RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 11 - Testo della Trasmissione di domenica 11
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Distrutta una baraccopoli in
Guinea equatoriale, numerose famiglie senza tetto
“Storia di Karol” è il
titolo della fiction di Mediaset, in onda a ottobre su Canale 5
Il naufragio dei
clandestini in Albania: si cercano ancora sette dispersi. La testimonianza di
un comandante della marina militare italiana, di stanza a Valona
Proteste in Iraq, dopo
l’uccisione di sette manifestanti avvenuta ieri nella città di Amàra
La solidarietà per il
Medio Oriente al centro dell’incontro tra i vescovi Ue e Usa e gli ordinari di
Terra Santa, domani a Gerusalemme: con noi, p. David Jaeger.
11
gennaio 2004
IL BATTESIMO, MISTERO DI LUCE E DI FORZA PER I
CRISTIANI E LA CHIESA,
NEL LORO QUOTIDIANO PELLEGRINAGGIO DELLA FEDE:
COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS, NELLA FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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E’ Gesù il “volto umano di Dio” e il “volto divino
dell’uomo”. Su di lui dobbiamo tenere “fisso” lo sguardo, come fece Maria, che
dal mistero della manifestazione di Cristo trasse la luce e la forza per
proseguire nel “pellegrinaggio della fede”. E’ questo il messaggio che nasce
dalla solennità odierna, la Festa del Battesimo del Signore, festa di luce per
ogni cristiano. All’angelus, in una Piazza San Pietro fredda ma inondata di
sole, Giovanni Paolo II ha spiegato il senso spirituale dell’incontro tra Gesù
e Giovanni il Battista tra le acque del fiume Giordano:
“E’ la prima manifestazione pubblica dell’identità
messianica di Gesù, dopo l’adorazione dei Magi. Per questo la liturgia accosta
il Battesimo all’Epifania, con un salto cronologico di circa trent’anni: quel
Bambino, che i Magi adorarono quale Re messianico, lo vediamo oggi consacrato
dal Padre nello Spirito Santo”.
Fin dal Battesimo nel Giordano, ha proseguito il
Pontefice, “si delinea chiaramente lo stile messianico di Gesù”, l’Agnello di
Dio venuto a riscattare l’uomo dal peccato. Duemila anni fa, la colomba dello
Spirito Santo e il Battista stesso resero manifesta agli uomini del tempo la
divinità di Cristo. Duemila anni dopo, i cristiani sono chiamati a fare altrettanto:
“Anche noi, che
nel Natale abbiamo celebrato il grande evento dell’Incarnazione, siamo invitati
a mantenere fisso lo sguardo su Gesù, volto umano di Dio e volto divino
dell’uomo”.
Maria, maestra
insuperabile di contemplazione”, fu la prima a tenere lo sguardo fisso sul
figlio, ricevendo la luce e la forza necessarie per vivere nella fede il
distacco da Gesù che lasciava Nazaret per iniziare la sua missione. Il Battesimo
dunque, ha concluso Giovanni Paolo II, è “il primo mistero di luce per Maria e
per tutta la Chiesa. Possa esso illuminare il cammino di ogni cristiano”. Dopo
la recita della preghiera mariana, il Papa ha salutato i pellegrini presenti
che hanno festosamente ricambiato con acclamazioni e sventolio di fazzoletti.
Particolarmente caloroso il saluto ricolto al Pontefice da un gruppo di fedeli
ucraini, salutati dal Papa nella loro lingua.
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11
gennaio 2004
LO STATUS DI PRIOGIONIERO DI GUERRA PER
SADDAM HUSSEIN,
CONSEGUENZE E PROSPETTIVE DI DIRITTO INTERNAZIONALE
- Intervista con Flavia Lattanzi -
La conferma da parte del Pentagono dell’attribuzione a
Saddam Hussein dello status di prigioniero di guerra ha suscitato l’irritazione
di alcuni membri del Consiglio di governo transitorio iracheno. “Siamo stupiti
per questa decisione e ne parleremo con l’autorità provvisoria della coalizione,
perché non avevamo mai affrontato l'argomento”, ha dichiarato Sara Nureddin,
che dirige il Comitato giuridico del Consiglio di governo in Iraq. Anche dal vicino
Iran sono giunte critiche. Il portavoce del ministro degli Esteri iraniano,
Hamid Reza Hasefi, ha detto questa mattina che l’ex rais dovrebbe essere considerato
come un criminale di guerra e non prigioniero. Soddisfatti invece si sono detti
i membri del Comitato della Croce Rossa Internazionale. Ma cosa comporta
l’attribuzione dello status di prigioniero di guerra all’ex dittatore iracheno?
Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Flavia Lattanzi, docente di diritto
internazionale e giudice del Tribunale internazionale per il Randa:
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R. – Anzitutto, il riconoscimento che c’è una situazione
di guerra internazionale, cosa che di fatto è, e quindi non potevano che
riconoscergli questo status: si è trattato di una decisione automatica,
insomma. Sarebbe stato veramente scandaloso se non l’avessero fatto.
D. – Cosa comporta per Saddam Hussein non essere
considerato un criminale comune, bensì un prigioniero di guerra?
R. – Dal punto di vista dei diritti, sicuramente lo status
di prigioniero di guerra comporta alcuni diritti specifici e aggiuntivi,
rispetto ai diritti che competono a qualsiasi sospetto criminale, a qualsiasi
imputato, a qualsiasi detenuto. Però, non esiste nessuna differenza dal punto
di vista della responsabilità penale e quindi della possibilità di processarlo
ad opera del tribunale interno, peraltro già istituito dal 10 dicembre scorso.
Anche il diritto bellico prevede che gli Stati siano obbligati a processare i sospetti
criminali di guerra.
D. – Questo comporta dei diritti in favore di Saddam
Hussein, diritti che non vengono riconosciuti però in altre situazioni, ad
esempio per quanto riguarda i talebani afghani...
R. – Lì la situazione era un po’ diversa, perché c’era un
conflitto interno, e c’era un governo - il governo dei talebani - che non era
riconosciuto dalle Nazioni Unite. Si è trattato di un aiuto esterno alla resistenza
e non di una situazione di guerra internazionale in senso proprio.
D. – Si può fare una similitudine tra talebani e quanto
invece è avvenuto in Jugoslavia con l’ex presidente Milosevic?
R. – Lì, è stato lo stesso: un problema di guerra civile,
e quindi di disintegrazione di uno Stato – la ex Jugoslavia – a seguito di un
conflitto interno. Anche in quel caso, in altre parole, non si era verificata
una situazione di guerra internazionale, di guerra tra i due Stati.
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DOMANI, IN MESSICO, APERTURA DEL VERTICE OSA:
SFIDA
PER L’EGEMONIA LATINOAMERICANA TRA GEORGE BUSH E LULA DA SILVA
-
Intervista con Maurizio Chierici -
Si apre domani (lunedì 12) a Monterrey, in Messico, il
Vertice straordinario delle Americhe. L’incontro riunisce presidenti e primi
ministri di 34 Paesi membri dell’Osa, l’Organizzazione degli Stati americani,
per un esame sulle principali sfide economiche, politiche e sociali dello
scacchiere. L’avvenimento sarà anche occasione di un confronto diretto tra il
presidente Bush e il presidente brasiliano Lula Da Silva, figura emergente del
continente latinoamericano. Sugli argomenti che il summit dovrà affrontare,
Giancarlo La Vella ha raccolto il commento del giornalista Maurizio Chierici,
esperto delle problematiche dell’area:
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R. – Il vertice prenderà in esame tante situazioni
specifiche, come il mercato comune per le due Americhe, i problemi particolari
che riguardano Bolivia, Argentina, Messico... Ma di fondo, al vertice si
affaccia per la prima volta un interrogativo, che Bush dovrà tenere in conto e
che dovrà tentare di risolvere: il continente sudamericano è ancora degli Stati
Uniti o sta per diventare il continente di Lula? Perché già ci sono dei riscontri,
in questo senso. L’Argentina, per esempio, ha rifiutato con Kirschner di cedere
alle pressioni di Washington sul problema dei rapporti con Castro e si è astenuta
dalla condanna, cosa che gli Stati Uniti non hanno gradito. Ci sono poi dei problemi
anche con lo stesso Brasile, che ha preso male l’imposizione in base alla quale
ogni cittadino brasiliano che si reca negli Stati Uniti deve lasciare le
proprie impronte digitali: per reciprocità, il Brasile ha applicato la stessa
cosa agli americani che vanno nel Paese sudamericano. E non solo: Lula non
accetta un mercato nel quale gli Stati Uniti possono esportare tutto, mentre
gli altri Paesi hanno 248 prodotti che non possono esportare negli Usa. La
rivista “Relazioni estere”, fondata ai tempi di Clinton, sta denunciando che il
piano di occupazione militare e aiuti militari concreti alla Colombia per distruggere
le piantagioni di coca sta dando qualche risultato, ma un risultato che si annuncia
catastrofico, in prospettiva: tutti i coltivatori di coca stanno emigrando nei
Paesi circostanti, per cui il problema diventa non più di un Paese, ma
regionale. Parlando poi della Bolivia, gli indios si sono rivoltati al
presidente che stava vendendo il gas alle imprese di Cina e Stati Uniti. Adesso,
gli Stati Uniti hanno chiuso, dicono che a loro non interessa più il gas boliviano:
un contraccolpo che l’America Latina ha preso molto male.
D. – C’è anche un contenzioso tra Cile e Bolivia per lo
sbocco al mare di quest’ultimo Paese...
R. – E’ un contenzioso che dura da 130 anni e continua.
Andrà avanti, ma non so come finirà.
D. – E’ un vertice, questo, che cade proprio nel momento
in cui un Paese come Haiti sta attraversando una profonda crisi sociale: il
summit potrà contribuire a risolvere questa emergenza?
R. – E’ difficile, perché Aristide rientra nel “pacchetto”
delle delusioni: è stato un uomo straordinario, ma adesso ha creato le sue
milizie: quelle che una volta soccorrevano la gente, ora sono diventate veri e
propri squadroni della morte, anche con Aristide. Non so quale epilogo potrà esserci...
D. – Secondo te, l’area del continente americano riuscirà
a trovare unità al di là della guida statunitense?
R. – Lula può essere un segno. Bisogna vedere quanto può
resistere Lula in Brasile, perché l’economia non va benissimo. Poi, c’è il
Messico: Bush ha fatto una legge sull’immigrazione in modo che tutti i
clandestini possano lavorare per tre anni versando, naturalmente, le trattenute
per i fondi pensione di cui non godranno mai perché dopo tre anni dovranno
tornare a casa. Quindi, tutti hanno capito che – come è stato definito dai
giornali di Città del Messico – sarebbero a quel punto degli “schiavi
economici”.
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L’AFFETTIVITA’ NEI DISABILI MENTALI,
UNA RICCHEZZA DA SVILUPPARE SECONDO LE CAPACITA’ INDIVIDUALI
- Intervista con Francesco Cucchi -
Il Papa è tornato di recente a parlare del riconoscimento
dei diritti dei portatori di handicap mentale e della necessità di un impegno
sincero da parte di tutti per sostenere e tutelare al meglio i loro bisogni e
le loro dinamiche di crescita. L’occasione che ha originato l’intervento del
Pontefice è stata offerta dal Simposio internazionale organizzato a Roma dalla
Congregazione per la Dottrina della Fede, sul tema “Dignità e diritti della persona
con handicap mentale”. Per un commento sul testo di Giovanni Paolo II, Gabriella
Ceraso ha sentito Francesco Cucchi, sociologo e responsabile della Comunità S.
Elisabetta, un centro diurno che accoglie 16 ragazzi con diverse disabilità
mentali:
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R. – E’ molto importante che Giovanni Paolo II si sia
espresso su un tema così delicato e così importante come la dignità della
persona disabile mentale. Nel documento, si fa riferimento esplicito
all’antropologia cristiana che vede la persona disabile al centro e di pari
dignità di tutti gli altri figli di Dio. E vorrei richiamare anche il concetto
della qualità della vita, perché dimostra proprio come il mondo dei diritti non
possa essere appannaggio solo delle persone sane.
D. – Il Papa, nel suo messaggio, parla anche
dell’importanza delle dimensioni affettive e spirituali della persona
portatrice di handicap: un aspetto spesso rimosso. Come affrontate voi il
problema di colmare il bisogno affettivo e di intimità dei vostri ragazzi?
R. – Noi abbiamo sicuramente un’attenzione al problema.
Per alcuni ragazzi e ragazze che manifestano questi discorsi, sicuramente il
primo importante strumento che vale per tutte le altre aree è la relazione: la
relazione che si instaura tra l’educatore e il soggetto portatore di handicap.
E quindi, all’interno di questa relazione, con il dialogo, con il colloquio e
anche con l’affettività nostra - con l’abbraccio, con le carezze, con il tono
della voce - si spiegano le varie identità sessuali, le relazioni, l’importanza
della relazione come dono e comunque come cosa di valore, che non va sprecata e
non va utilizzata in maniera impropria.
D. – Quali sono le risposte dei ragazzi?
R. – Le risposte sono chiaramente di attenzione e
d’interesse. L’affettività e anche la sessualità sono parte dell’essere umano,
espressioni di realtà create da Dio Padre, e quindi non vanno celate, non vanno
nascoste: vanno comunque supportate. Supportate, quindi, con l’esperienza delle
comunità che in qualche modo si impegnano con onestà, con serietà, senza falsi
pudori e pregiudizi. Anche in un altro passaggio, infatti, si evidenzia molto
bene come i limiti della persona disabile non debbano diventare poi pretesto
per farle fare cose diverse. E’ molto bello il passaggio in cui il documento
dice: “Le persone disabili non devono fare le stesse cose che fanno gli altri,
perché ogni persona, a seconda delle sue capacità, della sua tipologia di handicap
deve essere aiutata a sviluppare le proprie ricchezze, le proprie individuali e
singole capacità”. Quindi, anche nella sfera sessuale e affettiva, vanno
modulate a seconda della tipologia dell’handicap presente in ognuno dei ragazzi
o delle ragazze che noi seguiamo quotidianamente.
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GENOVA, CAPITALE EUROPEA DELLA
CULTURA PER IL 2004:
UN MESSAGGIO DI PACE E DI DIALOGO
- Intervista con l’arcivescovo Tarcisio Bertone -
Le note del
celebre tenore spagnolo José Carreras hanno lanciato, tre sere fa, l’Anno della
cultura che Genova e la città francese di Lille rappresenteranno in Europa per
il 2004 in veste di “capitali”. Tra le manifestazioni inaugurali svoltesi nel
capoluogo ligure, va segnalata anche l’importante Conferenza internazionale sul
tema “I bambini e il Mediterraneo”. Ma quale messaggio offre Genova al Vecchio
continente? Giovanni Peduto lo ha chiesto all’arcivescovo della città, il cardinale
Tarcisio Bertone:
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R. – Genova è per definizione ianua, cioè una
“porta” aperta sul Mediterraneo, una porta aperta sul mare. Il messaggio è
quello di un dialogo interculturale che metta alla sua base i valori
fondamentali dell’uomo, della concezione della società come una unità e quindi
della concordia e della pace. Mi sembra che, anche con Lille - questa grande
città francese che condivide con noi questa missione per il 2004 - possiamo
offrire un messaggio di solidarietà e di pace.
D. – Primo appuntamento per Genova capitale europea della
cultura è stata la conferenza internazionale sui bambini nel Mediterraneo,
un’area in cui i diritti dei minori sono spesso violati…
R. – E’ vero. Genova vanta un famoso ospedale pediatrico,
opera della fondazione Gaslini, di cui
l’arcivescovo di Genova è presidente.
E’ bello che Genova inizi l’anno della cultura proprio con questo
messaggio, con questo impegno di aiuto verso i bambini del Mediterraneo. La
conferenza ha inteso radunare tutti i rappresentanti della pediatria e anche
degli istituti di ricerca per formare una mappa sulla situazione dei bambini
del Mediterraneo ed individuare gli aiuti più urgenti e più necessari. Per
esempio, un ammiraglio di Genova ha presentato una bella proposta, che abbiamo
propiziato, di mettere a disposizione dei bambini, come ospedali volanti, le
navi militari specialmente in alcuni momenti cruciali. Questo perché i bambini
sono i primi a soffrire per le guerre, le divisioni, le violenze, in tutti i
Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
D. – Un dato preoccupante è però il fatto che l’Europa, e
soprattutto l’Italia, stiano diventando sempre più vecchie. Nascono sempre meno
bambini…
R. – E questo è un problema soprattutto di Genova. Quando
io ho fatto il mio ingresso nel capoluogo ligure - che si sente sempre un po’
in crisi, anche dal punto di vista del lavoro e delle prospettive future – ho
detto che questa città, se intende rinascere, deve avere più nascite. In effetti,
si tratta di una città che sta invecchiando, i giovani prendono altre vie.
Tuttavia è bello che si sia fermata a riflettere e abbia concepito questo grande
progetto verso i bambini del Mediterraneo, creando proprio qui a Genova - una
città vecchia - un istituto per i bambini.
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SACCHI
A PELO PER CHI VIVE D’INVERNO ALL’ADDIACCIO:
UN’INIZIATIVA
DI SOLIDARIETA’ PER I SENZA CASA DI MILANO
-
Intervista con Mario Furlan -
Duecento sacchi a pelo per
rendere più calde le notti dei senza casa. E’ l’iniziativa realizzata a Milano
dal Banco Alimentare, con la collaborazione dell’Hotel Principe di Savoia e i
City Angels. Il presidente di quest’ultima associazione, Mario Furlan,
descrive, al microfono di Marina Tomarro, gli interventi a favore degli homeless:
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R. – Come tutti gli anni, c’è ora l’emergenza freddo per
chi sta sulla strada e deve in qualche modo sopravvivere tra coperte, cartoni e
sacchi a pelo. In particolare, i sacchi a pelo sono la salvezza per migliaia di
senzatetto. Noi andiamo in giro tutte le notti con dei furgonicini. Sappiamo
dove si trovano i senzatetto. Andiamo nelle stazioni, nelle aree dismesse,
nelle fabbriche abbandonate, là dove c’è gente che ha creato delle comunità, soprattutto
di stranieri: rumeni, marocchini, albanesi… Andiamo anche in centro, dove ci
sono soprattutto italiani che hanno bisogno. Distribuiamo i sacchi a pelo e
stiamo attenti a chi li diamo, perché bisogna darli a chi li utilizza e non a
chi poi li potrebbe rivendere.
D. – Come reagiscono i senzatetto di fronte a questo
regalo?
R. – Questo regalo è una specie di manna dal cielo per
loro, tanto più che questi sacchi a pelo sono dei veri e propri sacchi-letto. E
vorrei sottolineare che, oltre a distribuire questo tipo di aiuti, diamo pure
delle scarpe, che, anche se non sembra, sono particolarmente richieste. Molta
gente, soprattutto a Natale e Capodanno, ci ha fatto avere moltissimi vestiti,
panettoni per i poveri, ma pochi ci fanno avere le scarpe. Eppure le scarpe
sono un oggetto del desiderio per tantissimi senzatetto.
D. – Che tipo di popolazione c’è tra i senza fissa dimora?
R. – A Milano, e anche a Roma, ci sono più stranieri che
italiani. Gli italiani sono quelli più visibili, perchè vogliono farsi aiutare.
Gli stranieri sono in buona misura clandestini e non vogliono farsi trovare,
perché hanno paura di essere espulsi. Quindi, sono quelli che occupano
soprattutto le aree dismesse, le case abbandonate. Sono dei fantasmi. Tra gli
italiani ci sono anziani, ci sono persone che hanno perso il lavoro ed anche diversi
giovani. E poi ci sono anche mariti – e questo è un fenomeno abbastanza nuovo –
separati, divorziati.
D. – Questa iniziativa sarà presa anche in altre città,
oltre a Milano?
R. – Il progetto è di portarla anche a Roma. Ma andrebbe
esportata in tutte le città in cui ci sono senzatetto, gente che è vittima dal
freddo durante le notti di inverno.
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11
gennaio 2004
A DIECI ANNI DEL GENOCIDIO DEL
RWANDA, L’ONU, SU PROPOSTA DEL MOZAMBICO, PROCLAMA IL 7 APRILE 2004 GIORNATA
MONDIALE IN RICORDO DELLE VITTIME
NEW
YORK. = L’Assemblea generale dell’Onu ha proclamato il 7 aprile del 2004
“Giornata internazionale per riflettere sul genocidio del Rwanda”, avvenuto
dieci anni fa. Per celebrare la ricorrenza, le Nazioni Unite hanno invitato i
Paesi membri e le organizzazioni internazionali a preparare “iniziative
speciali per ricordare le vittime del genocidio rwandese”. La risoluzione
dell’Onu include un appello agli Stati membri affinché agiscano in accordo con
la Convenzione per la prevenzione e la soppressione del crimine di genocidio,
perché non si ripetano eventi come quelli tragici nel Rwanda del 1994, che
costarono la vita a un milione di persone. L’iniziativa è stata proposta dal
Mozambico, in qualità di presidente di turno dell’Unione Africana, ed è stata
votata all’unanimità da tutti gli Stati membri. La storia del Rwanda è
conosciuta proprio per quello che è considerato uno dei genocidi più feroci e
sanguinari del secolo scorso. Cominciata con una guerriglia rurale tra le etnie
locali nel 1990, e trasformatasi in uno sterminio di massa nel 1994, la
situazione si trascina tutt’ora con rappresaglie continue, che nel corso di
questi anni hanno prodotto morte, ogni sorta di violenze, due milioni di
rifugiati e altrettanti sfollati. Nel Rwanda di oggi, circa il 50% della
popolazione vive con meno di 1 dollaro al giorno ed è decimata dall’alto tasso
di malattie infantili. L’età media è di 20 anni. (D.G.)
NUMEROSE
FAMIGLIE SENZA CASA A MALABO, CAPITALE DELLA GUINEA EQUATORIALE,
PER LA
DISTRUZIONE DELLA BARACCOPOLI CHE LE OSPITAVA
MALABO
(GUINEA EQ.). = Numerose famiglie a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale,
sono rimaste senza casa in seguito alla distruzione della baraccopoli di un
quartiere alla periferia della città, deliberata dalla giunta comunale. Lo
hanno riferito all’agenzia Misna le suore salesiane “Figlie di Maria
Ausiliatrice”. “Tre giorni fa – hanno riferito le religiose - ruspe e caterpillar
si sono messi al lavoro per radere al suolo un’area su cui sorgeva un animato
mercato, divenuto ormai dimora per molte famiglie poverissime”. Secondo le
suore, nulla è stato previsto né come nuovo spazio per bancarelle e venditori,
né, soprattutto, per le persone, da tempo costrette ad abitare in questa zona.
In base ai progetti dell’amministrazione comunale, sembra che nel quartiere
debba sorgere un parco. Preoccupazione è stata espressa dalle Salesiane, sulla
sorte delle famiglie allontanate dalla baraccopoli. La Guinea Equatoriale è
popolata da circa mezzo milione di abitanti. Il Paese è guidato da Teodoro
Obiang Nguena, che ha preso il potere con un colpo di Stato 23 anni fa.
L’opposizione lo ha recentemente accusato di essere intestatario di un conto
corrente privato presso la Banca Ritts di Washington, sul quale sarebbero stati
versati circa 500 milioni di dollari, denaro proveniente dallo sfruttamento
delle risorse petrolifere di questo piccolo Paese dell’Africa Occidentale.
Malgrado l’incremento delle esportazioni di greggio, le condizioni della
popolazione non sono migliorate: il 75% dei cittadini vive ancora
nell’indigenza. (D.G.)
AD OTTOBRE, SU CANALE 5, “STORIA DI KAROL,
FICTION IN DUE PUNTATE,
SULLA STORIA DEL PAPA E SULLA SUA LOTTA CONTRO NAZISMO E COMUNISMO
ROMA.= Le riprese inizieranno a marzo, la messa in
onda è prevista per ottobre su canale 5. È lo stesso produttore, Pietro
Valsecchi, a confermare le tappe della fiction televisiva su Giovanni Paolo II,
diretta da Giacomo Battiato, che si intitolerà “Storia di Karol”. “Il film in
due puntate – ha spiegato Valsecchi – racconterà la storia di un ragazzo che
diventa Papa, il quale combatte in prima persona contro il nazismo prima e
contro il comunismo poi”. La
sceneggiatura della pellicola è stata tratta da un libro del vaticanista
Gianfranco Svidercoschi. Ancora da selezionare l’interprete che impersonerà il
Pontefice da ragazzo. Si pensa ad un giovane attore polacco. Un’altra fiction
su Papa Wojtyla è in fase di progettazione alla Rai. (D.G.)
I MISSIONARI DEL SACRO CUORE FESTEGGIANO IL 150.MO
ANNIVERSARIO DELLA LORO PRESENZA NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO.
LA RICORRENZA E’ STATA CELEBRATA A KINSHASA
CON UNA MESSA E UN SEMINARIO DI STUDI
KINSHASA. = I
Missionari del Sacro Cuore hanno festeggiato i 150 anni della loro fondazione
in Congo con una concelebrazione eucaristica tenutasi nella parrocchia di Santa
Maria Maddalena, nella zona ovest della capitale, Kinshasa. Oltre alla Messa,
si è tenuto anche un seminario di studio, nel corso del quale padre Paul
Verbruggen, maestro dei novizi, ha ricostruito le tappe più salienti della
storia dei religiosi in questa parte d’Africa. Giunti nel 1924, i Missionari
del Sacro Cuore furono chiamati per sostituire i frati trappisti. La Congregazione
missionaria fu duramente colpita dalla guerra che da cinque anni imperversava
nel Paese. Diverse missioni furono saccheggiate dai guerriglieri e attualmente
solo quelle di Boende, Bokungu, Mbandaka, Yemo, Bamanya e Iyonda hanno ripreso
le loro attività. I missionari svolgono il loro servizio nella diocesi di
Bokungu-Ikela e di Mbandaka-Bikoro, nel nord del Paese, e sono impegnati
nell’apostolato, nella formazione e nell’assistenza sanitaria. In terra
africana sono presenti anche in Senegal, in Camerun e in Sudafrica. (D.D.)
NEL CENTENARIO DELLA MORTE DELLO SCRITTORE RUSSO
ANTON CECHOV,
LA RIVISTA “CIVILTA’ CATTOLICA”
NE EVIDENZIA L’ASPIRAZIONE ALLA FEDE CRISTIANA, NONOSTANTE IL DICHIARATO
ATEISMO
ROMA. = Nel centenario
della sua morte, avvenuta il 2 luglio 1904, il periodico dei Gesuiti “Civiltà
cattolica” ricorda lo scrittore russo Anton Pavlovic Cechov con un articolo di
padre Ferdinando Castelli, nel quale si sottolinea come il romanziere “non
avesse la fede, ma un forte sentimento religioso e il convincimento che senza
la fede, la vita è incomprensibile e insignificante”. Cechov, infatti, pur
dichiarandosi sempre ateo, scrisse: “Non si può vivere per i figli e per
l’umanità. E, se Dio non c’è, non c’è motivo di vivere”. Parole che, secondo
padre Castelli, mostrano come “la morale cristiana avesse fatto sempre da
sottofondo all’opera di questo drammaturgo, che ha trascorso la sua breve
esistenza. Morì infatti a soli 44 anni, tallonato dal dubbio e dalla nostalgia
di approdi cristiani”. (D.G.)
RECUPERATI
A PALERMO DAI CARABINIERI QUATTRO CANDELIERI DEL XIX SECOLO,
RUBATI
LO SCORSO ANNO NELLA CHIESA DI SAN GIORGIO MARTIRE, NEL PIACENTINO
PALERMO. = Sono stati recuperati dai Carabinieri
del Nucleo Tutela patrimonio culturale di Palermo quattro candelieri in legno
scolpito e dorato, di notevole valore artistico, risalenti al XIX secolo. Le
opere d’arte erano state rubate il 20 aprile 2003 nella Chiesa di San Giorgio
Martire, nella frazione Viserano del comune di Travo, in provincia di Piacenza.
I militari hanno sequestrato i candelieri in un negozio di antiquariato del
capoluogo siciliano, dove erano stati esposti per la vendita. Gli investigatori
hanno potuto accertarne la provenienza illecita, mediante la banca dati del
Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale di Roma, contenente le
riproduzioni fotografiche di tutte le opere d’arte da recuperare. (D.G.)
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11
gennaio 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Sembra destinato ad aggravarsi ulteriormente il già
tragico bilancio del naufragio di un gommone carico di clandestini, avvenuto
nella notte di venerdì al largo della città di Valona, nel sud dell’Albania,
che ha provocato 20 morti accertati. Secondo quanto si è appreso dalla polizia
albanese, vi sarebbero anche sette dispersi. Per una conferma, abbiamo
raggiunto telefonicamente Ivano Baschieri, comandante della Marina Militare italiana,
di stanza a Valona:
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R. – La televisione e le autorità albanesi hanno detto che
potrebbero esserci in mare da tre a sette dispersi. Noi, come Marina Militare,
cerchiamo di continuare le operazioni di ricerca, e questo già da stamani con
un mezzo della capitaneria di porto italiana ed un elicottero della Marina
Militare italiana partito da Brindisi.
D. – Comandante, ieri, in un primo momento, si era parlato
della presenza di bambini a bordo del gommone. Notizia però che non è stata
confermata…
R. – Le dico che la notizia iniziale era stata data in
condizioni certamente pessime e quindi non era stata confermata. Si parlava di
due bambini. Ma quando abbiamo portato il gommone all’isola di Saseno e siamo
riusciti a sbarcare i cadaveri, ci siamo accorti che i bambini, fortunatamente,
non c’erano. Vi erano invece 17 uomini e tre donne.
D. – Le vittime sono state consegnate alle autorità
albanesi o sono ancora in vostra consegna?
R. – No, le vittime sono state consegnate alla Marina
Militare albanese. Le hanno trasportate su un paio di loro motovedette e, ieri
sera, sono arrivate a Valona.
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Ennesima domenica di violenza
in Iraq. Questa mattina, parenti ed amici delle 7 vittime degli scontri
scoppiati ieri ad Amara, nel sud del Paese, hanno inscenato una manifestazione
di protesta davanti agli uffici dell'amministrazione locale della cittadina. Intanto
un iracheno con cittadinanza americana, che lavorava nel sud del Paese per
conto dell’Autorità provvisoria della coalizione,
è stato trovato ucciso nella città di
Bassora.
Al via, domani a Gerusalemme e
Betlemme, la riunione di presidenti delle Conferenze episcopali di Europa e
Stati Uniti con l’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa. Il tema
degli incontri, che si protrarranno fino a giovedì, è: “La Chiesa universale in
solidarietà con la Chiesa di Terra Santa”. Durante i lavori, verranno esaminati
la situazione sociale del popolo palestinese e dei cristiani, le attività a
favore della Terra Santa, il piano pastorale per la comunità locale. Si terrà
anche un colloquio interreligioso nel quale ebrei, musulmani e cristiani parleranno
dell’apporto delle rispettive fedi alla ricerca e alla costruzione della pace
in Medio Oriente. Ma quale solidarietà serve oggi alla Chiesa di Terra Santa?
Giada Aquilino lo ha chiesto a padre David Jaeger, portavoce della Custodia di
Terra Santa:
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R. – C’è sempre la necessità di indurre il governo di Israele a tornare
al tavolo delle trattative con la Chiesa cattolica, per l’applicazione
dell’Accordo fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele. Più in
generale, le sorti della Chiesa in Terra Santa dipendono dalla pace, che ancora
non c’è. In questo senso, i cattolici nel mondo potrebbero convincere i propri
governi a intervenire per ottenere un Trattato di pace tra Israele e Palestina.
D. – Come è cambiata, in questi
anni di violenze continue, la situazione sociale della Terra Santa?
R. – Nei territori palestinesi
c’è stata una regressione paurosa: disoccupazione, povertà, anche fame... Anche
Israele ha sofferto. Una soluzione definitiva non può che essere conseguenza
della pace.
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Intanto non si placano le
violenze. Un palestinese è stato ucciso questa mattina da colpi sparati da
soldati israeliani nei pressi di Nablus, in Cisgiordania. Lo ha detto una fonte
della sicurezza palestinese. Fuad Jaruan, 18 anni, è stato ferito a morte
all'addome da un proiettile, quando soldati israeliani hanno aperto il fuoco
per disperdere gruppi di palestinesi che li attaccavano, lanciando pietre nel
villaggio di Zeita, a sud di Nablus. Un altro palestinese è rimasto ucciso, invece,
da una deflagrazione in un villaggio vicino alla colonia ebraica di Kedumim, in
Cisgiordania. Lo ha riferito la radio militare secondo cui si trattava
presumibilmente di un kamikaze che si apprestava a compiere un attentato in
Israele.
Nonostante l'accordo di pace
del 2001, non cessa la violenza tra cristiani e musulmani sull'isola
indonesiana di Sulawesi. Un'esplosione in un bar ha provocato 4 morti e tre feriti
nella città di Palopo, a circa 270 km a nord-est di Makassar. Oltre mille
persone hanno perso la vita negli scontri sanguinosi del 1999 e del 2000: lo
scorso ottobre, otto cristiani erano stati uccisi da uomini armati legati al
gruppo islamico “Jemaah Islamiah”, ritenuto responsabile degli attentati nei
due night club di Bali dello scorso ottobre, che provocarono la morte di 202
persone.
Cresce la paura per la Sars in
tutto il mondo. I medici stanno indagando su due nuovi presunti casi registrati
nella regione cinese del Guandong, focolaio primario della patologia. Intanto i
prodotti cinesi cominciano a diventare un problema per la Corea del Sud, che ha
deciso di mettere la parola fine alle importazioni di animali da Pechino:
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Esperti sono al lavoro in Cina per monitorare due nuovi presunti casi di
polmonite atipica nella regione del Guandong. Casi che allungano lo spettro
della Sars su tutto il mondo, confermando le paure degli esperti, che durante
l’estate avevano più volte confermato che la patologia non era affatto
debellata, e che sarebbe potuta ritornare durante l’inverno. Uno scenario non
certo roseo, soprattutto alla luce delle prossime festività cinesi. Proprio in
questi giorni, si festeggia il Capodanno e circa due milioni di persone si
spostano da una parte all’altra del Paese per raggiungere le proprie famiglie:
elemento, questo, che potrebbe aumentare la diffusione del virus della Sars
anche in regioni che lo scorso anno non erano state interessate dall’epidemia.
Gli ultimi presunti casi
riguardano due uomini ricoverati nelle ultime ore. Presentano tutti i sintomi
tipici della Sars, ma i medici che li tengono sotto osservazione non li hanno ancora
classificati come casi reali. E la malattia potrebbe avere pesanti
ripercussioni anche dal punto di vista economico. I primi segni dell’isolamento
in cui Pechino potrebbe cadere, giungono dalla Corea del Sud, che ha deciso di
sospendere l'importazione dalla Cina di zibetti, tassi e altri animali potenzialmente
in grado di trasmettere il virus della Sars agli esseri umani. La prima
epidemia di polmonite atipica, partita nel novembre 2002 proprio dalla regione
del Guandong, provocò la morte complessivamente di oltre 800 persone e
l'infezione di circa 8 mila.
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Una forte scossa di terremoto
ha colpito ieri sera la regione algerina di Boumerdes. Almeno 300 persone sono rimaste ferite, tra
cui 4 risultano in gravi condizioni. L'epicentro del sisma - di magnitudo 5,7
sulla scala Richter – è stato localizzato in mare, al largo, ad una cinquantina
di chilometri dalla capitale. Si è trattato di una scossa di assestamento del
sisma che lo scorso 21 maggio causò sempre nella stessa area 2.300 morti e più di 11 mila feriti.
Decine di migliaia di abitanti
di Herat, la principale città dell'Afghanistan occidentale, hanno trascorso
invece la notte all'aperto per timore di un sisma. Il tutto è iniziato verso
mezzanotte, quando - a causa di una voce incontrollata - sono stati emessi
dagli altoparlanti di diverse moschee della città messaggi che invitavano la
popolazione ad abbandonare le proprie abitazioni, perché sarebbe stata
imminente una forte scossa di terremoto simile a quella che ha devastato, a
fine dicembre, la città di Bam, nel vicino Iran.
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