RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
357 - Testo della trasmissione di mercoledì
22 dicembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In India, i cristiani del Gujarat chiedono alle autorità del governo un Natale senza scontri
Iraq: salgono a 22 i morti per l’attentato di ieri
alla base americana di Mosul: l’attesa in Francia per il rientro dei due
giornalisti liberati ieri
Ucciso nel Darfur un
collaboratore di Medici senza frontiere
22 dicembre 2004
FEDE, AMORE E SPERANZA PER L’UMANITA':
QUESTI I DONI DI GESU’ BAMBINO RACCHIUSI NEL MISTERO DEL NATALE.
LO HA DETTO IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE IN AULA
PAOLO VI
Il Natale, con il suo messaggio
di pace, riaccende nel cuore dell’umanità la speranza e fa compiere “un salto
di qualità” alla storia della Salvezza. Seimila persone si sono strette questa
mattina intorno a Giovanni Paolo II, che ha tenuto, in Aula Paolo VI, la
consueta udienza generale del mercoledì, interamente dedicata al Natale. Il
resoconto, nel servizio di Alessandro De Carolis.
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Un tempo di riscoperta della
fede, di crescita dell’amore e di risveglio della speranza. Sta in questo il
“mistero del Natale”, del quale ha parlato Giovanni Paolo II, accolto in Aula
Paolo VI da un coro che ha intonato canti natalizi.
(canto)
Molti sono
i titoli, “belli e significativi” che durante l’Avvento vengono rivolti al
Messia bambino. Ma ce n’è uno, ha detto il Papa, che ricorre con particolare
frequenza:
“In questo tempo di immediata preparazione alle Feste natalizie, la
liturgia ci ripropone spesso l’invocazione: 'Vieni, Signore Gesù'”.
“E’ come un ritornello – ha
spiegato - che sale dal cuore dei credenti di ogni angolo della terra e risuona
incessante nella preghiera della Chiesa”. E Gesù che nasce, ha aggiunto, è
colui che “porta la salvezza al mondo intero” e vuole “radunare gli uomini e i
popoli nell’unica famiglia di Dio”. Nella storia della redenzione, ha
proseguito il Pontefice, il mistero del Natale rappresenta in certo modo “un
salto di qualità”: all’uomo, “che con il peccato si era allontanato dal
Creatore, viene ora offerto in Cristo il dono di una nuova e più piena
comunione con Lui. Si riaccende così nel suo cuore la speranza, mentre si
riaprono le porte del paradiso. L’augurio finale di Giovanni Paolo II è stato
quello di “vivere in profondità il valore e il significato del grande evento
della nascita di Gesù”.
Molti sono stati i momenti di
folklore natalizio, e non solo, che hanno caratterizzato il saluto del Papa ai
vari gruppi di pellegrini, dopo la catechesi. In particolare, in costume di
gala bianco e ricami dorati, tre artisti del Circo di Moira Orfei, salutato dal
Papa, si sono esibiti davanti allo sguardo divertito del Pontefice, il quale
alla fine si è intrattenuto con loro, accarezzando il più giovane dei tre
acrobati, un ragazzino di circa dieci anni. Applaudito anche il coro di una
scuola di Napoli, che ha cantato una versione dialettale di “Tu scendi dalle
stelle”. L’altro saluto speciale è andato ai responsabili della Comunità di
Sant’Egidio. “Il Signore che viene a visitarci nel mistero del Natale –
ha concluso Giovanni Paolo II - rechi a tutti consolazione e speranza”:
“Buon Natale!”
(applausi)
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato
ausiliare dell'arcivescovo di Manaus, in Brasile, mons. Sebastião Bandeira
Coêlho, rettore del Seminario Maggiore della diocesi di Balsas, assegnandogli
la sede titolare vescovile di Tubursico. Mons. Sebastião Bandeira Coêlho è nato il 31 gennaio 1959 a Riação,
nella diocesi di Balsas. Ordinato sacerdote nel 1984, ha conseguito la Licenza
in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma.
IL CARDINALE CLEMENS AUGUSTO VON GALEN PRESTO
BEATO:
DURANTE IL NAZISMO SI
OPPOSE AD HITLER
- Intervista con Andrea Ambrosi -
Come
annunciato lunedì scorso dalla Congregazione per le Cause dei Santi sarà presto
beato il cardinale tedesco Clemens Augusto von Galen, vescovo di Münster
durante il nazismo. Von Galen, mettendo
a rischio la propria vita, si oppose con coraggio ad Hitler difendendo tutti
quelli che erano perseguitati dal regime, in particolare i disabili, che
venivano uccisi sistematicamente con l’eutanasia, e gli ebrei. Per tutto questo
Pio XII lo nominò cardinale nel 1945: tre mesi dopo von Galen muore in seguito
ad una peritonite. Ma veniamo al suo ruolo nella Germania nazista: per la sua
attività ha subito intimidazioni da Hitler? Giovanni Peduto lo ha chiesto al
postulatore della causa di beatificazione, l’avvocato Andrea Ambrosi:
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R. – Sì, molte intimidazioni: è
stato praticamente una spina nel fianco di Hitler, ma Hitler non ha potuto,
come avrebbe voluto lui e gli altri gerarchi, ucciderlo perché era una persona
troppo in vista e perché aveva dalla sua parte tutti i cattolici della
Vestfalia, la regione più ricca ed importante della Germania.
D. – Quali sono stati i suoi
rapporti con Pio XII?
R. – Pio XII l’ha sempre
seguito, l’ha sempre ammirato e l’ha voluto poi, alla fine, premiare per tutto
quello che aveva fatto sotto il regime nazionalsocialista facendolo cardinale. Infatti,
Münster non era e non è tuttora una sede cardinalizia, ma proprio il fatto che
lui si è opposto con tanto rigore, con tanto successo, contro Hitler, almeno
cercando di bloccare come poteva le sue uccisioni, le sue persecuzioni, questo
ha fatto sì che Pio XII lo facesse cardinale e, ricevendolo a Roma, gli ha
pubblicamente detto, nella Basilica di San Pietro, che in lui abbracciava un
eroe; e, l’applauso che da tutti è stato riservato al cardinale von Galen
appena entrato nella Basilica di San Pietro, è stato il più lungo ed il più
affettuoso di tutti.
D. – Qual era la spiritualità di
von Galen?
R. – Von Galen vedeva
nell’aspirazione ad una vita santa il
fine più alto perseguibile dall’uomo sulla Terra, per cui non meraviglia che la
sua fu una vita di lotta contro i soprusi e contro tutti i persecutori della
Chiesa. Lui praticamente giudicava tutti gli avvenimenti della sua vita, si può
dire, sub specie aeternitatis, cioè tutto in funzione dell’acquisizione
del premio divino.
D. – Com’è ricordato oggi, in
Germania, von Galen?
R. – E’ considerato, tuttora,
anche a distanza di 50 anni dalla sua morte,
come uno dei più grandi vescovi mai esistiti in tutta la Nazione: non
solo come grande vescovo, ma anche come uno dei più grandi uomini tedeschi. E occupa
un posto insostituibile nella coscienza storica di tutta la Germania: lo si è
visto quando è stato annunciato il decreto che spiana la strada verso la
beatificazione: tutti i cattolici della Germania hanno esultato perché hanno
visto riconosciuto, anche a distanza di tanti anni, i suoi altissimi meriti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'udienza generale, durante la quale Giovanni Paolo II ha
sottolineato che il Mistero del Natale costituisce un "salto di
qualità" nella storia della salvezza.
Sempre
in prima l'Iraq, con la strage dei soldati USA a Mossul e con la liberazione,
dopo quattro mesi di prigionia, dei due giornalisti francesi.
Nelle
vaticane, la catechesi e la cronaca dell'Udienza generale.
Due
pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.
Nelle
estere, Sudan: riguardo al Darfur senza esito i negoziati tra il governo di
Khartoum e i ribelli. Un collaboratore di "Medici senza frontiere"
ucciso negli scontri armati a Labado.
Nella
pagina culturale, un articolo di Carmine Di Biase dal titolo "La poesia
come specchio del vero": un saggio di Claudio Toscani per i 90 anni di
Alessandro Parronchi.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il fermo richiamo del capo dello Stato -
all'incontro di fine anno - in merito al tema delle istituzioni e della
giustizia.
In
rilievo l'articolo dal titolo "Il Crocifisso torna in aula a Ivrea":
la necessità di approfondire il significato di un simbolo
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22
dicembre 2004
PROSEGUE IL DIBATTITO SULL’INGRESSO DELLA TURCHIA
NELL’UNIONE EUROPEA.
LA POSIZIONE DEI VESCOVI
EUROPEI
- Intervista con mons. Aldo Giordano -
Prosegue il dibattito
sull’ingresso della Turchia nell’Unione Europea dopo che a Bruxelles è stato
deciso la settimana scorsa di avviare i negoziati sull’adesione di Ankara il 3
ottobre dell’anno prossimo. Ma qual è la posizione dei vescovi del Vecchio
Continente? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario
generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa:
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R. – Mi sembra che i vescovi
abbiano accolto questo annuncio innanzitutto con la coscienza che l’adesione
della Turchia all’Unione Europea non è una questione di ordine religioso, ma è
una questione politica e va giudicata secondo criteri politici. Ecco, noi
sappiamo che la Chiesa – almeno a livello ufficiale – in genere non sente come
suo compito il pronunciarsi su formule politiche specifiche, anche se la Chiesa
guarda con molta attenzione e vigilanza a ciò che succede in campo politico e
quindi soprattutto richiama alla sapienza, richiama alla vigilanza. Fare passi
affrettati potrebbe essere rischioso!
D. – Mons. Giordano, non c’è il
rischio che durante questi negoziati le questioni strategiche ed economiche
facciano passare in secondo piano le valutazioni sul rispetto dei diritti
umani?
R. – Questo penso sia vero. La
Chiesa sente in particolare la responsabilità di essere vigilante proprio nel
campo dei diritti umani, e quindi l’attesa è che la Turchia, come tutti gli
altri Paesi, sia veramente uno spazio
dove si realizzino e si rispettino i diritti umani. Pensiamo all’uguaglianza
tra uomini e donne, pensiamo alla libertà di espressione, alla libertà di
associazione, ai diritti delle minoranze ... in particolare, la Chiesa guarda
alla libertà religiosa. Noi siamo coscienti che la libertà religiosa è un po’
alla base di tutti i diritti umani. Se un governo vuole controllare anche ciò
che appartiene allo spazio del Trascendente, che di per sé è incontrollabile,
cosa farà per le realtà che sono semplicemente terrestri e mondane e quindi
molto più facilmente controllabili?
D. – Il Patriarca Ecumenico di
Costantinopoli, Bartolomeo I, ha denunciato recentemente discriminazioni che hanno
colpito la Chiesa ortodossa in Turchia...
R. – Direi che sono fatti
particolarmente dolorosi. Noi vogliamo esprimere al Patriarca la comunione e la nostra solidarietà per
questo. Ad uno sguardo esterno, è veramente difficile comprendere per esempio
l’impedimento a ricostruire una chiesa gravemente danneggiata per un attentato,
oppure l’impedimento ad aprire una facoltà teologica o ad esercitare un
ministero ecclesiale ... Io stesso ho sperimentato negli anni passati questa
difficoltà. Qualche anno fa ho realizzato un incontro dei segretari delle
Conferenze episcopali a Istanbul e l’incontro è stato controllato dalla
polizia, tutto il tempo. Io credo però che questi sono fatti che saranno
sorpassati. Io spero che il governo turco riuscirà ad uscire da questa gabbia
che probabilmente è ancora legata all’attuale legislazione. Dovranno avere il
coraggio di fare dei cambiamenti anche legislativi per fare dei passi avanti
...
D. – Si parla di almeno dieci
anni di negoziati, per l’adesione: qual è l’auspicio dei vescovi europei in
vista di questo periodo di adeguamento?
R. – Forse, il prepararci. C’è
un po’ l’impressione che l’Europa non sia, fondamentalmente, così cosciente di
cosa significhi l’eventuale entrata di un Paese con questa “altra” religione,
“altra” cultura, “altra” storia ... Quindi, è questione di approfondire e di
creare un grande dibattito a tutti i livelli.
D. – L’assenza di un riferimento
alle radici cristiane nel Trattato firmato a Roma il 29 ottobre rende in
qualche modo rischiosa l’adesione di un Paese a maggioranza islamica, secondo
lei?
R. – Direi che questo forse è il
vero problema. Cioè, il vero problema che ci pone l’annessione della Turchia
forse è la domanda su noi stessi. Dei popoli che hanno un’identità, e appunto
l’identità europea non può fare a meno del cristianesimo, non hanno timore di
confronto e sono in grado di confrontarsi e di accogliere. Una realtà senza
identità, ovviamente, rischia di andare verso il fallimento. Soprattutto mi
sembra doloroso il constatare che in Europa esiste una incomprensione un po’ di
fondo in certi ambienti di cos’è il cristianesimo: c’è chi ha ridotto il
cristianesimo quasi ad una questione di privilegio o un rischio per la laicità
o un rischio per le religioni ... Allora noi comprendiamo che oggi noi abbiamo
assoluto bisogno di riscoprire, approfondire la realtà del cristianesimo che è
stato questo grande dono per l’Europa!
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OGGI, GIORNATA DI DIGIUNO E DI PREGHIERA
PER LA PACE E LA RICONCILIAZIONE TRA PALESTINESI ED ISRAELIANI.
LE ATTESE DELLA COMUNITA’ CRISTIANA, IN QUESTO NATALE
2004
- Intervista con padre Pierbattista Piazzaballa -
L’instabilità nel Medio Oriente
compromette la pace nel mondo intero: a parlare sono i vescovi della Regione del Nord Africa e i vescovi latini delle Regioni arabe che
hanno invitato i fedeli di ogni Paese a celebrare oggi una Giornata di digiuno
e di preghiera per la pace e la riconciliazione tra Palestinesi e Israeliani.
Il servizio di Roberta Gisotti:
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“Abbiamo riflettuto insieme sui problemi
della giustizia e della pace nelle nostre regioni”, dichiarano i vescovi degli
Stati nordafricani e del mondo arabo, ed abbiamo capito che “tutti i nostri
Paesi sono minacciati dall’instabilità nel Medio Oriente che pesa sulla pace
nel mondo intero”. “La
situazione dura da anni e necessita oggi, più che mai, di un’azione che ponga
fine alla sofferenza di tutti gli abitanti di questa Terra, Ebrei, Cristiani e
Musulmani”, divenuti “egualmente incapaci” di sanare il conflitto, “prigionieri
di un ciclo di violenza crudele e irrazionale”. “I due popoli, palestinesi e
israeliani, sono sul punto di morire – ammoniscono i presuli - i forti come i
deboli, i violenti come coloro che aspettano con pazienza una soluzione
pacifica”.
I “Cristiani celebreranno presto
il Natale e la Nascita del Messia Salvatore, Principe della pace, mentre il
sangue continua a scorrere a Betlemme e in tutta la Terra Santa.” Parole che si
uniscono a quelle del messaggio natalizio del patriarca cattolico dei latini.
“La pace – afferma mons. Michel Sabbah – non può essere lasciata in ostaggio di
coloro che vedono ancora nella violenza una via per la giustizia”.
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Ascoltiamo allora, con quale spirito, la comunità cristiana in Terra Santa
si accinge a vivere questo Natale denso di attese. Fabio Colagrande ha
contattato stamane il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:
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R. – Quest’anno per noi, qui,
per la comunità cristiana c’è un’attesa particolare: l’attesa del ritorno della
festa dopo tanti anni difficili. Ci auguriamo – almeno le prospettive sono
positive – che i pellegrini, i turisti possano tornare abbondanti come erano
una volta per riportare qui in Terra Santa quel clima di festa di cui abbiamo
tanto bisogno.
D. – Parliamo del processo di
pace tra israeliani e palestinesi. Le elezioni presidenziali palestinesi del 9
gennaio, primo banco di prova del dopo-Arafat, e poi la grande scommessa del
premier israeliano Sharon che vuole formare un governo di unità nazionale pur
di procedere allo sgombero dei coloni dai Territori e creare così le condizioni
per la pace: sono due fatti che, in qualche modo, fanno intravedere – secondo
lei – qualche spiraglio per la Terra Santa?
R. – Assolutamente sì. In questi
ultimi mesi si respira qui in Terra Santa un clima diverso, un clima nuovo, di
attesa: non soltanto l’attesa per il Natale, anche l’attesa per i cambiamenti
politici che si vedono, si intravedono all’orizzonte. Già da diversi anni, non
si parlava più di prospettive, di cambiamenti, di idee, di visioni, di
strategie ... Ecco, adesso finalmente si è ricominciato e questo lascia molto
sperare e crea anche un’atmosfera psicologica nuova tra la popolazione. Gli
aspetti politici che lei ha evidenziato sono molto importanti: la scelta della
nuova leadership palestinese è un banco di prova molto importante così come
pure la formazione di un nuovo governo di unità nazionale. Questi due elementi
sono anche i due esami per vedere se queste aspettative avranno veramente un
corso oppure si bloccheranno nuovamente. I ‘segni’ che noi abbiamo ricevuto e
anche l’impressione generale è che siamo avviati sulla strada buona.
D. – Sarà anche il primo Natale
senza Yasser Arafat: la sua presenza alla Natività nella notte di Natale era
una tradizione. Come verrà vissuto questo momento, quest’anno?
R. – Adesso abbiamo avuto la
conferma: verranno l’attuale chairman dell’Autorità Palestinese, Rahwi
Fattuh, insieme ad Abu Mazen e ad Abu Ala: sono benvenuti, come sono sempre
benvenute le autorità civili perché dobbiamo accettare che la Messa di
Mezzanotte è anche un evento civile. Cercheremo di fare in modo che siano
accolti bene preservando, per quanto possibile, lo spirito di preghiera e di
sacralità come il luogo e la liturgia richiedono.
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IERI I FUNERALI PRESIEDIUTI DA MONS. RABITTI A SAN
MARINO
E STAMANI A MILANO DA MONS. MASCHERONI
- Ai nostri microfoni Carlamaria Casanova -
Dopo i funerali celebrati nel Santuario del Cuore Immacolato di Maria a
San Marino, presieduti da mons. Paolo Rabitti, arcivescovo di Ferrara, è stata
questa mattina la Milano della musica e della cultura, insieme a centinaia di
ammiratori, a rendere omaggio alla salma del soprano Renata Tebaldi. Il feretro
si è fermato dapprima dinanzi al Teatro alla Scala, accolto dal Maestro
Riccardo Muti e successivamente ha raggiunto la Parrocchia di San Carlo al
Corso ove mons. Angelo Mascheroni, vescovo ausiliare di Milano, ha presieduto
il rito, partecipato nel silenzio, nel raccoglimento e nella preghiera. “La
‘voce d’angelo’ - così come Toscanini aveva definito il soprano nel 1946 - è un
aumento di ricchezza per il coro angelico del Paradiso”: queste sono state le
parole del vescovo nella sua omelia. Prima del commiato l’ineguagliabile voce
della cantante si è diffusa nella Chiesa con il canto del “Libera me Domine”
dal Requiem verdiano. Luca Pellegrini ha chiesto a Carlamaria Casanova,
giornalista e biografa ufficiale del soprano, un personale e particolare
ricordo della cantante:
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(musica)
R. – Era un’amica ineffabile,
una cantante chiaramente mai superata ed era soprattutto una donna
straordinaria. Quando lei mi ha scelta, mi ha detto che era d’accordo che io
scrivessi la biografia, lei sapeva perfettamente che io ero un’ammiratrice
della Callas e questo lo dico proprio per fare il punto sull’intelligenza della
Tebaldi perché lei mi ha fatto un grande onore, mi ha detto: “Credo che tu
tratterai la cosa onestamente e preferisco te ad un’altra”: questa è stata per
me una gratificazione enorme. Siamo andati in America proprio per presentare la
biografia e quando lei è ricomparsa dopo anni al Metropolitan, il Metropolitan
è lievitato: la gente tutta in piedi! Una cosa straordinaria! Era amatissima:
aveva uno sguardo che prendeva moltissimo: quando guardava te, guardava te e
non guardava nessun altro. Era enormemente carismatica. Io ho sempre detto: la
grandissima diva è lei, perché lei non ha dovuto fare niente per costruirsi.
Era così. Semplicissima. Lei era com’era, senza doversi costruire, senza fare
niente. Ha gestito la sua carriera in una maniera eccezionale senza invidia,
senza odii, andando sempre d’accordo con tutti ... ha dato un esempio direi più
come persona che come cantante: perché la cantante era inimitabile. La voce
l’ha avuta senza meriti, l’ha avuta dal Signore; ma come era lei e come ha
gestito questa sua voce, questi suoi talenti, è stato un esempio per tutti. Io
penso veramente che ci mancherà moltissimo come esempio.
(musica)
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22
dicembre 2004
cresce il numero dei pellegrini che si recano a
visitare la terra santa:
nel 2004 gli italiani sono stati oltre 20 mila. in
dirittura d’arrivo
i negoziati tra israele e santa sede sulle questioni
giuridiche e fiscali.
lo ha detto l’ambasciatore israelIANO presso la santa
sede, oded ben-hur, intervenuto ieri all’universita’ gregoriana
ad un dibattito con il cardinale silvestrini
- A
cura di Ignazio Ingrao -
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ROMA. = Riprende a crescere il
numero dei pellegrini che si recano in Terra Santa, dopo la drammatica crisi
degli anni scorsi provocata dallo scoppio dell’Intifada e dall’inasprirsi dello
scontro tra israeliani e palestinesi. Lo ha riferito l’ambasciatore di Israele
presso la Santa Sede, Oded Ben-Hur, intervenuto in un dibattito con il cardinale
Achille Silvestrini, organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana
nell’ambito di un ciclo di incontri su “La Chiesa cattolica e l’Ebraismo dal
Vaticano II a oggi”. L’ambasciatore ha citato alcuni dati che si riferiscono ai
pellegrini italiani: sono stati solo 4 mila nel 2003, mentre quest’anno ne sono
già arrivati oltre 20 mila ed altri ancora se ne attendono per il periodo
natalizio. “I pellegrini sono i soldati della pace in Terra Santa, perciò siamo
pronti ad accoglierne un milione e non solo 20 mila”, ha detto l’ambasciatore.
Ed ha aggiunto che per i pellegrini non ci sono pericoli di sorta. In
proposito, ha citato la recente Dichiarazione congiunta firmata dai ministri
israeliano e palestinese per il Turismo, nella quale si afferma che in occasione
delle celebrazioni natalizie, “entrambi i Ministeri coopereranno per la
promozione del turismo in Terra Santa e prenderanno tutte le misure necessarie
per assicurare il transito in condizioni di sicurezza e tranquillità dei
pellegrini che visiteranno le zone israeliane e palestinesi”. L’ambasciatore israeliano ha
inoltre riferito che sono ormai prossimi al termine i negoziati tra Israele e
Santa Sede sulle questioni giuridiche e fiscali. Il prossimo incontro tra le
parti è in programma il 13 gennaio e potrebbe essere risolutivo. Quattro i
punti fondamentali che saranno regolati dall’accordo e che riguardano la vita
delle comunità cattoliche in Israele: il pagamento delle tasse dirette e
indirette, le proprietà dei beni immobili, l’accesso al sistema giudiziario,
gli effetti delle modifiche della legislazione sulle materie oggetto
dell’intesa. A dieci anni dall’entrata in vigore dell’Accordo fondamentale tra
Israele e Santa Sede, ha ricordato il cardinale Silvestrini, i rapporti sono
andati sempre più migliorando attraverso una progressiva normalizzazione delle
relazioni. Restano tuttavia ancora alcune questione aperte: in particolare lo
status dei Luoghi Santi, il riconoscimento della libertà di espressione, i
problemi relativi alle proprietà e al regime fiscale per le comunità religiose
e gli enti ecclesiastici. L’auspicio è che il negoziato in corso riesca a
sciogliere almeno alcuni di questi nodi.
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I SENEGALESI SI APPRESTANO A CELEBRARE IL NATALE
IN UN CLIMA DI CONCORDIA:
E’ QUANTO SOTTOLINEATO ALL’AGENZIA FIDES DA
PADRE GIUSEPPE GIORDANO,
DIRETTORE NAZIONALE DELLE PONTIFICIE OPERE
MISSIONARIE DEL SENEGAL
DAKAR. = “Magari in Occidente
avessimo conservato lo spirito di Natale che hanno i senegalesi”: il commento –
riportato dall’agenzia Fides – è di padre Giuseppe Giordano, direttore
nazionale delle Pontificie opere missionarie del Senegal. “Il Natale è un
evento molto sentito dai senegalesi. La notte di Natale non basterà la Chiesa e
il sagrato per accogliere le migliaia di persone che partecipano alla Messa”,
sottolinea il religioso. “Tra loro vi sono anche diversi musulmani. Alcuni di
loro vengono perché attratti dai riti e dalla liturgia, altri assistono alla
Messa con spirito interreligioso, perché per loro Gesù è il profeta più grande,
dopo Maometto. A Dakar – spiega padre Giordano - esiste anche una confraternita
musulmana che crede che il suo fondatore sia addirittura Gesù reincarnato”.
Quindi, rivela all’agenzia vaticana: “La notte di Natale è impressionante vedere
migliaia di persone partecipare con gioia e commozione alle celebrazioni e poi
fermarsi altre due ore per scambiarsi gli auguri”. D’altro canto, il
missionario evidenzia il significato particolare del presepe nel contesto
senegalese. “Le rappresentazioni mimiche – afferma - sono eseguite soprattutto
a beneficio dei bambini. Ricordo che abbiamo rappresentato un testo della
Pontificia Opera della Sant’Infanzia nel quale i bambini poveri del giorno
d’oggi (i bambini soldato, quelli sfruttati nel lavoro, ecc.) si recano alla
Grotta e ricevono da Maria un abbraccio per dimenticare tutte le loro
sofferenze”. In questo nostro impegno, spiega padre Giordano, “siamo aiutati
dallo spirito dei senegalesi, che sono capaci di realizzare cose incredibili
dal niente”. (A.G.)
UN GIORNALISTA ALGERINO, IL SETTIMANALE MESSICANO ZETA
E
UNO SCRITTORE CINESE PREMIATI DA REPORTERS SAN
FRONTIERES
PER L’IMPEGNO A DIFESA DEL DIRITTO DELLA LIBERA
INFORMAZIONE
PARIGI.
= Un giornalista algerino, una rivista messicana e uno scrittore indipendente
cinese hanno ottenuto il “Premio Rsf-Fondation de France 2004”. Secondo
“Reporters sans frontières” (Rsf), il giornalista che “con la sua attività
professionale, le sue prese di posizione e la sua testimonianza” ha dimostrato
di difendere anche a costo della propria incolumità il diritto all'informazione
è Hafnaoui Ghoul, corrispondente del quotidiano El Youm a Djelfa, nel
sud dell’Algeria, e responsabile dell'ufficio locale della Lega nazionale per i
diritti umani (Laddh). Ghoul, arrestato per “diffamazione”, dopo aver
denunciato casi di corruzione nell’amministrazione locale, ha scontato sei mesi
di reclusione, prima di beneficiare, il 25 novembre scorso, della libertà
provvisoria. Il giornale che più ha rappresentato invece “la lotta per il
diritto a informare ed essere informati” è, secondo Rsf, il settimanale
messicano Zeta “conosciuto per la qualità delle sue inchieste e la sua
coraggiosa missione editoriale”. Un impegno costato la vita a tre suoi
giornalisti, l’ultimo dei quali è stato Francisco Ortiz Franco, ucciso il 22
giugno scorso. Il “difensore della libertà di stampa”, scelto da “Reporters
sans frontières” è infine Liu Xiaobo, già docente di Filosofia all'Università
di Pechino e presidente dell’Associazione degli scrittori indipendenti cinesi,
“battutosi senza sosta per la liberazione di giornalisti e dissidenti
detenuti”. (A.G.)
IN
INDIA, I CRISTIANI DEL GUJARAT CHIEDONO ALLE AUTORITA’
DEL
GOVERNO UN NATALE SENZA SCONTRI, DOPO LE VIOLENZE SUBITE
DAI FONDAMENTALISTI INDU’ NEGLI ANNI SCORSI
AHMEDABAD. = Fondamentalisti indù hanno programmato
raduni e festival proprio per il 25 dicembre e i cristiani temono per la
loro sicurezza. Questo – riferisce l’agenzia Asianews – è lo scenario nel quale
si preparano a celebrare il Natale i cristiani del Gujarat, provincia
dell’India occidentale, teatro di violenze dei fondamentalisti contro le
minoranze religiose. La notte di Natale del 1998, numerosi militanti indù hanno
bastonato fedeli cristiani e distrutto bibbie e chiese nel distretto di Dangs,
circa 1500 km a sud-est di Delhi. Da allora, raccontano
gli abitanti della zona, la vigilia di Natale è divenuta “un tempo di
paura crescente” per tutti. In una lettera indirizzata al segretario del
governo del Gujarat, l’All India Christian Council – organizzazione che
raggruppa diverse confessioni cristiane – ha espresso le sue preoccupazioni:
“Vorremmo, per una volta, poter festeggiare il Natale in serenità,
senza essere guardati a vista da poliziotti armati perché la nostra vita
di cristiani è in pericolo”. (A.G.)
UN MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER I SENZA FISSA DIMORA DI ROMA:
PRESENTATA OGGI LA
15.MA EDIZIONE DELLA GUIDA “DOVE MANGIARE,
DOVE DORMIRE E
LAVARSI”, CURATA DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
- A cura di Eugenio Bonanata -
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ROMA. = I 5.800 senza fissa
dimora della capitale avranno anche quest’anno il loro manuale di
sopravvivenza: è la Guida dal titolo “Dove mangiare, dove dormire e lavarsi”,
realizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. Il manuale, alla sua 15.ma edizione, raggruppa
centinaia di indirizzi utili che possono coprire le esigenze degli emarginati
romani e rappresenta una bussola da tenere in tasca per orientarsi nella città
in questi giorni di festa e di freddo. Il giorno di Natale, in occasione degli
oltre 30 pranzi organizzati dalla Comunità, la guida verrà distribuita alle
persone bisognose, indicando dunque i posti dove, a Roma, si può ricevere
accoglienza e nello stesso tempo indicando anche i luoghi dove si può aiutare
ed essere accoglienti. Inoltre, in occasione della presentazione della Guida,
sono stati resi noti i dati del dossier dal titolo “I poveri a Roma: chi sono,
quanti sono, come vivono”. Dal documento si staglia un volto nuovo della
povertà a Roma. Dei 5.800 emarginati che hanno chiesto aiuto per la prima volta
alle strutture della comunità, il 38 per cento ha più di 65 anni: un dato,
questo, in crescita visto che nel 1999 gli anziani erano solo il 18 per cento.
Da un’altra prospettiva, il numero di stranieri accolti è in calo in relazione
all’aumentare degli italiani. Inoltre, ancora per gli italiani, appare anche
più difficile uscire dalla condizione di disagio e di povertà: infatti, il 28
per cento degli italiani frequenta la mensa da più di quattro anni, a fronte di
un 4,3 per cento di stranieri.
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NEL MESSAGGIO DI NATALE, IL SEGRETARIO GENERALE DEL
CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE, IL REVERENDO SAMUEL KOBIA,
LANCIA UN APPELLO AL
RISPETTO DEI DIRITTI UMANI, DELLA GIUSTIZIA
E DELLA PACE, IN
NOME DI CRISTO
GINEVRA.= “La luce splende nelle tenebre. Le tenebre non
l’hanno sopraffatta”: è il passo del Vangelo di Giovanni, che il pastore Samuel
Kobia ha scelto per introdurre il suo primo messaggio natalizio da segretario
generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC). Natale, afferma il
reverendo, è un tempo luminoso, che annuncia una “grande gioia in un mondo da
cui provengono notizie preoccupanti”. Il tempo in cui viviamo, si legge nel
messaggio, è pervaso dalla “cultura della violenza che esclude, sottomette, terrorizza
e viola, perfino usando il nome di Dio, coloro che sono considerati diversi”.
Proprio la Buona Novella del Natale, afferma padre Kobia, “rinnova la nostra fede nella
promessa di pace sulla terra e ci invita ancora una volta a lodare Dio”. “Per
secoli – si legge ancora nel testo - la speranza di pace del Natale ha
rappresentato un momento centrale della fede della Chiesa. Ogni volta che noi
celebriamo la nascita di Cristo, ci impegniamo a dare testimonianza di questa
speranza”. Quindi, ha ribadito l’impegno del Consiglio ecumenico delle Chiese a
lavorare a sostegno “delle persone afflitte e a sostegno delle iniziative
interreligiose per la pace e l’armonia, i movimenti popolari a favore della
pace e della giustizia” nella comune “aspirazione ad un mondo migliore”. (A.G.)
22
dicembre 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Il premier britannico Tony Blair
ha affermato a Gerusalemme che ‘l'incontro internazionale’ in programma a
Londra sulle riforme palestinesi è un passo volto a facilitare il ritorno alla
'road map', l’itinerario di pace fissato dal Quartetto (USA, UE, Russia e ONU),
dopo che Israele avrà realizzato il suo piano di disimpegno dai palestinesi. Il
premier britannico, dopo aver affermato che la fine del terrorismo palestinese
è una condizione essenziale per il ritorno alla road map, ha affermato che il
piano israeliano di ritiro da Gaza e da quattro insediamenti nel nord della
Cisgiordania, non sarà l'ultimo passo che Israele compirà in questo senso. Il
premier israeliano Sharon, dal canto suo, in conferenza stampa assieme a Blair,
si è espresso in modo più sfumato, affermando che se i palestinesi cesseranno
il terrorismo, “ciò ci permetterà di tornare alla road map e di attuare tutto
ciò che stabilito nella road map”.
Per quanto riguarda l’Iraq, in primo piano l’ultimo
triste bilancio dell’attentato ieri, alla base americana, a Mossul, ma anche
l’attesa per il rientro in patria dei due giornalisti francesi liberati ieri
dopo essere stati sequestrati 4 mesi fa sulla strada di Najaf. Ma ascoltiamo il
servizio di Fausta Speranza:
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Christian
Chesnot e Georges Malbrunot hanno lasciato questa mattina Baghdad a bordo di un
C-130 dell'aeronautica militare francese. Scalo a Cipro per salire a bordo del Falcon
900 con cui il ministro degli esteri Barnier ed alcuni familiari riporteranno a
casa i due. Il rientro in Francia è atteso per le 18 all'aeroporto militare di
Villacoublay, alla periferia di Parigi dove ad accoglierli ci sarà il
presidente Chirac. Intanto il primo ministro Raffarin precisa: per la
liberazione dei due giornalisti non è stato pagato alcun riscatto. Finita la
brutta avventura dei due giornalisti francesi, rapiti tra l’altro dallo stesso
gruppo che ha preso e ucciso Enzo Baldoni, resta la difficilissima situazione
in Iraq e si fa il bilancio dell’attentato di
ieri a Mossul: 22 i morti, tra cui 14 soldati e quattro civili americani
e quattro agenti di sicurezza iracheni. 72 i feriti e di questi 51 sono
militari USA. Gli altri sono civili “americani e di altri Paesi” e militari
iracheni. Resta da riferire il commento del presidente statunitense, dopo la
strage nella base USA: “Quella dei soldati americani è “una missione vitale per
la pace” e il loro sacrificio servirà a far prevalere la democrazia nel Paese e
ad aumentare la sicurezza nel mondo”.
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Il presidente francese Chirac
andrà a Washington “in una data la più vicina possibile” avendo accettato
l'invito rivoltogli dal presidente USA, George W. Bush. Un portavoce
dell'Eliseo ha precisato oggi che la data della visita è attualmente oggetto di
analisi da parte degli uffici delle due presidenze. L'incontro avverrà
all'inizio dell'anno prossimo, o prima o subito dopo il viaggio di Bush in
Europa previsto per il prossimo mese di febbraio. In quell'occasione Chirac e
Bush si vedranno comunque il 22 febbraio a Bruxelles a margine di un vertice
Nato.
Le
violenze in Darfur non risparmiano le organizzazioni umanitarie. All’indomani
dell’annuncio del ritiro della britannica Save the children, che nella
regione sudanese ha perso quattro operatori, oggi Medici senza frontiere
(MSF) ha dato notizia dell’uccisione di un suo collaboratore locale, rimasto vittima venerdì scorso di un attacco condotto dalle
truppe governative sudanesi a Labado, nella parte meridionale del
Darfur, teatro da mesi di violenti scontri interetnici. Mentre, con l’arrivo
dal Gambia di altri 100 militari, si rafforza la missione di osservatori
inviati in Darfur dall’Unione Africana, sul piano diplomatico nessun passo in
avanti è stato compiuto nel terzo round dei colloqui di pace conclusosi ieri ad
Abuja, in Nigeria. Al Palazzo di Vetro di New York, gli Stati Uniti hanno
chiesto al segretario generale dell’ONU, Annan, di tornare in Darfur per
verificare il protrarsi della crisi. Sulle notizie raccolte da Medici Senza
Frontiere, sentiamo Sergio Cecchini, portavoce italiano di MSF,
intervistato da Giada Aquilino:
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R. – Le notizie che abbiamo sono
quelle avute da fonti locali, tutte attendibili, perché al momento non ci è
possibile inviare un team sul posto, a Labado, per verificare direttamente
quale sia la situazione, come sia avvenuta l’uccisione del nostro collaboratore
e cosa sia accaduto ad altri nostri 29 operatori locali, di cui non abbiamo più
notizie da venerdì scorso.
D. – Qual è la situazione a
Labado?
R. – Da più di una settimana,
Labado è sotto pesanti bombardamenti da parte dell’esercito sudanese e, da
allora, i nostri team hanno evacuato la città per motivi di sicurezza. È una
situazione di pesanti combattimenti, tant’è che nei campi a circa 100 km da
Labado si registrano nuovi arrivi di famiglie, fuggite proprio da questa città.
D. – E il quadro umanitario?
R. – È disastroso. Nel senso che
a Labado, una cittadina di circa 27 mila abitanti, MSF era l’unica
organizzazione presente dal 4 settembre, dal periodo cioè in cui erano ripresi
gli scontri in diverse zone del Darfur. Attualmente la città è priva di ogni
forma di assistenza.
D. – Quali sono le emergenze
oggi in Darfur?
R. – Fino a settembre, i dati
dei nostri centri indicavano il netto miglioramento delle condizioni di vita: i
tassi di mortalità e malnutrizione erano in diminuzione. In diverse zone del
Darfur a tutt’oggi la situazione è di lieve miglioramento. Il problema è che la
ripresa delle violenze dal mese di settembre rende più difficili le operazioni
di soccorso e di assistenza, comporta nuovi spostamenti e fughe in massa delle
popolazioni e quindi rimette un po’ in discussione tutti i risultati positivi
raggiunti negli ultimi mesi. E in più, mette sotto bersaglio le organizzazioni
umanitarie come Medici Senza Frontiere ma anche come Save the
Children e Oxfam, che spesso sono costrette a chiudere o a ritirare
il personale per motivi di sicurezza.
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Non
sono ancora stati identificati i tre operatori umanitari rapiti tre giorni fa
da un gruppo di ribelli nella zona di Kandroma, provincia nord orientale della
Repubblica democratica del Congo. Il servizio di Rita Anaclerio:
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Tra i tre
rapiti si troverebbe anche un funzionario del Programma per lo sviluppo delle
Nazioni Unite. La Misna, l’agenzia giornalistica dei missionari, si basa sulle
informazioni diffuse da Radio Okapi, l'emittente radiofonica della Missione
delle Nazioni Unite in Congo. E dalle prime notizie disponibili, la
responsabilità del sequestro sembrerebbe ricadere sui miliziani dell'Unione
dei Patrioti Congolesi
(UPC) di Thomas Lubanga. La situazione in Congo, continua a peggiorare. L’EurAC,
la rete europea di 40 organizzazioni non governative (ONG) per l’Africa
Centrale, di cui fanno parte 11 Paesi europei, fa sapere che “migliaia di
civili stanno fuggendo per evitare di essere coinvolti nei combattimenti e
soprattutto nelle estorsioni che li accompagnano. E aggiunge che il governo
congolese, responsabile del processo di disarmo delle milizie e delle bande
armate operanti sul suo territorio, è troppo lento nel mettere in atto questo
programma e ora si trova destabilizzato. L’EurAC chiede all’UE di varare
sanzioni diplomatiche ed economiche immediate contro il Rwanda e di assicurarsi
che le autorità congolesi mettano in atto, senza ritardi, la ristrutturazione e
l’unificazione delle forze di sicurezza e dell’esercito. Infine EurAC si
rivolge ai Paesi dell’UE affinché rispondano positivamente agli appelli
lanciati da Kofi Annan, contribuendo al rafforzamento di questi Caschi Blu
deciso dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il 1 ottobre scorso.
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Il Tribunale di primo grado
dell'UE ha confermato oggi le misure imposte dalla Commissione europea al
gruppo Microsoft, per evitare un abuso di posizione dominante nel campo dei
lettori multimediali per PC e dei server. Nel respingere un ricorso di
Microsoft, il Tribunale UE si è pronunciato sulla condanna per abuso di
posizione dominante che l'Antitrust europeo, fino al mese scorso guidato da
Mario Monti, aveva in marzo al gruppo di Bill Gates, tra l'altro chiedendo una
multa di quasi 500 milioni di euro. In definitiva oggi è stata respinta la
richiesta di sospensione delle misure (dette anche “rimedi”) imposte da
Bruxelles alla Microsoft. La Commissione fa sapere che dopo il pronunciamento
del Tribunale le misure imposte dall'Esecutivo UE al Gruppo americano “hanno
efficacia immediata” e, da parte sua, il consigliere generale di Microsoft,
Smith, fa sapere che il gruppo si metterà subito in regola con le decisioni
dell'Antitrust Europeo. In sostanza la richiesta dell’UE a Microsoft era di
mettere a disposizione dei suoi concorrenti i “protocolli”, le regole informatiche
necessarie a rendere interoperabili, quindi a far dialogare, l'onnipresente
Windows con i server di marche concorrenti (server, le macchine che, ad esempio
negli uffici, azionano file o stampanti condivisi da più pc).
Restando in ambito
europeo, c’è la dichiarazione del commissario UE agli affari economici e
monetari, Almunia, a proposito della questione del Patto di stabilità e delle
proposte di revisione presentate dal premier italiano Berlusconi nell’ultimo
Consiglio europeo la scorsa settimana. Almunia, sollecitato dalle domande dei
giornalisti, ha affermato: “Non credo che abbiano trovato seguito le posizioni
assunte dal primo ministro italiano in sede di Consiglio europeo”. Il
commissario UE agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, ha detto
anche che Italia e Portogallo “hanno alcuni problemi” nel rispetto del Patto di
stabilità, ma dieci altri Paesi dell'Unione sono al momento in una posizione
peggiore. Da parte sua, Tommaso Padoa Schioppa, membro italiano del direttorio
della Bce, è tornato a dirsi “convinto che, per quanto sia difficile in un
momento come questo mantenere la disciplina del Patto, sia più conveniente
resistere alle tentazioni di non rispettarlo”. “Anche ai governi conviene avere
questa disciplina - ha spiegato - l'economia
non si aiuta allentando il patto”.
Nuovo primo ministro
dell’Interno in Austria: Liese Prokop (Oevp, popolare), ex campionessa di
pentathlon attiva da 25 anni nella politica
regionale, ha prestato giuramento nelle mani del presidente austriaco Heinz
Fischer oggi a Vienna. Con Prokop, che è sposata e ha tre figli, per la prima
volta in Austria la responsabilità per l'Interno è stata affidata ad una donna.
Uno dei più difficili compiti per il nuovo ministro dell'Interno sarà
l'elaborazione di una nuova legge sull'asilo politico in Austria. Quella
elaborata dal suo predecessore Strasser, una delle più dure in Europa entrata
in vigore l'1° maggio scorso, è stata abrogata in gran parti dalla Corte
costituzionale lo scorso ottobre. La legge era stata criticata come troppo
severa sia dall'opposizione che da molte organizzazioni non governative come
Caritas e Croce Rossa, nonché dall'Alto commissariato dell'ONU per i rifugiati
(UNHCR).
A
nove mesi dalla sua elezione, il presidente afghano, Karzai, non è ancora
riuscito a mettere insieme un governo. La responsabilità, ha affermato l’ex
ministro delle Finanze, Tarzi, è dei signori della guerra che continuano a
controllare gran parte del Paese e che pongono al capo dello Stato condizioni
inaccettabili. La produzione di oppio, intanto, continua a crescere:
nell’ultimo anno è aumentata del 64 per cento.
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