RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 161 - Testo della trasmissione di mercoledì 9 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Grande
sciopero nazionale in Guatemala contro la riforma fiscale del governo
In
un clima di ottimismo ha preso il via ieri a Savannah, in Georgia, il G8
Fiammata
di violenze in Afghanistan: uccisi 21 presunti talebani
L’esercito
ha ripreso stamani il controllo nella città congolese di Bukavu.
9
giugno 2004
ALL’UDIENZA
GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO,
GIOVANNI
PAOLO II RICORDA IL RECENTE VIAGGIO APOSTOLICO IN SVIZZERA
ED ESORTA
I GIOVANI A VIVERE CON ENTUSIASMO LA MISSIONE A CUI DIO LI CHIAMA
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
I
giovani della Svizzera e del mondo intero svolgano “con entusiasmo la missione
a cui Dio li chiama”. E’ l’esortazione di Giovanni Paolo II all’udienza generale
di stamani, in piazza San Pietro, dedicata interamente al recente viaggio
apostolico a Berna. Il Santo Padre, che ha ribadito l’urgenza dell’impegno
ecumenico, ha ringraziato il Consiglio federale svizzero per la decisione di
elevare il rango della Rappresentanza diplomatica elvetica presso la Santa
Sede. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“Un
momento di grande entusiasmo spirituale”: così il Papa ha definito l’incontro a
Berna con i giovani svizzeri, sabato scorso. Evento, ha ricordato, che ha costituito
il “motivo principale” del pellegrinaggio apostolico in terra elvetica. E’
stata l’occasione, ha evidenziato, per proporre un messaggio ai giovani di
tutto il mondo:
Questo
messaggio, che mi sta tanto a cuore, si riassume in tre verbi: “Alzati!”, “Ascolta!”,
“Mettiti in cammino!”. E’ Cristo stesso, risorto e vivo, che ripete ad ogni
ragazzo e ragazza del nostro tempo queste parole.
Solo il Redentore, ha avvertito, “può aiutare i giovani a
rialzarsi da esperienze e mentalità negative per crescere fino alla loro piena
statura umana, spirituale e morale”. Il Pontefice ha, poi, ricordato la Santa
Messa celebrata sul prato bernese dell’Allmend, nella solennità della
Santissima Trinità. A Dio Uno e Trino, ha affermato, abbiamo elevato il ringraziamento
per le bellezze del creato, di cui la Svizzera è ricca, e “più ancora per la comunione
nell’Amore, di cui Lui è la fonte”. Alla luce di questo mistero fondamentale
della fede cristiana, ha ricordato, “ho rinnovato l’appello all’unità di tutti
i cristiani, invitando anzitutto i cattolici a viverla tra di loro, facendo
della Chiesa la casa e la scuola della comunione”. Non ha, poi, mancato
di ringraziare le Guardie Svizzere, per il prezioso contributo, che da quasi 5
secoli offrono alla Sede Apostolica. Migliaia di giovani svizzeri, ha
sottolineato, hanno offerto il “loro singolare contributo a Successore di
Pietro”, ragazzi pieni di vita e ideali, animati da amore sincero verso Cristo
e la Chiesa. E qui, ha levato una viva esortazione:
“Possano i
giovani della Svizzera e del mondo intero scoprire la meravigliosa unità tra la
fede e la vita, e prepararsi a svolgere con entusiasmo la missione a cui Iddio
li chiama!”.
Al termine della catechesi, il
Papa ha salutato i fedeli convenuti in piazza San Pietro, per l’udienza
generale. In occasione della solenne festa del Corpus Domini, che celebreremo
domani, ha detto il Pontefice, “invito i romani e i pellegrini a partecipare
numerosi alla Santa Messa che avrà luogo a Piazza San Giovanni in Laterano”,
alle ore 18,30, e alla processione eucaristica che si concluderà a Santa Maria
Maggiore.
Al termine dell’udienza, è stata
presentata al Papa la traduzione in svedese delle catechesi, impartite da
Giovanni Paolo II, durante le udienze generali dal 2001 al 2003. I testi sono
stati trasmessi dal Programma Scandinavo della Radio Vaticana nella traduzione
di Olle Brandt e recentemente pubblicati dalla casa editrice svedese
“Catholica”.
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Il Papa ha dunque dedicato l’udienza generale di oggi al
103.mo viaggio apostolico, tenutosi a Berna il 5 e 6 giugno scorsi. Un evento
caratterizzato dall’incontro con i giovani cattolici svizzeri, in occasione del
loro primo meeting nazionale, al Palaghiaccio di Berna. Ma cosa resta nei
fedeli della Svizzera della visita del Papa, al di là dell’emozione di quei
giorni? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a mons. Pier Giacomo Grampa, vescovo
di Lugano:
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R. – Innanzitutto devo rinnovare lo stupore per il
messaggio del Santo Padre, che ha saputo attualizzare il Vangelo con
concretezza, manifestando una conoscenza viva della realtà giovanile. Un
messaggio, quello del Papa, da riprendere. Io ho proposto che venga distribuito
a tutti i giovani. E’ un discorso che deve diventare un programma ed una traccia
per i nostri incontri di catechesi e di formazione.
D. – Il Papa ha esortato i giovani svizzeri a proclamare
con coraggio il Vangelo. Come li aiuterete voi vescovi a mettere in atto questa
esortazione?
R. – Si tratta di trovare le strade di comunicazione con
il mondo giovanile più lontano, perché questo messaggio di coraggio, del tradurre
nella realtà di ogni giorno impegni di fedeltà al Vangelo, divengano concretezza.
D. – C’è un momento in particolare che l’ha colpita della
visita del Papa?
R. –
Soprattutto l’incontro con i giovani e la determinazione del Pontefice, nonostante
la parola fosse faticosa, di non lasciarsi sottrarre il testo del discorso che
qualcuno voleva far leggere ad altra persona. Ha preteso anche che gli portassero
il microfono, quando alla fine volevano che si ritirasse. Questa determinazione
a restare presente in un coinvolgimento così forte, capace di sollevare un entusiasmo
meraviglioso.
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NOMINE
Il Papa
ha nominato nunzio apostolico in Maurizio l’arcivescovo Augustine Kasujja,
nunzio apostolico in Madagascar e nelle Seychelles e delegato apostolico nelle
Isole Comore e a La Réunion.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cuiabá in Brasile, presentata
da mons. Bonifácio Piccinini, Salesiano, per raggiunti limiti di età. Gli succede
mons. Mílton Antônio
dos Santos, anch’egli Salesiano, finora
vescovo coadiutore della medesima arcidiocesi.
Sempre oggi il Papa ha accettato la rinuncia
al governo pastorale della diocesi di Anápolis in Brasile, presentata da
mons. Manoel Pestana Filho, per
raggiunti limiti di età. Gli succede mons. João Wilk, dei Frati Minori
Conventuali, finora vescovo di Formosa. Mons. Wilk è nato il 18 settembre del
1951 in Seroczyn, nell’arcidiocesi di Varsavia ed è stato ordinato sacerdote il
24 giugno del 1976, in Assisi.
Il Papa ha quindi nominato vescovo di
Koszalin-Kołobrzeg in Polonia mons. Kazimierz Nycz, finora vescovo
titolare di Villa de re ad ausiliare di Kraków.
Infine il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Augsburg in Germania,
presentata da mons. Viktor Josef
Dammertz, Benedettino, per raggiunti limiti di età.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina è dedicata
all'udienza generale, durante la quale Giovanni Paolo II ha ripercorso il
pellegrinaggio a Berna e ha riconsegnato alle nuove generazioni i tre verbi che
danno senso pieno alla vita: "Alzati!", "Ascolta!",
"Mettiti in cammino!". E' un messaggio per tutti i giovani della
Svizzera, dell'Europa e del mondo.
Nelle vaticane, un articolo di
Jean Galot e di Giuseppe Buono sul significato della solennità del Corpus
Domini.
Nelle estere, in rilievo
l'Iraq: l'Onu ha approvato all'unanimità la risoluzione.
Nella pagina culturale, un
articolo di Mario Spinelli in margine alla mostra sulle Confraternite,
allestita nella Biblioteca Nazionale di Roma.
Una monografica sul tema
"I percorsi della musica classica contemporanea".
Nelle pagine italiane, in primo
piano il rientro in patria dei tre italiani che erano stati sequestrati in
Iraq.
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9 giugno 2004
LA
COMUNITÀ INTERNAZIONALE SI RICOMPATTA DOPO IL SÌ UNANIME ALLA NUOVA
RISOLUZIONE
SULL’IRAQ: I COMMENTI DI MONS. FERNANDO FILONI E AL
SAADI LATIF
La Comunità Internazionale ha espresso viva soddisfazione per
il voto unanime con il quale ieri i 15 membri del Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite hanno approvato la nuova risoluzione sull’Iraq. Si tratta del
documento 1546, messo a punto da Stati Uniti e Gran Bretagna. Nel Paese del Golfo,
tuttavia, la situazione resta difficile. Scontri e attacchi di guerriglieri si
sono, infatti, verificati in varie località: dalla città sunnita di Falluja,
dove 12 persone hanno perso la vita in un conflitto a fuoco tra un gruppo di
guerriglieri e le forze della polizia irachena, a quella sciita di Kerbala,
alla periferia di Baghdad. Sabotate anche le arterie petroliferie di Kirkuk. Il
servizio di Barbara Castelli:
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Il nuovo Iraq è nato ieri sera, almeno sulla carta. Con 15
mani alzate il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha dato il via libera alla
risoluzione 1546, nella quale è tratteggiato il futuro iracheno dal 30 giugno
2004 al gennaio 2006. La risoluzione stabilisce, quindi, la “piena sovranità”
del nuovo governo ad interim, segna le tappe del processo politico che dovrà
portare “verso un Iraq federale, democratico, pluralista e unificato” e
stabilisce le modalità per la presenza della forza multinazionale e per la
gestione delle operazioni militari a partire dal 30 giugno prossimo. Nel
documento, che fa riferimento anche “all’eredità archeologica, storica,
culturale e religiosa” del Paese, si riafferma poi “il diritto del popolo
iracheno a determinare liberamente il proprio futuro politico e il controllo
sulle proprie risorse naturali”.
Lo strumento-chiave, che ha permesso il superamento delle
residue riserve di Francia e Germania, è un nuovo organismo che nascerà a Baghdad.
Si tratta del Comitato ministeriale per la sicurezza nazionale, dove
lavoreranno spalla a spalla i vertici del governo iracheno, delle forze armate
dell’Iraq, dell’intelligence di Baghdad e della Forza Multinazionale. Dinanzi
alla tanto attesa risoluzione Onu la Comunità Internazionale ha espresso la
propria soddisfazione. “Un mondo unito e riunificato - ha commentato il premier
inglese, Tony Blair, facendo eco alle dichiarazioni di soddisfazione del
presidente statunitense, George Bush - ha parlato con una sola voce sull’Iraq”.
“Crediamo che questo ampio sostegno internazionale - ha sottolineato, invece,
il premier irlandese Bertie Ahern, presidente di turno dell’Unione Europea -
contribuirà alla restaurazione della pace e della stabilità in Iraq”.
All’ottimismo generalizzato, seppur arginato dalla Russia, si frappone, tuttavia,
la posizione dei curdi, che minacciano di uscire dal governo. Il testo,
infatti, non contiene alcun riferimento alla costituzione provvisoria firmata
nel marzo scorso che garantiva loro l’autonomia.
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Sulla risoluzione votata dal Consiglio di Sicurezza
dell’ONU ascoltiamo il commento del nunzio apostolico a Baghdad mons. Fernando
Filoni:
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R. – Mi pare di poter dire che la posizione, tante volte
invocata dal Santo Padre, trova finalmente concretezza, nel senso che le
Nazioni Unite entrano a far parte di questo processo, nel senso che vengono presi
in considerazione aspetti importanti come il rispetto della sovranità di questo
Paese, la responsabilità di un governo locale. Dunque, in un processo che
certamente non è idealistico ma deve essere concreto, questo primo atto è
veramente molto importante. Speriamo ora che porti gradualmente a quella
normalità che il popolo iracheno si attende.
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Sul voto dell’ONU ascoltiamo ora la riflessione di Al
Saadi Latif, giornalista iracheno residente da alcuni anni in Italia.
L’intervista è di Paolo Ondarza.
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R. – Noi consideriamo questa risoluzione un altro passo
avanti su una strada difficile verso un Iraq democratico, federale ed unito.
Rimane il fatto di come realizzare la piena sovranità. Per noi ci sono due
punti fondamentali: il controllo economico sulla risorsa petrolifera e la
sicurezza. Io comunque concludo dicendo che è stato fatto un passo avanti verso
le elezioni libere sotto l’osservazione della comunità internazionale.
D. – Lei citava la gestione del greggio, del petrolio, certificata
da un organismo internazionale che non avrà potere di controllo sulla spesa.
Siete soddisfatti rispetto a questo controllo?
R. – Sì, perchè noi abbiamo chiesto di partecipare, di
mettere l’amministrazione del fondo dello sviluppo per la ricostruzione
dell’Iraq nelle mani degli iracheni, ovviamente con la partecipazione della
comunità internazionale, dell’Onu.
D. – Negli ultimi giorni però si sono susseguite
manifestazioni contro alcuni punti di questa risoluzione. Ieri sono scesi in
piazza gli sciiti, oggi i curdi non appagati, in quanto non si prende in
considerazione la questione del Kurdistan…
R. – Dopo 35 anni del regime di Saddam Hussein è normale
che ci sia la volontà di partecipare alla vita politica in Iraq. E questa per
noi è una cosa molto positiva. Per questo motivo ci sono idee diverse. Oggi i
gruppi sciiti vogliono avere il potere. Non mi stupisce e non mi fa paure
questa manifestazione. Io personalmente avrei voluto almeno che fosse citato
per esempio il diritto del popolo curdo ad avere una sua autonomia. Perché i curdi,
dopo le persecuzioni di questi anni, hanno paura e vogliono una garanzia.
D. – La risoluzione dell’Onu rappresenta una ritrovata
unione tra Europa e Stati Uniti…
R. – Per noi far entrare l’Europa vuol dire rafforzare le
decisioni collettive che riguardano l’Iraq. Aumentare cioè il ruolo dell’Onu,
non solo in Iraq ma in tutto il Medio Oriente.
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COMMOZIONE E GIOIA ALL’AEROPORTO DI CIAMPINO
PER
L’ARRIVO DEI TRE OSTAGGI ITALIANI, LIBERATI IERI IN IRAQ
AL TERMINE DI UN’OPERAZIONE CONDOTTA DALLE FORZE
DELLA COALIZIONE
- Servizio di Amedeo Lomonaco -
Dalle devastazioni di un Paese
colpito dalla guerra e dalla drammatica esperienza del sequestro al liberatorio
abbraccio con i propri cari. E’ questo il lieto fine della dolorosa vicenda,
drammaticamente segnata dalla barbara uccisione di Fabrizio Quattrocchi, che
hanno vissuto Maurizio Agliana,
Umberto Cupertino e Salvatore Stefio. I tre italiani, arrivati
questa mattina all’aeroporto di Ciampino, sono stati liberati ieri, in Iraq,
insieme al polacco Jerzy Kos dopo
un’operazione compiuta dalle forze della coalizione che ha portato all’arresto
di diverse persone, coinvolte nel sequestro. La notizia è stata accolta
con grande soddisfazione dal Papa che ha invocato più volte la liberazione
degli ostaggi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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“Il Papa – ha dichiarato il
portavoce vaticano, Joaquin Navarro Valls - ha ricevuto con grande gioia e
sollievo la notizia della liberazione degli ostaggi italiani e di quello
polacco e ha anche espresso la propria vicinanza alla famiglia di Fabrizio
Quattrocchi, barbaramente assassinato dopo il suo sequestro”. Il nunzio
apostolico a Baghdad, l’arcivescovo Fernando Filoni, ha inoltre spiegato che la
nunziatura ha seguito il caso “con molta apprensione e da vicino, perchè avesse
una soluzione positiva”. E sottolineando proprio l’impegno della Chiesa per la
liberazione degli ostaggi, il presidente del Pontificio consiglio Giustizia e
Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, ha evidenziato come questo episodio
possa costituire un segno di speranza per il futuro dell’Iraq. L’auspicio - ha
proseguito il porporato – è che i
gruppi armati e le milizie finalmente vogliano collaborare con il nuovo
governo.
I tre ostaggi italiani, rapiti
lo scorso 13 aprile dalle “Falangi verdi di Maometto”, sono stati liberati nei
pressi di Baghdad senza spargimento di sangue grazie ad un lavoro di stretto
coordinamento tra le autorità italiane, le forze della coalizione e i servizi
di intelligence. Un’operazione che ha significato la libertà per i rapiti e la
fine della dolorosa attesa per i familiari che hanno espresso la loro felicità.
Il padre di Maurizio Agliana ha detto che finalmente non dovrà più mentire alla
moglie, gravemente malata e non informata sul rapimento. La madre di Salvatore
Stefio, accolto all’aeroporto dal padre in ginocchio, ha ringraziato il Signore
per aver ascoltato le proprie preghiere. La cognata di Umberto Cupertino,
l’ultimo ad entrare all’interno dello scalo e apparso molto commosso, ha
sottolineato l’aiuto ricevuto dalla fede durante gli angoscianti 56 giorni del
sequestro. I tre italiani hanno dichiarato di aver appreso solo dopo la loro
liberazione la notizia della morte di Fabrizio Quattrocchi, molto probabilmente
ucciso – secondo quanto riferito dalla Farnesina - perché in possesso di un
tesserino rilasciato dall’Autorità provvisoria della coalizione. Il ministro
dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha infine spiegato che il blitz di ieri ha
scongiurato l’11 giugno italiano: i sequestratori – ha infatti detto il
ministro – avrebbero potuto uccidere gli ostaggi proprio alla vigila del voto
per le elezioni europee.
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DOMANI
SI INIZIA A VOTARE PER IL PARLAMENTO EUROPEO DELL’UNIONE A 25:
ALLE URNE
I CITTADINI DI GRAN BRETAGNA E PAESI BASSI.
-
Intervista con Federiga Bindi -
732
deputati di 25 Stati diversi, per rappresentare un continente di 455 milioni di
persone. Da domani mattina – quando si apriranno i seggi in Gran Bretagna e nei
Paesi Bassi – a domenica sera – quando si chiuderanno nella maggioranza dei
Paesi interessati – l’Unione Europea sceglierà il nuovo Parlamento.
Un’assemblea che, per la prima volta, vedrà nell’aula di Strasburgo polacchi ed
estoni, ciprioti e slovacchi, cechi e lettoni, maltesi e lituani, ungheresi e
sloveni. A Federiga Bindi, responsabile dell’Ufficio europeo dell’Università di
Tor Vergata, Andrea Sarubbi ha chiesto quali sfide attendono il nuovo Parlamento:
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R. –
Sicuramente il Parlamento deve continuare ad incrementare i suoi poteri, perché
è vero che nella sua co-decisione ha un potere uguale a quello del Consiglio ma
è anche vero che la co-decisione si applica oggi al 30 per cento delle materie
che esistono nell’Unione Europea. Va quindi allargato ad un numero molto
maggiore di materie, possibilmente a tutte.
D. –
L’ingresso dei nuovi Stati potrà spostare gli equilibri politici all’interno
del Parlamento?
R. –
Sicuramente a quanto si sente dai sondaggi verranno spostati dal punto di vista
conservatore e quindi il Ppe si confermerà quasi sicuramente il primo partito.
Bisogna vedere quale sarà l’effetto sulla linea politica dello stesso Ppe.
D. –
Pare che l’allargamento porti con sé anche il rischio di astensionismo: nei
nuovi Paesi l’affluenza si annuncia piuttosto bassa.
R. –
Questo è un segno molto grave. Quando Spagna e Portogallo sono entrati il tasso
di voto era molto alto e permane molto alto. C’è qualcosa che non funziona se
dei Paesi che sono democratici da così poco tempo già non vanno più a votare.
D. –
Quale la causa ?
R. –
Secondo me l’idea è questa: hanno visto nell’Unione Europea più un luogo dove
sviluppare le loro economie, se vogliamo. Il significato di democratizzazione,
di pace che è alla base della Comunità europea rischia così di perdersi. In
questi Paesi c’è gia uno scontento perché nel loro processo di avvicinamento
all’Unione Europea, pensavano di diventare ricchi e di stare bene subito;
questo non succede e quindi dicono che
è un po’ colpa dell’Unione Europea.
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PRESENTATO L’ANNUALE INCONTRO INTERNAZIONALE
“UOMINI E RELIGIONI”
PROMOSSO
DA SANT’EGIDIO A MILANO IN SETTEMBRE SUL TEMA:
“RELIGIONI
E CULTURE. IL CORAGGIO DI UN NUOVO UMANESIMO”.
-
Interviste con il cardinale Dionigi Tettamanzi e Mario Marazziti -
Milano
crocevia del dialogo e della pace. Sarà il capoluogo lombardo ad ospitare la
18.ma edizione di “Uomini e religioni”, l’incontro internazionale di preghiera
per la pace, promosso dalla comunità di Sant’Egidio. Dal 5 al 7 settembre
prossimo, oltre 400 personalità religiose, politiche, culturali di fama
mondiale, provenienti da 70 nazioni, si divideranno fra Duomo, Teatro degli
Arcimboldi e Università Bicocca, per un confronto aperto sul tema: “Religioni e
culture. Il coraggio di un nuovo umanesimo”. Ieri la conferenza stampa per la
presentazione dell’evento. Da Milano Fabio Brenna.
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Il dialogo religioso e culturale è la via
maestra per la pace, perché – ha osservato il cardinale Dionigi Tettamanzi,
arcivescovo di Milano – la paura non si scaccia con la paura, e il dialogo è
l’unica strada per arrivare alla composizione dei conflitti e delle contrapposizioni
che caratterizzano questa fase storica:
“Lo scopo è di mostrare come i grandi problemi di oggi
possano e debbano essere affrontati secondo una razionalità profonda, che è
quella che dice che le diversità religiose, culturali, economiche e politiche
dovrebbero dar vita ad una capacità di scambio di conoscenze, una capacità di
collaborazione nell’utilizzazione di tutti i mezzi che sono a disposizione per
realizzare, per il bene di tutti, una convivenza che possa essere qualificabile
come una convivenza umana e umanizzante”.
Il cardinale Tettamanzi la settimana prossima partirà per
un cammino ecumenico di pace a Gerusalemme, una iniziativa condivisa con i
leader delle 16 confessioni cristiane presenti a Milano e che si situa, come
del resto lo stesso Meeting “Uomini e religioni”, nel solco di quello storico
incontro del 1986 ad Assisi, promosso da
Giovanni Paolo II con i leader religiosi di tutto il mondo. Mario Marazziti,
portavoce della Comunità di Sant’Egidio:
“Il dialogo è la via stretta e necessaria che il mondo
oggi ha davanti per uscire dal terrorismo e dalla guerra. A Milano ci saranno
leader religiosi, ci saranno uomini di cultura, grandi personalità, da tante
parti del mondo, che si porranno le grandi domande della nostra vita
quotidiana: ‘l’immigrazione è utile o dannosa per la nostra vita? Si può
convivere assieme tra diversi? C’è una globalizzazione capace di solidarietà
oppure esiste una globalizzazione che arricchisce solo alcuni ed impoverisce
altri? C’è la soluzione agli scontri tra le civiltà e tra le religioni?’ Si
parlerà assieme con grande serietà senza nascondere i problemi, ma anche dentro
una scelta comune, che è quella di dire che la violenza e lo scontro non sono
mai la soluzione”.
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FINO AL 12 GIUGNO IL GOTHA DEL CONCERTISMO
MONDIALE AL FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE “ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI”
DI BRESCIA E BERGAMO
SUL
TEMA “IL PIANOFORTE E IL TEATRO”
- Con
noi Giovanni Bellucci -
“Il pianoforte e il teatro” è
al centro della 41.ma edizione del Festival Pianistico Internazionale “Arturo
Benedetti Michelangeli”, fra i più prestigiosi in Europa, in corso a Brescia e
Bergamo fino al 12 giugno con il Gotha del concertismo mondiale. Un tema che ha
trovato la sua più efficace interpretazione nel récital di apertura di Giovanni
Bellucci, talento italiano acclamato anche all’estero, con il “melodramma
strumentale”: una ricreazione al pianoforte di celebri arie d’opera, rilette da
Thalberg e Liszt attraverso fantasie e parafrasi; e di un monumento
sinfonico-letterario come la Grande Sinfonia Fantastica di Hector
Berlioz, nella versione pianistica di Franz Liszt. Il servizio di A.V..
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(musica)
Come il pianoforte diventa
teatro di passioni, pensieri e stati d’animo, così l’interprete si fa poeta,
cantante, pittore visionario attraverso la musica. Giovanni Bellucci:
R. – Di per sé la musica, per
raggiungere dei livelli di pregnanza e per coinvolgere, deve senz’altro trasformarsi
in qualcosa di diverso. La musica può essere benissimo pittura. Può essere
poesia, espressione a volte di sentimenti
esasperati, veicolo di concetti filosofici. Si tratta di un linguaggio estremamente
flessibile e che può contenere e veicolare concetti, emozioni o immagini senza
barriere, portandoli al cuore dell’ascoltatore con grande facilità. La musica
ha da sempre avuto un potere immenso ed è stata anche temuta per questo, se
vogliamo.
D. – Questo universo sonoro è
anche un mondo metafisico…
R. – Credo che il metafisico
nella musica sia frequente, e sia indispensabile all’interprete frequentarlo
con assiduità e con abbandono. Nel caso, per esempio, del programma che ho
eseguito a Brescia, mi verrebbe da citare alcuni momenti, in particolare nel
“Miserere” del Trovatore, ove diversamente da quanto prevedeva Verdi nella sua
stesura originale del pezzo, Liszt aggiunge dei passaggi nella sua parafrasi
che non sono degli ornamenti o degli eccessi virtuosistici, ma sono dei
passaggi inseriti veramente allo scopo di creare un’ambientazione ed una
sensazione metafisica, che possa associarsi al funereo, nel caso specifico.
L’inserimento, ad esempio, di alcune scale, passaggi rapidissimi come delle folate
di vento, che si uniscono al tema della marcia funebre, servono effettivamente
a creare la sensazione metafisica dello spettrale soffiare del vento tra le
tombe.
D. – Per andare oltre, per
andare verso il metafisico, è necessario anche riuscire a guardare l’abisso,
come fa Berlioz nella sua Sinfonia Fantastica?
R. -
Per identificare una qualità timbrica nel suono, un’intensità espressiva che
possa associarsi ad un concetto del bene, della positività, della luminosità, è
evidente che non si possa prescindere dal rapportarla al suo inverso, al suo
opposto: quindi, al male, alla negatività, all’ombra. Evidentemente bisogna
aver provato queste sensazioni, questi rapporti di luce ed ombra, di sofferenza
e riscatto. Aver vissuto esperienze di varia natura aiuta senza dubbio
l’interprete a potersi calare al meglio nei panni del veicolatore di queste
sensazioni così diverse, così accese.
(musica)
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9
giugno 2004
LA SALVAGUARDIA DEL CREATO È VIA PER LA PACE:
LO AFFERMA IL CONSIGLIO DELLE CHIESE EPISCOPALI D’EUROPA,
AL TERMINEDELL’INCONTRO SUL TEMA:
“LA RESPONSABILITÀ DELLE CHIESE E DELLE RELIGIONI PER LA CREAZIONE”
NAMUR
(BELGIO). = “La responsabilità
per il creato è una sfida centrale per il futuro della terra, per la difesa
della pace e anche per la testimonianza cristiana nella società contemporanea”.
L’affermazione è uno dei capisaldi della
riflessione sviluppata durante i lavori della consultazione sulla responsabilità per il Creato,
organizzata dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) con la
collaborazione della “Bergerie de la Forête”. Il confronto, che ha impegnato
oltre 60 delegati provenienti da 22 nazioni, si è svolto nei giorni scorsi
nella località belga di Namur, su invito dei vescovi locali. L’incontro ha concluso
il ciclo di sei consultazioni organizzate dal Ccee (il primo si è svolto nel
1999) ed ha visto la presenza di rappresentanti della Santa Sede, del
Pontificio consiglio Giustizia e Pace, della Commissione degli episcopati
presso l’UE (Comece), della Rete ecumenica europea per l'ambiente (Ecen), e
degli ordini religiosi (Ucesm). Nel comunicato finale, è stato messo in
evidenza il ruolo centrale del dialogo interreligioso anche in chiave di tutela
ecologica. Riecheggiando il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della
pace di qualche anno fa, i partecipanti hanno affermato che se “non c’è pace
senza giustizia”, non c’è giustizia anche senza una “corretta gestione e salvaguardia
delle risorse del Creato”. Dietro ogni conflitto, si legge nella nota, “c’è di
fatto un problema di ripartizione delle risorse naturali. Sono necessarie
azioni concrete e dialoghi intensi per
fare in modo che i conflitti ecologici sull'accesso alle risorse di acqua (come
in Medio oriente), petrolio (in Iraq) e terra coltivabile (Africa) vengano
bloccati e non trasferiti sul piano religioso”. Il dialogo ecumenico,
si rileva, rappresenta anche “una piattaforma significativa” per intervenire in
campi specifici come la formazione ambientale, la gestione degli edifici
ecclesiali secondo criteri sostenibili, l’agricoltura biologica”. Poiché globali sono i problemi che minacciano l’equilibrio dell’ambiente,
le soluzioni - conclude il comunicato - devono perciò essere globali, ma allo
stesso tempo applicabili a livello locale, secondo il principio della
sussidiarietà”. (A.D.C.)
IN NEPAL, I RIBELLI MAOISTI SEQUESTRANO 200 INSEGNANTI E QUATTRO
PRÈSIDI,
CAUSANDO
LA CHIUSURA DELLE SCUOLE NEL PAESE. TRE GIORNI FA, UNA BOMBA
ERA STATA FATTA
ESPLODERE, SENZA VITTIME, NELL’AULA DI UN ISTITUTO CATTOLICO
KATHMANDU. =
Sequestrati in massa e indottrinati a forza. E’ la drammatica vicenda che ha
visto vittime centinaia di insegnanti nepalesi, catturati ieri dai ribelli
locali che si autodefiniscono “maoisti”. Circa 200 insegnanti di 17 scuole
sparse in vari villaggi orientali di Sindhuli – riporta la Misna – sono finiti
in ostaggio dei guerriglieri, decisi ad impartire ai loro prigionieri “una
infarinatura di principi e letteratura maoista”. Il risultato dell’azione è
stata la chiusura delle scuole - lo rimarranno almeno fino al 12 giugno – e un
ulteriore atto di violenza contro quattro presidi, sequestrati nel distretto di
Dhading. Appena tre giorni fa, in un’aula della scuola cattolica "Piccolo
Fiore", nell'est del Nepal, era esplosa una bomba, mentre alcuni bambini
stavano giocando nel cortile antistante. L’aula, fortunatamente vuota, ha
causato solo danni all'edificio ma nessuna vittima né feriti. “I ribelli
vogliono terrorizzare la popolazione, ma anche in questa delicata situazione il
nostro lavoro pastorale continua, e la gente lo apprezza”, ha affermato Pius Perumana,
pro vicario apostolico in Nepal, nel commentare l’attentato. L’instabilità
interna, che già aveva prodotto nei giorni scorsi uno sciopero di protesta, è
fomentata dai maoisti dal 1996: obiettivo della lotta, il rovesciamento della monarchia costituzionale, l’attuazione
di una radicale riforma agraria e una profonda revisione del sistema
scolastico. (A.D.C.)
LE
CHIESE DELL’AFRICA SCHIERATE CONTRO IL “GENOCIDIO SILENZIOSO” DELL’AIDS,
CHE
NEL CONTINENTE E’ LA PRIMA CAUSA DI MORTE. I CAPI RELIGIOSI, RIUNITI A NAIROBI,
HANNO LANCIATO UN APPELLO PER UN’AZIONE DI LOTTA E DI
PREVENZIONE
NAIROBI.
= “Il genocidio silenzioso dell’Africa”. Una definizione di impatto che i responsabili
delle Chiese del continente, riuniti a Nairobi, hanno coniato ieri per
descrivere la piaga dilagante dell’Aids, per arginare la quale hanno lanciato
un appello perché sia concertata un’azione di lotta e prevenzione. Sono oltre
200 gli esponenti delle Chiese nazionali del continente, provenienti da 39
Paesi, che si incontrano nella capitale del Kenya per il vertice sull’Aids. In
apertura, Nyansako Ni-Nku, presidente della Conferenza della Chiese africane,
ha affermato – riferisce la Misna - che “il futuro sviluppo del continente,
compresa la realizzazione del Nepad, il Nuovo partenariato per lo sviluppo,
sarà determinato dal livello in cui sapremo garantire alla nostra gente
sicurezza rispetto all’Hiv/Aids”. Ni-Nku ha aggiunto che l’emergenza di questa
epidemia, prima causa di morte in Africa, e lo stigma su chi ne è affetto
“minacciano di rompere i forti legami sociali all’interno dei nuclei famigliari
in Africa”. Anche il vicepresidente del Kenya, Moody Awori, che ha aperto
ufficialmente i lavori dell’assemblea, ha esortato i partecipanti a individuare
misure concrete da adottare nella prevenzione dell' Aids e nella gestione
dell’epidemia. Le Chiese, tra cui quella cattolica, svolgono un ruolo
importante nella lotta contro questa malattia in Africa, attraverso la gestione
del 40% delle strutture e delle istituzioni sanitarie. Tra gli obiettivi del
convegno, figura anche l’individuazione di strategie di mobilitazione sociale
per coinvolgere nella battaglia contro l’Aids le comunità di credenti delle
diverse Chiese dell’Africa. (A.D.C.)
GRANDE
SCIOPERO NAZIONALE IN GUATEMALA:
MIGLIAIA
DI CONTADINI BLOCCANO LE PRINCIPALI
STRADE E INTERROMPONO
I
COLLEGAMENTI VERSO LA CAPITALE E LE FRONTIERE PER
PROTESTARE
CONTRO
LA RIFORMA FISCALE DEL GOVERNO
CITTA’ DEL GUATEMALA. = Migliaia di contadini indigeni
guatemaltechi hanno occupato ieri le principali vie di accesso alla capitale,
Città del Guatemala, e ai valichi di frontiera con Honduras, El Salvador e
Messico. Scopo della protesta, denominata Grande sciopero nazionale 2004, è
l’abbattimento della riforma fiscale annunciata dal governo del presidente
Oscar Berger, e del Trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. Contestati
anche gli sgomberi eseguiti dalle forze dell’ordine in circa mille aziende
agricole abbandonate, che dal 2000, dopo il crollo del prezzo del caffè, erano
state occupate da famiglie bisognose. I mezzi di trasporto pubblici e le scuole
sono rimasti inattivi, mentre l’aeroporto internazionale “La Aurora”, dove si
era radunato un centinaio di dimostranti, è stato mantenuto aperto grazie a uno
spiegamento di forze di polizia. Hanno aderito alla protesta un centinaio di
organizzazioni contadine, sindacali, universitarie, scolastiche e popolari.
Secondo le ultime statistiche, in Guatemala l’85% della terra è in mano al 10%
della popolazione. A sette anni dalla fine della trentennale guerra
civile, che si è conclusa con gli
accordi di pace del dicembre 1996, nel Paese – dicono i contadini - persiste
una situazione di violazione costante e massiccia dei diritti economici e sociali
della popolazione, specialmente nei confronti degli indigeni, che rappresentano
il 60% dei guatemaltechi e sono in massima parte contadini. “Vogliamo mostrare la nostra forza per
costringere il governo a trattare”, ha dichiarato il dirigente del Comitato di
Unità contadina, Daniel Pascual, annunciando l’intenzione di occupare vari
edifici pubblici. Anche l’esponente indigeno Rodolfo Pocop e il rappresentante
del “Colectivo de Organizaciones Sociales”, Orlando Blanco, si sono dichiarati
pronti a continuare la protesta per sostenere le trattative già in corso con il
governo. (R.M.)
PROMULGATA
IN QATAR LA PRIMA COSTITUZIONE SCRITTA:
ENTRERA’
IN VIGORE TRA UN ANNO E INTRODURRA’ NUOVI SPAZI DI DEMOCRAZIA,
IN
FAVORE DEI CITTADINI DELL’EMIRATO
DOHA. = La prima Costituzione scritta del Qatar è
stata promulgata dall’Emiro Sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani, ma entrerà in
vigore tra un anno. Lo riferisce l’agenzia di stampa statale di Doha, Qna,
precisando che sarà ufficialmente adottata solo dopo la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale, prevista tra dodici mesi. La nuova Carta fondamentale del
Paese arabo era stata approvata mediante referendum nazionale nell’aprile del
2003, con il oltre il 96% dei consensi. Nel periodo di transizione, scrive la
Qna, “verranno messe in atto istituzioni e strutture costituzionali e adottate
le misure legali per farli funzionare”. La nuova Costituzione lascia ampi
poteri all’Emiro e alla sua famiglia, ma introduce spazi in cui i cittadini
potranno far sentire la propria voce. Nel 1971 – dopo aver ottenuto
l’indipendenza dalla Gran Bretagna nell’aprile dell’anno precedente – in Qatar
venne adottata una Costituzione provvisoria, in forma non scritta. Il documento
appena approvato prevede la creazione di un Consiglio consultivo (Shura) composto
da 45 membri, 30 regolarmente eletti e 15 nominati dallo sceicco. La data delle
prime elezioni non è stata finora annunciata. Nella piccola penisola del Golfo
arabo – ricco di gas e petrolio – vivono circa 800 mila persone, delle quali solo
150 mila sono qatarioti. Il territorio - poco più di diecimila chilometri
quadrati - ospita il comando militare degli Stati Uniti per il coordinamento
delle operazioni in Iraq. (A.D.C.)
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9 giugno 2004
- A cura di Barbara Castelli -
Il sì unanime alla risoluzione dell’ONU sull’Iraq e
la notizia della liberazione degli ostaggi italiani a Baghdad sono stati
un’iniezione di ottimismo per il Vertice del G8, apertosi ieri sera a Savannah,
sull’isola di Sea Island, nello Stato americano della Georgia. Elena Molinari:
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Il summit della riconciliazione transatlantica è partito
sotto buoni auspici: nulla di meglio per George Bush che in Georgia conta di
ammorbidire gli alleati meno docili e completare così il riavvicinamento
iniziato con il tour europeo della scorsa settimana. Il capo della Casa Bianca
ha, infatti, commentato il ‘sì’ del Palazzo di Vetro con toni trionfali. “E’
una grande vittoria per il popolo iracheno”: ha subito detto, ma il presidente
russo, Vladimir Putin, a margine di un incontro con Bush, lo ha ridimensionato.
“Ci vorrà del tempo - ha sottolineato - per vedere progressi sul terreno”. La
rinnovata volontà di lavorare insieme tra i Paesi delle due sponde
dell’Atlantico, tuttavia, è reale. Si profilano, infatti, già alcuni accordi
tra gli otto grandi: contro la carestia nel Corno d’Africa, nella lotta contro
la povertà e per sconfiggere l’Aids e la poliomielite. Altre intese sono pronte
sul fronte della lotta contro il terrorismo e contro la proliferazione delle
armi di distruzione di massa. Ieri, intanto, il timore di un assedio di
violenti ‘no-global’ è sfumato tra misure di sicurezza impressionanti e rigidi
divieti di accesso.
Da Savannah, Elena Molinari per la Radio Vaticana.
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Un americano,
dipendente di una società statunitense che cura l’addestramento della Guardia
Nazionale Saudita, è stato ucciso ieri da colpi d’arma da fuoco a Riad. Si
tratta del quinto attacco contro cittadini occidentali nella ricca monarchia
petrolifera nelle ultime cinque settimane.
Sempre alta la tensione in Afghanistan. Almeno 21 presunti talebani sono
stati uccisi ieri dalle forze filo-governative nel corso di un’operazione condotta
nel sud-est del Paese.
Le autorità italiane e spagnole hanno espresso
soddisfazione per l’arresto ieri a Milano di Rabei Osman Sayed Ahmed, detto
Mohamed l’Egiziano, considerato la mente dei sanguinosi attentati di Madrid
dell’11 marzo scorso. Sulla presenza in Italia di cellule eversive, Paolo
Ondarza ha raccolto il commento di Enzo Bianco, presidente del Comitato
nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica:
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R. - Lo sappiamo perfettamente. L’Italia è uno dei luoghi
dove ci sono cellule che operano e non sono affatto dormienti. Sono cellule
operative che in passato hanno svolto un’attività prevalentemente logistica,
poi hanno svolto un’attività di reclutamento e negli ultimi mesi sono diventate
- in Spagna come in Italia - delle cellule pienamente operative e in grado di
realizzare anche un domani attentati. C’è una grande attenzione e una grande
vigilanza da parte delle forze di polizia. Riguardo al terrorismo siamo tutti
compatti, maggioranza ed opposizione. Dobbiamo ora cambiare le strategie di difesa.
Questo scenario è destinato a durare nei prossimi anni e, forse, nei prossimi
decenni. Questa battaglia non si vince con gli armamenti tradizionali e neppure
con gli eserciti, l’operazione dell’Iraq lo dimostra clamorosamente. Siamo
andati lì dicendo che volevamo sconfiggere il terrorismo e siamo riusciti ad unire
tutti i terroristi in Iraq. Si tratta ora di cambiare la strategia e capire che
questa battaglia si vince anzitutto con l’intelligence e dico anche, nel
medio e lungo periodo, con il dialogo.
D. - Al Qaeda ha diffuso un nuovo messaggio in cui gli aerei
occidentali sono indicati come bersagli dei prossimi attentati?
R. - Sappiamo perfettamente che una parte di questi
messaggi vengono diffusi allo scopo di creare panico e terrore. In questo
momento la vigilanza da parte delle forze di polizia e dei servizi deve essere
altissima. Non mi pare, francamente, che ora vi sia un rischio particolare in
questo settore.
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Appena
due giorni dopo aver persuaso il proprio governo ad approvare il ritiro da
Gaza, il premier israeliano, Ariel Sharon, è rimasto ieri senza una maggioranza
parlamentare. Alla base della crisi, le dimissioni del leader del Partito
nazional-religioso, Efraim Eitam. Intanto un raid israeliano ha preso di mira
ieri sera un edificio che ospita un’officina meccanica all’ingresso del campo
profughi di Shatti, a Gaza.
Dopo dieci giorni di scontri, costati un
centinaio di morti, l’esercito congolese ha ripreso il controllo della città
orientale di Bukavu, fino a ieri nelle mani dei militari dissidenti. Stamattina
non sono mancati i disordini - i soldati hanno anche ucciso un civile armato -
ma poi nelle strade è tornata la calma, come riferisce al microfono di Andrea
Sarubbi un osservatore internazionale che lasciamo anonimo per motivi di
sicurezza:
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R. - C’è una tranquillità apparente, forse perché la
situazione si sta lentamente stabilizzando. La popolazione sta riprendendo la
vita normale. Resta però il problema di capire come sarà possibile riprendere
una vita normale: il mercato di Bukavu, infatti, è stato incendiato. Io sono
andato a fare un giro e mi sono dovuto coprire gli occhi perché la situazione è
drammatica: non si sa come possa riprendere una vita normale! La gente di Bukavu
però è molto, molto ottimista.
D. - Da Kampala, i leader di vari Paesi africani hanno chiesto
più caschi blu per Bukavu: lei è d’accordo?
R. - Se ci fosse un maggiore spirito di difesa della
povera gente, si potrebbe fare di più e meglio anche con quelli che già ci
sono. In realtà, tuttavia, non esiste la volontà di percepire la sofferenza di
un cuore, di aiutare la povera gente che soffre.
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Ci
trasferiamo in Nigeria, dove stamani è scattato lo sciopero generale indetto
dai sindacati contro l’aumento del carburante. Secondo le intenzioni dei
promotori, la protesta dovrebbe durare 21 giorni. Il Governo ha aperto una
procedura giudiziaria all’Alta Corte per dichiarare illegale lo sciopero generale.
Il
referendum per decidere se il presidente venezuelano, Hugo Chavez, debba
restare o meno al potere si svolgerà il 15 agosto prossimo. Lo ha annunciato
oggi il vicepresidente del Consiglio nazionale elettorale, Ezequiel Zamora. Se
la tornata elettorale vedrà la vittoria del ‘sì’ alla destituzione di Chavez,
nuove elezioni presidenziali dovrebbero essere convocate entro 30 giorni.
La
“brusca partenza’’ nel febbraio scorso dell’ex presidente Aristide da Haiti è
da leggere a tutti gli effetti come un atto di dimissioni. Lo ha stabilito
l’Organizzazione degli Stati Americani, che - riconoscendo pure il nuovo
governo haitiano del premier Latortue - ha concluso ieri a Quito la sua
34.esima Assemblea Generale. Durante i lavori, inoltre, è stato eletto il nuovo
segretario generale. Si tratta dell’ex presidente del Costa Rica, Miguel Rodríguez.
Permangono
i dubbi sulla trasparenza dei programmi nucleari iraniani. A puntare il dito
questa volta sono Francia, Germania e Gran Bretagna, in un progetto di risoluzione
per la prossima riunione dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica a
Vienna. Secondo il testo della bozza, l’Aiea “riconosce la cooperazione di
Teheran per l’accesso ai siti” nucleari sul proprio territorio, ma “deplora il
fatto che questa cooperazione non sia stata né completa, né nel tempo previsto,
né volontaria”.
Il mondo
politico italiano, dal Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, ai singoli
partiti di maggioranza e opposizione, ha espresso tutta la propria solidarietà
per il vice-presidente, Gianfranco Fini, condannando fermamente il gesto intimidatorio
di ieri sera a Bologna. Il comizio per le elezioni europee del leader di
Alleanza Nazionale è stato interrotto dalla deflagrazione di una bomba carta,
che ha causato il ferimento di dieci persone. La prima ipotesi investigativa
chiama in causa la pista anarco-insurrezionalista. Quello di Bologna è il sesto
di una serie di attentati condotti negli ultimi giorni contro sedi di An.
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