RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 39 - Testo della Trasmissione di domenica 8 febbraio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La sofferenza e la speranza nelle parole del Papa all’Angelus, in vista della Giornata mondiale del malato, l’11 febbraio, che quest’anno si celebra a Lourdes. Dopo la preghiera mariana un omaggio al mondo del lavoro parlando agli operai delle acciaierie di Terni, in crisi d’occupazione

 

Politiche serie di sostegno alla famiglia, ispirate da principi etici, di giustizia e solidarietà: le ha chieste ancora una volta a nome della Santa Sede l’arcivescovo Migliore parlando all’Onu.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi a Kabul si è aperta la Conferenza internazionale sul problema della droga in Afghanistan: intervista con Antonio Maria Costa

 

70 anni fa la nascita dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Domani a Roma convegno nazionale sul significato spirituale ed esistenziale della “sosta”: ai nostri microfoni padre Cesare Atuire

 

A dieci anni dal violento conflitto etnico in Rwanda, il Tribunale internazionale dell’Onu ad Arusha cerca faticosamente di fare luce sulle responsabilità: ce ne parla Flavia Lattanzi

 

“30 ore per la vita”, alla decima edizione la maratona televisiva a scopo di beneficenza: con noi Mario Marazziti e Lorella Cuccarini.

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’Onu è il maggiore strumento di coordinamento della vita internazionale e gli Stati devono rispettarne il ruolo, rinunciando ad azioni unilaterali: così il cardinale Martino al Convegno dei giuristi cattolici italiani.

 

Blocco Totale del traffico a Roma e Milano a causa delle polveri sottili.

 

In Egitto sono numerosi i casi di intolleranza verso i convertiti al Cristianesimo dall’Islam.

 

“Il medico di fronte ai miracoli” è il titolo di un libro sulle guarigioni a Lourdes

 

“Bhopal: una tragedia dimentica”:  è il titolo della mostra fotografica che si è aperta a Ferrara

24 ORE NEL MONDO:

Elezioni in Iran, il ministero degli Esteri ammonisce: no ad interferenze Usa e Ue

 

Medio Oriente, incursione israeliana a Gaza: ucciso un attivista palestinese

 

Italia: ancora tensione nella maggioranza per la verifica di governo.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 febbraio 2004

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        

LA SOFFERENZA E LA SPERANZA NELLE PAROLE DEL PAPA OGGI ALL’ANGELUS,

ALLA VIGILIA DOMANI NEL SANTUARIO MARIANO DI LOURDES

DELLE CELEBRAZIONI  PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Lo “speciale rapporto” tra l’Immacolata i malati: ne ha parlato Giovanni Paolo II, invocando la protezione della Madonna su quanti prenderanno parte da domani ai vari eventi in programma a Lourdes, dove si apriranno le celebrazioni per la XII Giornata mondiale del malato, che ricorre l’11 febbraio. Dopo aver toccato tutti i continenti, la ricorrenza torna infatti quest’anno nella località pirenaica, che nel 1993 ha ospitato la prima Giornata dedicata dalla Chiesa al mondo della sofferenza. In questo anno 2004 – come ha ricordato il Papa -  cade infatti il 150º anniversario del Dogma dell'Immacolata, proclamato nel 1854 dal beato Pio IX, di cui ieri si è celebrata la festa. E pochi anni dopo, l'11 febbraio 1858 a Lourdes, la Vergine Maria apparve per la prima volta a Bernadette, rivelandole di essere l'Immacolata Concezione.

 

“E’ noto – ha aggiunto il Santo Padre - lo stretto legame” che unisce la madonna di Lourdes al mondo della sofferenza e della malattia. E per questo nel Santuario “i malati sono da sempre protagonisti, e Lourdes è diventata, nel corso degli anni, un’autentica cittadella della vita e della speranza”.

 

“Come poteva essere altrimenti? L’Immacolata Concezione di Maria è, infatti, la primizia della redenzione compiuta da Cristo e  pegno della sua vittoria sul male.”

 

Il pensiero del Papa è andato poi alla solenne liturgia eucaristica che domani a Lourdes sarà presieduta dal suo inviato speciale, il cardinale Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute. Santa Messa, che inaugurerà la tre giorni di preghiera e di studio sul tema "L’Immacolata Concezione e la salute nelle radici cristiane dell’Europa".

 

Giovanni Paolo II ha reso poi omaggio dopo la preghiera mariana al mondo del lavoro, rivolgendosi agli operai della acciaierie di Terni, venuti in pellegrinaggio a piedi a Roma “per richiamare l’attenzione sulla crisi occupazionale di quel grande complesso industriale”:  proprio lì - ha rammentato il Papa - dove “il 19 marzo del 1981 feci la prima visita pastorale ad una fabbrica italiana”.

 

“Cari lavoratori, come dissi allora, apprezzo in voi la ferma volontà di “difendere il vostro lavoro e la sua dignità. Vi sono vicino nella presente difficoltà ed auspico che ad essa si possa trovare una soluzione equa per

voi e per le vostre famiglie”.          

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NEL DECIMO ANNIVERSARIO DELL’ANNO DELLA FAMIGLIA

LA SANTA SEDE RINNOVA LA RICHIESTA DI POLITICHE DI SOSTEGNO

ALLA CELLULA FONDAMENTALE DELLA SOCIETA’

 

Rispettare l’istituzione della famiglia e sostenerla con politiche adeguate, questo l’invito rinnovato da mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, intervenuto ai lavori della  Commissione per lo Sviluppo Sociale dell’Onu. Sui contenuti sentiamo Benedetta Capelli.

 

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Nel decimo anniversario dell’Anno della Famiglia, la Santa Sede, attraverso l’intervento di mons Celestino Migliore, ha voluto ancora una volta invitare tutte le Nazioni ad investire sulle politiche della famiglia, che “ha un ruolo fondamentale nella realizzazione di  una società sana”. Ribadendo che essa è un’istituzione naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, mons Migliore ha ricordato che costituisce una comunità d’amore e solidarietà, pertanto in essa si realizza l’integrazione tra tutti i membri che la compongono siano giovani, anziani o portatori di handicap.

 

Citando il rapporto sulla situazione sociale 2003, il presule ha ricordato come i maggiori disagi sociali derivino dalla mancanza di equilibrio all’interno della famiglia e pertanto ha invitato ad investire in essa per arginare questa tendenza. Politiche famigliari, dunque, che rispondano a principi etici e  che risolvano la crisi sociale, non solo detrazioni fiscali e assistenza pubblica ma provvedimenti che assolvano  ad un dovere di giustizia e di solidarietà. Sulla protezione speciale che i governi devono dare alla famiglia, l’arcivescovo Migliore ha insistito che difenderne la sovranità  significa contribuire alla sovranità delle Nazioni. “Riconoscere i diritti della famiglia - ha concluso - costituisce un aspetto fondamentale per la salvaguardia dei diritti dell’uomo”

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 febbraio 2004

 

                                                                                                              

OGGI A KABUL, CONFERENZA INTERNAZIONALE SUL PROBLEMA

DELLA DROGA IN AFGHANISTAN

- Intervista con Antonio Maria Costa -

 

80mila ettari di territorio coltivato, circa 3.800 le tonnellate prodotte. Sono solo alcuni dei dati concernenti la coltivazione di oppio in Afghanistan: un problema che incombe su un Paese in costruzione, sia dal punto di vista istituzionale che da quello delle infrastrutture. Per fare il punto della situazione si è aperto oggi a Kabul la Conferenza internazionale sul problema della droga in Afghanistan.

 

All’appuntamento sono presenti i membri del governo afghano, rappresentanti dei Paesi impegnati nella lotta contro la droga in Afghanistan e responsabili di organizzazioni internazionali, tra i quali il direttore esecutivo dell’Ufficio droga e crimine dell’Onu, Antonio Maria Costa. Salvatore Sabatino lo ha raggiunto telefonicamente, e gli ha chiesto quanto incide la coltura dell’oppio sull’economia globale del Paese:

 

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R. – Indubbiamente, il meccanismo di assistenza al Paese che è stato montato a seguito degli Accordi di Tokyo e più tardi degli Accordi di Bonn prevede aiuti ingenti; però, dobbiamo comprendere bene la natura del problema al fine di poter centrare e focalizzare gli aiuti. In primo luogo, pur se il raccolto è così ampio, esso tocca solamente meno del 2 per cento del suolo dell’Afghanistan e vede coinvolti nella coltivazione e nel traffico – secondo nostre stime – non più del 5 per cento della popolazione. Di conseguenza, il problema è proprio nel volume modesto delle risorse. Però, la differenza dei prezzi – cioè, il prezzo dell’oppio rispetto al prezzo del grano o delle altre colture – è così alta, che l’oppio rimane e diventa una tentazione fortissima, soprattutto nelle condizioni di povertà. Quindi, dobbiamo concentrare l’attenzione sulle due dimensioni: aiutare i contadini affinché riducano le coltivazioni o addirittura azzerino le coltivazioni, e lottare aspramente contro i trafficanti.

 

D. – Ecco, invece, dottor Costa, quali risultati a due anni dalle importanti decisioni assunte dal governo Karzai?

 

R. – Da un punto di vista politico, ovviamente, l’Afghanistan ha fatto dei passi giganteschi. Purtroppo, il Paese è ancora ‘fratturato’ in 32 province, non sempre direttamente controllate dal centro, da Kabul ed è condizionato da una forte presenza dei cosiddetti ‘signori della guerra’. Questi comandanti militari stanno prendendo brutte abitudini: hanno bisogno di risorse per le loro piccole ‘armate popolari’, e siccome Kabul non mette a loro disposizione risorse, ci sono i trafficanti che contribuiscono: questi comandanti militari applicano una specie di tassa al trasporto dell’oppio. Ed è questa commistione tra la criminalità organizzata dai trafficanti di oppio e gli obiettivi dei militari di rafforzare la loro presenza e le loro strutture, che crea delle forze centrifughe molto pericolose.

 

D. – Quali sono i risultati che vi aspettate da questo incontro?

 

R. – La mia speranza è, appunto, che si convalidi ulteriormente l’importanza di lavorare sia nella lotta durissima ai trafficanti all’interno del Paese quanto all’esterno, e in secondo luogo aiutare i contadini affinché escano dalla povertà: è una necessità storica per il Paese ma al tempo stesso lo facciano a partire dalla legalità, cioè coltivando prodotti alternativi e prodotti leciti.

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IL SIGNIFICATO SPIRITUALE ED ANCHE ESISTENZIALE DELLA ‘SOSTA’

NEL PELLEGRINAGGIO E NELLA VITA QUOTIDIANA

- Intervista con padre Cesare Atuire -

 

“Sostare lungo il cammino: il pellegrinaggio in un mondo che cambia”: se parlerà da domani e per tre giorni a Roma in un Convegno nazionale teologico-pastorale, ospitato a Roma presso la Domus Mariae. L’incontro è promosso dall’’Opera romana pellegrinaggi, che quest’anno compie 70 anni. Ad aprire i lavori sarà il saluto di mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato e direttore generale dell’Opera, cui farà seguito la prolusione del cardinale vicario Camillo Ruini. Ma perché la scelta di questo particolare tema della sosta? Giovanni Peduto ha intervistato padre Cesare Atuire, di origine ghanese

 

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R. – Il pellegrinaggio è nato come un’esperienza spirituale di crescita, di interiorità, ma oggi c’è la tendenza di voler fare tutto in poco tempo. Si corre quindi da un luogo all’altro, invece di lasciare tempo a sufficienza per l’esperienza ‘interiore’, per riscoprire l’interiorità. Per questo motivo abbiamo voluto tenere questo Convegno.

 

D. – Questo mondo ha sempre più fretta, sembra non avere mai tempo, e tra gli stessi cristiani spesso si sente dire: ‘Mi piacerebbe avere tempo da dedicare a Dio, ma non ne ho’. Cosa dire?

 

R. – Direi che è molto triste, perché si tratta in definitiva di qualità e non di quantità. Si può correre molto, fare tante cose, ma perdere quella serenità, quella capacità di riflettere, quella capacità di accogliere il senso profondo delle cose ... E poi, nelle cose di Dio non è tanto questione della quantità del tempo, ma è uno stile di vita che nasce da un atteggiamento, e dire: ‘Non ho tempo per Dio’, e lasciarsi prendere dall’urgenza e dimenticare l’importanza ...  Perché, a volte, noi viviamo in funzione delle urgenze e non guardiamo alle cose importanti. E’ necessario dare priorità alle cose importanti!

 

D. – Avete lanciato più volte appelli alla comunità cristiana a riprendere i pellegrinaggi in Terra Santa. Non è pericoloso in questo momento?

 

R. – Direi che non è più pericoloso che nel passato. In 70 anni che portiamo pellegrini verso la Terra Santa, non è mai accaduto nulla ad alcun pellegrino. Poi, i percorsi che noi proponiamo ai nostri pellegrini, sono percorsi studiati e analizzati e tutti quelli che vanno in Terra Santa oggi tornano contenti perché non solo hanno occasione di visitare i Luoghi Santi meno affollati, per cui si può contemplare, sostare e meditare profondamente; ma incontrano anche ‘le pietre vive’, che sono le comunità cristiane di Terra Santa che in questo momento hanno bisogno del sostegno dei loro fratelli cristiani, sparsi nel mondo.

 

D. – 70 anni dell’Opera Romana Pellegrinaggi: un bilancio?

 

R. – Direi che è un grande servizio, un’esperienza bellissima, una realtà nata all’interno della Chiesa di Roma, della diocesi di Roma e anche della Santa Sede perché, che ha avuto anche personaggi carismatici alla sua guida. L’Opera nasce negli anni Trenta quando si parlava di pellegrinaggio come di una pia devozione, poi negli anni Sessanta, con il Concilio e sotto la guida di mons. Davide Bianchi, la dimensione catechetica entra in modo molto profondo nel percorso dei pellegrinaggi dell’Opera Romana. A partire dagli anni Novanta, abbiamo mons. Liberio Andreatta come amministratore delegato che ha dato una dimensione ancora più ampia alla realtà dei pellegrinaggi: non solo ‘andare’ ai santuari, vivere la dimensione catechetica, ma anche andare verso l’uomo, verso il creato intesi come Santuario di Dio, tanto che i nostri pellegrini arrivano praticamente in tutto il mondo, dalla Cina all’Argentina. Una delle innovazioni portate da mons. Andreatta è stata quella di portare la Croce fino ai confini della terra: al Polo Sud e al Polo Nord.

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A 10 ANNI DALLO SCOPPIO DELLA GUERRA CIVILE IN RWANDA,

IL TRIBUNALE INTERNAZIONALE DELL’ONU

CERCA FATICOSAMENTE DI FARE LUCE SULLE RESPONSABILITA’

- Intervista con Flavia Lattanzi -

 

Dieci anni fa, il Rwanda veniva sconvolto dalla guerra civile tra le etnie Tutsi ed Hutu. Oggi a rendere ancora difficile il processo di riconciliazione è l’impunità di molti che si sono resi responsabili di crimini contro l’umanità. In questo senso, diventa preziosa l’attività del Tribunale internazionale per il Rwanda con sede ad Arusha, in Tanzania, operativo dal 1995. Finora, 81 persone sono state formalmente accusate di avere pianificato e istigato il genocidio, 56 di esse sono già state condannate e sono detenute in un centro delle Nazioni Unite.

 

 A fare il punto sull’attività e gli scopi del Tribunale per il genocidio in Rwanda è Flavia Lattanzi, giudice ad litem di questa Corte internazionale, e docente di diritto internazionale presso La Sapienza di Roma. L’intervista è di Stefano Leszczynski:

 

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R. – Certamente si può dire che l’impegno delle Nazioni Unite nell’accertamento di questi gravi atti di genocidio è di grosso rilievo; gli stessi numeri, che possono in fin dei conti sembrare molto esigui rispetto ad una tragedia che ha visto quasi un milione di vittime, vanno però valutate alla luce del fatto che questi Tribunali sono stati creati per cercare soprattutto di stimolare le giurisdizioni nazionali a fare il loro dovere.

 

D. – Quindi, un’azione di stimolo molto forte da parte delle Nazioni Unite nei confronti dei governi?

 

R. – Era necessario che la comunità internazionale intervenisse e dicesse: se non siete voi a fare il vostro dovere, noi ci sostituiamo a voi.

 

D. – Come si fa a capire quale era genocidio e quali erano magari invece crimini di guerra? Cioè: come si distinguono i reati commessi dalle due etnie in conflitto?

 

R. – Il genocidio ha una definizione con un ruolo cosiddetto specifico; l’intento specifico è quello di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale. Questo intento specifico, come è stato finora accertato dal Tribunale per il Rwanda, è un intento che ha visto la distruzione del gruppo etnico Tutsi da parte degli Hutu estremisti.

 

D. – Si ha un po’ l’impressione, appunto, che il Tribunale di Arusha abbia molte più difficoltà ad affrontare gli eventi che sono accaduti in quel Paese, rispetto a quanto avvenuto nei Balcani ...

 

R. – Le difficoltà ci sono e sono grandi, e ci sono anche per la ex-Jugoslavia. Per quel che riguarda il Tribunale per il Rwanda, se si pensa che quasi interamente il precedente governo rwandese, fatto fondamentalmente di Hutu estremisti, è qui ad Arusha detenuto oppure detenuto in altri Stati africani. Quindi, io non sono poi così d’accordo sul fatto che il Tribunale del Rwanda abbia più difficoltà di quante ne abbia quello per la ex-Jugoslavia. In certi momenti storici, per esempio, c’è stato un grosso gelo nei rapporti tra il Tribunale e il Rwanda. Poi, c’è da tenere conto che i sospettati dei crimini dal Tribunale per il Rwanda in verità si trovano in Stati africani che qualche volta hanno difficoltà a collaborare.

 

D. – Come ha vissuto lei il fatto di essere posta da una condizione di studio, quindi di teoria, dei crimini di guerra, del genocidio, trovarsi poi di fronte alla ‘pratica’?

 

R. – Anzitutto, certamente lo stupore che un tale genocidio sia stato possibile, di nuovo e alla fine del ventesimo secolo. Però questo, in fin dei conti, mi ha portato sempre a fare anche questa considerazione, che tutti noi – governi, docenti, studiosi, i media soprattutto – abbiamo fatto ben poco per diffondere il rispetto reciproco delle diversità. Non si è fatto assolutamente molto, non si fa ancora a sufficienza.

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“30 ORE PER LA VITA”: ALLA X EDIZIONE LA MARATONA TELEVISIVA

 A SCOPO DI BENEFICENZA. QUEST’ANNO I FONDI ALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

- Ai nostri microfoni Mario Marazziti e Lorella Cuccarini -

                                                                         

Partirà domani la decima edizione di “Trenta ore per la vita”, l’appuntamento televisivo con la solidarietà. Gli anziani saranno al centro della raccolta fondi destinata alla Comunità di Sant’Egidio, da anni promotrice di numerose iniziative a sostegno della terza età. Anche il Presidente della Repubblica, Ciampi, che ha incontrato due giorni fa una delegazione dei promotori dell’iniziativa, è intervenuto sul problema degli anziani. “Non ho una proposta concreta da fare – ha dichiarato - ma la via giusta è aiutare a sentirsi utili e rimanere là dove si è sempre vissuti… La direzione da percorrere - ha aggiunto il presidente Ciampi - è aiutare gli anziani a stare a casa loro”. Il servizio di  Benedetta Capelli.

 

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Per la prima volta in Rai, “Trenta ore per la vita” si presenta con un nuovo format ma con l’intento di sempre: sostenere associazioni impegnate nel campo della solidarietà. In quest’edizione dedicata al sostegno della terza età, tocca alla comunità di Sant’Egidio. Durante la scorsa estate, a causa dell’ondata di caldo, sono morti  almeno 20mila anziani, molti in stato di abbandono. Questo ha riproposto il problema del disagio in cui vive il 18% della popolazione italiana, e così Mario Marazziti portavoce della Comunità di Sant’Egidio invita a considerare gli anziani una risorsa.

 

“Questa età rischia davvero di essere una maledizione invece di essere quello che è, cioè una grande benedizione. In genere quando non si corrisponde più a quel modello di anziano efficiente, giovanile, l’unica soluzione è l’Istituto. Noi sappiamo che in Istituto, quest’estate, l’incremento dei morti è stato doppio del già incrementato numero degli anziani nelle grandi città. Come si fa? Ognuno di noi dovrebbe stare di più accanto al proprio anziano oppure si dovrebbe creare una rete a domicilio nelle case, per creare quei servizi che mancano, per cui l’anziano possa, anche con problemi, rimanere a casa propria. Tutto questo costa molto meno degli Istituti”.

 

Creare un modo più civile per vivere accanto agli anziani è la sfida proposta da Sant’Egidio. Molti gli obiettivi da raggiungere con le donazioni del pubblico, iniziative volte a creare una rete di solidarietà. A dare il via, dall’auditorium di Napoli, sarà Lorella Cuccarini, presentatrice della trasmissione “Figli delle stelle”, un programma che mette di fronte i fan di due personaggi noti, chiamati a rispondere sulla vita dei loro benianimi. Nella prima delle due puntate previste, ci saranno il calciatore  Francesco Totti e l’attrice Maria Grazia Cucinotta. A completare il palinsesto di Rai 2 una striscia quotidiana di approfondimento sull’incontro tra anziani e persone famose. E’ il decimo anno di Trenta ore per la vita, questo il bilancio per Lorella Cuccarini...

 

“Quando è partita la ‘macchina’ per la prima volta non avremmo mai immaginato che oggi ‘Trenta ore per la vita’ potesse diventare così grande: un punto di riferimento per oltre 30 associazioni. Abbiamo realizzato 640 progetti in tutta Italia e sono strutture a disposizione della collettività. ‘Trenta ore per la vita’ è una realtà importante del no profit”.  

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CHIESA E SOCIETA’

8 febbraio 2004

 

 

“L’ONU E’ IL MAGGIORE STRUMENTO DI COORDINAMENTO DELLA VITA INTERNAZIONALE. GLI STATI DEVONO RISPETTARNE IL COMPITO RINUNCIANDO AD AZIONI UNILATERALI”,  LO HA AFFERMATO IL CARDINALE RENATO MARTINO

 AL CONVEGNO DEI GIURISTI CATTOLICI, SUL TEMA

 “PACE E DIRITTO INTERNAZIONALE” IN CORSO A TRANI, IN PROVINCIA DI BARI

 

TRANI.= Un ruolo di primo piano per le Nazioni Unite è stato rilanciato dal cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, durante il suo intervento al Convegno dei giuristi cattolici, in corso a Trani, dal titolo: “Pace e diritto internazionale”. L’Onu, secondo il porporato, “è il maggiore degli strumenti di sintesi e di coordinamento della vita internazionale”, pertanto gli Stati sono chiamati a rinunciare ad azioni unilaterali, che minimo la forza delle Nazioni Unite e contravvengano ai principi della sua carta. Il diritto internazionale diventa così l’unica via possibile per la pace, esso, infatti, ha il compito di “evitare che prevalga la legge del più forte o del più ricco”. Il cardinale, che per sedici anni è stato osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di New York, ha evidenziato l’importante ruolo della Chiesa nel processo di evoluzione del diritto internazionale da diritto della guerra e della pace a diritto della pace, attento alla giustizia e alla solidarietà. La sua violazione fa precipitare tutti gli Stati in una condizione di illegalità e di anarchia profonda con notevoli ripercussioni negative. Il ricorso alla forza può essere possibile solo se autorizzato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu ma il suo divieto deve diventare una regola dell’ordine internazionale e dà sostanza giuridica al grido dei popoli, di cui il Papa si è fatto interprete nel messaggio “Un impegno sempre attuale: educare alla pace”, scritto in occasione della Giornata mondiale della pace. Riferendosi proprio a questo messaggio, il porporato ha ribadito la necessità della lotta “giusta e doverosa” al terrorismo, che per essere efficace “non può limitarsi alla sola repressione ma deve rimuovere le cause ed elaborare adeguati strumenti giuridici di prevenzione e monitoraggio”. A conclusione del suo intervento, il cardinale Martino ha sottolineato che i governi democratici sanno che l’uso della forza contro i terroristi non può giustificare la rinuncia ai principi di uno stato di diritto e in nessun caso comportare la violazione dei diritti fondamentali della persona umana. (B.C.)

 

 

BLOCCO TOTALE DEL TRAFFICO A ROMA E MILANO, A CAUSA DELLE POLVERI SOTTILI. IN MOLTE ALTRE CITTA’ ITALIANE E’ UNA DOMENICA ECOLOGICA

 

ROMA.= A piedi, in bicicletta o sui pattini, così romani e milanesi hanno ovviato ai disagi del blocco totale della circolazione, imposto dai rispettivi comuni a causa dell’alto livello dell’inquinamento ambientale. La capitale ha deciso lo stop dalle 10 alle 17 di oggi, interessata una vasta area all’interno del grande raccordo anulare, di 150 km di estensione. Il provvedimento ricorda le domeniche di austerity degli anni Settanta quando le targhe alterne e i blocchi alla circolazione erano utilizzati per il risparmio energetico. A Milano e in oltre un centinaio di altri Comuni lombardi, è la seconda domeniche senza auto, dopo quella del 30 novembre. Vietata la circolazione dalle 8 alle 20. Lo stop riguarda le zone di Milano-Como-Sempione e, limitatamente ad alcune zone, anche Pavia e Cremona. Domenica ecologica anche per numerosi centri in Trentino, Veneto, Toscana e Marche. Molte critiche sono piovute sul provvedimento, in particolare il ministro dell'Ambiente Matteoli, per il quale  i provvedimenti una tantum sono "inutili", sulla stessa linea anche altre associazioni come l’Aduc, Associazione per i diritti degli utenti e consumatori, che reputa questa misura inefficace.

 

 

IN EGITTO SONO NUMEROSI I CASI DI INTOLLERANZA

VERSO I CONVERTITI AL CRISTIANESIMO DALL’ISLAM.

LE LEGGI DEL PAESE NON TUTELANO QUESTO DIRITTO

 

IL CAIRO.= Sono diversi gli episodi di limitata libertà religiosa nei confronti di coloro che hanno scelto di abbandonare la religione musulmana per accogliere quella cristiana. L’ultimo risale a qualche giorno fa, quando sono state arrestate per la seconda volta due persone convertite, con l’accusa di falsificazione di documenti ufficiali. Già a dicembre, i due erano stati portati in carcere insieme ad altre venti persone, poi erano stati rilasciati su cauzione. Secondo la Costituzione egiziana, i diritti dei musulmani e dei cristiani sono uguali, in realtà esistono molti ostacoli per chi cambia credo religioso. Si riconosce, a livello legislativo, il passaggio dal cristianesimo all’Islam, attraverso una nuova carta d’identità, entro 24 ore, con il nome islamico. Questo però non avviene nel percorso inverso. Un ex musulmano convertito al cristianesimo rimane di fatto di fede islamica. La discriminazione religiosa crea problemi soprattutto alle donne convertite che intendono sposarsi con dei cristiani. La legislazione egiziana vieta il matrimonio misto, secondo la Sharia’a, la Legge coranica, un cristiano si può convertire per sposare una donna islamica ma fare viceversa è punibile con la morte. Inoltre, i figli della coppia sono considerati per legge musulmani. Alcuni episodi di intolleranza religiosa si sono verificati in questi ultimi tempi. Ad un uomo, accusato di aver costretto la moglie alla conversione cristiana, gli è stato vietato di lasciare l’Egitto. Il Centro cristiano di Patmos, a 30 km dal Cairo, il 5 gennaio scorso, è stato attaccato per la nona volta in sei anni, dall’Esercito egiziano nel tentativo di raderlo al suolo. (B.C.)

 

 

“IL MEDICO DI FRONTE AI MIRACOLI” E’ IL TITOLO DEL LIBRO PUBBLICATO DALLE EDIZIONI SAN PAOLO SULLE GUARIGIONI A LOURDES. NEL TESTO ANCHE UNA SEZIONE DEDICATA ALLE NORME DATE DAL PAPA PER LE CAUSE DEI SANTI E PER L’INDIVIDUAZIONE DI UN MIRACOLO

 

ROMA.= Sono 67 i miracoli ufficialmente riconosciuti e circa 7mila le guarigioni inspiegabili accertate dalla Chiesa a partire dal 1878, anno dell’apparizione della Madonna a Lourdes. Sul tema dei miracoli è uscito in libreria il volume “Il medico di fronte ai miracoli”, pubblicato dalle Edizioni San Paolo. Il libro è curato dalla sezione milanese dell’Associazione medici cattolici italiani con la collaborazione di Patrick Thiellier, direttore del Bureau medical, il centro creato appositamente nel Santuario francese per esaminare l’attendibilità di una guarigione. Nel volume, sono riportate le norme istituite dal Papa nel 1983 che regolano le cause dei santi, l’individuazione di un miracolo e l’istruzione della congregazione per la dottrina della fede “per ottenere da Dio la guarigione”, quest’ultima risalente al 14 settembre 2000.

 

 

“BHOPAL: UNA TRAGEDIA DIMENTICATA” E’ IL TITOLO DI UNA MOSTRA FOTOGRAFICA, CHE SI E’ APERTA IERI A FERRARA.

GLI SCATTI SONO DI RAGHU RAI, UNO DEI MAGGIORI FOTOGRAFI INDIANI

 

FERRARA.= E’ arrivata a Ferrara la mostra fotografica “Bhopal: una tragedia dimenticata”. L’esposizione di scatti in bianco e nero del fotografo indiano Raghu Rai racconta il dramma dell’esplosione di gas, avvenuta tra il 2 e il 3 dicembre 1984, in una fabbrica americana. L’incidente provocò la morte di almeno trentamila persone e si calcola che in vent’ani le vittime dei veleni sprigionati dalla fabbrica di pesticidi della Union Carbide hanno raggiunto quota ventimila. Un numero in costante incremento, al ritmo di trenta decessi al mese. Le 60 immagini esposte fino al 26 febbraio al Palazzo municipale di Ferrara, mostrano i visi di donne, anziani, bambini all’indomani del disastro, unite a quelle più recenti. Il risultato è un percorso fotografico che testimonia il dramma di una città che ancora stenta a risollevarsi, in cui l’impianto chimico è ancora funzionante e le sostanze tossiche  continuano a contaminare l’acqua destinata agli usi domestici. La mostra è stata inaugurata  due anni fa  a Johannesburg in occasione del vertice sulla Terra ed è stata esposta in varie capitali europee ed extraeuropee. In Italia è stata presentata per la prima volta a Venezia, nell’ottobre 2002, e si è poi in altre città come Bologna, Milano, Napoli, Cagliari e Roma.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 febbraio 2004

 

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

 

Mosca continua a piangere le 39 vittime dell’attentato alla metropolitana di venerdì. Proclamata per domani una giornata di lutto nazionale. Intanto, secondo i servizi di spionaggio russi, ad ordire la strage, in cui sono rimaste ferite anche 130 persone, sarebbe stato un militante islamico di nazionalità saudita, da anni combattente in Cecenia. Lo scrive oggi il quotidiano britannico, “Sunday Times”, ricordando che Abu-al-Walid, questo il nome dell’uomo, è stato identificato dall’intelligence russa come uno dei guerriglieri ceceni più potenti ed è considerato responsabile di un’ondata di attentati kamikaze che hanno fatto oltre duecento morti in poco più di un anno.

 

Iran. Secondo i Pasdaran, ossia i guardiani della rivoluzione iraniana, le divisioni nel Paese a meno di due settimane dalle elezioni politiche del prossimo 20 febbraio, sarebbero frutto di un complotto ordito dagli Stati Uniti. E a sottolineare che la consultazione è “un affare interno”, nel quale Stati Uniti ed Unione Europea non devono  interferire, è stato anche il Ministero degli Esteri. Intanto, il presidente Khatami, in un messaggio alla guida suprema iraniana, l’ayatollah Khamenei, ha assicurato che le elezioni si terranno, pur constatando che gli organi conservatori non hanno riesaminato con più indulgenza le candidature riformiste bocciate per le consultazioni legislative. Ma dopo le proteste dei riformisti delle scorse settimane è questo un segno di cedimento di Khatami di fronte all’intransigenza dei conservatori? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Zanconato, della sede Ansa a Teheran:

 

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R. – I massimi esponenti riformisti hanno detto che non prenderanno parte alle elezioni, nemmeno come votanti, quindi si prospetta un afflusso alle urne molto, molto limitato.

 

D. – Con questo squilibrio tra riformatori o riformisti, che quadro dell’Iran uscirà dalle legislative?

 

R. – Quello che si prospetta è “un trionfo dei conservatori”: se le cose andranno come si prevede oggi, sarà un trionfo però con un afflusso alle urne molto, molto limitato. Quello che è successo alle elezioni municipali di un anno fa, quando nelle grandi città l’afflusso alle urne addirittura era arrivato al 15% e favorì la vittoria dei conservatori alle municipali, che oggi controllano gran parte dei consigli comunali delle grandi città.

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Non si placa la violenza in Medioriente. Un attivista palestinese è stato ucciso in uno scontro a fuoco durante un’incursione dell'esercito israeliano nel campo profughi di  Rafah, nel sud della striscia di Gaza. I particolari nel nostro servizio.

 

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Secondo alcuni testimoni, i militari sono giunti a bordo di una decina di carri coadiuvati da due elicotteri d’assalto e si sono scontrati con una forte resistenza. Ashrah Abu Libdeh, questo il nome della vittima, era un attivista del Fronte popolare di liberazione della Palestina. Diversa la versione fornita dalla radio militare israeliana, secondo cui l’uomo era un noto contrabbandiere di armi e l’operazione dell’esercito mira a scoprire passaggi sotterranei alla frontiera tra Egitto e striscia di Gaza, attraverso i quali passano illegalmente armi. Aumenta, intanto, in Israele lo stato di allerta dopo le minacce lanciate dalla Jihad islamica di colpire lo Stato ebraico per vendicarsi dell’uccisione di un suo comandante, avvenuta ieri a Gaza. Stando alla radio militare, i servizi di sicurezza temono una cinquantina di attentati, alcuni dei quali anche nel giro di poche ore. Sul fronte diplomatico,  l’atteso incontro del premier palestinese, Abu Ala, con quello israeliano, Ariel Sharon, potrebbe svolgersi prima della fine di febbraio. Lo ha reso noto lo stesso Abu Ala al Cairo, al termine di un colloquio con il presidente egiziano, Mubarak. E Israele sta ridisegnando il tracciato del muro in costruzione in Cisgiordania per ottenere il sostegno americano al progetto di separazione unilaterale dai palestinesi. Secondo fonti di Gerusalemme, citate dal sito del quotidiano Ha’aretz, il muro sarà più breve e sarà più vicino alla Linea Verde, che divide Israele dalla Cisgiordania, evitando di circondare alcuni insediamenti ebraici.

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Florida. Appello alla flessibilità e condanna ai movimenti disordinati dei tassi di cambio, ma nessuna concreta indicazione per il raggiungimento degli obiettivi. E' quanto è emerso dal documento finale del summit dei ministri delle finanze del G7 di Boca Raton. I rappresentanti dei grandi del mondo hanno anche espresso fiducia nella possibilità di miglioramento della crescita economica globale, dopo due anni di congiuntura sfavorevole.

 

Ad Haiti cresce la protesta contro il presidente Jean Bertrand Aristide. Secondo fonti giornalistiche, anche la città di Saint Marc, dove la polizia avrebbe abbandonato il commissariato dopo aver ucciso una persona, sarebbe in mano all'opposizione. Ieri, i ribelli avevano conquistato Les Gonaives dopo aspri scontri: 14 gli agenti uccisi secondo le fonti dei dimostranti, 1 soltanto stando alla stampa locale. Il presidente Aristide, intanto, ha festeggiato il terzo anno del suo mandato insieme a migliaia di suoi sostenitori.

 

Non si arresta l’epidemia di influenza aviaria in Cina, dove sono stati scoperti altri sei focolai in altrettante province. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa Xinhua. Intanto, dopo la Corea del sud, anche Giappone e Singapore hanno sospeso le loro importazioni di pollame dagli Stati Uniti in seguito alle notizie relative alla scoperta del virus nello stato del Delaware.

 

In Italia, sale la tensione all’interno della Casa delle Libertà sulla verifica di governo. Ieri il premier Silvio Berlusconi, in collegamento telefonico con la festa per il decennale dei club di Forza Italia svoltasi a Milano, ha invitato a smetterla “con il teatrino della politica e al ritorno della prima repubblica”. E il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, si è detto pronto a dimettersi “se si tratta di una questione di posti”. Ma quale peso hanno i gravi dissapori tra alleati sulla solidità della maggioranza? Stefano Leszczynski lo ha chiesto al commentatore politico Domenico Rosati.

 

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R. – Credo che quello che sta accadendo nell’area della Casa delle Libertà sia l’instillato di una situazione che si è protratta troppo a lungo, con tutti i problemi che si sono accumulati dentro questo contenitore che si chiama verifica e dal quale, lo stesso Berlusconi, rischia di non uscire. Anche perché lui stesso – diciamo così – è prigioniero delle promesse che ha fatto singolarmente a ciascuno degli alleati e delle quali non riesce probabilmente a dar conto in una visione collegiale.

 

D. – Uno dei nodi più difficili da sciogliere sembra essere quello del ddl Gasparri, forse un po’ una mina vagante all’interno della maggioranza?

 

R. – Il fatto che sia stato sostanzialmente ritirato e che si dica che se ne parlerà dopo le elezioni europee dimostra che c’è, anche all’interno della maggioranza, pure se si manifestano in modo incongruo dei franchi tiratori, un disagio. In fondo il decreto di legge Gasparri non è altro che l’icona del conflitto di interessi che pesa su tutta la situazione italiana e sulla figura del presidente del Consiglio. Proprio l’esistenza del conflitto di interesse rende debole la figura del presidente del Consiglio nei confronti dei suoi alleati.

 

D. - Una ulteriore minaccia del premier nei confronti dei suoi alleati è stata quella di parlare di elezioni europee ciascuno con la propria lista. Qui c’è il rischio di un indebolimento o di un rafforzamento di Forza Italia?

 

R. – Credo che Berlusconi abbia messo nel conto che non ci sarà una lista unica. Si fa forte del rifiuto che gli altri daranno alla lista unica per fare una campagna “cannibalistica” nei confronti degli alleati, perché Forza Italia deve dimostrare – con la potenza di fuoco che ha e con i mezzi economici che ha – di essere di gran lunga il primo schieramento e quindi ridimensionare le pretese degli avversari sul piano elettorale.

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Restiamo in Italia. Domani stop della sanità pubblica. La manifestazione per la prima volta vedrà uniti oltre 150.000 fra medici, dirigenti e specializzandi, che scenderanno in piazza per protestare contro il blocco del rinnovo del contratto, scaduto da oltre due anni, e a difesa del Servizio Sanitario Nazionale, per il quale mancano risorse sufficienti. Domani, quindi, gli ospedali pubblici saranno aperti solo per le urgenze, radiologie e laboratori resteranno chiusi. Inattive anche le sale operatorie, con 90.000 interventi chirurgici annullati. Saranno sospese, infine, le visite ambulatoriali e quelle ai degenti.

 

Dopo i due terremoti dei giorni scorsi, si registrano nuove scosse in Indonesia, nella città di Nabire. L’ultima è stata pari a 5,3 della scala Richter. Il bilancio del sisma, ancora provvisorio, è di 34 morti. Crollati inoltre più di 500 edifici, distrutti ponti, strade, chiese, moschee e l’aeroporto.

 

Un ragazzo di 16 anni è stato trovato vivo, sotto le macerie del palazzo crollato in Turchia, a Konya, cinque giorni fa. Lo ha comunicato l'agenzia Anadolu, precisando che il ragazzo è in buona salute ed è stato ricoverato in ospedale. A salvarlo sarebbe stata una nicchia costituita da blocchi di cemento.

 

Cina. Ventuno cadaveri sono stati recuperati da una squadra di soccorritori in una miniera di carbone abbandonata nella provincia dello Shanxi. Un gruppo di persone si era inoltrato nella miniera, pensando che costituisse una scorciatoia per andare da un villaggio all’altro, ma sono morte probabilmente a causa delle esalazioni di gas. Otto i dispersi, anche se ci sono poche speranze di ritrovarli in vita.

 

19 morti e 4 feriti. Questo il tragico bilancio di un incidente stradale avvenuto sulla strada che collega il Cairo a Minya, in Egitto. Un minibus, probabilmente a causa della foschia, si è scontrato con un camion che procedeva sulla carreggiata opposta. Immediati i soccorsi. Le vittime sono state trasportate all’ospedale di Minya.

 

In Nigeria, un esponente del Partito democratico del popolo, schieramento al potere nel Paese africano, è stato assassinato, ieri sera, a colpi di pistola da sconosciuti. Lo ha riferito la polizia, precisando che l’uomo stava raggiungendo Asaba, capitale dello Stato del Delta, dove era in programma una riunione politica. Sono già stati interrogati autista e guardia del corpo, rimasti illesi.

 

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