RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 186 - Testo della trasmissione di domenica 4 luglio 2004

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Riconoscenza a Dio per la recente visita del Patriarca Bartolomeo I: l’ha espressa il Papa all’Angelus sottolineando il dovere di cattolici e ortodossi di lavorare insieme perché l’Europa non dimentichi le proprie radici cristiane

 

L’impegno dei Serra Club, movimento per la promozione delle vocazioni: ce ne parla il cardinale Arinze di ritorno dagli Stati Uniti dove ha incontrato molti membri provenienti da diversi Paesi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

A quattro mesi dalle elezioni presidenziali, l’America celebra, tra paure e speranze, la Festa dell’Indipendenza: con noi Massimo Teodori e Gianni Riotta

 

Domani l’Indonesia va alle urne per eleggere il nuovo presidente: l’analisi di Emanuele Giordana  

 

Nuovo progetto di adozioni a distanza in Darfur, nel Sud Sudan, dell’Associazione “Italia solidale”: ce lo illustra padre Angelo Bemolli

 

Dino Risi e Dominique Lapierre tra le personalità insignite ieri sera del Premio Fregene. Nostre interviste con Marina Pallotta, il regista e lo scrittore francese

 

CHIESA E SOCIETA’:

Conclusosi in Guinea Bissau il primo incontro dei missionari

 

Evangelizzare la cultura mediatica è il fine del programma “Voce della cristianità”, curato dall’arcidiocesi di New Delhi

 

Celebrata a Montava la messa in latino, autorizzata dal vescovo della città lombarda

 

Ufficializzato dal Movimento per la lotta contro la fame di Lodi l’avvio di una linea elettrica di 20 chilometri in Rwanda

 

In mostra in Toscana la scultura dell’artista giapponese Muto, ispirata al tema della pace nel mondo e destinata ad uno dei più importanti santuari buddisti in India

 

24 ORE NEL MONDO:

Un gruppo islamico legato ad Al Qaeda decapita in Iraq il marines di origine libanese. Altre violenze, mentre il premier Allawi dice no a truppe di Paesi arabi

 

Crisi nella maggioranza in Italia dopo le dimissioni del ministro per l’economia Tremonti. Al premier Berlusconi l’incarico ad interim. L’opposizione chiede le sue dimissioni

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 luglio 2004

 

RICONOSCENZA A DIO PER LA RECENTE VISITA DEL PATRIARCA BARTOLOMEO I:

L’HA ESPRESSA IL PAPA ALL’ANGELUS SOTTOLINEANDO

 IL DOVERE DI CATTOLICI E ORTODOSSI DI LAVORARE INSIEME

 PERCHE’ L’EUROPA NON DIMENTICHI LE PROPRIE RADICI CRISTIANE

  

Riconoscenza a Dio per la recente visita del Patriarca Bartolomeo I: l’ha espressa il Papa all’Angelus ricordando di aver firmato con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli una dichiarazione congiunta che conferma e rilancia l’impegno di cattolici ed ortodossi a servizio della grande causa della piena comunione. Ha poi sottolineato “il dovere di lavorare insieme per far sì che il Continente europeo non dimentichi le proprie radici cristiane”. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“Molto viva nel mio animo è la riconoscenza a Dio”, afferma Giovanni Paolo II ricordando di aver celebrato insieme con Bartolomeo I la festa degli Apostoli Pietro e Paolo, a 40 anni dallo storico incontro tra Paolo VI e Atenagora I, avvenuto a Gerusalemme. E il Papa sottolinea il frutto della visita, questa settimana a Roma, di Bartolomeo I:

        

“Riconoscendo i passi positivi sinora compiuti e senza dimenticare gli ostacoli che ancora sussistono, abbiamo riaffermato la volontà di proseguire ed anzi di intensificare il dialogo ecumenico”

 

Per poi spiegare che il dialogo si muove sul piano delle relazioni fraterne, “dialogo della carità”,  e su quello del confronto dottrinale, “dialogo della verità”. E per chiarire che sono stati affrontati “alcuni problemi e malintesi sorti recentemente, offrendo un segno concreto di come i cristiani possano e debbano sempre collaborare, anche in presenza di divisioni e conflitti”.

 

Giovanni Paolo II parla chiaramente della consapevolezza, emersa nell’incontro con il Patriarca Bartolomeo I, di una responsabilità precisa:

 

“Cattolici e ortodossi sono chiamati a lavorare insieme per far sì che il Continente europeo non dimentichi le proprie radici cristiane”

 

Solo così – ribadisce ancora una volta il Papa - l’Europa potrà svolgere appieno il suo ruolo nel dialogo tra le civiltà e nella promozione globale della giustizia, della solidarietà e della salvaguardia del creato.

 

A proposito dello spirito con cui è stata vissuta la visita del Patriarca a Roma da cattolici e ortodossi – spiega il Papa – è stato un modo eloquente di annunciare il Vangelo della pace in un mondo segnato purtroppo da squilibri e violenze”.

       

Dopo la preghiera mariana dell’Angelus, il Papa ricorda che accogliendo l’invito del vescovo di Aosta, domani, partirà per trascorrere alcuni giorni in Valle d’Aosta. “Mentre mi accingo a compiere questa breve villeggiatura – dice -il mio pensiero va alle famiglie che hanno programmato in questo periodo le loro vacanze”: “A tutti auguro di viverle in serena distensione”. Ricordando “quanti, per diversi motivi, non potranno concedersi una vacanza vera e propria” Giovanni Paolo II auspica che “ciascuno possa profittare della necessaria pausa nell’attività lavorativa, e che opportune iniziative ricreative, arricchite da genuini rapporti umani, siano promosse per dare sollievo alle persone sole e in difficoltà”.

 

Rivolgendo un pensiero ai pellegrini presenti, in particolare i numerosi giovani del Servizio di Volontariato Civile delle Pro Loco, riuniti a Roma per un convegno nazionale, e la Corale della parrocchia del Sacro Cuore in Bellizzi, un saluto particolare va, inoltre, all’associazione Easy-Rider, presente in Piazza San Pietro con numerose auto Ferrari, tra cui modelli d’epoca.

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CON UN COMUNICATO LA PREFETTURA DELLA CASA PONTIFICIA

 FA SAPERE CHE DAL 5 AL 17 LUGLIO, DURANTE IL PERIODO DI RIPOSO,

 SONO SOSPESE TUTTE LE UDIENZE PRIVATE.

L’UDIENZA GENERALE E L’ANGELUS AVRANNO LUOGO

 NEL CORTILE DEL PALAZZO APOSTOLICO DI CASTEL GANDOLFO

 

         Con un comunicato, la Prefettura della Casa Pontificia fa sapere che con il trasferimento del Santo Padre in Valle d'Aosta, per il periodo di riposo dal 5 al 17 luglio, sono sospese tutte le udienze private. Durante il periodo estivo, la consueta udienza generale, da mercoledì 21 luglio, avrà luogo nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, alle ore 10,30. Tutte le domeniche, a partire da domenica 18 luglio, Giovanni Paolo II reciterà la preghiera mariana dell'Angelus, alle ore 12:00, nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.

 

 

I SERRA CLUB E LA PROMOZIONE DELLE VOCAZIONI

- Intervista con il cardinale Francis Arinze –

 

Nato a Seattle, negli Stati Uniti, il 27 febbraio del 1935, il “Movimento Serra” conta, oggi, 550 club diffusi oltre che negli Usa e in Canada, anche in Sudamerica, Australia e in numerosi Paesi asiatici ed europei. L’obiettivo è promuovere le vocazioni, contribuendo alla formazione di seminaristi e novizie. Per incoraggiare l’impegno dei Serra Club, il cardinale Francis Arinze si è recato nei giorni scorsi a Pittsburgh, in Pennsylvania. Ha partecipato ad un raduno dell’orga-nizzazione, durante il quale è stato eletto il nuovo presidente, che viene dalla Thailandia. Il movimento si richiama a padre Junipero Serra, missionario francescano spagnolo che si è impegnato nell’evangelizzazione sul territorio americano. Ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, quali temi ha toccato il cardinale Arinze nei suoi interventi:

 

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R. – Io ho affrontato il tema dell’attualità e dell’importanza della promozione di vocazioni sacerdotali e religiose nella Chiesa di oggi. La promozione di tali vocazioni è un impegno per tutta la Chiesa. Non si tratta di un qualcosa che interessa soltanto il Santo Padre, i vescovi ed i sacerdoti ma interessa tutti quanti noi. E questo perché noi siamo tutti sulla stessa barca. Ho poi parlato dell’importanza del ruolo del sacerdote. E’ vero che i sacerdoti saranno sempre una minoranza nella Chiesa, ma sono importanti perché in persona Christi celebrano per noi la Santa Messa. Senza sacerdoti non ci può essere la Santa Messa. E poi chi perdonerà i nostri peccati se non c’è il sacerdote? Abbiamo certamente bisogno della figura del sacerdote. Ma abbiamo anche bisogno di suore, frati, monaci e monache. E questo perché loro mostrano come la grazia di Cristo attira il cuore umano molto di più di quello che attirano le cose della terra. La vita consacrata è quasi una sorta di anticipazione della vita che verrà dopo la morte. Sono quindi molto importanti come simboli.

 

D. – Come si possono promuovere le vocazioni?

 

R. – Cosa si può fare? Certamente la preghiera, perché niente prende il posto della preghiera. E’ importante e fondamentale, quindi, pregare il Signore della messe di mandare più operai nella sua messe. I laici, inoltre, possono apportare il loro aiuto con il consiglio. Possono addirittura aiutare i seminaristi durante le vacanze o magari i candidati alla vita religiosa. Interessante è vedere come i candidati al sacerdozio si confrontano con i laici sposati e sentono quanti sacrifici la gente sposata fa per vivere da cristiani. Ogni cristiano fa sacrifici. I laici possono anche aiutare con mezzi materiali: ci sono alcune parti del mondo in cui ci sono molti candidati al sacerdozio ma non ci sono sufficienti mezzi per educarli, per formarli e per costruire la loro casa.

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 luglio 2004

 

 

A QUATTRO MESI DALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI, L’AMERICA CELEBRA,

 TRA PAURE E SPERANZE, LA FESTA DELL’INDIPENDENZA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Gli Stati Uniti celebrano oggi la Festa dell’Indipendenza. Ancora una volta, dopo l’11 settembre 2001, la solennità civile più amata dagli americani è turbata dagli allarmi terrorismo. Quello del 2004, poi, è anche un 4 luglio carico di aspettative: a novembre, infatti, si terranno le elezioni presidenziali. Questo Independence Day verrà anche ricordato per la posa della prima pietra della “Torre della Libertà”, a New York, nel luogo dove fino all’11 settembre 2001 sorgevano le “Torri Gemelle”. L’edificio sarà il più alto del mondo, con un’altezza di 1.776 piedi (circa 541 metri), a ricordare l'anno dell'indipendenza americana. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(Inno americano)

 

“Noi rappresentanti degli Stati Uniti d’America … dichiariamo solennemente che queste colonie unite sono, e per diritto devono essere, stati liberi e indipendenti”. E’ il passaggio chiave della Dichiarazione d’Indipendenza americana, che il 4 luglio del 1776 sanciva l’affrancamento delle colonie del Nord America dall’impero britannico. Da allora, ogni anno, gli Stati Uniti si fermano per ricordare l’Independence Day, la più americana delle feste. Un evento, che dopo oltre due secoli, rappresenta ancora bene lo spirito del popolo degli Stati Uniti. Lo sottolinea il prof. Massimo Teodori, docente di storia americana all’Università di Perugia.

 

R. – Il giorno in cui è stata firmata la Dichiarazione d’Indipendenza sono nati gli Stati Uniti ed è lì che vengono gettate le basi ideali e i principi generali intorno ai quali si fonda la Nazione americana.

 

D. – Oggi, dunque qual è il vero significato, lo spirito della parola Indipendenza per il popolo americano, ieri dall’impero britannico, oggi si può dire dalla paura del terrorismo?

 

R. – Si suole dire che la vita stessa degli Stati Uniti sia la realizzazione dei principi che sono stati enunciati nella Dichiarazione d’Indipendenza, e che, quindi, tutta la vita americana sia tesa a realizzare quest’idea di ricerca della perfezione intorno alla libertà, alla vita, al perseguimento della felicità. Anche oggi, dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti s’interrogano su come realizzare nella loro vita collettiva questi tre elementi, e cioè la vita, la sicurezza per il popolo americano, la libertà e il perseguimento della felicità.

 

(musica)

 

Dalla East alla West Coast passando per il profondo Sud, gli americani celebrano, dunque, il loro Giorno dell’Indipendenza. Per conoscere con quale spirito vivono questo 4 luglio 2004, a quattro mesi dalle elezioni presidenziali, abbiamo raggiunto telefonicamente Gianni Riotta, corrispondente da New York del Corriere della Sera:

 

R. – E’ un spirito molto diviso, perché la nazione è polarizzata a destra, intorno ai Repubblicani del presidente George W. Bush, e a sinistra intorno ai democratici dello sfidante senatore John Kerry. E quindi non è proprio un  clima unitario.

 

D. – Quali sono nel 4 luglio di questo 2004 le speranze e le paure che maggiormente influiscono sulla vita degli americani?

 

R. – Le speranze sono ovviamente legate alla guerra al terrorismo, che si abbia qualche risultato positivo… poi che aumentino i posti di lavoro. Quindi, speranze e paure condizionate dala guerra al terrorismo e dalle difficoltà economiche.

 

(musica)

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L’INDONESIA DOMANI ALLE URNE PER ELEGGERE IL NUOVO PRESIDENTE.

IL GRANDE FAVORITO DELLA VIGILIA E’ SUSILO BAMBANG YUDHOYONO,

FAUTORE DELLA LOTTA AL TERRORISMO NEL PAESE ISLAMICO

- Intervista con Emanuele Giordana -

 

Sono oltre 150 milioni gli indonesiani chiamati domani alle urne per le elezioni presidenziali, 6 anni dopo la caduta del dittatore Suharto. Grande favorito è l’ex ministro per la sicurezza, Susilo Bambang Yudhoyono, strenuo sostenitore di una politica forte di lotta al terrorismo islamico nel Paese. L’attuale capo di Stato, Megawati Sukarnoputri, secondo le previsioni, è data in caduta libera nei consensi, dopo 3 anni al potere. Il presidente dovrà rimanere in carica per 5 anni. Il grande arcipelago asiatico conta 212 milioni di abitanti. E’ il più grande Paese islamico del mondo e la quarta democrazia. Novità sostanziale in questo voto di domani, l’elezione diretta del presidente che sarà scelto direttamente dal popolo come spiega, nell’intervista di Roberto Piermarini, Emanuele Giordana, autore del libro “La scommessa indonesiana”:

 

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R. – Prima, è bene ricordarlo, durante la dittatura il presidente veniva eletto dal senato, un’istituzione che è stata riformata dall’ultima legge elettorale. Il senato era formato per metà da rappresentanti della Camera Bassa e per l’altra metà da deputati che erano stati scelti dal presidente precedente. Si trattava, quindi, di un’elezione molto addomestica. Questa volta, e per la prima volta, i cittadini potranno scegliere. Questo rompe anche le logiche non soltanto delle scelte che faceva la dittatura ma anche quelle dei partiti. Non è quindi detto che vinca le elezioni il candidato del partito Golkar, il partito – diciamo – dei militari, che è quello che ha ottenuto i migliori risultati alle elezioni parlamentari.

 

D. – Secondo lei, quali sono le previsioni della vigilia per questo voto?

 

R. – I candidati più importanti sono soprattutto due generali: l’ex generale Wiranto, che è un personaggio che è stato accusato di crimini contro l’umanità per i fatti di Timor Est del ’99 e che è, appunto, il candidato del Golkar, il partito dei militari. Poi c’è Susilo Bambang Yudhoyono, che è un generale, pure lui, ma considerato moderato. Lo chiamano “Wesley Clark dell’Indonesia” ed è rappresentante di un piccolissimo partito, il partito democratico, appena nato e che ha ottenuto il 7 per cento alle elezioni parlamentari. C’è poi la vecchia presidente Megawati Sukarnoputri, che è data però in discesa e il Amien Rais che è il portavoce della Camera Alta. La possibilità vera, dicono i sondaggi, premierebbe Yudhoyono, cioè questo personaggio che scompagina un po’ i giochi. Non è, però, detto che ce la faccia ad ottenere oltre il 50 per cento dei voti e si andrà quindi al ballottaggio a settembre. Sarà comunque una sorpresa per tutti.

 

D. – Quanto potranno influire i vertici militari su questo voto?

 

R. – Naturalmente questa è la grande preoccupazione come è preoccupante che alla fine la scelta sia tra due ex generali. Anche se Yudhoyono ha dimostrato di essere un buon ministro per la sicurezza, è anche l’uomo che ha dato il via libera alla guerra ad Aceh. E’ comunque un militare e il fatto che gli indonesiani si trovino a dover scegliere fra due militari significa che l’elemento ordine e sicurezza è ancora importante, che la lobby militare non è per niente finita ed è la stessa della dittatura. Gravano, quindi, delle ombre sul futuro dell’Indonesia quale che sarà la scelta degli indonesiani.

 

D. – Oltre all’Islam, che è maggioritario ovviamente, possono influire su questo voto altre religioni presenti in Indonesia?

 

R. – In Indonesia c’è stato un periodo molto turbolento, in cui l’Islam radicale ha avuto un certo successo. Direi che questo fenomeno sta un po’ tornando indietro, ma poiché è stato utilizzato anche a fini elettorali dai laici, e qualcuno dice dagli stessi militari, si è temuto durante la campagna elettorale per le minoranze   e, in particolare, per quella cristiana, perché spesso ritenuta colpevole di far parte della lobby economica del Paese. La religione non credo che alla fine avrà un fortissimo peso: sia quella maggioritaria islamica che quelle minoritarie. Il vero focus del problema mi sembra, ancora una volta, il fatto che la scelta, che comunque sarà laica, sarà sui militari.

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ADOZIONE A DISTANZA: IN QUESTO MODO L’ASSOCIAZIONE “ITALIA SOLIDALE”

DA ANNI OFFRE SOSTEGNO ALLE POPOLAZIONI DEL SUD SUDAN.

IL LANCIO DI UN NUOVO PROGETTO NELLA REGIONE DEL DARFUR

- Intervista con padre Angelo Bemolli -

 

Adozione a distanza: in questo modo, da oltre 10 anni, Italia Solidale sostiene le comunità del Sud del Sudan, dove la guerra civile ha causato 2 milioni di morti e 4 milioni di profughi. Nel corso dell’ultima visita in Darfur, regione che l’Onu ha dichiarato a grave rischio di catastrofe umanitaria, i missionari hanno scoperto sempre nuove necessità. In particolare, c’è bisogno di un impegno a combattere l’aspetto troppo vincolante della realtà delle tribù, dei clan. Con il progetto dell’adozione a distanza, si vuole invece promuovere, tra l’altro, il valore della persona, di ogni individuo al di là delle divisioni tribali. Ci sono poi le necessità pratiche in particolare della regione del Darfur. Ce ne parla, al microfono di Teresa Gerundino, padre Angelo Bemolli, fondatore di Italia Solidale:

 

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R. – Manca l’acqua, manca la luce, manca il cibo, manca il lavoro. Non hanno nulla.

 

D. – Voi siete partiti con Italia Solidale dai bambini. Ci spiega quali sono le attività concrete?

 

R. – Noi abbiamo lavorato nel Sud Sudan e in Darfur cominciamo adesso. Praticamente, sia nel sud Sudan, a Djuba, che nel Darfur quelli che della crisi risentono di più sono i bambini e le donne, che sono resi schiavi, specialmente in Darfur. Vengono presi dalle case, vengono massacrati, anche sessualmente, ed obbligati a diventare musulmani. Abbiamo allora cominciato un progetto di liberazione dalla schiavitù dei bambini. Facciamo in modo che le ragazze escano dal mercato del sesso nel quale sono costrette a vivere e inizino corsi di taglio e cucito. Aiutiamo i ragazzi ad aprire allevamenti di polli e qualche coltivazione, in modo che possono provvedere al bisogno di acqua che ora devono comprare dagli arabi a prezzi assurdi. Partiamo dai bambini con l’adozione a distanza. L’obiettivo, attraverso i missionari, i quali hanno formato dei laici, è di cercare di far arrivare queste popolazioni alla sussistenza. Noi non facciamo assistenza direttamente.

 

D. – Quante persone sono oggi coinvolte nelle missioni nel Sud Sudan?

 

R. – Noi di Italia Solidale coinvolgiamo 1 milione e 200 mila persone.

 

D. – Cosa le è rimasto nel cuore dopo essere stato in Darfur e aver visto  questi bambini?

 

R. – Vorrei proprio fare un appello, affinché quei bambini, quelle donne, quei poveri, centinaia di migliaia di poveri, non muoiano. Basta un nostro piccolo intervento. Noi abbiamo già lì le strutture perché queste persone siano liberate e perché sopravvivano. Il modo è l’adozione a distanza, per il quale basta telefonare al nostro numero 06-6877999. Questo tipo nuovo di interven-

 

 

to di globalizzazione della solidarietà, che stiamo facendo noi di Italia Solidale, è quello che ci chiedono i vescovi, è quello che ci chiedono i superiori dei comboniani, che sono veramente protagonisti di una grande missione. E’ anche quello che ci chiedono tutte le famiglie e tutte le associazioni del posto, perché da soli i sacerdoti e i vescovi non ce la possono fare.

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DINO RISI, DOMINIQUE LAPIERRE, MARCELLO VENEZIANI:

ALCUNE DELLE PERSONALITA’ INSIGNITE IERI SERA DEL PREMIO FREGENE.

LA MANIFESTAZIONE METTE IN LUCE PERSONAGGI ITALIANI E STRANIERI

CHE CONTRIBUISCONO ALLO SVILUPPO DELLA SOCIETA’

CON UN IMPEGNO LETTERARIO, ARTISTICO O SCIENTIFICO

- Interviste con Marina Pallotta, Dino Risi e Dominique Lapierre -

 

Dino Risi, Dominique Lapierre, Marcello Veneziani sono alcune delle personalità che ieri sera sono state insignite del “Premio Fregene”. Giunto quest’anno alla 26esima edizione, il riconoscimento viene attribuito, nel corso di una manifestazione che si tiene nell’omonima località balneare vicino Roma, a personaggi, italiani e stranieri che abbiano contribuito con il loro impegno letterario, artistico, scientifico allo sviluppo della società. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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(musica)

 

Promuovere la diffusione di una cultura portatrice di progresso e di civiltà, svincolata da mode e da tendenze politiche. Questo l’obiettivo del “Premio Fregene”, nato nel 1979 da un’idea del giornalista Gino Pallotta. Il riconoscimento, nel corso di tutti questi anni, è stato attribuito a personalità del calibro di Rita Levi Montalcini, Alberto Moravia, Enzo Biagi. Ascoltiamo Marina Pallotta, figlia del fondatore di questa manifestazione letteraria:

 

“Noi cerchiamo sempre di privilegiare autori che possano raccontare qualcosa di stimolante per il pubblico, che diano idee nuove in modo tale che poi il pubblico possa approfondire gli argomenti che vengono trattati durante la manifestazione. Cerchiamo, dunque, di dare sollecitazioni intellettuali”.

 

Per la sezione biografie, tra i premiati di quest’anno c’è Dino Risi, con il libro “I miei mostri”. Nel volume il regista, oggi 86.enne, ripercorre la sua vita che lo ha visto passare, da medico, dai drammi degli ospedali psichiatrici  ai fasti del cinema italiano degli anni Cinquanta e Sessanta. Un’autobiografia che è anche un insieme di riflessioni sul passato e sul presente. Ascoltiamo lo stesso noto regista:

 

“E’ un libro pieno di aneddoti: parla delle persone che ho conosciuto ... parla di Mussolini, che è stato compagno d’armi di mio padre ... Si parla anche di Anita Eckberg, di Gassman, mio grande amico. Ci sono tante storie, storie di guerra e la storia di un elettricista del cinema che fu imprigionato a Buchenwald, in un campo di sterminio, e che si salvò nascondendosi nella cuccia del cane del colonnello e dividendo il pasto con il cane. Non è un libro di nostalgie ma un libro che corre col tempo!”.

 

“New York brucia?” di Dominique Lapierre, si è aggiudicato il premio internazionale. Questa la trama: un gruppo di terroristi arabi, dopo aver introdotto a New York una bomba atomica, ricatta il presidente americano, George W. Bush, il quale per impedire un nuovo olocausto nucleare deve ottenere da Israele l’abbandono dei territori palestinesi. Qual è, dunque, il messaggio di questo romanzo? Dominique Lapierre :  

 

“Il messaggio è che non siamo preparati ad affrontare un terrorismo più pericoloso. In due anni di investigazioni in tutto il mondo, abbiamo scoperto che oggi esiste la possibilità di un terrorismo nucleare!”.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

4 luglio 2004

 

DUE CHIESE POSSONO CRESCERE INSIEME NELLA FEDE E CONTRIBUIRE

AL RINNOVAMENTO SPIRITUALE DELLE PROPRIE COMUNITA’,

 SOSTENENDOSI RECIPROCAMENTE DAVANTI A SFIDE SEMPRE PIU’ SPESSO COMUNI.

 E’ QUANTO EMERSO DAL 1° INCONTRO DEI MISSIONARI ITALIANI IN GUINEA BISSAU

 

BISSAU.= “La Chiesa in Guinea Bissau può contribuire al cammino di conversione pastorale in senso missionario in cui è impegnata la Chiesa in Italia, con itinerari di catecumenato per gli adulti, vivacità delle liturgie, valorizzazione dei laici, sobrietà dello stile di vita delle comunità. La Chiesa in Italia, da parte sua, può sostenere il momento attuale dell’evangelizzazione nel Paese africano con iniziative di sostegno alla formazione permanente degli agenti pastorali, preparando famiglie che possano vivere un tempo prolungato di presenza in Guinea. Possano offrire il concreto esempio apostolico della loro vita cristiana, promuovendo esperienze formative e di servizio a vantaggio dell’animazione dei ragazzi, perché disposti a condividere la fraternità con i loro coetanei, suscitando anche in Guinea l’esperienza delle scuole della Parola.” E’ un brano del messaggio finale, diffuso in questi giorni, del primo incontro dei missionari italiani in Guinea Bissau, svoltosi dal 15 al 17 giugno, a Bissau. L’incontro è stato organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana insieme con le due diocesi del Paese: Bissau e Bafatà. Il documento finale ricorda, inoltre, che nel 1947 i primi missionari del P.I.M.E. si misero a servizio di questa Chiesa, seguiti da altri religiosi italiani. Oggi si contano 73 presenze tra religiosi, religiose e laici, ai quali si uniranno nei prossimi mesi due sacerdoti del centro missionario Fidei Donum ed una coppia di sposi. L’attuale impegno della Chiesa riguarda la ricostruzione morale e civile del Paese, mediante la formazione dei cristiani per un serio impegno sociale, coerente con le indicazioni della dottrina sociale della Chiesa, e creando un clima di interesse capace di attivare risorse di cooperazione internazionale. La guerra civile ha lasciato corruzione, disinteresse per il bene comune, stanchezza e sfiducia. Riguardo al loro servizio, i missionari italiani ribadiscono che “deve continuare privilegiando la scelta della spiritualità ed uno stile di vita più sobrio e semplice. Sarà utile proseguire nello sforzo di inculturazione, accompagnando una Chiesa nata tanti anni fa come europea a costruirsi ogni giorno di più pienamente locale”. (D.G.)

 

 

E’ STATA CELEBRATA, IERI, A MANTOVA UNA MESSA IN LATINO, AUTORIZZATA DAL VESCOVO DELLA CITTA’ LOMBARDA, MONS. EGIDIO CAPORELLO

 

MANTOVA.= Una settantina di fedeli si è radunata nella piccola chiesa della Madonna del Terremoto per assistere al rito religioso preconciliare officiato da mons. Sergio Denti, incaricato dalla Curia. Sono state così soddisfatte le continue richieste da parte dei cattolici tradizionalisti mantovani, i quali si sono riuniti intorno all’associazione “Una voce”. Si tratta, tuttavia, di un permesso provvisorio. È valido, infatti, fino al prossimo novembre, dopodiché mons. Egidio Caporello, vescovo di Mantova, deciderà se autorizzare la prosecuzione della celebrazione della messa in latino o se porre fine alla deroga. (D.G.)

 

 

EVANGELIZZARE LA CULTURA MEDIATICA

 E’ IL FINE DEL PROGRAMMA “VOCE DELLA CRISTIANITA’”

CURATO DALL’UFFICIO COMUNICAZIONI SOCIALI

DELL’ARCIDIOCESI DI NEW DELHI. LA TRASMISSIONE, CHE HA FESTEGGIATO IN QUESTI GIORNI I DUE ANNI DI PROGRAMMAZIONE,

VA IN ONDA LA DOMENICA ALLE 18:00 SULL’ EMITTENTE INDIANA JAIN TV

 

NEW DELHI.= Evangelizzare la cultura dei mass media è l’obiettivo del programma “Voce della Cristianità”, in onda sulla rete televisiva privata indiana Jain Tv, curato dall’ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di New Delhi. La trasmissione ha compiuto, in questi giorni, i due anni di programmazione, con oltre cento puntate all’attivo: un bilancio lusinghiero per la Chiesa locale, che ha espresso soddisfazione e speranza di poter continuare a svolgere l’opera di informazione, formazione ed evangelizzazione attraverso i moderni mezzi della comunicazione televisiva. Padre Dominic Emmanuel, responsabile dell’ufficio comunicazioni dell’Arcidiocesi e conduttore del programma, ha detto all’agenzia Fides: “Siamo felici di aver avuto l’opportunità di poter diffondere i contenuti autentici della nostra fede alla popolazione”. “Abbiamo avuto come ospiti in trasmissione cardinali, vescovi, leader politici, membri del Parlamento, attivisti, sacerdoti, religiosi, missionari, professori. Quello che mi auguro per il futuro è una dimensione ecumenica e di rendere il programma al più presto bilingue, ovvero in hindi e in inglese”. “E’ stato un lavoro che ha illuminato la gente e ha aiutato a rimuovere molti pregiudizi contro la comunità cristiana in India”, ha aggiunto l’Arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Michael Concessao. “Voce della Cristianità” è un contenitore di approfondimento settimanale su tematiche legate alla dottrina o alle attività dei cristiani. Realizzato con servizi filmati e ospiti in studio, il programma va in onda la domenica alle 18:00. (D.G.)

 

 

UFFICIALIZZATO DAL MOVIMENTO PER LA LOTTA CONTRO LA FAME NEL MONDO DI LODI L’AVVIO DI UNA LINEA ELETTRICA DI 20 CHILOMETRI IN RWANDA,

NEL DISTRETTO DI MUHURA, DOVE VIVONO 40 MILA PERSONE.

GRAZIE A QUESTO PROGETTO, VERRANNO POTENZIATI I SERVIZI LOCALI

 

MUHURA. = Il Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo (MLFM) di Lodi, in collaborazione con padre Mario Falconi, missionario Barnabita, ha ufficializzato l’avvio del primo progetto di elettrificazione nel distretto di Muhura, nel nord del Rwanda, un territorio che ospita quarantamila abitanti. Si tratta di una linea elettrica a media tensione da 30 kw, che dalla linea dorsale della centrale idroelettrica di Ruzizi passa a 20 chilometri da Muhura, per andare verso il capoluogo della prefettura del Mutara. Questa zona del Rwanda è lontana dalle principali vie di comunicazione. Da prima della guerra tra hutu e tutsi esistevano già tre progetti per tre linee elettriche, provenienti da tre direzioni differenti, ma tutto è rimasto sulla carta e la guerra non ha permesso l’avvio di queste iniziative. Con il dopoguerra, lo Stato ha cominciato ad incentivare, presso i Comuni, il potenziamento delle infrastrutture e dei servizi, ma i fondi sono sempre scarsi e i Comuni devono trovare le risorse economiche, trattenendole dagli stipendi dei propri dipendenti e riscuotendo le tasse sul commercio o sulla proprietà del bestiame. Da qui l’idea del MLFM di realizzare 20.000 metri di linea aerea che attraversa la regione collinare, utilizzando cento piloni che sostengono i tre cavi di media tensione più il cavo di guardia per proteggere la linea dai fulmini. Oltre al potenziamento delle piccole attività commerciali già esistenti, della scuola e dell’ospedale che ora funzionano con un gruppo elettrogeno, sono in programma le prime due attività “industriali” della zona: un’officina per tostare il caffè d’esportazione, visto che il territorio ne è un buon produttore, e una seconda per cui si vorrebbe far diventare Muhura il granaio della Prefettura di Byumba. (R.M.)

 

 

PER TUTTA L’ESTATE SARA’ ESPOSTA NELLA CITTA’ TOSCANA DI PIETRASANTA, LA SCULTURA DELL’ARTISTA GIAPPONESE, JUNKYU MUTO,

ISPIRATA AL TEMA DELLA PACE NEL MONDO E DESTINATA

 AD UNO DEI PIU’ IMPORTANTI SANTUARI BUDDISTI IN INDIA.

TITOLO DELL’OPERA: IL CERCHIO DEL VENTO

 

LUCCA. = L’artista giapponese, Junkyu Muto, da oltre vent'anni legato alla cittadina toscana di Pietrasanta, dove vive e crea le sue opere, ha realizzato una monumentale scultura, alta circa due metri, in marmo bianco di Carrara, intitolata “Il cerchio del vento”. L’opera si ispira al tema della pace nel mondo ed è destinata ad uno dei più importanti santuari buddisti, Bodhgaya, luogo in cui Buddha ottenne l’ “illuminazione” circa 2.540 anni fa. La monumentale scultura sarà visibile al pubblico per tutta l’estate per poi, ad ottobre, giungere in Giappone, dove sarà esposta all’Expo Internazionale di Nagoia. Infine, troverà collocazione definitiva in India. Per Muto è un momento di grandi e prestigiosi riconoscimenti: già ambasciatore onorario alla prefettura di Miyagi, è stato recentemente riconosciuto quale ambasciatore culturale del Giappone nel mondo. È stato, inoltre, anche l’artefice del patto d'amicizia che lega Pietrasanta e la città giapponese, Utsunomiya, dal '95. (D.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 luglio 2004

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Alla vigilia del 4 luglio, Festa dell'Indipendenza americana, un gruppo integralista islamico, ritenuto vicino ad Al Qaida, ha affermato da siti internet di aver ucciso il caporale dei marines Wassef Ali Hassoun, musulmano, di origini libanesi, e annunciato inoltre di detenere un altro ostaggio, un “infedele”. Intanto sul campo proseguono le violenze. Il servizio è di Dorotea Gambardella:

 

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Un altro colpo per gli Stati Uniti. L’uccisione del marines di origine libanese è stato confermato questa mattina dalle autorità di Beirut, anche se la notizia non viene ancora considerata attendibile dai vertici militari statunitensi. Il caporale era stato visto per l'ultima volta presso la sua base il 19 giugno, e da quel momento se n'erano perse le tracce: i suoi superiori lo avevano annotato come “allontanamento non autorizzato”. Il sospetto era che Wassef stesse tentando di lasciare l'Iraq per raggiungere il Libano, dopo essere rimasto scioccato dalla morte di un compagno d'armi. Il 21 giugno sarebbe però finito nelle mani degli estremisti, che nei giorni scorsi avevano anche diffuso un video che lo mostrava col volto coperto da una benda. Intanto anche la mattinata odierna è stata contrassegnata dalle violenze. Due miliziani iracheni sono rimasti uccisi nel corso di un attacco lanciato contro una stazione di polizia nella città di Begi, nel nord dell'Iraq. Nel conflitto a fuoco sono stati coinvolti anche soldati americani fra i quali però non vi sarebbero state vittime. Un'autobomba è invece esplosa al passaggio di un convoglio militare americano ad Abu Ghraib, a ovest di Baghdad. Non si hanno notizie circa possibili vittime. A Baqubah agenti della Guardia nazionale irachena hanno sventato un attentato suicida, uccidendo il kamikaze e altre due persone, due passanti. Sei presunti appartenenti all'organizzazione estremista Ansar al-Islam sono stati, invece, catturati la notte scorsa in un villaggio vicino a Kirkuk, nel nord del Paese. Sul fronte politico, il Premier iracheno Ilyad Allawi, sostenuto dalle componenti curde e sciite del suo governo, si è detto fortemente contrario al dispiegamento di militari ''di qualsiasi paese arabo'' in Iraq e in particolare di quei paesi ''che hanno assunto posizioni negative sulla questione irachena dalla caduta di Saddam Hussein''.

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Ennesima giornata di sangue anche in Cisgiordania. Un palestinese che cercava di infiltrarsi in una colonia vicino a Nablus, è stato ucciso in nottata dai militari israeliani. Nella stessa zona, alle prime luci dell’alba un civile israeliano è morto in un agguato palestinese. La cronaca da Graziano Motta:

 

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Nonostante da martedì scorso militari israeliani occupino Beit Hanoun, nella parte settentrionale della striscia di Gaza, per impedire che guerriglieri palestinesi continuino a lanciare missili contro il confine, nelle ultime ore tre ne sono caduti a Sderot e due presso il valico di Heretz, senza tuttavia causare vittime. Il sindaco di della cittadina e rappresentanti di altre località vicine hanno partecipato alla riunione odierna del Consiglio dei ministri per invocare provvedimenti di sicurezza che scoraggino l’esodo della popolazione sempre più esposta. D’altra parte i soldati, impegnati nella prevenzione dei lanci, sono contrastati da guerriglieri armati ed anche da gruppi di ragazzi che lanciano loro le pietre. In vari scontri un bambino di 9 anni è rimasto ucciso ed un giovane di 24 ferito. Secondo fonti palestinesi quest’ultimo sarebbe poi deceduto. In analoghe circostanze, presso Nablus, sono stati uccisi altri due palestinesi; sempre in Samaria, guerriglieri delle Brigata al-Aqsa, in un agguato teso ad un auto civile israeliana, ha ucciso il guidatore e ferito lievemente sua moglie, mentre raggiungevano la loro casa nell’insediamento di Mevo Dotan .

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Un contingente di circa mille uomini della polizia sudanese è giunto ieri all'aeroporto di Facher, il capoluogo del Darfur. Il loro compito sarà quello di ristabilire l'ordine e fermare le violenze nelle tre province della regione, conformemente agli impegni presi nei giorni scorsi dal presidente Omar el Beshir con il segretario generale dell'Onu Kofi Annan e il segretario di stato americano Colin Powell. Dal febbraio del 2003, nel Darfur, nel Sudan occidentale, le milizie arabe filo-governative del Janjawid, sostenute dall'esercito di Khartum, hanno avviato una sanguinosa repressione delle popolazioni autoctone, che si erano ribellate al potere centrale governativo del Nord. Oltre 10 mila i morti accertati.

 

Violenze anche nello Yemen. Sono 118 le persone morte nei combattimenti che da due settimane oppongono le forze dell'ordine a formazioni estremiste islamiche. E' quanto ha riferito oggi il ministero degli Interni a Sanaa. Fino a questo momento non sono stati provati legami diretti dei gruppi islamici locali con  la rete terroristica di al Qaeda.

 

Sei persone, fra cui tre bambini, sono rimasti feriti alla periferia di Kabul, nella zona di Afshar, a causa di una esplosione, molto probabilmente di una fabbrica di ordigni illegale. Secondo quanto ha reso noto un portavoce dell'Isaf, tre persone sono state in seguito arrestate. Sempre nella capitale, invece, questa mattina è morta una donna impiegata alle Nazioni Unite, ferita in un attentato alla fine di giugno.

 

Il premier italiano, Silvio Berlusconi è salito al Quirinale con  la lettera di dimissioni del ministro Tremonti e ha assunto l'interim dell'Economia. Domani andrà a Bruxelles per la riunione dell'Ecofin, dove illustrerà le linee generali della manovra, che il governo italiano si impegna a definire entro la prossima settimana con un decreto. Ce ne parla Salvatore Sabatino:

 

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Una difesa strenua dell’operato di Tremonti. Il presidente del Consiglio Berlusconi ha ringraziato pubblicamente il ministro, per “il contributo dato al paese e al governo”, e lo ha difeso dalle “accuse ingiuste e ingenerose” – ha riferito - di chi lo ha criticato “insinuando” che “fossero stati truccati i conti”. Autodifesa pure da parte dello stesso ministro uscente, che nella conferenza stampa di saluto ha assicurato che “i conti pubblici italiani sono assolutamente affidabili”, esprimendo un solo grande rimpianto: “Volevo ridurre le tasse, non mi è stato possibile”. Intanto la Lega ha chiesto il rientro di Tremonti nel governo, ritenendo la sua presenza una garanzia dell'applicazione della riforma federalista, e preannunciando che domani saranno prese “le decisioni conseguenti” sulla sua permanenza o meno in un governo senza il ministro e nella stessa maggioranza. Nella serata di ieri è giunto anche il commento di Bossi: “Roma non cambia mai – ha tuonato - dal governo esce un ottimo ministro padano”. Per il senatore dell’Udc, Francesco D’Onofrio, le dimissioni di Tremonti dovranno servire a fortificare il gruppo di maggioranza, anche se rappresentano – di fatto – il crollo delle vecchie alleanze:

 

“Di fatto è la conclusione dell’alleanza politica nata nel 2000 e che ha vinto le elezioni politiche del 2001. Credo che all’origine vi sia, anzitutto, l’ictus di Bossi dell’11 marzo scorso e poi il risultato delle elezioni europee del giugno scorso. In realtà, la situazione politica era diversa; l’equilibrio politico era diverso. Tremonti sopravviveva ad un equilibrio politico che non c’era più”.

 

Pesanti le critiche dell’opposizione. Per il leader dei Ds, Piero Fassino, “il governo deve andare immediatamente in Parlamento e in quella sede rassegnare le dimissioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda la Margherita. Sentiamo il capogruppo alla Camera, Pierluigi Castagnetti:

 

“E’ inutile tirare a campare e trascinare il Paese in una crisi sempre più profonda. Le dimissioni del ministro Tremonti ci dicono che viene reimpostata tutta la manovra economica. E’ giusto che il Parlamento sia partecipe di questa svolta, che è una svolta che probabilmente decide anche la sorte della legislatura”.

 

Intanto è ulteriormente slittato il Consiglio dei Ministri che oggi avrebbe dovuto varare la manovra correttiva, mentre sarà lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, con l'interim dell'Economia, a scendere in campo domani a Bruxelles per sventare il rischio di un “primo avvertimento” per deficit eccessivo da parte dell’Ecofin. Sul fronte del toto-nomine per il nuovo inquilino di via XX Settembre, in pole position è il commissario europeo Mario Monti. Ma se declinasse l'invito, si aprirebbe lo  smembramento dell'Economia con tutta una girandola di nomi,  tra i quali Moratti, Baldassarri, Martino e Brunetta.

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