perché da soli i sacerdoti e i vescovi non ce la
possono fare.
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DINO
RISI, DOMINIQUE LAPIERRE, MARCELLO VENEZIANI:
ALCUNE
DELLE PERSONALITA’ INSIGNITE IERI SERA DEL PREMIO FREGENE.
LA
MANIFESTAZIONE METTE IN LUCE PERSONAGGI ITALIANI E STRANIERI
CHE
CONTRIBUISCONO ALLO SVILUPPO DELLA SOCIETA’
CON UN
IMPEGNO LETTERARIO, ARTISTICO O SCIENTIFICO
-
Interviste con Marina Pallotta, Dino Risi e Dominique Lapierre -
Dino
Risi, Dominique Lapierre, Marcello Veneziani sono alcune delle personalità che
ieri sera sono state insignite del “Premio Fregene”. Giunto quest’anno alla
26esima edizione, il riconoscimento viene attribuito, nel corso di una manifestazione
che si tiene nell’omonima località balneare vicino Roma, a personaggi, italiani
e stranieri che abbiano contribuito con il loro impegno letterario, artistico,
scientifico allo sviluppo della società. Il servizio è di Dorotea Gambardella.
**********
(musica)
Promuovere
la diffusione di una cultura portatrice di progresso e di civiltà, svincolata
da mode e da tendenze politiche. Questo l’obiettivo del “Premio Fregene”, nato
nel 1979 da un’idea del giornalista Gino Pallotta. Il riconoscimento, nel corso
di tutti questi anni, è stato attribuito a personalità del calibro di Rita Levi
Montalcini, Alberto Moravia, Enzo Biagi. Ascoltiamo Marina Pallotta, figlia del
fondatore di questa manifestazione letteraria:
“Noi cerchiamo
sempre di privilegiare autori che possano raccontare qualcosa di stimolante per
il pubblico, che diano idee nuove in modo tale che poi il pubblico possa
approfondire gli argomenti che vengono trattati durante la manifestazione.
Cerchiamo, dunque, di dare sollecitazioni intellettuali”.
Per la
sezione biografie, tra i premiati di quest’anno c’è Dino Risi, con il libro “I
miei mostri”. Nel volume il regista, oggi 86.enne, ripercorre la sua vita che
lo ha visto passare, da medico, dai drammi degli ospedali psichiatrici ai fasti del cinema italiano degli anni Cinquanta
e Sessanta. Un’autobiografia che è anche un insieme di riflessioni sul passato
e sul presente. Ascoltiamo lo stesso noto regista:
“E’ un
libro pieno di aneddoti: parla delle persone che ho conosciuto ... parla di
Mussolini, che è stato compagno d’armi di mio padre ... Si parla anche di Anita
Eckberg, di Gassman, mio grande amico. Ci sono tante storie, storie di guerra e
la storia di un elettricista del cinema che fu imprigionato a Buchenwald, in un
campo di sterminio, e che si salvò nascondendosi nella cuccia del cane del
colonnello e dividendo il pasto con il cane. Non è un libro di nostalgie ma un
libro che corre col tempo!”.
“New
York brucia?” di Dominique Lapierre, si è aggiudicato il premio internazionale.
Questa la trama: un gruppo di terroristi arabi, dopo aver introdotto a New York
una bomba atomica, ricatta il presidente americano, George W. Bush, il quale
per impedire un nuovo olocausto nucleare deve ottenere da Israele l’abbandono
dei territori palestinesi. Qual è, dunque, il messaggio di questo romanzo?
Dominique Lapierre :
“Il
messaggio è che non siamo preparati ad affrontare un terrorismo più pericoloso.
In due anni di investigazioni in tutto il mondo, abbiamo scoperto che oggi esiste
la possibilità di un terrorismo nucleare!”.
(musica)
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4 luglio
2004
DUE
CHIESE POSSONO CRESCERE INSIEME NELLA FEDE E CONTRIBUIRE
AL RINNOVAMENTO SPIRITUALE DELLE PROPRIE
COMUNITA’,
SOSTENENDOSI
RECIPROCAMENTE DAVANTI A SFIDE SEMPRE PIU’ SPESSO COMUNI.
E’ QUANTO
EMERSO DAL 1° INCONTRO DEI MISSIONARI ITALIANI IN GUINEA BISSAU
BISSAU.= “La Chiesa in Guinea Bissau può contribuire al
cammino di conversione pastorale in senso missionario in cui è impegnata la
Chiesa in Italia, con itinerari di catecumenato per gli adulti, vivacità delle
liturgie, valorizzazione dei laici, sobrietà dello stile di vita delle
comunità. La Chiesa in Italia, da parte sua, può sostenere il momento attuale
dell’evangelizzazione nel Paese africano con iniziative di sostegno alla
formazione permanente degli agenti pastorali, preparando famiglie che possano
vivere un tempo prolungato di presenza in Guinea. Possano offrire il concreto
esempio apostolico della loro vita cristiana, promuovendo esperienze formative
e di servizio a vantaggio dell’animazione dei ragazzi, perché disposti a
condividere la fraternità con i loro coetanei, suscitando anche in Guinea
l’esperienza delle scuole della Parola.” E’ un brano del messaggio finale,
diffuso in questi giorni, del primo incontro dei missionari italiani in Guinea
Bissau, svoltosi dal 15 al 17 giugno, a Bissau. L’incontro è stato organizzato
dalla Conferenza Episcopale Italiana insieme con le due diocesi del Paese:
Bissau e Bafatà. Il documento finale ricorda, inoltre, che nel 1947 i primi
missionari del P.I.M.E. si misero a servizio di questa Chiesa, seguiti da altri
religiosi italiani. Oggi si contano 73 presenze tra religiosi, religiose e
laici, ai quali si uniranno nei prossimi mesi due sacerdoti del centro
missionario Fidei Donum ed una coppia di sposi. L’attuale impegno della Chiesa
riguarda la ricostruzione morale e civile del Paese, mediante la formazione dei
cristiani per un serio impegno sociale, coerente con le indicazioni della
dottrina sociale della Chiesa, e creando un clima di interesse capace di
attivare risorse di cooperazione internazionale. La guerra civile ha lasciato
corruzione, disinteresse per il bene comune, stanchezza e sfiducia. Riguardo al
loro servizio, i missionari italiani ribadiscono che “deve continuare
privilegiando la scelta della spiritualità ed uno stile di vita più sobrio e
semplice. Sarà utile proseguire nello sforzo di inculturazione, accompagnando
una Chiesa nata tanti anni fa come europea a costruirsi ogni giorno di più
pienamente locale”. (D.G.)
MANTOVA.=
Una settantina di fedeli si è radunata nella piccola chiesa della Madonna del
Terremoto per assistere al rito religioso preconciliare officiato da mons.
Sergio Denti, incaricato dalla Curia. Sono state così soddisfatte le continue
richieste da parte dei cattolici tradizionalisti mantovani, i quali si sono
riuniti intorno all’associazione “Una voce”. Si tratta, tuttavia, di un
permesso provvisorio. È valido, infatti, fino al prossimo novembre, dopodiché
mons. Egidio Caporello, vescovo di Mantova, deciderà se autorizzare la prosecuzione
della celebrazione della messa in latino o se porre fine alla deroga. (D.G.)
EVANGELIZZARE LA CULTURA MEDIATICA
E’ IL FINE DEL PROGRAMMA “VOCE DELLA CRISTIANITA’”
CURATO DALL’UFFICIO
COMUNICAZIONI SOCIALI
DELL’ARCIDIOCESI DI NEW
DELHI. LA TRASMISSIONE, CHE HA FESTEGGIATO IN QUESTI GIORNI I DUE ANNI DI
PROGRAMMAZIONE,
VA IN ONDA LA DOMENICA
ALLE 18:00 SULL’ EMITTENTE INDIANA JAIN TV
NEW DELHI.= Evangelizzare la cultura dei mass media è
l’obiettivo del programma “Voce della Cristianità”, in onda sulla rete
televisiva privata indiana Jain Tv, curato dall’ufficio comunicazioni sociali
dell’Arcidiocesi di New Delhi. La trasmissione ha compiuto, in questi giorni, i
due anni di programmazione, con oltre cento puntate all’attivo: un bilancio
lusinghiero per la Chiesa locale, che ha espresso soddisfazione e speranza di
poter continuare a svolgere l’opera di informazione, formazione ed
evangelizzazione attraverso i moderni mezzi della comunicazione televisiva.
Padre Dominic Emmanuel, responsabile dell’ufficio comunicazioni
dell’Arcidiocesi e conduttore del programma, ha detto all’agenzia Fides: “Siamo
felici di aver avuto l’opportunità di poter diffondere i contenuti autentici
della nostra fede alla popolazione”. “Abbiamo avuto come ospiti in trasmissione
cardinali, vescovi, leader politici, membri del Parlamento, attivisti,
sacerdoti, religiosi, missionari, professori. Quello che mi auguro per il
futuro è una dimensione ecumenica e di rendere il programma al più presto
bilingue, ovvero in hindi e in inglese”. “E’ stato un lavoro che ha illuminato
la gente e ha aiutato a rimuovere molti pregiudizi contro la comunità cristiana
in India”, ha aggiunto l’Arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Michael Concessao.
“Voce della Cristianità” è un contenitore di approfondimento settimanale su
tematiche legate alla dottrina o alle attività dei cristiani. Realizzato con
servizi filmati e ospiti in studio, il programma va in onda la domenica alle
18:00. (D.G.)
NEL DISTRETTO DI MUHURA, DOVE VIVONO 40 MILA
PERSONE.
GRAZIE A QUESTO PROGETTO, VERRANNO POTENZIATI I
SERVIZI LOCALI
MUHURA.
= Il Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo (MLFM) di Lodi, in collaborazione
con padre Mario Falconi, missionario Barnabita, ha ufficializzato l’avvio del
primo progetto di elettrificazione nel distretto di Muhura, nel nord del
Rwanda, un territorio che ospita quarantamila abitanti. Si tratta di una linea
elettrica a media tensione da 30 kw, che dalla linea dorsale della centrale
idroelettrica di Ruzizi passa a 20 chilometri da Muhura, per andare verso il
capoluogo della prefettura del Mutara. Questa zona del Rwanda è lontana dalle
principali vie di comunicazione. Da prima della guerra tra hutu e tutsi
esistevano già tre progetti per tre linee elettriche, provenienti da tre
direzioni differenti, ma tutto è rimasto sulla carta e la guerra non ha
permesso l’avvio di queste iniziative. Con il dopoguerra, lo Stato ha
cominciato ad incentivare, presso i Comuni, il potenziamento delle
infrastrutture e dei servizi, ma i fondi sono sempre scarsi e i Comuni devono
trovare le risorse economiche, trattenendole dagli stipendi dei propri dipendenti
e riscuotendo le tasse sul commercio o sulla proprietà del bestiame. Da qui
l’idea del MLFM di realizzare 20.000 metri di linea aerea che attraversa la
regione collinare, utilizzando cento piloni che sostengono i tre cavi di media
tensione più il cavo di guardia per proteggere la linea dai fulmini. Oltre al
potenziamento delle piccole attività commerciali già esistenti, della scuola e
dell’ospedale che ora funzionano con un gruppo elettrogeno, sono in programma
le prime due attività “industriali” della zona: un’officina per tostare il
caffè d’esportazione, visto che il territorio ne è un buon produttore, e una
seconda per cui si vorrebbe far diventare Muhura il granaio della Prefettura di
Byumba. (R.M.)
PER
TUTTA L’ESTATE SARA’ ESPOSTA NELLA CITTA’ TOSCANA DI PIETRASANTA, LA SCULTURA
DELL’ARTISTA GIAPPONESE, JUNKYU MUTO,
ISPIRATA
AL TEMA DELLA PACE NEL MONDO E DESTINATA
AD UNO DEI PIU’ IMPORTANTI SANTUARI
BUDDISTI IN INDIA.
TITOLO
DELL’OPERA: IL CERCHIO DEL VENTO
LUCCA.
= L’artista giapponese, Junkyu Muto, da oltre vent'anni legato alla cittadina toscana
di Pietrasanta, dove vive e crea le sue opere, ha realizzato una monumentale
scultura, alta circa due metri, in marmo bianco di Carrara, intitolata “Il
cerchio del vento”. L’opera si ispira al tema della pace nel mondo ed è destinata
ad uno dei più importanti santuari buddisti, Bodhgaya, luogo in cui Buddha
ottenne l’ “illuminazione” circa 2.540 anni fa. La monumentale scultura sarà
visibile al pubblico per tutta l’estate per poi, ad ottobre, giungere in
Giappone, dove sarà esposta all’Expo Internazionale di Nagoia. Infine, troverà
collocazione definitiva in India. Per Muto è un momento di grandi e prestigiosi
riconoscimenti: già ambasciatore onorario alla prefettura di Miyagi, è stato
recentemente riconosciuto quale ambasciatore culturale del Giappone nel mondo.
È stato, inoltre, anche l’artefice del patto d'amicizia che lega Pietrasanta e
la città giapponese, Utsunomiya, dal '95. (D.G.)
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4
luglio 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Alla vigilia del 4 luglio, Festa dell'Indipendenza
americana, un gruppo integralista islamico, ritenuto vicino ad Al Qaida, ha
affermato da siti internet di aver ucciso il caporale dei marines Wassef Ali
Hassoun, musulmano, di origini libanesi, e annunciato inoltre di detenere un
altro ostaggio, un “infedele”. Intanto sul campo proseguono le violenze. Il
servizio è di Dorotea Gambardella:
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Un altro colpo per gli Stati Uniti. L’uccisione del
marines di origine libanese è stato confermato questa mattina dalle autorità di
Beirut, anche se la notizia non viene ancora considerata attendibile dai
vertici militari statunitensi. Il caporale era stato visto per l'ultima volta
presso la sua base il 19 giugno, e da quel momento se n'erano perse le tracce:
i suoi superiori lo avevano annotato come “allontanamento non autorizzato”. Il
sospetto era che Wassef stesse tentando di lasciare l'Iraq per raggiungere il
Libano, dopo essere rimasto scioccato dalla morte di un compagno d'armi. Il 21
giugno sarebbe però finito nelle mani degli estremisti, che nei giorni scorsi
avevano anche diffuso un video che lo mostrava col volto coperto da una benda.
Intanto anche la mattinata odierna è stata contrassegnata dalle violenze. Due
miliziani iracheni sono rimasti uccisi nel corso di un attacco lanciato contro
una stazione di polizia nella città di Begi, nel nord dell'Iraq. Nel conflitto
a fuoco sono stati coinvolti anche soldati americani fra i quali però non vi
sarebbero state vittime. Un'autobomba è invece esplosa al passaggio di un
convoglio militare americano ad Abu Ghraib, a ovest di Baghdad. Non si hanno
notizie circa possibili vittime. A Baqubah agenti della Guardia nazionale
irachena hanno sventato un attentato suicida, uccidendo il kamikaze e altre due
persone, due passanti. Sei presunti appartenenti all'organizzazione estremista
Ansar al-Islam sono stati, invece, catturati la notte scorsa in un villaggio
vicino a Kirkuk, nel nord del Paese. Sul fronte politico, il Premier iracheno
Ilyad Allawi, sostenuto dalle componenti curde e sciite del suo governo, si è detto
fortemente contrario al dispiegamento di militari ''di qualsiasi paese arabo''
in Iraq e in particolare di quei paesi ''che hanno assunto posizioni negative
sulla questione irachena dalla caduta di Saddam Hussein''.
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Ennesima giornata di sangue anche in Cisgiordania. Un
palestinese che cercava di infiltrarsi in una colonia vicino a Nablus, è stato
ucciso in nottata dai militari israeliani. Nella stessa zona, alle prime luci
dell’alba un civile israeliano è morto in un agguato palestinese. La cronaca da
Graziano Motta:
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Nonostante da martedì scorso militari israeliani occupino
Beit Hanoun, nella parte settentrionale della striscia di Gaza, per impedire
che guerriglieri palestinesi continuino a lanciare missili contro il confine,
nelle ultime ore tre ne sono caduti a Sderot e due presso il valico di Heretz,
senza tuttavia causare vittime. Il sindaco di della cittadina e rappresentanti
di altre località vicine hanno partecipato alla riunione odierna del Consiglio
dei ministri per invocare provvedimenti di sicurezza che scoraggino l’esodo
della popolazione sempre più esposta. D’altra parte i soldati, impegnati nella
prevenzione dei lanci, sono contrastati da guerriglieri armati ed anche da
gruppi di ragazzi che lanciano loro le pietre. In vari scontri un bambino di 9
anni è rimasto ucciso ed un giovane di 24 ferito. Secondo fonti palestinesi
quest’ultimo sarebbe poi deceduto. In analoghe circostanze, presso Nablus, sono
stati uccisi altri due palestinesi; sempre in Samaria, guerriglieri delle
Brigata al-Aqsa, in un agguato teso ad un auto civile israeliana, ha ucciso il
guidatore e ferito lievemente sua moglie, mentre raggiungevano la loro casa
nell’insediamento di Mevo Dotan .
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Un contingente di circa mille uomini della polizia
sudanese è giunto ieri all'aeroporto di Facher, il capoluogo del Darfur. Il
loro compito sarà quello di ristabilire l'ordine e fermare le violenze nelle
tre province della regione, conformemente agli impegni presi nei giorni scorsi
dal presidente Omar el Beshir con il segretario generale dell'Onu Kofi Annan e
il segretario di stato americano Colin Powell. Dal febbraio del 2003, nel
Darfur, nel Sudan occidentale, le milizie arabe filo-governative del Janjawid,
sostenute dall'esercito di Khartum, hanno avviato una sanguinosa repressione
delle popolazioni autoctone, che si erano ribellate al potere centrale
governativo del Nord. Oltre 10 mila i morti accertati.
Violenze anche nello Yemen. Sono 118 le persone morte nei
combattimenti che da due settimane oppongono le forze dell'ordine a formazioni
estremiste islamiche. E' quanto ha riferito oggi il ministero degli Interni a
Sanaa. Fino a questo momento non sono stati provati legami diretti dei gruppi
islamici locali con la rete
terroristica di al Qaeda.
Sei persone, fra cui tre bambini, sono rimasti feriti alla
periferia di Kabul, nella zona di Afshar, a causa di una esplosione, molto
probabilmente di una fabbrica di ordigni illegale. Secondo quanto ha reso noto
un portavoce dell'Isaf, tre persone sono state in seguito arrestate. Sempre
nella capitale, invece, questa mattina è morta una donna impiegata alle Nazioni
Unite, ferita in un attentato alla fine di giugno.
Il premier italiano, Silvio Berlusconi è salito al
Quirinale con la lettera di dimissioni
del ministro Tremonti e ha assunto l'interim dell'Economia. Domani andrà a
Bruxelles per la riunione dell'Ecofin, dove illustrerà le linee generali della
manovra, che il governo italiano si impegna a definire entro la prossima settimana
con un decreto. Ce ne parla Salvatore Sabatino:
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Una difesa strenua dell’operato di Tremonti. Il presidente
del Consiglio Berlusconi ha ringraziato pubblicamente il ministro, per “il
contributo dato al paese e al governo”, e lo ha difeso dalle “accuse ingiuste e
ingenerose” – ha riferito - di chi lo ha criticato “insinuando” che “fossero
stati truccati i conti”. Autodifesa pure da parte dello stesso ministro
uscente, che nella conferenza stampa di saluto ha assicurato che “i conti
pubblici italiani sono assolutamente affidabili”, esprimendo un solo grande
rimpianto: “Volevo ridurre le tasse, non mi è stato possibile”. Intanto la Lega
ha chiesto il rientro di Tremonti nel governo, ritenendo la sua presenza una
garanzia dell'applicazione della riforma federalista, e preannunciando che
domani saranno prese “le decisioni conseguenti” sulla sua permanenza o meno in
un governo senza il ministro e nella stessa maggioranza. Nella serata di ieri è
giunto anche il commento di Bossi: “Roma non cambia mai – ha tuonato - dal governo
esce un ottimo ministro padano”. Per il senatore dell’Udc, Francesco D’Onofrio,
le dimissioni di Tremonti dovranno servire a fortificare il gruppo di
maggioranza, anche se rappresentano – di fatto – il crollo delle vecchie
alleanze:
“Di fatto è la conclusione dell’alleanza politica nata nel
2000 e che ha vinto le elezioni politiche del 2001. Credo che all’origine vi
sia, anzitutto, l’ictus di Bossi dell’11 marzo scorso e poi il risultato delle
elezioni europee del giugno scorso. In realtà, la situazione politica era
diversa; l’equilibrio politico era diverso. Tremonti sopravviveva ad un
equilibrio politico che non c’era più”.
Pesanti le critiche dell’opposizione. Per il leader dei
Ds, Piero Fassino, “il governo deve andare immediatamente in Parlamento e in
quella sede rassegnare le dimissioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda la
Margherita. Sentiamo il capogruppo alla Camera, Pierluigi Castagnetti:
“E’ inutile tirare a campare e trascinare il Paese in una
crisi sempre più profonda. Le dimissioni del ministro Tremonti ci dicono che
viene reimpostata tutta la manovra economica. E’ giusto che il Parlamento sia
partecipe di questa svolta, che è una svolta che probabilmente decide anche la
sorte della legislatura”.
Intanto è ulteriormente slittato il Consiglio dei Ministri
che oggi avrebbe dovuto varare la manovra correttiva, mentre sarà lo stesso
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, con l'interim dell'Economia, a
scendere in campo domani a Bruxelles per sventare il rischio di un “primo
avvertimento” per deficit eccessivo da parte dell’Ecofin. Sul fronte del
toto-nomine per il nuovo inquilino di via XX Settembre, in pole position è il
commissario europeo Mario Monti. Ma se declinasse l'invito, si aprirebbe
lo smembramento dell'Economia con tutta
una girandola di nomi, tra i quali
Moratti, Baldassarri, Martino e Brunetta.
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