RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 55 - Testo della
Trasmissione di martedì 24 febbraio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
La celebrazione presieduta dal Papa, domani nella
Basilica vaticana per il Mercoledì delle Ceneri.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Documento conclusivo dell’Assemblea generale dei Superiori e
delle Superiore Maggiori d’Europa
Presentato a New Delhi un
video documentario sul pontificato di Giovanni Paolo II
150
morti in Marocco a causa del devastante terremoto che, la scorsa notte, ha
colpito il Paese
Ad
Haiti appello di Aristide per invocare l’intervento dell’Onu
Prosegue
alla Corte di giustizia dell’Aja l’esame del caso del muro che divide Israele
dalla Cisgiordania.
24
febbraio 2004
IL MESSICO, UN PAESE IN CRESCITA MA ANCORA SEGNATO
DALLA PIAGA
DI UNA DIFFUSA POVERTA’, CHE HA BISOGNO DI STABILITA’ POLITICA
E DI IMPEGNO SOCIALE: LO HA SOTTOLINEATO IL PAPA
RICEVENDO STAMANE IL NUOVO
AMBASCIATORE
DELLO STATO LATINO AMERICANO, PRESSO LA SANTA SEDE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Uno Stato interessato, da alcuni anni, da un profondo
cambiamento economico, sociale e politico, nel quale sono tuttavia necessari
degli sforzi sul piano istituzionale e civile, per rafforzare la democrazia e
sradicare il fenomeno ancora troppo esteso della povertà e dell’emarginazione
degli indios. E’ l’istantanea che Giovanni Paolo II ha scattato del Messico,
nel ricevere questa mattina in udienza il nuovo ambasciatore dello Stato
americano presso la Santa Sede, Javier Monctezuma Barragán, per la presentazione
delle Lettere credenziali.
Partendo dalle nuove relazioni diplomatiche tra il Messico
e il Vaticano, ristabilite nel 1992, il Papa si è soffermato con attenzione sul
ruolo della Chiesa in rapporto alle istituzioni e alle necessità del Paese, che
sarà sede, nel prossimo ottobre a Guadalajara, del 48.mo Congresso eucaristico
internazionale. “E’ auspicabile che la Chiesa in Messico possa godere della
piena libertà in tutti i settori di sviluppo della sua missione pastorale e sociale”,
ha affermato, ribadendo il diritto alla libertà religiosa “senza intolleranza e
discriminazione”. In quest’ottica, ha aggiunto il Pontefice, l’aspirazione ad
uno Stato prospero e sviluppato “esige lo sforzo di tutti per costruire una
cultura democratica e consolidare lo Stato di diritto”: il solo modo per
risolvere, tra l’altro la piaga sociale, “dolorosa e vasta”, della povertà e
delle sue “gravi conseguenze nel campo della famiglia, dell’educazione, della
salute e della vita pubblica”. Sradicare la povertà, ha detto Giovanni Paolo
II, non sarà possibile se i mezzi utilizzati per cancellarla “non saranno
animati da valori etici autentici”. Il Papa ha detto anche di sperare, in un
prossimo futuro, che il Messico possa contare su un apparato legislativo sempre
più in sintonia con i tempi riguardo l’educazione religiosa nei diversi
ambienti, l’assistenza spirituale nei centri della salute, il riadattamento
sociale e assistenziale del settore pubblico, e una presenza nei mezzi di
comunicazione sociale.
Una “speciale attenzione”, ha
poi ripetuto il Pontefice, richiedono le popolazioni indigene, così numerose in
Messico, ma spesso “relegate nel dimenticatoio” e invece bisognose di poter
contare sul rispetto etnico e la solidarietà necessaria alla realizzazione
delle proprie aspirazioni. Infine, il problema dell’emigrazione, che vede da
molti anni moltissimi messicani tentare la sorte in altri Paesi, soprattutto
negli Stati Uniti. Il Papa ha invitato il Messico, in quanto luogo d’origine
del fenomeno, a porre bene a fuoco le cause dell’emigrazione e a fare in modo
che gli immigrati altrove non si sentano dimenticati dalla loro terra, ma siano
aiutati “a mantenere vivo il contatto con le proprie radici”.
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ALTRE
UDIENZE
Nel corso della mattina il Papa
ha ricevuto: mons. Franc Rodé, arcivescovo emerito di Ljubljana, prefetto della
Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita
apostolica; mons. Jozef Wesolowski, arcivescovo titolare di Slebte, nunzio
apostolico in Kazakhstan, in Tadjikistan, in Kyrgyzstan e in Uzbekistan; e
mons. Paul-Marie Guillaume, vescovo di Saint-Dié in Francia, in visita “ad
Limina Apostolorum”.
NOMINE
E CREAZIONE DI DIOCESI IN POLONIA
In Polonia, Giovanni Paolo II ha eretto la provincia ecclesiastica di
Łódź, elevando a Chiesa metropolitana l’arcidiocesi di Łódź
ed assegnandole come suffraganea la diocesi di Łowicz. Allo stesso tempo
ha promosso alla dignità di arcivescovo metropolita di quella sede mons.
Władysław Ziolk, finora arcivescovo di Łódź.
Il Papa ha inoltre eretto la diocesi di Bydgoscz, con
territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Gniezno e dalle diocesi di
Koszalin-Kołobrzeg e di Pelplin, rendendola suffraganea della Chiesa
metropolitana di Gniezno. Il primo vescovo nominato dal Pontefice per la nuova
diocesi è mons. Jan Tyrawa, finora ausiliare di Wrocław. La nuova diocesi
avrà una superficie di circa 4 mila kmq e conterà circa 600 mila abitanti, con
144 parrocchie e circa 400 sacerdoti tra diocesani e regolari.
Giovanni Paolo II ha poi creato
la diocesi di Świdnica, con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di
Wrocław e dalla diocesi di Legnica, rendendola suffraganea della Chiesa
metropolitana di Wrocław, nominandone come primo vescovo il 60.enne
sacerdote Ignacy Dec, finora rettore della Pontificia Facoltà Teologica di
Wrocław.
Il Santo Padre ha infine nominato ausiliare della diocesi
di Tarnów il 51.enne sacerdote Stanisław Budzik, finora rettore del
Seminario diocesano di Tarnów, ed ha accettato la rinuncia all’ufficio di
ausiliare della diocesi di Warmia, presentata per raggiunti limiti di età dal
vescovo Julian Wojtkowski.
LA CELEBRAZIONE PRESIEDUTA DAL PAPA,
DOMANI
NELLA BASILICA VATICANA
PER IL
MERCOLEDI’ DELLE CENERI
Domani, Mercoledì delle Ceneri, si
apre il tempo di Quaresima: la nostra emittente trasmetterà in radiocronaca
diretta, in lingua italiana, a partire dalle 10.15, la celebrazione della
Parola e l’imposizione delle Ceneri presieduta da Giovanni Paolo II nella
Basilica di San Pietro, sull’onda media di 585 kHz, sull’onda corta di 5.890
kHz e sulla modulazione di frequenza di105 MHz.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In riferimento al Mercoledì
delle ceneri ed all'evento della Quaresima, apre la prima pagina una
riflessione di Jean Galot dal titolo "Il tempo dell'essenziale".
Nelle vaticane, nel discorso al
nuovo Ambasciatore del Messico il Papa ha sottolineato che non si deve cedere
alle pretese di quanti cercano di ridurre la religione alla sfera meramente
privata dell'individuo.
Nelle estere, in evidenza la
notizia del terremoto che ha duramente colpito il Nord del Marocco.
Uganda: la Corte penale
internazionale apre un'indagine sul massacro nel campo profughi di Barlonyo;
Kofi Annan chiede di "fermare questo tremendo ciclo di violenze".
Nella pagina culturale, un
"ritratto" di Don Giuseppe Puglisi scritto da Roberto Morozzo della
Rocca; Don Puglisi - si evidenzia nell'articolo - offrì ai ragazzi di strada
”un’alternativa alla mafia”.
Nell’”Osservatore libri” un
approfondito contributo di Danilo Veneruso in merito alla ripubblicazione,
vent'anni dopo, del volume ”25 luglio 1943” di Dino Grandi, a cura di Renzo De
Felice.
Nelle pagine italiane, in primo
piano l'incidente aereo nel Cagliaritano: il velivolo trasportava un cuore da
trapiantare.
In rilievo i temi delle riforme
e della giustizia.
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24
febbraio 2004
SGOMENTO E COSTERNAZIONE IN UGANDA DOPO IL MASSACRO
RECENTEMENTE
PERPETRATO DAI RIBELLI NEL NORD DEL PAESE
-
Intervista con il missionario comboniano, padre Sebhat Ayele -
Il presidente dell’Uganda,
Yoweri Museveni, si è recato oggi nel campo profughi di Barlonyo, nel distretto
settentrionale di Lira, messo a ferro e fuoco sabato sera dai ribelli del
sedicente “Esercito di Resistenza del Signore” che hanno massacrato oltre 200
civili. Le autorità locali hanno decretato il lutto cittadino ed il Tribunale
Internazionale dell’Aja ha avviato un’inchiesta sulla strage. Per una
testimonianza su questo tragico episodio di violenza, Fabio Colagrande ha
raggiunto telefonicamente a Lira, nell’Uganda settentrionale, il missionario
comboniano, padre Sebhat Ayele:
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R. – Si tratta di un massacro mai visto. Qualcosa di scioccante,
di barbaro, di molto crudele. Sono corso e arrivato lì subito dopo la Messa,
per salvare un po’ di gente, se potevo. Ed infatti ho trovato tutto il campo
che bruciava dopo 12 ore di attacco. Quello che mi ha scioccato è stato trovare
delle persone, dei corpi, che bruciavano dentro le capanne. In una capanna, una
famiglia intera stava bruciando. C’era poca gente a tirarli fuori. Qualcosa di
subumano, di inconcepibile. Non si può credere, senza vederlo. Questo è stato
quello che ho visto, con molta tristezza, essendo la mia gente. Ci siamo
sentiti traditi dalla comunità internazionale. Ci siamo sentiti completamente
indifesi. Nessuno pensa a noi, nessuno parla di noi, nessuno viene ad aiutarci.
Quindi, siamo un popolo completamente dimenticato. Oltre 200 persone sono state
massacrate e nessuno si interessa di noi. Per questo mi piange il cuore.
D. – Padre Sebhat, perché secondo lei questa guerra in
Uganda non interessa la comunità internazionale?
R. – Penso che nel Nord Uganda non ci siano interessi di
tipo economico. Quindi, forse per quello.
D. – Padre Sebhat, come missionari comboniani cosa
riuscite a fare? Qual è il vostro compito pastorale in una zona di guerra come
questa?
R. – La prima cosa è dare alla gente fiducia e speranza.
Quindi, la nostra presenza per la gente è molto importante. Noi siamo lì,
scappiamo con loro e moriamo con loro, se c’è bisogno. Noi diamo alla gente la
speranza, soprattutto la speranza che viene da Dio. Ci appelliamo anche alla
comunità internazionale, facciamo conoscere i nostri problemi. Così se c’è
qualcuno che ha un po’ di coscienza può venire ad aiutarci. Siamo anche
coinvolti con alcuni indios, che ci stanno aiutando a portare da mangiare ed
altri bisogni alla gente sfollata. Abbiamo più di un milione di persone
sfollate attorno a Lira. Questo è il nostro lavoro, soprattutto stare con la
gente. Anche se non fai niente, almeno stai con loro. Questa è la testimonianza
che diamo noi comboniani. Continuate a pregare per noi, mi raccomando.
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IL
SUDEST EUROPA E LE SFIDE PER LA CHIESA: DALL’INCONTRO ANNUALE
DEI
PRESIDENTI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DI SETTE PAESI,
NEI
GIORNI SCORSI A BELGRADO, SONO EMERSE PRIORITA’ E PROSPETTIVE
-
Intervista con mons. Aldo Giordano -
“La
povertà come sfida per la chiesa” e “L’Europa e il Cristianesimo nel contesto
del processo di unificazione europea”: sono stati questi i temi affrontati
nell’incontro annuale dei presidenti delle Conferenze episcopali di sette Paesi
del sudest Europa, che si è svolto a Belgrado nella fine settimana scorsa. Ma
si è parlato anche del processo ecumenico, delle tematiche in comune con le
Chiese ortodosse e del possibile dialogo con l’Islam. Il tutto in
considerazione dell’attuale contesto dato dal processo di unificazione europea.
E a questo proposito è interessante sapere quali siano le speranze e le
priorità sentite da Paesi come Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Grecia,
Serbia e Montenegro, Romania e Turchia. Ascoltiamo, nell’intervista di Fausta
Speranza, mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze
d’Europa, Ccee:
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R. – La grande attesa è che il processo di unificazione
europea possa portare per questi Paesi maggiore stabilità e possa farli
avanzare nel processo di riconciliazione e nel cammino della pace e che poi
possa anche portare un contributo economico. Sono Paesi di confine. Pensiamo
che Belgrado è sul confine dell’antica Europa: Europa latina e Europa
bizantina. C’è, dunque, anche la speranza che l’Europa recepisca molto anche
della cultura orientale. La preoccupazione, invece, è dovuta agli interrogativi
che questi Paesi si pongono su cosa sarà della loro tradizione se si
affideranno nelle mani di un Occidente che, in fondo, loro vedono molto segnato
dalla secolarizzazione e anche da un certo relativismo etico... Si sente che è
un momento storico particolare e si sente che le Chiese hanno la responsabilità
di dare un contributo all’Europa. Ecco, alcuni hanno chiaramente detto: ‘Il
primo contributo che noi possiamo dare all’Europa è ritrovare un cammino di
unità tra le Chiese, perché le Chiese possono offrire un’esperienza, possono
essere un esempio di Europa unita, un’Europa che sa vivere al di là delle
frontiere, al di là delle divisioni etniche, eccetera. Certamente questa zona
dell’Europa è un laboratorio di frontiera molto interessante.
D. – Dunque, parliamo di Europa e Cristianesimo, cioè
dell’altro tema al quale è stato dedicato l’incontro ...
R. – Questi Paesi del Sudest-Europa si domandano perché
c’è tanta fatica a citare esplicitamente il Cristianesimo, per esempio, nel
Trattato costituzionale europeo, nel suo preambolo. In questi Paesi sono stati
per tanti anni sotto un dominio ideologico che vietava di parlare di Cristianesimo.
E poi, il fatto stesso di essere Chiese cattoliche in minoranza, li ha portati
a vivere con difficoltà la realtà della cattolicità nel passato. Quindi hanno
sempre visto un po’ l’Occidente come speranza di una dimensione di serenità e
libertà. Adesso, però, si meravigliano del fatto che dall’Occidente sia nata
l’idea di un’Unione Europea ma che questa Unione Europea sembra che faccia una
grossa fatica ad accettare espressamente il Cristianesimo. Però, d’altra parte,
c’è anche una grande volontà di contribuire insieme a far sì che l’Europa sia
spazio per il Vangelo. Anche per questo credo che l’Oriente possa dare un
notevole contributo.
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RADIOQUARESIMA 2004: CICLO DI MEDITAZIONI SULLA
“PASSIONE DI CRISTO”
E SU
QUARANTA “CAMPIONI DELLA FEDE”
-
Intervista con Marco Cardinali -
Da domani nella nostra emittente
appuntamento con il tradizionale ciclo di trasmissioni di Radioquaresima 2004,
che presenterà quest’anno una serie di meditazioni sulla Passione di Cristo e
su alcuni ‘campioni della fede’, nella storia della Chiesa e del mondo. Ce ne
parla il responsabile del programma Orizzonti Cristiani, che cura le
trasmissioni di Radioquaresima, il dott. Marco Cardinali, intervistato da
Alessandro De Carolis.
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R. – La Radioquaresima di quest’anno è, come da
tradizione, divisa in due filoni paralleli. Potremmo usare l’immagine di un
albero con due rami diversi, ma
altrettanto ricchi. Il primo ramo è quello delle 40 meditazioni che
vanno in onda a partire dal 25 febbraio al 4 aprile a mezzanotte, con replica alle
7.20 della mattina. Il titolo è “Campioni di fede”, un tema elaborato dal
rogazionista padre Vito Magno, e condotto e realizzato da Franca Salerno, con
il contributo di autorevoli teologi e comunicatori. Costoro parlano
dell’attualità dei Santi, dei modelli di fede per i cristiani, che in epoche diverse
hanno testimoniato il loro amore per Dio, la Chiesa, i fratelli. Partiremo
guardando alcuni Santi martiri, poi alcuni Santi maestri, i profeti, i
riformatori, i missionari, per finire con gli apostoli della carità.
D. – La rosa dei nomi, che è ampia ed importante, è
inevitabilmente però una selezione. Quale criterio avete seguito per proporre
le singole figure?
R. – Il criterio di presentazione di questi Santi di tante
epoche - i nostri ascoltatori avranno modo di vederlo - sono in relazione alla
loro importanza e in particolare alla loro attualità: un aspetto questo che li
lega molto più profondamente al nostro essere cristiani nel 2004, in questa
epoca di grandi capovolgimenti e anche di grande attenzione verso alcuni temi.
D. – Oltre ai campioni della fede più noti - ce ne sono
diversi in una fascia temporale ampia, si va da San Francesco a Giovanni XXIII
- c’è però anche uno spazio per i campioni della fede sconosciuti…
R. – Sconosciuti non in quanto non conosciuti, ma in
quanto non messi a modello da parte della Chiesa. Per esempio, tra le nostre
meditazioni figura Charles de Foucault, che non è un Santo vero e proprio,
canonizzato, ma è comunque un uomo che è un testimone di una carità profonda,
di un amore profondo verso Dio, verso i fratelli, un uomo del dialogo
interreligioso. Si tratta quindi di figure che hanno grande attinenza ai temi
del momento storico ed ecclesiale che viviamo oggi.
D. – Le 40 meditazioni sui campioni della fede
costituiscono, come detto, il primo ramo della Radioquaresima del 2004: ma c’è
anche un secondo ramo…
R. – Questo secondo ramo è quello della trasmissione
pomeridiana di Orizzonti Cristiani, trasmessa cioè alle 14.30, 17.30 e 23.00.
Con l’ausilio di eminenti esperti, guarderemo a “La Passione di Gesù” - questo
è il titolo - con alcuni temi scelti per approfondire questo momento
fondamentale nella storia della nostra Salvezza. Direi che la novità di
quest’anno è che, per la fascia pomeridiana, il ciclo “La Passione di Gesù”
andrà in onda - a partire dal 26 febbraio - il giovedì, il venerdì e il sabato.
Per gli altri giorni manterremo invariate le consuete rubriche, in cui
affronteremo naturalmente temi quaresimali importanti, tra cultura,
spiritualità e la parola di Giovanni Paolo II, sempre ricca in questo periodo.
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IN
OCCASIONE DELL’ANNO EUROPEO DEDICATO
DELL’EDUCAZIONE ATTRAVERSO LO SPORT,
LA
FESTA DELLA GINNASTICA ‘GIOCAGIN’,
PROMOSSA
DALL’UISP IN COLLABORAZIONE CON L’UNICEF
-
Servizio di Flaminia Caldani -
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E’
stata recentemente presentata a Roma “GiocaGin” la grande festa della ginnastica
della Uisp (Unione Italiana sport per tutti) e Sporticlub, che anche quest’anno
aiuta l’Unicef, sostenendo il progetto ‘Stop al traffico dei minori’, a favore
dei bambini della Moldavia, per la protezione e il reinserimento sociale degli
adolescenti. La manifestazione, iniziata lo scorso 15 febbraio, proseguirà fino
a maggio in 58 città italiane. Un’occasione per sostenere lo sport per tutti,
ma anche per promuovere una nuova cultura dello sport. Abbiamo chiesto al
direttore dell’Unicef, Roberto Salvan, quali valori possano essere veicolati
oggi, attraverso l’educazione allo sport.
R. – Prima di tutto il fatto che esistano delle regole. E,
quindi, se tutti quanti rispettiamo queste regole possiamo insieme raggiungere
un obiettivo, che è poi un risultato, il divertirsi, lo stare insieme e,
soprattutto, dimostrare fino in fondo il fatto che i bambini, oltre che andare
a scuola - che è uno dei loro impegni nei primi anni di vita - hanno anche il
diritto al gioco, elemento molto importante.
L’Uisp e l’Unicef hanno proposto un nuovo valore dello
sport, ma sentiamo Nicola Porro, presidente nazionale Uisp.
R. – Noi, abbiamo sottolineato insieme agli amici
dell’Unicef, come vogliamo interpretare lo sport: un grande mediatore
culturale, che quindi consenta il dialogo fra culture diverse. Abbiamo
differenziato nella nostra esperienza fra un’idea di sport sociale, che
significa organizzare eventi per raccogliere finanziamenti - il che va
benissimo evidentemente – ma anche un’ambizione in più: non soltanto di fare
sport sociale, ma usare lo sport per tutti come sport sociale.
D. - Considerando i fatti che recentemente hanno macchiato
il mondo sportivo, che tipo di approccio, oggi, i genitori devono assumere nei
confronti dello sport per i propri figli?
R. – Credo che noi dobbiamo agire su due livelli. Uno, è
quello evidentemente del controllo, ove serva, della repressione. Ma ancora più
importante che reprimere un crimine è prevenirlo, attraverso una diffusione di
modelli culturali alternativi. Personalmente, credo che sia anche necessario,
sviluppare una cultura che educhi all’accettazione del limite, a capire che
ciascuno di noi può, a misura delle proprie capacità, trarre soddisfazione dallo
sport.
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24
febbraio 2004
LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
RAFFORZI IL SUO IMPEGNO PER SANARE
LE
PIAGHE DEL CONTINENTE AFRICANO, DALLA POVERTA’ ALL’AIDS:
E’
L’APPELLO DEL CARDINALE MARTINO, INTERVENUTO STAMANI A NAIROBI
AD UN CONGRESSO DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA
DELL’AFRICA ORIENTALE
- A
cura di Alessandro Gisotti -
NAIROBI.= “E’ riprovevole che oggi nuovamente
alcuni Paesi” traggano “profitto dal commercio delle armi” che provoca
“tragedie umane” in Africa “con l’effetto di ritardare se non interrompere la
via della pace e dello sviluppo del continente” africano. E’ la forte denuncia
pronunciata stamani dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del
Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, intervenuto a Nairobi al Congresso
internazionale promosso dall’Istituto di servizio sociale dell’Università
cattolica dell’Africa orientale. Il porporato ha duramente condannato la
pretesa dei gruppi terroristici di ristabilire la giustizia attraverso la cieca
violenza, senza esitare a distruggere vite umane innocenti. Quindi, si è pronunciato
contro l’uso scandaloso dei bambini soldato, “che uccide il futuro della
gioventù” e il “futuro stesso del mondo”. Il presidente del dicastero vaticano
non ha mancato di esortare la comunità internazionale a fare di più per
combattere l’epidemia dell’Aids - devastante in molti Paesi africani - in
particolare consentendo l’accesso ai medicinali con prezzi sostenibili. Ancora,
il porporato ha rinnovato l’appello per una riduzione del debito estero dei
Paesi dell’Africa più poveri. D’altro canto, ha sottolineato che “se si vuole
accelerare lo sviluppo dell’Africa, è assolutamente necessario che le regole
del commercio internazionale siano riviste in modo da consentire ai Paesi
africani l’accesso ai mercati delle nazioni ricche”. Al congresso di Nairobi,
il cardinale Martino non ha escluso che nel prossimo futuro la Santa Sede possa
passare dallo status di osservatore a quello di membro dell’Onu ed ha ribadito
l’urgenza di una riforma delle Nazioni Unite che consenta all’istituzione di
svolgere pienamente il suo ruolo sulla scena internazionale.
CONDIVIDERE
SPERANZE E TIMORI DEI FEDELI DEL VECCHIO CONTINENTE:
COSI’, I SUPERIORI E LE SUPERIORE MAGGIORI
D’EUROPA NEL DOCUMENTO
CONCLUSIVO
DELL’ASSEMBLEA GENERALE DI LJUBLIJANA, IN SLOVENIA
LJUBLIJANA.= “Vogliamo condividere le nostre speranze, i
nostri timori e i nostri punti di vista con i fratelli e le sorelle delle
nostre comunità locali che sperimentano tutti i problemi dell’Europa che
premono alla porta”. E’ l’impegno preso dai Superiori e dalle Superiore Maggiori
d’Europa, (Ucesm) che in questi giorni si sono riuniti a Liubljana, in
Slovenia, per la loro Assemblea generale. Un incontro dedicato al tema “Il
ruolo della vita religiosa nella formazione di una coscienza etica in un’Europa
multiculturale”. Nel documento finale dell’assise, i membri dell’Ucesm
riconoscono le molteplici sfide che oggi devono affrontare i cittadini del
Vecchio Continente. Al fine della costruzione di un senso etico per l’Europa,
si legge nel documento, “siamo chiamati ad essere pellegrini, vivendo i valori
dei pellegrini: la povertà evangelica, la libertà, la speranza e il coraggio”.
Essere dei religiosi in pellegrinaggio, sottolineano, significa “osservare il
Regno di Dio con una maggiore sensibilità alla presenza dello Spirito in tutte
le situazioni umane”. Ma anche avvicinarsi alle altre Chiese cristiane e ai
fratelli delle altre fedi, specialmente i musulmani. “Bisogna impedire che il
silenzio e la paura interrompano il dialogo”, prosegue il documento che
sottolinea l’importanza di “porre le domande giuste e cercare risposte che ci
permettano di compiere un altro passo del nostro viaggio”. (A.G.)
PRESENTATO
A NEW DELHI UN VIDEO DOCUMENTARIO SUL PONTIFICATO
DI GIOVANNI PAOLO II. IL FILMATO, DAL TITOLO “IL GRANDE COMUNICATORE”,
E’ STATO REALIZZATO DAL VATICANISTA DELLA TV “LA7”, LORENZO SCHEGGI
- A cura di Maria Grazia Coggiola -
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NEW
DELHI. = “Il linguaggio usato dal Santo Padre è un linguaggio universale, fatto
più di gesti che di parole. Il suo enorme successo in questi 25 anni di Pontificato
sta nell’aver usato questo linguaggio, che è comprensibile a tutti gli esseri
umani, ricchi e poveri, credenti e non credenti”. Con queste parole, il
vaticanista Lorenzo Scheggi, della rete tv “La 7”, ha presentato il suo nuovo
documentario, intitolato “Il grande comunicatore”, che raccoglie le immagini e
i momenti più significativi e toccanti del Pontificato di Giovanni Paolo II. Il
video è stato proiettato ieri sera all’Istituto italiano di cultura di New
Delhi, alla presenza del nunzio apostolico Pedro Lopez Quintana e
dell’ambasciatore italiano, Benedetto Amari. Anche in un Paese come l’India,
lontano geograficamente e culturalmente, la figura di Giovanni Paolo II è
conosciuta e stimata, soprattutto grazie al lungo rapporto di amicizia con la Beata
Madre Teresa di Calcutta. E’ stato il cardinale Pio Laghi, prefetto emerito
della Congregazione per l’educazione cattolica, a ripercorrere gli incontri tra
il Papa polacco e la piccola suora albanese in Vaticano, a Calcutta e in
Albania. L’ultimo di questi incontri risale al ’97, quando Madre Teresa, tre
mesi prima della sua scomparsa presentò al Santo Padre colei che aveva scelto
per guidare le missionarie della carità, Suor Nirmala. Oltre che in India, la
celebrazione dei 25 anni di Pontificato, chiamata “La mia seconda Patria” e
organizzata dal ministero degli Esteri italiano, coinvolge altri 40 Paesi nel
mondo.
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INIZIERA’
L’8 MARZO PROSSIMO IL PROCESSO DI SMOBILITAZIONE DEI COMBATTENTI
DELLA
COSTA D’AVORIO: AD ANNUNCIARLO E’ STATO IL PRIMO MINISTRO
DEL GOVERNO IVORIANO DI TRANSIZIONE, SEYDOU DIARRA
BOUAKE.= Il processo di disarmo dei combattenti
presenti in Costa d'Avorio inizierà il prossimo 8 marzo. L’importante notizia –
riferisce l’Agenzia Misna – è stata annunciata da Seydou Diarra, il primo
ministro del governo di transizione, durante una visita a Bouaké, la città
centro settentrionale del Paese che per due anni si è trasformata nella
roccaforte della ribellione, che il 19 settembre 2002 si sollevò in armi contro
il governo del presidente Laurent Gbagbo. Il disarmo resta l’elemento chiave
per risolvere la crisi politico istituzionale in cui il Paese africano è
piombato con l'inizio della guerra civile. Nonostante gli accordi di pace, e il
varo di un governo di transizione, infatti, il territorio ivoriano resta diviso
a metà. Per procedere alla riunificazione del Paese resta da compiere il
disarmo e il reintegro dei ribelli in armi. (A.G.)
RAVVIVARE
L’ESPERIENZA DELLA GMG DI TORONTO: CON QUESTO INTENTO,
UN GRUPPO
DI RAGAZZI ITALIANI SI RECHERA’ NELLA CITTA’
CANADESE DAL 27 FEBBRAIO AL 4 MARZO
TORONTO.= Continua il legame tra i giovani italiani e i
loro coetanei a Toronto. Dal 27 febbraio al 4 marzo prossimi si terrà in Canada
un incontro su un progetto nato dopo la Giornata mondiale in terra canadese. La
Gmg di Toronto ha creato importanti contatti tra le realtà canadesi ed
italiane, sia a livello di conoscenza ed amicizia, sia a livello pastorale. Una
ricchezza che non si è voluta disperdere perché, come sottolinea don Alessandro
Amapani, responsabile del Progetto per la pastorale giovanile italiana “ci
sembra importante portare avanti il rapporto nato durante la Gmg per
valorizzare il contatto dei giovani italiani e dei giovani di origine italiana
residenti a Toronto; valorizzare il contatto dei giovani e dei giovani canadesi
di Toronto; condividere le risorse pastorali della Chiesa italiana e della
Chiesa canadese, offrendo occasioni di scambio, di aiuto e di collaborazione”.
Il Progetto si sviluppa in tre ambiti: l’offerta di esperienze pastorali in
Italia a giovani canadesi; l’offerta di esperienze pastorali in Canada a
giovani italiani e il sostegno pastorale. (A.G.)
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24
febbraio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Marocco un violento
terremoto, verificatosi stanotte, ha provocato almeno 150 morti. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
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La forte scossa di terremoto,
di magnitudo 6,3 sulla scala Richter, ha colpito questa mattina un’area dello
stretto di Gibilterra non lontana dalla costa settentrionale del Marocco. Il
drammatico bilancio del sisma, avvertito anche nel Sud della Spagna e
dell’Italia, è di almeno 150 morti ma fonti parlamentari temono che possa
superare le 300 vittime. L’epicentro del terremoto è stato registrato a circa
185 miglia a nord di Rabat, vicino al villaggio di Ait Kamara che, secondo
fonti locali, è andato completamente distrutto. La popolazione si è riversata
per le strade presa dal panico dei feriti sono stati trasportati negli ospedali
della città portuale di Al Hoceima. Per le operazioni di soccorso sono stati
mobilitati l’esercito, la polizia e la protezione civile. La terra ha tremato
anche nella regione spagnola dell’Andalusia e nella vicina Murcia, senza
fortunatamente provocare vittime. Il sisma più devastante registratosi in
Marocco risale al 1960 quando una serie di scosse devastò la città di Agadir,
provocando la morte di oltre 25 mila persone.
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Sempre più drammatica la
situazione ad Haiti, dove l’avanzata dei ribelli prosegue ormai verso la
capitale, Port au Prince. Il leader dei miliziani,il comandante Guy Philippe,
si è detto sorpreso per l’estrema facilità con cui è stata conquistata Cap
Haitien, seconda città del Paese: “Entro 15 giorni - ha aggiunto - libereremo
l’isola”. Il presidente Aristide, invece, si affida ad un intervento dell’Onu
per fermare l’avanzata dei ribelli. La cronaca, da Haiti, di Barbara Schiavulli:
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Rombano gli elicotteri nei cieli della capitale haitiana
alla ricerca di rivoltosi che - secondo quanto dice la gente - si stanno già
infiltrando nella capitale. Mentre i ministri ed il capo di Stato Aristide sono
irreperibili, il segretario di Stato americano, Colin Powel, ottiene
dall’opposizione altre 24 ore prima della risposta sul piano di pace, proposto
dalla comunità internazionale. Una risposta che fino ad ora è stata negativa.
L’opposizione vuole, infatti, che il presidente si dimetta entro il prossimo 18
marzo. I ribelli dopo la presa di Cap Haitien, la seconda città del Paese, sono
ormai pronti a marciare sulla capitale e l’arrivo dei miliziani è atteso nel
giro di pochi giorni. Ma se Aristide non se ne sarà andato o l’opposizione non
avrà accettato un compromesso, saranno gli abitanti di Port-au-Prince, a
subire, loro malgrado, gli effetti di questo grave e instabile scenario.
Barbara Schiavulli, da Port-au-Prince, per Radio Vaticana.
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Da ieri il Tribunale
Internazionale dell’Aja è chiamato a pronunciarsi sul muro che divide lo Stato
ebraico dalla Cisgiordania. Israele ha deciso di non presenziare alle udienze perché non riconosce
la competenza della Corte dell’Aja in quelle che il governo di Tel Aviv
definisce “questioni interne”. I palestinesi chiedono, invece, sanzioni contro
le autorità israeliane. A cosa serve, dunque, il parere del Tribunale
internazionale di giustizia? Giada Aquilino lo ha chiesto all’avvocato Nicola
Canestrini, direttore del Centro italiano di studi per la pace:
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R. – La pronuncia della Corte di giustizia non potrà
essere ritenuta giuridicamente vincolante. Ciò che credo che sia importante ed
indubitabile è l’alto valore morale è la pronuncia di questo altissimo organo
giurisdizionale.
D. – Le leggi internazionali come e quando possono servire
per dirimere la questione del muro?
R. – La giustizia internazionale si fonda su una base
pattizia, ed è cioè la volontà degli Stati che determina poi l’ordinamento
internazionale stesso. Israele non partecipa a questa sessione di udienze e
dunque è difficile che da questo possa discendere – ad esempio – una sanzione
per Israele qualora non dovesse adeguarsi al parere emesso.
D. – Una volta che la Corte si sarà pronunciata, se non
dovesse essere rispettato il suo parere, potrebbero crearsi dei precedenti?
R. – No. Io parlo di precedenti in senso tecnico, proprio
per la natura del provvedimento che verrà emesso. E’ ovvio che sul piano
internazionale, l’incidenza di un’ulteriore pronuncia negativa per Israele sarà
alta.
D. – Tra gli israeliani c’è chi chiede che la barriera
venga eretta lungo la frontiera precedente la guerra del ’67: ma cosa
cambierebbe?
R. – Cambierebbe poco o niente. Diciamo che nel rapporto
tra Stato palestinese, Israele e tutto il mondo arabo – perché sono tre le
parti che devono trovare un accordo – non si può che trovare in via
conciliativa, e cioè continuando con il faticosissimo cammino di incontro delle
parti e, progressivamente, di una soluzione che sia negoziata.
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E’ l'italiana Barbara Contini la nuova
responsabile del governo provvisorio della coalizione di Nassiriya, nel Sud
dell'Iraq. Lo riferisce il portavoce dell’Autorità provvisoria di coalizione.
Contini ha ricoperto incarichi di rilievo con l’Osce in Bosnia Erzegovina e con
le Nazioni Unite in Asia. Sostituisce il britannico John Bourne, al termine di
un semestre di rotazione.
Allarme terrorismo. Il numero due
dell’organizzazione terroristica ‘Al Qaeda’, il medico egiziano Ayman
Al-Zawahiri, ha minacciato gli Stati Uniti in un nuovo messaggio audio diffuso
stamani dall’emittente televisiva del Qatar, Al Jazira. In Iraq, intanto,
soldati americani avrebbero ucciso il giordano Nidhal Arabiyat Agha Hamsa, uomo
di fiducia di al Zarkawi. Lo scrive oggi il quotidiano arabo “Al Hayat”.
Almeno 25 presunti terroristi, tra cui una donna,
sono stati arrestati e due case sono state fatte saltare in aria in un nuova
offensiva condotta dall'esercito pachistano contro i militanti di Al Qaeda e
talebani nell’area tribale semiautonoma del Waziristan del Sud, al confine tra
l’Afghanistan ed il Pakistan.
Sciagura
aerea in Italia. Un piccolo velivolo con a bordo un’équipe medica che trasportava
un cuore da trapiantare è precipitato a pochi chilometri da Cagliari, provocando
la morte di sei persone.
Sono morti tutti e 37 i minatori rimasti intrappolati in
una miniera nei giorni scorsi dopo un’esplosione a Jixi, nel Nord della Cina.
Lo hanno affermato oggi i soccorritori, che hanno trovato 24 cadaveri e non
nutrono speranze di trovare vivi gli altri operai.
Si annunciano difficili i colloqui sulla crisi
nucleare nordcoreana che, da domani, vedranno impegnati a Pechino i delegati di
6 Paesi: oltre alle due Coree, la Cina, il Giappone, gli Stati Uniti e la
Russia.
L’Agenzia internazionale dell’energia atomica, che
controlla la non proliferazione di armi nucleari, ha dichiarato oggi a Tripoli
di essere pronta ad aiutare la Libia a sviluppare il suo programma nucleare
civile.
La
Colombia – teatro di una drammatica ondata di violenze che solo nell’ultimo
fine settimana ha provocato 50 morti – torna al centro dell’attenzione
internazionale. Ieri cadeva infatti il secondo anniversario del rapimento di
Ingrid Betancourt, l’ex candidata presidenziale ancora nelle mani dei ribelli,
e la ricorrenza ha riaperto il dibattito sulla mancata liberazione dei
prigionieri. Sulla difficile situazione del Paese sudamericano, ci riferisce
Maurizio Salvi:
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L’opinione pubblica è tornata a chiedersi se sia giusto o
no giungere – come sollecitano le Farc – ad un accordo umanitario per ottenere
la liberazione di una settantina di politici, agenti di polizia e militari
contro circa 300 guerriglieri. In senso positivo si sono mossi i familiari dei
sequestrati che, insieme a politici moderati, hanno chiesto alla Chiesa cattolica
e alle organizzazioni umanitarie di intervenire. Invece, il capo dello Stato
colombiano e le forze armate non sembrano entusiasti di questa ipotesi. Tutto
questo avviene in un clima reso difficile dall’ostilità sostanziale mostrata per
l’attuale strategia colombiana dall’Europarlamento.
Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.
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ULTIM’ORA
Il
presidente russo Vladimir Putin ha annunciato oggi di aver sciolto il governo,
nominando un premier ad interim, il vice primo ministro Vicktor Khristenko.
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