RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 51 - Testo della
Trasmissione di venerdì 20 febbraio
2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il sostegno della Chiesa
indiana ai negoziati di pace con il Pakistan sulla questione del Kashmir
Appello in favore dell’Eritrea
da parte di un organismo della Caritas Internationalis
Elezioni in Iraq non prima
del prossimo 30 giugno. Lo ha dichiarato Kofi Annan
Appello
del presidente di Haiti per risolvere la crisi che sta colpendo il Paese
centroamericano
Approvato
in Italia il decreto salvareti.
20 febbraio 2004
IL POSITIVO PROGRESSO
DELLE SCIENZE BIOMEDICHE NON PORTI A CONDOTTE ABERRANTI E A LEGGI INGIUSTE CHE
COLPISCONO I DIRITTI DELLA VITA INNOCENTE: COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO PER IL
DECENNALE
DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
Il progresso delle scienze
biomediche fa sperare per il bene dell’umanità ma le filosofie utilitaristiche
del nostro tempo possono portare a condotte aberranti e a leggi ingiuste che
colpiscono l’inviolabilità della vita innocente. E’ quanto ha detto il Papa in un messaggio inviato
in occasione della giornata commemorativa del decennale di fondazione della
Pontificia Accademia per la Vita, che oggi ha iniziato i lavori dell’Assemblea
Generale. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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“I progressi delle
scienze biomediche – afferma il Papa - mentre fanno intravedere prospettive
promettenti per il bene dell’umanità e la cura di malattie gravi ed
affliggenti, non di rado però presentano seri problemi in relazione al rispetto
della vita umana e della dignità della persona”.
Secondo Giovanni Paolo II “il
dominio crescente della tecnologia medica sui processi della procreazione
umana, le scoperte nel campo della genetica e della biologia molecolare, i
cambiamenti intervenuti nella gestione terapeutica dei pazienti gravi, insieme
al diffondersi di correnti di pensiero di ispirazione utilitarista ed edonista,
sono fattori che possono portare a condotte aberranti, nonché alla stesura di
leggi ingiuste in relazione alla dignità della persona e al rispetto esigito
dalla inviolabilità della vita innocente”.
Il Papa esorta quindi gli intellettuali, specialmente
cattolici, “a rendersi attivamente presenti nelle sedi privilegiate
dell'elaborazione culturale, nel mondo della scuola e delle università, negli
ambienti della ricerca scientifica e tecnica”.
“E’ necessario sensibilizzare sempre
più i ricercatori, specie quelli dell’ambito biomedico – ha detto il Papa
- sul benefico arricchimento che può
scaturire dal coniugare il rigore scientifico con le istanze dell’antropologia
e dell’etica cristiane”. Proprio in questa prospettiva – ricorda il Pontefice -
il lavoro della Pontificia Accademia
per la Vita diventa col passare degli anni sempre più importante per il suo compito di “studiare, informare e
formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla
promozione e alla difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi
hanno con la morale cristiana e le direttive del Magistero della Chiesa”.
Giovanni Paolo II sottolinea infine la necessità di “favorire il dialogo tra
l’investigazione scientifica e la riflessione teologica guidata dal Magistero”
nell’auspicio che possano scaturire i frutti sperati “nel campo
dell’umanizzazione della scienza biomedica e dell’incontro fra la ricerca
scientifica e la fede”.
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Dunque
oggi, dopo la giornata commemorativa di ieri per il decennale di fondazione, è
iniziata l’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita: al centro
dei lavori “la dignità della procreazione umana e le tecnologie riproduttive”.
E proprio sulle problematiche legate alla fecondazione artificiale Giovanni
Peduto ha intervistato il prof. Gonzalo Miranda, preside della Facoltà di
Bioetica del Pontificio Ateneo Regina Apostrolorum di Roma, che sta
partecipando ai lavori in Vaticano.
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R. – La posizione della Chiesa sulla fecondazione artificiale o meglio,
più in generale, sulla fecondazione assistita è molto articolata e dev’essere compresa
bene. Da una parte dice che, come ogni atto umano ogni evento della tecnica e
della scienza, deve rispettare la vita umana. Per cui, quando si tratta di
tecniche come la fecondazione in vitro e altre, che producono degli esseri
umani in laboratorio destinati, molti di loro, a morire e che poi eventualmente
saranno anche manipolati, congelati, eccetera, è un’offesa alla dignità umana,
dovrebbe essere anche legalmente proibita, e senz’altro dal punto di vista
morale è del tutto inaccettabile. D’altra parte, però, ci possono essere delle
tecniche che non comportano perdita di vite umane, distruzioni di embrioni,
congelamento di embrioni, eccetera; e allora bisogna vedere un altro criterio,
oltre al rispetto della vita, cioè bisogna vedere se la tecnica si pone come
aiuto affinché un atto sponsale, un atto coniugale degli sposi possa dare il
suo frutto naturale, o se invece sostituisce assolutamente il rapporto degli
sposi, facendo sì che esista un essere umano ‘solo’ per intervento tecnico. In
questo secondo caso, la Chiesa dice che è un’offesa al nascituro, nel senso che
si fa nascere un essere umano prescindendo del tutto dall’amore sponsale e solo
come prodotto di un intervento tecnico. Questa è un’offesa all’essere umano, il
quale non dev’essere determinato neanche nella sua esistenza dall’intervento di
qualcuno, ma dovrebbe essere il frutto dell’amore tra due persone che si amano,
come diceva Blondel: due che si fanno uno per diventare tre. E allora, davvero,
il bambino che nasce è frutto dell’amore e non della tecnica.
D. – Le ultime scoperte sulla clonazione e la cosiddetta
‘clonazione terapeutica’: cosa pensa in proposito?
R. – La clonazione terapeutica è questa clonazione di un
essere umano al fine di destinare l’embrione prodotto dalla clonazione per
ottenere le sue cellule per poi guarire qualche altra persona. Bisogna
riconoscere con semplicità e con onestà che la clonazione terapeutica è
clonazione tout-court, non è differente da un’altra clonazione.
Immaginiamo che ora si potessero ‘produrre’, con la clonazione, due cloni umani
da uno stesso soggetto: uno può essere destinato alla nascita, per cui tra nove
mesi eventualmente vedrà la luce, l’altro è destinato all’utilizzo delle sue
cellule, uccidendolo. La dicitura ‘terapeutica’ si riferisce al fatto che
eventualmente in futuro le sue cellule possano guarire qualcuno, produrre un
essere umano uguale ad un altro con il solo scopo di utilizzarlo, uccidendolo
per il bene di altri esseri umani. Questo mi sembra una cosa che – semplicemente
– mina le stesse basi della convivenza tra gli esseri umani, cioè che tutti noi
esseri umani siamo uguali e non possiamo, non dobbiamo permettere che un essere
umano sia strumentalizzato, utilizzato per il bene di altri.
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RICHIAMO DI GIOVANNI PAOLO II ALLE AUTORITA’
CIVILI FRANCESI
PERCHE’ LASCINO SPAZIO ALLA FORMAZIONE
E ALLA PRATICA RELIGIOSA DELLE PERSONE
La secolarizzazione della società e le sfide per rinnovare
con efficacia l’annuncio evangelico, al centro del discorso del Papa stamane ai
presuli francesi della Provincia di Parigi e dell’Ordinariato militare, in
visita “ad Limina Apostolorum”. Giovanni Paolo II ha chiesto alle Autorità
civili spazio per favorire la formazione e la pratica religiosa delle persone,
una dimensione dell’esistenza che ha risvolti positivi sulla società. Il
servizio di Roberta Gisotti:
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La società secolarizzata, con il suo rifiuto dei valori
antropologici, religiosi e morali che nel passato l’hanno profondamente
marcata, preoccupa fortemente l’episcopato francese, come risulta dai rapporti
presentati al Papa in questo periodo dai presuli delle varie province
ecclesiastiche. Cosicché “si fa sentire il bisogno di un annuncio rinnovato del
Vangelo “anche per le persone già battezzate, al punto di constatare che spesso
un primo annuncio della Parola è necessario quasi ovunque.
Eppure “ci sono dei segni – ha osservato Giovanni Paolo II
– che indicano che la trasmissione della fede può svilupparsi malgrado le condizioni
difficili.” Voi lamentate – ha detto il Papa - l’abbassamento del numero dei
bambini al Catechismo, ma “vi rallegrate allo stesso tempo del numero crescente
dei catecumeni, tra i giovani e gli adulti, ed anche della riscoperta del
Sacramento della Cresima”. Per questo il Papa ha incoraggiato la riflessione
intrapresa dall’episcopato francese “per proporre la fede nella società attuale e per invitare le comunità
diocesane ad una rinnovata audacia in questo ambito”. In particolare il Santo Padre
ha raccomandato di offrire ai bambini e ai giovani “un’educazione religiosa e
morale di qualità. E per questo è importante – ha sottolineato Giovanni Paolo –
“che le Autorità competenti, nel rispetto della legislazione vigente, lascino
lo spazio per la catechesi e per la pratica religiosa personale e comunitaria
dei fedeli, ricordandosi che questa dimensione dell’esistenza ha un’incidenza
positiva sui legami sociali e sulla vita delle persone.”
Giovanni
Paolo II ha infine incoraggiato le missioni cittadine, avviate dai pastori di
diverse città europee, “che si sono associate per dare un nuovo slancio
all'evangelizzazione”, “contribuendo a ravvivare l’anima cristiana dell’Europa
e a ricordare agli europei gli elementi della fede dei loro padri, che hanno
partecipato all'edificazione dei popoli e alle relazioni tra le Nazioni”.
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Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza mons. Francesco
Lambiasi, vescovo emerito di Anagni-Alatri, assistente ecclesiastico generale
dell’Azione Cattolica Italiana, e la dottoressa Paola Bignardi, presidente
nazionale della medesima associazione.
LUNEDI’ PROSSIMO A MOSCA L’INCONTRO
TRA IL
CARDINALE WALTER KASPER E IL PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTE LE RUSSIE, ALESSIO
II.
IERI,
INTANTO, IL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI HA AVUTO UN COLLOQUIO
CON IL
METROPOLITA DI SMOLENSK E KALININGRAD, KIRILL
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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All’insegna
del rafforzamento del dialogo ecumenico, prosegue la visita a Mosca del cardinale
Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani,
che lunedì prossimo dovrebbe incontrare il Patriarca di Mosca e di tutte le
Russie, Alessio II. Ieri, il porporato ha avuto un lungo colloquio con il metropolita
di Smolensk e Kaliningrad, Kirill, presidente del Dipartimento per le relazioni
ecclesiastiche estere del Patriarcato di Mosca. Secondo fonti d’agenzia,
nell’incontro – a cui ha preso parte anche il nunzio apostolico, Antonio
Mennini – è stato deciso il varo di una commissione congiunta cattolici-ortodossi.
Al termine del colloquio, il portavoce del Patriarcato, padre Vsevolod Chaplin,
ha confermato che il cardinale Kasper incontrerà Alessio II nella giornata di lunedì
prossimo, 23 febbraio, giorno del 75.mo compleanno del Patriarca. Secondo fonti
d’agenzia, il presidente del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani si é
recato oggi al monastero ortodosso di Serghiev Posad, una settantina di chilometri
da Mosca. Domani visiterà i musei del Cremlino, mentre domenica si recherà alla
cattedrale ortodossa di Cristo Salvatore.
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L’ASSEMBLEA SOLENNE A ROMA DEL CIRCOLO DI SAN
PIETRO,
ORGANIZZAZIONE
CARITATIVA E SOCIALE CHE OPERA NELLA CAPITALE DAL 1869
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un’istituzione
antica per una missione caritativa che prosegue da 135 anni, aggiornandosi con i
tempi ma mantenendo lo stesso slancio iniziale. Il Circolo di San Pietro
celebrerà oggi pomeriggio a Roma la propria assemblea in forma solenne. Il 28
aprile del 1869, in una Roma che si apprestava a diventare capitale del Regno
d’Italia, i primi membri del Circolo iniziarono ad operare in favore degli
strati poveri della popolazione capitolina. Un servizio sociale e apostolico
insieme, come ha più volte ricordato il Papa, fondato sul motto: “Preghiera,
azione, sacrificio” che campeggia sul distintivo dorato del sodalizio. Tra le
iniziative “storiche” del Circolo, sono senz’altro da ricordare l’istituzione
dei “Dormitori economici” e dei “Guardaroba dei poveri” di fine Ottocento,
passando per l’“Opera delle Case famiglia”, inaugurata nel 1911 fino ad
arrivare alla recente Casa di cura per la terapia del dolore. I soci sono circa
600 ed hanno il compito di gestire le varie attività, oltre a svolgere dei
servizi d’onore durante le cerimonie e le funzioni pontificie, alle quali il
Circolo di San Pietro venne ufficialmente chiamato a collaborare nel 1888.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo “Una
nuova primavera dell'evangelizzazione e della catechesi", in riferimento
al discorso di Giovanni Paolo II a presuli della Conferenza episcopale di
Francia.
Sempre in prima, un articolo di
Angelo Marchesi dal titolo “Un ineludibile appuntamento con la storia per le
università europee”: il discorso del Santo Padre sulle radici cristiane del continente,
durante l’udienza ad una delegazione dell’Università polacca di Opole.
Nelle vaticane, nel messaggio
in occasione della Giornata commemorativa del decennale di fondazione della
Pontificia Accademia per la Vita, il Papa ha sottolineato l’esigenza di
sensibilizzare i ricercatori sui benefici che scaturiscono dal coniugare il
rigore scientifico con le istanze cristiane.
Un articolo di Hermann Giessler
dal titolo “John Henry Newman e il significato del tempo”.
Nelle estere, Iraq: si
accredita l’ipotesi dell’intervento della Nato, a condizione che si insedi un governo
legittimo.
Riguardo alla crisi nucleare,
gli Usa si dicono “preoccupati” dei programmi dell’Iran.
Nella pagina culturale, un
articolo di Biancamaria Ceschin sul Carnevale di Venezia: un evento che, tra
storia e tradizione, racconta splendore e decadenza della città lagunare.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema delle pensioni.
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20
febbraio 2004
L’OMBRA
DELL’ASTENSIONISMO SULLE ELEZIONI DI OGGI IN IRAN
-
Intervista con il Premio Nobel, Shirin Ebadi -
Urne
aperte, in Iran, dove 46 milioni di elettori sono chiamati oggi a scegliere il
settimo Parlamento della storia della Repubblica islamica. Il voto è boicottato
dai riformisti, in seguito alla decisione del Consiglio dei guardiani di
escludere dalla corsa elettorale più di un terzo degli 8 mila candidati. Si
vota in tutti i distretti del Paese, ad eccezione di quello di Bam, colpito dal
terribile terremoto dello scorso 26 dicembre. Il servizio di Andrea Sarubbi:
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Lo
scrutinio, questa volta, non servirà. Sarà l’affluenza alle urne a dare la
misura di un voto contestato, in cui la protesta dei riformisti dopo l’esclusione
dei loro candidati è sfociata nell’unica strada praticabile: l’astensione. Il
presidente Khatami, che ha votato stamattina nel ministero dell’Interno, è
rimasto l’unico a parlare di una possibile “sorpresa, a dispetto dei pronostici
e delle campagne”, che ancora oggi invitavano a privilegiare gli uomini degli
ayatollah per “dare uno schiaffo all’America”. Ma il suo imbarazzo appare
chiaro, a chi conosce l’Iran di oggi, così come la sua paura di uno strappo con
i conservatori. Saranno loro, rimasti senza avversari, a controllare il nuovo
Parlamento, mettendo la pietra definitiva su un programma di riforme che, dalla
vittoria elettorale di 4 anni fa, non è mai decollato davvero. Per molti, il
problema principale sta nel quadro istituzionale, che permette ai 12 membri del
Consiglio dei guardiani di impedire la promulgazione delle leggi non gradite.
Altri sottolineano le colpe di Khatami, incapace di dare uno sbocco alle
tensioni di una società in fermento.
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Tra gli astenuti del voto di
oggi in Iran c’è anche il premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi, che questa
mattina è intervenuta all’inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università
Roma tre. C’era per noi Giada Aquilino:
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E’ l’avvocatessa dei diritti delle donne e dei bambini. E’
lei la prima musulmana a vincere nel 2003 il Premio Nobel per la pace. Ha al
suo attivo un passato e presente da giudici, insegnante, scrittrice ed
attivista politica. Su tutto un solo credo per Shirin Ebadi: l’impegno nella
difesa dei diritti umani e a favore della democrazia. Una democrazia messa alla
prova in questi giorni in Iran. Oggi la Repubblica Islamica si reca alle urne
per le legislative, in un voto fortemente criticato dal Fronte Riformista che
ha deciso di boicottare le votazioni dopo le bocciature di quasi un terzo dei
candidati da parte del Consiglio dei Guardiani. Ebbene Shirin Ebadi ha deciso
di non votare, sentiamo perché nell’intervista che ci ha concesso:
R. - (parole in iraniano)
Io non ho partecipato alle elezioni perché tra le persone
che sono state riconosciute idonee io non ne conoscevo nessuna. Non mi piace
votare le persone che non conosco.
D. – Quale sarà il futuro della democrazia in Iran?
R. – (parole in iraniano)
La democrazia non è un evento che accade in una notte;
quando un Paese arriva alla democrazia, non è che finisce il suo compito. La
democrazia ha bisogno di una lotta continua per mantenerla, bisogna lottare
continuamente per tenerla in vita. La democrazia è come un fiore che deve
essere annaffiato ogni sera.
“E la
speranza per la democrazia - è stato detto a Roma Tre – passa per un futuro di
pace, una pace che – ha sottolineato Ebadi – per essere duratura deve basarsi
su due pilastri di giustizia e di democrazia.
Ogni Paese – ha aggiunto – deve essere libero di decidere il proprio
futuro”.
Quindi un commento sulla linea tenuta dagli americani in
Medio Oriente e in particolare in Iraq. “Gli Stati Uniti – ha esortato –
abbandonino la loro politica di espansione mondiale. Il popolo iraniano è
stanco di guerra – ha concluso – e vuole risolvere i problemi pacificamente”.
La scelta da parte dell’Università Roma Tre e da parte del
Rettore, Guido Fabiani, di invitare Shirin Ebadi all’inaugurazione del XII Anno
Accademico ha voluto consolidare proprio una tradizione dell’Ateneo, che negli
ultimi anni ha ospitato molte personalità impegnate a favore della pace. Il 31
gennaio del 2002, qui a Roma Tre, venne Giovanni Paolo II, che in
quell’occasione invitò docenti e studenti ad aprire la cultura alla fede.
Dall’Università Roma Tre, Giada Aquilino, Radio Vaticana.
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LE
NUOVE SFIDE PER LA CHIESA CATTOLICA NEL SUD EST EUROPA IN
PRIMO PIANO
A
BELGRADO ALL’INCONTRO ANNUALE DEI PRESIDENTI DELLE CONFERENZE
EPISCOPALI
DI 7 PAESI DELLA REGIONE.
- Ai
nostri microfoni l’arcivescovo di Belgrado, Stanislav Hocevar -
Al via
oggi a Belgrado l’incontro annuale dei presidenti delle Conferenze episcopali
di sette Paesi del sudest Europa: Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Grecia,
Serbia e Montenegro, Romania e Turchia. La due giorni di lavori sarà incentrata
su due temi in particolare: “La povertà come sfida per la Chiesa” e “L’Europa e
il cristianesimo nel contesto del processo di unificazione europea”. Al
dibattito prenderà parte anche il vescovo ortodosso di Novi Sad, Irinej.
L’incontro avrà come solenne atto conclusivo una messa nella Cattedrale di
Belgrado presieduta dal presidente del Consiglio delle conferenze episcopali
d’Europa (Ccee), mons. Amédée Grab, e concelebrata dai cardinali McCarrick e
Pulijc. Sulle sfide più urgenti che la Chiesa cattolica deve affrontare oggi
nel sud est dell’Europa, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza
dell’arcivescovo di Belgrado, mons. Stanislav Hocevar, raggiunto
telefonicamente nella capitale serba:
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R. – Prima di tutto, noi cattolici siamo dispersi e in
minoranza. Quindi, soprattutto nelle Repubbliche della ex Jugoslavia, dobbiamo
capire come meglio organizzarci, come creare le strutture fondamentali per
poter essere veramente testimoni in questo tempo. Poi, come formare i laici.
Perché durante il totalitarismo, durante le guerre, non potevano essere formati
e preparati per le nuove sfide. Quindi, per noi questo è un grande problema e
un grande compito. Penso anche ai giovani, come prepararli per il futuro. Infine
la mancanza delle vocazioni sacerdotali e religiose.
D. – Nel Sud-Est Europa i cattolici vivono in minoranza.
Quale clima si respira oggi nei rapporti con gli ortodossi?
R. – Posso dire in maniera generale che ci stiamo
orientando in una direzione positiva, ma sentiamo che è venuto il tempo di una
collaborazione più intensa, direi strutturale. Sentiamo che se vogliamo dare,
da cristiani, la risposta ai nostri tempi, dobbiamo collaborare di più.
D. – Qual è il contributo che sta offrendo la Chiesa cattolica
in una regione come i Balcani, dove sono ancora vive le ferite della guerra?
R. – Il nostro compito principale è questo: essere
promotori del dialogo ecumenico, del dialogo interreligioso; secondo,
promuovere quanto più possibile una riconciliazione. Oltre questo sentiamo
l’urgenza di lavorare ancora di più attraverso la Caritas per avvicinarci ai
poveri, e attraverso le Commissioni della giustizia e della pace, aiutare le
nuove leggi nei nostri Paesi. Stiamo cercando il modo di creare in questi Paesi,
commissioni capaci di osservare la situazione e dare il nostro possibile
contributo alla società.
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OGGI LE CELEBRAZIONI PER IL 40.MO ANNIVERSARIO
DELLA
FACOLTA’ DI LETTERE
CRISTIANE E CLASSICHE
DELL’UNIVERSITA’
PONTIFICIA SALESIANA
- Interviste
con il cardinale Georges Cottier e il prof. Tullio De Mauro -
Si
celebra oggi il 40.mo anniversario della Facoltà di Lettere Cristiane e
Classiche dell’Università Pontificia Salesiana. Il Pontificium Institutum
Altioris Latinitatis è stato eretto canonicamente il 22 febbraio 1964, con
il Motu Proprio “Studia Latinitatis” di Paolo VI. Papa Montini realizzava,
dunque, quanto aveva già auspicato due anni prima Giovanni XXIII, nella
Costituzione apostolica “Veterum Sapientia”, sull’uso necessario della lingua
latina nella Chiesa. Il Pontificio Istituto Superiore di Latinità, quindi, fu
affidato da Paolo VI alla Congregazione per l’Educazione Cattolica ed ubicato
nell’Università Pontificia Salesiana. Qui, nel 1971, l’Istituto è diventato
Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche. La cerimonia accademica, svoltasi
questa mattina nell’aula Paolo VI dell’ateneo salesiano, a Roma, è stata
presieduta dal cardinale Georges Marie Martin Cottier, teologo della Casa
Pontificia. Al porporato, Dorotea Gambardella ha chiesto quanto sia attuale la
cultura greco-latina.
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R. – La
cultura non vive senza la memoria e una memoria viva, cioè che riconosce la radice
e gli sviluppi futuri. Il mondo classico ci ha trasmesso dei valori che non
devono e non possono morire perché anche oggi sono le guide del nostro pensiero
e del nostro modo di vivere.
D.
- Quale messaggio viene quindi dal
mondo classico?
R. – La
centralità dell’uomo e anche l’uomo che ha un senso religioso. Quando è
arrivato il cristianesimo ha potuto assumere molti valori perché il pensiero
antico non è un pensiero secolarizzato, anche se vi sono molti punti deboli e
limiti.
D. – Il
Papa ha esortato le università a difendere i valori cristiani dell’Europa ...
R. –
Anche per un non credente è evidente che viviamo in un mondo trasformato dal cristianesimo
che ha portato tanti sviluppi nell’arte, nel pensiero, nei costumi. Tutto
questo fa parte del nostro patrimonio.
Nel
corso della cerimonia il prof. Tullio De Mauro, direttore del dipartimento di
Scienza del linguaggio all’Università La Sapienza di Roma ha tenuto una
relazione sul tema: “La cultura classica, patrimonio di identità e metro di
comprensione nell’era della globalizzazione”. Sentiamo una sua riflessione in
proposito:
“Per
capire gli altri dobbiamo non avere paura di essere noi stessi nel mondo di
tradizione religiosa ebraico-cristiano-islamica, quindi un mondo profondamente
composito. Essere noi stessi significa conoscere ed identificare le nostre
radici greche e latine e continuare a trarre da queste alimento”.
Anche
secondo il cardinale Cottier, mediante la cultura classica si può comprendere
il fenomeno della globalizzazione:
“Proporzionalmente,
l’impero romano aveva già una unità che favoriva anche lo scambio delle idee,
delle culture ed il rispetto delle persone di origini molto differenti, cioè
una certa universalità che ci è stata trasmessa dal pensiero latino con le sue
istituzioni, certamente molto imperfette perché ci sono la schiavitù, le conquiste
militari e tante altre cose che non sono più applicabili oggi. Ma c’è già il
nucleo, l’idea dell’uomo, come uomo”.
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20
febbraio 2004
IL SOSTEGNO DELLA CHIESA INDIANA
AI NEGOZIATI DI PACE CON IL PAKISTAN
SULLA QUESTIONE DEL KASHMIR. IL PORTAVOCE
DEI VESCOVI LOCALI:
COLLABORIAMO AL DIALOGO MANTENENDO
BUONI RAPPORTI
CON LA CHIESA PAKISTANA
ISLAMABAD.
= “La Chiesa sostiene fortemente i
negoziati di pace: speriamo che i rapporti fra India e Pakistan si normalizzino
a livello politico, economico, commerciale, culturale, religioso”. Sono le
parole con le quali mons. Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale
indiana, ha commentato all'indomani dei primi colloqui esplorativi fra la
diplomazia indiana e pakistana a Islamabad. “A livello politico - ha
sottolineato mons. Babu - è molto positivo che le relazioni fra India e
Pakistan stiano migliorando”. Sul ruolo della Chiesa, il portavoce dei vescovi
dell’India osserva che “attraverso le buone relazioni fra la Chiesa indiana e
quella pakistana, puntiamo a sostenere e rafforzare il processo di pace che
speriamo continui, in quanto le ostilità per anni hanno colpito la gente
comune, specialmente nella regione di frontiere del Kashmir”. La Chiesa e molte
altre agenzie umanitarie, ha aggiunto, “hanno sempre invocato la pace e
lavorato sul campo a livello umanitario per alleviare le sofferenze della
popolazione. Va notato – ha proseguito - che in India e Pakistan i cristiani
sono una esigua minoranza”, immersi tra popolazioni a maggioranza indù da un
lato, musulmana dall'altro. A volte – ha concluso mons. Joseph - subiamo
discriminazioni e anche persecuzioni, ma questa esperienza ci rende più vicini
alla gente che soffre, come in Kashmir, ci dà la forza e la maggiore
consapevolezza per chiedere e impegnarci per la pace e l'armonia”. (A.D.C.)
SI E’ SPENTO A MAPUTO, IN
MOZAMBICO, IL MISSIONARIO CAPPUCCINO,
PADRE ROCCO GALLIPOLI, CONOSCIUTO
COME “PADRE PROSPERINO”.
IN OLTRE 40 ANNI DI MISSIONE, HA
FONDATO 230 COOPERATIVE, CHE CONSENTONO
A MIGLIAIA DI POVERI DI AVERE
LAVORO E ASSISTENZA
MAPUTO. = Un infaticabile organizzatore di cooperative,
fondate per sottrarre alla miseria i contadini del Mozambico da lui serviti
come missionario. E due sere fa, il cuore di padre Rocco Gallipoli, più
familiarmente conosciuto come padre Prosperino, ha cessato di battere all’età
di 71 anni. Strenuo difensore dei diritti dei più poveri, padre Prosperino -
ricorda la Misna - era arrivato da Matera nello Stato africano nel 1958 come
missionario dell'ordine francescano dei Cappuccini. Aveva cominciato la sua
attività in Zambezia, una provincia del Mozambico, organizzando in 30
cooperative i contadini di Mopeia, rivendicando la loro libertà dal controllo
dello Stato. Dopo l’indipendenza del 1975, l’alacrità e la libertà con la quale
padre Prosperino si muoveva, gli provocarono le critiche dell’allora partito
unico del Fronte di liberazione del Mozambico. Venne espulso nel 1979, ma fu
l’allora presidente, Samora Machel, a ricondurlo personalmente in Mozambico
dall’Italia. La lotta contro la povertà fu sempre accompagnata, nell’azione del
religioso, da un’opera di sensibilizzazione delle coscienze: le persone,
sosteneva, dovevano diventare protagoniste attive e organizzate nella
produzione dei generi di prima necessità. La prima tappa di questo cammino la
raggiunse a Maputo nel 1980, quando diede vita all’unione di sette cooperative,
avviando quella che sarebbe diventata una delle maggiori organizzazioni
contadine d’Africa, l’Unione generale delle cooperative Agrozootecniche (Ugc)
di Maputo, che oggi raccoglie oltre 200 cooperative, per l’80% costituite da
donne. La sfera dell’attività è ampia: si va dalla formazione al microcredito,
dall’orticultura alla floricoltura, all’allevamento avicolo. Ultimamente, anche
il settore della salute è stato inserito in questo panorama dei servizi ai più
disagiati, nell’ottica della solidarietà. Nel 2002, padre Prosperino era stato
insignito dal presidente italiano Ciampi con la “‘Stella di cavaliere della
Repubblica”. (A.D.C.)
APPELLO IN FAVORE DELL’ERITREA DA PARTE DI UN ORGANISMO
DELLA CARITAS INTERNATIONALIS: DECINE DI MIGLIAIA DI SFOLLATI HANNO BISOGNO
DI ACQUA, SEMENTI E SERVIZI
SANITARI
ASMARA. = “L’Eritrea deve ancora
affrontare le conseguenze di quattro anni successivi di siccità e deve ancora
riprendesi dal drammatico conflitto con l’Etiopia”. L’affermazione, che è
insieme un appello, viene da uno dei responsabili britannici della CAFOD, la Catholic
Agency for Overseas Development, istituzione che fa parte della Caritas
Internationalis. La stessa Caritas Internationalis ha lanciato un appello per
la raccolta di fondi a favore delle popolazioni eritree: c’è necessità di
fornitura di acqua potabile, di sementi per gli agricoltori, si servizi medici
alle popolazioni più povere del piccolo Paese africano. È stato calcolato che
la guerra del 1998-2000 abbia prodotto 60 mila sfollati che ancora vivono in
campi profughi, mentre vi sono 35 mila eritrei ancora rifugiati in Sudan dopo
che nel 2003 oltre 100 mila erano rientrati nel Paese. Il 66% dei circa quattro
milioni di abitanti dell’Eritrea vive al di sotto della soglia di povertà, e di
questi il 37% si trova in condizioni estremamente indigenti. (A.D.C.)
DA OGGI, NEI CINEMA ITALIANI, IL FILM DEL REGISTA PETER
VEBBER
“LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI
PERLA”, TRATTO DAL ROMANZO OMONIMO
DI TRACY CHEVALIER E ISPIRATO AL
QUADRO DEL PITTORE OLANDESE, VERMEER
- A cura di Luca Pellegrini -
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ROMA. = Cinema e sensi: può il grande schermo raccontare
la pittura? Saliamo al primo piano del Mauritshuis, il Museo Reale dell’Aja: un
gioiello architettonico scrigno di innumerevoli gioielli. Si è avvolti dal
fascino perenne della pittura, da una serie di raffinati capolavori fiamminghi.
Vermeer abita nella sala numero nove; e lì lo sguardo turbato e perplesso di
una ragazza con turbante turchese ed un impareggiabile, luminoso orecchino di
perla cattura la tua attenzione. Sei costretto a guardarla. Si ha la sensazione
di rivivere gli istanti di vita di quella giovane sconosciuta, gli istanti della
pittura, gli istanti della creazione. Non poteva Tracy Chevalier rimanere
insensibile a questo sguardo femminile ed indifferente a quelle labbra umide e
socchiuse: scrive un romanzo di fantasia, La ragazza con l’orecchino di
perla, dall’enorme successo editoriale. Poi arriva il cinema, affamato di
buona letteratura, ed incarica Olivia Hertreed di ricavarne una sceneggiatura:
da un libro visivo al film – opera prima di Peter Webber – che racconta, con
ricca fantasia ma altrettanta plausibilità, la storia di un quadro famosissimo
e del suo artefice, Vermeer, che ha depositato per sempre il suo genio in sole,
inestimabili trentacinque tele. Siamo
nel 1665, a Delft, e Griet entra a servizio della famiglia Vermeer, cattolica.
Una suocera autoritaria, una moglie capricciosa, figlioletti dispettosi e
gelosi in continuo arrivo, ed un pittore scorbutico; poi, a livello cucina e
cantine, la servitù. Nella precarietà della sua condizione, Griet scopre la
medesima fonte di energia ed ispirazione del suo padrone: la luce, nella quale
entrambi scorgono l’eternità. Ed in questo scontro tra il trambusto e la
violenza domestica e la quiete del pittore rinchiuso nell’Eden creativo, tra i
due nasce una spirituale, precaria finalità: per lei dare il volto acerbo ed
intenso dell’adolescenza, che si apre all’amore, alla vita e, forse, alla
libertà; per lui la possibilità di consegnare per sempre ai posteri quel volto,
oltre che assicurarsi il pane quotidiano dal committente, il ricco e lascivo
van Ruijven (Tom Wilkinson). Film di atmosfere borghesi, come le tele di
Vermeer, che è un piacere scoprire tra gli squarci di luce, quella pura del
Nord, che investe gli angoli angusti della casa; film di scene, costumi e
curiosità colte (anche una serie di citazioni della storia dell’arte, perché si
scorge, ad esempio, Il cardellino di Fabritius appeso in un salotto
dalla magione), al quale la recita di Colin Firth e di Scarlett Johansson
(dalla stupefacente somiglianza) donano un tocco di classe. Senza, però,
trasformare in coinvolgente passione il freddo mistero olandese di un quadro e
di un orecchino.
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20
febbraio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
“Le elezioni in Iraq non si possono indire prima del 30
giugno, data in cui gli americani intendono cedere il potere ad un governo
locale. Ma tocca alla popolazione decidere come scegliere l’esecutivo che
gestirà il Paese in attesa di organizzare la consultazione elettorale”. Lo ha
dichiarato ieri il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, che si è anche
detto disposto ad inviare, a Baghdad, un gruppo di esperti delle Nazioni Unite
per contribuire alla formazione di un nuovo governo “ad interim” non eletto.
Continua il processo negoziale per la riunificazione di
Cipro. Ieri il presidente greco cipriota, Tassos Papadopoulos, ed il leader
turco cipriota, Rauf Denktash, hanno chiesto una modifica al piano dell’Onu per
realizzare il progetto di uno Stato finalmente unito e sovrano, ma nel contesto
di una federazione con due governi ampiamente autonomi. Ma i tempi per l’intesa
o per il fallimento dei colloqui sono ristretti. Il prossimo primo maggio, infatti,
la Repubblica greco cipriota entrerà nell’Unione Europea anche senza la parte
del Nord.
Spiragli di riconciliazione in
Medio Oriente. Il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha illustrato, ieri, a
tre delegati americani i punti fondamentali del piano di smantellamento degli
insediamenti ebraici nella striscia di Gaza. Sharon ha inoltre ribadito il
proprio sostegno al processo di pace tra palestinesi e israeliani. “La road
map - ha detto - è l’unico piano
politico accettabile”.
“Le dichiarazioni dell’Iran sulle sue attività nel settore
nucleare sono incomplete e scorrette”. Lo afferma L'Agenzia internazionale per
l’energia atomica dopo che gli ispettori hanno scoperto centrifughe già
assemblate per l’arricchimento dell’uranio di nuova generazione.
Il padre della bomba atomica pakistana, Abdul Qadeer Khan,
ha venduto uranio arricchito alla Libia nel 2001 e componenti per macchine
centrifughe all’Iran negli anni ‘90. Lo ha affermato oggi la polizia della Malaysia.
Ad Haiti i rivoltosi proseguono senza sosta la loro marcia
verso la capitale Port Au Prince, città dove gli Stati Uniti hanno deciso di
inviare unità militari per valutare la sicurezza dell’ambasciata americana. Il
capo di Stato haitiano, Jean-Bertrand Aristide, ha intanto rivolto un appello a
maggioranza e opposizione per
fronteggiare l’avanzata di quelli che definisce terroristi. Sulla complessa
situazione del Paese centroamericano ci riferisce Barbara Schiavulli:
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“Sono pronto a morire per difendere il mio Paese”, ha
detto Aristide. “Unitevi alle forze dell’ordine con passione e con amore,
perché noi rappresentiamo la legalità, proteggiamo la gente e difendiamo la
Costituzione. Combatteremo contro i terroristi, ma senza violenza”, ha detto il
presidente, forse nella speranza di un intervento internazionale che ponga fine
alla crisi che da due settimane affligge il Paese. Ma i ribelli, che
considerano Aristide un tiranno corrotto e vogliono le sue dimissioni, non
sembrano avere nessuna intenzione di negoziare: i rivoltosi, ormai, pattugliano
anche alcune strade di Cap Haitien, la seconda città di Haiti e procederanno
verso la capitale. Continua anche l’esodo della gente che fugge dalle città e
torna nelle campagne: molti sono anche stranieri che stanno lasciando il Paese.
Nel frattempo, si continua ad auspicare una soluzione diplomatica anche se gli
Stati Uniti hanno deciso di inviare quattro esperti militari, ma non è ancora
ben chiaro se l’amministrazione Bush voglia cambiare la decisione iniziale e
farsi coinvolgere nella questione “Haiti”.
Barbara Schiavulli da Port-au-Prince per la Radio
Vaticana.
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Allarme terrorismo. Un aereo
della compagnia di bandiera marocchina in volo da New York a Casablanca è atterrato,
per motivi di sicurezza, all’aeroporto internazionale di Bangor, nello Stato
americano del Maine. Lo ha reso noto, stamani, l’Amministrazione per la
sicurezza dei trasporti statunitense aggiungendo che è stata intercettata una
telefonata nella quale un passeggero parlava di una bomba contro il velivolo. E
in Australia si teme che un mercantile carico
di esplosivo possa saltare in aria in uno dei maggiori porti del Paese.
L’allarme arriva dal segretario generale dell'Organizzazione marittima
internazionale dell'Onu, Efthimios Mitropoulos, in visita ufficiale in
Australia.
Non si arresta l’epidemia di
influenza aviaria in Asia. In Vietnam fonti sanitarie hanno denunciato il caso
di una ragazza di 15 anni che ha contratto il cosiddetto virus dei polli ed in
Cina e in Thailandia sono stati scoperti nuovi focolai. Finora le vittime
dell’epidemia in Asia sono 22.
In Italia la Camera ha approvato la definitiva conversione in
legge del decreto che blocca il trasloco di Rete Quattro
sul satellite e l’eliminazione della pubblicità su Rai Tre almeno fino
alla fine di aprile. Il voto finale si è svolto a scrutinio palese: il
presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, ha infatti respinto la richiesta dell’opposizione di votare a scrutinio segreto.
“Le norme del decreto, ha detto, non incidono sui principi
di libertà”. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Il decreto era stato varato lo scorso 23 dicembre, dopo il
rinvio del disegno di legge Gasparri alle Camere da parte del presidente
Ciampi, che aveva sottolineato il rischio di creazioni di posizioni dominanti
nell’informazione. Lo stop alla legge Gasparri avrebbe comportato l’attuazione
di una sentenza della Corte costituzionale che di fatto disponeva, dal primo
gennaio 2004, il passaggio di Rete Quattro o sul satellite e la perdita di
pubblicità per Rai Tre. Prima di Natale, il governo aveva dunque approvato il
decreto che congela la situazione fino al 30 aprile quando il garante delle
comunicazioni presenterà la sua relazione in Parlamento. Dovrà verificare
l’offerta del digitale terrestre, in sostanza far sapere se c’è stato un reale
arricchimento del pluralismo televisivo, e questo in base a tre parametri: la
quota di popolazione coperta dalle nuove reti, che non può essere inferiore al
50 per cento, e ancora la presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili
e l’effettiva offerta al pubblico di programmi diversi da quelli diffusi dalle
reti analogiche. Sulla Legge Gasparri è nata da tempo una dura polemica
politica, con l’opposizione che denuncia il conflitto d’interessi del premier
Berlusconi, e il governo sta pensando di porre la questione di fiducia.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Le indagini sulle società del
gruppo Parmalat potrebbero essere ad una svolta. I magistrati di Parma hanno
infatti focalizzato la loro attenzione su una possibile
cassaforte di famiglia, la società lussemburghese ‘Tabata’. Sui suoi
conti vi sarebbero tracce di operazioni per decine di
milioni di euro.
Continua ad essere intricata la
situazione politica della Lituania, Paese dove il parlamento ha dato inizio,
ieri, al procedimento di impeachment nei confronti del presidente,
Rolandas Paksas, accusato di aver violato
la costituzione dello Stato baltico e di aver intrecciato legami con la
mafia russa.
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