RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 161 - Testo della trasmissione di mercoledì 9 giugno 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’udienza generale in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II ricorda il recente viaggio apostolico in Svizzera ed esorta i giovani a vivere con entusiasmo la missione a cui Dio li chiama: intervista con mons. Pier Giacomo Grampa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La comunità internazionale si ricompatta dopo il sì unanime alla nuova risoluzione sull’Iraq: i commenti di mons. Fernando Filoni e Al Saadi Latif

 

Commozione e gioia all’aeroporto di Ciampino per l’arrivo dei tre ostaggi italiani, liberati ieri in Iraq.

 

Domani si inizia a votare per il Parlamento europeo dell’Unione a 25: alle urne i cittadini di Gran Bretagna e Paesi Bassi. Ce ne parla Federiga Bindi

 

Presentato l’annuale incontro internazionale “Uomini e religioni” promosso da Sant’Egidio a Milano in settembre sul tema: “Religioni e culture. Il coraggio di un nuovo umanesimo”. Con noi il cardinale Dionigi Tettamanzi e Mario Marazziti

 

Fino al 12 giugno di scena a Brescia e Bergamo il Festival pianistico internazionale “Arturo Benedetti Michelangeli”: ai nostri microfoni Giovanni Bellucci.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La salvaguardia del creato è via per la pace: lo afferma il Consiglio delle Chiese episcopali d’Europa

 

In Nepal, i ribelli maoisti sequestrano 200 insegnanti e quattro prèsidi, causando la chiusura delle scuole nel Paese

 

Le Chiese dell’Africa schierate contro il “genocidio silenzioso” dell’Aids, che nel continente è la prima causa di morte

 

Grande sciopero nazionale in Guatemala contro la riforma fiscale del governo

 

Promulgata in Qatar la prima costituzione scritta: entrerà in vigore tra un anno e introdurrà nuovi spazi di democrazia, in favore dei cittadini dell’Emirato

 

24 ORE NEL MONDO:

In un clima di ottimismo ha preso il via ieri a Savannah, in Georgia, il G8

 

Fiammata di violenze in Afghanistan: uccisi 21 presunti talebani

 

L’esercito ha ripreso stamani il controllo nella città congolese di Bukavu.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 giugno 2004

 

ALL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO,

GIOVANNI PAOLO II RICORDA IL RECENTE VIAGGIO APOSTOLICO IN SVIZZERA

ED ESORTA I GIOVANI A VIVERE CON ENTUSIASMO LA MISSIONE A CUI DIO LI CHIAMA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

I giovani della Svizzera e del mondo intero svolgano “con entusiasmo la missione a cui Dio li chiama”. E’ l’esortazione di Giovanni Paolo II all’udienza generale di stamani, in piazza San Pietro, dedicata interamente al recente viaggio apostolico a Berna. Il Santo Padre, che ha ribadito l’urgenza dell’impegno ecumenico, ha ringraziato il Consiglio federale svizzero per la decisione di elevare il rango della Rappresentanza diplomatica elvetica presso la Santa Sede. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Un momento di grande entusiasmo spirituale”: così il Papa ha definito l’incontro a Berna con i giovani svizzeri, sabato scorso. Evento, ha ricordato, che ha costituito il “motivo principale” del pellegrinaggio apostolico in terra elvetica. E’ stata l’occasione, ha evidenziato, per proporre un messaggio ai giovani di tutto il mondo:

 

Questo messaggio, che mi sta tanto a cuore, si riassume in tre verbi: “Alzati!”, “Ascolta!”, “Mettiti in cammino!”. E’ Cristo stesso, risorto e vivo, che ripete ad ogni ragazzo e ragazza del nostro tempo queste parole.

 

Solo il Redentore, ha avvertito, “può aiutare i giovani a rialzarsi da esperienze e mentalità negative per crescere fino alla loro piena statura umana, spirituale e morale”. Il Pontefice ha, poi, ricordato la Santa Messa celebrata sul prato bernese dell’Allmend, nella solennità della Santissima Trinità. A Dio Uno e Trino, ha affermato, abbiamo elevato il ringraziamento per le bellezze del creato, di cui la Svizzera è ricca, e “più ancora per la comunione nell’Amore, di cui Lui è la fonte”. Alla luce di questo mistero fondamentale della fede cristiana, ha ricordato, “ho rinnovato l’appello all’unità di tutti i cristiani, invitando anzitutto i cattolici a viverla tra di loro, facendo della Chiesa la casa e la scuola della comunione”. Non ha, poi, mancato di ringraziare le Guardie Svizzere, per il prezioso contributo, che da quasi 5 secoli offrono alla Sede Apostolica. Migliaia di giovani svizzeri, ha sottolineato, hanno offerto il “loro singolare contributo a Successore di Pietro”, ragazzi pieni di vita e ideali, animati da amore sincero verso Cristo e la Chiesa. E qui, ha levato una viva esortazione:

 

Possano i giovani della Svizzera e del mondo intero scoprire la meravigliosa unità tra la fede e la vita, e prepararsi a svolgere con entusiasmo la missione a cui Iddio li chiama!.

 

Al termine della catechesi, il Papa ha salutato i fedeli convenuti in piazza San Pietro, per l’udienza generale. In occasione della solenne festa del Corpus Domini, che celebreremo domani, ha detto il Pontefice, “invito i romani e i pellegrini a partecipare numerosi alla Santa Messa che avrà luogo a Piazza San Giovanni in Laterano”, alle ore 18,30, e alla processione eucaristica che si concluderà a Santa Maria Maggiore.

 

Al termine dell’udienza, è stata presentata al Papa la traduzione in svedese delle catechesi, impartite da Giovanni Paolo II, durante le udienze generali dal 2001 al 2003. I testi sono stati trasmessi dal Programma Scandinavo della Radio Vaticana nella traduzione di Olle Brandt e recentemente pubblicati dalla casa editrice svedese “Catholica”.

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Il Papa ha dunque dedicato l’udienza generale di oggi al 103.mo viaggio apostolico, tenutosi a Berna il 5 e 6 giugno scorsi. Un evento caratterizzato dall’incontro con i giovani cattolici svizzeri, in occasione del loro primo meeting nazionale, al Palaghiaccio di Berna. Ma cosa resta nei fedeli della Svizzera della visita del Papa, al di là dell’emozione di quei giorni? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a mons. Pier Giacomo Grampa, vescovo di Lugano:

 

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R. – Innanzitutto devo rinnovare lo stupore per il messaggio del Santo Padre, che ha saputo attualizzare il Vangelo con concretezza, manifestando una conoscenza viva della realtà giovanile. Un messaggio, quello del Papa, da riprendere. Io ho proposto che venga distribuito a tutti i giovani. E’ un discorso che deve diventare un programma ed una traccia per i nostri incontri di catechesi e di formazione.

 

D. – Il Papa ha esortato i giovani svizzeri a proclamare con coraggio il Vangelo. Come li aiuterete voi vescovi a mettere in atto questa esortazione?

 

R. – Si tratta di trovare le strade di comunicazione con il mondo giovanile più lontano, perché questo messaggio di coraggio, del tradurre nella realtà di ogni giorno impegni di fedeltà al Vangelo, divengano concretezza.

 

D. – C’è un momento in particolare che l’ha colpita della visita del Papa?

 

R. – Soprattutto l’incontro con i giovani e la determinazione del Pontefice, nonostante la parola fosse faticosa, di non lasciarsi sottrarre il testo del discorso che qualcuno voleva far leggere ad altra persona. Ha preteso anche che gli portassero il microfono, quando alla fine volevano che si ritirasse. Questa determinazione a restare presente in un coinvolgimento così forte, capace di sollevare un entusiasmo meraviglioso.

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NOMINE

 

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Maurizio l’arcivescovo Augustine Kasujja, nunzio apostolico in Madagascar e nelle Seychelles e delegato apostolico nelle Isole Comore e a La Réunion.

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cuiabá in Brasile, presentata da mons. Bonifácio Piccinini, Salesiano, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Mílton Antônio dos Santos, anch’egli Salesiano, finora vescovo coadiutore della medesima arcidiocesi.

 

Sempre oggi il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Anápolis in Brasile, presentata da mons.  Manoel Pestana Filho, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. João Wilk, dei Frati Minori Conventuali, finora vescovo di Formosa. Mons. Wilk è nato il 18 settembre del 1951 in Seroczyn, nell’arcidiocesi di Varsavia ed è stato ordinato sacerdote il 24 giugno del 1976, in Assisi.

        

Il Papa ha quindi nominato vescovo di Koszalin-Kołobrzeg in Polonia mons. Kazimierz Nycz, finora vescovo titolare di Villa de re ad ausiliare di Kraków.

 

Infine il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Augsburg in Germania, presentata da mons.  Viktor Josef Dammertz, Benedettino, per raggiunti limiti di età.   

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina è dedicata all'udienza generale, durante la quale Giovanni Paolo II ha ripercorso il pellegrinaggio a Berna e ha riconsegnato alle nuove generazioni i tre verbi che danno senso pieno alla vita: "Alzati!", "Ascolta!", "Mettiti in cammino!". E' un messaggio per tutti i giovani della Svizzera, dell'Europa e del mondo.

 

Nelle vaticane, un articolo di Jean Galot e di Giuseppe Buono sul significato della solennità del Corpus Domini.

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq: l'Onu ha approvato all'unanimità la risoluzione.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli in margine alla mostra sulle Confraternite, allestita nella Biblioteca Nazionale di Roma.

Una monografica sul tema "I percorsi della musica classica contemporanea".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il rientro in patria dei tre italiani che erano stati sequestrati in Iraq.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 giugno 2004

 

 

LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE SI RICOMPATTA DOPO IL SÌ UNANIME ALLA NUOVA

RISOLUZIONE SULL’IRAQ: I COMMENTI DI MONS. FERNANDO FILONI E AL SAADI LATIF

 

 

La Comunità Internazionale ha espresso viva soddisfazione per il voto unanime con il quale ieri i 15 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno approvato la nuova risoluzione sull’Iraq. Si tratta del documento 1546, messo a punto da Stati Uniti e Gran Bretagna. Nel Paese del Golfo, tuttavia, la situazione resta difficile. Scontri e attacchi di guerriglieri si sono, infatti, verificati in varie località: dalla città sunnita di Falluja, dove 12 persone hanno perso la vita in un conflitto a fuoco tra un gruppo di guerriglieri e le forze della polizia irachena, a quella sciita di Kerbala, alla periferia di Baghdad. Sabotate anche le arterie petroliferie di Kirkuk. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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Il nuovo Iraq è nato ieri sera, almeno sulla carta. Con 15 mani alzate il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha dato il via libera alla risoluzione 1546, nella quale è tratteggiato il futuro iracheno dal 30 giugno 2004 al gennaio 2006. La risoluzione stabilisce, quindi, la “piena sovranità” del nuovo governo ad interim, segna le tappe del processo politico che dovrà portare “verso un Iraq federale, democratico, pluralista e unificato” e stabilisce le modalità per la presenza della forza multinazionale e per la gestione delle operazioni militari a partire dal 30 giugno prossimo. Nel documento, che fa riferimento anche “all’eredità archeologica, storica, culturale e religiosa” del Paese, si riafferma poi “il diritto del popolo iracheno a determinare liberamente il proprio futuro politico e il controllo sulle proprie risorse naturali”.

 

Lo strumento-chiave, che ha permesso il superamento delle residue riserve di Francia e Germania, è un nuovo organismo che nascerà a Baghdad. Si tratta del Comitato ministeriale per la sicurezza nazionale, dove lavoreranno spalla a spalla i vertici del governo iracheno, delle forze armate dell’Iraq, dell’intelligence di Baghdad e della Forza Multinazionale. Dinanzi alla tanto attesa risoluzione Onu la Comunità Internazionale ha espresso la propria soddisfazione. “Un mondo unito e riunificato - ha commentato il premier inglese, Tony Blair, facendo eco alle dichiarazioni di soddisfazione del presidente statunitense, George Bush - ha parlato con una sola voce sull’Iraq”. “Crediamo che questo ampio sostegno internazionale - ha sottolineato, invece, il premier irlandese Bertie Ahern, presidente di turno dell’Unione Europea - contribuirà alla restaurazione della pace e della stabilità in Iraq”. All’ottimismo generalizzato, seppur arginato dalla Russia, si frappone, tuttavia, la posizione dei curdi, che minacciano di uscire dal governo. Il testo, infatti, non contiene alcun riferimento alla costituzione provvisoria firmata nel marzo scorso che garantiva loro l’autonomia.

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Sulla risoluzione votata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU ascoltiamo il commento del nunzio apostolico a Baghdad mons. Fernando Filoni:

 

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R. – Mi pare di poter dire che la posizione, tante volte invocata dal Santo Padre, trova finalmente concretezza, nel senso che le Nazioni Unite entrano a far parte di questo processo, nel senso che vengono presi in considerazione aspetti importanti come il rispetto della sovranità di questo Paese, la responsabilità di un governo locale. Dunque, in un processo che certamente non è idealistico ma deve essere concreto, questo primo atto è veramente molto importante. Speriamo ora che porti gradualmente a quella normalità che il popolo iracheno si attende.

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Sul voto dell’ONU ascoltiamo ora la riflessione di Al Saadi Latif, giornalista iracheno residente da alcuni anni in Italia. L’intervista è di Paolo Ondarza.

 

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R. – Noi consideriamo questa risoluzione un altro passo avanti su una strada difficile verso un Iraq democratico, federale ed unito. Rimane il fatto di come realizzare la piena sovranità. Per noi ci sono due punti fondamentali: il controllo economico sulla risorsa petrolifera e la sicurezza. Io comunque concludo dicendo che è stato fatto un passo avanti verso le elezioni libere sotto l’osservazione della comunità internazionale.

 

D. – Lei citava la gestione del greggio, del petrolio, certificata da un organismo internazionale che non avrà potere di controllo sulla spesa. Siete soddisfatti rispetto a questo controllo?

 

R. – Sì, perchè noi abbiamo chiesto di partecipare, di mettere l’amministrazione del fondo dello sviluppo per la ricostruzione dell’Iraq nelle mani degli iracheni, ovviamente con la partecipazione della comunità internazionale, dell’Onu.

 

D. – Negli ultimi giorni però si sono susseguite manifestazioni contro alcuni punti di questa risoluzione. Ieri sono scesi in piazza gli sciiti, oggi i curdi non appagati, in quanto non si prende in considerazione la questione del Kurdistan…

 

R. – Dopo 35 anni del regime di Saddam Hussein è normale che ci sia la volontà di partecipare alla vita politica in Iraq. E questa per noi è una cosa molto positiva. Per questo motivo ci sono idee diverse. Oggi i gruppi sciiti vogliono avere il potere. Non mi stupisce e non mi fa paure questa manifestazione. Io personalmente avrei voluto almeno che fosse citato per esempio il diritto del popolo curdo ad avere una sua autonomia. Perché i curdi, dopo le persecuzioni di questi anni, hanno paura e vogliono una garanzia.

 

D. – La risoluzione dell’Onu rappresenta una ritrovata unione tra Europa e Stati Uniti…

 

R. – Per noi far entrare l’Europa vuol dire rafforzare le decisioni collettive che riguardano l’Iraq. Aumentare cioè il ruolo dell’Onu, non solo in Iraq ma in tutto il Medio Oriente.

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COMMOZIONE E GIOIA ALL’AEROPORTO DI CIAMPINO

 PER L’ARRIVO DEI TRE OSTAGGI ITALIANI, LIBERATI IERI IN IRAQ

AL TERMINE DI UN’OPERAZIONE CONDOTTA DALLE FORZE DELLA COALIZIONE

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

Dalle devastazioni di un Paese colpito dalla guerra e dalla drammatica esperienza del sequestro al liberatorio abbraccio con i propri cari. E’ questo il lieto fine della dolorosa vicenda, drammaticamente segnata dalla barbara uccisione di Fabrizio Quattrocchi, che hanno vissuto Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio. I tre italiani, arrivati questa mattina all’aeroporto di Ciampino, sono stati liberati ieri, in Iraq, insieme al polacco Jerzy Kos dopo un’operazione compiuta dalle forze della coalizione che ha portato all’arresto di diverse persone, coinvolte nel sequestro. La notizia è stata accolta con grande soddisfazione dal Papa che ha invocato più volte la liberazione degli ostaggi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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“Il Papa – ha dichiarato il portavoce vaticano, Joaquin Navarro Valls - ha ricevuto con grande gioia e sollievo la notizia della liberazione degli ostaggi italiani e di quello polacco e ha anche espresso la propria vicinanza alla famiglia di Fabrizio Quattrocchi, barbaramente assassinato dopo il suo sequestro”. Il nunzio apostolico a Baghdad, l’arcivescovo Fernando Filoni, ha inoltre spiegato che la nunziatura ha seguito il caso “con molta apprensione e da vicino, perchè avesse una soluzione positiva”. E sottolineando proprio l’impegno della Chiesa per la liberazione degli ostaggi, il presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, ha evidenziato come questo episodio possa costituire un segno di speranza per il futuro dell’Iraq. L’auspicio - ha proseguito il porporato –  è che i gruppi armati e le milizie finalmente vogliano collaborare con il nuovo governo.

 

I tre ostaggi italiani, rapiti lo scorso 13 aprile dalle “Falangi verdi di Maometto”, sono stati liberati nei pressi di Baghdad senza spargimento di sangue grazie ad un lavoro di stretto coordinamento tra le autorità italiane, le forze della coalizione e i servizi di intelligence. Un’operazione che ha significato la libertà per i rapiti e la fine della dolorosa attesa per i familiari che hanno espresso la loro felicità. Il padre di Maurizio Agliana ha detto che finalmente non dovrà più mentire alla moglie, gravemente malata e non informata sul rapimento. La madre di Salvatore Stefio, accolto all’aeroporto dal padre in ginocchio, ha ringraziato il Signore per aver ascoltato le proprie preghiere. La cognata di Umberto Cupertino, l’ultimo ad entrare all’interno dello scalo e apparso molto commosso, ha sottolineato l’aiuto ricevuto dalla fede durante gli angoscianti 56 giorni del sequestro. I tre italiani hanno dichiarato di aver appreso solo dopo la loro liberazione la notizia della morte di Fabrizio Quattrocchi, molto probabilmente ucciso – secondo quanto riferito dalla Farnesina - perché in possesso di un tesserino rilasciato dall’Autorità provvisoria della coalizione. Il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha infine spiegato che il blitz di ieri ha scongiurato l’11 giugno italiano: i sequestratori – ha infatti detto il ministro – avrebbero potuto uccidere gli ostaggi proprio alla vigila del voto per le elezioni europee.

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DOMANI SI INIZIA A VOTARE PER IL PARLAMENTO EUROPEO DELL’UNIONE A 25:

ALLE URNE I CITTADINI DI GRAN BRETAGNA E PAESI BASSI.

- Intervista con Federiga Bindi -

 

732 deputati di 25 Stati diversi, per rappresentare un continente di 455 milioni di persone. Da domani mattina – quando si apriranno i seggi in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi – a domenica sera – quando si chiuderanno nella maggioranza dei Paesi interessati – l’Unione Europea sceglierà il nuovo Parlamento. Un’assemblea che, per la prima volta, vedrà nell’aula di Strasburgo polacchi ed estoni, ciprioti e slovacchi, cechi e lettoni, maltesi e lituani, ungheresi e sloveni. A Federiga Bindi, responsabile dell’Ufficio europeo dell’Università di Tor Vergata, Andrea Sarubbi ha chiesto quali sfide attendono il nuovo Parlamento:

 

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R. – Sicuramente il Parlamento deve continuare ad incrementare i suoi poteri, perché è vero che nella sua co-decisione ha un potere uguale a quello del Consiglio ma è anche vero che la co-decisione si applica oggi al 30 per cento delle materie che esistono nell’Unione Europea. Va quindi allargato ad un numero molto maggiore di materie, possibilmente a tutte.

 

D. – L’ingresso dei nuovi Stati potrà spostare gli equilibri politici all’interno del Parlamento?

 

R. – Sicuramente a quanto si sente dai sondaggi verranno spostati dal punto di vista conservatore e quindi il Ppe si confermerà quasi sicuramente il primo partito. Bisogna vedere quale sarà l’effetto sulla linea politica dello stesso Ppe.

 

D. – Pare che l’allargamento porti con sé anche il rischio di astensionismo: nei nuovi Paesi l’affluenza si annuncia piuttosto bassa.

 

R. – Questo è un segno molto grave. Quando Spagna e Portogallo sono entrati il tasso di voto era molto alto e permane molto alto. C’è qualcosa che non funziona se dei Paesi che sono democratici da così poco tempo già non vanno più a votare.

 

 

D. – Quale la causa ?

 

R. – Secondo me l’idea è questa: hanno visto nell’Unione Europea più un luogo dove sviluppare le loro economie, se vogliamo. Il significato di democratizzazione, di pace che è alla base della Comunità europea rischia così di perdersi. In questi Paesi c’è gia uno scontento perché nel loro processo di avvicinamento all’Unione Europea, pensavano di diventare ricchi e di stare bene subito; questo  non succede e quindi dicono che è un po’ colpa dell’Unione Europea.

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PRESENTATO L’ANNUALE INCONTRO INTERNAZIONALE “UOMINI E RELIGIONI”

PROMOSSO DA SANT’EGIDIO A MILANO IN SETTEMBRE SUL TEMA:

“RELIGIONI E CULTURE. IL CORAGGIO DI UN NUOVO UMANESIMO”.

- Interviste con il cardinale Dionigi Tettamanzi e Mario Marazziti -

 

Milano crocevia del dialogo e della pace. Sarà il capoluogo lombardo ad ospitare la 18.ma edizione di “Uomini e religioni”, l’incontro internazionale di preghiera per la pace, promosso dalla comunità di Sant’Egidio. Dal 5 al 7 settembre prossimo, oltre 400 personalità religiose, politiche, culturali di fama mondiale, provenienti da 70 nazioni, si divideranno fra Duomo, Teatro degli Arcimboldi e Università Bicocca, per un confronto aperto sul tema: “Religioni e culture. Il coraggio di un nuovo umanesimo”. Ieri la conferenza stampa per la presentazione dell’evento. Da Milano Fabio Brenna.

 

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 Il dialogo religioso e culturale è la via maestra per la pace, perché – ha osservato il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano – la paura non si scaccia con la paura, e il dialogo è l’unica strada per arrivare alla composizione dei conflitti e delle contrapposizioni che caratterizzano questa fase storica:

 

“Lo scopo è di mostrare come i grandi problemi di oggi possano e debbano essere affrontati secondo una razionalità profonda, che è quella che dice che le diversità religiose, culturali, economiche e politiche dovrebbero dar vita ad una capacità di scambio di conoscenze, una capacità di collaborazione nell’utilizzazione di tutti i mezzi che sono a disposizione per realizzare, per il bene di tutti, una convivenza che possa essere qualificabile come una convivenza umana e umanizzante”.

 

Il cardinale Tettamanzi la settimana prossima partirà per un cammino ecumenico di pace a Gerusalemme, una iniziativa condivisa con i leader delle 16 confessioni cristiane presenti a Milano e che si situa, come del resto lo stesso Meeting “Uomini e religioni”, nel solco di quello storico incontro del 1986 ad Assisi, promosso da  Giovanni Paolo II con i leader religiosi di tutto il mondo. Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:

 

“Il dialogo è la via stretta e necessaria che il mondo oggi ha davanti per uscire dal terrorismo e dalla guerra. A Milano ci saranno leader religiosi, ci saranno uomini di cultura, grandi personalità, da tante parti del mondo, che si porranno le grandi domande della nostra vita quotidiana: ‘l’immigrazione è utile o dannosa per la nostra vita? Si può convivere assieme tra diversi? C’è una globalizzazione capace di solidarietà oppure esiste una globalizzazione che arricchisce solo alcuni ed impoverisce altri? C’è la soluzione agli scontri tra le civiltà e tra le religioni?’ Si parlerà assieme con grande serietà senza nascondere i problemi, ma anche dentro una scelta comune, che è quella di dire che la violenza e lo scontro non sono mai la soluzione”.

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FINO AL 12 GIUGNO IL GOTHA DEL CONCERTISMO MONDIALE AL FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE “ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI” DI BRESCIA E BERGAMO

SUL TEMA “IL PIANOFORTE E IL TEATRO”

- Con noi Giovanni Bellucci -

 

“Il pianoforte e il teatro” è al centro della 41.ma edizione del Festival Pianistico Internazionale “Arturo Benedetti Michelangeli”, fra i più prestigiosi in Europa, in corso a Brescia e Bergamo fino al 12 giugno con il Gotha del concertismo mondiale. Un tema che ha trovato la sua più efficace interpretazione nel récital di apertura di Giovanni Bellucci, talento italiano acclamato anche all’estero, con il “melodramma strumentale”: una ricreazione al pianoforte di celebri arie d’opera, rilette da Thalberg e Liszt attraverso fantasie e parafrasi; e di un monumento sinfonico-letterario come la Grande Sinfonia Fantastica di Hector Berlioz, nella versione pianistica di Franz Liszt. Il servizio di A.V..

 

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(musica)

 

Come il pianoforte diventa teatro di passioni, pensieri e stati d’animo, così l’interprete si fa poeta, cantante, pittore visionario attraverso la musica. Giovanni Bellucci:

 

R. – Di per sé la musica, per raggiungere dei livelli di pregnanza e per coinvolgere, deve senz’altro trasformarsi in qualcosa di diverso. La musica può essere benissimo pittura. Può essere poesia, espressione a volte di sentimenti  esasperati, veicolo di concetti filosofici. Si tratta di un linguaggio estremamente flessibile e che può contenere e veicolare concetti, emozioni o immagini senza barriere, portandoli al cuore dell’ascoltatore con grande facilità. La musica ha da sempre avuto un potere immenso ed è stata anche temuta per questo, se vogliamo.

 

D. – Questo universo sonoro è anche un mondo metafisico…

 

R. – Credo che il metafisico nella musica sia frequente, e sia indispensabile all’interprete frequentarlo con assiduità e con abbandono. Nel caso, per esempio, del programma che ho eseguito a Brescia, mi verrebbe da citare alcuni momenti, in particolare nel “Miserere” del Trovatore, ove diversamente da quanto prevedeva Verdi nella sua stesura originale del pezzo, Liszt aggiunge dei passaggi nella sua parafrasi che non sono degli ornamenti o degli eccessi virtuosistici, ma sono dei passaggi inseriti veramente allo scopo di creare un’ambientazione ed una sensazione metafisica, che possa associarsi al funereo, nel caso specifico. L’inserimento, ad esempio, di alcune scale, passaggi rapidissimi come delle folate di vento, che si uniscono al tema della marcia funebre, servono effettivamente a creare la sensazione metafisica dello spettrale soffiare del vento tra le tombe.

 

D. – Per andare oltre, per andare verso il metafisico, è necessario anche riuscire a guardare l’abisso, come fa Berlioz nella sua Sinfonia Fantastica?

 

R. - Per identificare una qualità timbrica nel suono, un’intensità espressiva che possa associarsi ad un concetto del bene, della positività, della luminosità, è evidente che non si possa prescindere dal rapportarla al suo inverso, al suo opposto: quindi, al male, alla negatività, all’ombra. Evidentemente bisogna aver provato queste sensazioni, questi rapporti di luce ed ombra, di sofferenza e riscatto. Aver vissuto esperienze di varia natura aiuta senza dubbio l’interprete a potersi calare al meglio nei panni del veicolatore di queste sensazioni così diverse, così accese.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

9 giugno 2004

 

 

LA SALVAGUARDIA DEL CREATO È VIA PER LA PACE:

LO AFFERMA IL CONSIGLIO DELLE CHIESE EPISCOPALI D’EUROPA,

AL TERMINEDELL’INCONTRO SUL TEMA:

 “LA RESPONSABILITÀ DELLE CHIESE E DELLE RELIGIONI PER LA CREAZIONE”

 

NAMUR (BELGIO). = “La responsabilità per il creato è una sfida centrale per il futuro della terra, per la difesa della pace e anche per la testimonianza cristiana nella società contemporanea”.  L’affermazione è uno dei capisaldi della riflessione sviluppata durante i lavori della consultazione sulla responsabilità per il Creato, organizzata dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) con la collaborazione della “Bergerie de la Forête”. Il confronto, che ha impegnato oltre 60 delegati provenienti da 22 nazioni, si è svolto nei giorni scorsi nella località belga di Namur, su invito dei vescovi locali. L’incontro ha concluso il ciclo di sei consultazioni organizzate dal Ccee (il primo si è svolto nel 1999) ed ha visto la presenza di rappresentanti della Santa Sede, del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, della Commissione degli episcopati presso l’UE (Comece), della Rete ecumenica europea per l'ambiente (Ecen), e degli ordini religiosi (Ucesm). Nel comunicato finale, è stato messo in evidenza il ruolo centrale del dialogo interreligioso anche in chiave di tutela ecologica. Riecheggiando il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace di qualche anno fa, i partecipanti hanno affermato che se “non c’è pace senza giustizia”, non c’è giustizia anche senza una “corretta gestione e salvaguardia delle risorse del Creato”. Dietro ogni conflitto, si legge nella nota, “c’è di fatto un problema di ripartizione delle risorse naturali. Sono necessarie azioni concrete e  dialoghi intensi per fare in modo che i conflitti ecologici sull'accesso alle risorse di acqua (come in Medio oriente), petrolio (in Iraq) e terra coltivabile (Africa) vengano bloccati e non trasferiti sul piano religioso”. Il dialogo ecumenico, si rileva, rappresenta anche “una piattaforma significativa” per intervenire in campi specifici come la formazione ambientale, la gestione degli edifici ecclesiali secondo criteri sostenibili, l’agricoltura biologica”. Poiché globali sono i problemi che minacciano l’equilibrio dell’ambiente, le soluzioni - conclude il comunicato - devono perciò essere globali, ma allo stesso tempo applicabili a livello locale, secondo il principio della sussidiarietà”. (A.D.C.)

 

 

IN NEPAL, I RIBELLI MAOISTI SEQUESTRANO 200 INSEGNANTI E QUATTRO PRÈSIDI,

CAUSANDO LA CHIUSURA DELLE SCUOLE NEL PAESE. TRE GIORNI FA, UNA BOMBA

ERA STATA FATTA ESPLODERE, SENZA VITTIME, NELL’AULA DI UN ISTITUTO CATTOLICO

 

KATHMANDU. = Sequestrati in massa e indottrinati a forza. E’ la drammatica vicenda che ha visto vittime centinaia di insegnanti nepalesi, catturati ieri dai ribelli locali che si autodefiniscono “maoisti”. Circa 200 insegnanti di 17 scuole sparse in vari villaggi orientali di Sindhuli – riporta la Misna – sono finiti in ostaggio dei guerriglieri, decisi ad impartire ai loro prigionieri “una infarinatura di principi e letteratura maoista”. Il risultato dell’azione è stata la chiusura delle scuole - lo rimarranno almeno fino al 12 giugno – e un ulteriore atto di violenza contro quattro presidi, sequestrati nel distretto di Dhading. Appena tre giorni fa, in un’aula della scuola cattolica "Piccolo Fiore", nell'est del Nepal, era esplosa una bomba, mentre alcuni bambini stavano giocando nel cortile antistante. L’aula, fortunatamente vuota, ha causato solo danni all'edificio ma nessuna vittima né feriti. “I ribelli vogliono terrorizzare la popolazione, ma anche in questa delicata situazione il nostro lavoro pastorale continua, e la gente lo apprezza”, ha affermato Pius Perumana, pro vicario apostolico in Nepal, nel commentare l’attentato. L’instabilità interna, che già aveva prodotto nei giorni scorsi uno sciopero di protesta, è fomentata dai maoisti dal 1996: obiettivo della lotta, il rovesciamento  della monarchia costituzionale, l’attuazione di una radicale riforma agraria e una profonda revisione del sistema scolastico. (A.D.C.)

 

 

LE CHIESE DELL’AFRICA SCHIERATE CONTRO IL “GENOCIDIO SILENZIOSO” DELL’AIDS,

CHE NEL CONTINENTE E’ LA PRIMA CAUSA DI MORTE. I CAPI RELIGIOSI, RIUNITI A NAIROBI, HANNO LANCIATO UN APPELLO PER UN’AZIONE DI LOTTA E DI PREVENZIONE

 

NAIROBI. = “Il genocidio silenzioso dell’Africa”. Una definizione di impatto che i responsabili delle Chiese del continente, riuniti a Nairobi, hanno coniato ieri per descrivere la piaga dilagante dell’Aids, per arginare la quale hanno lanciato un appello perché sia concertata un’azione di lotta e prevenzione. Sono oltre 200 gli esponenti delle Chiese nazionali del continente, provenienti da 39 Paesi, che si incontrano nella capitale del Kenya per il vertice sull’Aids. In apertura, Nyansako Ni-Nku, presidente della Conferenza della Chiese africane, ha affermato – riferisce la Misna - che “il futuro sviluppo del continente, compresa la realizzazione del Nepad, il Nuovo partenariato per lo sviluppo, sarà determinato dal livello in cui sapremo garantire alla nostra gente sicurezza rispetto all’Hiv/Aids”. Ni-Nku ha aggiunto che l’emergenza di questa epidemia, prima causa di morte in Africa, e lo stigma su chi ne è affetto “minacciano di rompere i forti legami sociali all’interno dei nuclei famigliari in Africa”. Anche il vicepresidente del Kenya, Moody Awori, che ha aperto ufficialmente i lavori dell’assemblea, ha esortato i partecipanti a individuare misure concrete da adottare nella prevenzione dell' Aids e nella gestione dell’epidemia. Le Chiese, tra cui quella cattolica, svolgono un ruolo importante nella lotta contro questa malattia in Africa, attraverso la gestione del 40% delle strutture e delle istituzioni sanitarie. Tra gli obiettivi del convegno, figura anche l’individuazione di strategie di mobilitazione sociale per coinvolgere nella battaglia contro l’Aids le comunità di credenti delle diverse Chiese dell’Africa. (A.D.C.)

 

 

GRANDE SCIOPERO NAZIONALE IN GUATEMALA:

MIGLIAIA DI CONTADINI  BLOCCANO LE PRINCIPALI STRADE E INTERROMPONO

I COLLEGAMENTI VERSO LA CAPITALE E LE FRONTIERE PER PROTESTARE

CONTRO LA RIFORMA FISCALE DEL GOVERNO

 

CITTA’ DEL GUATEMALA. = Migliaia di contadini indigeni guatemaltechi hanno occupato ieri le principali vie di accesso alla capitale, Città del Guatemala, e ai valichi di frontiera con Honduras, El Salvador e Messico. Scopo della protesta, denominata Grande sciopero nazionale 2004, è l’abbattimento della riforma fiscale annunciata dal governo del presidente Oscar Berger, e del Trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. Contestati anche gli sgomberi eseguiti dalle forze dell’ordine in circa mille aziende agricole abbandonate, che dal 2000, dopo il crollo del prezzo del caffè, erano state occupate da famiglie bisognose. I mezzi di trasporto pubblici e le scuole sono rimasti inattivi, mentre l’aeroporto internazionale “La Aurora”, dove si era radunato un centinaio di dimostranti, è stato mantenuto aperto grazie a uno spiegamento di forze di polizia. Hanno aderito alla protesta un centinaio di organizzazioni contadine, sindacali, universitarie, scolastiche e popolari. Secondo le ultime statistiche, in Guatemala l’85% della terra è in mano al 10% della popolazione. A sette anni dalla fine della trentennale guerra civile, che si è conclusa con gli accordi di pace del dicembre 1996, nel Paese – dicono i contadini - persiste una situazione di violazione costante e massiccia dei diritti economici e sociali della popolazione, specialmente nei confronti degli indigeni, che rappresentano il 60% dei guatemaltechi e sono in massima parte contadini.  “Vogliamo mostrare la nostra forza per costringere il governo a trattare”, ha dichiarato il dirigente del Comitato di Unità contadina, Daniel Pascual, annunciando l’intenzione di occupare vari edifici pubblici. Anche l’esponente indigeno Rodolfo Pocop e il rappresentante del “Colectivo de Organizaciones Sociales”, Orlando Blanco, si sono dichiarati pronti a continuare la protesta per sostenere le trattative già in corso con il governo. (R.M.)

 

 

PROMULGATA IN QATAR LA PRIMA COSTITUZIONE SCRITTA:

ENTRERA’ IN VIGORE TRA UN ANNO E INTRODURRA’ NUOVI SPAZI DI DEMOCRAZIA,

IN FAVORE DEI CITTADINI DELL’EMIRATO

 

DOHA. = La prima Costituzione scritta del Qatar è stata promulgata dall’Emiro Sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani, ma entrerà in vigore tra un anno. Lo riferisce l’agenzia di stampa statale di Doha, Qna, precisando che sarà ufficialmente adottata solo dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, prevista tra dodici mesi. La nuova Carta fondamentale del Paese arabo era stata approvata mediante referendum nazionale nell’aprile del 2003, con il oltre il 96% dei consensi. Nel periodo di transizione, scrive la Qna, “verranno messe in atto istituzioni e strutture costituzionali e adottate le misure legali per farli funzionare”. La nuova Costituzione lascia ampi poteri all’Emiro e alla sua famiglia, ma introduce spazi in cui i cittadini potranno far sentire la propria voce. Nel 1971 – dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nell’aprile dell’anno precedente – in Qatar venne adottata una Costituzione provvisoria, in forma non scritta. Il documento appena approvato prevede la creazione di un Consiglio consultivo (Shura) composto da 45 membri, 30 regolarmente eletti e 15 nominati dallo sceicco. La data delle prime elezioni non è stata finora annunciata. Nella piccola penisola del Golfo arabo – ricco di gas e petrolio – vivono circa 800 mila persone, delle quali solo 150 mila sono qatarioti. Il territorio - poco più di diecimila chilometri quadrati - ospita il comando militare degli Stati Uniti per il coordinamento delle operazioni in Iraq. (A.D.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 giugno 2004

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

 Il sì unanime alla risoluzione dell’ONU sull’Iraq e la notizia della liberazione degli ostaggi italiani a Baghdad sono stati un’iniezione di ottimismo per il Vertice del G8, apertosi ieri sera a Savannah, sull’isola di Sea Island, nello Stato americano della Georgia. Elena Molinari:

 

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Il summit della riconciliazione transatlantica è partito sotto buoni auspici: nulla di meglio per George Bush che in Georgia conta di ammorbidire gli alleati meno docili e completare così il riavvicinamento iniziato con il tour europeo della scorsa settimana. Il capo della Casa Bianca ha, infatti, commentato il ‘sì’ del Palazzo di Vetro con toni trionfali. “E’ una grande vittoria per il popolo iracheno”: ha subito detto, ma il presidente russo, Vladimir Putin, a margine di un incontro con Bush, lo ha ridimensionato. “Ci vorrà del tempo - ha sottolineato - per vedere progressi sul terreno”. La rinnovata volontà di lavorare insieme tra i Paesi delle due sponde dell’Atlantico, tuttavia, è reale. Si profilano, infatti, già alcuni accordi tra gli otto grandi: contro la carestia nel Corno d’Africa, nella lotta contro la povertà e per sconfiggere l’Aids e la poliomielite. Altre intese sono pronte sul fronte della lotta contro il terrorismo e contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Ieri, intanto, il timore di un assedio di violenti ‘no-global’ è sfumato tra misure di sicurezza impressionanti e rigidi divieti di accesso.

 

Da Savannah, Elena Molinari per la Radio Vaticana.

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 Un americano, dipendente di una società statunitense che cura l’addestramento della Guardia Nazionale Saudita, è stato ucciso ieri da colpi d’arma da fuoco a Riad. Si tratta del quinto attacco contro cittadini occidentali nella ricca monarchia petrolifera nelle ultime cinque settimane.

 

 Sempre alta la tensione in Afghanistan. Almeno 21 presunti talebani sono stati uccisi ieri dalle forze filo-governative nel corso di un’operazione condotta nel sud-est del Paese.

 

 Le autorità italiane e spagnole hanno espresso soddisfazione per l’arresto ieri a Milano di Rabei Osman Sayed Ahmed, detto Mohamed l’Egiziano, considerato la mente dei sanguinosi attentati di Madrid dell’11 marzo scorso. Sulla presenza in Italia di cellule eversive, Paolo Ondarza ha raccolto il commento di Enzo Bianco, presidente del Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica:

 

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R. - Lo sappiamo perfettamente. L’Italia è uno dei luoghi dove ci sono cellule che operano e non sono affatto dormienti. Sono cellule operative che in passato hanno svolto un’attività prevalentemente logistica, poi hanno svolto un’attività di reclutamento e negli ultimi mesi sono diventate - in Spagna come in Italia - delle cellule pienamente operative e in grado di realizzare anche un domani attentati. C’è una grande attenzione e una grande vigilanza da parte delle forze di polizia. Riguardo al terrorismo siamo tutti compatti, maggioranza ed opposizione. Dobbiamo ora cambiare le strategie di difesa. Questo scenario è destinato a durare nei prossimi anni e, forse, nei prossimi decenni. Questa battaglia non si vince con gli armamenti tradizionali e neppure con gli eserciti, l’operazione dell’Iraq lo dimostra clamorosamente. Siamo andati lì dicendo che volevamo sconfiggere il terrorismo e siamo riusciti ad unire tutti i terroristi in Iraq. Si tratta ora di cambiare la strategia e capire che questa battaglia si vince anzitutto con l’intelligence e dico anche, nel medio e lungo periodo, con il dialogo.

 

D. - Al Qaeda ha diffuso un nuovo messaggio in cui gli aerei occidentali sono indicati come bersagli dei prossimi attentati?

 

R. - Sappiamo perfettamente che una parte di questi messaggi vengono diffusi allo scopo di creare panico e terrore. In questo momento la vigilanza da parte delle forze di polizia e dei servizi deve essere altissima. Non mi pare, francamente, che ora vi sia un rischio particolare in questo settore.

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 Appena due giorni dopo aver persuaso il proprio governo ad approvare il ritiro da Gaza, il premier israeliano, Ariel Sharon, è rimasto ieri senza una maggioranza parlamentare. Alla base della crisi, le dimissioni del leader del Partito nazional-religioso, Efraim Eitam. Intanto un raid israeliano ha preso di mira ieri sera un edificio che ospita un’officina meccanica all’ingresso del campo profughi di Shatti, a Gaza.

 

 Dopo dieci giorni di scontri, costati un centinaio di morti, l’esercito congolese ha ripreso il controllo della città orientale di Bukavu, fino a ieri nelle mani dei militari dissidenti. Stamattina non sono mancati i disordini - i soldati hanno anche ucciso un civile armato - ma poi nelle strade è tornata la calma, come riferisce al microfono di Andrea Sarubbi un osservatore internazionale che lasciamo anonimo per motivi di sicurezza:

 

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R. - C’è una tranquillità apparente, forse perché la situazione si sta lentamente stabilizzando. La popolazione sta riprendendo la vita normale. Resta però il problema di capire come sarà possibile riprendere una vita normale: il mercato di Bukavu, infatti, è stato incendiato. Io sono andato a fare un giro e mi sono dovuto coprire gli occhi perché la situazione è drammatica: non si sa come possa riprendere una vita normale! La gente di Bukavu però è molto, molto ottimista.

 

D. - Da Kampala, i leader di vari Paesi africani hanno chiesto più caschi blu per Bukavu: lei è d’accordo?

 

R. - Se ci fosse un maggiore spirito di difesa della povera gente, si potrebbe fare di più e meglio anche con quelli che già ci sono. In realtà, tuttavia, non esiste la volontà di percepire la sofferenza di un cuore, di aiutare la povera gente che soffre.

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 Ci trasferiamo in Nigeria, dove stamani è scattato lo sciopero generale indetto dai sindacati contro l’aumento del carburante. Secondo le intenzioni dei promotori, la protesta dovrebbe durare 21 giorni. Il Governo ha aperto una procedura giudiziaria all’Alta Corte per dichiarare illegale lo sciopero generale.

 

 Il referendum per decidere se il presidente venezuelano, Hugo Chavez, debba restare o meno al potere si svolgerà il 15 agosto prossimo. Lo ha annunciato oggi il vicepresidente del Consiglio nazionale elettorale, Ezequiel Zamora. Se la tornata elettorale vedrà la vittoria del ‘sì’ alla destituzione di Chavez, nuove elezioni presidenziali dovrebbero essere convocate entro 30 giorni.

 

 La “brusca partenza’’ nel febbraio scorso dell’ex presidente Aristide da Haiti è da leggere a tutti gli effetti come un atto di dimissioni. Lo ha stabilito l’Organizzazione degli Stati Americani, che - riconoscendo pure il nuovo governo haitiano del premier Latortue - ha concluso ieri a Quito la sua 34.esima Assemblea Generale. Durante i lavori, inoltre, è stato eletto il nuovo segretario generale. Si tratta dell’ex presidente del Costa Rica, Miguel Rodríguez.

 

 Permangono i dubbi sulla trasparenza dei programmi nucleari iraniani. A puntare il dito questa volta sono Francia, Germania e Gran Bretagna, in un progetto di risoluzione per la prossima riunione dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica a Vienna. Secondo il testo della bozza, l’Aiea “riconosce la cooperazione di Teheran per l’accesso ai siti” nucleari sul proprio territorio, ma “deplora il fatto che questa cooperazione non sia stata né completa, né nel tempo previsto, né volontaria”.

 

 Il mondo politico italiano, dal Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, ai singoli partiti di maggioranza e opposizione, ha espresso tutta la propria solidarietà per il vice-presidente, Gianfranco Fini, condannando fermamente il gesto intimidatorio di ieri sera a Bologna. Il comizio per le elezioni europee del leader di Alleanza Nazionale è stato interrotto dalla deflagrazione di una bomba carta, che ha causato il ferimento di dieci persone. La prima ipotesi investigativa chiama in causa la pista anarco-insurrezionalista. Quello di Bologna è il sesto di una serie di attentati condotti negli ultimi giorni contro sedi di An.

 

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