RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 184 - Testo della trasmissione di venerdì 2 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Aperta al culto la nuova Chiesa dedicata a San Pio
da Pietrelcina
Si conclude oggi in Florida il primo Congresso mondiale sull’agroselvicoltura
Al Qaeda torna a minacciare l’Europa di attentati
terroristici, mentre in Turchia un attentato causa la morte di 5 persone
In Medio Oriente il premier israeliano Sharon
chiede la modifica del tracciato del muro in Cisgiordania.
2
luglio 2004
CATTOLICI E ORTODOSSI HANNO BISOGNO DI SEGNI DI
COMUNIONE:
E’ L’ESORTAZIONE DEL PAPA NEL SALUTO DI CONGEDO AL
PATRIARCA ECUMENICO
DI COSTANTINOPOLI BARTOLOMEO I,
CHE HA CONCLUSO OGGI LA SUA VISITA A ROMA.
NOSTRA INTERVISTA CON IL
PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI
- Intervista con il Patriarca ecumenico di
Costantinopoli, Bartolomeo I -
Tra cattolici e ortodossi, c’è grande bisogno di
“segni di comunione”: è quanto sottolineato dal Papa nel saluto di congedo al
Patriarca Bartolomeo I, partito circa due ore fa alla volta di Istanbul, a
conclusione della visita a Roma. Evento, questo, di grande rilevanza sul
cammino ecumenico. Nel saluto al Patriarca – reso noto stamani dalla Sala
Stampa della Santa Sede – il Papa ha espresso la sua “riconoscenza” a
Bartolomeo I ed ha evidenziato come il loro incontro abbia “permesso di mostrare ai fedeli
un segno vivo di fraternità e di confermare il proposito di progredire con
decisione verso la meta della piena unità”. Giovanni Paolo II ha, così,
ripercorso i momenti salienti della visita del Patriarca a Roma: in particolare
ha messo l’accento sulla firma della
Dichiarazione comune e la consegna in uso al Patriarcato ecumenico della chiesa di san
Teodoro al Palatino, affidata alla comunità greco ortodossa di Roma. Tutto
questo - ha detto il Papa - “è dono di Dio. Ed è bello che i fratelli vivano
insieme in questa comune riconoscenza verso Colui che è il ‘Padre della luce’
dal quale discende ‘ogni buon regalo e ogni dono perfetto’”.
Ieri pomeriggio, il Patriarca ecumenico di
Costantinopoli, Bartolomeo I, ha rilasciato un’intervista al nostro Giovanni
Peduto raccontando innanzitutto i suoi sentimenti dopo l’incontro con il Santo Padre:
**********
R. – Ottimi. Questa volta ci siamo incontrati, con Sua
Santità il Papa, per la terza volta, dopo il ’95, quando ho realizzato la mia
visita ufficiale da lui, e dopo il 2002, quando sono venuto per la Giornata di
Preghiera per la pace ad Assisi. Ma posso dire senza voler sottovalutare le mie
prime due visite a Roma, che questo incontro è stato più commovente, più umano,
più fraterno. E questo l’ho sentito soprattutto nel giorno conclusivo, quando
ci siamo incontrati di nuovo con il Papa, abbiamo firmato la Dichiarazione
comune e poi abbiamo pranzato insieme, abbiamo vissuto l’agape insieme. E ho
avuto l’occasione di invitarlo a visitarci a Istanbul: per lui sarebbe la
seconda occasione, dopo il 1979, quando fece visita al mio predecessore, il
Patriarca Dimitrios I. Il Papa è stato molto contento, secondo la mia
impressione, di accettare questo invito. Naturalmente, deve parlare con i suoi
collaboratori, ma la sua prima reazione è stata positiva. Era molto lieto,
molto contento, ed io di più. La prospettiva di accoglierlo da noi, a
Costantinopoli, prima sede dell’ortodossia, e di poter quindi programmare
insieme i nostri passi verso l’avvenire, verso il futuro delle nostre
relazioni. Del contenuto di questo nostro terzo incontro, posso dire che è
stato piuttosto di natura spirituale che protocollare. Ho questa impressione e
come ho detto nella mia omelia sulla piazza di San Pietro, in questo momento,
in questa tappa, l’unità, gli sforzi verso l’unità sono un evento spirituale,
un evento di preghiera. E, quindi, questo incontro tra il Papa e la mia umile
persona è stato realizzato in questa atmosfera, in questo spirito. Perciò torno
alla mia sede molto commosso e molto contento e molto ottimista per il futuro
delle nostre relazioni.
D. – Come vede lei oggi, Santità, le relazioni tra
cattolici e ortodossi e quali sono i suoi auspici per il futuro?
R. – Le note difficoltà esistono ancora, ma c’è da ambedue
le parti la buona volontà di avanzare, di continuare il dialogo, senz’altro.
C’è la volontà di non interrompere il dialogo. Durante la nostra conversazione
con il Papa e durante le nostre conversazioni con il Pontificio Consiglio per
l’Unità dei Cristiani abbiamo messo in rilievo e sottolineato di nuovo la
nostra decisione di trovare le vie ed i mezzi per riprendere il dialogo
teologico, che è passato attraverso una crisi, se così posso dire, dopo Baltimora.
Adesso abbiamo parlato con il cardinale Kasper, il presidente del Consiglio per
l’Unità, ed i suoi collaboratori ed abbiamo fissato alcuni punti, alcuni metodi
per poter uscire dalle difficoltà presenti e continuare senz’altro il dialogo.
Il dialogo è la sola possibilità offertaci per poter risolvere i problemi che
esistono ancora tra di noi. L’amicizia esiste, la fratellanza esiste ed esiste
anche la decisione di avanzare e migliorare le relazioni. Bisogna discutere in
profondità il primato del Vescovo di Roma, l’infallibilità, la posizione del
Vescovo di Roma nella struttura della Chiesa cristiana nel suo insieme, perché
lì si trovano i punti più difficili nelle nostre relazioni, che impediscono
ancora la piena comunione, la partecipazione allo stesso Calice.
D. – Quale significato ha avuto per la Comunità ortodossa
di Roma l’inaugurazione della chiesa di San Teodoro?
R. – Come ho detto a Sua Santità il Papa, durante il
pranzo comune, questo è stato un gesto concreto di amicizia e fratellanza tra
le nostre Chiese. Ho ringraziato, naturalmente, lui stesso e la venerata Chiesa
di Roma. E ho detto che gesti di questo genere sono un contributo essenziale al
nostro dialogo perché dimostrano che non ci limitiamo alle parole, ma
procediamo anche con atti coraggiosi, simbolici, pieni di senso ed importanza.
Quando abbiamo ‘inaugurato’ – per così dire – ufficialmente la chiesa di San
Teodoro al Palatino, la gente, e cioè ortodossi ma anche cattolici che avevano
partecipato alla cerimonia, era entusiasta. Erano presenti due cardinali
insieme con altri prelati cattolici e hanno partecipato alla nostra gioia. Ho
ringraziato ufficialmente Sua Santità il Papa e la Chiesa di Roma. In futuro,
la sacra arcidiocesi greco-ortodossa qui in Italia, che avrà a sua disposizione
questa chiesa come simbolo di amicizia e di fratellanza, sarà testimone di
questo legame spirituale che ci unisce in modo particolare qui, nella Città
eterna. Penso che questo gesto di Sua Santità il Papa sarà molto apprezzato al
di là del Patriarcato ecumenico e di questa sua arcidiocesi: sarà apprezzato da
tutta l’Ortodossia e sarà un esempio da imitare nelle relazioni ecumeniche, perché
concretizza la buona volontà e la fratellanza in nomine Domini.
**********
SODDISFAZIONE
IN VATICANO PER L’APPROVAZIONE IERI, ALL’UNANIMITA’,
DA
PARTE DELL’ASSEMBLEA DELL’ONU DELLA RISOLUZIONE CHE
RIBADISCE
IL
RUOLO DI “OSSERVATORE PERMANENTE” ATTRIBUITO ALLA SANTA SEDE
IN
MODO PIU’ CHIARO E FAVOREVOLE
-
Intervista con mons. Celestino Migliore -
Soddisfazione
in Vaticano per l’approvazione ieri all’unanimità da parte dell’Assemblea
dell’ONU, della risoluzione che ribadisce il ruolo di “Osservatore permanente”
attribuito alla Santa Sede. Dopo circa 40 anni di partecipazione ai lavori
delle Nazioni Unite, viene quindi consolidato lo statuto. In quali termini lo
spiega, nell’intervista realizzata a New York da Paolo Mastrolilli,
l’Osservatore permanente della Santa Sede, l’arcivescovo Celestino Migliore:
**********
D. – L’arcivescovo Celestino Migliore è l’Osservatore
Permanente della Santa Sede all’Onu. L’Assemblea generale ha approvato una
risoluzione circa la partecipazione della Santa Sede ai lavori delle Nazioni
Unite. Cosa significa questa risoluzione: vuol dire che la Santa Sede cambia il
suo statuto?
R. – No, non cambia lo statuto, che pertanto rimane quello
di Osservatore, ma lo precisa e lo rinforza. Non si tratta di una novità
assoluta, perché da 40 anni ormai la Santa Sede partecipa ai lavori dell’Onu.
Lo statuto di Osservatore si basava su un diritto consuetudinario più che
scritto, mentre ora sarà scritto. Inoltre, alcune modalità previste finora non
facilitavano una partecipazione fluida ed efficace, perciò si è chiesto ed
ottenuto che l’Assemblea accordasse uno statuto più chiaro e favorevole.
Adesso, per esempio, potremo intervenire senza dover attendere il permesso dei
gruppi regionali; potremo far circolare i nostri documenti come documenti di
lavoro dell’Assemblea generale; avremo il diritto di risposta, qualora ci fosse
un riferimento alla Santa Sede ... E quindi è una partecipazione molto più
piena, molto più fluida, in base ad uno statuto che è riconosciuto da 191
Paesi.
D. – Perché la Santa Sede non ha chiesto invece lo statuto
a pieno titolo dell’Onu?
R. – Essenzialmente perché la Santa Sede è interessata a
seguire ed a partecipare ai lavori dell’Onu più nel suo aspetto di tribuna
mondiale che non in quello della global governance.
D. – Questo passo potrebbe significare che la Santa Sede
esclude una futura adesione a pieno titolo all’Onu?
R. – Direi che né spirito né lettera della risoluzione in
oggetto lasciano trasparire nulla di questo. Il senso di questo passo va
cercato piuttosto nella volontà della Santa Sede di offrire il proprio
contributo, con appropriate modalità di partecipazione, ai lavori dell’Onu. Ad
un attento esame dei requisiti della Carta dell’Onu non si vedono preclusioni
per una piena adesione della Santa Sede all’Onu. Si tratta piuttosto di una
valutazione di convenienza che deve tener conto di tanti aspetti, primi fra
tutti la sua missione, e la missione della Santa Sede è precipuamente
spirituale e morale.
D. – Nel passato recente ci sono state iniziative, anche
raccolte di firme, per contrastare la presenza della Santa Sede nell’Onu. Che
rapporto ha tutto questo con la presente risoluzione?
R. – L’iniziativa cui lei si riferisce viene portata
avanti su presupposti per lo più ideologici, da gruppi di interesse contrari
alle convinzioni e alle posizioni che la Santa Sede mantiene su questioni
attinenti alla vita. Ora lo status di membro o di “osservatore” all’Onu viene
regolato su argomenti di carattere giuridico e non ideologico ed è giusto che
sia così. Questa è una garanzia democratica che permette la partecipazione al
dibattito a tutti i membri della comunità internazionale, che possono avere, e
spesso hanno, interessi e posizioni divergenti ma che si riuniscono a dibattere
e negoziare per comporre pacificamente, e nell’interesse del bene comune, le
loro divergenze e differenze.
D. – Come è stata accolta la vostra proposta dai 191 Paesi
membri dell’Onu?
R. – Personalmente, ho portato avanti questa iniziativa
con grande soddisfazione, perché nel contatto diretto con i dirigenti dell’Onu
e i rappresentanti dei Paesi membri ho ricevuto molte attestazioni di
apprezzamento e di appoggio per il contributo che il Papa e la Santa Sede
stanno dando alla causa della pace e della cura dell’intera umanità. Ovviamente,
si è data spesso l’occasione di illustrare o di mettere meglio in chiaro alcuni
passaggi della risoluzione dal punto di vista per lo più procedurale e
giuridico. Ma devo dire che non ho registrato insormontabili riserve, timori o
esitazioni di carattere ideologico.
**********
INTERVENTO
DELLA SANTA SEDE AL CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE
DELLE
NAZIONI UNITE (ECOSOC), RIUNITO A NEW YORK PER VALUTARE
IL
PROGRAMMA D’AZIONE PER I PAESI MENO SVILUPPATI NELLA DECADE 2001-2010
-
Servizio di Roberta Gisotti -
**********
“Il povero non può aspettare”, è il monito di Giovanni
Paolo II, che Mary Ann Glendon, capo della delegazione vaticana, ha ripetuto
con vigore al Consiglio economico e sociale dell’Onu. “Nessuno può negare – ha
detto – che la sfida da affrontare, che spesso appare essere il ciclo della
povertà che si autoperpetua, specialmente nei Paesi meno sviluppati (Ldc), è
formidabile.” Inoltre “la globalizzazione ha accelerato lo smembramento di
interi sistemi di vita”, lavorativi e familiari. “Nuove forme di povertà sono
emerse” e colpiscono sempre più donne e bambini. “Il mondo oggi sta andando
verso una fase caotica”, densa di pericoli e promesse. “E quelli più a rischio
nel mezzo di questa turbolenza economica e sociale sono spesso i più ignorati”.
Sono 700 milioni di poveri – ha ricordato la Glendon – che vivono in 50 Paesi
meno sviluppati. Gran parte di questi sono afflitti da conflitti o sono usciti
da guerre negli ultimi 15 anni.
Per questo “senza un serio impegno delle Nazioni
sviluppate a fare la loro parte di sacrificio, questi Paesi continueranno ad
essere intrappolati nelle loro attuale difficile situazione”. In parallelo ci
vuole un maggiore sforzo per costruire una competenza locale in grado di
preparare e realizzare gli investimenti e di monitorare, attraverso procedure
trasparenti e credibili, come le risorse vengano spese. E cosi anche la
comunità internazionale dovrebbe continuare a cercare modi e strumenti per una
giusta distribuzione dei profitti e per stabilire condizioni che possano
assicurare un vero sviluppo, sempre rispettoso della dignità umana. “Ciò che è
necessario – ha concluso la Glendon – è un cambiamento del cuore, perché la
comunità internazionale possa essere sempre più coraggiosa, più generosa, più
creativa, più energica nel suo sforzo per porre fine una volta per tutte alla
divisione del mondo in aree di povertà e di abbondanza”
**********
=======ooo=======
OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"Progredire con decisione verso la piena unità tra cattolici e
ortodossi": la riconoscenza e la speranza del Santo Padre a conclusione
della visita del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli.
Sempre in prima il comunicato
dal titolo "L'assemblea generale delle Nazioni Unite adotta per
acclamazione una Risoluzione sulla partecipazione della Santa Sede ai lavori
dell'Onu.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.
Nelle estere, in evidenza
l'Iraq, con particolare attenzione all'avvenimento della comparsa di Saddam
Hussein davanti ad un giudice, in un'aula di tribunale - a Baghdad - in occasione
dell'udienza preliminare del processo.
Nella pagina culturale, una
recensione di Francesco Licinio Galati sul libro di Ugo Riccarelli "Il
dolore perfetto", che ha vinto il Premio Strega 2004.
Per la rubrica
"Oggi", una riflessione di Franco Patruno dal titolo "La danza
del ventre epicentro di discipline scientifiche, umanistiche e
turistiche": all'esame di maturità a Torino.
Nelle pagine italiane, governo:
accordo solo sulla manovra; più tempo per la verifica.
=======ooo=======
2
luglio 2004
LE FOTO DEL PROCESSO CONTRO SADDAM HUSSEIN HANNO FATTO IL GIRO DEL MONDO,
MENTRE CONTINUA LA VIOLENZA IN IRAQ.
RIMESSI
IN LIBERTA’ DALLA GUERRIGLIA DUE CITTADINI TURCHI
-
Intervista con Alberto Negri e Hans Blix -
In Iraq
la guerriglia ha rilasciato
stamani due cittadini turchi, da giorni nelle mani dei combattenti, dopo che la
società per la quale lavorano ha fatto sapere che ritirerà tutti i suoi
dipendenti dal Paese. In Iraq, tuttavia, prosegue la violenza. Fortissime
esplosioni sono avvenute alle prime luci dell’alba a Baghdad. Le deflagrazioni
sono state causate da razzi lanciati nei pressi di una moschea e hanno causato
due feriti. La Giordania, intanto, si è detta disposta a inviare le proprie
truppe in Iraq, se il governo provvisorio iracheno lo chiederà. Sulle pagine
dei quotidiani, comunque, oggi tiene banco il processo contro Saddam Hussein.
Sull’ex Rais pendono sette capi di imputazione per crimini
contro l’umanità, genocidio e crimini di guerra. Accuse che Saddam ha respinto,
criticando la Corte, il presidente Bush e i kuwaitiani. Con l’ex dittatore
iracheno, hanno sfilato ieri davanti ai giudici le figure più note del regime:
dall’ex vice premier, Tareq Aziz, ad Alì il chimico. Per molti osservatori
internazionali, l’inizio del processo a Saddam Hussein e ai suoi fedelissimi
rappresenta uno spartiacque tra il vecchio Iraq e quello nuovo. Andrea Sarubbi
ne ha parlato con Alberto Negri, inviato a Baghdad de “Il Sole 24 ore”:
**********
R. - Quando ho visto Saddam Hussein alla sbarra davanti al
giudice, mi è venuta in mente una frase che lui ripeteva ogni tanto. Diceva:
“La legge, in questo Paese, è una mia frase con la mia firma sotto”. Era con
queste parole, insomma, che Saddam Hussein liquidava gli affari di Stato.
Vederlo davanti ad un giudice, cioè davanti alla legge, quella vera, non la
sua, a mio parere è stato un evento storico per tutti. E’ stato un po’ lo
spartiacque tra il passato e il presente, tra l’Iraq di cui Sadam Hussein
reclama di essere ancora presidente e un Iraq nuovo, un Iraq ancora difficile
da definire. Certamente però non è più l’Iraq di Saddam Hussein.
D. - La Corte che giudica Saddam non è una Corte
internazionale, come per esempio quella dell’Aja con Milosevic: è una corte
irachena. Qualcuno ha avuto da obiettare su questo ...
R. - Certo! Ci sono i dubbi sul fatto che si tratti di una
Corte non indipendente. Una Corte internazionale avrebbe avuto forse più
garanzie per l’imputato, ma è sicuramente un processo che si è aperto con una
sua legittimità, molto più di quel furtivo trasferimento di sovranità che è
stato l’addio di Bremer all’Iraq. Questo processo può essere importante per gli
iracheni sia per liquidare il passato, sia per prendere le distanze da un certo
metodo di fare giustizia.
D. - Quindi, secondo te, il processo si svolgerà
regolarmente fino alla fine?
R. - Credo di sì, per lo meno perché questa Corte
effettivamente è irachena, ma è stata insediata con l’aiuto tecnico molto
consistente anche degli americani. Bisognerà vedere se il governo avrà
politicamente la forza di portarlo avanti. Ricordiamoci che Allawi vuole
presentarsi come nuovo primo ministro, come il nuovo “uomo forte”. In Medio
Oriente, di solito, sotto lo stesso cielo non convivono mai due raìs
allo stesso tempo, anche se uno è un “ex” ed è in carcere ...
**********
Intanto
il trasferimento dei poteri al nuovo governo iracheno non sembra frenare
l’escalation degli attentati. “Siamo in una fase molto delicata e difficile”
spiega ai nostri microfoni Hans Blix, responsabile degli ispettori Onu inviati
in Iraq alla vigilia del conflitto e che hanno lasciato il Paese senza trovare
armi di distruzioni di massa:
**********
I THINK
UNITED STATES WOULD LIKE…
“Gli Stati Uniti vorrebbero che la nuova autorità, il
nuovo governo iracheno assumessero determinati compiti per ristabilire la pace.
E’ abbastanza difficile arrivare all’equilibrio giusto tra la presenza
americana e il ruolo della nuova autorità. Molto dipenderà da una serie di fattori,
fra cui la rispettabilità di cui godrà questo nuovo governo iracheno. Noi
naturalmente abbiamo la speranza che si possa arrivare presto ad indire delle
libere elezioni. Ma, partendo da una situazione come quella dell’Iraq in
passato, arrivare a ristabilire la democrazia non è certamente una cosa facile.
**********
LE
SFIDE DELL’EDUCAZIONE AL CENTRO DEL SIMPOSIO EUROPEO SULLA SCUOLA
PROMOSSO DALLA CEI IN COLLABORAZIONE CON LE
CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA. SI E’ APERTO IERI POMERIGGIO A ROMA E SI CONCLUDERA’
DOMENICA
- Intervista con mons. Cesare Nosiglia -
Problemi e obiettivi nel campo dell’educazione sono da
ieri pomeriggio oggetto di dibattito al Simposio europeo sulla scuola promosso
a Roma dalla Commissione della Cei per l’educazione cattolica, in
collaborazione con Problemi e obiettivi nel campo dell’educazione sono da ieri
pomeriggio oggetto di dibattito al Simposio europeo sulla scuola promosso a
Roma dalla Commissione della Cei per l’educazione cattolica, in collaborazione
con il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, Ccee, e con la
Commissione degli episcopati della Comunità Europea, Comece. “Le sfide
dell’educazione. Recuperi, promesse, impegni” è il titolo del Convegno cui
prendono parte studiosi, docenti, genitori, operatori di pastorale nel campo
della formazione e anche il ministro dell’Istruzione in Italia, Letizia
Moratti. Al microfono di Debora Donnini, mons. Cesare Nosiglia, presidente
della Commissione Cei per l’educazione cattolica, spiega come la Chiesa
italiana pensa di essere presente oggi in questo campo:
il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, Ccee, e
con la Commissione degli episcopati della Comunità Europea, Comece. “Le sfide
dell’educazione. Recuperi, promesse, impegni” è il titolo del Convegno cui prendono
parte studiosi, docenti, genitori, operatori di pastorale nel campo della
formazione e anche il ministro dell’Istruzione in Italia, Letizia Moratti. Al
microfono di Debora Donnini, mons. Cesare Nosiglia, presidente della
Commissione Cei per l’educazione cattolica, spiega come la Chiesa italiana
pensa di essere presente oggi in questo campo:
**********
R. – La
riforma della scuola in atto offre anche possibilità di collaborazione tra
famiglia, scuola, comunità territoriale. Questo però comporta una qualificazione
dei nostri operatori, una capacità di proposta e soprattutto l’impegno della
comunità cristiana locale, perché la scuola fa parte di quel tessuto composto
dalle parrocchie, dalle associazioni, dai movimenti e dalle tante realtà che
possono entrare in collaborazione con la scuola, superando quella estraneità
che si è determinata in questi ultimi decenni.
D. – Ci sono quattro temi fondamentali su cui voi
discutete: la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche; la
costruzione dell’identità; economia, lavoro, educazione; e poi
interculturalità…
R. –
La scienza e la tecnica sono importanti, ma non possono mai disattendere quella
che è la dignità della persona umana. Qui nasce allora il discorso
dell’identità. E’ importante che l’educazione faccia emergere quali sono i
contenuti fondamentali per dare ad una personalità giovanile i fondamenti del
suo presente e del suo futuro. E qui entra in gioco anche il discorso etico. Un
persona deve aprirsi anche alla dimensione religiosa. Il tema dell’economia e
del lavoro è fondamentale oggi perché nei nostri Paesi stanno cambiando
notevolmente gli scenari, proprio in seguito alla mobilità del lavoro. E’
importante incoraggiare la dimensione della formazione professionale. La
riforma questo ce lo dice. Però non possiamo semplicemente pensare alla scuola
ad un livello di avviamento al lavoro. Questo discorso di rapporto con il
lavoro deve partire dalla formazione di una personalità che sappia poi
umanizzare il lavoro. Ed infine c’è il rapporto tra l’intercultura e
l’educazione, perché ormai siamo in un mondo dove il fenomeno migratorio ha
proporzioni crescenti. E’ decisivo porsi questo problema in chiave positiva,
tenendo conto proprio che l’identità del nostro popolo va sempre salvaguardata,
ma occorre aprirsi alla conoscenza sempre maggiore delle altre identità con cui
dialogare, per costruire una società veramente unita, promotrice di
riconciliazione.
**********
“IL SOGNO”
E’ IL FILO CONDUTTORE DELLA NUOVA EDIZIONE DEL RAVELLO FESTIVAL.
LA
MANIFESTAZIONE HA PRESO IL VIA NEI GIORNI SCORSI NELLA LOCALITA’ CAMPANA
ED
OFFRE APPUNTAMENTI FINO AL 22 SETTEMBRE PROSSIMO
-
Intervista con Lorenzo Ferrero -
E’ dedicata al tema del “Sogno” l’edizione 2004 del
Ravello Festival, che ha preso il via nei giorni scorsi nella località campana
per concludersi il 22 settembre prossimo. L’iniziativa, nata nel 1953 come
Festival Wagneriano, il più antico in Italia dopo il Maggio Musicale
Fiorentino, si presenta dal 2003 in una veste del tutto rinnovata. Attraverso
un’offerta culturale ampia e diversificata, il Ravello Festival interpreterà
quest’anno i sogni della musica, dell’arte, dello spettacolo, della scienza,
dell’ecologia, della filosofia, della sociologia, della letteratura e
dell’economia. Ma quali sono gli eventi più importanti di questi novanta giorni
di celebrazioni? Barbara Castelli lo ha chiesto al maestro Lorenzo Ferrero,
direttore generale del Festival:
**********
R. – Siamo un festival interdisciplinare, che tocca
diversi punti e diversi aspetti non soltanto musicali, anche se tutto ruota
intorno alla musica. Abbiamo scelto per l’inaugurazione l’Orchestre
Philharmonique de Nice, diretta da Marco Guidarini. Ci sono poi altri
appuntamenti con l’Orchestra della Radiotelevisione ungherese e un concerto di
rivisitazione della tradizione napoletana di Peppe Barra. Gli appuntamenti sono
numerosi e interessanti, animati da innumerevoli artisti: 860, di circa 25-30
Paesi del mondo.
D. – Ancora una volta, quindi, il Ravello Festival si
presenta con una serie variegata di iniziative. Quest’anno, il tema conduttore
sarà “Il sogno”. Quanto ancora, oggi, la musica fa sognare?
R. – La musica fa sicuramente sognare sempre, se uno vuole
sognare. Una delle cose caratteristiche, descritta ampiamente dagli psicologi,
è proprio il fatto che la musica stimola immagini simili a quelle del sogno,
che spesso si ha difficoltà ad identificare. L’esperienza realizzata con alcuni
studi nell’ambito della psicoacustica, inoltre, dimostra che se un gruppo di 20
persone viene invitato a fare un disegno su un pezzo di Debussy, ad esempio,
tutti realizzano lo stesso disegno. Evidentemente, quindi, ci sono dei
meccanismi molto interessanti, da questo punto di vista, ancora da studiare.
D. – Il 27 agosto ci sarà un convegno su “Etica e finanza”,
un binomio piuttosto insolito: “economia e sogno” ...
R. – “Economia e sogno”, ma anche “economia e morale”. Il
fatto che le due cose si coniughino è un problema che è diventato prioritario,
proprio sulla base delle cronache degli ultimi mesi sui vari “crack”.
Riflettiamo, quindi, su questo tema per capire come può, e come deve essere, il
rapporto tra la finanza e i clienti nel rispetto della correttezza morale.
**********
=======ooo=======
2
luglio 2004
APERTA AL CULTO LA NUOVA CHIESA DEDICATA A SAN PIO
DA PIETRELCINA.
FINANZIATA
DALLE DONAZIONI DEI FEDELI,
LA
CHIESA OSPITA 6500 POSTI A SEDERE E 2 MILA IN PIEDI
- A
cura di Maria Pia Picciafuoco -
**********
SAN
GIOVANNI ROTONDO. = Sembrava una meta lontana e invece finalmente è arrivato
ieri a San Giovanni Rotondo il giorno della dedicazione della nuova chiesa di
San Pio da Pietrelcina. Il Papa ha inviato due doni: l’indulgenza plenaria e
uno splendido ostensorio. Il rito della consacrazione del nuovo edificio è
stato presieduto da mons. Domenico D’Ambrosio, arcivescovo di
Manfredonia-Vieste - San Giovanni Rotondo e delegato pontificio. La liturgia,
ricca di gesti simbolici, come la
benedizione delle acque del fonte battesimale, ha anche esaltato le belle forme
dell’opera dell’architetto, Renzo Piano, ed è stata vissuta con grande partecipazione
dai circa 20 mila fedeli giunti in gran parte dalle regioni del sud.
Nell’eccezionalità dell’evento, ai pellegrini è stato più volte ripetuto il
messaggio essenziale: Padre Pio, dono per tutta l’umanità, invita ogni uomo a
riscoprire il valore della croce come centro della vita cristiana.
**********
LA
COSTITUZIONE PASTORALE “GAUDIUM ET SPES”, LA PROMOZIONE
DI VALORI SPIRITUALI ED ETICI NEI NUOVI STATI
DELL’UNIONE EUROPEA
ED IL COINVOLGIMENTO DEI CRISTIANI NELLA VITA
POLITICA: SONO ALCUNI DEI TEMI AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA DI STUDIO DEL FORUM EUROPEO
DEI COMITATI NAZIONALI DEI LAICI IN PROGRAMMA DA DOMANI FINO A MERCOLEDI’ PROSSIMO
A FATIMA
FATIMA. = “Le
radici spirituali ed etiche del nostro impegno verso le società europee”. E’
questo il tema dell’Assemblea di studio del Forum europeo dei comitati
nazionali dei laici che si aprirà domani a Fatima. Tema centrale di questo incontro,
che si concluderà mercoledì prossimo, è la costituzione pastorale “Gaudium et
Spes” del Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Altri ambiti di
discussione verteranno sulla promozione di valori spirituali ed etici nelle
società dei nuovi Stati membri dell’Unione Europea, sul coinvolgimento dei cristiani
nella vita politica e sul rapporto tra spiritualità e impegno sociale. Sarà
anche messa in rilievo l’influenza dei valori cristiani nell’elaborazione della
Costituzione Europea. Tra le tematiche che saranno affrontate durante
l’Assemblea, figurano inoltre l’ecumenismo, l’evangelizzazione e l’impatto
della storia sull’espressione della spiritualità nelle diverse comunità
nazionali. Diversi sono i momenti liturgici in programma e tra questi è
prevista, domenica prossima, la celebrazione eucaristica nel santuario di
Fatima, che sarà presieduta dal patriarca di Lisbona e presidente della
Conferenza episcopale portoghese, cardinale José Policarpo. (A.L.)
UNA
SERIE DI FINANZIAMENTI DELLA BANCA MONDIALE ED UN PIANO GOVERNATIVO
PER AFFRONTARE IL DRAMMA DELLA MISERIA IN
ARMENIA. SONO ALCUNE
DELLE PROSSIME MISURE VOLTE A MIGLIORARE, NEL
PAESE ASIATICO,
LE
DIFFICILI CONDIZIONI DI VITA DELLA POPOLAZIONE
EREVAN. = In Armenia il presidente, Robert Kocharian, ha
annunciato un piano di 12 anni per affrontare l’emergenza povertà che affligge
il Paese. Questa misura si aggiunge all’impegno della Banca mondiale, il
maggior finanziatore dello Stato asiatico, che ha deciso di elargire, dal
prossimo mese di novembre, 210 milioni di euro per la costruzione di scuole, infrastrutture
e canali di irrigazione. Kocharian conta molto su questi finanziamenti,
fondamentali per migliorare le condizioni di vita degli armeni. Più della metà
dei cittadini del Paese vive, infatti, sotto la soglia di povertà ed il reddito
annuo pro capite è di circa 500 euro. La situazione è molto grave soprattutto
nelle regioni periferiche, ma anche nella capitale Everan, dove solo la metà
della popolazione dispone di acqua potabile 24 ore al giorno. La piaga della
corruzione affligge, inoltre, l’economia interna, un tempo tra le più floride
dell’ex Unione sovietica. Proteste popolari tenutesi nei mesi scorsi sembrano
aver fatto cambiare l’azione del governo. E l’impegno per un nuovo orientamento
politico è stato recentemente messo in luce dal ministro delle Finanze e
dell’Economia, Tartan Hachatrian, che ha sottolineato come le riforme per
giungere al libero mercato siano “quasi completate”. (A.L.)
IL
MINISTRO PER GLI AFFARI BUDDISTI CINGALESE RASSICURA LE MINORANZE
CATTOLICA E METODISTA NELLO SRI LANKA: LA
PROPOSTA DI LEGGE
CONTRO LE CONVERSIONI E’ RIVOLTA SOLO ALLE
SETTE FONDAMENTALISTE
COLOMBO.=
La proposta di legge contro le conversioni in Sri Lanka sarebbe diretta ai
fondamentalisti e non contro le Chiese cattolica e metodista, da lungo tempo riconosciute
nel Paese. Lo afferma il ministro per gli affari buddisti cingalese, Ratnasiri
Wickramanayake, in una lettera inviata a Janet Epp Buckingham, direttrice della
Confraternita evangelica del Canada (Efc), diffusa ai media e pubblicata dalla
stampa indiana. Il disegno di legge intende preservare il buddismo come
religione dominante del Paese e ostacolare le conversioni ottenute con mezzi
fraudolenti come denaro, assistenza sociale e benefici di ogni tipo. A provocare
la reazione del governo e del clero buddista cingalese è stato il comportamento
aggressivo delle nuove sette cristiane evangeliche, tra cui rientrerebbe anche
la Efc, fondata nel 1964. Si tratta di enti finanziati da fonti straniere che,
secondo la stampa, aprono le loro attività in Sri Lanka registrandosi negli
elenchi delle organizzazioni non governative e portano avanti una sostenuta
campagna di proselitismo tra le categorie più povere dei buddisti e degli indù.
Anche le Chiese cattolica e protestante si lamentano dei comportamenti eccessivi
delle sette e temono di rimanere, a causa loro, vittime delle misure
restrittive che sta mettendo a punto il governo. In un comunicato congiunto
diffuso martedì scorso dalla Conferenza episcopale dei vescovi cattolici dello
Sri Lanka e dal Concilio nazionale cristiano (protestanti), si esprime il
timore che il disegno di legge “apra la strada a un’oppressione delle minoranze
religiose nel Paese”. Il ministro Wickramanayake, nella lettera alla
Buckingham, ha rassicurato coloro che professano la religione cristiana nel
Paese, invitandoli a non temere, “poiché la normativa è solo contro i misfatti
di coloro la cui unica ambizione è convertire le persone a un’altra religione
con la forza”. (R.M.)
GLI
ALBERI, FONTE DI SOSTENTAMENTO NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO E DI REDDITO PER
GLI AGRICOLTORI PIÙ POVERI: E’ UNO DEI TEMI AL CENTRO DEL PRIMO CONGRESSO
MONDIALE SULL’AGROSELVICOLTURA CHE SI CONCLUDE OGGI
IN
FLORIDA
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
ORLANDO. = Il 75 per cento circa dei poveri del
mondo, oltre un miliardo di persone, vive in aree rurali e dipende, per il
sostentamento, da modeste risorse agricole e naturali. E’ questo uno degli
allarmanti dati di cui si è discusso nel corso del primo Congresso mondiale
sull’agroselvicoltura, scienza che studia l’insieme di tecniche per la coltura
di piante agrarie e forestali. Nell’incontro che si conclude oggi ad Orlando,
in Florida, sono stati analizzati limiti e potenzialità dello sviluppo rurale.
“La sicurezza alimentare dei piccoli agricoltori – ha dichiarato durante il
convegno un esperto della Fao – è costantemente minacciata dall’impoverimento
del suolo, da condizioni climatiche estreme, dalla pressione demografica e da
sistemi agricoli inappropriati”. L’organizzazione delle Nazioni Unite
sottolinea, con un comunicato, come negli ultimi decenni i piccoli agricoltori,
spinti dalla necessità di produrre più cibo, abbiano sfruttato in maniera eccessiva
ecosistemi fragili. Secondo l’Agenzia dell’Onu non bisogna sottovalutare, in un
contesto così difficile, alcune importanti fonti di sostentamento. Gli alberi
che crescono nelle piccole imprese agricole - si legge nel testo - possono aiutare gli agricoltori più poveri
incrementando i loro redditi e migliorando la fertilità del suolo. Nel settore
dell’agroselvicoltura la Fao ha realizzato, negli ultimi anni, diversi
progetti: in Namibia un piano di due anni ha consentito agli agricoltori del
nord del Paese di selezionare e piantare diverse specie di alberi da frutto e
di commerciarne i prodotti ricavati. In Vietnam, un altro progetto di
diversificazione della produzione agricola ha favorito lo sviluppo
agroforestale nella regione di Quang Nam, dove gli agricoltori hanno potuto
trarre benefici economici dalla vendita dei loro prodotti. (A.L.)
=======ooo=======
2 luglio 2004
-
A cura di Barbara Castelli -
Il terrorismo ha nuovamente scosso la Turchia: 5 civili
sono stati uccisi e 21 sono rimasti feriti oggi nell’esplosione di un camion
bomba nel sudest del Paese. L’attentato, che mirava ad uccidere il governatore
della provincia di Van, rimasto illeso, è stato attribuito dalla polizia ai
separatisti curdi del Congra-Gel, l’ex Pkk, che, tuttavia, hanno rifiutato la
paternità del gesto. Ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della
Sera e analista di questioni mediorientali, abbiamo chiesto i motivi di questa
nuova ondata di violenza:
**********
La tregua che era stata proclamata nel ’99, proprio dopo
l’arresto e il processo ad Abdullah Ocalan, cioè al capo dei guerriglieri
turco-curdi del Pkk, aveva lasciato come sospeso il problema dell’autonomia, o
quantomeno dell’autonomia culturale del nord-est che, per i curdi turchi, ha
sempre rappresentato un obiettivo al quale arrivare. La tregua rischia di
essere intaccata anche dagli squilibri regionali provocati dalla situazione in
Iraq: proprio l’agitazione dei curdi nel nord dell’Iraq ha provocato, appunto,
un inasprimento degli estremisti che si rifacevano al Pkk di Abdullah Ocalan.
Già nel mese di maggio avevano fatto sapere che quella tregua, non scritta ma
decisa in fondo non valeva più. Quello di oggi, quindi, al di là di quelle che
saranno le indagini giudiziarie, può segnare una ripresa delle operazioni
terroristiche nel sud-est del Paese, temuta ovviamente anche dal governo di
Erdogan, che in questo momento non ha un rapporto facilissimo proprio con
l’istituzione più importante del Paese, cioè le forze armate.
**********
“Torneremo a colpire l’Europa”: la minaccia è dei
terroristi di Al Qaeda, che in un comunicato hanno annunciato la prossima fine
della tregua concessa da Bin Laden lo scorso 15 aprile: tre mesi senza
attacchi, in cambio del ritiro dall’Iraq. Nel messaggio, pubblicato da un
quotidiano londinese in lingua araba e firmato dallo stesso gruppo che
rivendicò gli attentati di Madrid dello scorso 11 marzo, si invitano i
musulmani residenti in Europa a “trovare il modo di proteggere se stessi e le
proprie famiglie”. Scetticismo sull’attendibilità delle minacce, tuttavia, è
stato manifestato dalla Germania e dalla Gran Bretagna. Sul senso di questo
nuovo comunicato di Al Qaeda, Andrea Sarubbi ha intervistato Maurizio Calvi,
presidente del Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo e alla violenza politica
(Ceas):
**********
R. - Da un punto di vista politico, direi che si tratta di
un messaggio che vuole generare insicurezza nel contesto europeo. Produce più
un effetto politico che non un effetto reale. Non rappresenta una minaccia
reale. Per quanto riguarda l’Italia, invece, la minaccia è più concreta, nel
senso che alcuni giorni fa è stato dichiarato da un Immam che la tregua - i
famosi 30 giorni - era terminata e che l’Italia si doveva considerare minacciata.
Questo però all’interno del territorio iracheno. Direi che questa minaccia,
questa comunicazione ha soltanto un effetto di facciata, ma non ha un contenuto
reale.
D. - Al di là dell’autenticità di questa minaccia, lei
crede che l’11 marzo sia per l’Europa un punto di non ritorno o che, purtroppo,
si possa ancora verificare qualcosa di altrettanto grave?
R. - Io credo che siano in grado di colpire ovunque e
questo è il problema. La minaccia è sempre reale, costante e di conseguenza è
una minaccia forte. Così come è accaduto l’11 marzo, eventi drammatici simili
si possono ripetere in Europa, come e quando loro vorranno.
**********
Proseguono le operazioni anti-terrorismo in Arabia
Saudita. La polizia locale ha ucciso nella notte due militanti islamici a Riad.
Secondo quanto ha riferito l’emittente di Dubai “Al Arabiya”, nel conflitto a
fuoco sono rimasti feriti anche due poliziotti. Lo scorso dicembre il ministero
dell’Interno saudita aveva pubblicato una lista dei 26 “most wanted” per legami
con il terrorismo.
Il Pentagono è pronto a scarcerare i detenuti della base
militare americana di Guantanamo che non pongono problemi di sicurezza. Lo ha
dichiarato ieri il portavoce del Dipartimento della Difesa, Larry Di Rita.
L’annuncio fa seguito alla recente sentenza della Corte Suprema americana in
base alla quale i detenuti che si trovano nelle celle di Camp Delta hanno il
diritto di far ricorso di fronte alle Corti federali statunitensi.
La firma dei trattati che recepiranno la futura
costituzione europea si svolgerà a Roma il 20 novembre prossimo. Lo ha
annunciato oggi il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, durante
la conferenza stampa con il presidente Jacques Chirac al termine del vertice
bilaterale franco-italiano. La firma, ha spiegato il premier, “avverrà nello
stesso palazzo e nella stessa sala in cui furono firmati i trattati del 1957”.
Procedere alla modifica del
tracciato della barriera di sicurezza al confine della Cisgiordania. Lo ha
ordinato il premier israeliano Sharon ai vertici militari, nel rispetto dei
criteri indicati martedì scorso dalla Corte suprema dello Stato ebraico. I
militari, inoltre, secondo quanto ha comunicato il ministro della Difesa Mofaz,
rimarranno in una zona cuscinetto nel nord della Striscia, per impedire il
lancio di razzi sul territorio israeliano fino al momento del disimpegno dalla
stessa Striscia di Gaza, previsto nel 2005. Sul terreno, intanto, due
palestinesi sono stati uccisi stamani nel sud della Striscia di Gaza in scontri
con i soldati israeliani.
Tra Stati Uniti e Corea del Nord c’è ancora diffidenza. Lo
ha detto a Giakarta il segretario di Stato americano, Colin Powell, dopo il
colloquio avuto oggi con il ministro degli Esteri di Pyongyang, Paek Nam Sun,
sulla questione del programma nucleare del Paese comunista. L’incontro è
avvenuto in Indonesia a margine della conferenza dell’Asean sulla sicurezza.
“Questi sono negoziati difficili - ha detto Powell - non si risolvono dall’oggi
al domani. Esiste una grande sfiducia fra gli Stati Uniti e la Corea del Nord”
Nessuno vi obbligherà a tornare a casa senza che prima sia
stata garantita la sicurezza. Con queste parole il segretario generale
dell’Onu, Kofi Annan, ieri al campo profughi di Zam Zam, in Sudan, ha
rassicurato gli sfollati del Darfur, la regione occidentale del Paese africano
dove da anni è in corso un conflitto interetnico. Dei profughi sudanesi,
scampati alla furia delle milizie arabe janjaweed, Annan ha parlato anche in
Ciad, dove si è recato nel pomeriggio. I ribelli della regione sudanese,
intanto, hanno reso noto che non parteciperanno ai colloqui di pace che
prendono il via oggi in Ciad e hanno accusato il governo di Khartoum di aver
violato il cessate-il-fuoco siglato lo scorso aprile. Ma
perché quella del Darfur è stata giudicata dall’Onu “la più grave crisi
umanitaria al mondo”? Giada Aquilino lo ha chiesto a Massimo Alberizzi, inviato
speciale de “Il Corriere della Sera”, appena rientrato dal Darfur:
**********
R. – Perché è una crisi dimenticata. Da un punto di vista
umanitario, c’è da segnalare la mancanza di aiuti, di cibo e di acqua. Tra
l’altro, al sud è già iniziata la stagione delle piogge. C’è da dire, inoltre,
che non arrivano gli aiuti internazionali e i finanziamenti per gli aiuti
internazionali, perché gli occhi sono focalizzati sull’Iraq e nel Darfur si
invia poca roba. Da qui l’appello di Kofi Annan, perché si risolva il
conflitto. Da una parte, ha chiesto al governo sudanese di disarmare le milizie
arabe pro-governative e, dall’altra, ha chiesto ai Paesi denaro per aiutare la
popolazione che sta morendo di fame.
D. – Quali sono le ragioni di questo conflitto?
R. – E’ un conflitto dovuto al fatto che c’è uno scontro
tra i neri di origine africana, che sono musulmani e sono coltivatori, e gli
arabi, che sono anche loro musulmani ma pastori. I campi coltivati vengono
invasi dalle mandrie, perché non trovano pascoli e, quindi, le mandrie arrivano
e mangiano quello che i contadini coltivano. I pastori cercano di impadronirsi
in questo modo di un territorio più vasto, sottraendolo ai contadini. A questo
si aggiunge poi la violenza e il genocidio, perché gli arabi considerano i neri
una razza di schiavi.
D. – Quali sono le condizioni degli sfollati del Darfur
che si dirigono verso il Ciad?
R. – In Ciad le condizioni sono sicuramente migliori di
quelle in Sudan. Prima di tutto, ad esempio, in Ciad, in qualche modo, gli
aiuti possono arrivare.
**********
Nella notte la Turchia è stata colpita da un violento terremoto,
nella provincia nord-orientale di Agri. Pesante il bilancio: 18 morti e una
cinquantina di feriti, oltre ad interi villaggi distrutti. La Turchia non è
nuova a queste scosse sismiche: nel 1999 furono 18 mila le persone uccise da un
terremoto nella parte nord-occidentale del Paese
Speranze di pace in Colombia. Sono iniziati
ieri formalmente a Santa Fe de Ralito, 800 chilometri a nord di Bogotà, i negoziati tra il governo e
le Autodifese Unite di Colombia (Auc), i gruppi paramilitari di destra.
Dell’Auc fanno parte almeno 20.000 uomini, che dovrebbero smobilitarsi qualora
andassero in porto le trattative.
Il colosso informatico statunitense Microsoft ha pagato la
multa record di 497,2 milioni di euro, inflitta lo scorso 24 marzo dalla
Commissione europea per abuso di
posizione dominante. Lo ha annunciato un portavoce della Commissione di
Bruxelles, precisando che il pagamento è stato effettuato con un versamento in
contanti su un conto bloccato dell’esecutivo Ue.
=======ooo=======