RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
351 - Testo della trasmissione di Giovedì 16 dicembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa riceve i nuovi ambasciatori di Norvegia, Lussemburgo, Thailandia, Kenya e Malawi
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Intervento di Kofi Annan all’ONU
sui cambiamenti climatici
24 ORE NEL MONDO:
In Iraq giallo sulla
sorte di un italiano: secondo fonti locali è stato ucciso dalla guerriglia
Questa sera a Bruxelles
il Vertice sull’apertura dei negoziati di adesione della Turchia all’Unione
Europea
16 dicembre 2004
“NON
LASCIARTI VINCERE DAL MALE, MA VINCI CON IL BENE IL MALE”:
E’
L’ESORTAZIONE DEL PAPA NEL SUO MESSAGGIO
PER LA
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE. FORTE APPELLO
ALLA
COMUNITA’ INTERNAZIONALE A FAR USCIRE L’AFRICA
DAL
DRAMMA DELLA MISERIA E DELLA GUERRA.
GIOVANNI
PAOLO II INVITA I CRISTIANI A NON NASCONDERE
LA
SPERANZA IN CRISTO: E’ IL SUO AMORE CHE FA AVANZARE
LA
STORIA VERSO IL BENE E LA PACE
“Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene
il male”. E’ questo il titolo del messaggio di Giovanni Paolo II per la
Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2005, presentato questa mattina
nella Sala Stampa vaticana. A questo invito, tratto da una Lettera di San
Paolo, il Papa ne aggiunge altri: rinunciare alla violenza, che non risolve mai
i problemi; combattere la povertà affrontando finalmente la questione del
debito estero e attuando le promesse sull’aiuto allo sviluppo soprattutto per
l’Africa. La pace e il progresso dei
Paesi ricchi – ricorda il Pontefice – sono legati allo sviluppo dei Paesi
poveri. Quindi il Papa lancia un forte appello ai cristiani a non nascondere la
speranza che viene dalla fede in Cristo. Ascoltiamo in questo servizio di
Sergio Centofanti la sintesi del messaggio:
**********
“Il
male non si sconfigge con il male: su quella strada, infatti, anziché vincere
il male, ci si fa vincere dal male”. Il Papa lo dice chiaramente: “La pace è il
risultato di una lunga ed impegnativa battaglia, vinta quando il male è
sconfitto con il bene”. Questa è “l'unica scelta veramente costruttiva”, è
“l'unico modo per uscire dal circolo vizioso del male”. “Il male – prosegue il
Pontefice - non è una forza anonima” ma “passa attraverso la libertà umana” e
“ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome di uomini e di donne che liberamente
lo scelgono”. “Il male è, in definitiva, un tragico sottrarsi alle esigenze
dell'amore”. “La logica dell'amore cristiano” invece “spinge, se
portata alle conseguenze, fino all'amore per i nemici”.
“Volgendo lo sguardo all'attuale situazione del mondo – sottolinea
il Papa - non si può non constatare un impressionante dilagare di molteplici manifestazioni sociali e politiche
del male”.
“In questo contesto, come non andare
con il pensiero all'amato Continente
africano, dove perdurano conflitti che hanno mietuto e continuano a
mietere milioni di vittime? Come non evocare la pericolosa situazione della Palestina, la Terra
di Gesù, dove non si riescono ad annodare, nella verità e nella giustizia, i
fili della mutua comprensione, spezzati da un conflitto che ogni giorno
attentati e vendette alimentano in modo preoccupante? E che dire del tragico
fenomeno della violenza terroristica
che sembra spingere il mondo intero verso un futuro di paura e di angoscia?
Come, infine, non constatare con amarezza che il dramma iracheno si prolunga, purtroppo, in situazioni di
incertezza e di insicurezza per tutti?”
“Per conseguire il bene della
pace – dice Giovanni Paolo II - bisogna, con lucida consapevolezza, affermare
che la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i problemi”:
“La violenza è una menzogna,
poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra
umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita,
la libertà degli esseri umani. È pertanto indispensabile promuovere una grande opera educativa delle coscienze, che formi tutti,
soprattutto le nuove generazioni”.
Per promuovere la pace – ricorda
ancora il Papa – occorre promuovere il bene comune, che non deve essere ridotto
a semplice benessere socio-economico,
privo di ogni finalità trascendente, perché “è Dio il fine ultimo delle sue
creature”. Il Papa parla della necessità di una equa distribuzione
dei beni della terra e di una cittadinanza mondiale che unisca tutti gli
uomini:
“Basta che un bambino venga
concepito perché sia titolare di diritti, meriti attenzioni e cure e qualcuno
abbia il dovere di provvedervi. La condanna del razzismo, la tutela delle
minoranze, l'assistenza ai profughi e ai rifugiati, la mobilitazione della
solidarietà internazionale nei confronti di tutti i bisognosi non sono che
coerenti applicazioni del principio della cittadinanza mondiale”.
Occorre assicurare “a tutti —
individui e Nazioni — le condizioni di base per partecipare allo sviluppo. Ciò diventa possibile se si abbattono le
barriere e i monopoli che lasciano ai margini tanti popoli”. Oltre un miliardo di esseri umani – nota
infatti il Pontefice - vivono in condizioni di miseria e la Chiesa “invita i
credenti in Cristo a manifestare, in modo concreto e in ogni ambito, un
amore preferenziale per i poveri”. Il Papa ribadisce il suo appello
lanciato già tanti anni fa a risolvere il problema del pesante debito
internazionale dei Paesi poveri e a varare nuovi progetti di aiuto allo
sviluppo in particolare per l’Africa. Le promesse a questo riguardo sono state
fatte e sono state reiterate precisa il Pontefice – ma non sono state
adempiute. Così nel continente africano tanti problemi continuano ad ostacolare il suo sviluppo: dalle guerre alle
malattie pandemiche, alla miseria:
“Sono
realtà drammatiche che sollecitano un cammino
radicalmente nuovo per l'Africa: è necessario dar vita a forme nuove di solidarietà, a livello
bilaterale e multilaterale, con un più deciso impegno di tutti, nella
piena consapevolezza che il bene dei popoli africani rappresenta una condizione
indispensabile per il raggiungimento del bene comune universale. Possano i
popoli africani prendere in mano da protagonisti il proprio destino e il
proprio sviluppo culturale, civile, sociale ed economico! L'Africa cessi di
essere solo oggetto di assistenza, per divenire responsabile soggetto di condivisioni
convinte e produttive!”
Giovanni Paolo II denuncia il
permanere di quei meccanismi economici e commerciali che non permettono ai
Paesi poveri di risollevarsi e ammonisce che la pace e lo sviluppo nei Paesi
ricchi sono legati alle condizioni dei Paesi poveri:
“lo sviluppo o diventa comune a
tutte le parti del mondo, o subisce un processo di retrocessione anche nelle
zone segnate da un costante progresso”.
Infine il Papa lancia un forte
appello ai cristiani, “specialmente i fedeli laici”, perchè non nascondano
“nell'interiorità del loro animo” la speranza che viene dalla fede in Cristo: è
grazie al suo aiuto che “è possibile a tutti vincere il male con il bene”: i
cristiani dunque “mostrare con la loro vita che l'amore è l'unica forza capace
… di far avanzare la storia verso il bene e la pace” .
“In quest'anno dedicato all'Eucaristia
– conclude il Papa - i figli della Chiesa trovino nel Sommo Sacramento
dell'amore la sorgente di ogni comunione”:
“È in virtù della morte e
risurrezione di Cristo, rese sacramentalmente presenti in ogni Celebrazione
eucaristica, che siamo salvati dal male e resi capaci di fare il bene. È in virtù
della vita nuova di cui Egli ci ha fatto dono che possiamo riconoscerci
fratelli, al di là di ogni differenza di lingua, di nazionalità, di cultura… e
insieme recare uno specifico ed efficace contributo all'edificazione di un
mondo fondato sui valori della giustizia, della libertà e della pace”.
**********
Il Messaggio
del Santo Padre è stato illustrato stamani in Sala Stampa vaticana dal cardinale
Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e
della Pace assieme a mons. Giampaolo Crepaldi, e mons. Frank J. Dewane,
rispettivamente segretario e sottosegretario del dicastero vaticano. A seguire
la presentazione c’era per noi Alessandro Gisotti:
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Il
Messaggio del Papa deve essere “accolto a livello personale” da ognuno quale
esortazione ad un impegno concreto per la pace. E’ quanto sottolineato dal cardinale
Martino che ha spiegato come nel documento sia presente, per la prima volta
nella dottrina sociale della Chiesa, il principio della cittadinanza
mondiale. Un concetto, ha spiegato, che rappresenta una “evoluzione
naturale delle implicazioni del concetto di unità della famiglia umana”,
contenuto nel Messaggio per la giornata della pace del 2000. Il presidente del
pontificio consiglio Giustizia e Pace ha così messo l’accento sull’attenzione
dedicata dal Papa, in questo messaggio, al continente africano. L’Africa, ha
detto il porporato, non deve essere più oggetto di assistenza, ma protagonista
del proprio futuro.
“Se si
risolve il problema dell’Africa, le ripercussioni benefiche di questa soluzione
si verificheranno in tutto il mondo. Naturalmente le cause della situazione
dell’Africa non sono solo degli africani. Quante persone e quanti popoli dovrebbero
passarsi la mano sulla coscienza per riconoscere e vedere in cosa sono stati
responsabili della situazione attuale dell’Africa”.
Nella
fondamentale lotta alla povertà, ha poi avvertito, il primo nodo da sciogliere
riguarda il debito estero dei Paesi poveri. Dopo l’impegnativa campagna sul
debito “condotta in prima persona dal Santo Padre prima e durante il Grande
Giubileo del 2000”, ha ricordato il presidente di Giustizia e Pace, “sembrava
che la questione del debito fosse finita, irrisolta, nel dimenticatoio”. Ma non
è così per Giovanni Paolo II, che – ha affermato il cardinale Martino – con
tenacia e determinazione, la rilancia rimettendola al centro di tutte le agende
che avvertono l’urgenza morale di doversi impegnare per la lotta alla povertà”.
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LA PACE MONDIALE PASSA ATTRAVERSO LA COOPERAZIONE
INTERNAZIONALE,
IL RIFIUTO DELLA VIOLENZA E
DELLE ARMI, LA TUTELA DELLA VITA E DELLA FAMIGLIA
E LA LIBERTA’ DI PROFESSARE IL PROPRIO CREDO.
COSI’ IL PAPA AI NUOVI AMBASCIATORI IN VATICANO
DI NORVEGIA, LUSSEMBURGO, THAILANDIA, KENYA E
MALAWI
- A cura di Alessandro De Carolis, Alessandro
Gisotti e Rita Anaclerio -
Promuovere un dialogo “fiducioso
e fraterno” perché sulla terra possa “trionfare la pace”. Anche nei discorsi
rivolti ai cinque nuovi ambasciatori presso la Santa Sede – ricevuti oggi per
la presentazione delle lettere credenziali in rappresentanza di Norvegia, Lussemburgo,
Thailandia, Kenya e Malawi - Giovanni Paolo II ha ripreso il tema della pace mondiale.
Le diverse situazioni sociopolitiche e religiose dei cinque Stati hanno permesso
al Papa di affrontare una riflessione corale sulle questioni più dibattute
dell’attuale momento storico. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Due Paesi europei, uno asiatico
e due africani. Geografia e contesti diversi, anche se talvolta uniti da
tematiche comuni che hanno suscitato in passato e nel presente l’attenzione e,
in alcuni casi, la preoccupazione di Giovanni Paolo II. A partire dal Vecchio
Continente e dalle sue radici cristiane, dalla tutela della vita e dalla
condivisione della sua ricchezza: tutti aspetti che anche oggi il Papa ha
trasformato in occasione di incoraggiamento e di sollecitazione.
Al 52.enne Georges Santer -
ambasciatore del Lussemburgo che dal primo gennaio assumerà la presidenza
dell’UE - il Pontefice ha ricordato che “la pace e lo sviluppo procedono
insieme” e che dunque è un dovere di responsabilità per gli Stati ricchi
costruire un’Europa non come “un'isola di pace e di prosperità chiusa su se
stessa, protetta dalle incursioni esterne”, ma come un polo politico e sociale
aperto ed “esemplare”. Solo attraverso “la condivisione delle sue ricchezze economiche,
sociali, religiose e culturali e nell’accogliere quelle degli altri – ha
osservato il Papa - la Comunità europea potrà svolgere la sua autentica missione”.
Secondo il Pontefice, sviluppando l’integrazione tra l’est e l’ovest del continente,
attuata dopo l’allargamento del maggio scorso, ciò favorirà il “necessario
dialogo e una intensificazione degli scambi” anche fra il nord e il sud del pianeta.
Il Lussemburgo ricco ed agiato, e direttamente impegnato nel sostegno
all’Africa, è per Giovanni Paolo II un esempio del ruolo che l’Europa deve
giocare sullo scacchiere mondiale del 21.mo secolo.
Un passo più a nord, la Norvegia
- rappresentata dal 57.enne diplomatico Lars Setter Forberg – rispecchia una
serie di caratteristiche tipiche dell’area, a partire – ha detto il Pontefice –
da una forte impronta secolaristica. Nonostante la “fondamentale importanza”
storica rivestita dal cristianesimo nello Stato scandinavo, “l’eclissi del
senso di Dio – ha constatato Giovanni Paolo II – ha gettato la propria ombra”
su tutto il territorio nordico, determinando “distorsioni della realtà del
matrimonio” e della sessualità. Il Papa ha esortato leader civili e religiosi a
difenderne la sacralità, insieme alla “stabilità della vita domestica”.
Inoltre, in chiave ecumenica, ha incoraggiato i credenti delle varie
confessioni a “perseverare lungo il cammino dell’unità cristiana”.
Dall’ecumenismo al dialogo interreligioso, il Pontefice –
parlando con il 55.enne diplomatico tailandese, Pradap Pibulsonggram - si è
soffermato sulla necessità di “coltivare un clima di tolleranza religiosa e di
coesistenza pacifica”. Il Papa si è congratulato con lo Stato asiatico per la
scelta di inserire nella nuova costituzione del Paese asiatico una norma a
garanzia della libertà di culto ed ha invitato le autorità a dare particolare
rilievo al settore dell’educazione e alle politiche familiari. Parlando poi del
ruolo giocato dalla Thailandia oltre i confini nazionali, Giovanni Paolo II ha
rivolto un appello alla comunità internazionale a continuare la “ricerca di
meccanismi multilaterali per la soluzione pacifica dei conflitti e per un maggiore
accesso agli aiuti umanitari”.
Infine l’Africa. Con il rappresentante del Kenya – la signora
Raychelle Awuor Omamo - Giovanni Paolo II ha
affrontato, tra l’altro, la situazione del Darfur, la martoriata regione del
Sudan insanguinata da un gravissimo conflitto intestino. Il Pontefice l’ha
presa ad esempio negativo di come “le esitazioni della comunità internazionale
circa l’obbligo di rispetto e sviluppo dei diritti umani” possano diventare poi
causa di una evidente “miseria”. Paese-crocevia del continente, e spesso in prima
nelle missioni africane di peace-keeping – il Kenya mostra anche al suo interno
tendenze come quella, rilevata dal Papa con “grave preoccupazione”, che
vorrebbe imporre misure per facilitare l’aborto il quale, oltre a costituire
una violazione essenziale della dignità umana, “è invariabilmente causa – ha
osservato il Papa – di indicibili dolori emotivi e psicologici per le madri”.
Il tragico scenario prodotto
dall’AIDS, affrontato dal Pontefice con l’ambasciatrice keniana, è ritornato
anche nell’intervento con il diplomatico del Malawi, il 54.enne Gilton Bazilio
Chiwaula. Di fronte alla rapida e allarmante diffusione del contagio, Giovanni
Paolo II ha ribadito l’urgenza di uno sforzo congiunto tra la comunità
internazionale e le autorità del piccolo Stato africano. “Le istituzioni pubbliche e le comunità di fede – ha
insistito il Papa - devono far fronte comune per promuovere la fedeltà
all'interno dell'unione e l’astinenza al di fuori del sacro vincolo coniugale,
come le misure di sicurezza più efficaci” contro l’espansione del virus. E,
sempre in tema di politiche familiari, il Pontefice ha invitato il governo del
Malawi “a resistere a tutte quelle pressioni esterne che cercano di imporre
programmi di assistenza economica legati alla promozione della sterilizzazione
e della contraccezione”. Nonostante “l’estrema povertà” che affligge il Paese,
e che richiede l’aiuto finanziario esterno, tali campagne – ha affermato -
non solo “offendono la dignità della persona e della famiglia”, ma “ostacolano
la crescita naturale e il progresso della nazione”. Infine, Giovanni Paolo II
ha espresso gratitudine per l’apprezzamento del Paese nei riguardi dei vescovi
locali e del loro contributo alla
transizione democratica. “Ringrazio – ha detto - per quelle parole così affettuose
che hanno descritto la Chiesa come ‘la coscienza’ della nazione del Malawi”.
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IL CIRCO E IL LUNA PARK RAPPRESENTANO
UN “LABORATORIO DI FRONTIERA”
NELL’IMPEGNO COMUNE “PER COSTRUIRE UNA FRATERNITA’
UNIVERSALE”.
COSI’ OGGI IL PAPA INCONTRANDO I CIRCENSI E I
LUNAPARCHISTI
- A cura di Barbara Castelli -
I
circensi e i lunaparchisti possono offrire “occasioni concrete di
aggregazione”, annunciando “valori autenticamente umani nelle piazze del
mondo”. Con queste parole, stamani in Vaticano, Giovanni Paolo II ha salutato i
partecipanti al settimo Congresso Internazionale della Pastorale per i Circensi
e i Lunaparchisti. L’incontro, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale
per i Migranti e gli Itineranti, ha avuto per tema:
“Accogliere i Circensi e Lunaparchisti: dalle diversità alla convivialità delle
differenze”. “In un tempo in cui sembra contare solo la frenesia del produrre e
dell’arricchirsi – ha proseguito il Papa, esaltando il mestiere non certo
“facile” ma decisamente “speciale” dei circensi e dei lunaparchisti – portare
gioia e festa è testimonianza reale di quei valori non materiali che sono
necessari per vivere la fraternità e la gratuità”.
Esibendosi
con entusiasmanti spettacoli, “in mezzo alla gente di ogni ceto sociale”, dunque,
i circensi e i lunaparchisti possono offrire “un singolare esempio di Chiesa
viaggiante che prega, che ascolta, che annunzia e che coltiva la fraternità”. “Il
vostro mondo – ha concluso il Pontefice – può diventare un laboratorio di
frontiera anche per quanto concerne le grandi tematiche della pastorale,
dell’ecumenismo e dell’incontro con membri di altre religioni, dell’impegno comune
per costruire una fraternità universale”.
FESTOSA
CERIMONIA IERI IN PIAZZA SAN PIETRO
PER L’ACCENSIONE DEL MAESTOSO ALBERO DI NATALE,
PROVENIENTE
QUEST’ANNO DAI BOSCHI DEL TRENTINO
Sono stati 2 bambini ad
accendere ieri pomeriggio l’albero di Natale in piazza San Pietro, collocato
accanto alla rappresentazione del Presepe, secondo una tradizione che si rinnova
dal 1982. L’abete rosso, 110 anni e oltre 30 metri di altezza, proviene da un
bosco del comune di Pinzolo, in Trentino, ed è stato donato al Santo Padre
dalla Provincia autonoma di Trento e da 12 comuni della Val Rendena. Alla
presenza di molte personalità politiche del luogo e di fronte al cardinale
Edmund Szoka, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, cori folkloristici
hanno allietato l’evento. Roberta Moretti:
**********
(musica)
Un sussulto di meraviglia ha sottolineato l’accensione dell’abete
natalizio arrivato a Roma dai boschi del Trentino, insieme ad altre 30 piante
più piccole, destinate all’aula Paolo VI, al Palazzo Apostolico e agli uffici
della Curia Romana. Il dono celebra il 20.mo anniversario del soggiorno di
Giovanni Paolo II sulle nevi dell’Adamello e vuole essere un augurio per un
Papa “atleta di Dio”, affettuosamente amato per la sua testimonianza e per la
sua ammirazione per la montagna e il creato. Puntuale, l’apprezzamento del
Santo Padre, che ieri, all’Udienza generale, ha ringraziato le autorità
trentine e che ha partecipato a distanza alla cerimonia, accendendo una candela
alla finestra dei suoi appartamenti. Anche il cardinale Edmund Szoka ha sottolineato
l’importanza di questa tradizione:
“Nella forza di quest’albero che ha superato venti e
bufere si riflette la tenacia della vostra gente e la fedeltà alle sue origini,
alla sua cultura e alla sua fede”.
Ma l’albero sarà anche veicolo di una raccolta di fondi
per la Tanzania, nell’ambito del progetto “Un abbraccio di luce”, per la formazione
di personale medico e paramedico per l’ospedale della città di Dodoma. Lorenzo
Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento:
“Attraverso
quest’albero si offre il Trentino dell’etica della responsabilità, del darsi una
mano, della solidarietà”.
Tra le iniziative del Comitato
organizzatore, anche la mostra “Storie di legno – arte, cultura, tradizioni dai
boschi del Trentino”, ospitata fino al 10 gennaio in Aula Paolo VI. Intanto, in
piazza l’abete splende illuminato e impreziosito da decorazioni lignee di
Pinzolo e da sfere d’oro e d’argento, diffondendo nell’aria una suggestiva
atmosfera natalizia.
(musica)
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UDIENZE
E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto
questa mattina in successive udienze il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; mons. Luigi Padovese,
vescovo di Monteverde, vicario apostolico di Anatolia e il dott. Aharon
Valency, sindaco dell’Alta Galilea, con la consorte.
Il Papa ha nominato membri del
consiglio di cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici
della Santa Sede i cardinali Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid;
Aloysius Matthew Ambrozic, arcivescovo di Toronto; Cláudio Hummes, arcivescovo
di São Paulo.
In Perù, il Papa ha nominato
vescovo di Huánuco padre Jaime Rodríguez Salazar, missionario comboniano,
amministratore diocesano della medesima diocesi e parroco della parrocchia di
San Pedro.
Negli Stati Uniti, il Papa ha
nominato ausiliare della diocesi di Pittsburgh il reverendo Paul J. Bradley,
del clero della medesima arcidiocesi, finora vicario generale e moderatore della
curia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Afufenia.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale
della Pace che sarà celebrata il primo gennaio 2005.
Il
tema del Messaggio - cui il nostro giornale dedica un inserto speciale di
quattro pagine - è "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene
il male".
Nelle
vaticane, nel discorso a cinque nuovi Ambasciatori (Malawi, Thailandia,
Lussemburgo, Kenya e Norvegia) in occasione della presentazione delle Lettere
Credenziali, il Papa ha sottolineato che la comunità internazionale è chiamata
a un sussulto di azioni creative sul piano della carità, dell'economia e della
politica.
Nelle
estere, Iraq: sanguinoso attentato dinamitardo a Kerbala. Mistero sul rapimento
e sull'uccisione di un italiano nella zona di Ramadi.
Sudan:
Khartoum annuncia la sospensione delle operazioni militari nel Darfur.
Nella
pagina culturale, un articolo di M. Antonietta De Angelis in margine alla
mostra di Urbino su "I Della Rovere".
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della giustizia.
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16
dicembre 2004
ANCORA ACCESO IL DIBATTITO SULL’ESPOSIZIONE DEL
CROCIFISSO NELLE AULE
E SULL’INIZIO DEI NEGOZIATI PER
L’ADESIONE DELLA TURCHIA NELL’UE.
IL COMMENTO AI NOSTRI MICROFONI DEL CARDINALE
ROBERTO TUCCI
La presa di posizione della
Corte Costituzionale sull’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, la
questione del presepe ed ancora il via libera all’inizio dei negoziati di adesione
della Turchia all’Unione Europea. Su questi temi si è pronunciato oggi ai
nostri microfoni il cardinale Roberto Tucci. Ascoltiamolo, quindi,
nell’intervista di Rosario Tronnolone, a partire dalla decisione della Corte
Costituzione, che ieri, rispondendo ad una questione sollevata dal Tar del
Veneto, ha ribadito che i crocifissi restano nelle aule scolastiche.
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R. - La Corte Costituzionale
giudica se c’è una legge che è contraria alla Costituzione o no. In questo caso
la Costituzione non vieta e non obbliga l’affissione del Crocifisso, quindi la
questione ritorna al TAR perché si tratta di un atto amministrativo. Io voglio
sperare che le famiglie delle scolaresche si agitino, perché non è giusto
perché c’è una persona che si sente offesa dalla presenza del Crocifisso, che
poi, tra l’altro, è un simbolo di amore, bisogna cedere subito … Se si protesta
credo che la direzione della scuola avrà delle difficoltà molto più grandi,
perché si troverà magari la maggioranza delle famiglie contro, quindi mi pare
che sia il tempo di svegliarsi, perché altrimenti arriviamo ad una specie di dittatura
delle minoranze, anzi, addirittura, in questo caso, una signora finlandese che
si sente offesa, perché atea, dalla presenza del Crocifisso, per i suoi
bambini, suppongo a scuola. E’ la stessa cosa, un po’ come avviene per il
presepe … il Crocifisso ed il presepe appartengono alla nostra cultura, non
appartengono solamente alla fede cristiana, appartengono alla cultura italiana
e quindi credo che non offendano gli altri, non offendono i non credenti, ma
come italiani dobbiamo riconoscere che questi simboli: il Crocifisso, il
presepe, appartengono alla nostra cultura italiana. Non ci vorranno mica,
adesso, venire a chiedere di rinunciare ad essere italiani fieri della nostra
cultura?! Sembra che sia il tempo di svegliarsi.
D. – Passiamo adesso ad un altro
argomento, cioè l’ingresso della Turchia in Europa …
R. – Io non entro nel caso,
diciamo, strettamente politico, se sia un bene per l’Europa far entrare la
Turchia nella Comunità Europea o non sia un bene dal punto di vista politico,
economico, finanziario, militare, ecc … Mi pongo dal punto di vista di quello
che bisogna chiedere alla Turchia perché possa pienamente entrare qualora la
Comunità Europea fosse d’accordo nel farla entrare nella Comunità. Mi dispiace
che ieri non sia passata la richiesta di insistere che venga data personalità
giuridica alle Chiese cristiane presenti nel Paese e questo è un grave difetto
nel campo dei diritti umani, in modo particolare in quello che riguarda la
libertà religiosa che, tutto sommato, bisogna riconoscere è un diritto che sta
alla base di tutti gli altri diritti. Se non c’è rispetto della coscienza più
intima della persona umana e della sua capacità di esprimere questa fede
pubblicamente e comunitariamente, cioè in istituzioni, allora veramente
cominciano a traballare tutti gli altri diritti umani. Quindi, credo che sia
molto importante mettere in chiaro alla Turchia che deve fare dei passi avanti
in questo campo e, in modo particolare, della libertà religiosa che non è
rispettata perfettamente in questo Stato. Voi sapete che in Turchia non c’è un
riconoscimento giuridico delle istituzioni cristiane, non ci sono
riconoscimenti per le proprietà delle Chiese cristiane, ci sono grandi
difficoltà. Esiste una specie di ministero degli affari religiosi che è retto
da musulmani che è molto rigido, per cui, per esempio, la Chiesa ortodossa ha
avuto dei danni in un suo edificio religioso quando c’è stato un attentato e
non riesce ad ottenere il permesso di cominciare i lavori per ristrutturare la
chiesa che era vicina al luogo ove avvenne l’attentato. Queste cose sono
all’ordine del giorno in Turchia e bisogna dirlo chiaramente, bisogna che si
sveglino anche un po’ i nostri bravi rappresentanti della Comunità Europea,
perché anche persone che non hanno la fede cristiana credo che abbiano
sensibilità, se sono veramente liberali, dei valori della libertà religiosa,
sono capaci di aprirsi a questi valori: ma sembra che ci sia una grande
timidezza nel chiedere. Si dà talmente importanza agli altri fattori economici,
politici, militari ecc, che i valori della libertà religiosa non vengono
considerati. Questo è molto pericoloso, significa un’Europa che non riesce a
trovare valori più grandi di quelli economici, militari e politici.
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PARTE DOMANI LA MARATONA TELEVISIVA DI TELETHON
PER I FONDI ALLA RICERCA SCIENTIFICA SULLE
MALATTIE GENETICHE
- Con noi Angelo Maramai,
Francesca Pasinelli e Milly Carlucci -
Parte
domani mattina alle 6.45 su Rai Uno la 15.ma edizione della maratona televisiva
di Telethon, il consueto appuntamento con la ricerca scientifica e con la
possibilità per ciascun cittadino di sostenere la lotta contro la distrofia
muscolare e oltre 60 malattie genetiche. Sarà una staffetta di 40 ore tra
programmi televisivi e radiofonici Rai, guidata da Milly Carlucci, con storie,
informazioni e collegamenti con eventi di piazza in tutt’Italia. Rush finale
nella notte tra sabato e domenica, ma si potrà donare tutto l’anno con carta di
credito, alle Poste e agli sportelli della Banca nazionale del lavoro. Il servizio
di Gabriella Ceraso.
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Nato negli Stati Uniti, passato
poi in Francia e da 14 anni presente in Italia, dove ha già permesso 130
scoperte scientifiche, Telethon torna sugli schermi RAI con l’obiettivo di
sensibilizzare gli italiani, battere il record 2003 di 27 milioni di euro
raccolti e finanziare progetti efficaci di ricerca esterna e interna ai quattro
istituti ad esso collegati. Una macchina mossa dalla solidarietà dei donatori,
cui garantisce piena affidabilità. Angelo Maramai, direttore amministrativo:
“Per parte nostra facciamo un
grosso sforzo di trasparenza. Ci piacerebbe che questo sforzo trovasse la
controparte attenta, seguendo quelli che sono i vari canali di analisi dei
risultati, leggendo sui giornali la rendicontazione di Telethon oppure seguendo
sul nostro sito www.telethon.it i
bilanci, che danno un dettaglio accuratissimo di come sono stati usati tutti i
fondi nel corso dell’anno”.
E nei bilanci si trovano
elencati anche i principali successi di Telethon: l’individuazione di
geni-malattia, di meccanismi patologici e fisiologici, la formulazione di
terapie e quindi i primi casi di guarigione. Francesca Pasinelli, responsabile
del settore scientifico:
“Non vi è dubbio che il
risultato che noi riteniamo di maggiore soddisfazione sia la cura che finora è
stata messa a punto su cinque bambini malati di immunodeficienza congenita
combinata grave, curati con la prima terapia genica al mondo efficace su questa
malattia, e soprattutto con un successo di lunga durata. Con i fondi che stiamo
per raccogliere abbiamo la speranza di poter andare a breve in clinica con
altre due terapie geniche e con una terapia farmacologia per due forme di
distrofia”.
“Senza ricerca non c’è cura,
quindi donare non è un lusso, ma una necessità”: così Milly Carlucci, che
spiega una delle novità dell’edizione Telethon di quest’anno.
“Abbiamo realizzato dei veri e propri cortometraggi che raccontano la
vita di cinque protagonisti di gravissimi casi di malattia. Enucleando queste
storie, raccontandole attraverso dei filmati, noi le abbiamo messe in una zona
di sicurezza nella quale si capisca bene che cosa vuol dire essere malato,
perché questa cosa non rimanga un ‘bla bla’, come ce ne sono tanti in
televisione”.
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16
dicembre 2004
IL MESSAGGIO DI NATALE DEI VESCOVI DEL CIAD:
“NEL NOSTRO PAESE LE NUMEROSE
RICCHEZZE –
NON DIVISE EQUAMENTE TRA LA POPOLAZIONE - SONO
DIVENUTE CAUSA
DI
DIVISIONE; I CONFLITTI INTERCOMUNITARI RESTANO IRRISOLTI”
- A cura di Stefano Cavallo -
N'DJAMENA = "Non è tutto
perduto. Siamo un popolo di speranza e vogliamo disegnare i segni di un'alba
nuova", così parlano i vescovi del Ciad nel messaggio di Natale di
quest’anno. "Dio ama la terra del Ciad e manifesta questo amore attraverso
le numerose risorse naturali donate al Paese: corsi d'acqua e pesce in
abbondanza, terra e grande varietà di frutti, pascoli e bestiame, una foresta rigogliosa,
petrolio e altri prodotti del sottosuolo". I presuli mettono poi in
risalto come le risorse del Paese non siano al servizio dei suoi abitanti,
riferiscono della problematica situazione sociale in cui “non tutti i cittadini
hanno il minimo per vivere, curarsi, fare istruire i propri figli come Dio
comanda”. “Il Ciad è un Paese dove purtroppo i conflitti intercomunitari ancora
restano irrisolti; molti cittadini sono morti, vittime dei loro propri
concittadini. Ora constatiamo – continua il messaggio - che le numerose
ricchezze sono divenute cause di divisione, conflitto e guerra tra i figli e le
figlie del Ciad, perché alcuni vogliono accaparrarsi tutto escludendo gli
altri. Diversi cittadini, nel silenzio e rischiando la loro vita, tentano di
dimostrare che è possibile vivere insieme al di là delle barriere umane: matrimoni,
impegno nelle associazioni, nei sindacati o nei partiti politici, visite amichevoli
in occasioni di feste religiose, nascite o funerali". In modo particolare,
i presuli mettono in risalto l'attività delle commissioni diocesane ‘Giustizia
e Pace’ e delle associazioni per i diritti umani, così come anche le radio
comunitarie cattoliche, che "offrono ai giovani spazi di espressione e una
pedagogia che permette loro di entrare nella cultura dell'altro".
“FORTE CRISI UMANITARIA” PER LE MINORANZE ETNICHE
DEL MYANMAR:
SENZA CASA, MEDICINE, E AVVERSATI DALL’ESERCITO.
LO DENUNCIA IL CHRISTIAN SOLIDARITY WORLDWIDE,
ASSOCIAZIONE INGLESE A TUTELA DEI DIRITTI UMANI
YANGON = Allarme
dell'organizzazione inglese Christian Solidarity Worldwide (CSW), che segue le
violazioni dei diritti umani e le persecuzioni contro i cristiani in tutto il
mondo: “le minoranze etniche che vivono nel Myanmar al confine con la
Thailandia stanno vivendo una forte crisi umanitaria”. Una delegazione del CSW
ha raccolto testimonianze fra etnie karen, karenni e shan nei campi profughi tailandesi,
nella regione di confine con l’ex-Birmania, e riferisce che i gruppi etnici, invisi
al regime, vivono rifugiati nella foresta una vita di stenti, privi di cibo e
medicine. L'esercito continua a rastrellare l'area, distruggendo i villaggi,
accusando le popolazioni di non sottomettersi alla legge. La delegazione, che
ha visitato campi profughi in Thailandia e alcuni luoghi in Myanmar, stima che
nelle ultime settimane almeno 5.000 tribali karen sono stati costretti alla
fuga. Oltre un milione gli sfollati interni nel Paese; dal 1996 ad oggi oltre
2.500 villaggi di karen, karenni e shan sono stati distrutti. Il regime di
Yangon aveva recentemente dato segni di speranza per un maggiore rispetto dei diritti
umani, promettendo anche la liberazione, non avvenuta, di oltre 4.000
prigionieri politici. Secondo le organizzazioni per i diritti umani il governo
detiene ancora circa 1.400 prigionieri politici; per questo nello scorso aprile
la Lega Nazionale per la Democrazia, partito di opposizione, si era rifiutato
di partecipare ad una convenzione nazionale organizzata dal governo per
redigere la nuova Costituzione del Paese. La Lega nazionale, guidata dal premio
Nobel Aung San Suu Kyi tuttora agli arresti domiciliari, aveva vinto le
elezioni nel 1990, ma la giunta militare ora al potere. (S.C.)
INTERVENTO DI KOFI ANNAN ALL’ONU SUI CAMBIAMENTI
CLIMATICI:
“È
SCIENTIFICAMENTE PROVATO CHE FREQUENZA ED INTENSITÀ
DELLE CATASTROFI NATURALI POSSONO AUMENTARE:
GUARDIAMO OLTRE IL PROTOCOLO DI KYOTO,
A
TECNOLOGIE A BASSA EMISSIONE E A ENERGIE RINNOVABILI”
BUENOS AIRES. = “Mentre ci
accingiamo a celebrare il decimo anniversario dell’entrata in vigore della
Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, possiamo dire
con un certo senso di orgoglio che il nostro ‘bambino’ sta crescendo. Ora che
si appresta a divenire maggiorenne, molto resta ancora da fare prima di poter
essere davvero certi che stiamo affrontando il problema in maniera adeguata”. Così
si è espresso oggi il segretario generale delle Nazioni unite Kofi Annan a
Burenos Aires, nel suo intervento alla conferenza Onu sui cambiamenti
climatici. “Continuiamo a ricevere preoccupanti segnali – ha continuato Annan -
sugli impatti e i rischi dei cambiamenti climatici; la frequenza e l’intensità
degli agenti atmosferici estremi possono crescere notevolmente. Una grande attenzione
è ora giustamente rivolta all’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il 16
febbraio 2005. L’uso innovativo che il Protocollo fa dei meccanismi di mercato
per controllare l’emissione dei gas serra scriverà un’altra entusiasmante
pagina nella storia degli accordi ambientali. Il Protocollo ha inoltre creato
un solido sistema di supporto allo sviluppo sostenibile nei Paesi in via di
sviluppo, come ad esempio il Meccanismo dello Sviluppo Pulito”. Nel messaggio
del segretario generale anche l’esortazione a guardare avanti: “Oltre il Protocollo,
oltre il 2012”; a favore dell’utilizzo delle fonti di energia a basso tasso di
carbone, di tecnologie a basso tasso di gas serra e di fonti di energia rinnovabili.
(S.C.)
LISBONA SI PREPARA AD ACCOGLIERE GLI OLTRE 50.000
GIOVANI
CHE PARTECIPERANNO AL 27.MO
INCONTRO EUROPEO DELLA COMUNITA’ DI TAIZÉ. L’EVENTO E’ STATO ORGANIZZATO IN VISTA
DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE
SULLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE,
CHE SI SVOLGERA’ NELLA CAPITALE PORTOGHESE NEL
NOVEMBRE DEL 2005
LISBONA. = Fervono i preparativi
a Lisbona, in Portogallo, per il 27.esimo Incontro Europeo dei giovani promosso
dalla Comunità di Taizé, in vista del Congresso internazionale sulla Nuova
Evangelizzazione, sempre a Lisbona nel mese di novembre 2005. I circa 50.000
giovani pellegrini che parteciperanno all’assise, non solo provengono da
diverse nazioni europee e non europee, ma appartengono anche a diverse esperienze
religiose cristiane. Sono ragazzi che attraversano frontiere umane e
geografiche non per sottolineare ciò che divide, ma ciò che unisce; non per
confrontarsi nel pessimismo, ma per scoprire segnali di speranza. L’appuntamento,
che si terrà dal 28 dicembre al 2 gennaio, si inserisce nella serie di incontri
svoltisi nelle principali città europee (Amburgo, Parigi, Budapest,
Barcellona). Il patriarca di Lisbona, il cardinale José da Cruz Policarpo,
esortando il popolo portoghese a partecipare nell’accoglienza dei giovani,
scrive: “La finalità delle due iniziative è di annunciare a tutti i concittadini
che l’amore fraterno e il dialogo che sgorgano dal Vangelo non sono soltanto un
fenomeno religioso, bensì un fenomeno di civiltà”. Il porporato ha, inoltre,
ribadito che “questo incontro può essere un segnale che i giovani possono
essere partecipi della speranza, senza avere paura di Dio, trovando nella fede
la forza che li renderà protagonisti di un mondo nuovo”. Secondo le
informazioni del Comitato organizzatore, circa 200 parrocchie di Lisbona e
molte famiglie portoghesi accoglieranno i giovani nelle loro strutture e nelle
case. (B.C.)
INSEGNARE ALLA DONNE A CUCIRE PER SFUGGIRE ALLE
CONDIZIONI DI LAVORO,
AI LIMITI DELLA SCHIAVITÙ,
NEI CENTRI DI PRODUZIONE DI MATTONI IN PAKISTAN. CONSEGNATE LE PRIME 2 MACCHINE
DA CUCIRE
KASUR. = ‘Cucire invece di
fabbricare mattoni’, una nuova via per strappare migliaia di donne pakistane
dalla situazione di schiavitù in cui vivono lavorando negli essiccatoi edilizi
in Pakistan. Margaret Piara, responsabile dell’ONG MICAP ha consegnato nei
giorni scorsi le prime 2 macchine da cucire a donne impiegate nelle fornaci di
Kasur, in Pakistan, dove lavorano attualmente 9 milioni di persone. L’intenzione
è quella di insegnare a cucire alle lavoratrici degli essiccatoi, permettendo
loro di costruirsi un futuro; difatti la condizione delle donne e dei bambini
che lavorano negli essiccatoi pakistani è ai limiti della schiavitù: turni di
15 ore al giorno, in pessime condizioni igieniche, con salari miseri. Lavorare
nei forni produce gravi malattie come polmoniti, asma e allergie agli occhi e
alla pelle e spesso i dipendenti lavorano legati con catene ai posti di lavoro.
Per questo la Chiesa si è impegnata a proporre alternative a questa tragica
situazione. Proprio a Kasur nei giorni scorsi Milap ha aperto il suo 3° centro
per l’apprendimento di “taglio e cucito”, gli altri 2 erano stati aperti nei
mesi scorsi a Latifpura e a Gandansinghwala. Intervenendo all’inaugurazione un
responsabile di Milap, Joseph Javed, ha invitato le donne che lavorano negli
essiccatoi ad essere coscienti che “Dio non vi vuole schiave. Non dovete
credere - ha detto loro - che sia vostro destino passare tutto il giorno a fare
mattoni: si può cambiare”. (S.C.)
SI RINNOVA ANCHE QUEST’ANNO IL TRADIZIONALE
CONVEGNO GIOVANILE
DI CAMALDOLI, ORGANIZZATO DALLA
COMUNITA’ MONASTICA LOCALE.
IL TEMA SCELTO PER LA XXIV EDIZIONE, TRA IL 27 E
IL 31 DICEMBRE PROSSIMI,
“GESTI D’INCARNAZIONE, RAFFIGURARSI NELLA STORIA”
CAMALDOLI. = Si svolgerà tra il
27 e il 31 dicembre prossimi il XXIV Convegno giovanile della Comunità
monastica di Camaldoli, sul tema “Gesti d’incarnazione, raffigurarsi nella
storia”. Come ogni anno, il convegno sarà concluso dalla veglia di preghiera
per la pace, a suggellare giornate dense di impegno e di gioia nella vita
comune. Si rinnova così la tradizione di questo momento diventato una tappa
importante nel cammino della comunità, nell’incontro con oltre 150 giovani
partecipanti, provenienti da tutta Italia. Il convegno è basato su meditazioni
che intendono offrire una possibile via d’accesso ai vari itinerari, che
conducono l’uomo ad incarnarsi nel suo tempo. La tematica sarà affrontata attraverso
le relazioni del mattino e i gruppi di interesse del pomeriggio, in un clima di
dialogo con la comunità monastica ospitante. I relatori saranno il teologo
Cesare Pagazzi e lo scrittore Gian Ruggero Manzoni. (B.C.)
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16
dicembre 2004
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, nel primo giorno di
campagna elettorale dopo
la caduta del regime di Saddam Hussein, sono ore di angoscia per la presunta
uccisione di un cittadino italiano. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il corpo di un uomo bendato e un
passaporto intestato a Salvatore Santoro, nato a Napoli e residente in Gran
Bretagna, sono stati mostrati ad un fotografo di Ramadi. Un gruppo
terroristico, finora sconosciuto, ha poi annunciato su Internet il rapimento e
l’uccisione di un ostaggio italiano. Fonti giornalistiche locali riferiscono
invece che l’uomo sarebbe stato assassinato subito e non sarebbe rimasto
vittima di un rapimento. Le fonti aggiungono che Santoro sarebbe stato ucciso
da ribelli ad un posto di blocco della guerriglia, dopo aver cercato di
superarlo senza fermarsi. Le verifiche sono scattate immediatamente e non c’è alcuna conferma
ufficiale da parte della Farnesina. Quello dei sequestri di cittadini
occidentali in Iraq è comunque un dramma che si ripete, un incubo che ricomincia
tra dubbi e incertezze. Sono pochi, infatti, i dati sicuri: l’ente responsabile
delle attività delle ONG in Gran Bretagna ha smentito che Santoro lavori per
una organizzazione britannica. L’uomo non era iscritto nella lista degli
stranieri in Iraq e l’ultimo contatto risale all’8 dicembre all’ambasciata italiana
di Amman, la stessa autorità che gli aveva rilasciato il passaporto nel 2004.
Nel Paese arabo, intanto, è stato ucciso da uomini armati il direttore della
Compagnia di Stato delle telecomunicazioni e delle poste. Sul versante politico,
si deve rimarcare la dichiarazione del ministro della Giustizia nella quale si
precisa che il processo a Saddam Hussein terminerà dopo lo svolgimento delle
elezioni. E l’Iraq è da oggi in campagna elettorale: ieri sera, si è chiusa la
registrazione delle candidature alle elezioni del prossimo 30 gennaio, che vede
in lizza un centinaio di liste e circa 6 mila candidati.
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Nuovo messaggio del capo di Al Qaeda, Osama Bin Laden: lo sceicco si
rivolge al popolo dell’Arabia Saudita attaccando il regime di Ryad ed esalta
l’attentato condotto lo scorso 6 dicembre contro il consolato americano a
Gedda, costato la vita ad oltre venti persone.
In Afghanistan, quattro poliziotti sono rimasti uccisi e altri due feriti
in un attentato dinamitardo avvenuto stamani in una remota zona della provincia
sudorientale di Khost, a ridosso della frontiera con il Pakistan.
Sono almeno 17 i ribelli maoisti morti oggi in
Nepal, durante un combattimento con le truppe di governo. I guerriglieri stavano
attaccando una pattuglia di sicurezza nel villaggio di Naumule, nel distretto
di Dailekh.
In Israele, prosegue la fase di stallo dei negoziati tra il partito di maggioranza,
il Likud, e lo schieramento dei laburisti. Anche i contatti con i due partiti
ortodossi, che Ariel Sharon vorrebbe includere nella nuova coalizione di governo,
non hanno dato per ora gli esiti sperati. Uno dei due partiti, lo Shas,
continua infatti ad opporsi al piano di ritiro da Gaza. Ma il primo ministro
israeliano spera comunque di presentare il nuovo esecutivo al Parlamento la
prossima settimana. Nei Territori, intanto, i soldati dell’esercito israeliano
hanno ucciso un palestinese che tentava di attaccare i militari di pattuglia nei pressi
dell'insediamento di Kissufim, nella Striscia di Gaza.
“Ritengo sia giunto il momento di avviare i negoziati con la Turchia.
Sarà una decisione storica, per le dimensioni del Paese, la sua storia, la sua
situazione geografica e il ruolo potenziale di ponte tra Europa e mondo
islamico”. E’ quanto ha dichiarato il presidente della Commissione europea,
Barroso, nella conferenza stampa che precede il consiglio europeo, il cui
inizio è previsto questa sera con la cena dei capi di stato e di governo dei
Venticinque. Il servizio di Giovanni Maria Del Re:
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Vi
sono ormai davvero pochi dubbi che la Turchia finalmente avrà quello che sogna
da 40 anni: il “sì” dell’Europa all’avvio dei negoziati per l’adesione. Un
primo “sì”, arrivato ieri al Parlamento europeo, non ha valore vincolante ma
certamente politico. Ma il consenso vero, quello cruciale, dovrebbe arrivare
questa sera alla cena dei capi di Stato di governo dell’Unione Europea a
Bruxelles. Nelle ultime settimane, la presidenza olandese dell’Unione ha limato
il testo di conclusione per cercare di rispondere alle varie perplessità che
permangono soprattutto fra alcuni Stati membri. Anzitutto la spinosa questione
del riconoscimento di Cipro che Ankara continua a rifiutare. L’isola è oggi
membro a pieno titolo dell’Unione e potrebbe porre il veto all’avvio dei
negoziati. La quadratura del cerchio sarà l’accettazione dalla parte della
Turchia di estendere l’accordo di Ankara del ’63 a tutti e dieci i nuovi membri
dell’Unione e dunque anche a Cipro. Un riconoscimento di fatto ma non formale.
Rimane poi aperta la questione della data dell’avvio dei negoziati. La Turchia
la vorrebbe nel primo semestre del 2005, ma è più probabile che sarà nel
secondo. Su questo insiste soprattutto la Francia, per evitare un impatto
negativo sul referendum sulla Costituzione Europea.
Da
Bruxelles, Giovanni Maria Del Re.
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Onu, Medio Oriente ed Iraq sono
stati i temi al centro dell’incontro tra il presidente del Consiglio italiano,
Silvio Berlusconi, ed il presidente americano
George Bush, alla Casa Bianca. Berlusconi ha detto che non si farà una
riforma dell'ONU senza il consenso dell'Italia.
Si è concluso ieri con un nulla di fatto l’incontro di due giorni a Islamabad
sulla distensione nucleare tra India e Pakistan. I rappresentanti dei due
Paesi, impegnati a risolvere anche l’annosa questione sulla regione contesa del
Kashmir, torneranno ad incontrarsi ancora.
Nonostante l’appello dell’Unione Africana a fermare
le violenze, continuano ininterrottamente da domenica scorsa i combattimenti
nell’est della Repubblica Democratica del Congo, in particolare a Kanyabayonga,
tra l’esercito regolare di Kinshasa e i soldati congolesi ribelli, affiancati
da milizie rwandesi. Proprio sugli scontri in corso, ecco il commento di padre
Franco Bordignon, raggiunto telefonicamente a Bukavu, nella parte orientale del
Congo, da Giada Aquilino:
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R. –
Quando si parla di ribelli appoggiati dalle forze rwandesi, bisogna precisare
chi siano questi combattenti. Nonostante tutti i trattati di pace firmati,
nonostante la partenza ufficiale dell’esercito di Kigali dal Congo, in alcune
zone dell’ex Zaire i rwandesi “sono usciti dalla porta e rientrati dalla
finestra”, cioè si sono ristabiliti in modo ancora più capillare nelle aree del
nord. Lì le frontiere sono invisibili e ciò ha permesso un’infiltrazione massiccia
di civili rwandese, che diventano poi militari al momento opportuno.
D. –
Quali sono le ragioni di questi scontri?
R. –
Non bisogna dimenticare che si tratta di una guerra economica, di una guerra
delle materie prime e di preziosi. Non si tratta di uno scontro fra tribù: il
Congo è composto da 470 tribù che non sono mai entrate in conflitto fra loro.
Ci sono allora motivi di instabilità che vengono da fuori. Se fosse un Paese
misero, nessuno avrebbe invaso il Congo. Adesso, con un processo di pace in
corso e con il governo di transizione a lavoro, le elezioni si avvicinano e
quindi c’è chi vuole trovare il modo di mettere degli scogli affinché queste
elezioni non si facciano o vengano ritardate o messe a repentaglio. Creare dei
focolai di tensione è la strategia di ogni politica che non vuole perdere il
potere e molti di quelli che sono a Kinshasa sono ex belligeranti, che non hanno
certo interesse a perdere il potere.
D. –
Ma quanto influisce la voce dell’Unione Africana in questa crisi?
R. –
Per il Congo non abbiamo mai visto una vera e propria decisione a livello di
comunità internazionale affinché le cose vengano rimesse in ordine. Anche gli
appelli dell’Unione Africana penso che non possano avere quell’incidenza reale
come, dall’estero, si potrebbe sperare.
D. –
Padre, si avvicina il Natale: qual è la speranza della Chiesa congolese per il
futuro del Paese?
R. –
Che ritorni la pace una volta per sempre. Questo è ciò che la gente sogna,
spera e vuole a tutti i costi. E proprio per questo, quindi, non usa la
violenza come ultimo rimedio o come ultima arma, ma usa una resistenza pacifica
per avere un Paese dove tutti possano vivere tranquillamente, anche se appartengono
a tribù diverse, sono di lingue diverse o di origini diverse.
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Il 2004, segnato da quattro
potenti uragani nei Caraibi e da violenti tifoni in Asia, è stato il quarto
anno più caldo della storia. Lo ha annunciato l’Organizzazione meteorologica
mondiale dell’ONU che prevede anche un aumento di 0,4 gradi Celsius della temperatura
media sulla Terra. Il 1998 è stato l’anno più caldo da quando, nel 1861, si
misura la temperatura del pianeta.
Si è concluso senza spargimento
di sangue il sequestro di un autobus ad Atene. I sequestratori, che per tutta
la giornata di ieri hanno tenuto prigionieri i passeggeri del pullman, si sono
arresi lasciando uscire indenni gli ultimi ostaggi.
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