RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 60 - Testo della Trasmissione di domenica 29 febbraio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Potenziata e
rinnovata l’agenzia “Redattore sociale”: sulle novità, il direttore Stefano
Trasatti
Un monastero invisibile: è la particolare iniziativa di preghiera promossa a Roma dall’Usmi e che raccoglie ora anche laici.
CHIESA E SOCIETA’:
Secondo il governo di Kampala,
non c’è alcuna emergenza umanitaria nel Nord e nell’Est del Paese
Il
presidente di Haiti, Aristide, ha lasciato il Paese quando i ribelli erano
ormai alle porte della capitale
Ancora
sangue in Iraq. Nelle ultime ore tre vittime in tre diversi scontri a fuoco.
29 febbraio 2004
LA
VITTORIA DI GESU’ SULLE TENTAZIONI ASSICURA CHE NON SOCCOMBEREMO
NELLA
PROVA SE UNITI AL SIGNORE: COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS
DELLA
PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA IN CUI RICORDA L’ INVITO
A
DEDICARE QUESTO TEMPO AI BAMBINI E LANCIA UN APPELLO PER HAITI
“La
vittoria di Gesù di fronte alle tentazioni ci assicura che non soccomberemo nel
momento della prova se rimarremo uniti al Signore”: è la riflessione del Papa
espressa all’Angelus in questa prima domenica di Quaresima, in cui ha chiesto
attenzione particolare per i bambini e ha fatto riferimento alla drammatica situazione
di Haiti, chiedendo il coraggio e l’umiltà necessari per decidere per il bene
del Paese. Il servizio di Fausta Speranza:
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“Uno speciale impegno nel
cammino spirituale”: è il significato di questo tempo di Quaresima. E il Papa
lo ribadisce ricordando la sua scelta di dedicare la riflessione di questo periodo
in particolare ai bambini, “non di rado vittime innocenti della malvagità degli
uomini”. Nel messaggio per la Quaresima, già era contenuto l’auspicio espresso
questa mattina:
“Possa
questo periodo dell’Anno liturgico trasformarsi in una generosa gara di solidarietà
verso questi piccoli, specialmente quelli in più gravi pericoli e difficoltà”.
E l’attenzione del Papa si
concentra poi su altre notizie: quelle “preoccupanti e dolorose” che giungono
da Haiti. Lo fa lanciando un appello preciso:
“Sento il dovere di chiedere agli haitiani di avere il coraggio e
l’umiltà di prendere quelle decisioni che si impongono per il bene del Paese”.
Nello stesso momento il Papa
incoraggia il lavoro diplomatico della comunità internazionale e chiede il
generoso impegno delle Organizzazioni umanitarie”.
Al centro di questa prima
domenica quaresimale resta il racconto evangelico delle tre tentazioni. Per
Cristo, che dopo aver ricevuto il Battesimo si ritira nel deserto e lì resta
per quaranta giorni, torna – spiega il Papa - “l’eco dell’antico inganno con
cui Satana fece cadere i nostri progenitori”, ma Cristo, nuovo Adamo, supera le
tentazioni. E proprio “la vittoria di Cristo sul maligno ci assicura che se
saremo uniti al Signore sapremo superare il momento della prova”.
Giovanni Paolo II domanda per sé di essere accompagnato spiritualmente
negli Esercizi Spirituali e per tutti che
“siano fruttuosi questi giorni di silenzio, di meditazione e di intensa
comunione con Cristo”.
Dopo
l’Angelus il Papa ha rivolto un saluto particolare ai fedeli provenienti da
varie diocesi d’Italia, al gruppo dei siriaci cristiani residenti in Svezia e a
quello delle famiglie legate alla spiritualità delle Suore Mariste.
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COMINCIANO OGGI POMERIGGIO GLI ESERCIZI SPIRITUALI
DELLA CURIA ROMANA
ALLA
PRESENZA DEL PAPA. LE MEDITAZIONI AFFIDATE A MONS. BRUNO FORTE
Con le celebrazioni oggi
pomeriggio nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, cominciano
gli esercizi spirituali della Curia Romana alla presenza del Papa. Le
meditazioni sono affidate a mons. Bruno Forte, docente di Teologia dogmatica
presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale, a Napoli.
Giovanni Peduto lo ha intervistato:
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R. – Anzitutto ho uno spirito di grande gratitudine al
Signore e al Santo Padre, che ha voluto che io predicassi questi esercizi. E’
una grazia molto grande poter vivere con lui e con i suoi più stretti
collaboratori questo momento di ascolto profondo della Parola di Dio. E’ un
grande onore. Ma nello stesso tempo c’è da parte mia anche il senso dei miei
limiti. Quindi, mi presento a questi esercizi con grande umiltà e con grande
fiducia, soprattutto nell’opera di Dio che sa servirsi anche della mascella
dell’asino di Balaam per parlare ai suoi figli.
D. – Un commento sul tema di
questi esercizi spirituali: “Seguire Cristo, luce della vita” …
R. – C’è una frase del Vangelo
di Giovanni, Giovanni 8,12, che in qualche modo sintetizza questo cammino. “Io
sono la luce del mondo – dice Gesù – chi segue me non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita”. In questa frase ci sono i tre momenti che strutturano
il cammino degli esercizi spirituali: la via cosiddetta purificativa, perché
“chi segue me non camminerà nelle tenebre” – significa liberarci dall’oscurità
e dal male; la via illuminativa, perché “io sono la luce del mondo” ci porta a
lasciarci inondare dalla luce di Gesù, morto e risorto per noi; la via unitiva
perché “avrà la luce della vita” significa produrre frutti di vita nuova
nell’incontro con il Cristo, vita nostra, speranza e luce del mondo.
D. – Come seguire davvero il Maestro
e non illudersi invece di farlo?
R. – Cercando di non
proiettare su di Lui i nostri desideri, i nostri appuntamenti, le nostre
pretese, ma lasciarci misurare da Lui. Si potrebbe dire: non inchiodare Cristo
sulla croce delle nostre attese ma le nostre attese sulla croce di Cristo,
perché sia Lui l’unico Signore e Maestro della nostra vita.
D. – E’ necessario un momento
di ritiro spirituale per una buona Quaresima?
R. – Credo che sia
profondamente necessario vivere un momento di riflessione profonda, di
preghiera contemplativa, di ascolto di quello che Dio può dire al cuore del
nostro cuore. Per tutti, comunque, bisogna ricordare che il deserto, cioè
l’immagine biblica che in qualche modo richiama il ritiro spirituale, non è
l’assenza degli uomini, ma la presenza di Dio. E’ questo che dobbiamo cercare,
nella maniera più profonda possibile.
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GIOIOSO
l’INCONTRO, IERI POMERIGGIO, TRA GIOVANNI PAOLO II
E LE
COMUNITA’ DI 4 PARROCCHIE ROMANE DEL SETTORE SUD DELLA CAPITALE
Non
dimenticate quanto mi siete a cuore: così Giovanni Paolo II si è rivolto ieri
pomeriggio alle comunità di quattro parrocchie romane ricevute nell’Aula Paolo
VI in Vaticano: Sant’Anselmo alla Cecchignola, San Carlo Borromeo alla Fonte
Laurentina, San Giovanni Battista de La Salle e Santa Maria Stella
dell'Evange-lizzazione al Torrino, tutte nel settore sud della diocesi di Roma.
Sale dunque a 307 il numero dei gruppi parrocchiali romani incontrati finora
dal Papa. In tutto sono 336. Il servizio di Salvatore Sabatino:
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(canto)
Un lungo
percorso attraverso le parrocchie romane. Un cammino che si è allungato dopo
l’incontro di ieri con altre quattro comunità parrocchiali dell’Urbe. Giovanni
Paolo II ha presieduto la Messa, circondato dal caldo abbraccio dei fedeli.
“Sono lieto di celebrare insieme con voi l’Eucaristia, proseguendo, in modo
diverso, la bella consuetudine della visita alle parrocchie”, ha detto il Papa
durante l’omelia. “Questi incontri mi permettono di manifestare l’affetto che
mi lega più intensamente a voi, cari fedeli della diocesi di Roma”:
“Non
dimenticatelo mai: voi mi state a cuore! Siete la porzione di popolo cristiano
affidato, in modo speciale, alle cure pastorali del Vescovo di Roma”.
“I quartieri
nei quali sorgono le vostre Parrocchie – ha aggiunto il Papa – sono in continua
espansione e abitati, in gran parte, da giovani famiglie. Riservate loro
un’accoglienza aperta e cordiale”. L’importanza del nucleo familiare, dunque, è
stata ribadita nuovamente dal Papa chiedendo che siano gli stessi genitori a
preparare i giovani ed i ragazzi ai sacramenti e alla vita cristiana.
“Accompagnate
con premura le famiglie in difficoltà o in condizioni precarie, aiutandole a
comprendere e realizzare l'autentico disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia”.
“So che al momento disponete solo di
strutture provvisorie per la vita liturgica e il servizio pastorale”, ha
aggiunto Giovanni Paolo II. “Auspico che quanto prima anche voi possiate usufruire
di adeguati locali. Intanto, però, preoccupatevi di fare delle vostre
parrocchie degli autentici edifici spirituali, che poggiano sulla pietra angolare
che è Cristo”.
(canto)
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29 febbraio 2004
NEL
DIFFICILE SCENARIO POLITICO DI HAITI LA GRAVE SITUAZIONE UMANITARIA DELL’ISOLA
DESTA FORTE PREOCCUPAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE
-
Intervista con Carlo Maria Zorzi -
Il precario equilibrio politico di Haiti determina gravi
conseguenze soprattutto per le condizioni di vita della popolazione, verso la quale
sono rivolti gli sforzi e l’impegno delle organizzazioni umanitarie. Tra queste
l’Avsi, associazione volontari per il servizio internazionale, ha lanciato un
appello per affrontare la grave emergenza del Paese, dove ancor prima della
crisi politica le regioni settentrionali versavano in condizioni precarie a
causa dell’alternarsi di siccità e inondazioni. Paolo Ondarza ha raggiunto
telefonicamente Carlo Maria Zorzi, rappresentante Avsi ad Haiti:
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R. – La situazione nel Nord è quella più difficile. Da
oltre un mese la popolazione è sfollata verso le campagne ed è senza energia
elettrica e carburante. Negozi, banche, scuole e magazzini sono chiusi e le
strade che vanno verso il Nord non sono accessibili. In questo momento,
inoltre, l’aiuto umanitario è completamente bloccato e la popolazione spesso è
vittima di bande di giovani che, bene armati, scorazzano e seminano il terrore.
D. – Si può prefigurare anche il rischio di una vera e
propria catastrofe?
R. – La gravità della situazione dipende dalla durata
della crisi politica. Non dimentichiamo che oggi siamo giunti al nono giorno di
chiusura di servizi pubblici. In questa situazione è difficile procurarsi del
cibo e uscire per strada significa affrontare rischi e pericoli altissimi.
D. – Che cosa rischia chi si avventura alla ricerca di
beni alimentari?
R. – Rischia di essere fermato, di essere spogliato di
tutto. A qualcuno è accaduto anche di essere ferito. Bande armate hanno persino
rubato una macchina della Croce Rossa e rapinato un orfanotrofio ...
D. – C’è un’evacuazione in corso ... verso dove è diretta,
la gente?
R. – L’evacuazione è stata organizzata l’altro ieri dalle
Nazioni Unite e dall’ambasciata spagnola verso Santo Domingo. Io sono riuscito
anche a fare evacuare mia moglie e mio figlio di quattro anni. Se vorremo
uscire da questo Paese dovremo farlo per evacuazione, perché tutti i voli
commerciali sono stati sospesi. Ma non siamo arrivati ancora a questo punto. E’
stato fatto per le famiglie perché effettivamente era uno stress troppo forte
per i bambini, per le mogli e per i ragazzi che erano qui.
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IL 15% DEI MINORI NEI PAESI
RICCHI SOFFRE DI DEPRESSIONE:
E’ QUANTO EMERSO IN UN CONGRESSO DELLA SOCIETA’ DI PSICOPATOLOGIA,
SOPSI, CONCLUSOSI IERI A ROMA
Rivolgendo l’attenzione alle diverse realtà dei bambini,
così come il Papa ha invitato a fare in modo particolare in questo Tempo di
Quaresima, si scopre che il male oscuro non risparmia i più piccoli. Secondo le
ultime ricerche, il 15% dei minori nei Paesi ricchi soffre di depressione già
prima dei dieci anni. E’ un dato emerso nel corso del congresso della società
di psicopatologia, Sopsi, che si è concluso ieri all’Hotel Hilton di Roma. Sono
ancora molti e molto diffusi i pregiudizi legati alla malattia, anche se si
comincia a parlarne di più. Lo spiega Paolo Pancheri presidente del Congresso
della Sospi, nell’intervista di Paolo Ondarza:
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R. – Diciamo che oggi c’è molta
più sensibilità nei Paesi occidentali verso le forme depressive dell’infanzia.
Nel passato venivano completamente trascurate, non venivano diagnosticate,
venivano prese come “capricci”. Oggi si tende, invece, a riconoscere che c’è
un’incidenza abbastanza significativa anche nei bambini e soprattutto negli
adolescenti.
D. – Si parla di un confronto
tra mondo sviluppato e terzo mondo, dove la depressione sembra pressoché
assente…
R. – No, non è così. La
psichiatria, le discipline psichiatriche hanno uno spazio molto più grande nei
nostri Paesi occidentali rispetto ai Paesi in via di sviluppo. Il problema è
che ci sono ben altri problemi da affrontare.
D. – La depressione colpisce di
più i Paesi dove c’è più assenza di luce, i Paesi nordici…
R. – In parte è vero.
Sicuramente un fattore dovuto al minor tempo di esposizione alla luce può avere
un suo peso, però non lo possiamo considerare determinante.
D. – Una malattia che può
colpire anche prima dei dieci anni di età, anche se spesso non è riconosciuta
dai genitori che preferiscono non sapere…
R. – Certo, preferiscono negare
il problema. Molto spesso la “responsabilità” di una depressione infantile
viene esattamente dal nucleo familiare.
D. – Quali potrebbero essere
delle cause familiari che incidono sul problema ‘depressione’ in un bambino?
R. – Decisamente, i contrasti
tra i due genitori. Sono più pericolosi i contrasti latenti. Non forse tanto i
genitori che litigano apertamente, ma quanto certe forme di ostilità, di aggressività, certi silenzi
pesanti … Ritengo che siano altamente pericolosi dal punto di vista della
depressione infantile.
D. – Come curare la depressione
in un bambino? Attraverso i farmaci o attraverso un approccio di altro tipo?
R. – Oggi c’è molta perplessità
nell’uso dei farmaci psicoattivi nei bambini. In linea di massima, però, la terapia riguarda il nucleo familiare.
Quanto alla psicoterapia fatta sul bambino per la depressione, direi forse di
no.
D. – Quali sono i principali
ostacoli alla ricerca, allo studio sulla depressione?
R. – Questo è un problema generale. Di fronte a questo enorme
aumento della richiesta non corrisponde un finanziamento per la ricerca. Ma
questo vale in Italia, in altri Paesi non è così.
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A DUE ANNI DALLA NASCITA, NELLE MARCHE, SI
PRESENTA POTENZIATA E RINNOVATA L’AGENZIA “REDATTORE SOCIALE” CHE SI DISTINGUE
PER UNA APPROFONDITA
E
ORIGINALE ATTENZIONE ALLE DIVERSE REALTA’ DELLA SOCIETA’
‘Redattore
sociale’, l’agenzia di informazione “on line” sui temi sociali, compie
tre anni e cambia veste. Fra le novità, l'inserimento di una più articolata home
page, di foto e di file audio e video, di nuove voci che si esprimono
su aree tematiche legate a movimenti e
solidarietà. Sono stati anche ampliati i servizi gratuiti per i lettori. Il
sito è consultabile all’indirizzo internet: www.redattoresociale.it . Il servizio di Stefano Leszczynski.
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Per festeggiare tre anni di informazione dalla parte dei
‘deboli’, “Redattore sociale” si è dotato di una nuova veste grafica ed ha
ampliato i propri contenuti, soprattutto quelli gratuiti. Novità principali
della nuova edizione della testata giornalistica, che ha sede a Capodarco di
Fermo nelle Marche, sono la selezione
delle notizie per regione; la comparsa di nuove aree di indagine, fra le quali
disabilità, droghe, povertà, immigrazione, volontariato, infanzia e terzo
settore. Ma sentiamo il direttore, Stefano Trasatti:
“Siamo un’agenzia atipica, perché i nostri destinatari
sono prima di tutto le testate giornalistiche, ma sono anche le istituzioni
pubbliche, locali e nazionali e le associazioni del cosiddetto ‘no-profit’.
Quindi, il target è misto. Dal punto di vista della stampa, grande e
meno grande, specializzata e generalista, il contatto è in crescita. Ci sono
molte testate significative, a cominciare dalla Rai, e poi quotidiani come “L’Avvenire”, o radio come
la stessa Radio Vaticana, o periodici come “Famiglia Cristiana”.
Un bilancio positivo, insomma, per “Redattore sociale” che
può vantare nei suoi archivi ben 19 mila notizie pubblicate, 2.100 tabelle
statistiche, 1.950 schede tematiche, 2.200 link a siti web del
sociale, 6 mila recensioni di libri e un portafoglio di circa 200 abbonati.
“Ci occupiamo - ha sottolineato Trasatti - di un angolo di
mondo che produce notizie deboli, cioè di povertà ed esclusione vera, di
carceri. Quando parliamo di immigrazione, per esempio, non lo facciamo solo
perché ci sono vistosi sbarchi”. Una scelta difficile, ma strenuamente difesa
dall’editore, don Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco:
“Il rischio evidente è quello di volere ascoltare notizie
che non ci creano problemi. Invece, la vita è fatta di cose belle e di cose
brutte, è fatta di malattie e di salute, è fatta di devianza e di normalità ...
Il ‘Redattore sociale’ tende, al di là dei grandi scoop e delle grandi grida, a
dire come è la realtà in mondi che a volte non si conoscono”.
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IL MONASTERO INVISIBILE: E’ L’INIZIATIVA CON CUI,
PRESSO
IL CENTRO DELL’USMI DI ROMA, RELIGIOSE E RELIGIOSI,
SACERDOTI
E ANCHE LAICI MANTENGONO SEMPRE VIVA UNA COMUNE PREGHIERA
Istituito
tre anni fa all’interno del centro dell’Unione delle superiori maggiori
d’Italia della diocesi di Roma, oggi il cosiddetto “monastero invisibile” conta
ben 960 membri. Ma che cos’è un monastero invisibile e quali attività svolge?
Ce ne parla, al microfono di Dorotea Gambardella, la responsabile del Centro
Usmi, Suor Maria Rosa Lo Proto:
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R. – Il
“monastero invisibile” è formato non soltanto da religiose. Abbiamo allargato
l’attenzione anche ai religiosi, ai sacerdoti, agli studenti che si preparano
ad essere sacerdoti e, soprattutto, quest’anno abbiamo, con una svolta
decisiva, guardato anche ai laici. Il monastero invisibile è formato da persone
che si dedicano all’adorazione eucaristica per determinate ore del giorno: ogni
persona sceglie un’ora e in questa ora prega per le vocazioni sacerdotali e
religiose. Siamo riuscite a coprire tutte le ore del giorno e anche della
notte.
D. –
Perché si chiama “monastero”?
R. – Il
monastero è quell’edificio in cui le persone si appartano dal mondo per dedicarsi
alla preghiera, alla penitenza, alla contemplazione. Quindi, il termine
“monastero invisibile” sta ad indicare l’edificio spirituale basato
sull’appartarsi per ascoltare Dio che parla, per adorare Dio che ama.
D. –
Poi, però, avete deciso di renderlo in qualche modo “visibile” ...
R. –
Abbiamo pensato due anni fa di farlo diventare visibile soltanto una volta alla
settimana, ogni sabato dalle 16.30 alle 18.00, nella chiesa di Santa Maria
della Pace, nei pressi di Piazza Navona. Mons. Gino D’Anna presiede
quest’adorazione visibile. Mediante questa visibilità, altre persone possono
accogliere il messaggio, unirsi a noi nella preghiera e rendere sempre più
grande questo monastero orante.
D. – Ci
spiega come si articolano questi momenti di preghiera?
R. –
C’è prima la preghiera personale, poi l’adorazione all’Eucaristia. La fonte e
il culmine del nostro progetto è chiedere vocazioni al padrone della messe,
poi, chiedere aiuto per le famiglie, perché la famiglia dev’essere sostenuta
non solo dalla parola ma anche dalla preghiera.
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29 febbraio 2004
MIGLIAIA DI PERSONE A NAIROBI RISCHIANO
DI FINIRE IN MEZZO ALLA STRADA.
IL GOVERNO KENIOTA HA DECISO INFATTI
LO SGOMBERO FORZATO
DELLE BARACCOPOLI PER FARE SPAZIO
AD UNA NUOVA TANGENZIALE
NAIROBI.
= Migliaia di persone che vivono nelle baraccopoli di Nairobi rischiano di
finire in mezzo alla strada. Il governo ha deciso, infatti, di sgomberare
alcune bidonville della capitale del Kenya, per far spazio ad una nuova
tangenziale che decongestioni il caotico traffico cittadino. La scorsa
settimana settemila persone sono state sfrattate da Kibera, la seconda
baraccopoli dell’Africa per dimensioni dopo la sudafricana Soweto; altre 50mila
potrebbero subire lo stesso trattamento entro pochi giorni. I missionari
italiani, impegnati da anni nelle immense bidon-ville di Nairobi, si sono
immediatamente attivati, scrivendo al sindaco della città. “Siamo molto
preoccupati che il governo abbia deciso questi sgomberi forzati senza
rispettare le norme di diritti umani garantiti”, si legge nella missiva. Lo
svuotamento di interi quartieri “non ha precedenti a Nairobi”, stigmatizzano i
missionari nella loro lettera, sottolineando che “migliaia di persone rischiano
di perdere l’unico luogo dove possono vivere, peraltro in condizioni di estrema
precarietà, e svolgere le poche attività commerciali che permettono, comunque, la
sopravvivenza a moltissime famiglie. Domani si terrà un incontro di preghiera tra
cristiani e musulmani all’Uhuru Park di Nairobi, per chiedere di fermare la
distruzione delle baracche al governo del presidente Mwai Kibaki, il riformista
salito al potere nel 2002. (D.G.)
SECONDO
IL GOVERNO DI KAMPALA, NEL NORD E NELL’EST DELL’UGANDA
NON C’E’
UN’EMERGENZA UMANITARIA.
SI CONTRADDICE
COSI’ UNA DELIBERA PARLAMENTARE DEI GIORNI SCORSI
KAMPALA.
= Nel nord e nell’est dell’Uganda non c’è emergenza umanitaria. Lo ha affermato
ieri il governo di Kampala, contraddicendo il parlamento che, dopo il recente
massacro del campo profughi di Barlonyo, nel distretto di Lira, ad opera del
sedicente Esercito di resistenza del Signore, aveva proclamato il “disastro
umanitario”. Un portavoce del governo ha spiegato che la risoluzione approvata
dal Parlamento non ha alcuna valenza costituzionale, dal momento che solo il
presidente ha il potere di dichiarare una zona del Paese “area disastrata”.
Intan-to, secondo il rapporto sui diritti umani in Uganda, diffuso venerdì
scorso dal Di-partimento di Stato americano, sono “circa tremila le persone massacrate
dai ri-belli nel corso del 2003”. La stima è stata giudicata eccessiva dal
portavoce del-l’esercito ugandese, il maggiore Shaban Bantariza. I ribelli,
guidati dal loro leader Joseph Kony, sconvolgono i distretti settentrionali dell’Uganda
dal 1986. Secondo fonti locali, in 17 anni di terrore hanno ucciso e torturato almeno
100mila persone, rapito più di 25mila bambini e provocato oltre 1 milione di
sfollati. (D.G.)
NELLA
CAPITALE DEL BENIN, COTONOU, E’ STATO ISTITUITO NEI GIORNI SCORSI
UN OSSERVATORIO
NAZIONALE PER FRONTEGGIARE L’EMERGENZA DEL TRAFFICO
DEI
BAMBINI E DELLO SFRUTTAMENTO MINORILE
COTONOU.
= Un Osservatorio nazionale per contrastare il traffico di bambini e il lavoro
minorile è stato istituito nei giorni scorsi a Cotonou, la capitale del Benin.
Lo hanno reso noto fonti governative. Il nuovo organismo sarà composto da 15
membri, tra cui delegati delle associazioni impegnate contro lo sfruttamento
dei minori, membri delle autorità del Benin e della polizia. L’obiettivo è
quello di individuare i mezzi per combattere il traffico di bambini, che
vengono acquistati per poche decine di euro da parte di bande che gestiscono la
tratta di minori soprattutto con la Nigeria, ma anche con il Camerun, il Gabon
e la Costa d’Avorio, e che vengono rivenduti a prezzi dieci volte superiori. I
bambini vengono poi sfruttati come schiavi o come addetti ai lavori domestici nelle
case dei ricchi. Pochi mesi fa, il ministero della famiglia di Porto Novo ha
calcolato che i piccoli beninesi attualmente in territorio nigeriano sono circa
16mila. Secondo le statistiche fornite da un’organizzazione di Cotonou, dal
2000 almeno 4mila ragazzini sono stati intercettati alle frontiere del Benin. Il
fenomeno è nato negli anni Sessanta e Settanta, quando le famiglie povere
inviavano i propri figli a studiare presso quelle facoltose, ma è degenerato
negli anni successivi trasformandosi in una vera e propria piaga nazionale.
(D.G.)
UNA CATENA UMANA, FORMATA DA OLTRE UN MILIONE DI PERSONE
E LUNGA CIRCA 500 CHILOMETRI, HA PERCORSO DA NORD A SUD L’ISOLA DI
TAIWAN. OBIETTIVO DELL’INIZIATIVA, RICHIAMARE ALLA PACE CON LA CINA POPOLARE
TAIPEI. = Una catena umana lunga circa 500 km e formata da oltre un milione di persone ha percorso
l’isola di Taiwan da nord a sud. L’iniziativa è stata promossa dall’organizzazione
“Hand-in-Hand Taiwan Alliance” per sensibilizzare il mondo sulla minaccia
che incombe sull’isola, contro la quale sono puntati 500 missili della Cina
Popolare, e per invocare la pace fra i due Paesi. La manifestazione è stata fortemente
appoggiata anche dall’attuale presidente Chen Shuibian, da sempre a favore dell’indipendenza
dell’isola, il quale ha commentato: “Questa è la Grande Muraglia della
democrazia di Taiwan”. Dal ’49 ad oggi, l’isola è divenuta una “tigre”
commerciale e un Paese democratico. La Cina, invece, pur essendosi trasformato
in un gigante economico, ha ancora una struttura politica controllata dal partito
comunista. Elemento unificante tra le “due Cine” restano i rapporti commerciali.
Nel 2003 gli investimenti taiwanesi in Cina hanno raggiunto un totale di 3,4
miliardi di dollari statunitensi. Attualmente, inoltre, la Cina continentale
ospita più di 60mila imprese finanziate con fondi taiwanesi, per un valore di 36
miliardi e mezzo di dollari di investimenti effettivi. Nonostante ciò, Pechino si
è detta contraria al referendum, voluto da Chen Shuibian, che si svolgerà il
prossimo 20 marzo insieme alle elezioni presidenziali. Nella consultazione
verrà chiesto ai taiwanesi che cosa fare per la difesa dell’isola, nel caso in
cui la Cina si rifiutasse di ritirare i missili puntati su Taiwan, e verrà
chiesto di pronunciarsi sulla possibilità di incrementare il dialogo tra i due
Paesi. (D.G.)
IL PROSSIMO 23 MARZO AL PALALOTTOMATICA DI ROMA, LO
SPETTACOLO
ORGANIZZATO DALLA CARITAS PER SENSIBILIZZARE I PIU’ PICCOLI SUI
TEMI
DELLA POVERTA’ E DELL’EMARGINAZIONE.
PROTAGONISTI DELL’EVENTO,
I PERSONAGGI DEL PROGRAMMA RAI PER BAMBINI “LA MELEVISIONE”
ROMA. = Il prossimo 23 marzo al Palalottomatica di Roma si
svolgerà lo spettacolo teatrale organizzato dalla Caritas, che vedrà come
protagonisti i personaggi della “Melevisione”, il programma televisivo della
Rai per i più piccoli. Un’ini-ziativa con canzoni, filastrocche e storielle
animate, rivolta ai bambini dai tre ai dodici anni, per parlare dei milioni dei
loro coetanei più sfortunati che soffrono a causa di malattie, guerre e
carestie. Ma sensibilizzare i piccoli spettatori sui temi della povertà non è l’unico
obiettivo della manifestazione. Nel corso dell’evento, infatti, verranno anche
raccolti fondi da destinare alla Casa di Cristian, la comunità-alloggio della Caritas
per mamme con bambini in difficoltà, inaugurata nella capitale lo scorso
gennaio. “Questa bella iniziativa – ha spiegato mons. Guerino di Tora,
direttore della Caritas della diocesi di Roma – vuole essere anche una risposta
concreta al messaggio per la Quaresima del Papa, il quale ci invita ad accogliere
con amore i fratelli più piccoli e con loro, i bisognosi, i forestieri, i
malati e i carcerati”. (D.G.)
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29 febbraio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Il presidente di Haiti, Jean-Bertrand
Aristide ha lasciato il Paese, piombato in una vera e propria guerra civile
nelle ultime settimane. Il nostro servizio:
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Marocco, Panama o
Taiwan: potrebbe essere uno di questi tre Paesi la prossima meta del presidente
di Haiti Jean Bertrand Aristide, che ha lasciato oggi l’isola caraibica dopo
circa 4 settimane di guerra civile. Lo rivela la Cnn, precisando che, secondo
le prime informazioni, Aristide si sarebbe diretto verso la vicina Repubblica
Dominicana. Gli Stati Uniti, che hanno recentemente attribuito ad Aristide la
responsabilità della grave situazione del Paese, hanno sottolineato come la sua
decisione rappresenti una svolta decisiva per il futuro dell’isola. Aristide è
stato eletto presidente di Haiti nel 1990 nelle prime elezioni libere tenutesi
nel Paese dopo i regimi dittatoriali di François Duvalier e suo figlio
Jean-Claude-Duvalier. Haiti, il Paese più povero del continente americano,
occupa il 150.mo posto nella scala Isu (Indice di sviluppo umano) e detiene,
purtroppo, diversi record negativi; tra questi, soprattutto uno desta grande
preoccupazione: nelle statistiche internazionali sulla disponibilità d’acqua
potabile, il Paese figura, infatti, all’ultimo posto tra gli Stati censiti;
sull’isola, solo il 40 per cento degli otto milioni di abitanti ha accesso
all’acqua potabile.
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In Iraq un civile è morto e altri due sono rimasti feriti
in uno scontro a fuoco con l’esercito americano a Samawah, nel Sud del Paese. I
tre viaggiavano su un’auto che non si è fermata ad un posto di blocco dei
militari statunitensi. E un soldato della coalizione è stato ucciso a Bagdad
durante un conflitto a fuoco con guerriglieri iracheni. Lo ha comunicato il
portavoce delle forze armate statunitensi, escludendo che la vittima sia di
nazionalità americana. Inoltre, in un attacco contro una pattuglia di poliziotti
iracheni a Kirkuk, è rimasto ucciso uno degli agenti. A renderlo noto, il
generale Tourhane Youssef, capo della polizia locale. Sulla nuova Costituzione
dell’Iraq, infine, un funzionario dell’amministrazione provvisoria ha
annunciato che non sarà firmata prima della fine della festa religiosa sciita
dell’Ashura, mercoledì prossimo.
Stato
di massima allerta in Israele all’indomani del raid compiuto in un campo
profughi di Gaza dagli elicotteri israeliani. Nell’incursione, tre persone
hanno perso la vita e venti sono rimaste ferite. Tra esse, anche un bambino di
13 anni dichiarato “clinicamente morto” dai medici. L’attacco, nel quale è
rimasto vittima anche uno dei leader della Jihad islamica, è stato condannato
fermamente dall’Autorità nazionale palestinese. E per timore di una ritorsione,
Israele ha rafforzato le misure di sicurezza, vietando a migliaia di palestinesi
l’ingresso nel valico di Herez, che separa la Striscia di Gaza dallo stato
ebraico. Intanto, nonostante tutto, proseguono gli sforzi per la
riconciliazione tra le parti. Ieri sera, l’organizzazione palestinese al Fatah,
ha lanciato un appello ad Israele per una tregua “immediata e reciproca”.
Si è concluso ieri a Sirte, in Libia, il
Vertice dell’Unione Africana: tra i risultai più significativi si deve
registrare l’accordo sulla futura forza di pace africana, che dovrebbe essere
completata entro il 2010. Un passo importante per il futuro del Continente,
come ci conferma Domenico Quirico, esperto di questioni africane del quotidiano
La Stampa, intervistato da Andrea Sarubbi:
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R. – Dopo la fase un po’ retorica dei grandi discorsi, si
entra nel nodo dei problemi. Uno dei problemi principali per una futura Unione
africana è quello dei conflitti interni che lacerano ampi spazi del Continente.
Salvare la vita della gente dalle pulizie etniche è certamente importante. Ci
sono altre priorità come l’Aids, la fame, ma anche l’obiettivo di trovare un
sistema di mediazione nelle guerre africane è una grande priorità.
D. – Gli stessi promotori hanno riconosciuto che i
problemi non mancano e hano detto che prima del 2010 sarà difficile vedere
all’opera questa forza di pace africana …
R. – Certamente i problemi sono giganteschi. Sono
costituiti dalla difficoltà di molti leader africani di accettare interventi
esterni nei propri Paesi, dove svolgono politiche spesso autoritarie, se non
addirittura di pulizia etnica. Non è un caso che uno dei leader che si è
opposto con più tenacia a questo progetto sia Mugabe, dello Zimbabwe, che ha
molti peccati da farsi perdonare. Certamente il processo è molto lungo. Credo,
però, che l’Unione africana abbia anche bisogno di simboli, di parole d’ordine
cui ispirarsi e in cui sperare. Questo è un elemento importante.
D. – Tra le difficoltà non hai citato la mancanza di
fondi, perché?
R. – Non credo che sia un problema trovare i fondi, credo
che i grandi, a cominciare dagli Stati Uniti, non aspettino altro che trovare
un interlocutore a cui pagare un lavoro che loro non vogliono fare, cioè quello
di intervenire in queste crisi che considerano secondarie e non legate ai loro
interessi principali. Quindi se si trova, diciamo così, un gendarme africano per mediare le mille crisi dell’Africa, credo che il
pagare sia l’ultimo problema.
D. – E’ stato respinto il progetto di Gheddafi di un unico
esercito per tutta l’Africa. Era veramente un progetto romantico, come lo ha
definito qualcuno, cioè troppo avanti con i tempi?
R. – Gheddafi, che di questa nuova Africa si è fatto un
po’ il padre putativo, si è auto-eletto come lo zio saggio e ricco che deve
dettare la strada agli altri. Ha, per sua natura, la tendenza un po’ a bruciare
le tappe e, per certi aspetti è una virtù, ma per altri è un difetto. Abbiamo
visto, quando ha cercato di formare grandi unioni nei Paesi arabi e musulmani
confinanti con il suo, che sono poi tutte fallite proprio per la sua frenesia
di arrivare subito a dei grossi risultati.
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I
prossimi colloqui a sei per discutere del programma nucleare della Corea del
Nord potrebbero svolgersi a luglio. Lo ha annunciato, all’indomani
dell’incontro di Pechino, conclusosi senza il raggiungimento di un accordo, un
portavoce del governo di Mosca. A renderlo noto, l’agenzia di stampa russa Interfax.
Oltre
160 dispersi, 1 vittima accertata e diversi feriti. Questo il bilancio aggiornato
dell’incendio esploso a bordo del traghetto “Super Ferry 14”, al largo di
Manila, avvenuto venerdì scorso. Inizialmente si parlava di 223 persone
disperse. Intanto, l’esercito filippino e il ministero dei Trasporti al momento
non hanno trovato legami tra la rivendicazione di un gruppo estremista islamico
legato ad al Qaeda e il rogo.
Un
terzo focolaio di influenza aviaria è stato scoperto in una fattoria del
Giappone. A confermarlo, le autorità sanitarie nipponiche. Le analisi
chiariranno se il virus appartiene allo stesso ceppo che ha provocato
un’epidemia in altri Paesi asiatici e che ha ucciso 22 persone.
Tre
morti e 18 dispersi è il bilancio dell’esplosione di una petroliera al largo
della Virginia, negli Stati Uniti. Sei i componenti dell’equipaggio che,
invece, sono stati recuperati. L’imbarcazione esplosa batteva bandiera di
Singapore e stava trasportando etanolo industriale. Era diretta da New York a
Houston.
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