RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
363 - Testo della trasmissione martedì
28 dicembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Cristiani operatori di
pace se ancorati al del Vangelo: così il Papa nel messaggio ai giovani che
partecipano all’incontro di Taizé a Lisbona. La testimonianza
di fratel Marek.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Deludente bilancio in Bolivia delle politiche messe in atto per
contrastare le coltivazioni di coca
Lanciata in Cambogia dal primo
ministro Hun Sen una campagna di lotta al contrabbando
E’ ufficiale la vittoria di Yushenko alle presidenziali di domenica. Ma il premier Yanukovich parla di un colpo di mano dell’opposizione filo occidentale
In Iraq 19 morti a Tikrit. Al Zarqawi riconosciuto come capo di Al Qaeda in Iraq da Osama Bin Laden.
28
dicembre 2004
LA SOLIDARIETA’
DEL PAPA ALLE POPOLAZIONI COLPITE
DAL MAREMOTO NEL SUDEST ASIATICO: SI MOBILITA
IL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM
- Con noi, mons. Karel
Kasteel -
La Chiesa Cattolica in prima
linea per portare aiuti alle popolazioni colpite dal terribile maremoto che ha
devastato il sudest asiatico. Proprio all’Angelus di domenica scorsa, Giovanni
Paolo II aveva esortato la comunità internazionale a “portare sollievo” alle
popolazioni afflitte dal disastro. Un impegno assunto in prima persona dal
Santo Padre attraverso il Pontificio consiglio “Cor Unum”: a sottolinearlo è
mons. Karel Kasteel,
segretario del dicastero vaticano, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Per incarico di Sua Santità,
Cor Unum ha già inviato i primi soccorsi d’urgenza da parte del Santo
Padre stesso alle nunziature apostoliche in India, Thailandia, Indonesia, Sri
Lanka. Si è levato unanime un coro di solidarietà fraterna. La rete Caritas
ha già raccolto la somma oltre due milioni di dollari. Diverse Caritas,
Austria, Paesi Bassi, Stati Uniti, hanno inviato esperti sul posto per
sostenere l’opera delle varie Caritas nazionali. Anche il Servizio dei
gesuiti per i rifugiati sta appoggiando il lavoro di aiuto. Noi seguiamo
l’evolvere della situazione anche per tenere il Santo Padre sempre informato su
tutto ciò che si sta facendo. Facciamo anche un appello a chi vuole aiutare:
può farlo tramite conto corrente postale intestato a Cor Unum - Città del
Vaticano – 603035.
D. – Dalle informazioni che
avete, quali sono le prime necessità e le urgenze per le popolazioni colpite?
R. – Naturalmente chi ha perduto
tutto ha bisogno di tutto e quindi si tratta di sistemare queste persone in
modo che possano avere nuovamente un’abitazione ed i medicinali. Quello che è
importante è avere i mezzi a disposizione. E’ necessario sempre un po’ di
tempo, non solo per vedere i danni, ma anche per verificare quali siano i
bisogni primari. Bisognerà ancora attendere perché si possa avere una visione
globale.
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CRISTIANI
SOLIDI ED OPERATORI DI PACE SE ANCORATI ALLE RADICI DEL VANGELO.
COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO AI GIOVANI
CHE PARTECIPANO ALL’INCONTRO DI TAIZÉ A LISBONA
- Con noi fratel Marek -
Aperti alle persone di culture diverse “per fare del
pianeta una società sempre più fraterna”. E’ l’auspicio che chiude il messaggio
inviato da Giovanni Paolo II ai 40 mila giovani che partecipano, a Lisbona, al
27.mo incontro di preghiera animato dalla Comunità di Taizé sul tema “Un
avvenire di pace”. Oltre al Papa, anche i leader religiosi delle altre
confessioni cristiane hanno inviato messaggi al raduno, iniziato questa mattina
e in programma fino al primo gennaio prossimo. Il 2 gennaio, i giovani europei
e la Comunità di Taizé si riuniranno nel Monastero dos Jerónimos di Lisbona per
una Messa presieduta dal cardinale Patriarca, José Policarpo. Sul contenuto dei
vari messaggi, il servizio di Alessandro De Carolis:
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Per essere solido, un cristiano deve “ritornare alle sorgenti della fede per scoprire la
profondità del mistero di Dio”. Il Papa
è schietto nell’indicare ai giovani di Taizé la strada che porta a conoscere e
ad amare davvero Cristo, a servirlo nella Chiesa, a testimoniarlo nel mondo. La
vostra esperienza - scrive Giovanni Paolo II ai partecipanti all’incontro - si
basa sulla comunione che è “il fondamento della pace interiore e della
fraternità”. Con questo spirito – conclude - una volta ritornati alle vostre
case, “diventate sempre più operatori di pace e di unità!” “La città nella
quale vi trovate, Lisbona, è aperta sul mondo. Possiate, a vostra volta, essere
aperti ai vostri fratelli di differenti culture per fare del pianeta una
società sempre più fraterna”.
Anche il Patriarca ortodosso russo, Alessio
II, mette in risalto nel suo messaggio il tema dell’identità delle proprie
radici religiose. Il raduno di Taizè - osserva - è importante in un’epoca “in
cui vediamo sfortunatamente la società occidentale allontanarsi sempre più dai
valori cristiani”. Il vostro incontro - scandisce più avanti - “ricordi che il
cristianesimo è stato, rimane e sarà un fondamento della civiltà europea”. Una
medesima eco si coglie nel documento indirizzato a Lisbona dal Patriarca
ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I: “Siete venuti a confessare con voce
unanime e tradurre nei fatti che il cristianesimo ha ancora molto da dire al
mondo, rivelare sostanza e senso della vita”. “Quando ritornerete alle vostre
case – chiosa idealmente questa carrellata l’arcivescovo di Canterbury, Rowan
Williams, primate della Chiesa anglicana – mi auguro che la potenza dello
Spirito che ci rinnova vi doni d’essere sempre portatori della pace di Dio nel
cuore del nostro mondo così agitato”.
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Secondo uno stile ormai consolidato in decenni
di incontri internazionali di Taizé, le riflessioni in piccoli gruppi al mattino,
nelle parrocchie dell’accoglienza, si alternano agli incontri a tema del
pomeriggio, che vanno dall’approfondimento della fede alle responsabilità umane
che i giovani possono assumere, per esempio in situazioni di sofferenza, per
arrivare all’incontro delle culture attraverso l’arte e la musica. Su questa prima mattina d’incontri, ecco la
testimonianza di fratel Marek, raggiunto telefonicamente a Lisbona da
Alessandro De Carolis:
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R. – Già alle sei abbiamo cominciato, qui in
Fiera, con alcune scolaresche ad accogliere i giovani che arrivano a Lisbona.
Tutti vengono avviati alle parrocchie e alle famiglie dove saranno alloggiati;
nel pomeriggio torneranno qui, nel luogo del nostro primo incontro, dove
riceveranno finalmente un pasto caldo e dopo cena, la preghiera. Per la prima
volta, frère Roger incontrerà i giovani per una prima riflessione di questo
incontro.
D. – A questo proposito, il tema di quest’anno
è: “Un avvenire di pace”. Tutti i leader religiosi mondiali sono concordi nei
loro messaggi, che hanno inviato al raduno di Taizé, nel definire questo
incontro “una delle occasioni per riscoprire il valore rivoluzionario del
Vangelo” ...
R. – Sì! Il Papa ha scritto ai giovani un
messaggio insieme con i responsabili delle altre Chiese e tutti hanno
certamente accennato a questa sfida per il mondo rivolta ai giovani che si
impegneranno in prima persona per costruire questo futuro di pace.
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Apre
la prima pagina il titolo “Una distesa di morte senza confini”, in riferimento
al terrificante maremoto che ha devastato il Sud-Est dell’Asia.
Un
comunicato del Pontificio Consiglio “Cor Unum” in merito ai soccorsi d’urgenza
inviati nei Paesi asiatici colpiti.
Nelle
estere, l’approfondimento dei vari, drammatici aspetti legati al tragico avvenimento.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla celebrazione del Natale nelle diocesi italiane.
Nella
pagina culturale, un articolo di Maria Maggi dal titolo “L’imminenza del maremoto
può essere prevista e segnalata”; con l’ausilio di sismografi, computer e
satelliti per telecomunicazione.
Nelle
italiane, in primo piano il maremoto nel Sud-Est dell’Asia; tredici, finora,
gli italiani morti accertati.
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28 dicembre 2004
SEMPRE PIU’ CATASTROFICO IL BILANCIO DELLE VITTIME
DEL MAREMOTO
NEL SUD
EST ASIATICO: ALMENO 50 MILA I MORTI, MIGLIAIA I DISPERSI
- Con noi, mons. Peter Fernando, Stefano Savi e
Alberto Zerboni -
E’ davvero una tragedia inimmaginabile
quella che ha devastato il sudest asiatico. Il bilancio delle vittime causate
dal maremoto si fa di ora in ora più spaventoso: i morti sarebbero almeno 50
mila, mentre resta imprecisato il numero dei dispersi. La comunità
internazionale è impegnata in una febbrile corsa contro il tempo per portare
soccorso ai sopravvissuti. Sugli ultimi sviluppi della crisi umanitaria, il
servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il
numero complessivo dei morti oscilla tra
50 mila e 55 mila, ma si potrebbe arrivare a 100 mila vittime. Il Paese più colpito è l’Indonesia, dove al largo dell’isola di
Sumatra è stato localizzato l’epicentro del sisma che ha innescato il maremoto.
Secondo il vicepresidente, Yusuf Kalla,
le vittime sono almeno 21 mila. Nello
Sri Lanka il governo ritiene che i morti potrebbero essere 18 mila. Si
devono aggiungere, inoltre, 11500 vittime in India. Nelle isole di Andamane e
Nicobare, in particolare, sono 5 mila i morti e più di 30 mila i dispersi.
Oltre mille e cinquecento persone sono rimaste uccise in Thailandia e decine
tra Myanmar, Maldive e Malaysia. Gli tsunami hanno ucciso anche in Africa raggiungendo
le coste di Somalia, Tanzania e Kenya. Circa
un terzo delle vittime e dei senza tetto sono bambini. Con il passare
delle ore emergono nuovi, terribili particolari della strage avvenuta
nell’Oceano indiano. Un’onda anomala ha
tragicamente avvolto anche un treno che viaggiava sulla costa dello Sri
Lanka. Sarebbero tutti morti, secondo un responsabile dei soccorsi, i 1500
passeggeri sommersi dall’acqua. Per aiutare le vittime del disastro si è
mobilitato anche l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati. Per quanto riguarda
i turisti stranieri, il solo dato ufficiale parla di 119 vittime, fra le quali
22 francesi, 16 inglesi e 13 italiani. Ed in questa immane catastrofe è sempre alto,
infine, il rischi di colera, tifo, malaria ed altre malattie portate dalle acque
inquinate.
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Tra le
regioni più colpite dal maremoto c’è lo Stato indiano meridionale del Tamil
Nadu. Ecco la testimonianza dal posto di mons. Peter Fernando, arcivescovo di
Madurai, una delle aree più devastate, raccolta da Alessandro Gisotti:
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R. - THERE ARE 17 DIOCESES IN OUR REGION, OF THESE,
SIX DIOCESES HAVE BEEN ...
La
nostra regione comprende 17 diocesi, sei delle quali sono state colpite dallo tsunami.
Ho visitato alcune zone dove la popolazione è stata più gravemente colpita; vi
sono alcune parrocchie in cui sono morte 300 persone, in molti altri luoghi la
maggior parte della gente ha perso tutto ed è senza tetto. Abbiamo riunito la
gente nelle nostre scuole e nelle nostre chiese e le riforniamo con medicinali
e cibo. La Chiesa in Tamil Nadu sta cercando di fare quanto possibile per alleviare
le sofferenze della popolazione colpita.
D. –
Esiste, in questo momento, il rischio di epidemie?
R. – SOME
OF THE BODIES HAVE NOT BEEN DISCOVERED, IT IS ALMOST THREE ...
Molti
corpi non sono stati ancora scoperti, ma siccome siamo ormai praticamente al
terzo giorno, sta iniziando il processo di decomposizione e proprio per questo
è intervenuto il supporto medico in alcune zone, sia pure non dappertutto.
Quando mi sono recato in visita in alcuni di questi luoghi, ho portato con me
alcune suore affinché portassero i primi soccorsi medici alle persone. In
alcune località, l’aiuto medico è fornito sostanzialmente da organizzazioni
cattoliche, mentre è carente l’intervento dello Stato in questo campo.
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Per le popolazioni del sud est asiatico in questo momento il rischio più
grave è quello delle epidemie. Ci sono segnali di contagio? Giada Aquilino lo
ha chiesto a Stefano Savi, direttore dell’ufficio italiano di Medici Senza
Frontiere, organizzazione presente nelle zone colpite dalla tragedia:
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R. – No,
ad oggi i nostri team non hanno segnalato nulla. Si sono dislocati sulle zone costiere.
In India stiamo monitorando l’estremità meridionale della penisola indiana. In
Sri Lanka, i nostri team stanno monitorando in questo momento la costa
nord-orientale. A Sumatra abbiamo un team di cinque persone che è già operativo
sul terreno a Medan, che è una delle principali cittadine a nord dell’isola.
Stiamo raggiungendo Bandasé, che è il centro urbano più vicino all’epicentro
del maremoto, e poi siamo presenti anche in Birmania, Burma e Thailandia,
Bangladesh e Malesia.
D. –
Cosa serve alle popolazioni disastrate?
R. – Noi
lavoriamo molto con kit già pronti, soprattutto quelli sanitari, come ospedali
da campo, materiale per la potabilizzazione dell’acqua. Io lascerei che siano
le agenzie umanitarie a chiedere specificamente il materiale. Per quanto riguarda
MSF, noi stiamo raccogliendo fondi perché queste operazioni nelle zone remote
comportano anche spese elevate. Il numero di conto corrente postale per
sostenere Medici Senza Frontiere è 87486007- causale “Maremoto in Asia”.
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Ma come l’acqua può provocare catastrofi così gravi? Risponde Alberto Zerboni,
esperto di gestione delle acque nelle situazioni d’emergenza per Medici Senza
Frontiere, al microfono di Giada Aquilino:
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R. – Perché l’acqua va
dappertutto. Si propaga ovunque e basta che un po’ di acqua contaminata venga a
contatto con altra acqua per trasmettere, a sua volta, una contaminazione ad
una grossa riserva idrica. Se l’acqua di una riserva viene bevuta da diverse persone,
si propaga la contaminazione.
D. – Cosa provoca la
contaminazione dell’acqua potabile?
R. – Colera ed altri tipi di
epidemie. Vi ricordo anche che i bacini di acque sono il posto di nutrimento di
insetti, che trasmettono malattie quali la malaria o dengue. In più nell’acqua
ci sono anche dei cadaveri, che sono in stato di decomposizione. E non ci sono
solo cadaveri umani, basti pensare anche alle carcasse degli animali. Le persone
ovviamente defecano e magari lo fanno in posti dove è ancora presente l’acqua.
Possiamo quindi dire che si tratta di una spirale perversa, dove si riceve
contaminazione attraverso l’acqua e si restituisce contaminazione
nell’acqua.
D. – La furia dell’acqua ha
spazzato via tutto. Come si procede in questi casi?
R. – In queste zone non esistono
talvolta neanche le fogne o ci sono dei canali dove vengono collettati, per
così dire, tutti quelli che sono i reflui inquinanti e di scarico. Un sistema
quindi già non perfetto e veramente deficitario viene comunque spazzato via dal
disastro e la situazione va a peggiorare. La cosa che fa la differenza è riuscire
a mettere in atto delle strutture che riescano comunque a raggiungere queste
persone, isolarle, reidratarle e praticamente farle tornare alla vita.
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OGGI LA CHIESA RICORDA
I MARTIRI INNOCENTI:
LA RIFLESSIONE DI MONS. BRUNO FORTE
A PARTIRE DALLA TRAGEDIA NEL SUDEST ASIATICO
Il bilancio di questa immane
tragedia che ha investito l’Asia, dunque, peggiora di ora in ora. Secondo quanto
ha riferito ieri l’UNICEF, inoltre, un terzo delle vittime sono bambini. La
storia dell’umanità registra così l’ennesima strage di innocenti, che proprio
oggi la Chiesa ricorda facendo memoria dei fanciulli vittime ignare del
sospettoso e sanguinario re Erode. Su questa nuova catastrofe, Barbara Castelli
ha raccolto il commento del teologo mons. Bruno Forte, arcivescovo di
Chieti-Vasto:
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R. – Davanti al dolore
innocente, colui che viene chiamato in causa dalla ragione umana è il Dio che
l’avrebbe permesso, perché – si dice – se questo Dio è onnipotente, allora è cattivo;
se, invece, non può far altro che tollerare quello che succede, è impotente,
non è Dio. In realtà, è questo ragionamento che è falso, perché proietta su Dio
le misure dell’uomo, la nostra concezione di Dio. Il Dio che Gesù ci ha
rivelato è ben altro. Un Dio che, proprio perché è amore, si mette dalla parte
del dolore umano, della fragilità umana, fa compagnia al dolore dell’uomo e
chiama l’uomo a far compagnia al suo dolore. Questo significa tre cose. Primo,
che tutti gli innocenti che sono morti in questa tragedia, come in tutte le
tragedie della storia del mondo, sono certamente nelle braccia di questo Dio
che è il Dio della compassione, della misericordia e della tenerezza infinita,
come una madre con il suo bambino. Secondo, che l’interrogazione della mente
umana di fronte allo scandalo del male del mondo deve aprirsi alla profondità
del mistero. Dio non è risposta banale, volgare alle nostre interrogazioni: è
la custodia del senso di tutto ciò che esiste. Egli potrà e vorrà rivelarci pienamente
questo senso soltanto nella sua gloria, quando lo vedremo faccia a faccia. Quindi,
occorre entrare nella notte della fede, saper lasciare che il silenzio, il silenzio
di Dio, custodisca le nostre risposte, quelle che noi vorremmo e che solo Dio apra
il nostro cuore. E la terza cosa è l’impegno d’amore che vince il dolore e la
morte. E allora, proprio sostenuti da questa convinzione che Dio è amore anche
in queste ore, cerchiamo di spendere le nostre capacità, le nostre possibilità
per testimoniare solidarietà, prossimità a quelli che sono nel dolore per accompagnarli
nel cammino della rinascita, che è sempre possibile.
D. – Questa immane tragedia che
ha colpito l’Oriente e in diverso modo l’Occidente che domande deve suscitare
nei cuori degli uomini? Quali riflessioni?
R. – Certamente quella
dell’infinita precarietà della vita, del senso del mistero che avvolge tutte le
cose e dell’apertura a questa possibilità che è quella del Dio cristiano, come
unica capace di dare luce in qualche modo alle tenebre di questo dolore. Un Dio
che porta con noi il nostro dolore e che ci sostiene nella prova e nella
sofferenza, con la certezza nella fedeltà del suo amore. E’ l’unico che può
darci anche la forza, sempre, di rinascere, di continuare ad amare ed a
sperare. E’ il Dio della consolazione? Perché no? “Consolazione” è una parola
altissima. Dunque, consolazione sì, forte e nobile, di un Dio vicino, non nel
senso banale e volgare di quelle consolazioni che ci stordiscono davanti alla
sofferenza e ce ne fanno evadere.
D. – L’incredibile e
imprevedibile violenza di questo evento naturale può suscitare anche delle
riflessioni nel rapporto uomo-creato?
R. – Certamente! Il Creato ha
suoi ritmi, sue leggi, che a volte sconvolgono tutte le previsioni, tutte le
misure dell’uomo, ma anche vulnerabilità in cui l’uomo potrebbe intervenire in
maniera dannosa. Si pensi all’ecosistema e all’ecologia in generale, e a quanto
possa essere turbato dagli sconvolgimenti che, ad esempio, l’uso indiscreto del
nucleare può comportare. Ecco perché eventi come questo, da una parte, ci danno
il senso della nostra limitatezza di fronte alla natura e, dall’altra, ci
invitano ad essere sempre discreti e prudenti, soprattutto in tutto quello che
può essere violazione dei diritti della natura, che, invece, vanno custoditi,
rispettati proprio perché la misura delle conseguenze di una loro violazione
noi non l’abbiamo nelle nostre mani!
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“GENERAZIONE PRECARI. CREATIVITÀ? POLITICA?
CONTEMPLAZIONE?”:
E’ IL TITOLO SCELTO PER L’ANNUALE CONVEGNO DEI
GIOVANI
ORGANIZZATO AD ASSISI
DALLA CITTADELLA IN COLLABORAZIONE CON PAX CHRISTI
- Intervista con Tonio Dell’Olio –
“Generazione
precari. Creatività? Politica? Contemplazione?”. Con questo titolo si è aperto
ieri ad Assisi l’annuale convegno dei giovani organizzato dalla Cittadella in
collaborazione con Pax Christi. Tra gli altri, mons. Giancarlo Bregantini,
vescovo di Locri; don Luigi Ciotti di “Libera”; il sociologo Franco Cassano e la
parlamentare Rosy Bindi si confronteranno sul tema della precarietà che, con molte
sfaccettature, attraversa le generazioni. Ascoltiamo, al microfono di Debora
Donnini, don Tonio Dell’Olio, coordinatore nazionale di Pax Christi:
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R. – Abbiamo scelto questo titolo proprio perché ci sembra
che la cifra della precarietà oggi caratterizza parecchio la generazione
giovanile però, per la verità, non soltanto la generazione giovanile. Sicuramente
un peso predominante ce l’ha la precarietà sul lavoro. C’è una precarietà anche
che è fatta di pensiero debole, di non educazione ai sentimenti, di relazioni
molto provvisorie. Quindi, in questo senso, davvero taglia trasversalmente.
Nello stesso tempo, però, questa generazione giovanile ha anche altri messaggi
che vanno nel senso della politica, del voler cambiare lo stato delle cose,
della creatività artistica e anche della contemplazione. Abbiamo degli
indicatori davvero molto interessanti.
D. – Dal convegno emergono anche
proposte concrete?
R. – Assolutamente. Già
in apertura abbiamo avuto un incontro con alcuni giovani con esperienze molto
differenti tra di loro che sono portatori di testimonianze, di precarietà che
diventa risorsa e di precarietà in qualche modo superata. Per cui non è
un’analisi sterile. Vogliamo partire da questa analisi per poter poi rilanciare
con proposte forti. La creatività, la politica e la contemplazione stanno lì ad
indicare tre percorsi che vogliamo prospettare.
D. – In relazione alla
precarietà nel mondo del lavoro, come può, secondo voi, intervenire la
politica?
R. – Deve essere capace
di leggere il presente, di sollecitare in qualche modo la creazione di nuovi posti
di lavoro e di garantire le “stampelle” per la crescita
dell’autoimprenditorialità dei giovani. Se riconosciamo in questi giovani una capacità,
che però resta inespressa, di creare il proprio futuro, io penso che la collettività,
e in questo senso intendo la politica, deve aiutare ad accompagnare questo
fenomeno. La modalità, da questo punto di vista, non è mia competenza e non riuscirei
a dare indicazioni. Noi speriamo, però, che emergano anche da questo incontro.
Voglio immaginare, ad esempio, che molte delle attività che i giovani già fanno
possono diventare professioni. Penso a tutto un ambito che ha a che fare con la
creatività e che, quindi, ben si coniuga con la vocazione turistica ed artistica
del nostro Paese, ad esempio.
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28
dicembre 2004
OLTRE MILLE I PARTECIPANTI, IERI A KATHMANDU, IN
NEPAL,
ALLA MARCIA PER RIPORTARE LA PACE NEL PAESE
ASIATICO.
DA 8 ANNI
UN SANGUINOSO CONFLITTO CIVILE OPPONE GOVERNO E RIBELLI MAOISTI
KATHMANDU. = Una grande marcia
per la pace si è svolta ieri per le vie di Kathmandu, capitale del Nepal, Paese
da otto anni teatro di un’insurrezione maoista, che ha provocato oltre 10.000
vittime. Più di 100.000 persone hanno risposto all’appello lanciato da numerose
organizzazioni della società civile, tra le quali associazioni studentesche
legate ai partiti politici, la “Civil peace commission”, composta da intellettuali
locali, e la “Informal sector service centre” (INSEC), ONG impegnata nel
monitoraggio del rispetto dei diritti umani. Gridando slogan come "Fissate
la data del dialogo", "Costruite il consenso nazionale" e
"Dichiarate le scuole zone neutrali", i dimostranti hanno sollecitato
il governo e i ribelli maoisti a tornare al tavolo dei negoziati. Già in due
occasioni, nel 2001 e nel 2003, le parti in conflitto hanno avviato un processo
di pace, in entrambi i casi naufragato e seguito da un’impennata della
violenza. I rapporti tra governo e maoisti sono a un punto morto: Kathmandu ha
offerto ai ribelli di riavviare il dialogo in vista delle elezioni che dovrebbero
svolgersi nella primavera prossima, però i ribelli non intendono riaprire il
negoziato se prima non sarà convocata un’Assemblea costituente per rivedere il
ruolo della monarchia nella Nazione himalayana. Secondo le stime raccolte dall’INSEC,
dal 1996 ad oggi sono state quasi 11.000 le vittime del conflitto, tra le quali
7.000 civili. (R.G.)
“AIUTO ALLA CHIESA” HA PUBBLICATO LA “BIBBIA DEL
BAMBINO” IN TURCO.
NE SONO STATI STAMPATI 15 MILA ESEMPLARI
CHE SARANNO DISTRIBUITI
IN TURCHIA
E TRA LE
COMUNITA’ EMIGRATE IN EUROPA OCCIDENTALE
ROMA. = Pubblicata per la prima volta nel 1979 in spagnolo,
la “Bibbia del bambino”, intitolata “Dio parla ai suoi figli”, viene ormai
utilizzata per il lavoro pastorale in numerose comunità di tutto il mondo. Il
volume è stato tradotto in più di 140 lingue e stampato in oltre 40 milioni di esemplari,
distribuiti in 115 Paesi. Nel corso di quest’anno si sta portando a termine la
traduzione in altre 7 lingue. Secondo “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Opera di
diritto pontificio fondata nel 1947, da padre Werenfried van Straaten) alle comunità
cristiane turche mancano pubblicazioni religiose edite nella propria lingua,
perciò la “Bibbia del Bambino” rappresenterà un valido strumento di
evangelizzazione per i catechisti e le comunità cristiane. La presenza
cristiana in Turchia è minoritaria. Dei 66 milioni di abitanti che compongono
la popolazione del Paese, il 98% sono musulmani. I cristiani rappresentano lo
0,6%, tra cristiani ortodossi (del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli) e
cattolici di rito armeno, latino, siro-cattolico, bizantino e maronita. (I.I.)
DELUDENTE BILANCIO IN BOLIVIA
DELLE POLITICHE MESSE IN ATTO
PER CONTRASTARE LE COLTIVAZIONI DI COCA
- A cura di Roberta Gisotti -
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LA PAZ.=
Solo 8.425 gli ettari di coltivazioni illegali di coca distrutti dal governo
boliviano nel 2004: la cifra più bassa degli ultimi anni. Lo ha ammesso il
ministro dell’Interno, Saul Lara, precisando che l’esecutivo di La Paz ha
preferito “preservare la pace sociale nelle regioni interessate dalle
piantagioni. La cosa più importante – ha aggiunto - è stata raggiungere un
accordo con i ‘cocaleros’ (produttori di coca)”. Lo scorso ottobre, il governo
aveva accettato di lasciare intatti 3.200 ettari di coltivazioni di coca nella
regione del Chapare, a patto che i produttori collaborassero alle operazioni di
sradicamento di altri 3.000 ettari. Il Chapare è una regione abitata in
maggioranza da ex-minatori che nel 1985 furono licenziati dalla Corporazione
mineraria della Bolivia e da allora hanno nell’economia legata alla foglia di
coca la loro principale forma di sopravvivenza. Le autorità hanno deciso poi di
non procedere a ulteriori distruzioni di piantagioni fino a quando non verrà
realizzato uno studio sul consumo tradizionale della foglia di coca. La politica
anti-droga boliviana si basa su un programma quadriennale del costo di 958
milioni di dollari, di cui solo il 10% a carico della Bolivia e di cui gli
Stati Uniti sono i principali finanziatori. Programma che prevede quattro
misure: distruzione delle piantagioni, lotta al narcotraffico, sviluppo di
colture alternative e prevenzione del consumo di stupefacenti.
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LANCIATA IN CAMBOGIA DAL PRIMO MINISTRO HUN SEN
UNA CAMPAGNA DI LOTTA AL CONTRABBANDO,
SOPRATTUTTO DI OPERE D’ARTE, CHE
ATTRAVERSO LA THAILANDIA
VENGONO IMMESSE SUL MERCATO NERO INTERNAZIONALE
PHON
PENH. = Il primo ministro cambogiano Hun Sen ha lanciato una campagna nazionale
di lotta al contrabbando, sollecitando i responsabili governativi e le Forze
dell’ordine ad intensificare le attività di controllo, in particolare nei porti
internazionali e lungo il confine con la Thailandia. Sen ha sottolineato che a
rafforzare il fenomeno del traffico illecito contribuisce la forte corruzione tra
gli agenti alla frontiera ed i responsabili dell’erario. Dieci giorni fa le
Guardie alla frontiere hanno scoperto frammenti di 11 statue antiche, del peso
complessivo di 2 tonnellate, nascoste in sacchi di riso destinati alla
confinante Thailandia. Le opere d’arte risalgono all’epoca dell’impero Angkor,
tra il IX e XII secolo, considerata l’epoca d’oro della civiltà Khmer. Dal
1979, anno della caduta del sanguinario regime Khmer, la Cambogia ha visto
progressivamente scomparire il proprio patrimonio archeologico: oggi quasi
tutte le statue dei templi di Angkor Wat hanno in gran parte le teste mozzate,
perché più facilmente trasportabili. Del traffico di opere d’arte, che finiscono
sulla piazza internazionale dopo l’intermediazione del mercato ‘nero’ thailandese,
in passato sono stati accusati gli ex-guerriglieri khmer mentre oggi i maggiori
sospetti ricadono sugli uomini dell’esercito cambogiano e sugli amministratori
locali. (R.G.)
CUBA REGISTRA LA PEGGIORE
SICCITA’ DA OLTRE 70 ANNI:
MAI COSI’ SCARSE LE PRECIPITAZIONI TRA MAGGIO ED
OTTOBRE DAL 1931
L’AVANA.
= Lo Stato cubano è stata colpito dalla peggiore siccità da oltre 70 anni. Secondo
l’Istituto nazionale delle risorse idriche, nei mesi tra maggio e ottobre,
periodo ordinario di intense precipitazioni, si è registrato il più basso
livello di precipitazioni dal 1931. Particolarmente colpiti i territori
orientali di Holguin, Camaguey e Las Tunas, dove 700 mila persone sono
attualmente rifornite di acqua potabile attraverso camion-cisterne; in totale,
dei 235 bacini artificiali presenti sul territorio nazionale, 95 contengono
meno del 25% di acqua rispetto alle loro capacità; altri 26 sono in disuso
perché quasi essiccati. Secondo il ministero dell’Economia, la mancanza di
piogge ha causato dall’inizio dell’anno perdite per 823 milioni di dollari. Ma
Cuba ha anche sofferto nei mesi scorsi le devastazioni di due uragani, ‘Iván’ e
‘Charley’, che hanno spazzato la zona occidentale. (R.G.)
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28
dicembre 2004
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
In Iraq si fa sempre più teso il
processo elettorale in vista delle elezioni generali del prossimo 30 gennaio.
Ieri è stato diffuso un nuovo messaggio di Osama Bin Laden che incita gli
iracheni a non presentarsi alle urne. Intanto, continuano nel Paese arabo gli
attacchi della guerriglia. Tre assalti in tre zone della regione hanno
provocato la morte di almeno 24 persone. Il servizio di Rita Anaclerio:
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Un commando
di ribelli ha attaccato oggi in Iraq un commissariato a Tikrit, la città natale
di Saddam Hussein, uccidendo 13 poliziotti e ferendone altri due, mentre
un'autobomba è esplosa a Baghdad, nei pressi dell'abitazione di uno dei capi
della Guardia nazionale. Il generale e' rimasto illeso ma una persona e' stata
uccisa e altre otto ferite. Nelle stesse ore sono stati attaccati, sempre nella
regione di Tikrit, altri due commissariati. Nella
città di Samarra l’esplosione di un’autobomba ha ferito, inoltre, 10 persone,
tra le quali 3 bambini. Il sergente maggiore americano, Robert Powell, ha
riferito inoltre che altri quattro attacchi sono stati lanciati da guerriglieri
contro diversi posti di blocco. Intanto, ancora nessuna conferma da parte del
ministero della Difesa di Baghdad della notizia dei ventuno militari della Guardia
nazionale irachena rapiti ieri dai ribelli nel nord ovest del Paese. In questo
clima di tensione torna a farsi vivo con un messaggio audio, trasmesso ieri
dalla tv araba Al Jazeera, Osama Bin Laden che invita a “boicottare le
elezioni”. Lo sceicco riconosce per la prima volta Al Zarqawi “capo” di Al
Qaeda in Iraq. “Chi partecipa alle elezioni che si terranno in Iraq è un
miscredente”, ha detto poi Bin Laden invitando i suoi seguaci a colpire
impianti e installazioni petrolifere, come pure ad assassinare i collaboratori
delle forze della Coalizione guidata dagli americani in Iraq. Intanto il partito
islamico iracheno, il più importante schieramento sunnita, ha reso noto che non
parteciperà alla tornata elettorale prevista per il prossimo 30 gennaio. L'annuncio
è arrivato poche ore dopo la notizia del fallito attentato contro il leader dei
rivali sciiti, Abdel Aziz Al Hakim, costato la vita ieri ad almeno tredici
persone. Militanti islamici hanno
annunciato, in una videocassetta, di aver giustiziato otto iracheni dipendenti
di Sandi Group, una compagnia americana per la sicurezza e la ricostruzione, affermando
che le vittime sostenevano l'occupazione a guida Usa.
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In Ucraina è l’ora delle polemiche. L’ex premier Yanukovic
non ammette la sconfitta nel ballottaggio presidenziale del 26 dicembre, vinto
dal filo-occidentale Yushenko con il 52,01 per cento dei voti. Il candidato
filorusso ha infatti accusato Yushenko di aver “rubato” la vittoria grazie
all’interferenza dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti. Sulla
consultazione, ascoltiamo Giuseppe D’Amato:
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I
risultati ufficiali verranno pubblicati nei primi giorni dell’anno nuovo. Il
premier non ha preso bene la sconfitta, soprattutto dopo che è stato proclamato
vincitore il 21 novembre scorso e ha già fatto sapere che farà ricorso alla
Corte Suprema. Nelle regioni occidentali il comitato pro-Yanukovic ha
denunciato migliaia di irregolarità, che – secondo numerosi osservatori – vi
sono state ma non hanno inficiato l’esito del voto. “Siamo vicini agli standard
dell’OSCE”, ha certificato il capo della missione. “Questa è una giornata
positiva per l’Ucraina e per la democrazia”, ha commentato il presidente della
Commissione Europea, Barroso. Yanukovic ha puntato il dito contro le interferenze
esterne statunitensi ed ha dichiarato che non riconoscerà la sconfitta e farà
una dura opposizione in Parlamento. Nelle regioni sudorientali russofone, la
situazione è calma e gli ucraini sono stanchi di questa interminabile campagna
elettorale iniziata nel luglio scorso. Nel frattempo è stato rinvenuto nella
sua dacia il cadavere del ministro dei trasporti Georgi Kirpa. Si pensa ad un
suicido, ma la Procura generale ha aperto un’inchiesta.
Da
Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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In Medio Oriente, un’esplosione
ha sconvolto la città palestinese di Khan Yunes, a sud di Gaza. Fonti militari
israeliane hanno spiegato che un elicottero ha sparato un razzo contro
un’automobile. Non ci sono vittime. Sul versante politico, intanto, il primo
ministro israeliano Ariel Sharon sottoporrà al voto del governo il piano per
l’avvio dello sgombero degli insediamenti nella Striscia di Gaza e nel nord
della Cisgiordania.
Tre
ribelli hutu e un soldato del governo sono rimasti uccisi in uno scontro a
fuoco avvenuto nella capitale del Burundi, Bujumbura. Non c’è notizia certa di
vittime tra i civili, ma un residente parla di una persona uccisa durante
l'attacco, che è durato più di mezz'ora e che ha coinvolto soldati provenienti
da zone vicine. I tre ribelli appartenevano alle Forze Nazionali di Liberazione
(FNL), l'unico gruppo che continua a opporsi con le armi al governo. Il gruppo
opera maggiormente nei nascondigli situati nelle colline intorno alla capitale
e nella vicina Repubblica del Congo. Il Burundi tenta da anni di superare i
conflitti tra la minoranza Tutsi, al potere, e la maggioranza di ribelli Hutu,
che hanno provocato negli ultimi anni 300 mila morti e paralizzato l'economia
del Paese.
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