RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 43 - Testo della Trasmissione di giovedì 12 febbraio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Perdono non vendetta, ponti non muri: queste le parole del Papa al premier palestinese Ahmed Qurei, ricevuto oggi in Vaticano;  Giovanni Paolo II riceve anche il presidente colombiano Alvaro Uribe e il ministro degli esteri iraniano Kamal Kharrazi: pace, dialogo religioso e rispetto dei diritti umani al centro dei colloqui. Ai nostri microfoni, Joaquín Navarro Valls e padre Giovanni Battistelli

 

Il saluto e la benedizione del Papa agli ammalati dell’Unitalsi ieri sera nella Basilica di San Pietro

 

Il Santo Padre ha indetto l’XI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema: “l’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”. L’assemblea si terrà in Vaticano nell’ottobre del 2005

 

La vita e le speranze dei cattolici nella regione arabica. La testimonianza del cardinale Sepe appena tornato da un viaggio negli Emirati arabi uniti.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Italia: dopo il sì della Camera ad una giornata della memoria per le foibe ai nostri microfoni la testimonianza della figlia di una delle vittime

 

200 anni fa moriva il filosofo tedesco Immanuel Kant: di grande attualità il suo insegnamento a considerare ogni persona mai come mezzo ma solo come fine. L’essere umano – diceva Kant – ha una dignità che non è commerciabile: intervista con il prof. Giuseppe Modica.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Scienziati statunitensi e sudcoreani annunciano di aver clonato un embrione umano per utilizzarne le cellule staminali a scopo terapeutico

 

Da oggi a sabato nella città messicana di Puebla si commemora il 25.mo anniversario della III Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano

 

3 mila persone hanno sfilato per le strade di Boston per difendere il matrimonio tradizionale in vista di possibili aperture legislative alle unioni omosessuali nello Stato del Massachusetts

 

Dal Vaticano arriva a Genova il prossimo 14 febbraio “Visioni ed Estasi”, un’esposizione pittorica dell’arte barocca sulla vita dei Santi

 

Torna a colpire in Madagascar il ciclone “Elita”.

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Onu approva la richiesta dell’ayatollah Ali Sistani che chiede elezioni libere in Iraq

 

Allarme terrorismo: cancellati due voli della British Airways diretti negli Stati Uniti e in Arabia Saudita

 

Nuovo focolaio di influenza aviaria in Cina.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 febbraio 2004

 

IN TERRA SANTA SERVONO “PONTI NON MURI, PERDONO NON VENDETTA”.

COSI’ GIOVANNI PAOLO II AL PRIMO MINISTRO PALESTINESE, ABU ALA.

 NEL CORSO DELLA MATTINATA, GLI INCONTRI DEL PAPA

CON IL PRESIDENTE COLOMBIANO URIBE

E IL MINISTRO DEGLI ESTERI IRANIANO KHARRAZI.

PACE, DIALOGO E RISPETTO DEI DIRITTI UMANI AL CENTRO DEI COLLOQUI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

        

Una mattina intensa per Giovanni Paolo II sul fronte della diplomazia internazionale. Il Papa ha ricevuto in udienza il presidente colombiano Alvaro Uribe Vélez, il primo ministro dell’Autorità palestinese, Ahmed Qurei noto come Abu Ala, e il ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi. Pace, dialogo e convivenza i temi chiave dei discorsi ad Uribe e Abu Ala; rispetto dei diritti umani al centro del colloquio con Kharrazi. E parlando di Medio Oriente, il Papa ha ribadito: la Terra Santa ha bisogno di perdono non di vendetta. Di ponti, non di muri. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“ES ORA DE SEDIMENTAR BASES FIRMES …”

 

Per la Colombia è tempo di rafforzare le basi “della ricostruzione morale e materiale” della nazione “attraverso il ristabilimento di una società giusta, solidale, responsabile e pacifica”. Sono parole di speranza e incoraggiamento quelle rivolte dal Papa al presidente colombiano Uribe. Giovanni Paolo II ha formulato l’auspicio che il popolo della Colombia possa camminare senza scoraggiamenti “verso l’autentica pace sociale, rinunciando ad ogni forma di violenza e dando vita a nuove forme di convivenza” sulla via sicura della giustizia. Un obiettivo, ha aggiunto, che si può raggiungere “promuovendo capillarmente in ogni angolo della nazione” i valori di “unità, fratellanza e il rispetto per ognuno”. Il Papa ha infine espresso vivo apprezzamento per la collaborazione tra la Chiesa e le autorità del Paese latinoamericano assicurando le sue preghiere per il progresso spirituale e materiale dei colombiani all’insegna della “convivenza in concordia e libertà”. E di pace il Papa ha parlato anche con il primo ministro dell’Autorità Palestinese, Abu Ala. Pur non essendo assenti segni di speranza, ha rilevato, “sfortunatamente la triste situazione in Terra Santa è causa di sofferenza per tutti”.

 

“NO ONE MUST YIELD TO THE TEMPTATION …”

 

“Nessuno deve cedere alla tentazione dello scoraggiamento – ha affermato – tanto meno all’odio e alla ritorsione”. E’ “la riconciliazione di cui ha bisogno la Terra Santa: perdono non vendetta, ponti non muri”. Con “l’aiuto della comunità internazionale”, ha detto ancora, i leader della regione devono seguire “la strada del dialogo e di un negoziato che conduca ad una pace duratura”. Il Papa è poi riandato con la memoria al pellegrinaggio in Terra Santa nel 2000, durante il quale, ha ricordato, “ho pregato con fervore per la pace e la giustizia nella regione”. Al termine della mattinata, il Papa ha ricevuto in udienza il ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi, in occasione dei cinquant’anni di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Teheran. Il Pontefice ha auspicato che si possa rafforzare lo spirito di collaborazione sui temi di mutuo interesse. In particolare, ha indicato la necessità di “salvaguardare i diritti inalienabili e la dignità della persona umana”, specialmente negli sforzi “mirati a promuovere una maggiore comprensione tra popoli con differenti religioni, culture ed etnie”.

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Ma quali sono stati i temi principali affrontati negli importanti colloqui di stamani? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls che rileva il clima cordiale dell’incontro del Papa con il presidente colombiano Uribe:

 

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R. – Posso dire subito che l’atmosfera è stata molto cordiale: sia il Santo Padre sia il presidente della Colombia si sono raccontati aneddoti, piccole cose che riguardavano la visita del Papa in quel Paese. Naturalmente, l’argomento del quale si è parlato sostanzialmente è stato quello della violenza in Colombia, e il Papa ha incoraggiato a continuare, senza scoraggiarsi, sulla strada verso una vera pace sociale nel Paese. Ovviamente, questo tema ha connessioni diverse; di fatti, si sono fatti riferimenti alla droga eccetera; rimane però che il problema di fondo è quello dell’ottenimento di una vera pace sociale che possa portare al superamento della violenza e generare una civile convivenza.

 

D. – Quali sono stati i temi-chiave dell’incontro del Papa con il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese?

 

R. – La constatazione dei gravi problemi derivanti dalla mancanza di pace, che è fonte di sofferenza per tutte le parti coinvolte. Ma io penso che il Papa nel suo incontro abbia parlato di due punti: uno, creare un clima di mutuo perdono e dialogo e non di rivincita, da nessuna delle parti coinvolte; secondo punto, ha segnalato che c’è bisogno di ponti, non di muri.

 

D. – E’ possibile trovare un filo comune negli incontri con Uribe, Ahmed Qurei e il ministro degli esteri iraniano Kharrazi?

 

R. – C’è un tema comune, in due di questi incontri: il rispetto della persona umana, che viene violato attraverso una violenza che dura da anni; nell’altro caso per un futuro, in cui le persone possano essere tutelate. Poi, per due di queste udienze – concretamente, con il presidente della Colombia e con il primo ministro dell’Autorità palestinese – il fatto che sono due aree del mondo visitate personalmente dal Santo Padre.

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La situazione in Medio Oriente, dunque, continua ad essere al centro delle attenzioni di Giovanni Paolo II, proprio mentre sul terreno si verificano ulteriori episodi di violenza. Ad ovest di Ramallah è stato ucciso stamattina un militante di Hamas, che è tornata a minacciare nuovi attentati. Un quadro drammatico, come conferma da Gerusalemme padre Giovanni Battistelli, custode di Terra Santa, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. – Gli ultimi avvenimenti, con i morti di Gaza e gli altri recenti attentati, dimostrano che anche tra coloro che non erano “fanatici” stanno aumentando un po’ l’odio e la vendetta, a causa delle difficoltà in cui si vive. Noi francescani della Terra Santa abbiamo sempre cercato di trasmettere un messaggio di pace e di dialogo. Ma purtroppo oggi è molto difficile, proprio per i fatti che stanno accadendo in questo Paese.

 

D. – Il Papa ha anche aggiunto che “i segni di speranza non sono del tutto assenti”. Lei quali segni ha visto?

 

R. – In questo ultimo periodo potrei dire che ci sono tante persone che desiderano una riconciliazione ed un dialogo. Certamente non sono ancora la maggioranza. Mi auguro, però, che possano influire su coloro che conducono le trattative. Non è facile, ma la buona volontà, in genere, riesce a risolvere casi difficili.

 

D. – “Non muri ma ponti”: il Papa lo ha ripetuto ancora, ed ogni volta che sentiamo questa frase pensiamo istintivamente alla barriera in Cisgiordania. Secondo Lei, ci sono delle possibilità che Sharon ci ripensi?

 

R. – È difficile, se non intervene questa forza internazionale costituita dall’America, dall’Onu, dall’Europa e dalla Russia. Ma c’è bisogno di un intervento concreto, perché non bastano solo le parole. So bene che in autunno ci sono le elezioni in America e che quindi prendere ora delle decisioni non sarà facile, ma io vorrei veramente invitare i leader di queste quattro potenze – che hanno la possibilità e la forza di intervenire – a venire in Terra Santa per rendersi conto di persona della situazione, per fare delle riunioni qui direttamente sul posto. Se è necessario, perché non hanno un altro posto, potranno farlo qui da noi: la Custodia metterebbe volentieri a loro disposizione i locali e tutto quello di cui avranno bisogno.

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IL PAPA INDICE PER L’OTTOBRE 2005 L’XI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA

DEL SINODO DEI VESCOVI SUL TEMA

“L’EUCARISTIA FONTE E CULMINE DELLA VITA E DELLA MISSIONE DELLA CHIESA”

 

Il Papa ha indetto oggi l’undicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema: “L’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”. L’assemblea si terrà in Vaticano dal 2 al 29 ottobre 2005. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Il Papa chiama i vescovi di tutto il mondo a riflettere sull’Eucaristia. Meno di un anno fa, il 17 aprile del 2003, Giovanni Paolo II aveva firmato in occasione del Giovedì Santo la sua ultima enciclica, la quattordicesima, “Ecclesia de Eucharistia”. “La Chiesa vive dell’Eucaristia”: queste le prime parole del documento pontificio, in cui il Papa ribadisce con grande forza come questo Sacramento sia il tesoro più prezioso, il cuore stesso del mondo, in cui si riassume tutto il mistero della salvezza.

 

L’Eucaristia – spiega – è il Corpo di Cristo nel suo stato glorioso di risorto: ci viene dunque chiesto di credere che Gesù si rende presente con l’intero suo essere umano e divino negli umili segni del pane e del vino. Sacramento di unità con Dio che diventa comunione con i fratelli, impegno a portare sulla terra la pace e la giustizia, condivisione con i più deboli. L’Eucaristia – sottolinea il Papa – è memoriale non solo della morte ma anche della risurrezione di Cristo: e non è solo un ricordo ma un contatto attuale, perché in essa il sacrificio della Croce si perpetua nei secoli ed è come se vi fossimo presenti. Giovanni Paolo II invita dunque a non banalizzare la grandezza dell’evento celebrato, a non ridurlo a semplice banchetto conviviale e si dice addolorato per gli abusi che talora si registrano: chi è in peccato grave – ricorda - deve ricevere il Sacramento della riconciliazione prima di accedere alla Comunione. E nonostante l’ardente desiderio di unità non è possibile partecipare alla Comunione presso le altre Chiese cristiane, se non in casi particolari con riferimento alle Chiese orientali: il cammino ecumenico infatti non può farsi se non nella verità. E anche nel campo importante dell’adattamento della liturgia alle varie culture un malinteso senso di creatività ha portato talora ad abusi. A nessuno – dice il Papa - è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale.

 

Infine Giovanni Paolo II incoraggia l’adorazione del santissimo Sacramento: quante volte – scrive - ne ho tratto forza consolazione e sostegno: consente di attingere alla sorgente stessa della grazia.

Di tutto questo, dunque, si parlerà nel Sinodo indetto dal Santo Padre per l’ottobre del 2005. Ricordiamo che il Sinodo dei Vescovi fu istituito da Paolo VI con il Motu Proprio “Apostolica Sollicitudo” del 15 settembre 1965 con lo scopo di  “favorire l’unione e la collaborazione dei vescovi di tutto il mondo” con la  Sede Apostolica, “mediante uno studio comune delle condizioni della Chiesa e la soluzione concorde delle questioni relative alla sua missione”. Si tratta, secondo le intenzioni di Papa Montini, di interrogare “i segni dei tempi” e di cercare di “interpretare in profondità i disegni divini e la costituzione della Chiesa cattolica”.

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IL SALUTO E LA BENEDIZIONE DEL PAPA AGLI AMMALATI DELL’UNITALSI

IERI SERA NELLA BASILICA DI SAN PIETRO

 

“L’Immacolata è segno stupendo della vittoria della vita sulla morte”. Così il Papa ieri nel suo saluto agli ammalati dell’Unitalsi, al termine della messa in San Pietro, presieduta dal Cardinale Vicario Camillo Ruini e a conclusione delle celebrazioni per la 12esima Giornata Mondiale del Malato. La ricorrenza, che cade nella memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, quest’anno ha coinciso anche con il 150esimo anniversario della proclamazione, l’8 dicembre del 1854, del Dogma dell’Immacolata. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

 

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(musica)

 

Rivolgendo il suo pensiero alle parole scritte ai piedi della Vergine nella grotta di Massabielle: “Io sono l’Immacolata Concezione”, il Papa ha detto:

 

“L’Immacolata è segno stupendo della vittoria della vita sulla morte, dell’amore sul peccato, della salvezza su ogni malattia del corpo e dello spirito”.

 

(musica)

 

“Guardando Maria – ha continuato il Pontefice - il nostro cuore si apre alla speranza perché vediamo quali grandi cose Dio realizza quando con umiltà ci rendiamo disponibili a compiere la sua volontà”:

 

“Ciò che ammiriamo già compiuto in Lei è pegno di quanto Dio vuole donare ad ogni umana creatura, pienezza di vita, di gioia e di pace”.

 

(musica)

 

Ed è proprio ricordando le parole della Madonna nel Magnificat: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”, il cardinale Camillo Ruini ha poi sottolineato che a distanza di duemila anni in Lei il Signore continua a fare grandi cose, nel segno innanzitutto della vittoria sul peccato, origine di ogni male che c’è nel mondo:

 

“L’Immacolata Concezione è la primizia della redenzione”.

 

Quindi, riferendosi al legame speciale tra la Vergine di Lourdes e la malattia, il Porporato ha messo in evidenza che esso non sussiste soltanto per le guarigioni straordinarie compiute mediante l’intercessione di Maria, ma anche per quel fiume di solidarietà che in Lourdes ha la sua fonte e che rende più fraterna ogni convivenza umana.

 

A tal proposito, il Cardinale Vicario ha ringraziato gli infermieri, i barellieri ma soprattutto gli ammalati, “i quali – ha affermato – nel misterioso scambio che regola l’economia della salvezza, sono tra coloro che più danno agli altri”. E a confermare queste parole, sono gli stessi volontari dell’Unitalsi:

 

R. – Tu pensi di aiutare loro ma sono loro ad aiutare noi. Quando facciamo i viaggi a Lourdes si ritorna sempre felici e contenti con questi ammalati. Torniamo più ricchi dell’amore che ci hanno dato loro.

 

D. – Cosa la ha spinta ad occuparsi delle persone malate?

 

R. – Quello che ricevo da loro mi ha spinto. La sensazione e la bellezza che ho dentro di me.

 

R. – E’ una cosa che mi sento dentro.

 

R. – Mi piace aiutare queste persone, perché è anche uno stimolo per la mia persona.

 

R. – Questi nostri fratelli e queste nostre sorelle, pur portando immani sofferenze, hanno la gioia e la pace dell’amore di Dio, che viene da questo luogo in cui si sente palpabile la presenza di un qualcosa di diverso.

 

(musica)

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ALTRE UDIENZE

 

Nel corso della mattina,      il Santo Padre ha ricevuto in successive udienze il cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, con l’arcivescovo Agostino Marchetto, e con il reverendo padre Michael A. Blume, rispettivamente segretario e sottosegretario del medesimo Pontificio Consiglio.

 

 Il Papa ha ricevuto inoltre due presuli francesi in visita ad limina e mons. Vito Rallo, inviato speciale, osservatore permanente presso il Consiglio d'Europa.

 

 

LA VITA E LE SPERANZE DEI CATTOLICI NELLA REGIONE ARABICA.

LA TESTIMONIANZA DEL CARDINALE SEPE,

APPENA TORNATO DA UN VIAGGIO NEGLI EMIRATI ARABI UNITI

 

Il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ha compiuto recentemente un importante viaggio negli Emirati Arabi Uniti dove ha conferito l’ordinazione episcopale al religioso cappuccino Paul Hinder, nominato dal Papa vescovo ausiliare del Vicariato apostolico di Arabia. Il Vicariato, istituito nel 1889 e affidato ai cappuccini, è la più estesa circoscrizione ecclesiastica al mondo: ha una superficie di oltre 3 milioni di kmq e comprende 6 Stati del Golfo arabico, con circa 42 milioni di abitanti, per lo più musulmani. I cattolici sono un milione e 400 mila, quasi tutti immigrati. Sull’importanza di questo viaggio ascoltiamo il cardinale Sepe al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – E’ la prima volta che si fa un’ordinazione episcopale in un territorio come gli Emirati Arabi. Quindi è stato un momento di particolare rilevanza.

 

D. – Come vivono i cattolici di questa zona a stragrande maggioranza islamica?

 

R. – Si sa che questi cattolici vengono con uno scopo preciso, quello di trovare lavoro in  questi Paesi che, per fortuna, offrono diverse possibilità. E’ chiaro che, però, la vita di fede è tutta concentrata in questa azione promossa dal Vicariato apostolico e quindi si riuniscono in momenti particolari. Innanzitutto per la celebrazione della Santa Sede, tenendo presente che la domenica è un giorno lavorativo, mentre invece il giorno di festa è il venerdì. Pertanto devono adattare le esigenze di vita cristiana a quella che è la realtà sociale di questi Paesi.

 

D. – Come va in questa area il dialogo tra Chiesa cattolica e Islam?

 

R. – Ci sono degli ottimi rapporti. Quindi è un dialogo sereno, aperto, naturalmente con quelle limitazioni, con quelle difficoltà che tutti conosciamo, ma che permette almeno nei recinti dove si trova la Chiesa, dove si trova la casa del vescovo, dove ci sono le scuole, di svolgere un’azione religiosa e sociale.

 

D. – Cosa porta con sé da questo viaggio?

 

R. – E’ stata una scoperta perché non pensavo di trovare una comunità così viva, così impegnata, così dinamica e così partecipativa a tutta quella che è la vita della Chiesa in questo Paese. Soprattutto, anche, questo senso di unità  della Chiesa perché, pur provenendo da vari Paesi e quindi con una tradizione culturale e religiosa diversa, si sentivano tutti una sola famiglia.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo “L’Immacolata è segno stupendo della vittoria della vita sulla morte”: l’incontro di Giovanni Paolo II con il “popolo della sofferenza” nella Basilica Vaticana, in occasione della Giornata mondiale del Malato.

Sempre in prima, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo “Precisi richiami di Giovanni Paolo II sull’odierno contesto culturale”: il discorso alla Plenaria della Congregazione per la dottrina della fede.

 

Nelle vaticane, le parole di saluto rivolte dal Papa rispettivamente al Presidente della Colombia, al Primo Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, al Ministro degli esteri dell’Iran.

Due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.

 

Nelle estere, in rilievo l’Iraq, dove si susseguono gli episodi di violenza; per il Segretario di Stato Usa è imminente l’intervento della Nato.

Un articolo di Gabriele Nicolò su un rapporto della Fao dedicato alle strategie dirette a combattere, in modo sempre più efficace, la produzione di oppio.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Antonio Russo su un volume dedicato all'apologetica e alla teologia fondamentale.

Una monografica da titolo “A 140 anni dalla morte della serva di Dio Giulia Colbert Falletti marchesa di Barolo”.

 

Nelle pagine italiane, la verifica di Governo: confronto sul documento finale.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 febbraio 2004

 

RICORDARE IL DRAMMA DELLE FOIBE IN ITALIA. DOPO LE CERIMONIE PER L’ANNIVERSARIO DI DUE GIORNI FA,  LA CAMERA HA VOTATO IERI

PER L’ISTITUZIONE DI UNA GIORNATA DELLA MEMORIA

- La testimonianza di Nidia Cernecca. -

 

Torniamo a parlare delle foibe, dopo che ieri in Italia la Camera ha approvato a grande maggioranza la legge che concede un riconoscimento ai  familiari delle vittime e fissa al 10 febbraio la giornata della memoria. Sembra scontata la prossima conferma al Senato. Le foibe,cavità naturali del Carso e dell'Istria, sono il simbolo di alcuni dei più tragici episodi della guerra in Italia, quando, fra il '43 e il '45, numerosi italiani e oppositori del regime comunista jugoslavo furono gettati in queste cavità e fatti scomparire per sempre. Sui numeri relativi ai diversi episodi non ci sono ancora dati certi in base ai documenti e al materiale trovato negli archivi dell' ex Jugoslavia; l'ipotesi ritenuta più probabile è che le persone  scomparse siano state fra 4.000 e 6.000, tra civili e militari, anche se ci sono stime che arrivano fino a 17.000. In ogni caso, resta il dolore di chi è stato segnato dalla tragedia. Paolo Ondarza ha raccolto la testimonianza di Nidia Cernecca. Era tra migliaia di italiani che fuggirono dall’Istria, da Fiume e da Zara e suo padre è tra le vittime di quella cieca violenza:

 

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R. – E’ stato caricato con un sacco di pietre sulle spalle, per circa cinque o sei chilometri, poi portato in un bosco dove l’hanno legato ad un ciliegio che ancora esiste e che per noi è la sua pietra tombale. L’hanno lapidato con questo sacco di pietre, dopo di ché hanno scoperto che in bocca aveva due denti d’oro e allora l’hanno decapitato e hanno portato la testa ad un orologiaio che si è preso le due capsule d’oro.

 

D. – Signora Nidia, che cosa ha significato per lei in questi anni questo silenzio rispetto alla questione delle foibe?

 

R. – Io dovevo scoprire come papà aveva affrontato questo modo di morire. Quasi 20 mila condannati furono gettati nelle foibe, furono lapidati, furono seviziati, annegati con le pietre al collo ... però, le reazioni umane son sempre diverse: chi piangeva e chi si disperava, chi impazziva. Io non ero paga fin quando non ho saputo come papà ha affrontato questa sua tragicissima sorte. Quando ho saputo che l’aveva affrontata con molto coraggio e con molta dignità, ho pensato che forse era suo desiderio che anche sua figlia fosse coraggiosa come lui. Allora mi sono dedicata all’educazione nelle scuole, tra i giovani ...

 

D. – Una storia, quella di suo padre, che lei ha cercato di ricostruire. Ed è una storia che oggi viene in un certo senso riproposta o forse ‘proposta’ per la prima volta a tutti gli italiani ... Che cosa vuole dire per lei l’istituzione di questa ‘Giornata della memoria delle foibe’?

 

R. – Sono passati troppi anni: sessanta! Oggi non può dare soddisfazione soltanto una memoria fine a se stessa. La memoria deve essere accompagnata dalla verità e dopo la verità viene la giustizia e dopo la giustizia viene la pace, il nostro è stato un esodo da profughi, da esuli, perché, purtroppo, dopo il Trattato del 1947, non possiamo ritornare nella nostra patria, non possiamo avere il nostro camposanto, non possiamo avere più nulla. Quindi, noi vogliamo giustizia. Non l’abbiamo avuta per i nostri morti: non sono mai stati riconosciuti nemmeno innocenti, giacché colpevoli solo di essere italiani. Adesso pretendiamo di vedere rispettati i diritti dell’uomo.

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200 ANNI DALLA MORTE DI IMMANUEL KANT, MOLTE LE INIZIATIVE PER RICORDARE IL MASSIMO FILOSOFO TEDESCO CHE HA SEGNATO IL PENSIERO DELL’OCCIDENTE

- Intervista con il prof. Giuseppe Modica -

 

A 200 anni dalla morte di Immanuel Kant, dibattiti  e cerimonie rievocative ripercorrono il bagaglio di pensiero che il massimo filosofo tedesco ha lasciato. In particolare nella città dove Kant è nato, nel 1724, le iniziative culturali sono accompagnate anche da una scelta politica: proprio oggi nella cittadina, che allora si chiamava Koeningsberg e apparteneva alla Prussia orientale e che oggi si chiama Kaliningrad e appartiene alla Russia, viene inaugurata, alla presenza del ministro degli esteri Fischer, la prima rappresentanza diplomatica tedesca,  dopo dieci anni di trattative tra Germania e Russia. Nella stessa cittadina Kant ha sempre vissuto, ha insegnato, ha scritto le sue opere e il 12 febbraio del 1804 è morto. Ma la profondità della sua riflessione ha valicato confini ben più ampi, segnando profondamente la cultura dell’Occidente. Di tanti, lunghi, articolati scritti tentiamo di focalizzare un aspetto di quanto rimane di più significativo per il sentire moderno. Scegliendo il tema kantiano dell’imperativo categorico Fausta Speranza ha chiesto aiuto al prof. Giuseppe Modica, ordinario di filosofia morale e presidente del Corso di laurea in filosofia e scienze etiche all’Università di Palermo.

 

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R. – Si capisce l’imperativo categorico ricordando sempre un assunto chiave di tutto il pensiero kantiano: il rapporto tra moralità e libertà. Kant rivendica un rapporto intrinseco tra moralità e libertà perché non c’è l’una senza l’altra. Le due categorie si richiamano a vicenda a conferma del fatto che l’imperativo categorico è certamente assoluto e perentorio proprio perché ha dinanzi a sé una libertà che in qualsiasi momento può disfarne l’imperatività. E’ quindi importante capire che l’appello kantiano è un appello rivolto alla capacità dell’uomo di realizzare la legge morale nella sua assolutezza e nella sua universalità, senza cedimenti a forme di utilitarismo o di sentimentalismo che possono inquinarne la purezza. Credo che questo sia importante considerando la ricaduta che può avere il messaggio kantiano sul mondo contemporaneo.

 

D. – Oggi è molto difficile parlare di “morale”, eppure c’è profondità di pensiero e di sensibilità dietro a questo termine. Che cosa impariamo da Kant, che ha saputo parlarne tanto?

 

R. – Con un’espressione assolutamente generalista ma anche metaforica possiamo definire il mondo di oggi come il mondo variegato dell’industria e del commercio. E vi siamo tutti immersi e sommersi. Ci porta a considerare le persone come mezzi, come mezzi utilizzabili per il raggiungimento di scopi, che in genere riguardano direttamente noi. Spesso, quindi, la persona è asservita a questo intendimento. L’appello kantiano, anche qui posto sotto forma di imperativo categorico, è quello per cui nessuno deve mai trattare se stesso o gli altri semplicemente come mezzo ma sempre ed anche come fine. Questo è fondamentale. La distinzione che Kant fa tra il valore inteso come prezzo e il valore inteso come dignità è essenziale, anche per comprendere non solo  l’attualità di Kant ma anche l’esemplarità. Quando una cosa ha un prezzo possiede un valore relativo e perciò è commerciabile e può essere comprata, costasse pure tutto l’oro dell’universo. Quando, invece, una cosa ha dignità, non è commerciabile,  non può essere comprata ma ha un valore assoluto e incondizionato. E’ proprio la dignità e non il prezzo ciò che contraddistingue la personale morale, secondo Kant.

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CHIESA E SOCIETA’

12 febbraio 2004

 

A SORPRESA L’ANNUNCIO A WASHINGTON DI UN ESPERIMENTO MAI RIUSCITO PRIMA

DI CLONAZIONE DI UN EMBRIONE UMANO E SELEZIONE DI CELLULE STAMINALI.

A REALIZZARLO SONO STATI SCIENZIATI AMERICANI E SUD COREANI

NELL’UNIVERSITA’ NAZIONALE DI SEUL. SI RIAPRE IL DIBATTITO

SU UN TEMA TANTO CONTROVERSO PER LE IMPLICAZIONI ETICHE,

E NON SOLO, COLLEGATE ALLA CLONAZIONE UMANA

 

NEW YORK. = Scienziati americani e sud-coreani hanno annunciato negli Stati Uniti di aver clonato un embrione umano ed essere riusciti a selezionare le cosiddette cellule staminali embrionali, al centro di un ampio ed aspro dibattito per le possibilità che aprono in campo medico, ma anche per le implicazione etiche che sollevano. L'esperimento rappresenta la prima clonazione del genere e riapre le polemiche sulla clonazione umana. Ciò che è stato eseguito alla Seul National University - secondo i risultati presentati a Washington - è una cosid-detta ‘clonazione terapeutica’, che prevede la creazione di embrioni per estrarre cellule staminali, che vengono poi coltivate per ricreare particolari tessuti umani. La tecnica, estremamente controversa, secondo i fautori potrebbe dare impor-tanti risultati nella lotta al diabete, al morbo di Parkinson e ad altre malattie, ma richiederà comunque ancora molti anni prima di poter essere sperimentata su persone. L'amministrazione Bush e il Congresso degli Usa stanno cercando di ottenere legislazioni internazionali che rendano questo tipo di sperimentazione illegale negli Usa e nel resto del mondo. I tentativi di clonare un embrione umano per ottenere cellule staminali fino ad ora erano falliti. Lo studio attuale, guidato dal professor Woo Suk Hwang, sarà pubblicato sul prossimo numero della rivista “Science”. (R.G.)

 

 

DA OGGI A SABATO NELLA CITTA’ MESSICANA DI PUEBLA

SI COMMEMORA IL 25 MO ANNIVERSARIO

DELLA TERZA CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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PUEBLA. = 25 anni fa a Puebla le Chiese latinoamericane si riunivano per fare il punto sull’evangelizzazione nel loro Continente e progettarne il futuro. Una grande Conferenza cui partecipava anche il Papa, aprendo i lavori il 28 gennaio del 1979: era il suo primo viaggio apostolico internazionale. Ed oggi Puebla segna come allora un evento ecclesiale storico. Per l’occasione sono giunti i responsabili attuali e del passato del Celam, il Consiglio episcopale latinoame-ricano, insieme ai presidenti dei vescovi dell’America Latina e dei Caraibi e, in qualità di invitati, i presidenti dei presuli statunitensi e canadesi. Oggi e domani in programma due giornate di studio per definire contenuti e metodi della prossima V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano. Sarà poi il cardinale Alfonso López Trujillo, ad inaugurare la commemorazione, il 14 febbraio, con una relazione sulle sfide affrontate a Puebla, una tappa essenziale nel cammino di rinnovamento della Chiesa latinoamericana, alla luce del Concilio Vaticano II, attenta ai segni dei tempi, in continuità con l’opzione preferenziale per i poveri, già espressa nella Conferenza di Medellin del 1968. A Puebla 10 anni dopo quell’opzione trovava nuova linfa vitale nell’esperienza degli episcopati tradotta nelle realtà concrete del Continente e confermata come cammino evangelico di comunione e partecipazione, in una visione di liberazione dell’uomo, che ha il suo centro in Cristo e la sua sorgente ultima nella vita trinitaria. A suggellare la chiusura dell’evento a 25 anni da Puebla, vissuti sotto la guida pastorale di Giovanni Paolo II, sarà una Messa nel pomeriggio del 14 febbraio nella Cattedrale de los Angeles, mentre nella mattina del 15 febbraio, i partecipanti si riuniranno nella Basilica nazionale di Guadalupe, nella capitale federale, per ricordare il 25mo della prima visita alla Chiesa in Messico del Santo Padre.

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TREMILA PERSONE HANNO SFILATO PER LE STRADE DI  BOSTON

PER DIFENDERE IL MATRIMONIO TRADIZIONALE IN VISTA DI POSSIBILI APERTURE LEGISLATIVE ALLE UNIONI OMOSESSUALI NELLO STATO DEL MASSACHUSETTS

 

BOSTON. = Si è svolta l’8 febbraio a Boston, una manifestazione per difendere il valore del matrimonio tradizionale. Hanno sfilato per le strade circa tremila persone, in vista dell’inizio dell’iter parlamentare dell’emendamento alla Costitu-zione del Massachusettes. Con esso verrebbe sancita la definizione del matrimo-nio quale unione tra un uomo e una donna. Se approvato, esso annullerebbe la controversa sentenza della Corte Suprema dello Stato, che lo scorso 18 novembre, ha dichiarato incostituzionale il divieto legale a matrimoni civili tra persone dello stesso sesso. Sono quindi scesi in campo in questi mesi i vescovi del Massachussetts che stanno mobilitando gli elettori, per ottenere dai loro rappresentanti un voto favorevole e il rinvio dell’applicazione della sentenza a dopo il referendum popolare, sul testo approvato dal Parlamento statale. I presuli hanno dichiarato, unanime, l’obbligo da parte del legislatore, di prendere in considerazione l’opinione dei cittadini. Diverse le personalità politiche che sono intervenute tra cui l’arcivescovo di Boston, mons. Sean O’Malley, il quale, salito sul podio, ha ribadito con forza l’importanza del matrimonio: “Siamo qui perché preoccupati per il matrimonio e la famiglia. Un matrimonio e una famiglia solidi sono un bene per il Paese e la società intera”. (F.C.)

 

 

DAL VATICANO  ARRIVA  A GENOVA IL PROSSIMO 14 FEBBRAIO “VISIONI ED ESTASI”,

UN’ESPOSIZIONE PITTORICA DELL’ARTE BAROCCA  SULLA VITA DEI SANTI

 

GENOVA. = Dai musei Vaticani arriva a Genova, il primo grande appuntamento espositivo della città, la quale vestirà per il 2004 i panni di capitale europea della cultura. Sono sessanta le opere d’arte, che compongono la mostra “Visioni ed estasi”, in esposizione a Palazzo Giustiniani Franzoni, dal 14 febbraio a 16 mag-gio 2004. Le tele, che portano le firme di Caravaggio, Guercino, Bernini e Gentileschi sono solo alcune dei capolavori della pittura europea, posti a confronto come straordinari esempi di raffigurazione delle visioni mistiche dei Santi. Dunque, un occasione per contemplare sia le scene della loro vita, dei miracoli, della predicazione e della rappresentazione del rapporto diretto con Dio, sia l’arte della pittura barocca, alla base del racconto espositivo. Una mostra di richiamo internazionale, che svela alla città il palazzo cinquecentesco, voluto nel 1550 dal cardinale genovese Vincenzo Giustiniani e recentemente ristrutturato dalla Fon-dazione Franzoni. L’esposizione, allestita in collaborazione con il ministero dei Beni culturali, è stata scelta anche come evento della riapertura di questo edificio storico. (F.C)

 

 

IL CICLONE ‘ELITA’ TORNA A COLPIRE PER LA TERZA VOLTA IL MADAGASCAR,

ISOLA AFRICANA, NELL’OCEANO INDIANO.

19 I MORTI E 4 I DISPERSI, IL BILANCIO UFFICIALE DELLE AUTORITA’

 

ANTANARIVO. = Diciannove morti e 4 dispersi: è il bilancio diffuso dalle autorità del Madagascar e legato al passaggio del ciclone ‘Elita’ che dal 28 gennaio si è abbattuto per ben tre volte sulla grande isola africana, nelle acque dell'Oceano Indiano. “Il bilancio avrebbe potuto essere molto più grave, ma siamo riusciti ad attivare in tempo la rete dei soccorsi e degli aiuti, salvando numerose persone”, ha detto il ministro degli Interni. I ripetuti passaggi dell'uragano hanno causato anche 96 feriti e oltre 40mila senza tetto. “È la prima volta che un ciclone colpisce per tre volte consecutive l’isola”, ha aggiunto il ministro, sottolineando che tra le aree maggiormente danneggiate figurano la provincia della capitale Antananarivo, tradizionalmente risparmiata dagli uragani, e quelle di Mahajanga e Fianarantsoa. (R.G.)



 

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24 ORE NEL MONDO

12 febbraio 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq non si interrompe la catena di odio che ha recentemente devastato i centri di reclutamento della polizia a Iskandariya e dell’esercito a Baghdad causando la morte di almeno 100 persone. Due soldati americani sono, infatti, rimasti uccisi ieri sera, nella capitale irachena, per l’esplosione di una bomba. Sul fronte diplomatico si deve intanto registrare l’incontro, svoltosi questa mattina a Najaf, tra l’inviato dell’Onu, Lakhdar Brahimi, e l’ayatollah, Ali Sistani. Al termine del colloquio, Brahimi ha detto che le Nazioni Unite appoggiano la richiesta, lanciata dall’ayatollah, di indire nel Paese arabo libere elezioni prima del prossimo 30 giugno. Sulla complessa situazione irachena ascoltiamo il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, al microfono di Giancarlo La Vella:

 

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R. – Elezioni, però, non adesso. La situazione è molto precaria: non avete sentito che cosa succede?

 

D. – C’è qualcuno che sta fomentando la rivolta?

 

R. – Certamente ci sono. E’ impossibile che tutto ciò sia opera degli iracheni. Chi sia non si sa, però si sa che è gente che non ama l’Iraq, che vuole dividere il Paese, che vuole male al popolo iracheno. Per questo si pensa che si tratti di persone che vengono da fuori e vogliono far scoppiare altre cose come hanno fatto altrove.

 

D.- Mons. Warduni è una emergenza questa che si aggiunge all’emergenza già esistente. Che cosa possono fare le truppe straniere che si trovano in Iraq?

 

R. – Prima di tutto possono lavorare, come stanno facendo per la pace, per il bene della nazione. Proprio adesso ho sentito uno che diceva: tutti dobbiamo aiutare quelli che si trovano qui, per esempio i giapponesi, perché sono venuti per il bene degli iracheni, non per fare loro del male. Se c’è chi semina divisioni, paura, che cosa possono fare? Cercare di fare del loro meglio.

 

D. - Quando, secondo lei, l’Iraq sarà pronto per voltare pagina, per avere sue istituzioni, per avere una sua indipendenza?

 

R.- Se le cose vanno così è impossibile fare previsioni. Noi speriamo che sarà il più presto possibile, ma dire un anno, due anni, un mese, due mesi sarebbero previsioni non realistiche. Continuiamo a pregare.

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È salito ad almeno 41 morti il bilancio dell’attentato di venerdì scorso nella metropolitana di Mosca: lo ha annunciato poco fa il procuratore aggiunto della capitale russa, aggiungendo che 38 di loro sono già stati identificati. La magistratura russa ha, inoltre, condannato a 7 anni di carcere un poliziotto che in cambio di una tangente aveva facilitato l’ingresso nel Paese di una donna cecena, poi rivelatasi una delle kamikaze nell’azione terroristica al teatro Dubrovka, in ottobre 2002.

 

Riparte il processo di pace per l’Abkhazia. Questo in sintesi il risultato del lungo faccia a faccia di ieri a Mosca tra il presidente russo Putin e quello georgiano Saakashvili, per tentare di rianimare un dialogo bloccato da anni di tensioni.

 

Nella Corea del Sud militanti di un’organizzazione umanitaria hanno mostrato oggi uno sconcertante documento attribuito alla polizia segreta del regime di Pyongyang, che proverebbe l’uso di armi chimiche contro prigionieri politici rinchiusi nei campi di concentramento. La terribile ipotesi è stata avanzata anche dall’emittente televisiva britannica ‘Bbc’ che ha proposto, la scorsa settimana, la testimonianza di un rifugiato sui drammatici crimini commessi ai danni dei detenuti.

 

La dichiarazione sul programma nucleare fornita lo scorso mese di novembre dall’Iran all’Agenzia internazionale per l’energia atomica potrebbe essere incompleta. Gli ispettori dell’Onu - scrive oggi il quotidiano britannico Financial Times - hanno infatti scoperto il progetto per altri esperimenti mai dichiarati dall’esecutivo di Teheran.

 

Ancora violenze ad Haiti. Almeno 5 persone sono rimaste uccise, ieri, negli scontri tra oppositori e fedelissimi del presidente Aristide a Saint Marc, nel Nord dell’isola caraibica. Sale così a 43 il bilancio delle vittime degli scontri, ripresi con violenza giovedì scorso.

 

La tensione è molto alta anche in Bangladesh, dove lo sciopero generale indetto per oggi dall’opposizione è sfociato nel sangue. Gli scontri nelle strade della capitale, Dhaka, hanno provocato almeno 25 feriti, tra cui un ex ministro. La Lega Awami, formazione che si oppone al Partito nazionalista del Bangladesh, attualmente al potere, ha annunciato nuove iniziative analoghe per costringere il governo alle dimissioni prima di ottobre 2006, naturale scadenza del mandato.

 

In Asia cresce l’allarme per l’influenza aviaria. In Cina è stato individuato un nuovo focolaio, in Vietnam una persona di 22 anni è risultata positiva al test dell’influenza e in Thailandia un nuovo caso ha colpito un bambino di 13 anni. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha intanto escluso che due sorelle vietnamite, morte recentemente, siano state infettate per una trasmissione umana del virus. La Russia ha annunciato oggi la sospensione dell’importazione di pollame dallo Stato americano del Delaware dopo i casi di influenza aviaria registratisi nei giorni scorsi in questa area.

 

Si concludono oggi a Pechino le consultazioni bilaterali tra Cina e Stati Uniti sulla difesa strategica. La delegazione statunitense ha espresso la propria preoccupazione per i missili cinesi puntati verso Taiwan.

 

In Egitto è affondato un battello al largo di Sharm El Sheikh. Fonti locali hanno rivelato che nell’incidente sono morti tre ragazzi tra i 15 e i 16 anni che frequentavano una scuola americana al Cairo. La nota località del Mar Rosso è stata protagonista di un'altra tragedia lo scorso 3 gennaio quando precipitò un aereo causando la morte di 148 turisti, la gran parte francesi.

 

Allarme terrorismo. La compagnia aerea ‘British Airways’ ha cancellato stamani, per motivi di scurezza, due voli diretti, uno negli Stati Uniti, a Washington, e l’altro in Arabia Saudita, a Riad.

 

Il presidente statunitense, George Bush, ha presentato una serie di proposte per inasprire la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Intanto ieri è uscito di scena dalla corsa alla nomination democratica il generale Wesley Clark.

 

Il ministro della Giustizia della città tedesca di Amburgo, il 49.enne Roger Kusch, è stato accoltellato e leggermente ferito ad una gamba. Una donna, autrice dell’agguato, è stata subito fermata.

 

In Italia il mondo economico continua ad essere sconvolto dagli inquietanti effetti della cosiddetta “finanza creativa”. Dopo il caso Parmalat, per il quale l’Europarlamento ha approvato stamani una risoluzione per chiedere l’istituzione di una autorità europea di vigilanza, sono cominciati gli interrogatori nel carcere di Regina Coeli per le persone arrestate ieri nell’ambito dell’inchiesta sulla Cirio. L’assemblea plenaria dell’Europarlamento ha anche approvato, all’unanimità, una risoluzione sul settore siderurgico e sulla minacciata chiusura di un reparto delle acciaierie di Terni.

 

 

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