RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 32 - Testo della
Trasmissione di domenica 1 febbraio 2004
Numerose manifestazioni in Italia per la giornata per
la vita: intervista con Carlo Casini.
Chiesa e
Società
Due attacchi suicidi in Iraq ad Arbìl contro
sedi del partito curdo: 100 i morti. tra le vittime anche due importanti leader
curdi - Nuova tragedia durante il pellegrinaggio annuale ai luoghi santi
dell’islam: morte almeno 240 persone nella calca vicino alla Mecca
1
febbraio 2004
“NON DOBBIAMO
RASSEGNARCI AGLI ATTACCHI ALLA VITA UMANA, PRIMO FRA TUTTI L’ABORTO!” : COSI’
IL PAPA OGGI ALL’ANGELUS NELL’ODIERNA GIORNATA PER LA VITA.
IL PONTEFICE INVITA LE ISTITUZIONI PUBBLICHE
AD UNA PIU’ ORGANICA POLITICA
“Non
dobbiamo rassegnarci agli attacchi alla vita umana, primo fra tutti l’aborto!”
Con questo grido stamane il Papa all’Angelus in piazza san Pietro ha ricordato
la Giornata per la Vita, che si celebra oggi in Italia sul tema “Senza figli non
c’è futuro”. Giovanni Paolo II ha invitato le istituzioni pubbliche ad “una più
organica politica a favore della famiglia”. Salutati dal Papa un migliaio di
immigrati giunti da Caserta. Il servizio di Sergio Centofanti.
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“Carissimi
Fratelli e Sorelle, non dobbiamo rassegnarci agli attacchi alla vita umana,
primo fra tutti l’aborto!”
Il Papa nella Giornata per la Vita ribadisce con forza il suo appello
rinnovando l’apprezzamento per il sostegno coraggioso che il Movimento per la
vita italiano offre a questa causa, ed esortando ogni comunità ecclesiale a
sostenerne le iniziative e i servizi:
“Vanno moltiplicati gli
sforzi, affinché il diritto alla vita dei bambini non ancora nati sia affermato
non contro le madri, ma insieme alle madri”.
“Senza
figli non c’è futuro”. Questo il tema della Giornata per la Vita. E il Papa
ricorda il messaggio dei Vescovi italiani che mette “in luce le molteplici cause
dell’attuale crisi delle nascite”, rilevando che “il contesto culturale e
sociale molto spesso non favorisce la famiglia e la missione dei genitori”:
“Non pochi coniugi vorrebbero più figli, ma sono quasi costretti a
rinunciare per difficoltà economiche. Gli aiuti delle pubbliche istituzioni,
pur apprezzabili, risultano spesso insufficienti. Si avverte il bisogno di una
più organica politica a favore della famiglia”.
“Il
nucleo familiare, che scaturisce dal matrimonio – ha proseguito Giovanni Paolo
II - è la cellula fondamentale della
società. Al suo interno, come in un nido rassicurante, va sempre promossa,
difesa e protetta la vita” e la Giornata per la Vita “richiama tutti a questo
fondamentale dovere”.
Il
Papa quindi ha affidato le famiglie a Maria
perché “fidando nell’aiuto divino, si impegnino a realizzare con gioia e
dedizione la loro stupenda missione per dare all’umanità un futuro ricco di
speranza”.
Infine
Giovanni Paolo II si è rivolto
affettuosamente ad un migliaio di giovani immigrati giunti dal Casertano e accompagnati dai sacerdoti
di questa diocesi: gli immigrati in questi giorni hanno partecipato a Roma alla prima giornata europea di mobilitazione
contro le politiche dell’apartheid verso migranti e rifugiati:
“Saluto di cuore i numerosi
giovani immigrati, che provengono dalla diocesi di Caserta, e quanti si
impegnano a risolvere i loro problemi spesso gravi, che sono causa di tante
sofferenze e disagi”.
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1
febbraio 2004
NUMEROSE
MANIFESTAZIONI IN ITALIA PER LA GIORNATA PER LA VITA
-
Intervista con Carlo Casini -
Tantissime le iniziative in Italia per l’odierna
Giornata per la Vita: tra le altre quella di oggi pomeriggio alle 16.00 all’ex
PalaEur di Roma. Una vera e propria festa con attori, cantanti e testimonianze
di famiglie. L’incontro sarà concluso da un momento di preghiera presieduto dal
cardinale Camillo Ruini. Ma sul tema della Giornata di quest’anno “Senza figli
non c’è futuro”, ascoltiamo il commento del presidente del Movimento per la
vita italiano Carlo Casini, al microfono di Dorotea Gambardella.
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R. – Proviamo ad immaginare che
improvvisamente non nasca più nemmeno un figlio: non ci sarebbe davvero più
futuro! Il che vuol dire che la garanzia della storia e di un senso della
storia sono i figli. C’è poi un’altra considerazione che possiamo fare: i
problemi economici si stanno addensando sulle nostre teste, perché non nascono
abbastanza bambini e spesso non nascono anche per ragioni di carattere morale.
Basti pensare che sono stati praticati 4 milioni e 202 mila aborti legali fino
alla fine del 2001. Questo significa che una città più grande di Roma è
scomparsa. Se non ci fossero stati, non avremmo oggi il problema della scarsità
di nascite e non ci sarebbe il grande problema delle pensioni. Infatti non ci
sono più giovani dai quali prelevare una parte degli stipendi per mantenere gli
anziani. Ma soprattutto questo tema “Senza figli non c’è futuro” ci invita a
meditare sul mistero delle generazioni e sul mistero del figlio. Il figlio in
definitiva è inteso come freccia di speranza verso il futuro.
D. – Che cosa dovrebbe fare,
secondo lei, lo Stato per sostenere le famiglie?
R. – C’è tutta una politica
familiare da fare. Fortunatamente, da qualche tempo, se ne ricomincia a parlare e riguarda gli sgravi fiscali, il
sostegno delle nuove coppie che si sposano e quindi il problema della casa, dei
tempi di lavoro e cioè di coordinare il lavoro con i bisogni della famiglia.
Credo che ci sia, però, anche un problema educativo. Penso che sia compito
dello Stato difendere la famiglia come nucleo fondamentale della società e
dello Stato, come dice la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e che
questo soprattutto signifi
chi che bisogna educare alla famiglia,
educare al rispetto della vita. Cosa, questa, che non si vede: non si vede nei
libri di testo, nelle scuole e soprattutto non si vede nei mass media.
D. – In Italia, c’è un tasso di
natalità abbastanza basso. Secondo lei, perché?
R. – Certamente dipende dalla
insufficienza delle politiche familiari. Basta fare il confronto con Paesi come
la Svezia, la Norvegia o la stessa Francia, che da anni fanno una politica di
sostegno alla famiglia, dove – sebbene sempre insufficienti – i tassi di
natalità sono certamente migliori di quelli italiani. Credo che ci sia stata
una così rapida trasformazione della società e soprattutto una diffusione di
modelli consumistici, edonistici, materialistici, che hanno veramente scioccato
questo nostro Paese. C’è la paura del figlio, coloro che si sposano pensano di
più a fare carriera, ad avere più denaro e successo e non a continuare il loro
amore attraverso i figli, che nascono, crescono e garantiscono il futuro.
D. – Quali sono le vostre
speranze?
R. – Questa Giornata per la Vita, come tutte quelle precedenti ha una
storia che va ricordata: è stata istituita all’indomani della legge 194 del
’78, quella cioè che permette l’aborto, per dimostrare – disse allora un
documento della Chiesa italiana – che la Chiesa non si rassegna e non si
rassegnerà mai. Noi quindi speriamo che non ci si rassegni mai!
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I DOCENTI DI MEDICINA DELLE 5 UNIVERSITA’ DI ROMA
FIRMANO UN MANIFESTO PER RILANCIARE L’INSEGNAMENTO DEI METODI NATURALI DI
REGOLAZIONE
DELLA FERTILITA’, LA CUI ATTENDIBILITA’ E’ STATA
AMPIAMENTE DIMOSTRATA
- Intervista col prof. Adriano Bompiani -
Un manifesto per rilanciare l'insegnamento dei metodi naturali di regolazione
della fertilità' è stato firmato ieri dai docenti delle cinque facoltà di medicina delle università romane: Cattolica,
La Sapienza I e II, Tor Vergata e Campus Biomedico. Il documento chiede che nel
mondo universitario venga riconosciuta
ai metodi naturali ''quella dignità scientifica ormai ampiamente
dimostrata dall'evidenza''. I docenti ricordano il preoccupante declino della
natalità e affermano che oggi “la fertilità stessa è percepita spesso in modo
contrastante, come una malattia da cui difendersi o come un diritto da
pretendere ad ogni costo”. Anche il Papa nei giorni scorsi, lanciando un
appello in favore dei metodi naturali nel rispetto del disegno di Dio sulla
coppia umana, aveva parlato dell’affermarsi di una mentalità divisa tra la
paura della procreazione e la tendenza a dominare e manipolare la vita. Ma l’attenzione ai metodi naturali viene
solo dai cattolici? Fabio Colagrande lo ha chiesto al prof. Adriano Bompiani,
primo firmatario del manifesto:
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R. – No,
non è semplicemente preoccupazione dei cattolici, non è solamente della Chiesa.
Ci sono anche altre associazioni culturali, ci sono anche altre religioni. C’è
una certa attenzione. Quindi si tratta di far maturare un po’ tutte queste
forze che sono positive per poter ripristinare questa concezione un po’
naturalistica dell’esercizio della procreazione. Talvolta noi vediamo, quasi
ormai con una parità numerica, che non vengono in questi centri semplicemente
delle coppie per una convinzione religiosa, ma anche con un messaggio
ecologico, cioè portano un messaggio di rispetto per se stessi, per la propria
corporeità, per la volontà di non venire a contatto con sostanze strane.
D. –
Nonostante questo i metodi naturali di regolazione della fertilità restano però
minoritari. Qualcuno dice che sono poco affidabili...
R. – Il
concetto di metodo comporta già di per se stesso che debba essere usato con la
piena conoscenza. Poi deve essere usato secondo il rigore che questo comporta.
Il problema dei metodi naturali non è tanto la determinazione del periodo
fecondo dal periodo non fecondo della donna, perché su questo ormai ci sono delle
indicazioni di ordine statistico che sono maturate in 25 anni di conoscenze, ma
c’è anche la necessità della astensione periodica nei periodi fecondi se non si
vogliono avere figli. E’ lì il punto più delicato. Se non vi sono delle
motivazioni molto profonde, vissute da ambedue i membri della coppia in questo
senso, evidentemente ci si mette nella circostanza prevista, anche se non
voluta, di poter far fallire il metodo.
D. –
Quindi, molte coppie, magari non conoscendo i metodi naturali, sono ricorse
immediatamente alla provetta. A volte ci sono anche dei motivi di guadagno...
R. –
Certamente. In tutta la questione della tecnologia c’è sempre questa situazione
di interesse economico.
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NEL MESSAGGIO PER LA QUARESIMA, L’ESORTAZIONE DEL
PAPA A NON CHIUDERE
GLI OCCHI DI
FRONTE ALLE VIOLENZE DI CUI SONO VITTIME MILIONI
DI BAMBINI IN TUTTO IL MONDO. LA TESTIMONIANZA DI LUCIA CASTELLI, PEDIATRA
IN PRIMA
LINEA PER IL RECUPERO DEI BAMBINI SOLDATO IN UGANDA
“Ci sono minori che sono feriti
profondamente dalla violenza degli adulti”, l’umanità “non può chiudere gli
occhi di fronte a un dramma così preoccupante”. Nel Messaggio per la Quaresima, Giovanni Paolo II ha messo
l’accento sulla condizione di tanti bambini, che sono vittime dell’egoismo
degli adulti. Il Papa ha ricordato il flagello dell’Aids così devastante per le
giovani generazioni del continente africano e, ancora, i bambini arruolati a
combattere, spesso in una delle tante guerre che mortificano il futuro dell’Africa.
Una piaga profonda, che però può, deve essere sanata. Fabio Colagrande ha
raggiunto telefonicamente a Kitgum, nel nord dell’Uganda, Lucia Castelli,
medico-pediatra, responsabile e coordinatrice per l’Avsi del programma di
recupero degli ex bambini soldato ugandesi:
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R. – La
situazione qui, nel Nord Uganda, è una situazione di conflitto che dura da 17
anni; ci sono dei gruppi di guerriglieri che rapiscono i bambini e li fanno
diventare bambini soldato. E’ un problema, purtroppo, in questo momento a lungo
termine. Lavoro qui dal 1997 per un progetto di recupero per coloro che
riescono a scappare perché, grazie al cielo, più o meno la metà dei bambini
rapiti riesce a scappare e a tornare indietro. Si parla di 25 mila bambini
rapiti. In quest’ultimo anno siamo stati aiutati dalla Comunità europea con un
progetto di recupero che ha permesso di far tornare a scuola e di dare corsi di
formazione professionale e aiuto sanitario, psicologico a 1.500 bambini. Il
lavoro che noi facciamo è molto insieme alla famiglia, insieme alla comunità.
Una delle grandi forze della comunità africana è proprio questa: nessun bambino
è stato rifiutato dalla sua famiglia tornando indietro, anche se era stato
due-tre anni con i ribelli, anche se era diventato lui stesso un ribelle,
magari aveva bruciato le case dei villaggi vicini a casa sua, portato via lui
stesso altra gente, ucciso persone ... Le esperienze a cui vanno incontro sono
veramente molto drammatiche, ma dall’altra parte è anche pieno di speranza il
cammino che noi facciamo con loro.
D. –
Quindi un messaggio, nonostante tutto, di fiducia: è possibile restituire questi
bambini ad una vita normale?
R. – E’ possibile se non si è da soli. Chiunque di noi, quando ha un
problema, da solo non può uscirne. E quello che mi sembra importante testimoniare
è che la nostra presenza qui da loro è una speranza e una possibilità di
recupero, ed è questo quello che chiedono. Chiunque, anche se è stato
maltrattato, mutilato, se ha perso i genitori ... il desiderio di vivere è
dentro ciascuno di noi. Ed è proprio il messaggio del Papa che parla
dell’egoismo degli adulti che forse ci deve colpire di più, perché siamo noi
adulti, spesso, che non diamo speranza ai bambini in qualsiasi parte del mondo.
In questa parte del mondo, che è dilaniata dalla guerra, l’unica speranza può
essere veramente in una compagnia nella quotidianità e in quello che loro
possono fare; farli ritornare ad una normalità di vita pur nell’anormalità
della situazione. E’ per questo che noi lavoriamo molto con le scuole, che
permettiamo loro di ritornare in famiglia e che facciamo in modo, insomma, che
abbiano una vita il più possibile adeguata alla loro condizione di bambini.
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SPERANZE DI PACE IN MYANMAR: PROSEGUONO I COLLOQUI
TRA IL REGIME MILITARE E LA MINORANZA ETNICA DEI
KAREN
Intervista con padre Guillaume Artcorena
Speranze di pace in Myanmar, ex
Birmania: uno dei leader della guerriglia Karen, un gruppo etnico minoritario
nel Paese, ha detto che i negoziati in corso con il regime militare birmano
andranno avanti. Prima di siglare un accordo però – ha aggiunto – ci vorranno
da 6 a 12 mesi. I Karen lottano da oltre 50 anni contro il regime militare del
Myanmar. Attualmente hanno sospeso i combattimenti ma senza firmare un formale
cessate il fuoco. Sulla situazione abbiamo sentito padre Guillaume
Arotcarena direttore della rivista “Eglises
d’Asie”. L’intervista è di Gabrielle de Jasay.
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R. –
LA REBELLION KAREN A ETE FONDEE A LA FIN DES ANNEES QUARANTE ...
La
ribellione dei Karen è iniziata alla fine degli anni Quaranta; nata come milizia
a protezione della popolazione Karen contro la Birmania, appena dichiarata indipendente,
che in realtà voleva ‘sbarazzarsi’ dei Karen, filo-inglesi prima e
anti-giapponesi poi, pur restando pro-inglesi ... Sono in maggioranza cristiani,
sostanzialmente battisti, che avevano formato queste milizie di protezione.
Poco a poco, nel corso degli anni, sono diventati un esercito ribelle che ha
messo in grave difficoltà l’esercito regolare birmano.
D. – Quali sono le
rivendicazioni dei Karen?
R. – CE QU’IL REVENDIQUENT
C’EST DE NE PAS ETRE AVALES ...
Non
vogliono essere fagocitati dalla maggioranza birmana buddhista: i Karen, come
ogni altra minoranza birmana, sono stati repressi dall’esercito birmano. Migliaia
di persone sono state costrette a fuggire, poi c’è stata l’ondata dei lavori
forzati ai quali sono state costrette le minoranze, tra cui in particolare i
Karen.
D. – Alla fine, i Karen e i democratici di Aung Saan Suu Kyi si sono alleati contro la giunta, anche se i loro
interessi sono agli estremi opposti ...
R. – C’EST PARADOXAL, MAIS VOUS SAVEZ TOUT CE QUI
EST CONTRE LA JUNTE ...
E’ paradossale, ma si sa che
tutto quello che è contro la giunta si può alleare. Nel 1991, quando Aung Saan
Suu Kyi aveva vinto le elezioni, era stata posta agli arresti domiciliari, la
dirigenza dei democratici era stata estromessa da Rangoon ed era andata a rifugiarsi
dai Karen. Il governo cosiddetto ‘legittimo’ della Birmania formato dai
democratici della Lega è stato protetto, accolto dal governo Karen in esilio.
Ma questo significa che gli interessi dei ribelli Karen e quelli della Lega
nazionale per la democrazia combaciano? Non ne sono poi tanto sicuro, perché
Aung Saan Suu Kyi stessa ha affermato a più riprese che voleva un Birmania
centralizzata: questo era stato già il sogno di suo padre, che è il Padre
dell’indipendenza birmana.
D. – Lei
pensa che vi siano delle possibilità, di un cambiamento in Birmania?
R. – CE SONT D’ABORD DES
MILITAIRES; JE CROIS QU’IL TIENNENT LA BIRMANIE ...
I militari credo che tengano ben
salde le redini della Birmania. Credo che la comunità internazionale possa fare
molto per allentare un po’ la presa della giunta militare dal potere. Accade
infatti che anche se legalmente non esiste commercio tra la Birmania e i grandi
del mondo, il Paese riceve forti aiuti dalla Cina e in maniera meno evidente ma
pur sempre efficace dai Paesi dell’Asean, come la Thailandia, la Malaysia ...
Quel che è certo è che la Lega nazionale per la democrazia è stata eletta nel
1991 con l’82% dei voti; è opinione comune che, se oggi si potessero tenere
elezioni libere, si raggiungerebbe lo stesso risultato. La Birmania è un Paese
ricchissimo non solo per le risorse del sottosuolo, ma anche ricchissimo di umanità, perché questo è un popolo che
non si piega nonostante la repressione. Il mio auspicio è che questo popolo
possa ritrovare un giorno la libertà cui ha diritto!
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SOLIDARIETA’ PER L’ETIOPIA: L’IMPEGNO DEL VIS,
ASSOCIAZIONE UMANITARIA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
- Intervista con Antonio Raimondi -
Progetti di sviluppo e sostegno
a distanza. Queste le direttive dell’impegno del Vis in Etiopia, il Paese
africano vittima lo scorso anno di una delle più drammatiche emergenze di
carestia e siccità. Presente in Etiopia fin dal 1975, oggi il Vis, il
volontariato internazionale per lo sviluppo, un organismo non governativo
legato alla famiglia salesiana, è impegnato nella realizzazione di
infrastrutture e nell’educazione di base e professionale. Maria Di Maggio ha
sentito per noi Antonio Raimondi, presidente del Vis, di ritorno da un viaggio
in Etiopia.
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R. – Noi abbiamo visitato le zone dove il Vis opera da diversi anni. Lo
scorso anno abbiamo lavorato molto per l’emergenza cibo per l’Etiopia. Per
fortuna il raccolto quest’anno è stato buono, abbondante, e quindi stiamo
riprendendo i nostri progetti di riabilitazione e sviluppo: riabilitazione
attraverso la costruzione di ottanta pozzi in altrettanti villaggi e sviluppo
attraverso l’avvio di scuole di formazione professionale.
D. – Qual è l’atteggiamento della popolazione locale?
R. – La popolazione locale quest’anno, come ho già detto prima, poiché il
raccolto è stato abbondante, è un pò più fiduciosa. Però, non dimentichiamo che
la denutrizione è un fatto cronico in Etiopia. Ci sono anche quest’anno 7 milioni
di persone, su una popolazione di 70 milioni, a rischio, a livello nutrizionale,
perché l’Etiopia non riesce mai a coprire neppure l’80 per cento del proprio
fabbisogno cerealicolo. Un fatto è certo, c’è bisogno di riforme più
strutturali. Comunque, il popolo etiope è un popolo di grande professionalità e
noi cerchiamo di renderlo protagonista del proprio autosviluppo.
D. – Qual è l’immagine che porta con sé di quest’ultimo viaggio?
R. – Quando abbiamo messo la prima pietra di questa nuova scuola
professionale in un quartiere di Addis Abeba, dove noi abbiamo già una grande
scuola primaria, i 1100 bambini che erano di fronte a me mi guardavano con uno
sguardo intenso, con uno sguardo speranzoso e fiducioso. Infatti, finita la
scuola primaria, l’alfabetizzazione, avranno fra le varie possibilità anche
quella di accedere ad un corso professionale, un corso che darà loro un mestiere
per potersi guadagnare la vita onestamente e contribuire allo sviluppo del
proprio Paese.
D. – Quindi, i giovani come risorsa per il futuro dell’Etiopia?
R. – Questa è una verità assoluta, per l’Etiopia, per l’Africa, per tutto
il sud del mondo.
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I VESCOVI UMBRI SI SCHIERANO CON I LAVORATORI DELLE
ACCIAIERIE SPECIALI
DI TERNI CHE RISCHIANO IL LICENZIAMENTO
Intervista con mons. Vincenzo Paglia
La Chiesa umbra si schiera con i
lavoratori delle acciaierie speciali di Terni, circa 900 con l’indotto, che
rischiano il posto. I proprietari del gruppo tedesco Thyssen Krupp hanno infatti deciso la chiusura del reparto
magnetico delle acciaierie. Il 6 febbraio sarà sciopero. I vescovi, in una
nota, lanciano un pressante appello al governo italiano e alla multinazionale
tedesca perché scongiurino la chiusura degli impianti: occorre superare –
dicono – le logiche puramente utilitaristiche. Ma ascoltiamo il vescovo di
Terni, mons. Vincenzo Paglia, intervistato da Francesca Sabatinelli:
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R. – Ciò
che sta accadendo è una delle ferite più gravi che si abbattono su questa città
direi da 40-50 anni a questa parte. Non possiamo ovviamente né tacere, né
subire una decisione presa senza il minimo tavolo di trattativa. Il Papa quando
venne qui il 19 marzo del 1981 disse ai lavoratori: ho molto apprezzato la
forte, indomita volontà di continuare con determinazione e con saggezza a
difendere il vostro lavoro e la sua dignità. A me pare che queste parole risuonino
in tutta la loro forza anche oggi.
D. –
Mons. Paglia, lei quindi appoggia pienamente la protesta che è stata attuata
dai lavoratori delle acciaierie?
R. – Io
non posso non stare accanto a 900 persone, quindi 900 famiglie, che difendono
il proprio posto di lavoro. Credo che sia necessario da parte del governo italiano
come anche da parte di quello tedesco e della dirigenza della Thyssen Krupp di
tenere presente questa situazione umana e sociale. Mi pare saggia la decisione,
da parte della presidenza del Consiglio di ascoltare i sindacati, i politici, i
lavoratori di Terni martedì prossimo per vedere le soluzioni di questa
gravissima decisione presa unilateralmente dalle maestranze tedesche su uno
stabilimento italiano.
D. –
Mons. Paglia, intanto lei e il sindaco di Terni, come Fondazione San Valentino,
avete deciso di assicurare in qualche modo il vostro appoggio a questi lavoratori...
R. – Incomincia il mese dedicato a San Valentino, primo vescovo di Terni.
E come facciamo noi a festeggiare un patrono senza tener conto di quello che
oggi la città sta vivendo? Ecco perché il premio “San Valentino” pari a 15 mila
euro sarà devoluto quest’anno, all’aiuto per i lavoratori che rischiano di perdere
il loro posto di lavoro.
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“L’OMBRA DELLA LUCE”: UN’ANTOLOGIA SULLA RICERCA
DI DIO
- Intervista con padre Gianbattista Gandolfi -
La ricerca di Dio nel Novecento:
quando i poeti parlano di Dio. Si intitola “l’ombra della Luce” ed è una
raccolta antologica edita da Ancora sulle pagine più belle della poesia
italiana contemporanea dedicate alla meditazione sul trascendente. Il servizio
è di Paolo Ondarza.
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(musica)
Pur
nelle contraddizioni, nelle asprezze del secolo appena trascorso che ha visto
nascere ideologie atee e profeti della morte di Dio, ha abitato costante nel
cuore dell’uomo quell’anelito al trascendente, all’Altro, con la “a” maiuscola,
in una parola a Dio. La raccolta “L’ombra della luce”, una selezione di oltre
70 poeti, ripropone i nomi più famosi e presenta ricchezze inaspettate tra i
minori, spesso sconosciuti al grande pubblico. Sentiamo il curatore, padre
Gianbattista Gandolfi:
R. – “L’ombra della luce” è questa corsa, questa ricerca da parte
dell’uomo nei confronti di Dio, che è la luce dell’uomo stesso.
D. – Nonostante la società italiana sia sempre più secolarizzata i poeti
sentono ancora quell’anelito profondo a Dio ...
R. – Io credo che intanto risentano della cultura di origine, che è
appunto una cultura cristiana. Sono persone che a volte si sono smarrite per la
strada, ma che hanno come fondamento, alla base, proprio questo
rapporto con Dio.
D. – Che ritratto di Dio emerge dalle pagine da lei prese in esame?
R. – Certamente non tutti i poeti hanno un contatto con il Dio dei
cristiani. Qualcuno non sembra credere profondamente, ma nello stesso tempo,
parlando con Dio afferma: “Sforzati di esistere”. Per esempio Montale passa dal
“male di vivere” dovuto alla divina indifferenza, alla richiesta dell’Altro,
che lo porta addirittura ad una specie di invocazione.
D. – Si tratta di un Dio solo ricercato o anche trovato?
R. – Da moltissimi poeti certamente è trovato. Alcuni non lo trovano
nella sua pienezza, tanto che si sentono fuori della Chiesa. Però ci sono
alcuni poeti che veramente fanno professione di fede.
(musica)
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1 febbraio 2004
A 50
ANNI DALLO STORICO DISCORSO A RADIO LUSSEMBURGO, NEL QUALE L’ABBE PIERRÈ
CHIEDEVA UNA “INSURREZIONE DELLA BONTÀ”, NUOVO APPELLO OGGI DELL’ANZIANO
SACERDOTE PER ESORTARE LA SOCIETÀ FRANCESE A NON DIMENTICARE I DISEREDATI
PARIGI. = “Passate all’azione, perché la nostra
inerzia non diventi un crimine contro la nostra umanità”. E’ lo storico appello
lanciato il primo febbraio 1954 da l’Abbè Pierre, dai microfoni di Radio
Lussemburgo. Dopo 50 anni il fondatore della comunità di Emmaus esorterà oggi,
dalla suggestiva spianata del Trocadero davanti alla Torre Eiffel, la società
francese a non dimenticare i diseredati. In un Paese che conta quasi 4 milioni
di poveri, per l’anziano sacerdote diventa fondamentale “ritrovare il legame
tra le persone che hanno poche motivazioni per vivere e quelle che pensano di
avere tutto”. Erano certo altri tempi ed un’altra Francia quando il quarantenne
Abbè Pierre chiedeva “un insurrezione della bontà”. Era un Paese che si stava
ancora risollevando con grande fatica dalla guerra e migliaia di persone senza
fissa dimora erano accampate nelle bidonville distanti pochi chilometri
dal centro di Parigi. Mezzo secolo è servito alla Francia per affermarsi come
una delle nazioni più prospere al mondo ma in questo scenario. Secondo l’Abbé
Pierre, restano molti poveri a ricordare alla società francese che la
solidarietà deve costituire un impegno primario. (A.L.)
ALMENO 200 DISPERSI E OLTRE 300
PERSONE TRATTE IN SALVO. E’ QUESTO IL BILANCIO RESO NOTO DALL’ONU SUL NAUFRAGIO
DEL BATTELLO RECENTEMENTE COLATO A PICCO SUL FIUME CONGO
KINSHASA. = Nella Repubblica democratica del Congo
è di almeno 200 dispersi il drammatico bilancio, ancora provvisorio, del
naufragio di un traghetto incendiatosi sul fiume Congo. Lo hanno reso noto,
ieri, fonti delle Nazioni Unite precisando che il tragico incidente si è
verificato lunedì scorso. Durante la navigazione - hanno raccontato dei
testimoni - alcune scintille prodotte dai motori fuoribordo hanno raggiunto dei
fusti di carburante e in pochi attimi l’imbarcazione, con a bordo oltre 500
passeggeri, è stata avvolta dalle fiamme. Secondo la prima ricostruzione delle
missione Monuc delle Nazioni Unite, i sopravvissuti al grave incidente
sarebbero circa 300. “La situazione è grave – ha riferito la portavoce
dell’Onu, Alex Essome – e non possiamo confermare il numero esatto di vittime”.
La piena riapertura del fiume Congo alla navigazione era stata festeggiata, lo
scorso mese di agosto, con l’arrivo a Kisangani, capoluogo della provincia orientale,
di un convoglio partito varie settimane prima dalla capitale Kinshasa. (A.L.)
NELLA CHIESA CATTEDRALE DI ABU
DHABI, NEGLI EMIRARTI ARABI, IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE HA CONFERITO
L’ORDINAZIONE EPISCOPALE A MON. PAUL HINDER, VESCOVO AUSILIARE DI ARABIA
ABU DHABI. = Nella suggestiva cornice della chiesa
cattedrale di Abu Dhabi, il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione
dei popoli, il cardinale Crescenzio Sepe, ha conferito venerdì scorso, alla
presenza di 8 mila fedeli, l’ordinazione episcopale a mons. Paul Hinder,
nominato il 12 dicembre 2003 vescovo ausiliare di Arabia. “Si tratta di un evento di straordinario
significato ecclesiale”, ha detto il cardinale Sepe nell’omelia pronunciata
durante il rito solenne. Il
vicariato apostolico di Arabia, affidato ai Cappuccini ed istituito il 28 giugno 1889, è la più
estesa circoscrizione ecclesiastica del mondo: comprende 6 nazioni (Arabia
Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar, Yemen), 42.250.000
abitanti, di cui 1.400.000 cattolici, 40 sacerdoti, 21 parrocchie e 68
religiose. Il nuovo vescovo ausiliare di Arabia è nato a
Lanterswill – Steherenberg, il 22 aprile 1942 e dal 2001 ha ricoperto la carica
di definitore Generale dell’ordine dei frati minori cappuccini. (A.L.)
LA ‘PREGHIERA DEL GIORNALISTA’
SCRITTA DALL’ARCIVESCOVO PRELATO DI LORETO, ANGELO COMASTRI E CONSEGNATA IERI
AL RESPONSABILE DELL’UFFICIO STAMPA DEL SANTUARIO DELLA CITTADINA MARCHIGIANA
LORETO.
= “O Maria, la tua giovane vita è stata segnata da una notizia impensata e impensabile,
che è diventata la Buona Notizia per tutta l’umanità”. Con queste parole inizia
la “Preghiera del Giornalista”, scritta dall’arcivescovo prelato di Loreto,
Angelo Comastri, e presentata nell’ambito della giornata marchigiana
dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi), svoltasi a Servigliano nel giorno
della ricorrenza di San Francesco di Sales. In occasione dell’incontro
prenatalizio con l’arcivescovo Comastri, i giornalisti gli chiesero di scrivere
una “Preghiera del Giornalista” che ieri è stata consegnata al responsabile
dell’Ufficio stampa del Santuario di Loreto. L’orazione contiene invocazioni
che gli operatori dei mezzi di comunicazione e informazione dovrebbero sempre
tenere presenti: “Aiutaci, o Maria – recita una di queste – a raccontare sempre
la verità con lo stile sapiente della carità per allargare la casa della
speranza”. La preghiera si conclude con un passo altrettanto significativo:
“Donna della bella Notizia, aiuta noi giornalisti a non vendere mai la nostra
libertà al calcolo dell’interesse o del potere, affinché diamo acqua pulita
alla gente che desidera costruire un mondo migliore”. (A.L.)
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1 febbraio 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Altri sanguinosi attacchi suicidi
in Iraq. Ad essere prese di mira le sedi dei due partiti curdi ad Arbil, nel
nord del Paese: un centinaio i morti, tra cui due importanti personalità
politiche locali. Intanto è arrivato a Baghdad il vice-segretario alla difesa
statunitense Paul Wolfowitz. La cronaca delle ultime ore, nel servizio di Salvatore
Sabatino:
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Almeno
100 i morti causati da due attacchi suicidi avvenuti ad Arbil, nel nord del
Paese, in questa ennesima domenica di sangue. A diffondere il numero delle
vittime è stato poco fa Mohammad Ihsan, ministro per i diritti umani nel governo regionale curdo. Gli
attentati sono avvenuti nel momento in cui centinaia di persone affollavano le
sedi dei partiti curdi per l'inizio della Festa del sacrificio - Eid- che dura
quattro giorni. Ad essere presa di mira la sede del Partito democratico del
Kurdistan e quella dell'Unione democratica del Kurdistan, le principali forze
politiche dell’etnia. Tra le vittime ci sarebbero anche il governatore di Arbil, Akram Mintik e il
vice-primo ministro della regione, Sami
Abdul Rahman. Le due personalità stavano salutando i presenti quando il
kamikaze suicida si è avvicinato a loro e si è fatto esplodere. Ma la giornata
di sangue non si conclude qui: una ventina di iracheni hanno perso la vita
nell'esplosione di un deposito di munizioni avvenuta questa notte nella zona
amministrata dalla Polonia a sud della capitale irachena.
Ed
in questo clima ad alta tensione c’è da segnalare una visita a sorpresa nel
Paese mediorientale: è quella del vice segretario alla Difesa americano Paul
Wolfowitz, arrivato questa mattina a Baghdad. Si tratta del suo terzo viaggio
in Iraq dalla fine del conflitto. Il numero due del Pentagono è arrivato dalla
Germania, dove ha fatto visita alle truppe statunitensi che si dispiegheranno
in Iraq nel quadro di un previsto imponente avvicendamento.
Salvatore
Sabatino, per la Radio Vaticana
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La festa islamica si trasforma in tragedia. Sarebbero
almeno 244 le persone morte calpestate nella calca del pellegrinaggio musulmano
dell'Haj in Arabia Saudita. La notizia è stata confermata da fonti ospedaliere.
Il bilancio è, comunque, provvisorio. Il servizio di Amedeo Lo Monaco:
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Calpestati e uccisi dalla folla: è
questa la drammatica scena della strage avvenuta stamani a Mina, a pochi
chilometri dalla Mecca, durante la tradizionale cerimonia della lapidazione del
demonio, momento culminante dello Haj, l’annuale pellegrinaggio sui luoghi
santi dell’Islam. Secondo quanto ha affermato un portavoce del ministero
dell’Interno saudita la ressa e gli incidenti che hanno causato la morte dei
pellegrini, sono scoppiati quando i fedeli hanno proceduto secondo il rito alla
lapidazione di una stele che simboleggia Satana. Il pellegrinaggio dell’Haj,
obbligatorio una volta nella vita per ogni musulmano, ha raccolto da qualche
giorno alle pendici del monte Arafat, presso La Mecca, oltre due milioni di
pellegrini.
La lapidazione delle steli, che
vede centinaia di migliaia di fedeli musulmani transitare nella valle di Mina,
è sempre stato un rito ad alto rischio e durante i cinque giorni del
pellegrinaggio, si sono verificati altri drammatici episodi: nel 1997, 343
persone sono morte in un incendio, e nel 1998, 199 sono decedute travolte dalla
folla. L’incidente più sanguinoso è avvenuto nel luglio del 1990 quando 1426
pellegrini sono morti perché calpestati durante una gigantesca calca in un
tunnel di Mina.
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Torna a
crescere l’allarme terrorismo nei cieli d’Europa. Gli avvertimenti
dell’intelligence americana circa possibili attacchi suicidi su velivoli provenienti
da Francia o Gran Bretagna, hanno indotto ieri le compagnie di bandiera dei due
Paesi ad annullare ben 5 voli con destinazione statunitense. A causa di una non
meglio precisata minaccia terroristica, è stata cancellata la tratta Glasgow –
Los Angeles della compagnia aerea americana Continental.
E ieri
pomeriggio negli Stati Uniti si sono vissuti momenti di tensione. Un piccolo aereo
da turismo in New Jersey è entrato in uno spazio aereo interdetto per
consentire il decollo da Filadelfia dell'AirForceOne con a bordo il presidente.
George W. Bush. Due
caccia della U.S. Air Force si sono levati in volo e raggiunto il piccolo
aeroplano, hanno intimato al pilota di atterrare all'aeroporto di Medford.
L'uomo è stato subito fermato, ma non
pareva essere animato da intenzioni ostili verso il presidente.
Sempre
più grave la crisi istituzionale in Iran. Almeno 117 deputati hanno rassegnare
le loro dimissioni nel corso di una seduta plenaria del parlamento di Teheran.
I deputati protestano contro la bocciatura in massa delle candidatura di
esponenti riformatori alle prossime elezioni politiche del 20 febbraio. Il
presidente del parlamento iraniano Mehdi Karroubi ha chiesto alla Guida
suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, di
intervenire nuovamente nella crisi.
E’
ancora alta la tensione in Medio Oriente dopo l’attentato di mercoledì a
Gerusalemme, che ha causato la morte di 11 israeliani. Le truppe di Tel Aviv
questa mattina hanno compiuto un raid nella città cisgiordana di Gerico. Durante
uno scontro a fuoco è rimasto ucciso un militante palestinese dei Tanzim.Secondo
Saeb Erekat, uno dei ministri del gabinetto palestinese, durante l’operazione
sarebbe stata demolita una casa.
L’esercito
algerino ha neutralizzato un gruppo integralista islamico armato, facente capo
al Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento. Gli uomini
tentavano di passare la frontiera con il Mali. Durante l’operazione è stata
sequestrata una grande quantità di armi leggere e pesanti. La notizia è stata
confermata dallo Stato maggiore di Algeri, che non ha però diffuso informazioni
circa il numero di integralisti uccisi.
Cresce in Estremo Oriente l’allarme per l’influenza
aviaria, che ha causato fino a questo momento la morte di 10 persone e
l’abbattimento di milioni di polli. L'Organizzazione mondiale della sanità
ritiene “possibile” che le due ragazze
vietnamite morte nei giorni scorsi, siano state contagiate dal loro
fratello. Sarebbe questo il primo contagio tra umani. Intanto sempre in Vietnam
il virus avrebbe già contagiato i maiali. A lanciare l’allarme è la Fao, che ha
comunque precisato che non vi sono al momento prove scientifiche.
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