RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
366 - Testo della trasmissione venerdì
31 dicembre 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Questa sera il Papa presiede in San Pietro
il Te Deum di fine anno, domani mattina la Messa per la solennità di Maria
Madre di Dio e per la Giornata Mondiale della Pace, in un clima segnato dal
dramma del maremoto nel Sud-Est asiatico. Intervista con padre Enzo Bianchi
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il maremoto nel Sud Est asiatico: l’ultimo bilancio parla di
125 mila morti e oltre 5 milioni di senza tetto. Il 6 gennaio in Indonesia, il
summit internazionale per coordinare gli
aiuti. Con noi, padre Yvon
Ambrosie, Brenda
Burton e padre Carlo Velardo.
CHIESA E SOCIETA’:
Celebrazioni in tutto il
mondo per la Giornata Mondiale della Pace di domani
Parole di speranza dell’arcivescovo di Manila in un
messaggio sul maremoto
Tredici chiese di Palermo unite dal filo dell’arte nella
rappresentazione della Natività
Notizie
di pace dall’Africa: in Uganda raggiunto l’accordo tra governo e ribelli del Nord. Si firma oggi anche il protocollo
d’intesa per il Darfur. Pace fatta, infine, tra il governo del Senegal e gli
indipendentisti della Casamance.
31 dicembre 2004
QUESTA SERA IL PAPA PRESIEDE IN SAN PIETRO
IL TE DEUM DI FINE ANNO,
DOMANI
MATTINA LA MESSA PER LA SOLENNITA’ DI
MARIA MADRE DI DIO E PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE,
IN UN
CLIMA SEGNATO DAL DRAMMA DEL MAREMOTO NEL SUD-EST ASIATICO. DI FRONTE AL
MISTERO DEL MALE NEL MONDO
–
SCRIVE IL PAPA NEL MESSAGGIO PER LA PACE – GLI
UOMINI RISPONDANO CON SCELTE DI BENE,
SOPRATTUTTO
A FAVORE DI QUANTI HANNO BISOGNO DI AIUTO
“Non lasciarti vincere dal male,
ma vinci con il bene il male”. E’ il tema della Giornata Mondiale della Pace
che sarà celebrata domani, in un clima segnato dal dramma del maremoto nel
Sud-Est asiatico.
Il Papa, questa sera alle 18.00,
presiederà nella Basilica Vaticana i Primi Vespri della Solennità di Maria
SS.ma Madre di Dio con il tradizionale Te Deum di fine anno; domattina alle
10.00, primo giorno del 2005, presiederà la Messa, sempre in San Pietro. Il 16
dicembre scorso è stato pubblicato il suo messaggio per la Giornata della Pace.
Ce ne parla Sergio Centofanti.
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“Nel mondo – afferma il Papa – è
presente ed agisce il mistero dell’iniquità”: un mistero di Male che coinvolge
l’umanità e con essa l’intero creato, producendo “inenarrabili sofferenze ed
ingiustizie”. Di fronte a questo mistero l’uomo è chiamato a scegliere il bene
in due modi. Il primo è quello di non rispondere con il male: così è una
menzogna voler risolvere i problemi con la violenza. “La violenza distrugge ciò
che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani”.
Ma oltre a non fare il male
l’uomo è chiamato a fare il bene. Ed è
su questo secondo e forse più impegnativo aspetto che il Papa si sofferma in
particolare: fare il bene vuol dire impegnarsi “nella ricerca costante del bene
altrui come se fosse proprio”. Il Papa introduce nella dottrina sociale
cattolica il concetto di “cittadinanza mondiale” che fa dell’umanità un’unica
famiglia e conferisce a tutti gli esseri umani la stessa dignità: “Basta che un
bambino venga concepito – scrive Giovanni Paolo II – perché sia titolare di
diritti, meriti attenzioni e cure e qualcuno abbia il dovere di provvedervi”.
Il Papa parla di un amore preferenziale per i poveri e i più deboli: è doveroso
assistere profughi e rifugiati, è doverosa “la mobilitazione della solidarietà
internazionale” nei confronti di tutti coloro che hanno bisogno di aiuto.
Giovanni Paolo II di fronte al dramma della povertà nel mondo, più volte ha
chiesto la riduzione o addirittura l’azzeramento del debito delle nazioni
povere e accanto a questo l’aiuto pubblico allo sviluppo: a questo proposito la
comunità internazionale - si legge nel messaggio – non ha mantenuto le sue
“reiterate promesse”: eppure oggi è sempre più chiaro il legame che unisce
Paesi ricchi e poveri “per cui lo sviluppo o diventa comune a tutte le parti
del mondo, o subisce un processo di retrocessione anche nelle zone segnate da
un costante progresso”.
Il Papa lancia un appello a
tutti gli uomini di buona volontà a scegliere il bene, nonostante il mistero
del male. Ma invita soprattutto i cristiani a non nascondere la speranza che
viene dalla fede in Cristo, per lottare “contro i dominatori di questo mondo di
tenebra”: è grazie all’aiuto di Gesù – infatti – che è possibile vincere il
male con il bene. “I cristiani – conclude il Papa – siano testimoni convinti di
questa verità; sappiano mostrare con la loro vita che l’amore è l’unica forza
capace … di far avanzare la storia verso il bene e la pace”.
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Come si può leggere, dunque, il messaggio
del Papa per la Giornata mondiale della pace alla luce del disastro che ha
investito il Sud-Est asiatico? Barbara Castelli ha girato la domanda a padre
Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose:
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R. – Si può leggere
semplicemente accogliendolo nella forza che questo messaggio ha e che trae
dall’esortazione dell’Apostolo Paolo: “vinci il male con il bene”. Questa è
un’occasione per gli uomini di vincere il male, che questa volta viene dalla
natura e viene da quella che noi chiamiamo la nostra condizione di esseri
all’interno di un cosmo, il quale porta tutti i segni del male e della
catastrofe. Noi uomini siamo chiamati ad una grande responsabilità, per dare
nella solidarietà un alleviamento al male, per fare questa lotta contro il male
e per poter consolare chi ne è stato vittima. E’ sempre la stessa logica: il
male da qualunque parte venga – sia fatto dagli uomini, sia quello che viene
dalla natura – può essere contrastato e vinto con un’azione benefica, con
un’azione di amore e di carità.
D. – Quindi, in concreto i
cristiani, anche i singoli individui, cosa possono fare dinanzi a queste forme
di male di cui l’uomo non è responsabile?
R. – Anzitutto possono cercare
di alleviare il dolore dei fratelli che sono stati colpiti da questa
catastrofe. Ci sono mille modi oggi per farlo e per poterli aiutare. Certamente
è necessario imparare anche – oserei dire – che la responsabilità nostra nasce
da come noi sappiamo usare questa Terra. Non a caso quelle terre le hanno
chiamate paradisi, ma sono poi paradisi artificiali. Questo dovrebbe farci
cogliere qual è la nostra fragilità, quale è la nostra qualità umana, la
mancanza di onnipotenza che ci contraddistingue, che di fronte al male noi
possiamo essere solo tutti coinvolti e che dobbiamo portare solidarietà, amore
e aiuto in un orizzonte che sia uno sperare per tutti.
D. – Dov’è la speranza dinnanzi
a queste situazioni?
R. – L’ultima parola non è
questa catastrofe, ma è quella vita che Dio promette agli uomini, che è una
vita nuova, in cui non ci sarà né pianto, né lutto, né lacrime, né dolore; una
vita di grande comunione con Lui e con tutta l’umanità. Questa è la speranza
che aspetta noi cristiani e che dobbiamo, in qualche misura, comunicare agli
altri uomini.
**********
La nostra emittente seguirà in
radiocronaca diretta la celebrazione del Te
Deum a partire dalle 18.00 di oggi, con commento in italiano per la zona di
Roma, sull’onda media di 585 kHz e in modulazione di frequenza su 105 MHz. Domani,
a partire dalle 9.50, radiocronaca diretta della solenne celebrazione eucaristica
del primo gennaio, con commenti in italiano, inglese, tedesco, francese,
spagnolo, arabo e, solo per il satellite, in portoghese.
IL
CORDOGLIO DEL PAPA PER LE VITTIME DELL’INCENDIO NELLA DISCOTECA
IN ARGENTINA. IL SANTO PADRE ASSICURA LE SUE
PREGHIERE PER LE FAMIGLIE
“DEL CARO POPOLO ARGENTINO” COLPITE DAL DRAMMA
- A cura di Barbara Castelli -
Giovanni Paolo II ha appreso con
profondo dolore la notizia del disastroso incidente che nella notte ha colpito
l’Argentina. In un telegramma a firma del segretario di Stato, cardinale Angelo
Sodano, e indirizzato all’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario
Bergoglio, il Pontefice esprime vivo cordoglio per le 175 persone che hanno
perso la vita nel rogo scoppiato nella megadiscoteca “Republica de Cromagnon”,
“tra le quali tanti giovani”, e per le numerose famiglie “del caro popolo
argentino” che piangono i propri cari. Il Papa prega, quindi, il Signore di
concedere “consolazione e serenità” agli argentini in questo momento di dolore
e impartisce la benedizione apostolica.
NOMINA
In Francia, Giovanni Paolo II ha
accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Sens e della
Prelatura territoriale della Mission de France o Pontigny presentata per
raggiunti limiti di età dall’arcivescovo Georges Gilson. Gli succede mons. Yves
Patenôtre, finora coadiutore delle medesime sedi.
PUBBLICATO DALLA
FIDES IL RAPPORTO ANNUALE SUI MISSIONARI MARTIRI:
NEL 2004 HANNO PERSO LA VITA QUINDICI TRA
SACERDOTI, RELIGIOSE E LAICI,
IN PARTICOLARE IN AFRICA, ASIA E AMERICA LATINA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Dieci sacerdoti, un religioso,
una suora e tre laici. Sono i quindici missionari e testimoni della fede
cristiana che hanno perso la vita nel corso del 2004. I loro nomi e le
circostanze della loro morte figurano nel bilancio reso noto ieri dall’Agenzia
Fides. Sette di loro erano europei, tre del centro e del sud America, quattro
asiatici e un africano. Per un breve ricordo di questi martiri del Vangelo, il
servizio di Alessandro De Carolis:
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(musica)
Tessere di un mosaico spirituale
che “brillano per il sangue versato a causa della fede”. Così il cardinale
Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
popoli, definisce i 14 uomini e la donna - suor Christiane Philippon, la
religiosa uccisa nella notte tra il 25 e il 26 dicembre scorso – la cui
esistenza è stata brutalmente stroncata nel corso dell’anno che sta per concludersi.
Vite diverse e simili, legate dalla violenza di una morte inopinata e più ancora
da una biografia che racconta, di questi servitori del Vangelo, storie di coraggio,
di dedizione o anche di fedeltà semplice al proprio ministero di pastori, di
formatori, di annunciatori.
La triste graduatoria dei luoghi
in cui si sono consumati i 15 delitti è capeggiata dall’Africa, con 6 omicidi,
seguita dall’America centromeridionale e dall’Asia. Ed è da qui che partiamo,
per riferire di alcune di queste vicende, tra le più emblematiche dei nostri
tempi. Partiamo da tre laici, pakistani, colpevoli di credere in Cristo e
quindi accusati di blasfemia o, falsamente, di furto per potere essere
arrestati. Javed Anjum, Samuel Masih, Nasir Masih: tre giovani, di tre città
diverse, ma torturati ed uccisi con analoga barbarie dall’odio
dell’integralismo musulmano. E scegliamo tra le altre, anche la storia di don
Macrino Najera Cisneros, parroco di Jilotlan, in Messico. C’è una Messa di
Prima comunione e poi la festa, con tutti i ragazzi. Un uomo molesta una
quindicenne, pretende di ballare con lei e allora don Macrino interviene, la
difende, invita l’individuo a lasciarla stare. Un gesto comune, di una
sensibilità pastorale che si fa protezione, pagato con la vita. Perché l’uomo
si allontana dalla festa e ritorna con una pistola che scarica contro il
parroco e altre due persone, uccidendole. Dietro il dramma si intravede il
contesto di degrado sociale in cui il parroco operava. Lo stesso, segnato in
più da un’endemica povertà, in cui hanno perso la vita i 5 sacerdoti, il religioso
e la suora morti in Africa. “Trovati
uccisi nella loro abitazione – scrive la Fides - probabilmente da malviventi in
cerca di facili guadagni, o eliminati deliberatamente, con ferocia
sanguinaria”.
Un “generoso tributo di sangue”
per la “crescita della Chiesa nel mondo”, ha commentato il cardinale Sepe, che
ha aggiunto: “Il martirio è parte della Chiesa: annunciare il Vangelo,
propagare la Fede ovunque e sempre, anche donando la vita per questo scopo, è
la più alta testimonianza di evangelizzazione che possiamo dare, è la
concretezza della Pace offerta da Gesù Cristo a tutti gli uomini”.
(musica)
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Primo
gennaio 2005 - XXXVIII Giornata Mondiale della Pace.
A
tale riguardo - in prima pagina - un articolo di Marco Impagliazzo dal
titolo “Nel grande e pauroso silenzio che ci avvolge, un discorso decisivo sul
futuro del mondo”.
Nelle
vaticane, un articolo di Vincenzo Bertolone dal titolo “Il pianto degli innocenti”.
Una
pagina - a cura di Gabriele Nicolò, in collaborazione con l’Agenzia missionaria
“Fides” - dedicata ai missionari uccisi nel 2004.
Nelle
estere, il consueto, approfondito ragguaglio sulle tragiche conseguenze del
maremoto che ha stravolto il Sud-Est dell’Asia.
In
particolare si mette in evidenza che milioni di persone sono esposte al rischio
di epidemie. Esperti delle Nazioni Unite hanno già denunciato la diffusione di
alcune malattie infettive, soprattutto tra i bambini.
Il
telegramma di cordoglio del Papa per le vittime - tra le quali numerosi giovani
- del tragico incendio verificatosi in una discoteca di Buenos Aires.
Nella
pagina culturale, la scrittrice Susanna Tamaro intervistata da Franco Patruno.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il dramma del maremoto in Asia con un articolo
in cui si sottolinea che è scattata “l’ora della solidarietà”.
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31
dicembre 2004
DISASTRO
SENZA PRECEDENTI NEL SUD EST ASIATICO: L’ULTIMO BILANCIO
PARLA
DI 125 MILA MORTI E OLTRE 5 MILIONI DI SENZA TETTO.
IL 6 GENNAIO IN INDONESIA, IL SUMMIT
INTERNAZIONALE PER COORDINARE
GLI AIUTI ALLE POPOLAZIONI COLPITE DAL MAREMOTO
- Con noi, padre Yvon
Ambrosie, padre Carlo Velardo e Brenda Burton -
E’ un disastro senza precedenti
quello che ha colpito il sudest asiatico. L’ultimo tragico bilancio delle
vittime parla di 125 mila morti e oltre 5 milioni di senza tetto. Villaggi, strade,
addirittura intere isole sono state cancellate per sempre dalla forza devastante
del maremoto. E purtroppo, si fa sempre più serio il rischio di epidemie nelle
zone colpite dallo tsunami. Alla distruzione portata dall’Oceano si
potrebbe così aggiungere il flagello delle malattie infettive. Intanto la
comunità internazionale moltiplica gli sforzi per salvare più vite umane, come
ci riferisce in studio Alessandro Gisotti:
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Fare tutto il possibile: è
questo l’imperativo del vertice in Indonesia, che il prossimo 6 gennaio,
riunirà i rappresentanti degli Stati colpiti dallo tsunami assieme ai
responsabili delle maggiori organizzazioni internazionali, dalle Nazioni Unite
alla Banca Mondiale. Il summit dovrà mettere a punto la gigantesca macchina
degli aiuti umanitari alle prese con un disastro senza paragoni nella storia
recente. L’11 gennaio a Ginevra, invece, dovrebbe tenersi un primo incontro
preparatorio, promosso dall’Unione Europea, in vista della conferenza dei Paesi
donatori sulla crisi del maremoto in Asia. Intanto, l’Organizzazione Mondiale
della Sanità ha lanciato oggi un appello per l'aiuto di 40 milioni di dollari
destinato ai bisogni sanitari. Il Paese più disastrato della regione è
l’Indonesia, dove le ultime stime arrivano fino a 100 mila morti, anche se il
governo di Giakarta ha deciso di rinunciare ad aggiornare continuamente i dati
sulle vittime dello tsunami di domenica.
E proprio nella parte più
colpita dell’Indonesia, nella regione di Aceh, si vive in queste ore un amaro e
terribile paradosso: continuano infatti gli scontri armati tra l’esercito e i
ribelli separatisti. Una violenza che non si ferma nemmeno di fronte a mezzo
milione di persone in lotta per la sopravvivenza. Nello Sri Lanka, poi, si
devono anche registrare tristi fenomeni di sciacallaggio. Con il trascorrere
del tempo, sale inoltre drammaticamente il numero delle vittime tra gli
stranieri sorpresi dallo tsunami: almeno 5 mila sono i dispersi, mentre
nella sola Thailandia sono più di 2 mila le vittime tra i turisti. D’altro
canto, si fa sempre più elevato il rischio di epidemie: per questo l’Onu ha
sottolineato che è quanto mai necessario pulire i pozzi e fornire adeguato
supporto medico. In questo scenario davvero sconfortante, c’è però spazio per
una buona notizia, un segno di speranza: l'India ha ridotto sensibilmente il
bilancio ufficiale delle vittime: la revisione è dovuta al fatto che sono state
ritrovate 3 mila persone date per disperse sulle isole Andamane e Nicobare.
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Particolarmente attiva sul
fronte degli aiuti umanitari è la Chiesa cattolica, grazie alla sua rete di
solidarietà presente nelle zone devastate:
ascoltiamo padre Yvon Ambrosie, coordinatore
di Caritas Asia, intervistato dalla nostra redazione indiana:
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R. – CARITAS INTERNATIONALS THROUGH CONNECTION WITH
INDIA ...
La Caritas Internationalis,
insieme alla Caritas India e alla Caritas Asia, sta raccogliendo ingenti somme
di denaro per gli aiuti. Il supporto in denaro sta arrivando a fiumi da ogni
dove. A tutt’oggi, è stata raccolta la somma di tre milioni di dollari. Per
quanto riguarda lo Sri Lanka, sicuramente il Paese più duramente colpito, tutto
sta procedendo: sia gli interventi d’emergenza sia le opere di aiuto. In questo
momento, non troverete nessun vescovo dello Sri Lanka nella propria sede
diocesana: sono tutti in visita nelle zone colpite: cercano di portare un po’
di sollievo alle popolazioni. La Chiesa ha risposto immediatamente e
attivamente a questa calamità.
**********
Come la
Caritas, tutte le principali organizzazioni umanitarie sono all’opera nell’area
colpita. Molte le difficoltà che gli operatori stanno incontrando nel portare
aiuto alle popolazioni afflitte. Lo sottolinea
Brenda Burton, portavoce del PAM, il Programma Alimentare Mondiale dell’Onu,
intervistata da Giancarlo La Vella:
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R. – Ci stiamo veramente
muovendo in tutte le direzione e in tutti i modi possibili, cominciando dalle
riserve alimentari che – per fortuna – avevamo sul posto. Avevamo, infatti, i
magazzini già pieni di cibo, che usavamo per sfamare i bambini a scuola.
Abbiamo utilizzato, ad esempio, in Sri Lanka questo cibo e stiamo muovendo
tantissimi camion. Il problema vero è che c’è una forte difficoltà ad operare
via terra: i camion incontrano infatti molti ostacoli negli spostamenti perché
le strade sono distrutte, non c’è elettricità, non c’è acqua e c’è una
distruzione anche umana che rende ancora più difficile le stesse operazioni umanitarie.
D. – Viste le dimensioni della
catastrofe, si immagina che questo intervento sarà a lungo termine…
R. – Non credo che sia mai stata
una operazione che abbia richiesto un’organizzazione così enorme, fatta bene,
cosicché gli aiuti riescano ad essere mirati laddove c’è bisogno in questo momento.
D. – Cosa vi dicono i vostri
operatori in loco? Di cosa c’è bisogno nell’immediato?
R. – C’è bisogno ovviamente del
cibo che la gente può mangiare facilmente. Senz’altro però la situazione
sanitaria ed il rischio di epidemie e malattie sono cose delle quali tutti
quanti noi siamo veramente preoccupati. La situazione è veramente, veramente
difficile.
**********
Tra le aree maggiormente colpite
dallo tsunami, ci sono alcune delle località della Thailandia più
frequentate dai turisti occidentali. Proprio il turismo è la fonte di
sostentamento per numerosi abitanti del luogo. Il maremoto, dunque, oltre a
seminare morte ha anche cancellato quelle strutture che davano lavoro a molti
thailandesi. Ascoltiamo la testimonianza di
padre Carlo Velardo, missionario salesiano in Thailandia da oltre 20 anni,
raggiunto telefonicamente a Bangkok da Alessandro Gisotti:
**********
R. – Queste zone, essendo
turistiche, attraggono una marea di gente e la popolazione, a parte il lavoro
del piccolo commercio ed anche della pesca e dell’agricoltura, è impiegata nel
settore turistico. Ora, questa catastrofe ha praticamente distrutto, sulla
costa, i mezzi per vivere. La gente è rimasta letteralmente senza niente.
D. – Padre Carlo, di che cosa ha
particolare bisogno, in questo momento, la popolazione?
R. – Questa mattina è arrivato
molto riso, ma non c’è la possibilità di cuocerlo. Allora la gente ha chiesto
il materiale per poterlo cuocere e così mangiare. Poi bisogna pensare alla
ricostruzione in modo da poter ridare un futuro a questa gente che ha perso
tutto.
D. – Dopo lo shock iniziale
della tragedia, in questi giorni come si sta muovendo la macchina della
solidarietà da parte della Chiesa attraverso la Caritas, ma anche attraverso
l’impegno di missionari come voi che conoscete il territorio da tanti anni?
R. – Prima di tutto, fin
dall’inizio, abbiamo visto la presenza di sacerdoti e suore che già operavano
nella zona e che si sono resi immediatamente disponibili per aiutare. Nel contempo,
si sono recati in villaggi nei quali non era ancora arrivato nessuno. Ed adesso
ci accingiamo a coordinare un’azione fra tutti sia noi come salesiani, sia con
il vescovo locale che è un salesiano e che è stato nominato appena il mese
scorso.
D. – Dopo la devastazione
portata dalle acque molti esperti dicono che il rischio ora sia quello delle
epidemie...
R. – La paura è grande. Il
locale Ministero della sanità si è subito mobilitato perché hanno paura appunto
di epidemie, prima di tutto la dissenteria in quanto non c’è acqua potabile.
Intanto ci sono i cadaveri che sono veicoli, ad alto rischio, di infezioni.
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31
dicembre 2004
CELEBRAZIONI IN TUTTO IL
MONDO PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE. L’associazione
Volontari nel Mondo e la Caritas Italiana
lanciano insieme la
campagna sugli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio”,
nata per responsabilizzare
i governi
- A cura di Rita Anaclerio -
ROMA. = “Quando a tutti i livelli si coltiva il bene
comune, si coltiva la pace”. E’ iniziato così, con le parole di Giovanni Paolo
II in occasione della presentazione della Giornata Mondiale della Pace, il
lungo viaggio della colomba portatrice di speranza, che toccherà 15 piazze
italiane e oltre 50 città del mondo. Si parte ovviamente da Roma. La comunità
di Sant'Egidio, insieme ad altre associazioni e movimenti, ha organizzato per
il primo dell’anno la marcia della pace che prenderà il via alle ore 10.30 da
piazza della Chiesa Nuova per finire a piazza San Pietro con l’Angelus del
Papa. Ma il richiamo alla solidarietà non si ferma. In Spagna, a Barcellona,
nella chiesa degli Esculapi, immersa in un parco, sono in programma alcune letture
che forniranno spunti di riflessione sul tema. In Angola, le suore Francescane
Missionarie di Maria e la parrocchia dei cappuccini hanno organizzato, sempre
per il primo dell’anno, una giornata di canti e preghiere. La colomba
portatrice di speranza continua il suo viaggio fino in Belgio, a Liegi, dove
una serie di manifestazioni vedranno la partecipazione non solo delle autorità
locali ma anche delle comunità musulmane. Benin, Bolivia fino alla cattedrale
della capitale del Burkina Faso, dove l’inno alla serenità prenderà le forme di
canti, musica e preghiere. E per accogliere nel migliore dei modi il nuovo
auspicato anno di pace, giovani famiglie si incontreranno la notte di Capodanno
davanti al presepio allestito a San Pietro, per pregare per le popolazioni del
Sud-Est asiatico martoriate dal maremoto. Ad aprire la veglia sarà il vescovo
mons. Oscar Rizzato, elemosiniere della Santa Sede.
CAPODANNO
ALL’INSEGNA DELLA SOBRIETÀ IN TUTTO IL MONDO COME SEGNO DI RISPETTO E
SOLIDARIETÀ
CON LE POPOLAZIONI DEL SUD EST
ASIATICO COLPITE DAL MAREMOTO DELLO SCORSO 26 DICEMBRE
- A cura di Roberta
Moretti -
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ROMA.
= Capodanno in tono minore in tutto il Mondo. Moltissimi Paesi dei 5 continenti
hanno annunciato l’annullamento o la riduzione dei festeggiamenti, che appaiono
in queste ore fuori luogo per il sentimento di lutto per le vittime del
maremoto che si avverte in tutto il Pianeta. Forte, l’invito dei governi a
devolvere in donazioni i soldi risparmiati in questo modo. Sidney, la città
dove giunge per primo il nuovo anno, festeggerà con sobrietà. Nello Sri Lanka
la presidente, Chandrika Kumaratunga, ha proclamato il 31 dicembre giornata di
lutto nazionale. La Malaysia non terrà eventi ufficiali e i festeggiamenti
saranno sostituiti da preghiere; Bangkok ha annullato tutte le feste pubbliche
e il presidente indiano non si intratterrà, come di consueto, con i visitatori
del Palazzo presidenziale. A Giakarta e a Hong Kong sono stati annullati i
fuochi d’artificio. Capodanno al buio anche in Europa. In Germania il
cancelliere Gherard Schroeder e il ministro degli Esteri, Joschka Fischer,
hanno chiesto ai loro concittadini di rinunciare all’acquisto di fuochi e
petardi e devolvere il danaro a favore delle vittime. A Londra, dove per la
notte di Capodanno sono attese 400 mila persone, il 25 per cento delle somme
tradizionalmente raccolte nel centro della città a favore delle organizzazioni
umanitarie sarà devoluto alle vittime del maremoto. Il premier britannico, Tony
Blair, nel suo discorso di fine anno ha invitato i cittadini inglesi a non
dimenticare quanto è accaduto. Parigi sarà addobbata a lutto, con grandi veli
neri appesi ai circa 400 alberi della famosa via degli Champs Elysees e 80 candelabri
attorno a Place de la Concorde. Niente celebrazioni anche a Istanbul e Cipro.
In Belgio le bandiere saranno a mezz’asta fino al 2 gennaio. In Svezia, uno dei
Paesi europei con più vittime nel Sud-Est asiatico, il primo gennaio sarà lutto
nazionale. Capodanno senza fuochi anche in Austria. Molti politici hanno rinunciato
ad assistere al famoso concerto di Capodanno nella sala d’oro di Musikverein: i
loro posti verranno messi all’asta e l’Orchestra dei filarmonici di Vienna, che
non eseguirà la tradizionale e festosa Marcia di Radetzky, devolverà alle popolazioni
asiatiche l’incasso della prova generale, che corrisponde a circa un milione di
euro. Luci spente e raccolte di fondi anche in Italia, dove quasi tutte le più
grandi città hanno annunciato l’annullamento o la riduzione dei festeggiamenti.
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“TRAGEDIE E SOFFERENZE NON HANNO CONFINI, MA POSSONO DIVENTARE UNA
RAGIONE PER ESSERE SOLIDALI CON GLI ALTRI”.
COSÌ, L’ARCIVESCOVO DI MANILA, MONS. GAUDENCIO
ROSALES, IN UN MESSAGGIO ALLA TELEVISIONE FILIPPINA,
COMMENTANDO LE CATASTROFI NATURALI CHE HANNO
SCONVOLTO IN QUESTI GIORNI IL SUD EST ASIATICO
MANILA. = Parole di speranza dell’arcivescovo di
Manila, mons. Gaudencio Rosales, in un messaggio trasmesso durante il programma
televisivo filippino “Family Rosary Crusade”. Il presule, commentando le catastrofi
naturali che hanno segnato il continente asiatico negli ultimi giorni, ha
affermato che il 2005 “offrirà nuove occasioni, nuove opportunità per mezzo
della grazia di Dio Onnipotente” e ha ricordato che “ogni nuovo giorno è un
dono di Dio”. L’arcivescovo ha sottolineato come queste calamità dimostrino che
“tragedie e sofferenze non hanno confini, ma possono essere viste come una
ragione per essere solidali con gli altri in questi momenti bui”. “Avviamoci
quindi al nuovo anno – ha incoraggiato – approfittando di una grande occasione
che ci è stata data: incontrare l’altro, nella sofferenza o nella gioia, in
maniera spontanea o ragionata, ma con la profonda convinzione nella fede nel
Signore, che ha manifestato l’amore e la compassione del Padre Celeste”. Mons.
Rosales ha invitato i fedeli ad “andare incontro agli altri, per aiutarli, per
capirli, per incoraggiarli”. “La fede in Dio – ha aggiunto - non può essere
minata dalle tragedie, dai bisogni e dalle condizioni del Paese, siano essi
pericoli, disabilità o gravi mancanze”. Il porporato ha concluso il suo messaggio,
invitando i fedeli “ad affrontare assieme le sfide del nuovo anno, con buona volontà,
unità, fede in Dio e amore verso gli altri”. (R.M.)
BALOCCHI
IN CAMBIO DI ARMI GIOCATTOLO NELLE PIAZZE DELL’ARGENTINA.
È L’INIZIATIVA DEL
GOVERNO DI BUENOS AIRES E DEL FONDO DELLE NAZIONI UNITE
PER L’INFANZIA IN
OCCASIONE DEL NUOVO ANNO, PER LANCIARE UN MESSAGGIO DI PACE
E DENUNCIARE IL FORTE AUMENTO
DI EPISODI DI VIOLENZA TRA I GIOVANI DEL PAESE
BUENOS AIRES. = Nelle ultime due settimane, in
occasione delle feste di fine anno, il governo argentino e il Fondo delle
Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) hanno realizzato un’iniziativa per
scambiare armi giocattolo con giochi da tavolo, palloni e pupazzi. Migliaia di
bambini hanno consegnato agli organizzatori, nelle piazze adibite, pistole,
fucili e coltelli di plastica, ricevendo in cambio balocchi che non evocano
violenza, ma il legittimo desiderio di gioco dell’infanzia. La manifestazione è
stata presentata dal ministro dell’Istruzione argentino, Daniel Filmus, e dal
rappresentante dell’Unicef nel Paese, Jorge Rivera Pizarro. I due hanno sottolineato
l’importanza ideale dell’iniziativa, non solo per lanciare un messaggio di pace
globale in coincidenza con le festività di fine anno, ma anche per sottolineare
la gravità della situazione sociale in Argentina, dove negli ultimi mesi la violenza
nelle strade e nelle scuole è aumentata enormemente. In Argentina girano
legalmente armate circa 630 mila persone, ma il numero delle armi in circolazione
è molto più alto. (R.M.)
A PALERMO TREDICI CHIESE
OSPITANO ANTICHE OPERE D’ARTE SULLA NATIVITA’,
PER LA MOSTRA-PERCORSO “VENITE ADOREMUS”, INAUGURATA
IERI
PALERMO.
= Tredici chiese di Palermo unite dal filo dell’arte nella rappresentazione
della Natività compongono il mosaico di una mostra che propone una ventina di
pitture e sculture dal XII al XIX secolo, custodite nei luoghi di culto e nel
Museo Diocesano della città. La mostra, intitolata “Venite adoremus”, è stata
presentata ieri dal sindaco di Palermo, Diego Cammarata, e dal cardinale arcivescovo,
Salvatore De Giorgi. La mostra si collega al “Kals’Art Winter”, la rassegna di
eventi e concerti organizzata dal Comune in occasione delle festività di fine
anno, in collaborazione con l’associazione “Amici dei musei siciliani”. Le
chiese che fanno da scenario alle opere d’arte sono quelle di San Francesco
d’Assisi, San Mamiliano, l’Oratorio del SS. Rosario in Santa Cita, la Gancia,
la Martorana, l’Oratorio del SS. Rosario in San Domenico, la basilica di San
Domenico, il Carmine Maggiore, Santa Maria della Catena, la Cattedrale, San
Francesco di Paola e la chiesa dei Cappuccini. Il catalogo, che raccoglie 32
soggetti tra dipinti e sculture, è stato ideato e realizzato dallo storico
dell’arte, Pierfrancesco Palazzotto, vicedirettore del Museo Diocesano e
curatore della mostra. A partire dal 7 gennaio, i pannelli illustrativi delle
opere saranno trasferiti al Museo Diocesano, dove rimarranno esposti in mostra.
“‘Venite adoremus’ – afferma il sindaco Cammarata – è un raro esempio di ‘museo
diffuso’: le chiese scelte hanno ospitato una mostra che ha costituito una
sorta di filo rosso fra l’uno e l’altro sito, celebrando così la sacralità del
Natale”. (R.M.)
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31
dicembre 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Strage
in Argentina. Un incendio in una discoteca di Buenos Aires ha provocato questa
notte 175 morti ed oltre 600 feriti. A scatenare il rogo sarebbe stato un
bengala acceso da un gruppo di giovani presenti nel locale, dove erano radunate
oltre 6 mila persone. Ai lavori di soccorso partecipano oltre 600 persone, tra
personale medico e volontari. Ci aggiorna Maurizio Salvi:
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Tutto
è cominciato quando alcuni ragazzi sono entrati nella discoteca “Republica de
Cromagnon”, in cui si trovavano 6 mila persone attratte da un concerto di un
gruppo di rock, ed hanno lanciato un razzo pirotecnico. L’ordigno ha sbattuto
contro le pareti ed ha appiccato il fuoco ad una struttura di plastica che
pendeva dal soffitto, e poi a tutto l’arredamento. Le pochissime uscite di
emergenza sono rimaste bloccate per cui centinaia di giovani si sono
precipitati verso l’unica porta praticabile, quella principale. Molti di essi,
però, non ce l’hanno fatta ed hanno ceduto al denso fumo prodotto dalla
plastica bruciata.
Le squadre di soccorso hanno trovato nei bagni ed in varie stanze
decine di corpi accatastati di giovani che hanno cercato invano una via
d’uscita. Intanto, all’esterno della discoteca si sono moltiplicate scene di
disperazione, con genitori, parenti ed amici che chiedevano notizie dei loro
cari. Fonti del governatorato di Buenos Aires hanno rivelato che al momento
dell’incidente, nella discoteca c’erano duemila persone in più di quelle che poteva
ospitare.
Da Buenos Aires, Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.
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Ci trasferiamo in Iraq, dove ad un mese dalle
elezioni generali del 30 gennaio, l'esercito americano e il governo di Baghdad
hanno deciso di moltiplicare le operazioni contro la guerriglia e di dispiegare
100.000 uomini per assicurare il corretto svolgimento del voto. Ma sul terreno
è violenza. Gli scontri più gravi si sono registrati ieri nella città settentrionale
di Mosul, con 25 guerriglieri e un soldato americano uccisi.
Duri scontri
infuriano anche oggi nel Sud della striscia di Gaza, mentre ingenti reparti militari
israeliani proseguono per il secondo giorno un raid terrestre nella città di
Khan Yunes allo scopo di neutralizzare cellule della intifada specializzate nel
lancio di colpi di mortaio. A Khan Yunes si contano in questa operazione almeno
undici palestinesi uccisi, in gran parte uomini armati. Inoltre, un ragazzo di
16 anni è stato ucciso stamane a Rafah
dal fuoco di militari israeliani.
Notizie di pace
giungono, invece, dall’Africa. In Uganda, dopo 18 anni di guerra, si firmerà oggi a
Kitgum un accordo bilaterale tra il governo ugandese e i ribelli del nord. Il
servizio di Rita Anaclerio:
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E’ la prima tregua bilaterale da quando la
LRA, il sedicente Esercito di Liberazione del Signore, combatte e sono grandi
le speranze che circondano il negoziato di pace. Il governo ufficiale e i
ribelli attivi nel nord si incontreranno nel pomeriggio a Kitgum, nel nord
dell’Uganda. L’Unione africana si è detta soddisfatta dei progressi realizzati
fino ad oggi e ricorda che questo negoziato di pace “mira a porre fine a 18
anni di conflitto e dimostra la disposizione delle parti di superare le loro
differenze con il dialogo e con mezzi pacifici”. Una vittoria politica ma
soprattutto umana che, come auspica il presidente della Commissione dell’Unione
Africana, Alpha Oumar Konaré “permetterà al popolo ugandese di entrare in una
nuova era e che offrirà l’occasione di ricostruire una regione, creando le
condizioni favorevoli per un continuo e costante sviluppo”.
Ottimismo è stato espresso dall'arcivescovo di
Gulu, mons. John Baptist Odama. Il presule, infatti,
sottolinea che il governo “non può permettersi di perdere questa occasione, altrimenti
i costi per la popolazione, già estremamente provata dai molti anni di
conflitto, rischiano di essere veramente troppo alti”. Infatti, dal 1986, i
ribelli tormentano il nord dell'Uganda e zone limitrofe dove finora, secondo
stime correnti, hanno ucciso oltre 100.000 persone, sequestrato 25.000 minori e
causato un milione e mezzo di sfollati. Mons. Odama ricorda, inoltre, una
promessa espressa in un precedente incontro con il portavoce del movimento di
ribellione, Sam Nkolo: il 2005 sarà un anno di pace. Un augurio che
l’arcivescovo rilancia con speranza a tutto il popolo ugandese.
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E’ prevista per oggi, in Kenya, la firma del protocollo d'intesa
tra il governo sudanese e i ribelli del Movimento di liberazione, attivi nella
parte meridionale del Sudan e in particolare in Darfur. L’accordo sarà il primo
passo per mettere fine al ventennale conflitto nel sud Sudan. Per i
combattenti, però, si tratta di una soluzione parziale della crisi.
Accordo fatto tra il governo del Senegal e gli
indipendentisti della Casamance, la regione meridionale dove da 22 anni è in corso
una lotta armata. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
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Ventidue anni di sangue si chiudono con una firma, apposta dal
governo del Senegal e gli indipendentisti della regione meridionale della
Casamance. A confermare la notizia il ministro dell’Interno Ousmane Ngom,
firmatario dell’intesa per il governo, che carico di ottimismo ha comunicato
agli organi di stampa che esistono “tutte le condizioni per raggiungere un
accordo definitivo”. Ngom ha poi aggiunto che il documento “è stato preparato
con meticolosità da entrambe le parti”. Con il patto, gli indipendentisti hanno
dichiarato finita la lotta armata e concordato di consegnare le armi, senza
però fissare alcuna scadenza temporale.
È dal 1982 che i combattenti del Movimento delle Forze democratiche
della Casamance sono in lotta per rivendicare maggiore autonomia territoriale.
Negli anni il Movimento ha modificato più volte il suo orientamento optando
infine per una più semplice autonomia amministrativa. Questo atteggiamento ha
consentito da un lato l’apertura di negoziati col governo centrale - e la firma
di una serie di intese culminate con la pace siglata nel 2001 tra il capo dei
ribelli Senghor e il presidente Abdoulaye Wade - ma dall’altro ha aggravato
conflitti e spaccature interne al movimento.
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La Corte Suprema ucraina ha respinto i
primi ricorsi di Yanukovic. Il candidato filo-russo aveva presentato tre
richieste di annullamento del secondo ballottaggio presidenziale del 26 scorso,
vinto, secondo i dati ufficiali, dal candidato dell'opposizione
filo-occidentale Viktor Yushenko. La Commissione elettorale centrale potrà
proclamare ufficialmente il vincitore solo quando saranno esauriti gli appelli
legali.
L’Olanda cede domani al Lussemburgo la
presidenza di turno dell’Unione Europea. Il Granducato per sei mesi dovrà
confrontarsi soprattutto con tre temi economici fondamentali: la riforma del
Patto di stabilità, la competitività europea e il budget dell’Unione dal 2007
al 2013. In primo piano anche il “dossier Turchia”, i rapporti con Washington e
l'emergenza tsunami di questi giorni in Asia.
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