RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 43 - Testo della
Trasmissione di giovedì 12 febbraio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Torna a colpire in Madagascar il ciclone “Elita”.
L’Onu
approva la richiesta dell’ayatollah Ali Sistani che chiede elezioni libere in
Iraq
Allarme
terrorismo: cancellati due voli della British Airways diretti negli Stati Uniti
e in Arabia Saudita
Nuovo
focolaio di influenza aviaria in Cina.
12 febbraio 2004
IN
TERRA SANTA SERVONO “PONTI NON MURI, PERDONO NON VENDETTA”.
COSI’
GIOVANNI PAOLO II AL PRIMO MINISTRO PALESTINESE, ABU ALA.
NEL CORSO DELLA MATTINATA, GLI INCONTRI DEL
PAPA
CON IL
PRESIDENTE COLOMBIANO URIBE
E IL
MINISTRO DEGLI ESTERI IRANIANO KHARRAZI.
PACE,
DIALOGO E RISPETTO DEI DIRITTI UMANI AL CENTRO DEI COLLOQUI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Una
mattina intensa per Giovanni Paolo II sul fronte della diplomazia internazionale.
Il Papa ha ricevuto in udienza il presidente colombiano Alvaro Uribe Vélez, il
primo ministro dell’Autorità palestinese, Ahmed Qurei noto come Abu Ala, e il
ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi. Pace, dialogo e convivenza i
temi chiave dei discorsi ad Uribe e Abu Ala; rispetto dei diritti umani al
centro del colloquio con Kharrazi. E parlando di Medio Oriente, il Papa ha
ribadito: la Terra Santa ha bisogno di perdono non di vendetta. Di ponti, non
di muri. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“ES ORA DE SEDIMENTAR BASES FIRMES …”
Per la
Colombia è tempo di rafforzare le basi “della ricostruzione morale e materiale”
della nazione “attraverso il ristabilimento di una società giusta, solidale,
responsabile e pacifica”. Sono parole di speranza e incoraggiamento quelle
rivolte dal Papa al presidente colombiano Uribe. Giovanni Paolo II ha formulato
l’auspicio che il popolo della Colombia possa camminare senza scoraggiamenti
“verso l’autentica pace sociale, rinunciando ad ogni forma di violenza e dando
vita a nuove forme di convivenza” sulla via sicura della giustizia. Un
obiettivo, ha aggiunto, che si può raggiungere “promuovendo capillarmente in
ogni angolo della nazione” i valori di “unità, fratellanza e il rispetto per
ognuno”. Il Papa ha infine espresso vivo apprezzamento per la collaborazione
tra la Chiesa e le autorità del Paese latinoamericano assicurando le sue
preghiere per il progresso spirituale e materiale dei colombiani all’insegna
della “convivenza in concordia e libertà”. E di pace il Papa ha parlato anche
con il primo ministro dell’Autorità Palestinese, Abu Ala. Pur non essendo
assenti segni di speranza, ha rilevato, “sfortunatamente la triste situazione
in Terra Santa è causa di sofferenza per tutti”.
“NO ONE MUST YIELD TO THE TEMPTATION …”
“Nessuno deve cedere alla tentazione dello scoraggiamento
– ha affermato – tanto meno all’odio e alla ritorsione”. E’ “la riconciliazione
di cui ha bisogno la Terra Santa: perdono non vendetta, ponti non muri”. Con
“l’aiuto della comunità internazionale”, ha detto ancora, i leader della
regione devono seguire “la strada del dialogo e di un negoziato che conduca ad
una pace duratura”. Il Papa è poi riandato con la memoria al pellegrinaggio in
Terra Santa nel 2000, durante il quale, ha ricordato, “ho pregato con fervore
per la pace e la giustizia nella regione”. Al termine della mattinata, il Papa
ha ricevuto in udienza il ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi, in
occasione dei cinquant’anni di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e
Teheran. Il Pontefice ha auspicato che si possa rafforzare lo spirito di
collaborazione sui temi di mutuo interesse. In particolare, ha indicato la
necessità di “salvaguardare i diritti inalienabili e la dignità della persona
umana”, specialmente negli sforzi “mirati a promuovere una maggiore comprensione
tra popoli con differenti religioni, culture ed etnie”.
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Ma quali sono stati i temi principali affrontati negli
importanti colloqui di stamani? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al direttore
della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls che rileva
il clima cordiale dell’incontro del Papa con il presidente colombiano Uribe:
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R. – Posso dire subito che l’atmosfera è stata molto
cordiale: sia il Santo Padre sia il presidente della Colombia si sono
raccontati aneddoti, piccole cose che riguardavano la visita del Papa in quel
Paese. Naturalmente, l’argomento del quale si è parlato sostanzialmente è stato
quello della violenza in Colombia, e il Papa ha incoraggiato a continuare,
senza scoraggiarsi, sulla strada verso una vera pace sociale nel Paese.
Ovviamente, questo tema ha connessioni diverse; di fatti, si sono fatti
riferimenti alla droga eccetera; rimane però che il problema di fondo è quello
dell’ottenimento di una vera pace sociale che possa portare al superamento
della violenza e generare una civile convivenza.
D. – Quali sono stati i temi-chiave dell’incontro del Papa
con il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese?
R. – La constatazione dei gravi problemi derivanti dalla
mancanza di pace, che è fonte di sofferenza per tutte le parti coinvolte. Ma io
penso che il Papa nel suo incontro abbia parlato di due punti: uno, creare un
clima di mutuo perdono e dialogo e non di rivincita, da nessuna delle parti
coinvolte; secondo punto, ha segnalato che c’è bisogno di ponti, non di muri.
D. – E’ possibile trovare un filo comune negli incontri
con Uribe, Ahmed Qurei e il ministro degli esteri iraniano Kharrazi?
R. – C’è un tema comune, in due di questi incontri: il
rispetto della persona umana, che viene violato attraverso una violenza che
dura da anni; nell’altro caso per un futuro, in cui le persone possano essere
tutelate. Poi, per due di queste udienze – concretamente, con il presidente
della Colombia e con il primo ministro dell’Autorità palestinese – il fatto che
sono due aree del mondo visitate personalmente dal Santo Padre.
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La
situazione in Medio Oriente, dunque, continua ad essere al centro delle
attenzioni di Giovanni Paolo II, proprio mentre sul terreno si verificano
ulteriori episodi di violenza. Ad ovest di Ramallah è stato ucciso stamattina
un militante di Hamas, che è tornata a minacciare nuovi attentati. Un quadro
drammatico, come conferma da Gerusalemme padre Giovanni Battistelli, custode di
Terra Santa, intervistato da Andrea Sarubbi:
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R. – Gli ultimi avvenimenti, con i morti di Gaza e gli
altri recenti attentati, dimostrano che anche tra coloro che non erano
“fanatici” stanno aumentando un po’ l’odio e la vendetta, a causa delle
difficoltà in cui si vive. Noi francescani della Terra Santa abbiamo sempre
cercato di trasmettere un messaggio di pace e di dialogo. Ma purtroppo oggi è
molto difficile, proprio per i fatti che stanno accadendo in questo Paese.
D. – Il Papa ha anche aggiunto che “i segni di speranza
non sono del tutto assenti”. Lei quali segni ha visto?
R. – In questo ultimo periodo potrei dire che ci sono
tante persone che desiderano una riconciliazione ed un dialogo. Certamente non
sono ancora la maggioranza. Mi auguro, però, che possano influire su coloro che
conducono le trattative. Non è facile, ma la buona volontà, in genere, riesce a
risolvere casi difficili.
D. – “Non muri ma ponti”: il Papa lo ha ripetuto ancora,
ed ogni volta che sentiamo questa frase pensiamo istintivamente alla barriera
in Cisgiordania. Secondo Lei, ci sono delle possibilità che Sharon ci ripensi?
R. – È difficile, se non intervene questa forza
internazionale costituita dall’America, dall’Onu, dall’Europa e dalla Russia.
Ma c’è bisogno di un intervento concreto, perché non bastano solo le parole. So
bene che in autunno ci sono le elezioni in America e che quindi prendere ora
delle decisioni non sarà facile, ma io vorrei veramente invitare i leader di
queste quattro potenze – che hanno la possibilità e la forza di intervenire – a
venire in Terra Santa per rendersi conto di persona della situazione, per fare
delle riunioni qui direttamente sul posto. Se è necessario, perché non hanno un
altro posto, potranno farlo qui da noi: la Custodia metterebbe volentieri a loro
disposizione i locali e tutto quello di cui avranno bisogno.
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IL PAPA INDICE PER L’OTTOBRE 2005
L’XI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI SUL TEMA
“L’EUCARISTIA FONTE E CULMINE
DELLA VITA E DELLA MISSIONE DELLA CHIESA”
Il Papa
ha indetto oggi l’undicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei
vescovi sul tema: “L’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione
della Chiesa”. L’assemblea si terrà in Vaticano dal 2 al 29 ottobre 2005. Ce ne
parla Sergio Centofanti.
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Il Papa
chiama i vescovi di tutto il mondo a riflettere sull’Eucaristia. Meno di un
anno fa, il 17 aprile del 2003, Giovanni Paolo II aveva firmato in occasione
del Giovedì Santo la sua ultima enciclica, la quattordicesima, “Ecclesia de
Eucharistia”. “La Chiesa vive dell’Eucaristia”: queste le prime parole del
documento pontificio, in cui il Papa ribadisce con grande forza come questo
Sacramento sia il tesoro più prezioso, il cuore stesso del mondo, in cui si
riassume tutto il mistero della salvezza.
L’Eucaristia
– spiega – è il Corpo di Cristo nel suo stato glorioso di risorto: ci viene dunque
chiesto di credere che Gesù si rende presente con l’intero suo essere umano e divino
negli umili segni del pane e del vino. Sacramento di unità con Dio che diventa
comunione con i fratelli, impegno a portare sulla terra la pace e la giustizia,
condivisione con i più deboli. L’Eucaristia – sottolinea il Papa – è memoriale
non solo della morte ma anche della risurrezione di Cristo: e non è solo un
ricordo ma un contatto attuale, perché in essa il sacrificio della Croce si
perpetua nei secoli ed è come se vi fossimo presenti. Giovanni Paolo II invita
dunque a non banalizzare la grandezza dell’evento celebrato, a non ridurlo a
semplice banchetto conviviale e si dice addolorato per gli abusi che talora si
registrano: chi è in peccato grave – ricorda - deve ricevere il Sacramento
della riconciliazione prima di accedere alla Comunione. E nonostante l’ardente
desiderio di unità non è possibile partecipare alla Comunione presso le altre
Chiese cristiane, se non in casi particolari con riferimento alle Chiese
orientali: il cammino ecumenico infatti non può farsi se non nella verità. E
anche nel campo importante dell’adattamento della liturgia alle varie culture
un malinteso senso di creatività ha portato talora ad abusi. A nessuno – dice
il Papa - è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani:
esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio
personale.
Infine
Giovanni Paolo II incoraggia l’adorazione del santissimo Sacramento: quante
volte – scrive - ne ho tratto forza consolazione e sostegno: consente di
attingere alla sorgente stessa della grazia.
Di
tutto questo, dunque, si parlerà nel Sinodo indetto dal Santo Padre per
l’ottobre del 2005. Ricordiamo che il Sinodo dei Vescovi fu istituito da Paolo
VI con il Motu Proprio “Apostolica Sollicitudo” del 15 settembre 1965 con lo
scopo di “favorire l’unione e la collaborazione
dei vescovi di tutto il mondo” con la
Sede Apostolica, “mediante uno studio comune delle condizioni della
Chiesa e la soluzione concorde delle questioni relative alla sua missione”. Si
tratta, secondo le intenzioni di Papa Montini, di interrogare “i segni dei
tempi” e di cercare di “interpretare in profondità i disegni divini e la costituzione
della Chiesa cattolica”.
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IL SALUTO E LA BENEDIZIONE DEL
PAPA AGLI AMMALATI DELL’UNITALSI
IERI SERA NELLA BASILICA DI SAN
PIETRO
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“L’Immacolata è segno stupendo della vittoria della
vita sulla morte, dell’amore sul peccato, della salvezza su ogni malattia del
corpo e dello spirito”.
“Guardando Maria – ha continuato il Pontefice - il
nostro cuore si apre alla speranza perché vediamo quali grandi cose Dio
realizza quando con umiltà ci rendiamo disponibili a compiere la sua volontà”:
“Ciò che ammiriamo già compiuto in Lei è pegno di
quanto Dio vuole donare ad ogni umana creatura, pienezza di vita, di gioia e di
pace”.
Ed è proprio ricordando le parole della Madonna nel
Magnificat: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”, il cardinale Camillo
Ruini ha poi sottolineato che a distanza di duemila anni in Lei il Signore
continua a fare grandi cose, nel segno innanzitutto della vittoria sul peccato,
origine di ogni male che c’è nel mondo:
“L’Immacolata Concezione è la primizia della
redenzione”.
Quindi, riferendosi al legame speciale tra la
Vergine di Lourdes e la malattia, il Porporato ha messo in evidenza che esso
non sussiste soltanto per le guarigioni straordinarie compiute mediante
l’intercessione di Maria, ma anche per quel fiume di solidarietà che in Lourdes
ha la sua fonte e che rende più fraterna ogni convivenza umana.
A tal proposito, il Cardinale Vicario ha ringraziato
gli infermieri, i barellieri ma soprattutto gli ammalati, “i quali – ha
affermato – nel misterioso scambio che regola l’economia della salvezza, sono
tra coloro che più danno agli altri”. E a confermare queste parole, sono gli
stessi volontari dell’Unitalsi:
R. – Tu pensi di aiutare loro ma sono loro ad
aiutare noi. Quando facciamo i viaggi a Lourdes si ritorna sempre felici e
contenti con questi ammalati. Torniamo più ricchi dell’amore che ci hanno dato
loro.
D. – Cosa la ha spinta ad occuparsi delle persone
malate?
R. – Quello che ricevo da loro mi ha spinto. La
sensazione e la bellezza che ho dentro di me.
R. – E’ una cosa che mi sento dentro.
R. – Mi piace aiutare queste persone, perché è anche
uno stimolo per la mia persona.
R. – Questi nostri fratelli e queste nostre sorelle,
pur portando immani sofferenze, hanno la gioia e la pace dell’amore di Dio, che
viene da questo luogo in cui si sente palpabile la presenza di un qualcosa di
diverso.
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ALTRE
UDIENZE
Nel corso della mattina, il
Santo Padre ha ricevuto in successive udienze il cardinale Stephen Fumio Hamao,
presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli
itineranti, con l’arcivescovo Agostino Marchetto, e con il reverendo padre Michael
A. Blume, rispettivamente segretario e sottosegretario del medesimo Pontificio
Consiglio.
Il Papa ha
ricevuto inoltre due presuli francesi in visita ad limina e mons. Vito
Rallo, inviato speciale, osservatore permanente presso il Consiglio d'Europa.
LA VITA E LE SPERANZE DEI
CATTOLICI NELLA REGIONE ARABICA.
LA TESTIMONIANZA DEL CARDINALE
SEPE,
APPENA TORNATO DA UN VIAGGIO NEGLI
EMIRATI ARABI UNITI
Il
cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione
dei popoli, ha compiuto recentemente un importante viaggio negli Emirati Arabi
Uniti dove ha conferito l’ordinazione episcopale al religioso cappuccino Paul
Hinder, nominato dal Papa vescovo ausiliare del Vicariato apostolico di Arabia.
Il Vicariato, istituito nel 1889 e affidato ai cappuccini, è la più estesa
circoscrizione ecclesiastica al mondo: ha una superficie di oltre 3 milioni di
kmq e comprende 6 Stati del Golfo arabico, con circa 42 milioni di abitanti,
per lo più musulmani. I cattolici sono un milione e 400 mila, quasi tutti immigrati.
Sull’importanza di questo viaggio ascoltiamo il cardinale Sepe al microfono di
Giovanni Peduto:
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R. – E’ la prima volta che si fa un’ordinazione episcopale
in un territorio come gli Emirati Arabi. Quindi è stato un momento di
particolare rilevanza.
D. – Come vivono i cattolici di questa zona a stragrande
maggioranza islamica?
R. – Si sa che questi cattolici vengono con uno scopo
preciso, quello di trovare lavoro in
questi Paesi che, per fortuna, offrono diverse possibilità. E’ chiaro
che, però, la vita di fede è tutta concentrata in questa azione promossa dal
Vicariato apostolico e quindi si riuniscono in momenti particolari.
Innanzitutto per la celebrazione della Santa Sede, tenendo presente che la
domenica è un giorno lavorativo, mentre invece il giorno di festa è il venerdì.
Pertanto devono adattare le esigenze di vita cristiana a quella che è la realtà
sociale di questi Paesi.
D. – Come va in questa area il dialogo tra Chiesa
cattolica e Islam?
R. – Ci sono degli ottimi rapporti. Quindi è un dialogo
sereno, aperto, naturalmente con quelle limitazioni, con quelle difficoltà che
tutti conosciamo, ma che permette almeno nei recinti dove si trova la Chiesa,
dove si trova la casa del vescovo, dove ci sono le scuole, di svolgere
un’azione religiosa e sociale.
D. – Cosa porta con sé da questo viaggio?
R. – E’ stata una scoperta perché non pensavo di trovare
una comunità così viva, così impegnata, così dinamica e così partecipativa a
tutta quella che è la vita della Chiesa in questo Paese. Soprattutto, anche,
questo senso di unità della Chiesa
perché, pur provenendo da vari Paesi e quindi con una tradizione culturale e
religiosa diversa, si sentivano tutti una sola famiglia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“L’Immacolata è segno stupendo della vittoria della vita sulla morte”:
l’incontro di Giovanni Paolo II con il “popolo della sofferenza” nella Basilica
Vaticana, in occasione della Giornata mondiale del Malato.
Sempre in prima, un articolo di
Angelo Marchesi dal titolo “Precisi richiami di Giovanni Paolo II sull’odierno
contesto culturale”: il discorso alla Plenaria della Congregazione per la
dottrina della fede.
Nelle vaticane, le parole di
saluto rivolte dal Papa rispettivamente al Presidente della Colombia, al Primo
Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, al Ministro degli esteri
dell’Iran.
Due pagine dedicate al cammino
della Chiesa in Italia.
Nelle estere, in rilievo
l’Iraq, dove si susseguono gli episodi di violenza; per il Segretario di Stato
Usa è imminente l’intervento della Nato.
Un articolo di Gabriele Nicolò
su un rapporto della Fao dedicato alle strategie dirette a combattere, in modo
sempre più efficace, la produzione di oppio.
Nella pagina culturale, un
articolo di Antonio Russo su un volume dedicato all'apologetica e alla teologia
fondamentale.
Una monografica da titolo “A
140 anni dalla morte della serva di Dio Giulia Colbert Falletti marchesa di
Barolo”.
Nelle pagine italiane, la
verifica di Governo: confronto sul documento finale.
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12 febbraio 2004
RICORDARE
IL DRAMMA DELLE FOIBE IN ITALIA. DOPO LE CERIMONIE PER L’ANNIVERSARIO DI DUE
GIORNI FA, LA CAMERA HA VOTATO IERI
PER
L’ISTITUZIONE DI UNA GIORNATA DELLA MEMORIA
- La
testimonianza di Nidia Cernecca. -
Torniamo
a parlare delle foibe, dopo che ieri in Italia la Camera ha approvato a grande
maggioranza la legge che concede un riconoscimento ai familiari delle vittime e fissa al 10 febbraio la giornata della
memoria. Sembra scontata la prossima conferma al Senato. Le foibe,cavità
naturali del Carso e dell'Istria, sono il simbolo di alcuni dei più tragici episodi
della guerra in Italia, quando, fra il '43 e il '45, numerosi italiani e oppositori
del regime comunista jugoslavo furono gettati in queste cavità e fatti
scomparire per sempre. Sui numeri relativi ai diversi episodi non ci sono
ancora dati certi in base ai documenti e al materiale trovato negli archivi
dell' ex Jugoslavia; l'ipotesi ritenuta più probabile è che le persone scomparse siano state fra 4.000 e 6.000, tra
civili e militari, anche se ci sono stime che arrivano fino a 17.000. In ogni
caso, resta il dolore di chi è stato segnato dalla tragedia. Paolo Ondarza ha
raccolto la testimonianza di Nidia Cernecca. Era tra migliaia di italiani che
fuggirono dall’Istria, da Fiume e da Zara e suo padre è tra le vittime di
quella cieca violenza:
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R. – E’ stato caricato con un sacco di pietre sulle
spalle, per circa cinque o sei chilometri, poi portato in un bosco dove l’hanno
legato ad un ciliegio che ancora esiste e che per noi è la sua pietra tombale.
L’hanno lapidato con questo sacco di pietre, dopo di ché hanno scoperto che in
bocca aveva due denti d’oro e allora l’hanno decapitato e hanno portato la
testa ad un orologiaio che si è preso le due capsule d’oro.
D. – Signora Nidia, che cosa ha significato per lei in
questi anni questo silenzio rispetto alla questione delle foibe?
R. – Io dovevo scoprire come papà aveva affrontato questo
modo di morire. Quasi 20 mila condannati furono gettati nelle foibe, furono
lapidati, furono seviziati, annegati con le pietre al collo ... però, le
reazioni umane son sempre diverse: chi piangeva e chi si disperava, chi
impazziva. Io non ero paga fin quando non ho saputo come papà ha affrontato
questa sua tragicissima sorte. Quando ho saputo che l’aveva affrontata con
molto coraggio e con molta dignità, ho pensato che forse era suo desiderio che
anche sua figlia fosse coraggiosa come lui. Allora mi sono dedicata all’educazione
nelle scuole, tra i giovani ...
D. – Una storia, quella di suo padre, che lei ha cercato
di ricostruire. Ed è una storia che oggi viene in un certo senso riproposta o
forse ‘proposta’ per la prima volta a tutti gli italiani ... Che cosa vuole dire
per lei l’istituzione di questa ‘Giornata della memoria delle foibe’?
R. – Sono passati troppi anni: sessanta! Oggi non può dare
soddisfazione soltanto una memoria fine a se stessa. La memoria deve essere
accompagnata dalla verità e dopo la verità viene la giustizia e dopo la
giustizia viene la pace, il nostro è stato un esodo da profughi, da esuli,
perché, purtroppo, dopo il Trattato del 1947, non possiamo ritornare nella
nostra patria, non possiamo avere il nostro camposanto, non possiamo avere più
nulla. Quindi, noi vogliamo giustizia. Non l’abbiamo avuta per i nostri morti:
non sono mai stati riconosciuti nemmeno innocenti, giacché colpevoli solo di
essere italiani. Adesso pretendiamo di vedere rispettati i diritti dell’uomo.
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200
ANNI DALLA MORTE DI IMMANUEL KANT, MOLTE LE INIZIATIVE PER RICORDARE IL MASSIMO
FILOSOFO TEDESCO CHE HA SEGNATO IL PENSIERO DELL’OCCIDENTE
-
Intervista con il prof. Giuseppe Modica -
A 200
anni dalla morte di Immanuel Kant, dibattiti
e cerimonie rievocative ripercorrono il bagaglio di pensiero che il
massimo filosofo tedesco ha lasciato. In particolare nella città dove Kant è
nato, nel 1724, le iniziative culturali sono accompagnate anche da una scelta
politica: proprio oggi nella cittadina, che allora si chiamava Koeningsberg e apparteneva
alla Prussia orientale e che oggi si chiama Kaliningrad e appartiene alla
Russia, viene inaugurata, alla presenza del ministro degli esteri Fischer, la
prima rappresentanza diplomatica tedesca,
dopo dieci anni di trattative tra Germania e Russia. Nella stessa cittadina
Kant ha sempre vissuto, ha insegnato, ha scritto le sue opere e il 12 febbraio
del 1804 è morto. Ma la profondità della sua riflessione ha valicato confini
ben più ampi, segnando profondamente la cultura dell’Occidente. Di tanti,
lunghi, articolati scritti tentiamo di focalizzare un aspetto di quanto rimane
di più significativo per il sentire moderno. Scegliendo il tema kantiano
dell’imperativo categorico Fausta Speranza ha chiesto aiuto al prof. Giuseppe
Modica, ordinario di filosofia morale e presidente del Corso di laurea in filosofia
e scienze etiche all’Università di Palermo.
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R. – Si capisce l’imperativo categorico ricordando sempre
un assunto chiave di tutto il pensiero kantiano: il rapporto tra moralità e
libertà. Kant rivendica un rapporto intrinseco tra moralità e libertà perché
non c’è l’una senza l’altra. Le due categorie si richiamano a vicenda a
conferma del fatto che l’imperativo categorico è certamente assoluto e perentorio
proprio perché ha dinanzi a sé una libertà che in qualsiasi momento può
disfarne l’imperatività. E’ quindi importante capire che l’appello kantiano è
un appello rivolto alla capacità dell’uomo di realizzare la legge morale nella
sua assolutezza e nella sua universalità, senza cedimenti a forme di
utilitarismo o di sentimentalismo che possono inquinarne la purezza. Credo che
questo sia importante considerando la ricaduta che può avere il messaggio
kantiano sul mondo contemporaneo.
D. – Oggi è molto difficile parlare di “morale”, eppure
c’è profondità di pensiero e di sensibilità dietro a questo termine. Che cosa
impariamo da Kant, che ha saputo parlarne tanto?
R. – Con un’espressione assolutamente generalista ma anche
metaforica possiamo definire il mondo di oggi come il mondo variegato
dell’industria e del commercio. E vi siamo tutti immersi e sommersi. Ci porta a
considerare le persone come mezzi, come mezzi utilizzabili per il
raggiungimento di scopi, che in genere riguardano direttamente noi. Spesso,
quindi, la persona è asservita a questo intendimento. L’appello kantiano, anche
qui posto sotto forma di imperativo categorico, è quello per cui nessuno deve
mai trattare se stesso o gli altri semplicemente come mezzo ma sempre ed anche
come fine. Questo è fondamentale. La distinzione che Kant fa tra il valore
inteso come prezzo e il valore inteso come dignità è essenziale, anche per comprendere
non solo l’attualità di Kant ma anche
l’esemplarità. Quando una cosa ha un prezzo possiede un valore relativo e
perciò è commerciabile e può essere comprata, costasse pure tutto l’oro
dell’universo. Quando, invece, una cosa ha dignità, non è commerciabile, non può essere comprata ma ha un valore
assoluto e incondizionato. E’ proprio la dignità e non il prezzo ciò che
contraddistingue la personale morale, secondo Kant.
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12 febbraio 2004
A
SORPRESA L’ANNUNCIO A WASHINGTON DI UN ESPERIMENTO MAI RIUSCITO PRIMA
DI
CLONAZIONE DI UN EMBRIONE UMANO E SELEZIONE DI CELLULE STAMINALI.
A
REALIZZARLO SONO STATI SCIENZIATI AMERICANI E SUD COREANI
NELL’UNIVERSITA’
NAZIONALE DI SEUL. SI RIAPRE IL DIBATTITO
SU UN
TEMA TANTO CONTROVERSO PER LE IMPLICAZIONI ETICHE,
E NON
SOLO, COLLEGATE ALLA CLONAZIONE UMANA
NEW
YORK. = Scienziati americani e sud-coreani hanno annunciato negli Stati Uniti
di aver clonato un embrione umano ed essere riusciti a selezionare le
cosiddette cellule staminali embrionali, al centro di un ampio ed aspro
dibattito per le possibilità che aprono in campo medico, ma anche per le
implicazione etiche che sollevano. L'esperimento rappresenta la prima clonazione
del genere e riapre le polemiche sulla clonazione umana. Ciò che è stato
eseguito alla Seul National University - secondo i risultati presentati a
Washington - è una cosid-detta ‘clonazione terapeutica’, che prevede la
creazione di embrioni per estrarre cellule staminali, che vengono poi coltivate
per ricreare particolari tessuti umani. La tecnica, estremamente controversa,
secondo i fautori potrebbe dare impor-tanti risultati nella lotta al diabete,
al morbo di Parkinson e ad altre malattie, ma richiederà comunque ancora molti
anni prima di poter essere sperimentata su persone. L'amministrazione Bush e il
Congresso degli Usa stanno cercando di ottenere legislazioni internazionali che
rendano questo tipo di sperimentazione illegale negli Usa e nel resto del
mondo. I tentativi di clonare un embrione umano per ottenere cellule staminali
fino ad ora erano falliti. Lo studio attuale, guidato dal professor Woo Suk
Hwang, sarà pubblicato sul prossimo numero della rivista “Science”. (R.G.)
DA
OGGI A SABATO NELLA CITTA’ MESSICANA DI PUEBLA
SI
COMMEMORA IL 25 MO ANNIVERSARIO
DELLA
TERZA CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO
- A
cura di Roberta Gisotti -
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PUEBLA. = 25 anni fa a Puebla le Chiese latinoamericane si
riunivano per fare il punto sull’evangelizzazione nel loro Continente e
progettarne il futuro. Una grande Conferenza cui partecipava anche il Papa,
aprendo i lavori il 28 gennaio del 1979: era il suo primo viaggio apostolico
internazionale. Ed oggi Puebla segna come allora un evento ecclesiale storico.
Per l’occasione sono giunti i responsabili attuali e del passato del Celam, il
Consiglio episcopale latinoame-ricano, insieme ai presidenti dei vescovi
dell’America Latina e dei Caraibi e, in qualità di invitati, i presidenti dei presuli
statunitensi e canadesi. Oggi e domani in programma due giornate di studio per
definire contenuti e metodi della prossima V Conferenza generale
dell’episcopato latinoamericano. Sarà poi il cardinale Alfonso López Trujillo,
ad inaugurare la commemorazione, il 14 febbraio, con una relazione sulle sfide
affrontate a Puebla, una tappa essenziale nel cammino di rinnovamento della
Chiesa latinoamericana, alla luce del Concilio Vaticano II, attenta ai segni
dei tempi, in continuità con l’opzione preferenziale per i poveri, già espressa
nella Conferenza di Medellin del 1968. A Puebla 10 anni dopo quell’opzione
trovava nuova linfa vitale nell’esperienza degli episcopati tradotta nelle
realtà concrete del Continente e confermata come cammino evangelico di comunione
e partecipazione, in una visione di liberazione dell’uomo, che ha il suo centro
in Cristo e la sua sorgente ultima nella vita trinitaria. A suggellare la
chiusura dell’evento a 25 anni da Puebla, vissuti sotto la guida pastorale di
Giovanni Paolo II, sarà una Messa nel pomeriggio del 14 febbraio nella
Cattedrale de los Angeles, mentre nella mattina del 15 febbraio, i partecipanti
si riuniranno nella Basilica nazionale di Guadalupe, nella capitale federale,
per ricordare il 25mo della prima visita alla Chiesa in Messico del Santo
Padre.
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TREMILA PERSONE HANNO SFILATO PER
LE STRADE DI BOSTON
PER DIFENDERE IL MATRIMONIO
TRADIZIONALE IN VISTA DI POSSIBILI APERTURE LEGISLATIVE ALLE UNIONI OMOSESSUALI
NELLO STATO DEL MASSACHUSETTS
BOSTON.
= Si è svolta l’8 febbraio a Boston, una manifestazione per difendere il valore
del matrimonio tradizionale. Hanno sfilato per le strade circa tremila persone,
in vista dell’inizio dell’iter parlamentare dell’emendamento alla Costitu-zione
del Massachusettes. Con esso verrebbe sancita la definizione del matrimo-nio
quale unione tra un uomo e una donna. Se approvato, esso annullerebbe la
controversa sentenza della Corte Suprema dello Stato, che lo scorso 18
novembre, ha dichiarato incostituzionale il divieto legale a matrimoni civili
tra persone dello stesso sesso. Sono quindi scesi in campo in questi mesi i
vescovi del Massachussetts che stanno mobilitando gli elettori, per ottenere
dai loro rappresentanti un voto favorevole e il rinvio dell’applicazione della
sentenza a dopo il referendum popolare, sul testo approvato dal Parlamento
statale. I presuli hanno dichiarato, unanime, l’obbligo da parte del
legislatore, di prendere in considerazione l’opinione dei cittadini. Diverse le
personalità politiche che sono intervenute tra cui l’arcivescovo di Boston,
mons. Sean O’Malley, il quale, salito sul podio, ha ribadito con forza
l’importanza del matrimonio: “Siamo qui perché preoccupati per il matrimonio e
la famiglia. Un matrimonio e una famiglia solidi sono un bene per il Paese e la
società intera”. (F.C.)
DAL
VATICANO ARRIVA A GENOVA IL PROSSIMO 14 FEBBRAIO “VISIONI ED
ESTASI”,
UN’ESPOSIZIONE
PITTORICA DELL’ARTE BAROCCA SULLA VITA
DEI SANTI
GENOVA.
= Dai musei Vaticani arriva a Genova, il primo grande appuntamento espositivo
della città, la quale vestirà per il 2004 i panni di capitale europea della
cultura. Sono sessanta le opere d’arte, che compongono la mostra “Visioni ed
estasi”, in esposizione a Palazzo Giustiniani Franzoni, dal 14 febbraio a 16 mag-gio
2004. Le tele, che portano le firme di Caravaggio, Guercino, Bernini e
Gentileschi sono solo alcune dei capolavori della pittura europea, posti a
confronto come straordinari esempi di raffigurazione delle visioni mistiche dei
Santi. Dunque, un occasione per contemplare sia le scene della loro vita, dei
miracoli, della predicazione e della rappresentazione del rapporto diretto con
Dio, sia l’arte della pittura barocca, alla base del racconto espositivo. Una
mostra di richiamo internazionale, che svela alla città il palazzo
cinquecentesco, voluto nel 1550 dal cardinale genovese Vincenzo Giustiniani e
recentemente ristrutturato dalla Fon-dazione Franzoni. L’esposizione, allestita
in collaborazione con il ministero dei Beni culturali, è stata scelta anche come
evento della riapertura di questo edificio storico. (F.C)
IL
CICLONE ‘ELITA’ TORNA A COLPIRE PER LA TERZA VOLTA IL MADAGASCAR,
ISOLA
AFRICANA, NELL’OCEANO INDIANO.
19 I
MORTI E 4 I DISPERSI, IL BILANCIO UFFICIALE DELLE AUTORITA’
ANTANARIVO. = Diciannove morti e 4 dispersi: è il bilancio
diffuso dalle autorità del Madagascar e legato al passaggio del ciclone ‘Elita’
che dal 28 gennaio si è abbattuto per ben tre volte sulla grande isola
africana, nelle acque dell'Oceano Indiano. “Il bilancio avrebbe potuto essere
molto più grave, ma siamo riusciti ad attivare in tempo la rete dei soccorsi e
degli aiuti, salvando numerose persone”, ha detto il ministro degli Interni. I
ripetuti passaggi dell'uragano hanno causato anche 96 feriti e oltre 40mila
senza tetto. “È la prima volta che un ciclone colpisce per tre volte
consecutive l’isola”, ha aggiunto il ministro, sottolineando che tra le aree
maggiormente danneggiate figurano la provincia della capitale Antananarivo,
tradizionalmente risparmiata dagli uragani, e quelle di Mahajanga e
Fianarantsoa. (R.G.)
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12
febbraio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq non si interrompe la catena di odio che ha
recentemente devastato i centri di reclutamento della polizia a Iskandariya
e dell’esercito a Baghdad
causando la morte di almeno 100 persone. Due soldati americani sono, infatti,
rimasti uccisi ieri sera, nella capitale irachena, per l’esplosione di una
bomba. Sul fronte diplomatico si deve intanto registrare l’incontro, svoltosi
questa mattina a Najaf, tra l’inviato dell’Onu, Lakhdar Brahimi, e l’ayatollah,
Ali Sistani. Al termine del colloquio, Brahimi ha detto che le Nazioni Unite appoggiano
la richiesta, lanciata dall’ayatollah, di indire nel Paese arabo libere
elezioni prima del prossimo 30 giugno. Sulla complessa situazione irachena
ascoltiamo il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, al
microfono di Giancarlo La Vella:
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R. – Elezioni, però, non adesso. La situazione è molto
precaria: non avete sentito che cosa succede?
D. – C’è qualcuno che sta fomentando la rivolta?
R. – Certamente ci sono. E’ impossibile che tutto ciò sia
opera degli iracheni. Chi sia non si sa, però si sa che è gente che non ama
l’Iraq, che vuole dividere il Paese, che vuole male al popolo iracheno. Per
questo si pensa che si tratti di persone che vengono da fuori e vogliono far
scoppiare altre cose come hanno fatto altrove.
D.- Mons. Warduni è una emergenza questa che si aggiunge
all’emergenza già esistente. Che cosa possono fare le truppe straniere che si
trovano in Iraq?
R. – Prima di tutto possono lavorare, come stanno facendo
per la pace, per il bene della nazione. Proprio adesso ho sentito uno che
diceva: tutti dobbiamo aiutare quelli che si trovano qui, per esempio i
giapponesi, perché sono venuti per il bene degli iracheni, non per fare loro
del male. Se c’è chi semina divisioni, paura, che cosa possono fare? Cercare di
fare del loro meglio.
D. - Quando, secondo lei, l’Iraq sarà pronto per voltare
pagina, per avere sue istituzioni, per avere una sua indipendenza?
R.- Se le cose vanno così è impossibile fare previsioni.
Noi speriamo che sarà il più presto possibile, ma dire un anno, due anni, un
mese, due mesi sarebbero previsioni non realistiche. Continuiamo a pregare.
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È
salito ad almeno 41 morti il bilancio dell’attentato di venerdì scorso nella
metropolitana di Mosca: lo ha annunciato poco fa il procuratore aggiunto della
capitale russa, aggiungendo che 38 di loro sono già stati identificati. La
magistratura russa ha, inoltre, condannato a 7 anni di carcere un poliziotto
che in cambio di una tangente aveva facilitato l’ingresso nel Paese di una
donna cecena, poi rivelatasi una delle kamikaze nell’azione terroristica al
teatro Dubrovka, in ottobre 2002.
Riparte
il processo di pace per l’Abkhazia. Questo in sintesi il risultato del lungo
faccia a faccia di ieri a Mosca tra il presidente russo Putin e quello
georgiano Saakashvili, per tentare di rianimare un dialogo bloccato da anni di
tensioni.
Nella Corea del Sud militanti di
un’organizzazione umanitaria hanno mostrato oggi uno sconcertante documento
attribuito alla polizia segreta del regime di Pyongyang, che proverebbe l’uso
di armi chimiche contro prigionieri politici rinchiusi nei campi di concentramento.
La terribile ipotesi è stata avanzata anche dall’emittente televisiva britannica
‘Bbc’ che ha proposto, la scorsa settimana, la testimonianza di un rifugiato
sui drammatici crimini commessi ai danni dei detenuti.
La dichiarazione sul programma nucleare
fornita lo scorso mese di novembre dall’Iran all’Agenzia internazionale per
l’energia atomica potrebbe essere incompleta. Gli ispettori dell’Onu - scrive
oggi il quotidiano britannico Financial Times - hanno infatti scoperto il
progetto per altri esperimenti mai dichiarati dall’esecutivo di Teheran.
Ancora
violenze ad Haiti. Almeno 5 persone sono rimaste uccise, ieri, negli scontri
tra oppositori e fedelissimi del presidente Aristide a Saint Marc, nel Nord
dell’isola caraibica. Sale così a 43 il bilancio delle vittime degli scontri, ripresi
con violenza giovedì scorso.
La
tensione è molto alta anche in Bangladesh, dove lo sciopero generale indetto
per oggi dall’opposizione è sfociato nel sangue. Gli scontri nelle strade della
capitale, Dhaka, hanno provocato almeno 25 feriti, tra cui un ex ministro. La
Lega Awami, formazione che si oppone al Partito nazionalista del Bangladesh,
attualmente al potere, ha annunciato nuove iniziative analoghe per costringere
il governo alle dimissioni prima di ottobre 2006, naturale scadenza del
mandato.
In
Asia cresce l’allarme per l’influenza aviaria. In Cina è stato individuato un
nuovo focolaio, in Vietnam una persona di 22 anni è risultata positiva al test
dell’influenza e in Thailandia un nuovo caso ha colpito un bambino di 13 anni.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha intanto escluso che due sorelle
vietnamite, morte recentemente, siano state infettate per una trasmissione umana
del virus. La Russia ha annunciato oggi la sospensione dell’importazione di
pollame dallo Stato americano del Delaware dopo i casi di influenza aviaria registratisi
nei giorni scorsi in questa area.
Si
concludono oggi a Pechino le consultazioni bilaterali tra Cina e Stati Uniti sulla
difesa strategica. La delegazione statunitense ha espresso la propria
preoccupazione per i missili cinesi puntati verso Taiwan.
In Egitto è affondato un battello al largo di Sharm El
Sheikh. Fonti locali hanno rivelato che nell’incidente sono morti tre ragazzi
tra i 15 e i 16 anni che frequentavano una scuola americana al Cairo. La nota
località del Mar Rosso è stata protagonista di un'altra tragedia lo scorso 3
gennaio quando precipitò un aereo causando la morte di 148 turisti, la gran
parte francesi.
Allarme terrorismo. La compagnia aerea ‘British Airways’
ha cancellato stamani, per motivi di scurezza, due voli diretti, uno negli
Stati Uniti, a Washington, e l’altro in Arabia Saudita, a Riad.
Il presidente
statunitense, George Bush, ha presentato una serie di proposte per inasprire la
lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Intanto ieri
è uscito di scena dalla corsa alla nomination democratica il generale Wesley
Clark.
Il ministro della Giustizia della città tedesca di
Amburgo, il 49.enne Roger Kusch, è stato accoltellato e leggermente ferito ad
una gamba. Una donna, autrice dell’agguato, è stata subito fermata.
In Italia il mondo economico
continua ad essere sconvolto dagli inquietanti effetti della cosiddetta
“finanza creativa”. Dopo il caso Parmalat, per il quale l’Europarlamento ha approvato
stamani una risoluzione per chiedere l’istituzione di una autorità europea di
vigilanza, sono cominciati gli interrogatori nel carcere di Regina Coeli per le
persone arrestate ieri nell’ambito dell’inchiesta sulla Cirio. L’assemblea
plenaria dell’Europarlamento ha anche approvato, all’unanimità, una risoluzione
sul settore siderurgico e sulla minacciata chiusura di un reparto delle
acciaierie di Terni.
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