RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 166 -
Testo della trasmissione di lunedì 14 giugno 2004
IL PAPA
E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Preoccupazione della Chiesa
brasiliana per il crescente fenomeno dei sequestri
Inaugurata stamani in Brasile la IX Conferenza delle Nazioni
Unite per il commercio e lo sviluppo
Il governo di Khartoum è responsabile
delle esecuzioni civili nel Darfur, secondo l’inviata dell’Onu
La presidente dello Sri Lanka frena sui
prossimi colloqui di pace con i ribelli
In Iraq un’autobomba uccide almeno dodici persone. Tra
essi, cinque stranieri
Medio Oriente: il governo israeliano affronta in
Parlamento tre mozioni di sfiducia
Al via da oggi ad Istanbul, la Conferenza dei ministri degli Esteri dei Paesi islamici.
14 giugno 2004
UDIENZE E NOMINE
Giovanni
Paolo II ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze,
l’arcivescovo Adriano Bernardini, nunzio apostolico in Argentina e cinque
presuli della Conferenza episcopale della Colombia, in visita ad
Limina.
Il Papa ha nominato membro della Congregazione per
le Chiese Orientali il vescovo Pierre Bürcher, ausiliare di Losanna, Ginevra e
Friburgo.
IL NEW
AGE: PER LA CHIESA UNIVERSALE,
UNA
SFIDA DI INCULTURAZIONE, DI CONOSCENZA, DI CREATIVITA’ PASTORALE.
DA
OGGI IN VATICANO, UN CONVEGNO PER FARE IL PUNTO SUL FENOMENO
-
Intervista con il cardinale Paul Poupard -
La Chiesa si confronta con il movimento
New Age. In Vaticano, da oggi a mercoledì, un convegno interdicasteriale
farà il punto sulle strategie pastorali adottate dalle singole Chiese in
relazione ad un fenomeno che sta espandendosi, senza conoscere confini
geografici o barriere culturali. Già lo scorso anno era stato presentato un
documento esplicativo, intitolato “Gesù Cristo, portatore dell’acqua viva – una
riflessione cristiana sul New Age”. Insieme con la Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli, saranno presenti in questi giorni al convegno rappresentanti
dei Pontifici Consigli per il dialogo interreligioso, per l’unità dei cristiani
e della cultura ed esperti da molte parti del mondo. Giovanni Peduto ha chiesto
al presidente del dicastero della Cultura, il cardinale Paul Poupard, quali
sfide ponga il New Age alla Chiesa:
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R. – E’ una grande
sfida. Direi che si tratta di inculturare la fede in Cristo in questa cultura new
age, che presenta tracce di religiosità. E’ evidente che, man mano che in
Occidente si verifica una distanza tra la gente e la fede cristiana, c’è tutto
un fenomeno di compensazione, di fascino misterioso delle pratiche esoteriche
che derivano dalle varie culture orientali. Oggi, c’è una tendenza ad andare
verso una forma universale di religione, un sincretismo che nega ogni
riferimento alla storia. E per noi che siamo fedeli a Gesù Cristo incarnato
nella storia è davvero una sfida enorme. Dobbiamo dunque essere molto
consapevoli che la maggior parte della gente non è cosciente di ciò. Il New
Age, in definitiva, si presenta come una falsa risposta ad una vera domanda di
felicità. Dà una risposta ingannevole alla speranza di una nuova era di pace,
di armonia, di riconciliazione con se stessi, con gli altri e con la natura:
una speranza religiosa antica come l’umanità stessa. Questo richiede da tutti
noi un richiamo al dialogo con rispetto, pazienza, comprensione e gioia, e poi
al discernimento e infine alla creatività apostolica per proporre il Vangelo e
la tradizione di spiritualità.
D. – Eminenza, quali
suggerimenti lei offrirebbe ai cristiani per fronteggiare il New Age?
R. – Direi che per
fronteggiare il New Age, prima di tutto bisogna acquisire una migliore
conoscenza del fenomeno. Di recente, ho presieduto l’ultima plenaria del
Pontificio Consiglio della Cultura, dedicato alla fede cristiana e alla sfida
dell’indifferenza, e ci siamo soffermati proprio sul fenomeno di questa nuova
religiosità, che presenta un Dio senza volto e una dimensione cosmica senza
radici nella storia. Che cosa abbiamo proposto? Prima di tutto, di non dimentare
la preghiera che è fondamentale: la vera preghiera, che non è introspezione
psicologica, ma la parola della preghiera del Padre Nostro che Gesù ci ha
insegnato. Secondo, il ritorno alla grande antropologia cristiana, cioè alla
centralità della persona umana. Noi non siamo una parte di un universo non
meglio specificato, ma siamo una persona creata ad immagine e somiglianza di
Dio e redenta da Cristo. E poi, terzo, un grande sforzo da parte di tutta la
Chiesa, soprattutto nella catechesi, nell’omelia, per dare un nuovo
insegnamento su tutte queste grandi realtà cui ho appena accennato, perché tutto
questo fenomeno si nutre in modo essenziale di una grande ignoranza.
D. – Dunque,
eminenza, perché questo convegno? Quali scopi vi proponete?
R. – Questo convegno,
che riunisce partecipanti così diversi, ha uno scopo molto semplice. Prima cosa,
sostenere la diffusione e la ricezione e la comprensione di questo piccolo
documento “Gesù Cristo, portatore dell’acqua viva – riflessione cristiana sul New
Age”, che offre risposte semplici e concrete alla sfida del New Age.
Secondo, attraverso le informazioni che ci saranno fornite dai partecipanti su
questo fenomeno che è universale, prenderne una maggiore coscienza e sapere
cosa hanno già fatto o cosa stanno facendo le Chiese locali, per condividerlo
con i nostri dicasteri e per arrivare a precisare le risposte pastorali.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Verso l'Anno dell'Eucaristia.
"Al centro del gigantesco
progetto pastorale di Giovanni Paolo II": all'Angelus il Papa affida a
Maria la nuova iniziativa ecclesiale annunciata nella solennità del Corpus
Domini.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata alla celebrazione del Corpus Domini nelle Diocesi italiane.
Nelle estere, in evidenza
l'Iraq, drammaticamente segnato dall'infuriare delle violenze, che minacciano
il cammino del Paese verso la stabilità e la democrazia.
Si denuncia il cinico uso
dei mezzi di comunicazione di massa in riferimento al video - trasmesso dalle
televisioni di tutto il mondo - della barbara uccisione, in Arabia Saudita, di
uno statunitense: atti criminali che vengono commercializzati e
spettacolarizzati, aggiungendo crudeltà a crudeltà.
Unione Europea: il voto dei
cittadini europei penalizza le forze politiche dei Governi nazionali.
Nella pagina culturale, un
articolo di Gianluca Biccini dal titolo " 'L'Osservatore della Domenica' :
una voce libera". Durante il silenzio imposto dal regime fascista, nel
maggio del 1934 usciva il primo numero del giornale, nato per contribuire a
rendere più facile e proficua la divulgazione della stampa cattolica.
Nelle pagine italiane, in primo
piano le elezioni europee: flessione di Fi, ma equilibrio tra i poli. Inferiore
alle aspettative la lista Prodi.
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14 giugno 2004
NETTA
SCONFITTA DI DIVERSI PARTITI DI GOVERNO,
ASTENSIONISMO
ED EUROSCETTICISMO: SONO QUESTI I PRINCIPALI DATI EMERSI
DALLE
ELEZIONI EUROPEE TENUTESI NEI PAESI DELL’UNIONE
- Intervista con Luigi
Geninazzi, Pierantonio Lacqua, don Davide Vicentini
e Gian Enrico Rusconi -
Le elezioni per il primo Parlamento dell’Europa allargata
a 25 sono state contrassegnate da un astensionismo record e da una sconfitta
per la maggior parte dei partiti al governo, tranne in Spagna e Grecia. In
alcuni Paesi dell’Unione, come in
Italia, i cittadini si sono espressi anche per elezioni amministrative o
politiche. Sui risultati praticamente definitivi delle elezioni europee ascoltiamo
Amedeo Lomonaco:
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In Francia, il partito di destra del presidente francese,
Chirac, è stato superato dai socialisti che hanno conquistato il 29,18 per
cento delle preferenze. In Germania l’opposizione cristiano-democratica ha
ottenuto il
44,5 dei consensi mentre i
social-democratici del cancelliere tedesco, Schroeder, si sono fermati a poco
più di 21. E in Gran Bretagna il partito conservatore si
attesta al 27 per cento delle preferenze, mentre i laburisti del premier Blair
ottengono solo il 22. Una sensibile diminuzione di voti ha interessato
anche altri schieramenti di capi di governo tra cui quelli dell’irlandese Ahern
e del portoghese Barroso di centrodestra, del socialdemocratico svedese
Persson, del liberale belga Verhofstadt e del conservatore austriaco,
Schuessel. Tra i nuovi 10 Paesi, si devono inoltre registrare capovolgimenti
particolarmente pesanti in Repubblica Ceca, dove i social democratici si
piazzano solo al quinto posto, in Ungheria, con la vittoria dei conservatori a
scapito dei socialisti ed in Polonia, dove la destra moderata ha superato gli
ex comunisti al potere. Importanti vittorie per partiti di governo si sono
invece riscontrate in Spagna, con l’affermazione dei socialisti del premier
Zapatero, e in Grecia con la vittoria dei conservatori del primo ministro,
Karamanlis. Le proiezioni sulla composizione del nuovo Europarlamento
confermano, infine, il partito popolare europeo come il gruppo più consistente
con circa 270 seggi su un totale di 732. Seguono i socialisti con quasi 200
seggi e i liberali con oltre 60 parlamentari.
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L’affluenza alle urne sembra sia stata in media del 44,2
per cento. L’Italia con il 73 per cento di partecipazione al voto è tra i Paesi
dell’Unione con l’affluenza più alta, insieme con la Grecia e il Belgio. La
percentuale più bassa si è avuta in Slovacchia con il 16,9 per cento di
votanti. Il fenomeno dell’assenteismo, infatti, si è registrato soprattutto nei
Paesi dell’est europeo appena entrati nell’Unione. Ma quali sono i motivi di
questo scarso interesse a partecipare alla formazione del nuovo Parlamento di
Strasburgo? Ci risponde Luigi Geninazzi del quotidiano Avvenire, al microfono
di Giancarlo La Vella:
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R. – L’astensionismo
purtroppo in quei Paesi è una tradizione forte che si manifesta anche nelle
consultazioni politiche, soprattutto nello Stato più vasto e popoloso, cioè la
Polonia. Un secondo motivo è che l’ingresso nell’Unione Europea è avvenuto dopo
un decennio molto convulso e dopo gravi crisi economiche. L’elezione degli
europarlamentari non ha inoltre trovato grande eco perché in quei Paesi ancora
non si sa bene quale sia il ruolo e l’importanza del Parlamento europeo.
D. – C’è anche un
senso di sfiducia nei confronti dell’istituzione europea da parte della gente?
R. – Più che
sfiducia, c’è molta diffidenza. Si temono decisioni che arrivando da Bruxelles
penalizzino questi Paesi. Pensiamo, ad esempio, alla non-decisione che è stata
presa per quanto riguarda la liberalizzazione della forza-lavoro: tutti i nuovi
Paesi, ad eccezione di Malta e Slovenia, non possono ancora avere quella
libertà di circolazione che invece è scritta nei Trattati ...
D. – C’è anche paura
dell’arrivo di questo ‘euro’, che già da noi ha provocato un aumento sensibile
dei prezzi ...
R. – Al di là dell’adozione della
moneta unica, è diffuso il timore che, con l’ingresso nell’Unione Europea, i
prezzi vadano aumentando.
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Sia per quanto riguarda la
rappresentanza al Parlamento Europeo che per il voto a livello nazionale, i
partiti al governo, in diversi Paesi dell’Unione, sono dunque stati ridimensionati,
ad eccezione dello schieramento socialista spagnolo e di quello conservatore
greco. Ascoltiamo Pierantonio Lacqua, responsabile dell’agenzia Ansa a Parigi,
intervistato da Roberto Piermarini:
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R. – Nel contesto
attuale di forte preoccupazione per l’economia in affanno, queste elezioni
connotano un vecchio Continente che non riesce a trovare slancio sul piano
dell’economia e che quindi non riesce a rilanciare l’occupazione: queste
preoccupazioni, chiaramente, hanno penalizzato i partiti al potere.
D. – Guardando un
po’ alla sconfitta dei governi di Francia e Germania in particolare, l’effetto
Iraq non sembra aver influenzato il voto europeo ...
R. – Soltanto in
Gran Bretagna, appunto, l’effetto Iraq ha pesato in modo determinate contro il
governo Blair, perché c’era chiaramente uno scollamento vistoso tra l’opinione
pubblica anti-guerra e il primo ministro a favore del conflitto. In Paesi,
invece, come la Germania e la Francia, in effetti, l’Iraq non è stato mai un
pomo della discordia: c’è stato un consenso generale opposizione-governo e
quindi la partita s’è giocata su altri ambiti come la politica economica.
D. – Come sono
cambiati gli equilibri politici all’interno del nuovo Parlamento europeo uscito
da queste elezioni?
R. –
Sostanzialmente, non sono cambiati perché il partito popolare dovrebbe
chiaramente continuare ad avere la maggioranza ed i socialisti dovrebbero
rimanere la seconda forza. Quindi nulla di nuovo anche se ci sono degli elementi
potenzialmente molto importanti, come il fatto che il leader centrista François
Bairou, ha già annunciato che vuole costituire un terzo polo di centro, una
terza forza che potrebbe non subito, ma in prospettiva, cambiare anche gli
equilibri di questa Europa che stenta a darsi un’identità.
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Alla luce di queste elezioni,
quali sono le responsabilità per i cristiani europei? Giada Aquilino lo ha
chiesto a don Davide Vicentini membro della segreteria della Comete, la
Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea:
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R. - Credo che sia
una responsabilità innanzitutto ad allargare gli orizzonti. Penso, per esempio,
al principio della solidarietà, alla capacità di distogliersi dal contesto
territoriale e da un’attenzione all’immediato, che possono portare ad un certo
benessere, ma ormai si deve avere lo sguardo un po’ più allargato. Quindi è una
responsabilità ad educarsi al bene comune, ad allargare lo sguardo e il cuore.
Per il cristiano, in particolare, questi non sono soltanto valori essenziali,
ma è un modo per essere fedele alla propria vocazione.
D. – Secondo la
presidenza irlandese dell’Unione Europea, non ci sarebbero segni di un consenso
sulla proposta di inserire un riferimento ai valori giudaico-cristiani nel
preambolo della Costituzione Europea. Perché è importante tale riferimento?
R. – Innanzitutto
per onestà storica. Poi credo che sia utile avere grandi valori che possono
mantenere una purezza di critica e una intensità di motivazioni non soltanto
per chi è impegnato direttamente nelle questioni politiche, ma anche per chi
vuole confrontarsi e riconoscersi in orizzonti un po’ più alti.
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Tra i capi di governo usciti
sconfitti dalle elezioni di ieri, c’è anche l’italiano Silvio Berlusconi: la
sua maggioranza è in calo. In Italia si è votato per le europee e le
amministrative, il cui scrutinio è appena cominciato. Il servizio di Giampiero
Guadagni:
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Nessuna coalizione può davvero cantare vittoria. E’
questo in estrema sintesi l’esito del voto di ieri, che nei commenti a caldo
dei leader politici viene valutato con sottolineature diverse. La maggioranza
di governo tiene, ma gli equilibri sono
cambiati rispetto alle passate elezioni. Forza Italia, il partito del premier,
scende al 21 per cento, quattro punti in meno rispetto alle Europee del ’99, e
quasi 9 punti in meno rispetto alle politiche del 2001. Avanzano An e Lega, ma
il miglior risultato nel centro-destra l’ottiene l’Udc, intorno al 6 per cento.
Nel centro-sinistra la lista Uniti per l’Ulivo supera il 31 per cento,
risultato a doppia lettura, perché diventa sì la prima forza politica italiana,
ma ottiene meno voti della somma dei partiti che hanno creato questo
raggruppamento, e cioè Ds, Margherita e Socialisti democratici. Anche nel
centro-sinistra a crescere sono i partiti più piccoli, soprattutto quelli della
sinistra radicale, i Verdi, Rifondazione comunista e Comunisti italiani. Quanto
al voto per le amministrative, gli scrutini sono iniziati alle 14.00. Secondo
gli exit poll, a Bologna, dove si è registrato il record di affluenza alle
urne, il candidato del centro-sinistra Cofferati ha battuto già al primo turno
il sindaco uscente Guazaloca. Il centro-sinistra vince anche nei comuni di Bari
e Firenze e alla Regione Sardegna.
Per la Radio
Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Sul significato della
consultazione in Italia, ascoltiamo il parere dell’editorialista del quotidiano
“La Stampa”, Gian Enrico Rusconi, raccolto da Massimiliano Menichetti:
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R. – Crisi no, riassetto sì. E’
vero che questi partiti, cosiddetti piccoli o medi, sono inquieti, ma sanno
benissimo che se si spaccano è la loro fine. Questa è la seconda fase. Il
berlusconismo, da partito tendenzialmente di un leader o di un capo, sta
diventando una coalizione classica.
D. – Dall’altra
parte, la lista unica non ottiene i consensi aspettati…
R. – Da questa
prova Prodi esce bene, ma in un certo senso Prodi deve ancora in qualche modo
ripresentarsi. E’ una fase nuova in cui il vecchio leader in realtà, in qualche
modo, deve rilegittimarsi. Non vedo una strada facile. Il vero problema
dell’Ulivo è questa pletora di piccoli leader che si spingono l’uno con
l’altro.
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“DONARE IL SANGUE: UN DONO PER LA VITA”: E’ IL TEMA DELLA GIORNATA MONDIALE DEL
DONATORE DEL SANGUE CHE SI CELEBRA OGGI
- Intervista con Pasquale Colamartino -
Un gesto
“di alto valore morale e civico”: così, ieri all’Angelus, il Papa ha definito
la donazione del sangue in riferimento alla Giornata mondiale del donatore che
si celebra oggi, sul tema “donare il sangue un dono per la vita”. Il Santo Padre
ha anche espresso l’auspicio che i volontari possano “moltiplicarsi in ogni
parte del mondo”. Stando ai dati dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità,
l'82% degli abitanti del pianeta non sono sicuri di poter ricevere una trasfusione
di sangue in caso di bisogno e non sanno se il sangue che ricevono è infetto o
meno. Sull’odierna giornata Paolo Ondarza ha intervistato Pasquale Colamartino,
presidente della Fiods, la federazione internazionale delle organizzazioni per
la donazione del sangue:
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R. – Il problema
della mancanza di sangue è un problema di grandissima diffusione, soprattutto
nei Paesi in via di sviluppo. Allo stato attuale, ogni anno, vengono donate
circa 80 milioni di unità di sangue, ma questo purtroppo non è sufficiente per
coprire tutte le necessità.
D. – Quali sono i
luoghi nel mondo dove c’è più urgenza, più necessità di sangue?
R. – E’ emblematico l’esempio del
Sudafrica, Paese in cui il 23 per cento della popolazione è sieropositiva per
il virus dell’Aids e dove appunto donare sangue in un contesto sociosanitario
così complesso diventa veramente una sfida straordinaria. Sicuramente uno degli
obiettivi è quello che i Paesi che in questo settore sono più sviluppati e meglio
organizzati possano mettere a disposizione risorse umane, finanziarie,
tecnologiche di know-how, per consentire lo sviluppo di questi sistemi anche in
altre parti del mondo.
D. – Ma quanto è
diffusa oggi la cultura di donare il sangue? Quanti pregiudizi ancora
rimangono, quanta ignoranza c’è ancora?
R. – Penso esistano
problemi di cultura, problemi anche religiosi. C’è molta cattiva informazione.
Ci sono dei timori che debbono essere definitivamente cancellati. Direi che la
pratica della donazione del sangue è una pratica fondamentalmente innocua. Donare
il sangue non comporta danni, anzi la pratica del dono del sangue favorisce
tutta una serie di controlli.
D. – Ma perché
donare il sangue?
R. – Perché è uno
dei modi più importanti per garantire la salute di tutta la nostra comunità,
perché donare il sangue significa anche tutelare la propria salute.
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IL
TRAFFICO DI ARMI E’ UN FRENO PER LA CRESCITA DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO.
SECONDO
LE STATISTICHE, IL MERCATO MONDIALE ANNUALE DEGLI ARMAMENTI
SUPERA
I 22 MILIARDI DI DOLLARI ALL’ANNO
-
Intervista con Francesco Vignarca -
Nel mondo diminuiscono i conflitti
armati ma la spesa per gli armamenti aumenta complessivamente e rischia di
raggiungere livelli insostenibili. Questo, in sintesi, è quanto rileva il
rapporto 2004 dell’Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla
pace (Sipri), che quest’anno dedica molta attenzione alla guerra in Iraq e alle
sue conseguenze. Qualche giorno fa anche il cardinale segretario di Stato
Angelo Sodano si è pronunciato sulla spinosa questione, in un messaggio in
occasione della 34° assemblea generale dell’Organizzazione degli Stati
Americani (OSA). “Troppe armi circolano ancora in tanti Paesi del mondo - ha scritto -
mentre ci sarebbe ben più bisogno di case, di scuole, di strade, di luce, di
acqua potabile e di medicinali!”. Condannando con forza il traffico delle armi,
il porporato ha poi ribadito che, “spesso collegato ad altri illeciti commerci,
rappresenta un grave problema per lo sviluppo integrale del mondo”. Ma che
relazione esiste tra l’aumento del traffico di armi e il mancato sviluppo dei
Paesi poveri? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Francesco Vignarca, coordinatore
di “Controllarmi”, rete italiana per il disarmo:
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R. – Cambiando lo
scenario, dalla guerra fredda a quello attuale, è cambiata anche la motivazione
con cui si distribuiscono le armi. Prima si considerava la distribuzione e la
vendita delle armi agli alleati come una sorta di controllo politico sugli
stessi alleati. Finita l’epoca dei due blocchi, in realtà, è cresciuta una
diffusione un po’ incontrollata degli armamenti, non solo nei traffici
illeciti, che sono sicuramente problematici, ma anche e soprattutto nel
commercio legale, nel commercio controllato, che è molto ampio ed è la parte
preponderante dei trasferimenti di armi. Si stima, infatti, che il mercato
mondiale annuale degli armamenti superi i 22 miliardi di dollari all’anno.
Facciamo un esempio concreto: l’India spende molto, molto di più per mantenere
alto il proprio livello militare, piuttosto che pensare alla sanità o
all’educazione.
D. – Per quanto
riguarda la realtà europea, quale spazio ha l’acquisto e la produzione di armi
nella politica economica dei principali Paesi dell’Ue?
R. – Uno dei
pochissimi punti di contatto nella Costituzione europea, che si sta discutendo,
è stata l’agenzia per gli armamenti e il fatto che ci debba essere una
razionalizzazione nella produzione. L’abbiamo visto con l’Accordo di
Fanborough, che è stato fatto nel 2000 ed è stato ratificato lo scorso anno
dall’Italia, che ha cambiato la legge 195 sul commercio delle armi. Sempre di
più, dunque, si andrà verso conglomerati di livello europeo, che stanno già
acquisendo ditte non solo nei Paesi occidentali ma anche nei Paesi di nuova
entrata, nell’Est Europeo: Polonia, Repubblica ceca ... Per capire come
andranno le politiche militari dobbiamo capire anche come andranno le politiche
industriali. Il mondo, attualmente, ha molto più bisogno di investimenti in
sanità, in istruzione e in infrastrutture per le popolazioni. Così, forse,
sarebbe anche più sicuro: non è sempre detto che la diffusione maggiore di armi
sia anche diffusione maggiore di sicurezza.
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IN UN FILM BELLO E INTENSO, IL REGISTA COREANO KIM KI-DUK
PROPONE UNA VISIONE DEL TEMPO E DELLA VITA RICCA DI INTERIORITA’
- Servizio di Luca Pellegrini -
Seguendo
il ritmo delle stagioni e la formazione di un giovane monaco, il regista
coreano Kim Ki-duk traduce nel suo ultimo film i principali insegnamenti della
dottrina buddista attraverso un racconto morale di avvincente bellezza e di
profonda intensità. Luca Pellegrini:
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(Musica)
La
salute dell’anima non è meno importante di quella del corpo. Soprattutto oggi,
affetti come siamo da iper-produttività, iper-realismo, iper-tecnologia e
dall’assenza di valori autentici. Oggi, in cui tutto è veloce, superficiale,
acritico, fa davvero molto bene a tutti il nuovo e salutare film del regista
autodidatta coreano Kim Ki-duk, dal titolo simbolico e programmatico, circolare
come lo è la storia e la visione del tempo e della vita nelle dottrine
buddiste: Primavera, Estate, Autunno,
Inverno…e ancora primavera.
Una
natura impervia e rigogliosa, protagonista nel fluire delle stagioni, domina le
giornate e le abitudini di un anziano e saggio monaco in isolamento su di un
tempio galleggiante, un rifugio dello spirito. Con lui un bambino che vedremo
crescere, soffrire e pentirsi, nella rigenerazione dell’anima che segue quella
della flora e della fauna circostanti. Gli anni passano, le tentazioni
crescono, la passione si insinua nel corpo e l’ossessione nella mente, il
giovane apprendista cede al loro richiamo, fugge, commette un delitto, ritorna
confuso per assumere, infine, l’eredità ricevuta e trasmetterla alle nuove
generazioni. Un racconto semplice che il regista lascia dispiegarsi attraverso
la potenza evocatrice del silenzio, del colore, delle poche parole dettate da
dialoghi che sono sentenze e non semplici raccordi narrativi.
Quando
il bambino viene sorpreso a torturare un pesce, una rana e un serpente, ecco la
profezia: “Se qualcuno degli animali dovesse morire, porterai questa pietra nel
tuo cuore per sempre”. E così avviene. Quando la sensualità oscurerà
l’autocontrollo del ragazzo, ecco la predizione: “Il desiderio del possesso
genera dolore e male”. E così accadrà. Questo è un itinerario sapienziale non
lontano dalla visione cristiana, ove il senso morale diventa l’innata coscienza
del bene e del male, quella che già Polibio chiamava la “testimone terribile” e
l’“accusatrice implacabile”. Ma attenzione: questo spazio dato nel film alla
scena interiore piuttosto che a quella esteriore non deve instillare
fraintendimenti: Kim Ki-duk traduce gli insegnamenti del monaco e le debolezze
del discepolo in cinema fatto di ritmo, narrazione, rumori centellinati, scelte
visive personali, attenzione ai particolari, estatica bellezza e profonda
commozione.
(Musica)
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14 giugno 2004
LA
CHIESA BRASILIANA PREOCCUPATA PER IL CRESCENTE FENOMENO DEI SEQUESTRI.
INDETTA
UNA MANIFESTAZIONE DI PIAZZA IL PROSSIMO 27 GIUGNO DA DIVERSE ORGANIZZAZIONI
DELLA SOCIETA’ CIVILE
CITTÀ DEL MESSICO. = “La Chiesa guarda con
preoccupazione l’impegno manchevole dei nostri governanti che, nonostante le
reiterate promesse di applicare la legge e combattere la criminalità, non
prestano orecchio alla voce dei cittadini”. Questa, in sintesi, la denuncia
contenuta tra le pagine del settimanale dell’arcidiocesi di Città del Messico
“Desde La Fe”. La Chiesa messicana, dunque, ha sottolineato l’inefficacia del
governo del presidente Vicente Fox contro la pratica del sequestro, “che
colpisce ovunque”, appoggiando la mobilitazione “per la sicurezza e la giustizia”
indetta per il 27 giugno prossimo nella capitale da diverse organizzazioni
della società civile. “La gente - si legge ancora nell’articolo - deve poter
manifestare la propria insoddisfazione per la situazione di insicurezza che
stiamo vivendo”. Il tema dei sequestri è tornato alla ribalta della cronaca nelle
scorse settimane, dopo un’ondata di assalti contro alcuni centri commerciali,
dove i clienti sono stati derubati e in qualche caso rapiti. Secondo cifre
della Banca interamericana dello sviluppo (Bid), il Messico è il secondo Paese
al mondo, dopo la Colombia, per il tasso di sequestri. Fox, dal canto suo, ha
tentato di correre ai ripari, sollecitando il Congresso ad approvare una
riforma del sistema giudiziario che promette cambi radicali in materia di
sicurezza dei cittadini. (B.C.)
PRENDE
IL VIA OGGI A LECCE IL CONVEGNO UNITARIO CEI DEI DIRETTORI DIOCESANI.
L’INCONTRO, SUL TEMA “LA PARROCCHIA VIVE LA DOMENICA”,
SI
CHIUDERA’ IL PROSSIMO 17 GIUGNO
LECCE. = “La parrocchia vive la domenica”: è il
tema che accompagna il Convegno Unitario della Conferenza Episcopale Italiana
dei Direttori diocesani, promosso dall’Ufficio catechistico nazionale,
dall’Ufficio liturgico nazionale e dalla Caritas Italiana. L’incontro, che si è
aperto oggi a Lecce, presso il Teatro Greco “Politeama”, si chiuderà giovedì 17
giugno. Il Convegno rientra nel cammino di preparazione al XXXIV Congresso
Eucaristico Nazionale, in programma a Bari, nel maggio prossimo, sul tema
“Senza la domenica non possiamo vivere”. Obiettivo dell’appuntamento di Lecce:
richiamare la centralità del Cristo risorto e riflettere sull’assemblea di
fratelli riunita nel giorno del Signore per celebrare l’Eucaristia.
Interverranno, tra gli altri, mons. Benigno Papa, vicepresidente della CEI
(“L’Eucaristia domenicale, cuore della vita parrocchiale. Per una pastorale
mistagogica”); don Gianni Colzani, docente all’Urbaniana (“L’annuncio di Gesù
Risorto per una comunità testimone”); mons. Crispino Valenziano, docente al
Pontificio Istituto Sant’Anselmo (“La celebrazione dell’Eucaristia, forma di
vita dell’assemblea parrocchiale”); mons. Giuseppe Betori, segretario generale
della CEI (“Il volto missionario della Parrocchia in un mondo che cambia”).
(B.C.)
INAUGURATA
STAMANI IN BRASILE LA NONA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE PER IL COMMERCIO E LO
SVILUPPO. PRESENTI 6000 RAPPRESENTANTI DI 192 NAZIONI
PER RILANCIARE L’INTERSCAMBIO TRA PAESI IN
VIA DI SVILUPPO
SAN PAOLO. = E’ cominciata questa mattina a San Paolo del
Brasile, con la cerimonia inaugurale tenuta dal segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan, e dal presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da
Silva, l’undicesima Conferenza dell’Onu sul Commercio e lo Sviluppo (Unctad).
Tema dell’incontro, che si concluderà il prossimo 18 giugno: “Valorizzare la
relazione tra le strategie di sviluppo nazionale e i processi economici globali
con l’obiettivo di una crescita, in particolare, dei Paesi in via di sviluppo”.
“La forza del commercio - ha dichiarato il segretario generale dell’Unctad,
l’ambasciatore ed ex-ministro degli Esteri brasiliano, Rubens Ricupero - può
dare impulso allo crescita economica e diminuire la povertà”. Occorre, quindi,
dare continuità ai negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio
(Omc/Wto), fermi dopo l’empasse di Cancun, e favorire l’interscambio tra
Paesi in via di sviluppo, il cosiddetto “commercio sud-sud”, attraverso il
rilancio del Sistema globale di preferenze commerciali. Istituita nel 1964,
l’Unctad continua ad essere una delle poche organizzazioni internazionali dove
i Paesi in via di sviluppo detengono un’egemonia di fatto. Ad eccezione del
commissario per il commercio dell’Unione Europea, Pascal Lamy, e il segretario
per il Commercio di Washington, Robert Zoellick, non prendono parte alla Conferenza
altri rappresentanti di alto livello dei Paesi più industrializzati. Sono presenti,
invece, questa settimana a San Paolo circa seimila rappresentanti dei 192 Paesi
membri, tra cui 180 capi delegazione, 2500 delegati, 95 organizzazioni governative
e 543 non governative, 772 testate giornalistiche e 197 agenzie delle Nazioni
Unite. Partecipano ai lavori anche nove capi di Stato di Paesi in via di sviluppo,
sette dei quali sudamericani. (R.M.)
IL
GOVERNO DI KHARTOUM E’ RESPONSABILE DELLE ESECUZIONI CIVILI NEL DARFUR.
COSI’
L’INVIATA ONU JAHANGIR, AL TERMINE DELLA SUA VISITA NEL PAESE AFRICANO
KHARTOUM. = Le forze di sicurezza sudanesi
e le milizie filo-governative hanno perpetrato esecuzioni sommarie di civili
nel Sudan occidentale. E’ l’accusa espressa ieri dalla speciale relatrice della
commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani per le esecuzioni
extra-giudiziarie, sommarie o arbitrarie, Asma Jahangir. “Secondo informazioni
credibili - ha spiegato l’inviata Onu, al termine della sua visita nel Paese,
dal 2 al 12 giugno - componenti delle forze armate, delle ‘Forze di difesa
popolari’ e di vari gruppi di milizie, sostenute dal governo, hanno attaccato
villaggi e ucciso civili con esecuzione sommarie”. “Molti componenti delle
milizie vengono integrati nell’esercito regolare o nelle ‘Forze di difesa popolari’,
ha aggiunto Jahangir, sempre parlando del Darfur, teatro di scontri tra le
forze governative e due movimenti ribelli locali, costati la vita negli ultimi
mesi ad almeno 10.000 persone. È certo che ci siano legami tra alcune milizie e
le forze governative”. La Jahangir, nominata relatrice speciale nell’agosto
1998, ha, quindi, auspicato che “il governo del Sudan compia ogni sforzo per
porre fine alla cultura dell’impunità”. (B.C.)
LA
PRESIDENTE DELLO SRI LANKA FRENA SUI PROSSIMI COLLOQUI DI PACE
CON I RIBELLI. ESISTE LA VOLONTA’ DI
RISPETTARE IL CESSATE-IL-FUOCO -
HA SPIEGATO
IL CAPO DI STATO - MA ANCORA
NON E’
STATA CONCORDATA UNA DATA PER IL VERTICE
COLOMBO.
= Non ci sono ancora accordi precisi con i ribelli delle ‘Tigri per la liberazione
della patria Tamil’ (Lttle) per riprendere i colloqui di pace. Lo ha annunciato
ieri la presidente dello Sri Lanka, Chandrika Kumaratunga, smentendo le voci
che annunciavano un vertice esecutivo-guerriglia per agosto. Parlando alla
televisione del Paese asiatico, il capo dello Stato ha detto di voler discutere
con le ‘Tigri’ i progetti per un’amministrazione autonoma nel nord e nell’est
del Paese, territori per i quali il movimento ribelle combatte dal 1983, ma ha
spiegato che non è stata ancora raggiunta un’intesa. Kumaratunga ha, comunque,
ribadito che entrambe le parti intendono rispettare il cessate-il-fuoco, firmato
nel febbraio 2002, sottolineando che i ritardi nei colloqui “riflettono la complessità
dei negoziati” e indicano, allo stesso tempo, che “sono presi molto sul serio”.
(B.C.)
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14 giugno 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
● Ennesimo attacco contro le forze
della coalizione in Iraq: 12 persone sono rimaste uccise e 50 ferite,
nell’esplosione di un’autobomba nel pieno centro di Baghdad. Il servizio è di
Dorotea Gambardella.
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Tra le vittime, in gran parte
irachene, ci sono anche due britannici, un francese, un americano e un
filippino, dipendenti di ditte appaltatrici di servizi per la coalizione. E una seconda autobomba sembra sia esplosa a sud di Baghdad, nella città
di Salman Park. Quattro i morti. Sul piano politico, il premio Nobel per la pace nel 2003,
l’iraniana, Shirin Ebadi, in un’intervista apparsa, stamani, sul quotidiano La
Stampa, ha affermato che “la democrazia non s’impone e quando la si invoca per
dichiarare guerra è evidente che si tratta soltanto di un pretesto”. Circa la
vicenda delle torture ai danni dei prigionieri iracheni nel carcere di Abu
Ghraib, il New York Times riferisce che non è vero che i
vertici militari Usa ne fossero all’oscuro fino a gennaio. Secondo il
quotidiano americano, che riporta le dichiarazioni di alcuni dirigenti
dell’intelligence statunitense, le notizie di abusi cominciarono a diffondersi
all’inizio di novembre, quando furono consegnati i primi rapporti in merito. A
Bassorah, visita a sorpresa del ministro della Difesa britannico, Geoff Hoon,
alle truppe anglosassoni, che nella città hanno il loro quartier generale. Hoon
ha informato che nel sud dell’Iraq è
stata elaborata una nuova strategia, che prevede il mantenimento nel
Paese dello stesso numero di militari del Regno Unito. A due settimane dal
trasferimento della sovranità al governo iracheno, intanto, la Croce Rossa
lancia un ultimatum agli Stati Uniti: o incriminano Saddam Hussein entro il 30
giugno, oppure, nel rispetto delle leggi internazionali, dovranno scarcerarlo.
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● Medio Oriente. Il capo delle Brigate dei martiri al Aqsa di Jenin,
Zacharia Zubeidi, si è dichiarato pronto a porre fine agli attacchi contro
Israele, se l’esercito dello Stato ebraico si ritirerà dalla città. Intanto,
per la seconda volta in una settimana, il governo israeliano si confronterà in
Parlamento con tre nuove mozioni di sfiducia. Tra esse, quella presentata da un
partito di destra circa la politica del premier, Ariel Sharon, di disimpegno
dai palestinesi, che prevede un ritiro dalla striscia di Gaza e lo sgombero di
una ventina di colonie.
● “Non siamo mai stati così vicini a un compromesso come oggi”. Lo
ha dichiarato il ministro degli Esteri tedesco, Fischer, a proposito delle
trattative sulla futura Costituzione europea. Proprio oggi i capi delle diplomazie
dei 25 Paesi dell’Unione sono riuniti a Lussemburgo per discutere sulla bozza
di trattato europeo, in vista del vertice dei capi di stato e di governo del 17
e 18 giugno a Bruxelles. Sul tavolo dell’odierna conferenza intergovernativa a
livello di titolari degli Esteri, anche l’estensione delle materie da votare a
maggioranza qualificata, l’inserimento della Carta dei Diritti e alcune
questioni di politica economica e commerciale.
● Il conflitto israelo-palestinese, la situazione in Iraq e nella
Repubblica turca di Cipro del Nord: questi, in sintesi, i temi al centro della
Conferenza dei ministri degli Esteri dei Paesi islamici, al via da oggi ad
Istanbul. La Turchia chiederà al mondo islamico modernizzazione e riforme.
L’evento durerà 3 giorni, 57 i Paesi invitati.
● Alle elezioni presidenziali in
Lituania, uno dei dieci nuovi Paesi dell’Unione Europea, si andrà al
ballottaggio per eleggere il sostituto di Rolandas Paksas, destituito in
seguito alla messa in stato d’accusa da parte del Parlamento di Vilnius. La
sfida è tra l’ex capo di Stato, Valdas Adamkus, e l’ex primo ministro, Kazimiera
Prunskene.
● In Serbia, si è svolta ieri la
quarta elezione presidenziale in un anno e mezzo per mancanza del quorum dei
votanti. Al ballottaggio, che si terrà tra due settimane, si contenderanno
l’alta carica il nazionalista radicale Tomislav Nikolic, e il riformista Boris
Tadic.
● Gli ispettori dell’Agenzia
internazionale per l’energia atomica sono tuttora incerti se l’Iran abbia
dichiarato tutte le sue attività collegate con l’arricchimento dell’uranio. Lo
ha affermato il direttore dell’organizzazione delle Nazioni Unite con sede a
Vienna, Mohamed El Baradei, aggiungendo che Teheran deve essere “più
trasparente e attiva”.
● Almeno 21 poliziotti nepalesi sono stati uccisi e 16 feriti in
un’imboscata tesa ad un gruppo di agenti nella parte occidentale del Paese.
L’attacco, il più grave da quando il 2 giugno Sher Bahadur Deuba è stato
rieletto primo ministro, è stato compiuto nella città di Khairikhola, stando a
quanto riferito dalle forze di sicurezza. Per il momento, non sono stati
forniti altri dettagli.
● Una bomba è esplosa in un’area tribale del Pakistan, provocando la
morte di tre ufficiali delle forze paramilitari e il ferimento di altri tre.
L’attacco ha avuto luogo al confine con il Sud Waziristan, area in cui le forze
governative stanno effettuando vaste operazioni contro gli affiliati
dell’organizzazione terroristica, Al Qaeda. Con l’attacco odierno, in cinque
giorni di aspri combattimenti, il numero delle vittime sale a 72.
● Una serie di tornado e di violenti temporali hanno fatto danni e
vittime, nelle ultime 48 ore, nel MidWest degli Stati Uniti, lasciando decine
di migliaia di persone senza elettricità e centinaia senza tetto. Ancora
provvisori i bilanci. Danni e vittime sono stati segnalati anche nel Kansas,
nel Michigan e nell’Indiana, dove la cittadina di Lafayette è stata
semi-inondata.
● Scontri nella notte a
Shali, in Cecenia. Si sono affrontati le forze di sicurezza e i guerriglieri:
due i morti tra questi ultimi e quattro i feriti tra le guardie presidenziali.
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