RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 184 - Testo della trasmissione di venerdì 2 luglio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Cattolici e ortodossi hanno bisogno di segni di comunione: così il Papa nel saluto al Patriarca di Costantinopoli di ritorno a Istanbul. Intervista con Bartolomeo I

 

Soddisfazione in Vaticano per l’approvazione ieri da parte dell’Assemblea dell’Onu della risoluzione che rafforza il ruolo di “Osservatore permanente” della Santa Sede: ce ne parla l’arcivescovo Celestino Migliore

 

Intervento della Santa Sede al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc), a New York.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le foto del processo a Saddam Hussein hanno fatto il giro del mondo, mentre continua la violenza in Iraq: ai nostri microfoni Alberto Negri e Hans Blix

 

Le sfide dell’educazione al centro del Simposio europeo sulla scuola promosso dalla Cei in collaborazione con le Conferenze episcopali d’Europa: ai nostri microfoni mons. Cesare Nosiglia

 

 “Il sogno” è il filo conduttore della nuova edizione del Ravello Festival: ce ne parla Lorenzo Ferrero.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperta al culto la nuova Chiesa dedicata a San Pio da Pietrelcina

 

In programma, da domani fino a mercoledì prossimo, a Fatima l’Assemblea di studio del Forum europeo dei Comitati nazionali dei laici

 

In Armenia annunciati una serie di finanziamenti della Banca Mondiale ed un piano governativo per affrontare l’emergenza povertà che affligge il Paese

 

Il ministro per gli Affari Buddisti cingalese rassicura le minoranze cattolica e metodista nello Sri Lanka: la proposta di legge contro le conversioni è rivolta solo verso le sette fondamentaliste

 

Si conclude oggi in Florida il primo Congresso mondiale sull’agroselvicoltura

 

24 ORE NEL MONDO:

Al Qaeda torna a minacciare l’Europa di attentati terroristici, mentre in Turchia un attentato causa la morte di 5 persone

 

In Medio Oriente il premier israeliano Sharon chiede la modifica del tracciato del muro in Cisgiordania.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 luglio 2004

 

 

CATTOLICI E ORTODOSSI HANNO BISOGNO DI SEGNI DI COMUNIONE:

E’ L’ESORTAZIONE DEL PAPA NEL SALUTO DI CONGEDO AL PATRIARCA ECUMENICO

DI COSTANTINOPOLI BARTOLOMEO I,

CHE HA CONCLUSO OGGI LA SUA VISITA A ROMA.

NOSTRA INTERVISTA CON IL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI

- Intervista con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I -

 

Tra cattolici e ortodossi, c’è grande bisogno di “segni di comunione”: è quanto sottolineato dal Papa nel saluto di congedo al Patriarca Bartolomeo I, partito circa due ore fa alla volta di Istanbul, a conclusione della visita a Roma. Evento, questo, di grande rilevanza sul cammino ecumenico. Nel saluto al Patriarca – reso noto stamani dalla Sala Stampa della Santa Sede – il Papa ha espresso la sua “riconoscenza” a Bartolomeo I ed ha evidenziato come il loro incontro abbia “permesso di mostrare ai fedeli un segno vivo di fraternità e di confermare il proposito di progredire con decisione verso la meta della piena unità”. Giovanni Paolo II ha, così, ripercorso i momenti salienti della visita del Patriarca a Roma: in particolare ha messo l’accento sulla firma della Dichiarazione comune e la consegna in uso al Patriarcato ecumenico della chiesa di san Teodoro al Palatino, affidata alla comunità greco ortodossa di Roma. Tutto questo - ha detto il Papa - “è dono di Dio. Ed è bello che i fratelli vivano insieme in questa comune riconoscenza verso Colui che è il ‘Padre della luce’ dal quale discende ‘ogni buon regalo e ogni dono perfetto’”.

 

Ieri pomeriggio, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha rilasciato un’intervista al nostro Giovanni Peduto raccontando innanzitutto i suoi sentimenti dopo l’incontro con il Santo Padre:

 

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R. – Ottimi. Questa volta ci siamo incontrati, con Sua Santità il Papa, per la terza volta, dopo il ’95, quando ho realizzato la mia visita ufficiale da lui, e dopo il 2002, quando sono venuto per la Giornata di Preghiera per la pace ad Assisi. Ma posso dire senza voler sottovalutare le mie prime due visite a Roma, che questo incontro è stato più commovente, più umano, più fraterno. E questo l’ho sentito soprattutto nel giorno conclusivo, quando ci siamo incontrati di nuovo con il Papa, abbiamo firmato la Dichiarazione comune e poi abbiamo pranzato insieme, abbiamo vissuto l’agape insieme. E ho avuto l’occasione di invitarlo a visitarci a Istanbul: per lui sarebbe la seconda occasione, dopo il 1979, quando fece visita al mio predecessore, il Patriarca Dimitrios I. Il Papa è stato molto contento, secondo la mia impressione, di accettare questo invito. Naturalmente, deve parlare con i suoi collaboratori, ma la sua prima reazione è stata positiva. Era molto lieto, molto contento, ed io di più. La prospettiva di accoglierlo da noi, a Costantinopoli, prima sede dell’ortodossia, e di poter quindi programmare insieme i nostri passi verso l’avvenire, verso il futuro delle nostre relazioni. Del contenuto di questo nostro terzo incontro, posso dire che è stato piuttosto di natura spirituale che protocollare. Ho questa impressione e come ho detto nella mia omelia sulla piazza di San Pietro, in questo momento, in questa tappa, l’unità, gli sforzi verso l’unità sono un evento spirituale, un evento di preghiera. E, quindi, questo incontro tra il Papa e la mia umile persona è stato realizzato in questa atmosfera, in questo spirito. Perciò torno alla mia sede molto commosso e molto contento e molto ottimista per il futuro delle nostre relazioni.

 

D. – Come vede lei oggi, Santità, le relazioni tra cattolici e ortodossi e quali sono i suoi auspici per il futuro?

 

R. – Le note difficoltà esistono ancora, ma c’è da ambedue le parti la buona volontà di avanzare, di continuare il dialogo, senz’altro. C’è la volontà di non interrompere il dialogo. Durante la nostra conversazione con il Papa e durante le nostre conversazioni con il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani abbiamo messo in rilievo e sottolineato di nuovo la nostra decisione di trovare le vie ed i mezzi per riprendere il dialogo teologico, che è passato attraverso una crisi, se così posso dire, dopo Baltimora. Adesso abbiamo parlato con il cardinale Kasper, il presidente del Consiglio per l’Unità, ed i suoi collaboratori ed abbiamo fissato alcuni punti, alcuni metodi per poter uscire dalle difficoltà presenti e continuare senz’altro il dialogo. Il dialogo è la sola possibilità offertaci per poter risolvere i problemi che esistono ancora tra di noi. L’amicizia esiste, la fratellanza esiste ed esiste anche la decisione di avanzare e migliorare le relazioni. Bisogna discutere in profondità il primato del Vescovo di Roma, l’infallibilità, la posizione del Vescovo di Roma nella struttura della Chiesa cristiana nel suo insieme, perché lì si trovano i punti più difficili nelle nostre relazioni, che impediscono ancora la piena comunione, la partecipazione allo stesso Calice.

 

D. – Quale significato ha avuto per la Comunità ortodossa di Roma l’inaugurazione della chiesa di San Teodoro?

 

R. – Come ho detto a Sua Santità il Papa, durante il pranzo comune, questo è stato un gesto concreto di amicizia e fratellanza tra le nostre Chiese. Ho ringraziato, naturalmente, lui stesso e la venerata Chiesa di Roma. E ho detto che gesti di questo genere sono un contributo essenziale al nostro dialogo perché dimostrano che non ci limitiamo alle parole, ma procediamo anche con atti coraggiosi, simbolici, pieni di senso ed importanza. Quando abbiamo ‘inaugurato’ – per così dire – ufficialmente la chiesa di San Teodoro al Palatino, la gente, e cioè ortodossi ma anche cattolici che avevano partecipato alla cerimonia, era entusiasta. Erano presenti due cardinali insieme con altri prelati cattolici e hanno partecipato alla nostra gioia. Ho ringraziato ufficialmente Sua Santità il Papa e la Chiesa di Roma. In futuro, la sacra arcidiocesi greco-ortodossa qui in Italia, che avrà a sua disposizione questa chiesa come simbolo di amicizia e di fratellanza, sarà testimone di questo legame spirituale che ci unisce in modo particolare qui, nella Città eterna. Penso che questo gesto di Sua Santità il Papa sarà molto apprezzato al di là del Patriarcato ecumenico e di questa sua arcidiocesi: sarà apprezzato da tutta l’Ortodossia e sarà un esempio da imitare nelle relazioni ecumeniche, perché concretizza la buona volontà e la fratellanza in nomine Domini.

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SODDISFAZIONE IN VATICANO PER L’APPROVAZIONE IERI, ALL’UNANIMITA’,

DA PARTE DELL’ASSEMBLEA DELL’ONU DELLA RISOLUZIONE CHE RIBADISCE

IL RUOLO DI “OSSERVATORE PERMANENTE” ATTRIBUITO ALLA SANTA SEDE

IN MODO PIU’ CHIARO E FAVOREVOLE

- Intervista con mons. Celestino Migliore -

 

         Soddisfazione in Vaticano per l’approvazione ieri all’unanimità da parte dell’Assemblea dell’ONU, della risoluzione che ribadisce il ruolo di “Osservatore permanente” attribuito alla Santa Sede. Dopo circa 40 anni di partecipazione ai lavori delle Nazioni Unite, viene quindi consolidato lo statuto. In quali termini lo spiega, nell’intervista realizzata a New York da Paolo Mastrolilli, l’Osservatore permanente della Santa Sede, l’arcivescovo Celestino Migliore:

 

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D. – L’arcivescovo Celestino Migliore è l’Osservatore Permanente della Santa Sede all’Onu. L’Assemblea generale ha approvato una risoluzione circa la partecipazione della Santa Sede ai lavori delle Nazioni Unite. Cosa significa questa risoluzione: vuol dire che la Santa Sede cambia il suo statuto?

 

R. – No, non cambia lo statuto, che pertanto rimane quello di Osservatore, ma lo precisa e lo rinforza. Non si tratta di una novità assoluta, perché da 40 anni ormai la Santa Sede partecipa ai lavori dell’Onu. Lo statuto di Osservatore si basava su un diritto consuetudinario più che scritto, mentre ora sarà scritto. Inoltre, alcune modalità previste finora non facilitavano una partecipazione fluida ed efficace, perciò si è chiesto ed ottenuto che l’Assemblea accordasse uno statuto più chiaro e favorevole. Adesso, per esempio, potremo intervenire senza dover attendere il permesso dei gruppi regionali; potremo far circolare i nostri documenti come documenti di lavoro dell’Assemblea generale; avremo il diritto di risposta, qualora ci fosse un riferimento alla Santa Sede ... E quindi è una partecipazione molto più piena, molto più fluida, in base ad uno statuto che è riconosciuto da 191 Paesi.

 

D. – Perché la Santa Sede non ha chiesto invece lo statuto a pieno titolo dell’Onu?

 

R. – Essenzialmente perché la Santa Sede è interessata a seguire ed a partecipare ai lavori dell’Onu più nel suo aspetto di tribuna mondiale che non in quello della global governance.

 

D. – Questo passo potrebbe significare che la Santa Sede esclude una futura adesione a pieno titolo all’Onu?

 

R. – Direi che né spirito né lettera della risoluzione in oggetto lasciano trasparire nulla di questo. Il senso di questo passo va cercato piuttosto nella volontà della Santa Sede di offrire il proprio contributo, con appropriate modalità di partecipazione, ai lavori dell’Onu. Ad un attento esame dei requisiti della Carta dell’Onu non si vedono preclusioni per una piena adesione della Santa Sede all’Onu. Si tratta piuttosto di una valutazione di convenienza che deve tener conto di tanti aspetti, primi fra tutti la sua missione, e la missione della Santa Sede è precipuamente spirituale e morale.

 

D. – Nel passato recente ci sono state iniziative, anche raccolte di firme, per contrastare la presenza della Santa Sede nell’Onu. Che rapporto ha tutto questo con la presente risoluzione?

 

R. – L’iniziativa cui lei si riferisce viene portata avanti su presupposti per lo più ideologici, da gruppi di interesse contrari alle convinzioni e alle posizioni che la Santa Sede mantiene su questioni attinenti alla vita. Ora lo status di membro o di “osservatore” all’Onu viene regolato su argomenti di carattere giuridico e non ideologico ed è giusto che sia così. Questa è una garanzia democratica che permette la partecipazione al dibattito a tutti i membri della comunità internazionale, che possono avere, e spesso hanno, interessi e posizioni divergenti ma che si riuniscono a dibattere e negoziare per comporre pacificamente, e nell’interesse del bene comune, le loro divergenze e differenze.

 

D. – Come è stata accolta la vostra proposta dai 191 Paesi membri dell’Onu?

 

R. – Personalmente, ho portato avanti questa iniziativa con grande soddisfazione, perché nel contatto diretto con i dirigenti dell’Onu e i rappresentanti dei Paesi membri ho ricevuto molte attestazioni di apprezzamento e di appoggio per il contributo che il Papa e la Santa Sede stanno dando alla causa della pace e della cura dell’intera umanità. Ovviamente, si è data spesso l’occasione di illustrare o di mettere meglio in chiaro alcuni passaggi della risoluzione dal punto di vista per lo più procedurale e giuridico. Ma devo dire che non ho registrato insormontabili riserve, timori o esitazioni di carattere ideologico.

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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE AL CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE

DELLE NAZIONI UNITE (ECOSOC), RIUNITO A NEW YORK PER VALUTARE

IL PROGRAMMA D’AZIONE PER I PAESI MENO SVILUPPATI NELLA DECADE 2001-2010

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

 

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“Il povero non può aspettare”, è il monito di Giovanni Paolo II, che Mary Ann Glendon, capo della delegazione vaticana, ha ripetuto con vigore al Consiglio economico e sociale dell’Onu. “Nessuno può negare – ha detto – che la sfida da affrontare, che spesso appare essere il ciclo della povertà che si autoperpetua, specialmente nei Paesi meno sviluppati (Ldc), è formidabile.” Inoltre “la globalizzazione ha accelerato lo smembramento di interi sistemi di vita”, lavorativi e familiari. “Nuove forme di povertà sono emerse” e colpiscono sempre più donne e bambini. “Il mondo oggi sta andando verso una fase caotica”, densa di pericoli e promesse. “E quelli più a rischio nel mezzo di questa turbolenza economica e sociale sono spesso i più ignorati”. Sono 700 milioni di poveri – ha ricordato la Glendon – che vivono in 50 Paesi meno sviluppati. Gran parte di questi sono afflitti da conflitti o sono usciti da guerre negli ultimi 15 anni.

 

Per questo “senza un serio impegno delle Nazioni sviluppate a fare la loro parte di sacrificio, questi Paesi continueranno ad essere intrappolati nelle loro attuale difficile situazione”. In parallelo ci vuole un maggiore sforzo per costruire una competenza locale in grado di preparare e realizzare gli investimenti e di monitorare, attraverso procedure trasparenti e credibili, come le risorse vengano spese. E cosi anche la comunità internazionale dovrebbe continuare a cercare modi e strumenti per una giusta distribuzione dei profitti e per stabilire condizioni che possano assicurare un vero sviluppo, sempre rispettoso della dignità umana. “Ciò che è necessario – ha concluso la Glendon – è un cambiamento del cuore, perché la comunità internazionale possa essere sempre più coraggiosa, più generosa, più creativa, più energica nel suo sforzo per porre fine una volta per tutte alla divisione del mondo in aree di povertà e di abbondanza”

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Progredire con decisione verso la piena unità tra cattolici e ortodossi": la riconoscenza e la speranza del Santo Padre a conclusione della visita del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli.

Sempre in prima il comunicato dal titolo "L'assemblea generale delle Nazioni Unite adotta per acclamazione una Risoluzione sulla partecipazione della Santa Sede ai lavori dell'Onu.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.

 

Nelle estere, in evidenza l'Iraq, con particolare attenzione all'avvenimento della comparsa di Saddam Hussein davanti ad un giudice, in un'aula di tribunale - a Baghdad - in occasione dell'udienza preliminare del processo.  

 

Nella pagina culturale, una recensione di Francesco Licinio Galati sul libro di Ugo Riccarelli "Il dolore perfetto", che ha vinto il Premio Strega 2004.

Per la rubrica "Oggi", una riflessione di Franco Patruno dal titolo "La danza del ventre epicentro di discipline scientifiche, umanistiche e turistiche": all'esame di maturità a Torino.

 

Nelle pagine italiane, governo: accordo solo sulla manovra; più tempo per la verifica.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 luglio 2004

 

 

LE FOTO DEL PROCESSO CONTRO SADDAM HUSSEIN HANNO FATTO IL GIRO DEL MONDO, MENTRE  CONTINUA LA VIOLENZA IN IRAQ.

RIMESSI IN LIBERTA’ DALLA GUERRIGLIA DUE CITTADINI TURCHI

- Intervista con Alberto Negri e Hans Blix -

 

In Iraq la guerriglia ha rilasciato stamani due cittadini turchi, da giorni nelle mani dei combattenti, dopo che la società per la quale lavorano ha fatto sapere che ritirerà tutti i suoi dipendenti dal Paese. In Iraq, tuttavia, prosegue la violenza. Fortissime esplosioni sono avvenute alle prime luci dell’alba a Baghdad. Le deflagrazioni sono state causate da razzi lanciati nei pressi di una moschea e hanno causato due feriti. La Giordania, intanto, si è detta disposta a inviare le proprie truppe in Iraq, se il governo provvisorio iracheno lo chiederà. Sulle pagine dei quotidiani, comunque, oggi tiene banco il processo contro Saddam Hussein. Sull’ex Rais pendono sette capi di imputazione per crimini contro l’umanità, genocidio e crimini di guerra. Accuse che Saddam ha respinto, criticando la Corte, il presidente Bush e i kuwaitiani. Con l’ex dittatore iracheno, hanno sfilato ieri davanti ai giudici le figure più note del regime: dall’ex vice premier, Tareq Aziz, ad Alì il chimico. Per molti osservatori internazionali, l’inizio del processo a Saddam Hussein e ai suoi fedelissimi rappresenta uno spartiacque tra il vecchio Iraq e quello nuovo. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Alberto Negri, inviato a Baghdad de “Il Sole 24 ore”:

 

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R. - Quando ho visto Saddam Hussein alla sbarra davanti al giudice, mi è venuta in mente una frase che lui ripeteva ogni tanto. Diceva: “La legge, in questo Paese, è una mia frase con la mia firma sotto”. Era con queste parole, insomma, che Saddam Hussein liquidava gli affari di Stato. Vederlo davanti ad un giudice, cioè davanti alla legge, quella vera, non la sua, a mio parere è stato un evento storico per tutti. E’ stato un po’ lo spartiacque tra il passato e il presente, tra l’Iraq di cui Sadam Hussein reclama di essere ancora presidente e un Iraq nuovo, un Iraq ancora difficile da definire. Certamente però non è più l’Iraq di Saddam Hussein.

 

D. - La Corte che giudica Saddam non è una Corte internazionale, come per esempio quella dell’Aja con Milosevic: è una corte irachena. Qualcuno ha avuto da obiettare su questo ...

 

R. - Certo! Ci sono i dubbi sul fatto che si tratti di una Corte non indipendente. Una Corte internazionale avrebbe avuto forse più garanzie per l’imputato, ma è sicuramente un processo che si è aperto con una sua legittimità, molto più di quel furtivo trasferimento di sovranità che è stato l’addio di Bremer all’Iraq. Questo processo può essere importante per gli iracheni sia per liquidare il passato, sia per prendere le distanze da un certo metodo di fare giustizia.

 

D. - Quindi, secondo te, il processo si svolgerà regolarmente fino alla fine?

 

R. - Credo di sì, per lo meno perché questa Corte effettivamente è irachena, ma è stata insediata con l’aiuto tecnico molto consistente anche degli americani. Bisognerà vedere se il governo avrà politicamente la forza di portarlo avanti. Ricordiamoci che Allawi vuole presentarsi come nuovo primo ministro, come il nuovo “uomo forte”. In Medio Oriente, di solito, sotto lo stesso cielo non convivono mai due raìs allo stesso tempo, anche se uno è un “ex” ed è in carcere ...

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Intanto il trasferimento dei poteri al nuovo governo iracheno non sembra frenare l’escalation degli attentati. “Siamo in una fase molto delicata e difficile” spiega ai nostri microfoni Hans Blix, responsabile degli ispettori Onu inviati in Iraq alla vigilia del conflitto e che hanno lasciato il Paese senza trovare armi di distruzioni di massa:

 

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I THINK UNITED STATES WOULD LIKE…

“Gli Stati Uniti vorrebbero che la nuova autorità, il nuovo governo iracheno assumessero determinati compiti per ristabilire la pace. E’ abbastanza difficile arrivare all’equilibrio giusto tra la presenza americana e il ruolo della nuova autorità. Molto dipenderà da una serie di fattori, fra cui la rispettabilità di cui godrà questo nuovo governo iracheno. Noi naturalmente abbiamo la speranza che si possa arrivare presto ad indire delle libere elezioni. Ma, partendo da una situazione come quella dell’Iraq in passato, arrivare a ristabilire la democrazia non è certamente una cosa facile.

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LE SFIDE DELL’EDUCAZIONE AL CENTRO DEL SIMPOSIO EUROPEO SULLA SCUOLA

 PROMOSSO DALLA CEI IN COLLABORAZIONE CON LE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA. SI E’ APERTO IERI POMERIGGIO A ROMA E SI CONCLUDERA’ DOMENICA

- Intervista con mons. Cesare Nosiglia -

 

Problemi e obiettivi nel campo dell’educazione sono da ieri pomeriggio oggetto di dibattito al Simposio europeo sulla scuola promosso a Roma dalla Commissione della Cei per l’educazione cattolica, in collaborazione con Problemi e obiettivi nel campo dell’educazione sono da ieri pomeriggio oggetto di dibattito al Simposio europeo sulla scuola promosso a Roma dalla Commissione della Cei per l’educazione cattolica, in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, Ccee, e con la Commissione degli episcopati della Comunità Europea, Comece. “Le sfide dell’educazione. Recuperi, promesse, impegni” è il titolo del Convegno cui prendono parte studiosi, docenti, genitori, operatori di pastorale nel campo della formazione e anche il ministro dell’Istruzione in Italia, Letizia Moratti. Al microfono di Debora Donnini, mons. Cesare Nosiglia, presidente della Commissione Cei per l’educazione cattolica, spiega come la Chiesa italiana pensa di essere presente oggi in questo campo:

 

il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, Ccee, e con la Commissione degli episcopati della Comunità Europea, Comece. “Le sfide dell’educazione. Recuperi, promesse, impegni” è il titolo del Convegno cui prendono parte studiosi, docenti, genitori, operatori di pastorale nel campo della formazione e anche il ministro dell’Istruzione in Italia, Letizia Moratti. Al microfono di Debora Donnini, mons. Cesare Nosiglia, presidente della Commissione Cei per l’educazione cattolica, spiega come la Chiesa italiana pensa di essere presente oggi in questo campo:

 

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R. – La riforma della scuola in atto offre anche possibilità di collaborazione tra famiglia, scuola, comunità territoriale. Questo però comporta una qualificazione dei nostri operatori, una capacità di proposta e soprattutto l’impegno della comunità cristiana locale, perché la scuola fa parte di quel tessuto composto dalle parrocchie, dalle associazioni, dai movimenti e dalle tante realtà che possono entrare in collaborazione con la scuola, superando quella estraneità che si è determinata in questi ultimi decenni.

 

D. – Ci sono quattro temi fondamentali su cui voi discutete: la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche; la costruzione dell’identità; economia, lavoro, educazione; e poi interculturalità…

 

R. – La scienza e la tecnica sono importanti, ma non possono mai disattendere quella che è la dignità della persona umana. Qui nasce allora il discorso dell’identità. E’ importante che l’educazione faccia emergere quali sono i contenuti fondamentali per dare ad una personalità giovanile i fondamenti del suo presente e del suo futuro. E qui entra in gioco anche il discorso etico. Un persona deve aprirsi anche alla dimensione religiosa. Il tema dell’economia e del lavoro è fondamentale oggi perché nei nostri Paesi stanno cambiando notevolmente gli scenari, proprio in seguito alla mobilità del lavoro. E’ importante incoraggiare la dimensione della formazione professionale. La riforma questo ce lo dice. Però non possiamo semplicemente pensare alla scuola ad un livello di avviamento al lavoro. Questo discorso di rapporto con il lavoro deve partire dalla formazione di una personalità che sappia poi umanizzare il lavoro. Ed infine c’è il rapporto tra l’intercultura e l’educazione, perché ormai siamo in un mondo dove il fenomeno migratorio ha proporzioni crescenti. E’ decisivo porsi questo problema in chiave positiva, tenendo conto proprio che l’identità del nostro popolo va sempre salvaguardata, ma occorre aprirsi alla conoscenza sempre maggiore delle altre identità con cui dialogare, per costruire una società veramente unita, promotrice di riconciliazione.

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 “IL SOGNO” E’ IL FILO CONDUTTORE DELLA NUOVA EDIZIONE DEL RAVELLO FESTIVAL.

LA MANIFESTAZIONE HA PRESO IL VIA NEI GIORNI SCORSI NELLA LOCALITA’ CAMPANA

ED OFFRE APPUNTAMENTI FINO AL 22 SETTEMBRE PROSSIMO

- Intervista con Lorenzo Ferrero -

 

E’ dedicata al tema del “Sogno” l’edizione 2004 del Ravello Festival, che ha preso il via nei giorni scorsi nella località campana per concludersi il 22 settembre prossimo. L’iniziativa, nata nel 1953 come Festival Wagneriano, il più antico in Italia dopo il Maggio Musicale Fiorentino, si presenta dal 2003 in una veste del tutto rinnovata. Attraverso un’offerta culturale ampia e diversificata, il Ravello Festival interpreterà quest’anno i sogni della musica, dell’arte, dello spettacolo, della scienza, dell’ecologia, della filosofia, della sociologia, della letteratura e dell’economia. Ma quali sono gli eventi più importanti di questi novanta giorni di celebrazioni? Barbara Castelli lo ha chiesto al maestro Lorenzo Ferrero, direttore generale del Festival:

 

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R. – Siamo un festival interdisciplinare, che tocca diversi punti e diversi aspetti non soltanto musicali, anche se tutto ruota intorno alla musica. Abbiamo scelto per l’inaugurazione l’Orchestre Philharmonique de Nice, diretta da Marco Guidarini. Ci sono poi altri appuntamenti con l’Orchestra della Radiotelevisione ungherese e un concerto di rivisitazione della tradizione napoletana di Peppe Barra. Gli appuntamenti sono numerosi e interessanti, animati da innumerevoli artisti: 860, di circa 25-30 Paesi del mondo.

 

D. – Ancora una volta, quindi, il Ravello Festival si presenta con una serie variegata di iniziative. Quest’anno, il tema conduttore sarà “Il sogno”. Quanto ancora, oggi, la musica fa sognare?

 

R. – La musica fa sicuramente sognare sempre, se uno vuole sognare. Una delle cose caratteristiche, descritta ampiamente dagli psicologi, è proprio il fatto che la musica stimola immagini simili a quelle del sogno, che spesso si ha difficoltà ad identificare. L’esperienza realizzata con alcuni studi nell’ambito della psicoacustica, inoltre, dimostra che se un gruppo di 20 persone viene invitato a fare un disegno su un pezzo di Debussy, ad esempio, tutti realizzano lo stesso disegno. Evidentemente, quindi, ci sono dei meccanismi molto interessanti, da questo punto di vista, ancora da studiare.

 

D. – Il 27 agosto ci sarà un convegno su “Etica e finanza”, un binomio piuttosto insolito: “economia e sogno” ...

 

R. – “Economia e sogno”, ma anche “economia e morale”. Il fatto che le due cose si coniughino è un problema che è diventato prioritario, proprio sulla base delle cronache degli ultimi mesi sui vari “crack”. Riflettiamo, quindi, su questo tema per capire come può, e come deve essere, il rapporto tra la finanza e i clienti nel rispetto della correttezza morale.

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CHIESA E SOCIETA’

2 luglio 2004

 

 

APERTA AL CULTO LA NUOVA CHIESA DEDICATA A SAN PIO DA PIETRELCINA.

FINANZIATA DALLE DONAZIONI DEI FEDELI,

LA CHIESA OSPITA 6500 POSTI A SEDERE E 2 MILA IN PIEDI

- A cura di Maria Pia Picciafuoco -

 

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SAN GIOVANNI ROTONDO. = Sembrava una meta lontana e invece finalmente è arrivato ieri a San Giovanni Rotondo il giorno della dedicazione della nuova chiesa di San Pio da Pietrelcina. Il Papa ha inviato due doni: l’indulgenza plenaria e uno splendido ostensorio. Il rito della consacrazione del nuovo edificio è stato presieduto da mons. Domenico D’Ambrosio, arcivescovo di Manfredonia-Vieste - San Giovanni Rotondo e delegato pontificio. La liturgia, ricca di gesti simbolici,  come la benedizione delle acque del fonte battesimale, ha anche esaltato le belle forme dell’opera dell’architetto, Renzo Piano, ed è stata vissuta con grande partecipazione dai circa 20 mila fedeli giunti in gran parte dalle regioni del sud. Nell’eccezionalità dell’evento, ai pellegrini è stato più volte ripetuto il messaggio essenziale: Padre Pio, dono per tutta l’umanità, invita ogni uomo a riscoprire il valore della croce come centro della vita cristiana.

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LA COSTITUZIONE PASTORALE “GAUDIUM ET SPES”, LA PROMOZIONE

 DI VALORI SPIRITUALI ED ETICI NEI NUOVI STATI DELL’UNIONE EUROPEA

 ED IL COINVOLGIMENTO DEI CRISTIANI NELLA VITA POLITICA: SONO ALCUNI DEI TEMI AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA DI STUDIO DEL FORUM EUROPEO DEI COMITATI NAZIONALI DEI LAICI IN PROGRAMMA DA DOMANI FINO A MERCOLEDI’ PROSSIMO A FATIMA

 

FATIMA. =  “Le radici spirituali ed etiche del nostro impegno verso le società europee”. E’ questo il tema dell’Assemblea di studio del Forum europeo dei comitati nazionali dei laici che si aprirà domani a Fatima. Tema centrale di questo incontro, che si concluderà mercoledì prossimo, è la costituzione pastorale “Gaudium et Spes” del Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Altri ambiti di discussione verteranno sulla promozione di valori spirituali ed etici nelle società dei nuovi Stati membri dell’Unione Europea, sul coinvolgimento dei cristiani nella vita politica e sul rapporto tra spiritualità e impegno sociale. Sarà anche messa in rilievo l’influenza dei valori cristiani nell’elaborazione della Costituzione Europea. Tra le tematiche che saranno affrontate durante l’Assemblea, figurano inoltre l’ecumenismo, l’evangelizzazione e l’impatto della storia sull’espressione della spiritualità nelle diverse comunità nazionali. Diversi sono i momenti liturgici in programma e tra questi è prevista, domenica prossima, la celebrazione eucaristica nel santuario di Fatima, che sarà presieduta dal patriarca di Lisbona e presidente della Conferenza episcopale portoghese, cardinale José Policarpo. (A.L.)

 

 

UNA SERIE DI FINANZIAMENTI DELLA BANCA MONDIALE ED UN PIANO GOVERNATIVO

 PER AFFRONTARE IL DRAMMA DELLA MISERIA IN ARMENIA. SONO ALCUNE

 DELLE PROSSIME MISURE VOLTE A MIGLIORARE, NEL PAESE ASIATICO,

LE DIFFICILI CONDIZIONI DI VITA DELLA POPOLAZIONE

 

EREVAN. = In Armenia il presidente, Robert Kocharian, ha annunciato un piano di 12 anni per affrontare l’emergenza povertà che affligge il Paese. Questa misura si aggiunge all’impegno della Banca mondiale, il maggior finanziatore dello Stato asiatico, che ha deciso di elargire, dal prossimo mese di novembre, 210 milioni di euro per la costruzione di scuole, infrastrutture e canali di irrigazione. Kocharian conta molto su questi finanziamenti, fondamentali per migliorare le condizioni di vita degli armeni. Più della metà dei cittadini del Paese vive, infatti, sotto la soglia di povertà ed il reddito annuo pro capite è di circa 500 euro. La situazione è molto grave soprattutto nelle regioni periferiche, ma anche nella capitale Everan, dove solo la metà della popolazione dispone di acqua potabile 24 ore al giorno. La piaga della corruzione affligge, inoltre, l’economia interna, un tempo tra le più floride dell’ex Unione sovietica. Proteste popolari tenutesi nei mesi scorsi sembrano aver fatto cambiare l’azione del governo. E l’impegno per un nuovo orientamento politico è stato recentemente messo in luce dal ministro delle Finanze e dell’Economia, Tartan Hachatrian, che ha sottolineato come le riforme per giungere al libero mercato siano “quasi completate”. (A.L.)

 

 

IL MINISTRO PER GLI AFFARI BUDDISTI CINGALESE RASSICURA LE MINORANZE

 CATTOLICA E METODISTA NELLO SRI LANKA: LA PROPOSTA DI LEGGE

 CONTRO LE CONVERSIONI E’ RIVOLTA SOLO ALLE SETTE FONDAMENTALISTE

 

COLOMBO.= La proposta di legge contro le conversioni in Sri Lanka sarebbe diretta ai fondamentalisti e non contro le Chiese cattolica e metodista, da lungo tempo riconosciute nel Paese. Lo afferma il ministro per gli affari buddisti cingalese, Ratnasiri Wickramanayake, in una lettera inviata a Janet Epp Buckingham, direttrice della Confraternita evangelica del Canada (Efc), diffusa ai media e pubblicata dalla stampa indiana. Il disegno di legge intende preservare il buddismo come religione dominante del Paese e ostacolare le conversioni ottenute con mezzi fraudolenti come denaro, assistenza sociale e benefici di ogni tipo. A provocare la reazione del governo e del clero buddista cingalese è stato il comportamento aggressivo delle nuove sette cristiane evangeliche, tra cui rientrerebbe anche la Efc, fondata nel 1964. Si tratta di enti finanziati da fonti straniere che, secondo la stampa, aprono le loro attività in Sri Lanka registrandosi negli elenchi delle organizzazioni non governative e portano avanti una sostenuta campagna di proselitismo tra le categorie più povere dei buddisti e degli indù. Anche le Chiese cattolica e protestante si lamentano dei comportamenti eccessivi delle sette e temono di rimanere, a causa loro, vittime delle misure restrittive che sta mettendo a punto il governo. In un comunicato congiunto diffuso martedì scorso dalla Conferenza episcopale dei vescovi cattolici dello Sri Lanka e dal Concilio nazionale cristiano (protestanti), si esprime il timore che il disegno di legge “apra la strada a un’oppressione delle minoranze religiose nel Paese”. Il ministro Wickramanayake, nella lettera alla Buckingham, ha rassicurato coloro che professano la religione cristiana nel Paese, invitandoli a non temere, “poiché la normativa è solo contro i misfatti di coloro la cui unica ambizione è convertire le persone a un’altra religione con la forza”. (R.M.)

 

 

GLI ALBERI, FONTE DI SOSTENTAMENTO NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO E DI REDDITO PER GLI AGRICOLTORI PIÙ POVERI: E’ UNO DEI TEMI AL CENTRO DEL PRIMO CONGRESSO MONDIALE SULL’AGROSELVICOLTURA CHE SI CONCLUDE OGGI

IN FLORIDA

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

ORLANDO. = Il 75 per cento circa dei poveri del mondo, oltre un miliardo di persone, vive in aree rurali e dipende, per il sostentamento, da modeste risorse agricole e naturali. E’ questo uno degli allarmanti dati di cui si è discusso nel corso del primo Congresso mondiale sull’agroselvicoltura, scienza che studia l’insieme di tecniche per la coltura di piante agrarie e forestali. Nell’incontro che si conclude oggi ad Orlando, in Florida, sono stati analizzati limiti e potenzialità dello sviluppo rurale. “La sicurezza alimentare dei piccoli agricoltori – ha dichiarato durante il convegno un esperto della Fao – è costantemente minacciata dall’impoverimento del suolo, da condizioni climatiche estreme, dalla pressione demografica e da sistemi agricoli inappropriati”. L’organizzazione delle Nazioni Unite sottolinea, con un comunicato, come negli ultimi decenni i piccoli agricoltori, spinti dalla necessità di produrre più cibo, abbiano sfruttato in maniera eccessiva ecosistemi fragili. Secondo l’Agenzia dell’Onu non bisogna sottovalutare, in un contesto così difficile, alcune importanti fonti di sostentamento. Gli alberi che crescono nelle piccole imprese agricole - si legge nel testo -  possono aiutare gli agricoltori più poveri incrementando i loro redditi e migliorando la fertilità del suolo. Nel settore dell’agroselvicoltura la Fao ha realizzato, negli ultimi anni, diversi progetti: in Namibia un piano di due anni ha consentito agli agricoltori del nord del Paese di selezionare e piantare diverse specie di alberi da frutto e di commerciarne i prodotti ricavati. In Vietnam, un altro progetto di diversificazione della produzione agricola ha favorito lo sviluppo agroforestale nella regione di Quang Nam, dove gli agricoltori hanno potuto trarre benefici economici dalla vendita dei loro prodotti.  (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

2 luglio 2004

- A cura di Barbara Castelli -

 

Il terrorismo ha nuovamente scosso la Turchia: 5 civili sono stati uccisi e 21 sono rimasti feriti oggi nell’esplosione di un camion bomba nel sudest del Paese. L’attentato, che mirava ad uccidere il governatore della provincia di Van, rimasto illeso, è stato attribuito dalla polizia ai separatisti curdi del Congra-Gel, l’ex Pkk, che, tuttavia, hanno rifiutato la paternità del gesto. Ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera e analista di questioni mediorientali, abbiamo chiesto i motivi di questa nuova ondata di violenza:

 

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La tregua che era stata proclamata nel ’99, proprio dopo l’arresto e il processo ad Abdullah Ocalan, cioè al capo dei guerriglieri turco-curdi del Pkk, aveva lasciato come sospeso il problema dell’autonomia, o quantomeno dell’autonomia culturale del nord-est che, per i curdi turchi, ha sempre rappresentato un obiettivo al quale arrivare. La tregua rischia di essere intaccata anche dagli squilibri regionali provocati dalla situazione in Iraq: proprio l’agitazione dei curdi nel nord dell’Iraq ha provocato, appunto, un inasprimento degli estremisti che si rifacevano al Pkk di Abdullah Ocalan. Già nel mese di maggio avevano fatto sapere che quella tregua, non scritta ma decisa in fondo non valeva più. Quello di oggi, quindi, al di là di quelle che saranno le indagini giudiziarie, può segnare una ripresa delle operazioni terroristiche nel sud-est del Paese, temuta ovviamente anche dal governo di Erdogan, che in questo momento non ha un rapporto facilissimo proprio con l’istituzione più importante del Paese, cioè le forze armate.

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“Torneremo a colpire l’Europa”: la minaccia è dei terroristi di Al Qaeda, che in un comunicato hanno annunciato la prossima fine della tregua concessa da Bin Laden lo scorso 15 aprile: tre mesi senza attacchi, in cambio del ritiro dall’Iraq. Nel messaggio, pubblicato da un quotidiano londinese in lingua araba e firmato dallo stesso gruppo che rivendicò gli attentati di Madrid dello scorso 11 marzo, si invitano i musulmani residenti in Europa a “trovare il modo di proteggere se stessi e le proprie famiglie”. Scetticismo sull’attendibilità delle minacce, tuttavia, è stato manifestato dalla Germania e dalla Gran Bretagna. Sul senso di questo nuovo comunicato di Al Qaeda, Andrea Sarubbi ha intervistato Maurizio Calvi, presidente del Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo e alla violenza politica (Ceas):

 

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R. - Da un punto di vista politico, direi che si tratta di un messaggio che vuole generare insicurezza nel contesto europeo. Produce più un effetto politico che non un effetto reale. Non rappresenta una minaccia reale. Per quanto riguarda l’Italia, invece, la minaccia è più concreta, nel senso che alcuni giorni fa è stato dichiarato da un Immam che la tregua - i famosi 30 giorni - era terminata e che l’Italia si doveva considerare minacciata. Questo però all’interno del territorio iracheno. Direi che questa minaccia, questa comunicazione ha soltanto un effetto di facciata, ma non ha un contenuto reale.

 

D. - Al di là dell’autenticità di questa minaccia, lei crede che l’11 marzo sia per l’Europa un punto di non ritorno o che, purtroppo, si possa ancora verificare qualcosa di altrettanto grave?

 

R. - Io credo che siano in grado di colpire ovunque e questo è il problema. La minaccia è sempre reale, costante e di conseguenza è una minaccia forte. Così come è accaduto l’11 marzo, eventi drammatici simili si possono ripetere in Europa, come e quando loro vorranno.

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Proseguono le operazioni anti-terrorismo in Arabia Saudita. La polizia locale ha ucciso nella notte due militanti islamici a Riad. Secondo quanto ha riferito l’emittente di Dubai “Al Arabiya”, nel conflitto a fuoco sono rimasti feriti anche due poliziotti. Lo scorso dicembre il ministero dell’Interno saudita aveva pubblicato una lista dei 26 “most wanted” per legami con il terrorismo.

 

Il Pentagono è pronto a scarcerare i detenuti della base militare americana di Guantanamo che non pongono problemi di sicurezza. Lo ha dichiarato ieri il portavoce del Dipartimento della Difesa, Larry Di Rita. L’annuncio fa seguito alla recente sentenza della Corte Suprema americana in base alla quale i detenuti che si trovano nelle celle di Camp Delta hanno il diritto di far ricorso di fronte alle Corti federali statunitensi.

 

La firma dei trattati che recepiranno la futura costituzione europea si svolgerà a Roma il 20 novembre prossimo. Lo ha annunciato oggi il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa con il presidente Jacques Chirac al termine del vertice bilaterale franco-italiano. La firma, ha spiegato il premier, “avverrà nello stesso palazzo e nella stessa sala in cui furono firmati i trattati del 1957”.

 

Procedere alla modifica del tracciato della barriera di sicurezza al confine della Cisgiordania. Lo ha ordinato il premier israeliano Sharon ai vertici militari, nel rispetto dei criteri indicati martedì scorso dalla Corte suprema dello Stato ebraico. I militari, inoltre, secondo quanto ha comunicato il ministro della Difesa Mofaz, rimarranno in una zona cuscinetto nel nord della Striscia, per impedire il lancio di razzi sul territorio israeliano fino al momento del disimpegno dalla stessa Striscia di Gaza, previsto nel 2005. Sul terreno, intanto, due palestinesi sono stati uccisi stamani nel sud della Striscia di Gaza in scontri con i soldati israeliani.

 

Tra Stati Uniti e Corea del Nord c’è ancora diffidenza. Lo ha detto a Giakarta il segretario di Stato americano, Colin Powell, dopo il colloquio avuto oggi con il ministro degli Esteri di Pyongyang, Paek Nam Sun, sulla questione del programma nucleare del Paese comunista. L’incontro è avvenuto in Indonesia a margine della conferenza dell’Asean sulla sicurezza. “Questi sono negoziati difficili - ha detto Powell - non si risolvono dall’oggi al domani. Esiste una grande sfiducia fra gli Stati Uniti e la Corea del Nord”

 

Nessuno vi obbligherà a tornare a casa senza che prima sia stata garantita la sicurezza. Con queste parole il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ieri al campo profughi di Zam Zam, in Sudan, ha rassicurato gli sfollati del Darfur, la regione occidentale del Paese africano dove da anni è in corso un conflitto interetnico. Dei profughi sudanesi, scampati alla furia delle milizie arabe janjaweed, Annan ha parlato anche in Ciad, dove si è recato nel pomeriggio. I ribelli della regione sudanese, intanto, hanno reso noto che non parteciperanno ai colloqui di pace che prendono il via oggi in Ciad e hanno accusato il governo di Khartoum di aver violato il cessate-il-fuoco siglato lo scorso aprile. Ma perché quella del Darfur è stata giudicata dall’Onu “la più grave crisi umanitaria al mondo”? Giada Aquilino lo ha chiesto a Massimo Alberizzi, inviato speciale de “Il Corriere della Sera”, appena rientrato dal Darfur:

 

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R. – Perché è una crisi dimenticata. Da un punto di vista umanitario, c’è da segnalare la mancanza di aiuti, di cibo e di acqua. Tra l’altro, al sud è già iniziata la stagione delle piogge. C’è da dire, inoltre, che non arrivano gli aiuti internazionali e i finanziamenti per gli aiuti internazionali, perché gli occhi sono focalizzati sull’Iraq e nel Darfur si invia poca roba. Da qui l’appello di Kofi Annan, perché si risolva il conflitto. Da una parte, ha chiesto al governo sudanese di disarmare le milizie arabe pro-governative e, dall’altra, ha chiesto ai Paesi denaro per aiutare la popolazione che sta morendo di fame.

 

D. – Quali sono le ragioni di questo conflitto?

 

R. – E’ un conflitto dovuto al fatto che c’è uno scontro tra i neri di origine africana, che sono musulmani e sono coltivatori, e gli arabi, che sono anche loro musulmani ma pastori. I campi coltivati vengono invasi dalle mandrie, perché non trovano pascoli e, quindi, le mandrie arrivano e mangiano quello che i contadini coltivano. I pastori cercano di impadronirsi in questo modo di un territorio più vasto, sottraendolo ai contadini. A questo si aggiunge poi la violenza e il genocidio, perché gli arabi considerano i neri una razza di schiavi.

 

D. – Quali sono le condizioni degli sfollati del Darfur che si dirigono verso il Ciad?

 

R. – In Ciad le condizioni sono sicuramente migliori di quelle in Sudan. Prima di tutto, ad esempio, in Ciad, in qualche modo, gli aiuti possono arrivare.

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Nella notte la Turchia è stata colpita da un violento terremoto, nella provincia nord-orientale di Agri. Pesante il bilancio: 18 morti e una cinquantina di feriti, oltre ad interi villaggi distrutti. La Turchia non è nuova a queste scosse sismiche: nel 1999 furono 18 mila le persone uccise da un terremoto nella parte nord-occidentale del Paese

 

Speranze di pace in Colombia. Sono iniziati ieri formalmente a Santa Fe de Ralito, 800 chilometri a nord di Bogotà, i negoziati tra il governo e le Autodifese Unite di Colombia (Auc), i gruppi paramilitari di destra. Dell’Auc fanno parte almeno 20.000 uomini, che dovrebbero smobilitarsi qualora andassero in porto le trattative.

 

Il colosso informatico statunitense Microsoft ha pagato la multa record di 497,2 milioni di euro, inflitta lo scorso 24 marzo dalla Commissione europea per abuso di  posizione dominante. Lo ha annunciato un portavoce della Commissione di Bruxelles, precisando che il pagamento è stato effettuato con un versamento in contanti su un conto bloccato dell’esecutivo Ue.   

 

 

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