RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 17 - Testo della Trasmissione di sabato 17
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
La preghiera, intensa e incessante, per prepararsi
al ministero pastorale: così Giovanni Paolo II alla comunità dell’Almo Collegio
Capranica
Messaggio del Papa per
la dedicazione della Cappella della Domus Galilaeae in Terra Santa
Oggi pomeriggio nell’Aula Paolo VI in Vaticano,
alla presenza del Santo Padre, Concerto per la “Riconciliazione” tra Ebrei,
Cristiani e Musulmani: intervista con Gilbert Levine
Da domani, Settimana di preghiera per l’unità dei
Cristiani: con noi mons. Eleuterio Francesco Fortino.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Il World Social Forum di Bombay entra nel vivo dei
lavori: riflettori puntati sulle guerre nel mondo. Ce ne parla Raffaele
Salinari
Si trascina da anni la critica situazione
socio-politica ad Haiti: la popolazione stremata dalla povertà. Il commento di
Emilia Ceolan
Pubblicato dalla Zanichelli il
dizionario della Bibbia, ricco repertorio tra storia antica e teologia: ai
nostri microfoni Piero Capelli.
CHIESA E SOCIETA’:
Dopo una moratoria di 5 anni sono riprese oggi, in
Libano, le esecuzioni capitali -
Il
governo dell’Honduras ha annunciato un progetto di legge contro il traffico e
lo sfruttamento dei bambini
La complessa questione
sociale della Guinea Bissau al centro del quinto incontro dei presidenti delle
Conferenze episcopali delle Chiese di lingua portoghese
Grande sconcerto, in
Argentina, per le foto che ritraggono militari mentre torturano alcuni
prigionieri
La
prevenzione della criminalità minorile e l’integrazione dei giovani nella
società: sono i temi centrali della recente lettera pastorale dei vescovi di 12
stati del sud degli Usa
L’Onu esprime il
proprio sostegno alla decisione del governo della Repubblica democratica del
Congo di formare un esercito nazionale
24 ORE NEL MONDO:
In
Iraq 7 i morti in diversi episodi: tre americani e 4 iracheni
Intorno
al tema della Giustizia tensione e proteste in Italia
La
prospettiva di colloqui di pace in Burundi
In
Asia allarme per il cosiddetto ‘virus dei polli’.
17
gennaio 2004
LA PREGHIERA AL CENTRO DELLO SPIRITO DI
FRATERNA COMUNIONE:
COSI’, IL PAPA NEL DISCORSO STAMANE ALLA COMUNITA’
DELL’ALMO COLLEGIO CAPRANICA
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Prepararsi al ministero pastorale insistendo sullo spirito
di comunione: è l’esortazione rivolta
stamani dal Papa a 70 rappresentanti della comunità dell’Almo Collegio
Capranica, ricevuti in udienza nella Sala Clementina. All’incontro ha preso
parte, oltre al rettore del Collegio, mons. Alfredo Abbondi, anche il cardinale
vicario Camillo Ruini, presidente della Commissione episcopale per l’Alta
direzione dell’istituto. Il Santo Padre ha inoltre ricordato l’approssimarsi
dell’annuale memoria di Sant’Agnese, il 21 gennaio, che il Collegio venera come
sua protettrice. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
Giovanni Paolo II ha sottolineato come lo storico Collegio
Capranica si caratterizzi per “una spiccata attenzione alla vita di famiglia”,
fondata su “saldi riferimenti umani, teologici e spirituali”. Si è così
soffermato sullo “spirito di fraterna comunione”, necessario a prepararsi al
futuro ministero pastorale.
“Questo spirito - voi ben
lo sapete - deve nutrirsi anzitutto d’intensa e incessante preghiera, essendo
Dio la sorgente della nostra unità”.
Vanno dunque condivisi “gli
stessi obbiettivi e ideali tendendo all’unione delle menti e dei cuori”. Mai, ha avvertito, “può mancare il
cemento dell’unità e cioè la carità” insieme all’esercizio delle virtù,
“specialmente dell’obbedienza e dell’umiltà, ricercando senza sosta la
perfezione evangelica”. Il Signore, ha detto ancora, “vi desidera santi
consacrati totalmente a Lui e alla sua Chiesa”. E’ allora questa “la vostra
occupazione principale”, a cui va unito “l’impegno quotidiano per una solida
formazione umana e dottrinale”.
L’Almo Collegio Capranica accoglie attualmente 50 alunni.
E’ una storica Casa di formazione per futuri sacerdoti fondata nel 1457 dal
cardinale Domenico Capranica. Il Collegio è stato riformato da Alessandro VII e
Pio VII. Quindi, Benedetto XV ha affidato al Collegio il servizio, nelle
solenne funzioni, della Patriarcale Basilica Liberiana. L’Istituto dipende
dalla Congregazione per l’educazione cattolica e il suo rettore viene nominato
direttamente dal Pontefice.
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NUOVO
NUNZIO APOSTOLICO
IN
ETIOPIA E GIBUTI E DELEGATO APOSTOLICO IN SOMALIA
Il Santo Padre ha nominato quest’oggi
nunzio apostolico in Etiopia e in Gibuti e delegato apostolico in Somalia mons.
Ramiro Moliner Inglés, arcivescovo titolare di Sarda, finora nunzio apostolico
in Guatemala.
ALTRE
UDIENZE, RINUNCE E NOMINE
Nel corso della mattinata Giovanni Paolo II ha ricevuto la
signora Filiz Dinçmen, ambasciatrice di Turchia, con il consorte, in visita di
congedo.
Il Papa ha inoltre accettato
stamani la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Zomba, nel Malawi,
presentata da mons. Allan Chamgwera, per raggiunti limiti di età ed ha nominato
allo stesso incarico padre Thomas Msusa, Superiore regionale della delegazione Monfortana
in Kenya, Malawi, Congo e Uganda.
PER LA
DEDICAZIONE DELLA CAPPELLA DELLA DOMUS GALILAEAE
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
In
occasione del rito di dedicazione della Cappella della Domus Galilaeae,
svoltosi lo scorso 11 gennaio, il Papa ricorda “con commozione” il suo pellegrinaggio
in Terra Santa, in un messaggio indirizzato al patriarca latino di Gerusalemme,
mons. Michel Sabbah. Giovanni Paolo II rievoca in particolare la data del 24
marzo del 2000, quando celebrò l’Eucaristia sul monte delle Beatitudini dinanzi
a tanti fedeli della Terra Santa e numerosissimi giovani del cammino neocatecumenale.
La Domus Galilaeae, un complesso di linee estremamente moderne che si fondono
con la natura del paesaggio circostante, è un centro di formazione, di studio e
di accoglienza di pellegrini promosso dal cammino neocatecumenale. Oltre alla
chiesa, comprende il santuario della parola, l’auditorium e 200 posti letto.
“La nuova Cappella – sottolinea nel messaggio il Santo Padre – offre la possibilità
di contemplare il sommo mistero di Cristo”, mentre “l’affresco del Giudizio
universale, che ne arricchisce l’abside, invita a volgere lo sguardo a quelle
realtà ultime della fede che illuminano il nostro quotidiano pellegrinaggio
sulla terra”.
LA
MUSICA STRUMENTO DI DIALOGO TRA LE RELIGIONI:
NEL
POMERIGGIO, NELL’AULA PAOLO VI, ALLA PRESENZA DEL PAPA, IL CONCERTO
DELLA
RICONCILIAZIONE TRA EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI
-
Intervista con il maestro Gilbert Levine -
La musica al servizio del dialogo e della pace: con questo
spirito si terrà oggi pomeriggio nell’Aula Paolo VI, a partire dalle ore 18,30,
un grande concerto sul tema della Riconciliazione tra Ebrei, Cristiani e
Musulmani, alla presenza di Giovanni Paolo II e di numerosi esponenti delle tre
religioni. L’evento intende affidare all'efficace e suggestivo mezzo musicale
l’intento di promuovere l'impegno per una pacifica convivenza di tutti i figli di
Abramo ed è patrocinato dalla Commissione della Santa Sede per i rapporti
religiosi con l'Ebraismo, dal pontificio consiglio per la Promozione dell'Unità
dei Cristiani e dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso.
Il maestro Gilbert Levine, sul podio della Pittsburgh
Symphony Orchestra e della Corale di Pittsburgh e Ankara, dirigerà il mottetto
sacro Abraham, una nuova composizione di John Harbison, e la Seconda
Sinfonia di Gustav Mahler Resurrezione. Il servizio di A.V.:
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(musica)
Nel concerto la prima esecuzione assoluta dell’Oratorio Abraham,
composto da John Harbison, e la Sinfonia Resurrezione di Mahler sposano
Antico e Nuovo Testamento, conciliando i principi fondamentali delle tre
religioni monoteiste. Il direttore Levìne:
R. – Nel programma ci sono due credi delle fedi di
Cristiani, Musulmani ed Ebrei: il patriarca Abramo e la Resurrezione. Le parole
della prima composizione di John Harbison sono tratte direttamente dalla Genesi
e dicono che Abramo sarà il padre di tanti popoli e Musulmani, Ebrei, Cristiani
sono tutti figli di Abramo. Nella seconda parte, Mahler ha scritto una sinfonia
enorme che rappresenta la Resurrezione, ma è stata scritta da Mahler per tutti,
si tratta di una composizione universale perché ha pensato che il nostro
universale, le nostre anime vanno tutte – dopo la morte – a Dio. Questa è
l’ispirazione che il Santo Padre ha dato a tutti.
In Vaticano, Gilbert Levìne aveva già diretto alla
presenza di Giovanni Paolo II i Concerti in memoria della Shoà, il 7 aprile
1994, e durante il Giubileo per l’80.mo compleanno del Pontefice, il 18 maggio
2000. Ancora il direttore Levìne:
R. – Non c’è un onore più grande che eseguire un concerto
per il Santo Padre. Per me, come artista, questo rappresenta un’espressione di
grande, grande spirito. Quando si dà un concerto per il Santo Padre è come
farlo per tutto il mondo e la musica è una delle espressioni più importanti.
Questo concerto è straordinario, perché è per la riconciliazione fra le fedi di
Abramo. Nel nostro tempo non si può affrontare un tema più importante. Dopo gli
avvenimenti di New York, di Iraq ed Afghanistan, viviamo un periodo molto
pericoloso. Questo gesto di riconciliazione è molto, molto importante.
(musica)
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La nostra emittente seguirà l’avvenimento a partire dalle
ore 18,30 con la radiocronaca in diretta, in lingua italiana, sull’onda media
di 585 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz.
I CRISTIANI DI OGNI DENOMINAZIONE SI RIUNISCONO IN
PREGHIERA
DA
DOMANI 18 GENNAIO A DOMENICA 25 PER CHIEDERE AL SIGNORE
LA
GRAZIA DELLA LORO UNIFICAZIONE
-
Intervista con mons. Eleuterio Fortino -
Dagli inizi del secolo scorso si è cominciato a pregare
per l’unità dei cristiani e soprattutto dopo il Concilio Vaticano II si è
accentuata la consapevolezza dell’urgenza di superare le divisioni fra i
seguaci di Cristo, le quali recano scandalo e provocano turbamento. Ogni anno
dal 18 al 25 gennaio per otto giorni consecutivi si prega a questo scopo. Lo
stesso cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità
dei cristiani, apre domani pomeriggio l’ottavario con una celebrazione della
Parola presso la chiesa di Santa Brigida in Piazza Farnese a Roma, assieme al
vescovo luterano di Helsinki, in Finlandia, Eero Huovinen. La grande mistica
del Nord, infatti, è parimenti venerata da cattolici e luterani ed è
considerata antesignana dell’ecumenismo. Ma ascoltiamo l’intervista rilasciata
a Giovanni Peduto dal sottosegretario del dicastero vaticano per l’unità dei
cristiani, mons. Eleuterio Francesco Fortino, che spiega anzitutto la scelta
del tema della settimana:
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R. – Il tema è stato proposto dai cristiani della città di
Aleppo in Siria. Lì i cristiani convivono in modo fraterno, un po’ per l’azione
ecumenica che svolgono da vari anni, e un po’ anche per le esigenze del
contesto. Essi vivono in una società maggioritaria islamica; anche i rapporti
con l’Islam sono sostanzialmente buoni. Questo tema è attuale: “Io vi lascio la
mia pace”, dice Gesù nel suo testamento ai discepoli, e aggiunge: “Vi do la mia
pace”: la mia, non come la da il mondo. Spesso il mondo da una pace fondata
sull’equilibrio delle forze o del tutto sulla violenza. La pace che da Gesù è
nel perdono dei peccati: nel perdono è la radice della pace interiore.
D. – Vogliamo volgere uno sguardo al cammino ecumenico.
Quali progressi ci sono stati e soprattutto appuntiamo l’attenzione sugli
ortodossi.
R. – Il cammino ecumenico è difficile, spesso è lento,
spesso si incontrano nuove difficoltà ... alcune volte anche difficoltà che
provengono da ragioni psicologiche, sociologiche, politiche. Ma di anno in
anno, noi constatiamo che tra i cristiani sotto forme, dimensioni e qualità
diverse cresce la fraternità; le manifestazioni non sono sempre percepibili.
Anche in quest’ultimo anno ci sono stati molti elementi di contatto con le
Chiese ortodosse. Ci sono anche fatti nuovi: per esempio, è nuovo
l’atteggiamento del Patriarcato di Serbia nei rapporti con la Chiesa cattolica:
c’è stata una delegazione a Roma. Nello scorso anno c’è stata anche una grande
delegazione della Chiesa di Grecia a Roma e in più, non si rimane a livello
proprio di delegazione ufficiale ma per la Grecia c’è stato un fatto pastorale
importante: 30 parroci dell’arcidiocesi di Atene, con la benedizione e
l’approvazione dell’arcivescovo Christodulos, sono venuti a Roma, hanno avuto
contatti con dicasteri della Curia romana, con parrocchie, con istituzioni
pastorali, con movimenti cattolici come i Focolarini e la Comunità di
Sant’Egidio. Questi contatti traducono a livelli più estesi l’interesse, la
volontà delle nostre Chiese di procedere nel dialogo, nella conversazione,
nella crescita dell’amore reciproco.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l’Iraq,
dove persistono i sanguinosi attacchi; la Casa Bianca respinge la richiesta
degli sciiti di anticipare i tempi delle elezioni.
Nelle vaticane, l’udienza di
Giovanni Paolo II alla Comunità dell'Almo Collegio Capranica.
Una pagina in occasione del
113.mo anniversario della nascita del venerabile don Giustino Russolillo,
fondatore della Società Divine Vocazioni.
Una pagina dedicata
all’ingresso in diocesi del vescovo di Treviso.
Nelle estere, Medio Oriente:
riservisti israeliani manifestano contro gli insediamenti nei Territori.
Un articolo di Marcello Filotei
sulla situazione in Iran dal titolo “Il rilancio del sistema economico per
scongiurare il rischio di carestia nelle zone colpite dal terremoto”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Lanza su un volume che raccoglie saggi dedicati agli
scrittori siciliani del Novecento.
Nelle pagine italiane,
in rilievo il tema delle riforme e la vicenda Parmalat.
Un articolo di Gaetano Vallini sull’appello della
madre di un dializzato: “Aiutatemi a salvare mio figlio”.
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17
gennaio 2004
IL “WORLD SOCIAL FORUM” DI BOMBAY ENTRA NEL VIVO.
OCCHI PUNTATI SULLA GUERRA IN IRAQ, MA ANCHE SULLA NECESSITA’ DI CAMBIAMENTO
DEL MONDO
-
Intervista con Raffaele Salinari -
Un megafono per un miliardo di Indiani, con un riflettore
puntato sulle guerre nel mondo – a cominciare dall’Iraq – sugli Ogm, fino alla
difficile situazione della società indiana. Il “World Social Forum” di Bombay,
il quarto della storia, il primo in Asia, rappresenta un importante punto di
svolta per i movimenti no global, confluiti nella capitale economica indiana da
tutto il mondo. La dimostrazione del grande impatto avuto da questo evento
sullo Stato indiano, giunge dalla massiccia partecipazione popolare, tanto da
spiazzare gli organizzatori, che hanno dovuto riadattare le strutture di
accoglienza. Tra gli interventi in programma, quelli del cileno
Juan Somavía, direttore dell’Organizzazione mondiale del lavoro, e
dell’irlandese Mary Robinson, già alto Commissario Onu per i diritti dell’uomo.
Da Bombay, ci riferisce Maria Grazia Coggiola:
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Tra
applausi scroscianti di migliaia di persone, José Bové, leader francese dei
movimenti anti McDonalds, dal podio del Forum sociale di Bombay, ha lanciato un
nuovo attacco contro le multinazionali e contro il cosiddetto “cibo di Frankenstein”,
quello geneticamente modificato. Come l’India del Mahatma Ghandi ha lanciato
gli inglesi – oltre mezzo secolo fa – oggi deve cacciare la Coca Cola, la
Nestlé e la Monsanto. Il cotone geneticamente modificato da un anno è arrivato
anche in India ma ci sono forti opposizioni dei contadini e in parte anche del
governo.
Un’altra star della giornata è stata Mary Robinson, ex
presidente irlandese ed ex Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, ora
impegnata con l’associazione inglese Oxfam. La Robinson ha fatto appello per un
Trattato internazionale che controlli la proliferazione delle armi leggere: nel
mondo ce ne sono oltre 600 milioni - ha ricordato – ed ho potuto di vedere di
persona in Africa e in Colombia quali sono gli effetti devastanti.
La macchina organizzativa del Forum, in crisi ieri alla
cerimonia di apertura, sembra oggi reggere meglio l’impatto dei 100 mila
partecipanti, la maggior parte indiani, e degli oltre mille seminari in
programma.
Da Bombay, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Tra le
associazioni presenti anche “Terre del hommes”, che ha portato al “World Social
Forum” il difficile e delicato tema dei diritti dei bambini. Salvatore Sabatino
ha raggiunto telefonicamente a Bombay il presidente della federazione internazionale,
Raffaele Salinari:
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D. – Una grande presenza di pubblico, dunque, al World
Social Forum di Bombay: ma come procedono i lavori?
R. –
L’impressione generale che si ha, è di un’attività estrema, anche perché ogni
due o tre minuti all’interno del Social Forum c’è una manifestazione: ci sono
Workshop e quindi si pensa e dall’altra parte nelle strade del workshop si agisce.
D. –
Quanto pesa la politica estera in questo forum?
R. –
Tre sono le questioni di politica estera, che ogni giorno vengono ricordate,
affrontate o a cui viene dedicato un qualcosa. Anzitutto, il contrasto e il riavvicinamento
tra il Pakistan e l’India, c’è una componente molto importante di pachistani;
c’è infatti il Social Forum pachistano che ogni giorno riflette insieme agli
indiani su come avvicinare i due Paesi e superare lo stallo dei negoziati per
quanto riguarda il Kashimir. La seconda componente di politica estera che è
quotidianamente visibile e che appare molto forte riguarda i tibetani: il
movimento che rivendica se non l’indipendenza del Tibet almeno la possibilità
che i tibetani possano praticare la loro cultura. Il terzo problema, che
attraversa ovviamente tutto il forum, è quello che riguarda la guerra e in
questo caso l’ultima guerra nei confronti dell’Iraq, con tutte le sue relazioni
e quindi il diritto internazionale violato, il diritto umanitario e tutto
quello che ne consegue. C’è poi la questione palestinese: anche oggi c’è stata
una conferenza stampa dei rappresentanti palestinesi che ancora una volta hanno
chiesto di rimuovere il muro.
D. –
Avete portato a Bombay uno dei temi più delicati per quanto riguarda questo
periodo storico, quello cioè dei diritti dei bambini?
R. –
Soltanto qui, a Bombay, il 40 per cento della popolazione ha meno di 16 anni,
parliamo ovviamente di milioni e milioni – nel mondo quasi un miliardo – di
bambini che hanno problemi, tra cui quello del traffico, dello sfruttamento sessuale
e del lavoro minorile. Devo dire che il Social Forum ha accolto la partecipazione
dei bambini, perché i bambini stessi sono i protagonisti di questa riflessione,
devo dire, con molta apertura e con molta disponibilità a seguire il filone dei
diritti dei minori.
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LA CRITICA SITUAZIONE SOCIO-POLITICA DI HAITI,
DOVE LA POPOLAZIONE
E’ STREMATA DALLA POVERTA’ E SFIDUCIATA VERSO LE ISTITUZIONI
- Intervista con Emilia Ceolan -
Resta critica la situazione ad Haiti. Secondo gli
osservatori internazionali, il Paese è sull’orlo di una guerra civile. Con diverse
manifestazioni, negli ultimi mesi, la popolazione ha chiesto le dimissioni del
presidente Aristide. Precario anche il ruolo del Parlamento, giunto al termine
del suo mandato, ma che rischia di non riprendere le sue funzioni perché
l’opposizione minaccia di non partecipare alle prossime elezioni. Ma il Paese,
dove 7 milioni di persone vivono con un dollaro e mezzo al giorno, è in grado
di esprimere un’alternativa al governo di Aristide? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a Emilia Ceolàn, coordinatrice per l’America centrale e Caraibi del
Movimento Laici America Latina:
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R. – La situazione è molto grave ad Haiti, un Paese
stremato dalla miseria e dalla crisi politica. In pratica il 70 per cento della
popolazione è poverissima e bisognosa di aiuti umanitari urgenti. Inoltre è un
Paese distrutto dal punto di vista ambientale, dove, quindi, non c’è più
possibilità di sopravvivenza, per cui lo scontro sociale è inevitabile. Tutte
le promesse fatte più di 10 anni fa dal presidente Aristide non sono state
realizzate.
D. – Perché il capo dello Stato non è riuscito a mantenere
quelle promesse?
R. – Attualmente il problema molto forte è che l’isola è
diventata un centro di smistamento di droga. E non è ancora molto chiaro quanto
il presidente stesso sia condizionato dalle bande e dai gruppi che operano nel
traffico di stupefacenti.
D. – C’è un’alternativa all’attuale regime? Le dimissioni
di Aristide potrebbero aprire ad una soluzione dei problemi sociali e politici?
R. – E’ molto difficile, perché questo presidente era
stato eletto da tutta la popolazione più povera. Era un presidente che rappresentava
la speranza di cambiare. La disillusione è ora molto forte e porta con sé una
forte sfiducia anche nella politica e nelle istituzioni democratiche. Per cui
questo è un momento veramente difficile per Haiti. C’è comunque un’opposizione
che si sta muovendo; gli stessi alleati del famoso partito Lavalas, di
cui faceva parte Aristide, sono usciti dal suo governo e si stanno organizzando,
ma si trovano in una situazione delicatissima, perché la gente non crede più a
niente.
D. – Ci sarebbe bisogno a questo punto di un intervento
internazionale?
R. – Sì, il vertice dei Paesi americani ha proposto di
tenere nuove elezioni, ma c’è la concreta possibilità che l’opposizione non vi
partecipi. In pratica non c’è nessuna volontà politica di indire elezioni. Ci
vorrebbe, forse, che insieme ai Paesi americani, anche l’Onu intervenisse
subito, perché la popolazione haitiana è ormai veramente allo stremo.
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PUBBLICATO
DALLA ZANICHELLI IL DIZIONARIO DELLA BIBBIA,
RICCO
REPERTORIO TRA STORIA ANTICA E TEOLOGIA
-
Intervista con Piero Capelli -
Le Sacre Scritture dalla A alla Z. E’ quanto tratta il
dizionario della Bibbia pubblicato in Italia da Zanichelli Editore. L’opera
scritta da autori cristiani (cattolici e protestanti) ed ebrei, non è soltanto
un libro di teologia, ma anche un’opera storica che ricostruisce la vita, gli
usi e i costumi dell’epoca in cui i testi sacri furono scritti. Il dizionario
contiene infatti voci dedicate all’arte, all’economia, alla musica, ai culti e
alla cultura dell’epopea biblica dell’antico Israele e degli altri popoli
dell’antichità, dagli Egizi ai Filistei. Ma sul perché di un Dizionario della
Bibbia e sulla sua utilità Stefano Leszczynski ha intervistato il curatore
italiano Piero Capelli, biblista e docente di lingua e letterature ebraiche
all’Università di Venezia:
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R. – Il lettore italiano della Bibbia non aveva fino
adesso a disposizione uno strumento di dimensioni medie, cioè che non fosse un
semplice prontuario, ma nemmeno una enciclopedia in più volumi, per
accompagnarsi nell’usare la Bibbia, nel leggerla, nello studiarla per un
arricchimento spirituale o per un approfondimento culturale. Quello che
caratterizza il dizionario è di avere voci di carattere generale di storia
delle idee, la voce “famiglia”, la voce “papiro”, la voce “simbolo”: voci
monografiche che normalmente nei dizionari della Bibbia non ci sono e che invece
danno delle risposte alle domande che vengono poste più frequentemente a
docenti, a conferenzieri o semplicemente sul testo, da coloro che cercano in
qualche modo di avvicinarsi alla Bibbia e di fruirne.
D. – Si tratta di un libro non soltanto di natura
teologica e storica, quindi, ma di uno strumento che serve a contestualizzare
quanto si legge nella Bibbia…
R. – E’ esattamente questo. Il risultato è anche - se
vogliamo – ecumenico. In altre parole, i firmatari appartengono sì alle diverse
religioni, ma quello che conta è la trasversalità del metodo e quindi l’utilità
di uno strumento del genere per persone che cercano approcci differenti: dal
teologo al semplice curioso, allo storico dell’antichità del Vicino Oriente o
allo storico dell’arte occidentale o della musica.
D. – Cosa bisognerebbe fare per invogliare alla lettura e
alla comprensione della Bibbia?
R. – Bisognerebbe in primo luogo insegnarla a scuola, far
capire che la Bibbia è il testo fondante della nostra cultura in qualsiasi
contesto ci si ponga, in qualsiasi contesto la si viva, questa cultura.
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17
gennaio 2004
DOPO
UNA SOSPENSIONE DI DIVERSI ANNI SONO RIPRESE OGGI, IN LIBANO,
LE ESECUZIONI CAPITALI
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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BEIRUT. = In Libano gli appelli contro la pena di
morte di numerose organizzazioni per i diritti umani e dell’Unione europea non
hanno purtroppo scongiurato, dopo una moratoria di 5 anni, la ripresa delle
esecuzioni capitali nel Paese mediorientale. Le prime tre sentenze sono infatti
state eseguite, questa mattina, in un carcere a Nord Est di Beirut e hanno
riguardato tre pluriomicidi che ieri sera hanno potuto incontrare, per l’ultima
volta, i loro familiari. La pena di morte, che in Libano deve essere approvata
dal presidente, dal primo ministro e dal ministro della giustizia, è stata
attuata soprattutto a partire dal 1994 per contrastare la crescita della
criminalità dopo la guerra civile. Quelle odierne sono le prime condanne
eseguite nel Paese da quando il presidente libanese, Emile Lahoud, ha assunto
il potere nel 1998.
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IL
GOVERNO DELL’HONDURAS HA ANNUNCIATO UN PROGETTO DI LEGGE
CONTRO
IL TRAFFICO E LO SFRUTTAMENTO DEI BAMBINI. IN FAVORE DEI MINORI
SARÀ ANCHE
AVVIATO UN PROGRAMMA DI ASSISTENZA FINANZIATO DALL’ITALIA
TEGUCIGALPA.
= In Honduras oltre 5 mila bambini, di età compresa tra i 5 e i 18 anni, sono
vittime dello sfruttamento sessuale minorile. Lo rivela un rapporto
recentemente presentato dall’Unicef nel quale sono sottolineate anche le
responsabilità delle famiglie nell’infame traffico dei bambini. Il governo di
Tegucigalpa ed alcune organizzazioni non governative impegnate nella
salvaguardia dei diritti dei minori hanno intanto annunciato che presenteranno
un progetto di legge per avviare un piano di assistenza alle vittime di questa
inqualificabile tratta. Il finanziamento per l’attivazione del programma, circa
un milione e 400 mila dollari, sarà erogato dall’Italia e sarà utilizzato anche
per sensibilizzare la popolazione sui pericoli e le terribili conseguenze della
tratta degli esseri umani. (A.L.)
LA COMPLESSA QUESTIONE SOCIALE DELLA GUINEA BISSAU
AL CENTRO DEL QUINTO INCONTRO DEI PRESIDENTI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELLE
CHIESE DI LINGUA PORTOGHESE, CHE SI È RECENTEMENTE APERTO NEL PAESE AFRICANO
BISSAU.
= “La Guinea-Bissau non è isolata e non sarà dimenticata”. Lo ha detto il
vescovo di Bissau, monsignor José Câmnate na Bissign, definendo “un segnale di
speranza”, non solo per la Chiesa locale ma per l’intera società, il quinto
incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali delle Chiese di lingua
portoghese in corso nel Paese africano. “Nei lavori di queste giornate – ha
aggiunto il vescovo – avremo la possibilità di affrontare diversi temi e le
questioni sociali non verranno trascurate”. L’incontro, al quale partecipa il
patriarca di Lisbona, il cardinale José da Cruz Policarpo, intende rafforzare
la collaborazione tra le comunità cattoliche nel mondo di lingua portoghese.
(A.L.)
GRANDE
SCONCERTO, IN ARGENTINA, PER LE FOTO CHE RITRAGGONO MILITARI
MENTRE TORTURANO ALCUNI PRIGIONIERI. IL
PRESIDENTE DEL PAESE SUADAMERICANO HA ORDINATO DI AVVIARE UN INCHIESTA PER
ACCERTARE
LA
VERIDICITA’ DELLE IMMAGINI
BUENOS AIRES. = In Argentina, in un Centro militare della provincia di
Cordoba, è stata praticata la tortura. Il governo di Buenos Aires ne ha avuto
la certezza dopo che un anonimo cittadino ha consegnato al segretario per i
diritti umani, Eduardo Luis Duhalde, alcune fotografie che ritraggono ufficiali
e sottufficiali mentre torturano prigionieri nudi e incappucciati. Le immagini,
a colori, sono finite nelle mani del presidente della Repubblica Néstor
Kirchner, che ha convocato il capo dell’Esercito, generale Roberto Bendini, e
gli ha chiesto di scoprire luoghi e identità delle persone e di stabilire la
veridicità delle fotografie. Secondo Estela Carlotto, presidente
dell’organizzazione delle “Nonne di Piazza di Maggio”, sono almeno 40 le
persone implicate nella vicenda e non è da escludere la presenza, in queste
esercitazioni, anche di militari che avevano partecipato alle sistematiche
torture ai danni degli oppositori durante il regime militare. (A.L.)
LA PREVENZIONE DELLA CRIMINALITÀ
MINORILE E L’INTEGRAZIONE DEI GIOVANI
NELLA SOCIETÀ. SONO QUESTI I TEMI
CENTRALI DELLA RECENTE LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI DI 12 STATI DEL SUD DEGLI
USA
MARTIN. = Impedire, negli Stati
Uniti, l’accesso dei minori alle armi da fuoco, promuovere programmi sociali
che favoriscano l’integrazione dei giovani disadattati e, soprattutto,
investire più risorse nella prevenzione della criminalità minorile. Sono le
indicazioni contenute in una recente Lettera pastorale dei vescovi di 12 Stati
del Paese americano, dedicata alla piaga della criminalità giovanile. Il documento
è il terzo di una serie Lettere pastorali per l’Avvento e la Quaresima che i
presuli hanno deciso di dedicare alla riflessione sui limiti dell’attuale sistema
penale. Scopo dell’iniziativa, lanciata nel novembre del 2002, è un riesame
critico del regime penitenziario in questi Stati per correggerne le
ingiustizie. Il fenomeno della criminalità giovanile, sottolineano i presuli, è
alimentato soprattutto da povertà, emarginazione e razzismo a cui sono esposti,
soprattutto, gli afro-americani e gli ispanici. “La lotta contro la miseria ed
il sostegno alle famiglie – rilevano - sono strategie indispensabili per
vincere la battaglia contro il crimine”. I vescovi criticano, inoltre, la
tendenza sempre più marcata a trattare la criminalità minorile alla stessa
stregua di quella adulta. Di qui l’appello alle autorità e a tutte le persone
di buona volontà a sostenere programmi che favoriscano l’integrazione dei
giovani nella società. (L.Z.)
L’ONU ESPRIME IL PROPRIO SOSTEGNO ALLA DECISIONE DEL GOVERNO DELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO DI FORMARE UN ESERCITO NAZIONALE
KINSHASA.
= Dopo decine di risoluzioni di condanna contro la guerra nella Repubblica
democratica del Congo, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso
apprezzamento per gli sforzi da parte del governo africano di unificare l’Esercito.
I Quindici hanno approvato all’unanimità un documento in cui auspicano che
questo possa essere il passo decisivo verso la formazione di un Esercito
nazionale, dopo che per cinque anni gruppi armati avversari si sono duramente
affrontati sul territorio congolese. Le Nazioni Unite – presenti nell’ex Zaire
con una missione di pace (Monuc) hanno inoltre aggiornato una precedente
risoluzione del 2000, in cui si chiedeva alle forze militari dell’Uganda, del
Rwanda e ai ribelli congolesi il ritiro immediato e completo da Kisangani,
città-simbolo della devastante guerra in Congo, che ha provocato oltre due
milioni e mezzo di morti. (A.L.)
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17
gennaio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Ennesima giornata di violenze in Iraq. Sette morti nelle
ultime ore in diversi episodi di guerriglia. Intanto, l’esercito statunitense
ha scoperto una bomba di eccezionali dimensioni nei pressi di Falluja. I
particolari nel servizio di Salvatore
Sabatino:
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Si è aperta con un nuovo tragico episodio di sangue in
Iraq la giornata del 13esimo anniversario dell’inizio della prima Guerra del
Golfo. Tre militari americani e due agenti della sicurezza irachena sono
infatti morti questa mattina, quando un ordigno è esploso al passaggio del
mezzo corazzato sul quale si trovavano in perlustrazione. L’episodio è avvenuto
ad Ovest della località di Taji, circa 30 km a Nord di Baghdad. Secondo testimoni,
l'esplosione e' stata talmente violenta da spaccare in due la torretta del mezzo che, dopo essersi
ribaltato, ha preso fuoco. Subito dopo la deflagrazione, i militari
statunitensi hanno circondato la zona ed hanno arrestato tre iracheni trovati
in possesso di armi ed esplosivi.
Violenze anche al confine con la Siria, nella provincia di
al Anbar, dove assalitori sconosciuti hanno attaccato un posto di frontiera,
provocando la reazione delle truppe della coalizione. Pesante, anche in questo
caso, il bilancio: due iracheni morti. Nei pressi di Falluja, invece, ad Ovest
della capitale irachena, le truppe statunitensi hanno scoperto un mega-ordigno,
composto da quattro ogive di missili terra-aria collegate a 20 chilogrammi di esplosivo.
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Un clima di ostilità e di
tensione ha accompagnato per tutta la durata
della seduta plenaria del parlamento pachistano, il discorso del presidente Pervez Musharraf, giunto al
potere dopo il colpo di stato del 1999. Il presidente ha aperto la seduta
dell’Assemblea generale e del Senato inneggiando alla “guerra santa”, al fianco degli Stati Uniti, per
sradicare l’estremismo islamico. Ma i membri dell’opposizione hanno protestato
anche gridando slogan come “Abbasso la dittatura”, “Via Musharraf”. Tra inni di
protesta il presidente ha continuato a spiegare le ragioni che devono spingere
il Paese a combattere l’integralismo islamico, dannoso all’immagine dello
stesso Pakistan, giudicato, a suo avviso, all'estero come un Paese “chiuso e
intollerante”.
A Gaza, alcune centinaia di
donne palestinesi, legate ai movimenti Hamas e Jihad Islamica, hanno tenuto una dimostrazione davanti
all’istituto culturale francese. L’obiettivo è protestare per la decisione della Francia di interdire
l’uso del velo islamico, così come di altri simboli religiosi, nelle scuole del
Paese. Un’altra dimostrazione allo stesso scopo si è tenuta anche a Rafah.
In
Italia è alto livello di tensione nel campo della giustizia. Il ministro Castelli,
all'inaugurazione dell'Anno Giudiziario a Napoli, ha detto che “il primo problema è il rapporto tra potere
legislativo e potere giudiziario”. Ha spiegato che, a suo avviso, la riforma
dell'art. 68 della Costituzione “ha sbilanciato i poteri creando una situazione
per certi versi subordinata del potere legislativo rispetto a quello
giudiziario”. E ha poi aggiunto che “la giustizia in Italia deve recuperare
autorevolezza”. Intanto, a Roma, alla cerimonia dell'inaugurazione dell’anno giudiziario
del distretto del Lazio, i magistrati si sono presentati in toga nera, loro
consueto abito di lavoro, spiegando però di “indossarla in segno di lutto per
la situazione della giustizia”. E proteste si sono avute anche a Genova, a
Palermo e in altri dei 26 distretti di Corte d'appello. A Milano, la cerimonia
è durata pochissimi minuti, a causa
dell’inagibilità di alcuni settori del Palazzo di Giustizia. In ogni caso, il
Procuratore generale di Milano, Blandini, ha detto che i fatti non consentono fiducia
e che non ci sono state riforme.
La Bank of America ha riferito questa mattina al commissario straordinario
di Parmalat, Enrico Bondi, che il numero del presunto deposito presso la sua
filiale di New York, nel quale sarebbero depositati 7 miliardi di euro di
attività liquide legate alla azienda in crisi, “non è tra quelli in uso”. La
risposta di Bank of America è giunta a seguito della espressa richiesta,
per il tramite della PriceWaterhouseCoopers, del commissario
straordinario Enrico Bondi. Intanto,
anche la Confconsumatori scende in campo con una azione civile “collettiva” con
la quale intende chiedere al giudice il
risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dai
risparmiatori che hanno investito in
titoli Parmalat.
Nonostante lo scambio di accuse,
nei prossimi giorni, e forse già domani o dopo-domani, il presidente del
Burundi, Domitien Ndayizeye, incontrerà per la prima volta, in Olanda, una
delegazione delle Forze Nazionali di Liberazione, Fln. Finora questo movimento
armato aveva sempre rifiutato il dialogo con le autorità di Bujumbura ed è
infatti l’unico gruppo armato ancora operativo nel Paese africano, dove nel
novembre scorso la maggiore fazione dei ribelli, le Forze per la Difesa della
Democrazia, hanno raggiunto un accordo con il governo. Il nome del Burundi fa
venire subito alla mente l’uccisione recente del nunzio mons. Court-ney.
Ascoltiamo quanto riferisce Giulio Albanese:
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Proprio ieri parlando da Parigi, dove si trova in visita,
il presidente burundese ha dichiarato pubblicamente e senza mezzi termine che
alcuni combattenti delle forze nazionali di liberazione sono responsabili della
morte di mons. Michael Courtney, il nunzio apostolico assassinato lo scorso 29
dicembre. Immediata la replica dei ribelli che avevano già ripetutamente
respinto l’accusa, formulata peraltro anche dall’esercito e dal presidente
della Conferenza episcopale del Paese africano all’indomani dell’imboscata in
cui rimase ucciso il diplomatico vaticano. “Non siamo in alcun modo responsabili
dell’omicidio di mons. Courtney”, ha detto un loro portavoce. Si tenta,
intanto, di guardare al futuro con ottimismo e speranza: due giorni fa la
Conferenza dei donatori a Bruxelles ha promesso oltre 800 milioni di euro di
aiuti a Bujumbura, per sostenere la ricostruzione dopo dieci anni di guerra
civile. Gli scontri dal 1993 ad oggi hanno provocato oltre 300 mila morti.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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L’urgente invio di 6.240 caschi blu in Costa d’Avorio, per
procedere al disarmo delle forze. È quanto auspicato dal ministro francese alla
Difesa, Michel Alliot-Marie. La richiesta è stata avanzata a New York durante
un faccia a faccia con il Segretario dell’Onu, Kofi Annan. Il progetto è
sostenuto dall’Onu, ma gli Stati Uniti hanno espresso numerose riserve.
Il ministero della Sanità cinese ha confermato due casi di
sars, la polmonite atipica, nella provincia meridionale del Guangdong. Ma a
catturare l’attenzione è in Asia l’allarme per il virus che colpisce i polli.
In Vietnam le autorita' vietnamite hanno ordinato l'abbattimento massiccio
degli animali colpiti e ne hanno vietato la vendita a Ho Chi Minh Ville,
capitale economica del sud. Secondo le autorità, 13 persone sono morte per
l'influenza aviaria ma Organizzazione mondiale della sanità ha finora
confermato soltanto quattro decessi, sottolineando che il virus non si trasmette
da essere umano a essere umano. In ogni caso, sono ormai quattro i paesi
asiatici colpiti: oltre a Vietnam, Corea del sud, Taiwan e Giappone. La
parola a Maurizio Pascucci:
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E’ un bambino di cinque anni,
della provincia vietnamita di Nam Di, la quarta vittima accertata del
cosiddetto virus dei polli. Il Vietnam ha ordinato intanto la distruzione di
tutto il pollame allevato nelle 12 regioni colpite dalla particolare tipologia
dell’infezione aviaria definita dagli studiosi H5N1. Anche la Cina è corsa ai
ripari con misure drastiche. Il governo di Pechino ha chiesto alle autorità
sanitarie locali di mettere in quarantena coloro che giungono da Paesi in cui
si è manifestata la presenza del virus. E’ stata suggerita anche la possibilità
di misurare la temperatura a chi entra in Cina proveniente da Corea del Sud,
Giappone e Vietnam. Tuttavia, un portavoce dell’Organizzazione mondiale della
sanità, Peter Cole, ha confermato che al momento il contagio dell’uomo può
essere causato solo dai volatili:
“THERE IS NO SIGN WHATSOEVER ...
Non ci sono elementi che
suggeriscono il contagio da uomo a uomo. E’ importante: se le cose rimanessero
così, pensiamo che la situazione sia controllabile. Anche se non sarà facile
perché l’infezione è assai diffusa nel pollame. Non c’è nulla, però, che possa
rappresentare al momento una crisi sanitaria”.
Maurizio Pascucci, per la Radio
Vaticana.
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La Cina ha riaffermato con forza la sua opposizione al
referendum proposto dal presidente di Taiwan, Chen Shui-bian. Quest’ultimo ha
annunciato ieri che con il referendum, previsto per il 20 marzo in coincidenza
con le elezioni presidenziali, chiederà esplicitamente ai suoi concittadini di
condannare, tra l ‘altro, lo schieramento di missili cinesi contro l'isola.
Secondo Pechino, il referendum rappresenta “una provocazione unilaterale contro
la pace” e l’obiettivo reale di Taiwan è di arrivare in futuro
all'indipendenza. Pechino considera Taiwan una propria provincia che deve
essere riunita alla madrepatria. L' isola è separata di fatto dalla Cina dal
1949, quando vi si rifugiarono i dirigenti del Kuomintang, il partito
nazionalista sconfitto dai comunisti nella guerra civile.
Nuove accuse sull’esistenza di “legami diretti” tra le
milizie della guerriglia islamico-secessionista cecena e Al Qaida. E’ quanto
emerge dall’intervista, pubblicata dalla stampa russa, con il generale Valeri
Baranov, comandante delle truppe federali russe nel Caucaso del Nord.
Nell’intervista, Baranov sottolinea in particolare la raccolta di prove sulla
presenza in anni recenti di militanti ceceni nei campi della rete di Osama bin
Laden in Afghanistan. Secondo il generale russo, i ceceni avrebbero partecipato
a “corsi di addestramento per periodi di due anni”, dedicati a tecniche di
guerriglia e indottrinamento religioso.
L’avvocato iraniano Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, ha detto che il presidente Mohammad Khatami dovrebbe mantenere la promessa di rassegnare le dimissioni nel caso in cui non riuscisse a fare accettare le sue riforme. “Khatami ha affermato che si dimetterà se le misure che ha
presentato non saranno adottate”, ha ricordato la
militante dei diritti dell’uomo, che partecipa da ieri al quarto Forum Sociale
mondiale in corso a Bombay.
Ancora una tragedia dell’immigrazione. Sedici clandestini
magrebini e sub-sahariani hanno perso la vita al largo delle isole Canarie,
l'arcipelago spagnolo davanti alla costa atlantica africana. L’imbarcazione
sulla quale viaggiavano è affondata improvvisamente nei pressi di
Fuerteventura. Sei di loro hanno raggiunto la spiaggia indenni, e altri tre
sono riusciti ad aggrapparsi agli scogli. Gli altri, però, non ce l'hanno
fatta.
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