RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 2 - Testo della Trasmissione di venerdì 2 gennaio 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La pace è possibile e doverosa: il richiamo del Papa nella Giornata mondiale della pace celebrata ieri. Gli fa eco il presidente della Repubblica italiana Ciampi, in un messaggio al Santo Padre reso noto stamane: intervista con il cardinale Renato Martino.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“Pace in tutte le terre”, il motto che ha animato le manifestazioni per la pace organizzate dalla Comunità di Sant’Egidio in oltre 200 città in 70 Paesi: con noi Mario Marazziti

 

La Chiesa del Burundi rende omaggio alla memoria del nunzio apostolico, mons. Michael Courtney, assassinato nei giorni scorsi: ce ne parla padre Claudio Marano

 

L’Iran ad una settimana dal terremoto non ha finito di contare le vittime del devastante sisma: la testimonianza di Agostino Miozzo

 

La parrocchia al centro del Convegno della Cei, apertosi questa mattina a Roma alla Domus Mariae: ai nostri microfoni l’arcivescovo Franco Brambilla.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Promosso dal Meic, movimento ecclesiale di impegno culturale, un Forum in Internet per confrontarsi sulla nuova Europa

 

Per il nuovo anno, i cattolici cinesi chiedono aiuto a Dio contro la Sars

 

Allarme di mons. Felipe Arizmendi, vescovo di San Cristóbal de Las Casas, sul pericolo di nuovi scontri tra comunità indigene in Chiapas

 

In Liberia, per la prima volta dalla fine della guerra civile, i Caschi Blu delle Nazioni Unite sono giunti nelle roccaforti dei ribelli

 

Con una Messa gospel si è conclusa ieri ad Orvieto la rassegna musicale Umbria Jazz Winter

 

24 ORE NEL MONDO:

Il cammino della nuova Costituzione europea, principale obiettivo del semestre irlandese di presidenza dell’Unione Europea

 

Ancora sangue in Iraq: precipita un elicottero militare Usa provocando un morto e un ferito.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 gennaio 2004

 

 

 

LA PACE È POSSIBILE E DOVEROSA:

IL RICHIAMO DEL PAPA NELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE CELEBRATA IERI.

GLI FA ECO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA CIAMPI

IN UN MESSAGGIO AL SANTO PADRE RESO NOTO STAMANE:

INTERVISTA CON IL CARDINALE RENATO MARTINO

 

La strada della perseveranza e della fiducia, per raggiungere l’obiettivo possibile e doveroso della pace. L’omelia della Messa nella solennità di ieri è servita a Giovanni Paolo II per ribadire i concetti-cardine del suo Messaggio per la 37.ma Giornata mondiale della pace. Una pace più grande di ogni ingiustizia e di ogni violenza, ha sottolineato con fermezza il Papa, al quale ha fatto eco in un messaggio al pontefice il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi. Parlando della “lenta” ma “costante affermazione del diritto internazionale”, il capo dello Stato ha asserito che, di fronte all’incalzare degli eventi, “solo la determinazione degli Stati a lavorare insieme” - con costanza, trasparenza e rispetto – può portare “ad un ordine internazionale fondato sul rispetto della dignità umana”. Un concetto, questo, ribadito anche dal cardinale Renato Martino, presidente di Giustizia e pace, intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Come abbiamo potuto vedere in tutti i 25 anni del suo pontificato, il Papa ha tenuto sempre questo davanti agli occhi: che è necessario educare alla pace. Senza educazione alla pace - se non c’è gente convinta che la pace è necessaria, che la pace è possibile che la pace è doverosa - la pace non esiste. Ed è per questo che il Papa attribuisce all’educazione alla pace un ruolo primario nella costruzione di una società pacifica.

 

D. – Come si colloca questo nuovo invito alla pace del Papa, in un anno che inizia con tante paure, soprattutto quelle del terrorismo, ma anche con l’eco di tante disgrazie che sembrano tenere il mondo sotto una sorta di cappa oscura?

 

R. – Il Papa ci invita a non perdere la fiducia: Giovanni Paolo II è realista e conosce la situazione nel mondo, la situazione dei tanti conflitti noti e di quei tanti dimenticati, come lui li chiama. In questo senso, dunque, la tentazione della sfiducia potrebbe far capolino. Detto questo, però, bisogna aggiungere che solo con la perseveranza potremo veramente ottenere la pace nel mondo.

 

D. – Il Papa, nel suo messaggio, riecheggia un po’ quello che egli stesso affermò qualche anno fa, soprattutto nel messaggio per la pace post-11 settembre, quando ribadì, tra l’altro, che “non c’è pace senza perdono” ...

 

R. – Sì, e lo ha ripetuto anche nel messaggio di quest’anno: non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. Il Papa, quindi, ci ricorda che al di là di tutti gli odi, di tutte le guerre, di tutte le inimicizie c’è la fondamentale esigenza dei cristiani di perdonare. Gesù ha perdonato dalla croce, ha perdonato ai suoi crocifissori, e noi – nonostante tutto – dobbiamo imitare Gesù. E questo è ciò che ci invita a fare il Papa con la sua omelia di ieri e con il messaggio della pace che dovremmo meditare lungo tutto quest’anno. Questo perdono è fondato, è motivato dall’ordine di Gesù: amate i vostri fratelli, amate anche i vostri nemici. Se amiamo i nostri fratelli – diceva Cristo – questo lo fanno anche i pagani. Ma Gesù ci invita ad andare oltre, a perdonare anche i nostri nemici e quindi a rispettare in ognuno la dignità umana, la dignità che anche il peggiore delinquente non perde con i suoi crimini.

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UDIENZE, RINUNCE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto oggi in udienza il cardinale Camillo Ruini, vicario generale per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza episcopale italiana.

 

Il Papa ha inoltre accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Greensburg negli Stati Uniti, presentata da mons. Anthony G. Bosco, per raggiunti limiti di età, e allo stesso incarico ha nominato mons. Lawrence E. Brandt, cancelliere della curia della diocesi di Erie, e parroco della “Saint Hedwig Parish”.

 

Il Santo Padre ha infine nominato: capi ufficio nella Sezione per gli Affari generali della Segreteria di Stato mons. Franco Piva e mons. François Duthel, finora minutanti nella medesima Segreteria di Stato, e delegato della Sezione ordinaria dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica mons. Vincenzo Di Mauro, finora parroco di Santa Maria di Caravaggio, a Milano.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Un nuovo ordinamento internazionale per costruire insieme vie della pace” è il titolo di apertura della Prima Pagina in riferimento alla celebrazione della Giornata mondiale della pace nella quale Giovanni Paolo II ribadisce con fermezza l’urgenza di un salto di qualità nei rapporti tra gli Stati per la soluzione dei problemi del mondo d’oggi. Giovanni Paolo II presiede nella Basilica Vaticana il “Te Deum” e i primi Vespri della solennità di Maria SS.ma Madre di Dio. Dati di cronaca e testimonianze dei funerali dell’arcivescovo Michael Aidan Courtney celebrati a Bujumbura.

 

Nelle pagine vaticane, il commosso ricordo del nunzio Courtney, luminoso testimone del Vangelo e le celebrazioni della Giornata mondiale della pace nelle diocesi italiane.

 

Nelle pagine estere, Iran: altre vite strappate alle macerie a sei giorni dal tremendo terremoto; appello dell’Unicef per la raccolta di fondi; Teheran accetta gli aiuti da parte degli Stati Uniti. Iraq: autobomba in un ristorante a Baghdad provoca otto morti e una trentina di feriti; a Nassiriya ricordate le vittime italiane; cade un elicottero statunitense, morto uno dei due piloti. Medio Oriente: ucciso un ragazzo palestinese; inviato egiziano nei Territori per colloqui con Arafat; in Cisgiordania revocato l’isolamento di Jenin. Terrorismo: raffica di allarmi nei cieli statunitensi, annullati voli dal Messico e da Londra.

 

Nella pagina culturale, un articolo in occasione dei cinquant’anni della televisione in Italia.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano, il discorso di fine anno del presidente della Repubblica Ciampi e l’assegnazione delle medaglie d’oro al valore o al merito civile.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 gennaio 2004

 

 

 

LA VERA PACE SI COSTRUISCE SULLA RICONCILIAZIONE: CON QUESTO SPIRITO

SI E’ SVOLTA IN 70 CITTA’ DEL MONDO LA MANIFESTAZIONE

“PACE IN TUTTE LE TERRE”, PROMOSSA DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

- Intervista con Mario Marazziti -

 

 

In occasione della Giornata Mondiale della Pace, la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato, per il secondo anno, le manifestazioni “Pace in tutte le terre”, in oltre 200 città di 70 Paesi dei diversi continenti. L’obiettivo è stato quello di far giungere “il sostegno alle parole del Papa e alla sua sollecitudine per la pace nel mondo, ancora troppo diviso e segnato da guerre, ingiustizie, povertà e violenze”. Stefano Leszczynski ha intervistato Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio.  

 

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R. – Pace in tutte le terre, in un anno che ha visto almeno 27 Paesi, molti dei quali dimenticati, ancora in guerra. E’ stata una cosa straordinaria. Ci aspettavamo 10 mila persone a Roma, invece sono state 20 mila le persone che hanno marciato insieme a noi: tantissime di congregazioni religiose, tantissime di associazioni, tantissimi i credenti e i non credenti. In realtà, la guerra come risposta definitiva alla guerra, cioè la guerra che mette fine alla guerra, non è stata ancora inventata. Occorre investire nella pace.

 

D. – La Comunità di Sant’Egidio spesso è stata impegnata anche nel campo del diritto internazionale, un tema che è stato molto presente nel messaggio di quest’anno. Riformare il diritto internazionale per la pace?

 

R. – Sicuramente non cedere alla tentazione di un mondo unipolare o bipolare. Noi abbiamo bisogno di istituzioni internazionali forti, di ritrovare un ruolo forte dell’Onu, un consenso internazionale, la politica e la diplomazia come risposta alle minacce, come riposta alla violenza. La guerra, che sta diventando quasi normale, quasi ovvia, come risposta alla violenza, alla guerra e al terrorismo, purtroppo è uno strumento del passato. Ogni guerra lascia spazio ad altro odio, apre voragini. Il terrorismo, ancor di più, è difficile combatterlo con la guerra tradizionale. Occorre reinvestire nella politica, occorre ricostruire delle istituzioni internazionali capaci di lavorare assieme per costruire la pace.

 

D. – L’uomo, come singolo, che contributo può dare alla pace?

 

R. – Non c’è pace se non cominciamo a costruirla nel cuore di ognuno, nella vita quotidiana. Non solo i grandi possono fare la pace. Al tempo stesso la pace vera si costruisce nella riconciliazione, nella capacità di convivere con l’altro. E questo vale a livello familiare, a quello condominiale, a quello etnico, a quello sociale, a quello nazionale. Io credo che il ruolo di ciascuno di noi è decisivo.

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LA CHIESA DEL BURUNDI RENDE OMAGGIO ALLA MEMORIA DEL NUNZIO APOSTOLICO, MONS. MICHAEL COURTNEY, ASSASSINATO NEI GIORNI SCORSI. QUESTA MATTINA,

LE SPOGLIE DEL PRESULE SONO GIUNTE NEL SUO PAESE NATIO, L’IRLANDA

- Intervista con padre Claudio Marano -

 

La salma del nunzio apostolico in Burundi, Michael Courtney, assassinato lunedì in un’imboscata, è arrivata oggi in Irlanda, suo Paese d’origine. Un testimone del “Vangelo della pace”: così il Papa ha definito il presule durante la Messa, ieri, per la Giornata mondiale della pace. In un comunicato diffuso dai vescovi del Paese, i presuli lo ricordano come un “apostolo dell’amore e della pace”; gli autori del crimine – scrivono – hanno voluto far tacere la voce del Vangelo, commettendo così un atto sacrilego. I vescovi chiedono al governo di Bujumbura di fare chiarezza e di consegnare alla Giustizia i mandanti e gli autori dell’assassinio. I presuli ricordano l’instancabile opera di mons. Courtney per ristabilire in Burundi la concordia e il dialogo. Tra l’altro la Chiesa burundese sta vivendo momenti di tensione in quanto i ribelli delle Forze nazionali di Liberazione hanno dato 30 giorni al presidente dei vescovi burundesi, mons. Simon Ntamwana, per lasciare il Paese, dopo che il presule li aveva accusati di essere gli autori dell’uccisione del nunzio. Ma la Chiesa del Burundi come ha ricordato ieri il sacrificio di mons. Courtney? Roberto Piermarini lo ha chiesto al missionario saveriano, padre Claudio Marano, raggiunto telefonicamente a Bujumbura:

 

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R. – A Bujumbura e all’interno del Paese, è stato ricordato durante le Messe, veglie e momenti di preghiera perché è stato un fatto che ha sconvolto un po’ tutti, specialmente per il suo significato, nel senso che ci si chiede chi si sia voluto colpire: hanno voluto colpire la pace?, hanno voluto fare un ennesimo tentativo di venirne fuori?, hanno voluto colpire chi sta lavorando per la pace?, hanno voluto dire ‘no’ per arrivare alla fine della guerra? Cioè, i punti interrogativi sono tantissimi.

 

D. – Padre Marano, mons. Courtney è stato definito ieri dal Papa un “testimone del Vangelo della pace”. Secondo lei, quali conseguenze potrà portare questa morte per il Burundi?

 

R. – Per il Burundi è un ennesimo richiamo: specialmente per i cristiani, che lottare per la pace non significa soltanto ‘parlare’ ma significa dare la propria vita. Forse questo spesso lo si dimentica. Anche il presidente stesso del Burundi nei suoi interventi ha definito Mons. Courtney ‘l’amico’, ‘il consigliere’, in considerazione del grande lavoro per la pace che il nunzio ha svolto. Penso che la sua mancanza sia una grossa perdita per il Burundi, ma penso anche che la strada tracciata, come molti hanno detto, sia ormai chiara e definita e non si può più tornare indietro.

 

D. – Come ha reagito mons. Ntamwana all’ultimatum dei ribelli? Avete notizie?

 

R. – Non ho assolutamente nessuna notizia, non è raggiungibile: abbiamo tentato di telefonare più volte ma non siamo mai riusciti a sapere dov’è, né cosa pensi ...

 

D. – Secondo voi missionari che operate in Burundi, questo ultimatum è attendibile oppure è soltanto una minaccia?

 

R. – Anche questo è tutto da verificare, perché non sappiamo se l’ultimatum è stato dato solamente tramite agenzia stampa o se questo comunicato è stato dato specificatamente al vescovo. Certo è, che ha ottenuto una condanna unanime, sia a livello di agenzie di stampa, sia a livello di prese di posizioni, a livello governativo e internazionale.  Altro non si sa; siamo in un momento in cui le festività natalizie hanno preso il sopravvento su ogni altra cosa, e qui, a Bujumbura siamo in condizioni tali per cui, nonostante la festa, nella notte ci sono stati ancora altri morti, spari, momenti di grande tensione tra la popolazione e quindi è ancora tutto da chiarire. Penso che sarà chiarito tutto entro la prossima settimana, quando sarà terminata questa lunga sfilza di feste.

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L’IRAN AD UNA SETTIMANA DAL TERREMOTO NON HA FINITO DI CONTARE LE VITTIME

 DEL DEVASTANTE SISMA CHE POTREBBE AVERE UCCISO 50 MILA PERSONE

- Intervista con Agostino Miozzo -

 

 

Ad una settimana dal terremoto che ha devastato la città di Bam, l’Iran non ha ancora finito di contare le vittime: le ultime stime del governo confermano che il bilancio potrebbe arrivare a 50 mila. Ma non mancano i segni di speranza: come la nascita di un bambino – il primo, dopo il sisma – e soprattutto il ritrovamento di tre superstiti – un uomo, una bambina ed una donna incinta – estratti dalle macerie nelle ultime ore. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Agostino Miozzo, coordinatore degli interventi della Protezione civile italiana, nella zona colpita dal terremoto.

 

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R. – Questi ritrovamenti sanno di miracoloso. Anche se adesso, in realtà, la speranza è ormai pressoché esaurita: a tanti giorni di distanza dal sisma, si sta pensando soprattutto alle decine di migliaia di persone che per i mesi e gli anni a venire dovranno essere assistite e con le quali dovrà essere immaginata la ricostruzione della loro devastata città.

 

D. – Immagino che uno dei problemi principali sia il freddo. Riferiscono le agenzie di stampa che la temperatura dalle vostre parti è molto bassa ...

 

R. – Credo che ieri sera abbiamo toccato quota zero gradi. In questo momento, mentre parliamo, c’è un tiepido sole che comunque ha riscaldato, e si sta abbastanza bene… Ma di notte, confermo, la temperatura è terribilmente bassa, e le condizioni di vita per la popolazione sono veramente complicate e difficili.

 

D. – Che cosa vede davanti ai suoi occhi? Che cosa è rimasto della città di Bam dopo il terremoto?

 

R. – Ci sono soltanto cumuli di macerie. La popolazione, in questo momento, è assistita: vive in tende di fortuna, realizzate nelle prossimità delle abitazioni distrutte. Almeno le tende sono arrivate e sono a disposizione praticamente di tutta la popolazione: non c’è più nessuno, di fatto, che viva all’addiaccio.

 

D. – Oggi siamo alla vigilia di un giorno importante per gli italiani: domani l’ospedale, costruito dalla Protezione civile, passerà nelle mani dei medici iraniani…

 

R. – È così. Domani si concluderà l’intervento italiano, con il definitivo passaggio di consegne della struttura. Un passaggio, in realtà, già iniziato: proprio ieri mattina, 1 gennaio, ho siglato con il rappresentante del ministro della Sanità iraniano un accordo di consegna. Questo ospedale, nato come struttura mobile di emergenza, è diventato - su indicazione del ministro della Sanità - una struttura di formazione universitaria ad alto livello di Medicina delle catastrofi.

 

D. – Come è stato il Capodanno trascorso da voi soccorritori italiani a Bam, in mezzo alla macerie?

 

R. – Non possiamo dire che sia stato un Capodanno di festa, vista la situazione. Ma è stato un momento in cui ci siamo riuniti anche con i nostri amici iraniani ed abbiamo sentito una grande, splendida forma di solidarietà. Basti un semplice esempio: sono stati consegnate delle rose a tutte le donne che operano nel team, e questo gesto ci ha commosso per la gentilezza e l’ospitalità della gente. Insomma, è stato un Capodanno particolare, trascorso lontano da casa - e questo, per ognuno di noi, è stato motivo di tristezza - ma con la grande percezione di essere stati qui a dare quel piccolo contributo che forse è servito ad alleviare le sofferenze.

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In segno di solidarietà verso le popolazioni colpite dal sisma, gli Stati Uniti potrebbero inviare presto una missione umanitaria, di cui farebbe parte un membro della famiglia Bush. Ma la missione – ha comunicato la Casa Bianca – non avrà carattere politico: lo stesso Bush ha ribadito ieri che i rapporti tra Washington e Teheran non miglioreranno fino a quando l’Iran darà rifugio agli attivisti di Al Qaeda.

 

 

LA PARROCCHIA AL CENTRO DEL CONVEGNO DEL CENTRO NAZIONALE VOCAZIONI DELLA CEI, APERTOSI OGGI A ROMA, ALLA DOMUS MARIAE

- Intervista con l’arcivescovo Franco Brambilla -

 

Il volto vocazionale della parrocchia in un mondo che cambia. Come?”. E’ questo il titolo del Convegno promosso dal Centro nazionale vocazioni (Cnv) della Cei che si è aperto oggi a Roma alla Domus Mariae. Obiettivo dell’incontro, che si concluderà domenica prossima, è quello di riflettere sulla comunità parrocchiale e sui modi in cui la parrocchia, in un mondo in continuo mutamento, possa aiutare ogni battezzato a individuare, accogliere e vivere la propria vocazione personale. Ma qual è il rapporto tra la parrocchia e il territorio? Fabio Colagrande lo ha chiesto all’arcivescovo Franco Brambilla:

 

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R. – Se la parrocchia è il luogo dove la fede si vive nello spazio del tempo, il rapporto con il territorio diventa decisivo. La parrocchia esprime esattamente questo privilegio della Chiesa di incontrare le persone tra le case, e le case indicano la vita quotidiana, la possibilità di render presente il Vangelo dentro le forme della vita quotidiana. A questo proposito, la Cei ha sottolineato la dimensione missionaria della parrocchia, il suo volto aperto a tutti. Possiamo indicarlo in un’immagine: la porta della Chiesa. La porta della Chiesa parrocchiale è la porta più aperta anche all’interno di una comunità civile e sociale. Da questa apparente debolezza in realtà la forza e il privilegio, anche, della parrocchia; indica che essa è rivolta anche alla vita di ogni persona, alla sua storia, alla sua vicenda. Quindi, indica il carattere ospitale della Chiesa. La parrocchia, potremmo dire, è la casa ospitale della Chiesa, la porta aperta è il suo segno.

 

D. – Quindi, parlando di nuova evangelizzazione, di iniziazione cristiana, l’attenzione dei vescovi italiani, soprattutto nella 52.ma Assemblea generale, quella dello scorso mese di novembre, si sofferma proprio sul luogo specifico in cui deve avvenire questo nuovo annuncio, la parrocchia?

 

R. – Dobbiamo far notare anzitutto il collegamento del tutto naturale tra iniziazione cristiana e la parrocchia; se nell’iniziazione cristiana la Chiesa scopre se stessa come Madre, il luogo dove la maternità della Chiesa si esprime è esattamente la parrocchia. Cos’è la parrocchia? E’ lo spazio dove la fede si alimenta, appunto, nel tempo. Per questo, del tutto naturalmente la Chiesa italiana ha messo il tema dell’iniziazione cristiana nel contesto e nel luogo reale della parrocchia; è stata stimolata a questo anche da un dato pratico, e cioè la diminuzione del clero.

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CHIESA E SOCIETA’

2 gennaio 2004

 

 

UN FORUM DEGLI INTELLETTUALI CATTOLICI PER CONFRONTARSI

 SULLA NUOVA EUROPA: E’ L’INIZIATIVA PROMOSSA DAL MEIC,

IL MOVIMENTO ECCLESIALE DI IMPEGNO CULTURALE

 

ROMA.= “Non lasciamoci ingannare dal mancato successo di una Conferenza: è già accaduto in passato. Abbiamo superato molti ostacoli e anche questa volta li supereremo”. Il Meic, Movimento ecclesiale di impegno culturale, prende spunto da queste parole del presidente della Repubblica italiana, Ciampi, pronunciate in occasione del messaggio di fine d’anno, per rilanciare la riflessione degli intellettuali cattolici sul progetto di Costituzione europea. A tale scopo, ha aperto un Forum di discussione sul sito internet del Movimento (www.meic.net). Il Forum è introdotto da una riflessione del presidente nazionale Renato Balduzzi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Genova, ed è aperto al contributo di tutti. Le recenti vicende della Conferenza intergovernativa, osserva Balduzzi, non devono scoraggiare. Al contrario, “si può dire che il testo della Convenzione abbia retto bene il confronto intergovernativo e costituisca accanto alle proposte della Commissione una buona base su cui ripartire”. Senza un’Europa equilibratrice tra Stati Uniti e resto del mondo, rileva, le “tensioni internazionali, come mostra la crisi irachena, non hanno terreno per appianarsi”. Quanto alla discussione sulle radici cristiane dell’Europa, Balduzzi ricorda che “l’integralità umana che promana da quel simbolo e da quella storia è un dono per tutti, esprime l’anelito di unità e di pace di ogni essere umano”. (A.G.)

 

 

PER IL NUOVO ANNO, I CATTOLICI CINESI CHIEDONO AIUTO A DIO CONTRO LA SARS.

A PECHINO, MIGLIAIA DI FEDELI HANNO PARTECIPATO ALLE MESSE

DI RINGRAZIAMENTO PER L’ARRIVO DEL 2004

 

PECHINO.= In tutto il Paese i cattolici cinesi hanno festeggiato l’arrivo del 2004 con delle solenni celebrazioni eucaristiche. L’agenzia Asianews informa che, in diverse parrocchie di Pechino, è stata celebrata una Messa di ringraziamento, con la partecipazione di migliaia di fedeli. Molte preghiere durante le celebrazioni chiedevano l’aiuto di Dio per il pericolo Sars, che ancora incombe sulla Cina. Ma non sono mancate le preghiere per i terremotati dell’Iran, per il popolo iracheno e afgano e ancora per la soluzione pacifica delle tensioni politiche mondiali e lo sradicamento del terrorismo internazionale. Seguendo le parole del Papa nel suo Messaggio per la Pace, i fedeli hanno chiesto la materna intercessione della Vergine Maria per una globalizzazione che si fondata sulla solidarietà. Proprio  in questi giorni in Cina sono avvenuti due disastri di “cattiva globalizzazione”: l’esplosione di gas a Chongqing e lo scoppio di una fabbrica di fuochi artificiali nel Liaoning. Entrambi i disastri, dovuti a incuria e superficialità, hanno provocato centinaia di morti. Fonti di AsiaNews a Chongqing hanno potuto raggiungere mons. Xu Zhixuan, vescovo di Wanzhou, la città più vicina a Chongqing. Mons. Xu, ha assicurato che la fuga di gas e l’esplosione non hanno fatto danni alle chiese e ai fedeli cattolici. “Ma la chiesa – ha detto il vescovo - partecipa al dolore delle famiglie colpite e esprime piena solidarietà e preghiera per tutte le vittime”.

 

 

A DIECI ANNI DALLA RIVOLTA ZAPATISTA NEL CHIAPAS, MONS. ARIZMENDI,

 VESCOVO DI SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS, TEME NUOVI SCONTRI

TRA LE COMUNITA’ INDIGENE DELLO STATO MESSICANO

 

CITTA’ DEL MESSICO.= Allarme di mons. Felipe Arizmendi, vescovo di San Cristóbal de las Casas, sul pericolo di nuovi scontri tra comunità indigene in Chiapas. “La cosa più dolorosa – ha detto il presule nel suo messaggio per il nuovo anno, riportato dall’agenzia Misna – è che ora si scontrano indigeni contro indigeni, zapatisti e non zapatisti, poveri contro poveri”. A dieci anni dalla sollevazione in armi dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale, ha osservato il presule, “è preoccupante che non vi siano prospettive per un nuovo dialogo con il governo, a causa della sfiducia e dello sconforto”. La divisione tra le comunità autoctone, ha spiegato monsignor Arizmendi, è dovuta principalmente al fatto che alcune accettano il sostegno del governo, mentre altre continuano a rifiutarlo invocando l’autonomia. A questo si aggiungono differenze di matrice politica e religiosa, oltre ai conflitti legati alla questione agraria. “A causa di queste divergenze non si può, ad esempio, costruire né asfaltare una strada, cose fondamentali per avere condizioni di vita più degne” ha rilevato mons. Arizmendi. Nonostante alcuni progressi, sono ancora molte le comunità emarginate che non hanno accesso a servizi di base come acqua, luce e scuole. “Molti bambini e donne muoiono per malattie curabili a causa della mancanza di assistenza medica” ha proseguito il vescovo ricordando che nel 1994 i vescovi Samuel Ruiz, Felipe Aguirre ed egli stesso appoggiarono la lotta degli indigeni “perché la povertà e l’emarginazione non sono né umane né cristiane”. Tuttavia, ha ribadito, “non approviamo il ricorso alle armi. Questa è stata la nostra posizione e continuerà ad esserlo”. (A.G.)

 

 

IN LIBERIA, PER LA PRIMA VOLTA DALLA FINE DELLA GUERRA CIVILE,

I CASCHI BLU DELLE NAZIONI UNITE SONO GIUNTI NELLE ROCCAFORTI DEI RIBELLI

 

MONROVIA.= Il contingente di pace dell’Onu ha raggiunto ieri per la prima volta due roccaforti dei ribelli in Liberia. Patrick Coker, portavoce della missione, ha detto che 250 “caschi blu” del Bangladesh sono arrivati a Buchanan, secondo porto del Paese, da mesi sotto il controllo del Model (Movimento per la democrazia in Liberia). Un migliaio di altri peacekeeper delle Nazioni Unite è giunto invece a Gbagna, baluardo dei ribelli del Lurd (Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia), circa 160 chilometri a nord-est di Monrovia. Questo primo dispiegamento di forze dovrebbe costituire una sorta di presenza permanente del contingente di pace nelle aree che fino ad ora erano rimaste altamente instabili e teatro di azioni di guerra nonostante l’accordo di pace firmato ad agosto dello scorso anno. La presenza delle forze di pace, nelle previsioni, dovrebbe consentire alle organizzazioni umanitarie di intervenire in queste aree, dove i civili da anni non ricevono alcuna assistenza. Sono circa 7mila i “caschi blu” sbarcati in Liberia dal mese di ottobre 2003, quando le Nazioni Unite inviarono un contingente di 15 mila uomini. La metà di questi soldati, che dovrebbero garantire la pace, non sono ancora arrivati nel Paese africano. Fino ad ora la missione si era limitata quasi esclusivamente alla capitale, a parte occasionali sopralluoghi fuori Monrovia. Nei mesi scorsi, con l’esilio dell’ex presidente Charles Taylor e l’approvazione di un cessate-il-fuoco è terminato, almeno ufficialmente, un conflitto civile iniziato 14 anni fa, che ha provocato decine di migliaia di vittime e un numero imprecisato di sfollati. (A.G.)

 

 

CON UNA MESSA GOSPEL SI E’ CONCLUSA IERI AD ORVIETO

 LA RASSEGNA MUSICALE UMBRIA JAZZ WINTER. NELL’OMELIA, IL VESCOVO

GIOVANNI SCANAVINO HA MESSO L’ACCENTO SUL RUOLO

 DELLA MUSICA COME STRUMENTO DI PACE

 

ORVIETO.= La tradizionale Messa della pace del primo gennaio ha sancito ieri pomeriggio, nel duomo di Orvieto, l’11.ma edizione di Umbria Jazz Winter. Protagonisti musicali della celebrazione sono stati i Johnson Extension Gospel Singers, ai quali, al termine della Messa, si è unito anche il quindicenne sassofonista Francesco Cafiso, rivelazione dell’edizione di quest' anno. Il jazz è la musica della liberazione, nata come una poesia, ha detto, fra l’altro, nella sua omelia, il vescovo di Orvieto, Giovanni Scanavino, il quale ha ricordato le parole del Papa sulla pace ed ha inoltre affermato che “l'accostamento tra il jazz e la religione è una bellissima coniugazione, per costruire insieme la pace”. L' 11.ma edizione di Umbria Jazz Winter si chiude con il tutto esaurito dei concerti in cartellone. La rassegna ha ospitato, quest'anno 62 concerti a pagamento, con 150 artisti e circa 45 mila presenze complessive.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

2 gennaio 2004

 

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

Ancora sangue in Iraq. Un soldato americano è morto ed un altro è rimasto ferito, nell’incidente dell'elicottero sul quale viaggiavano, precipitato oggi a Falluja, circa 55 chilometri a ovest di Baghdad. Lo ha riferito un portavoce militare statunitense, precisando che le forze Usa hanno arrestato ieri, nella capitale irachena, un uomo sospettato di organizzare l'ingresso clandestino nel Paese dalla Siria di combattenti stranieri. Il servizio di Paolo Mastrolilli.  

 

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Un’autobomba è scoppiata il 31 sera davanti ad un ristorante di Baghdad, uccidendo almeno otto persone e ferendone circa 20. Le vittime sarebbero tutte irachene, ma tra i feriti ci sono diversi occidentali, tra cui tre giornalisti del quotidiano americano “Los Angeles Times”. Altre due bombe sono scoppiate a Baghdad ferendo in totale otto soldati della forza di occupazione e diversi civili. Invece, a Bassora, nel sud del Paese, un sudcoreano è stato ucciso nel corso di uno scontro tra ribelli e militari romeni. Negli Stati Uniti invece il capodanno è stato festeggiato senza incidenti, nonostante gli allarmi dei giorni scorsi. Le autorità americane e britanniche però hanno cancellato un volo della British Airways da Londra a Washington, nel timore che ci fossero terroristi a bordo. Il 31 sera lo stesso volo era stato scortato dai caccia militari e bloccato all’aeroporto della capitale americana dopo l’atterraggio per ispezioni.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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“Guideremo l’Europa con ambizione ma anche con umiltà”, così il premier Bertie Ahern nel discorso d’inaugurazione del semestre irlandese di presidenza dell’Unione europea, al via da ieri. Con il passaggio di consegne da parte dell’Italia, Dublino assisterà il 1 maggio 2004 all’ingresso di dieci nuovi Paesi nell’Unione. Ma per l’Irlanda resta da sciogliere il grande nodo dell’approvazione della costituzione europea. I particolari nel nostro servizio.

 

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È denso di avvenimenti di rilievo il semestre europeo di presidenza irlandese: primo fra tutti l’ingresso ufficiale nell'Unione di altri dieci Paesi dell'est, quindi le elezioni politiche in Spagna, previste per marzo, e la tornata elettorale del 13 giugno, quando i cittadini europei saranno chiamati alle urne per eleggere i deputati nel nuovo Parlamento di Strasburgo. Questo il quadro storico in cui Dublino dovrà proseguire il cammino della nuova costituzione europea. Ma la difficoltà di trovare delle posizioni conciliabili tra il blocco franco-tedesco e quello ispano-polacco soprattutto sulla questione del metodo di voto in seno ai consigli Ue, rende improbabile lo svolgimento di una nuova riunione della Cig in giugno. Si fa sempre più concreta, quindi, l'ipotesi che del trattato costituzionale europeo si tornerà a parlare fattivamente solo durante la presidenza olandese, che subentrerà nel secondo semestre dell’anno. Intanto, restano i moniti di Francia e Germania, pronte a guidare piccoli gruppi di Paesi per far avanzare in alcuni campi il processo di unificazione. È la strategia dell’“Europa a due velocità”, criticata ieri dal premier irlandese Bertie Ahern perché “creerebbe disparità nocive”. Dublino dovrà inoltre sondare quale potrebbe essere il successore di Romano Prodi alla guida dell'Esecutivo europeo. Diversi i probabili successori al “professore” che torna in Italia il primo novembre: dal premier lussemburghese Jean-Claude Junker all’omologo finlandese Paavo Lipponen, dal primo ministro belga Guy Verhofstadt al collega greco Costas Simitis. Tra gli altri obiettivi, annunciati ieri dal premier Ahern, anche il rilancio dell’economia, le relazioni Ue-Usa e Ue-Nato, l’immigrazione e il miglioramento della cooperazione fra le polizie nazionali nella lotta contro il traffico di droga ed il terrorismo internazionale.

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Italia. I movimenti bancari della società turistica Parmatour al centro delle indagini di oggi della procura di Roma e degli investigatori della Guardia di Finanza di Bologna, nell’ambito dell’inchiesta sul crac della Parmalat. Gli inquirenti stanno esaminando non solo i legami con il mondo del credito, ma anche con gli imprenditori che di recente più si erano fatti avanti per rilevare l'azienda. In tale ambito non è escluso un interrogatorio in tempi brevi di Francesca Tanzi, figlia del fondatore della Parmalat Calisto. Intanto, nel carcere di San Vittore, a Milano, sono in corso gli interrogatori di Giampaolo Zini, consulente legale della società di Collecchio, e Lorenzo Penca, ex presidente dell’ufficio di revisione italiano Grant Thornton, arrestati il 31 dicembre. Gli inquirenti di Parma, infine, non escludono di poter interrogare, quali persone informate sui fatti, sull'esempio di quanto avvenuto per il presidente di San Paolo Imi, Rainer Masera, altri banchieri, anche se non nell' immediato.

 

Continuano le ricerche del marinaio lettone disperso nell'esplosione, avvenuta ieri a Porto Torres, in Sardegna, della gasiera delle Bahamas “Panam Suprema”. Le autorità locali hanno fatto sapere, comunque, che la situazione è sotto controllo, aggiungendo che non risulta esserci un danno ecologico per il mare. Intanto, i vigili del fuoco continuano ad operare. L'esplosione dell’imbarcazione, contenente circa 6.000 tonnellate di benzene, è avvenuta intorno alle 11,30 di ieri, lungo il pontile della zona industriale di Porto Torres, dove la nave stava scaricando il benzene. Lo scoppio ha avuto luogo in una delle cisterne, durante le operazioni di travaso del liquido e, secondo i tecnici, potrebbe essere stato causato dalla brusca immissione di aria nelle cisterne vuote. La “Panam Suprema” era arrivata in Sardegna la mattina del 31 dicembre e avrebbe dovuto ripartire alle 14 di ieri verso Rotterdam.

 

Ventidue persone sono state massacrate a colpi di machete dai guerriglieri dell'Esercito di Resistenza del Signore in alcuni villaggi dell'Uganda settentrionale. Lo ha reso noto l'agenzia missionaria Misna. Dal 1987 a oggi, i raid dei ribelli nei distretti settentrionali del Paese hanno provocato 100mila vittime. Oltre 20mila ragazzi sono stati rapiti e obbligati ad arruolarsi dai guerriglieri.

 

La Corea del Nord ha autorizzato per la settimana prossima la visita di ispettori americani al suo più importante impianto nucleare, quello di Yongbyon, nel nord della capitale Pyongyang. Sarebbe la prima volta che un’equipe di esperti stranieri viene accettata nel sito nucleare, da quando il Paese comunista ha espulso gli ispettori Onu, alla fine del 2002.

 

India e Pakistan, come da accordi del 1992, ieri si sono scambiati informazioni sulle rispettive installazioni nucleari. Ad annunciarlo, l'agenzia indiana Pti. Sono state consegnate liste aggiornate delle centrali nucleari e dei laboratori di ricerca. Domenica prossima il premier indiano, Atal Behari Vajpayee, sarà a Islamabad, in Pakistan, per partecipare ad un vertice dei paesi dell'Asia meridionale.

 

186 tonnellate di carne bovina americana sono state sequestrate in Cina per ridurre il rischio di diffusione del morbo della mucca pazza. La scorsa settimana la Cina ha deciso di vietare le importazioni di carni bovine dagli Stati Uniti, dopo che negli Usa è stato riscontrato un caso di sospetta encefalopatia spongiforme bovina.

 

Cinque persone, quattro delle quali francesi, hanno perso la vita in un incidente aereo ad Avalon, a poca distanza da Los Angeles. L’episodio è avvenuto alcuni giorni fa, ma ne è stata data notizia soltanto ieri. Ancora ignote le cause dell'incidente.

 

Un morto e dieci feriti, questo il bilancio provvisorio del terremoto che, questa mattina, ha colpito l'Indonesia orientale, specialmente le isole di Bali e di Lombok. Lo hanno riferito le autorità locali, precisando che sono stati danneggiati anche una ventina di edifici.

 

La paura di un attentato terroristico è arrivata fino al porto di Valdez, in Alaska. Il principale terminal petrolifero è stato chiuso temporaneamente per il rischio di un'azione di sabotaggio. A renderlo noto è il sito dell’emittente televisiva britannica Bbc.

 

 

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