RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
349 - Testo della trasmissione di Martedì 14 dicembre 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Tregua violata nel Darfur.
Uccisi due operatori umanitari
Lanciata on line in Cile la nuova emittente
radiofonica “La Voce della misericordia”.
In Iraq scoperta fossa
comune con 500 cadaveri. Continua la fuga dei cristiani dal Paese
L’opposizione libanese,
composta da cristiani e musulmani, ha chiesto le dimissioni del governo di
Beirut
Augusto Pinochet
condannato agli arresti domiciliari ma la misura resta sospesa fino all’appello
Domani
scade in Uganda il cessate-il-fuoco concordato a novembre dal governo e dai
ribelli.
14 dicembre 2004
IN
UDIENZA DA GIOVANNI PAOLO II IL DIRETTORE
DELLA SALA STAMPA VATICANA
CON I SUOI COLLABORATORI.
IL GRAZIE DEL PAPA AL DOTT. NAVARRO-VALLS PER I SUOI 20 ANNI DI
SERVIZIO
- A cura di Alessandro
Gisotti -
Udienza particolare stamani per Giovanni Paolo II con alcuni dei suoi più
stretti collaboratori. Il Papa ha, infatti, ricevuto il dottor Joaquín
Navarro-Valls, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, con i membri
dell’Ufficio e del Vatican Information Service. Durante l’udienza è stata letta
una lettera personale di ringraziamento del Papa al dott. Navarro-Valls per i
suoi 20 anni di servizio come direttore della Sala Stampa Vaticana.
Anniversario festeggiato lo scorso 4 dicembre. La missiva è stata poi
consegnata al dott. Navarro-Valls.
Nel 1966 la Sala Stampa, che era stata istituita come organismo informativo
del Concilio Vaticano II, assorbì “l’Ufficio Informazioni” de “L’Osservatore
Romano” istituito nel 1939. Cominciò così a funzionare come Sala Stampa della
Santa Sede a cura della Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali. Secondo
le nuove direttive approvate da Giovanni Paolo II nel 1986, la Sala Stampa è
“l’ufficio della Santa Sede incaricato di diffondere le notizie riguardanti gli
atti del Sommo Pontefice e l’attività della Santa Sede”. La Costituzione
Apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana del 28 giugno 1988 ribadisce
che la Sala Stampa è lo “speciale ufficio” che pubblica e divulga “le comunicazioni
ufficiali riguardanti sia gli atti del Sommo Pontefice sia l’attività della
Santa Sede”. Nel 1990 è stato istituito il Vatican Information Service, un
nuovo sistema informativo della Santa Sede.
OGGI POMERIGGIO IN SAN PIETRO LA MESSA
DEL PAPA
PER GLI UNIVERSITARI DEGLI ATENEI ROMANI
- Intervista con mons.
Lorenzo Leuzzi -
Un
evento che ormai è tradizione, ma sa rinnovare sempre nuove emozioni: questo
pomeriggio alle 17.30, nella Basilica di San Pietro si terrà la tradizionale
Messa per gli universitari degli atenei romani, presieduta da Giovanni Paolo
II. Proprio al termine dell’Angelus di domenica scorsa, il Papa ha invitato
tutti i giovani ad unirsi a questa celebrazione. La
Messa verrà celebrata dal cardinale vicario Camillo Ruini. Ad animare la celebrazione saranno il Coro interuniversitario di Roma, con altre
11 formazioni corali, e l’orchestra composta da studenti universitari dei
conservatori musicali. Alla celebrazione sono attesi numerosi Rettori delle
università di Roma e d’Italia, assieme a circa 10 mila studenti. Ma come nasce storicamente questo appuntamento?
Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Lorenzo Leuzzi, responsabile della
pastorale universitaria per la diocesi di Roma:
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R. – Direi che è una storia che viene da lontano, perché fin dall’inizio
del suo Pontificato, il Santo Padre ha voluto incontrare i giovani universitari
di Roma in preparazione al Santo Natale, penso anche per riprendere una sua
tradizione quando era arcivescovo di Cracovia.
D. – Qual è la situazione, la qualità degli studi, le difficoltà, il
contatto con il mondo del lavoro ...
R. – Direi che attualmente la situazione a Roma è molto migliorata,
perché la nascita di nuovi atenei – penso a Tor Vergata, a Roma Tre, atenei che
pian piano sono diventati sempre più grandi e anche con strutture
significative; e poi anche la presenza di numerose università private, libere -
credo che abbiano permesso l’innalzamento della qualità, almeno dal punto di
vista strutturale, della possibilità degli studi per gli studenti. Certamente,
siamo un po’ preoccupati perché ci accorgiamo che il livello culturale sta un
po’ scendendo. E questo perché c’è un’eccessiva preoccupazione a dare una
formazione universitaria eccessivamente professionalizzante. Certamente il
rapporto con il mondo del lavoro è importante, ma credo che sia importante anche
che la formazione universitaria mantenga quella visione di sintesi culturale
che è importante anche per affrontare le difficoltà e le sfide del mondo
globalizzato.
D. –
Qual è il contributo specifico degli atenei cattolici?
R. – A Roma, come si sa, ci sono due grandi atenei cattolici: c’è
l’Università Cattolica del Sacro Cuore con la Facoltà di Medicina e poi anche
il Corso inter-facoltà di economia; e la LUMSA. Poi, naturalmente, le
università pontificie. Credo che l’impegno più importante sia quello di
testimoniare come anche oggi il Vangelo sia capace di animare la cultura
contemporanea, ma tutto questo non dal punto di vista puramente teorico, ma
testimoniando in concreto che è possibile trovare soluzioni illuminate dal
Vangelo per le singole situazioni concrete, contemporanee. E penso che gli
atenei cattolici debbano e possano fare molto di più, soprattutto per dare
risposte concrete o orientamenti concreti alle problematiche sempre nuove della
società contemporanea.
D. –
Che consiglio vuol dare dai nostri microfoni agli studenti universitari?
R. – Vorrei dare il consiglio di non avere paura di far crescere insieme
la propria competenza scientifica o culturale con l’approfondimento della fede,
perché come il Papa ci ha ricordato nel messaggio per la prossima Giornata mondiale
della gioventù a Colonia, fede e ragione possono camminare insieme e
addirittura possono sostenersi a vicenda per raggiungere traguardi sempre più
alti nella ricerca ma anche nell’esperienza esistenziale concreta.
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La nostra emittente trasmetterà
in radiocronaca diretta la Santa Messa per gli universitari a partire dalle ore
17.30 - per la zona di Roma, in lingua italiana – sull’onda media di 585 kHz e
in modulazione di frequenza di 105 MHz.
NOMINE
In Honduras, il Papa ha nominato
vescovo coadiutore di Choluteca il reverendo Guido Plante, finora direttore
nazionale delle Pontificie Opere Missionarie e direttore della Formazione
Superiore degli Agenti Pastorali della diocesi di Choluteca.
In
Bielorussia, Il Pontefice ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di
Minsk-Mohilev mons. Antoni Dziemianko, vescovo di Lesvi, trasferendolo
dall’ufficio di ausiliare di Grodno.
PROMUOVERE UNA
POLITICA PER LA FAMIGLIA
CHE RISPETTI LA SUA NATURA DI UNITA’ FONDAMENTALE
DELLA SOCIETA’:
E’ L’ESORTAZIONE DELL’ARCIVESCOVO CELESTINO
MIGLIORE, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE
NAZIONI UNITE, IN UN INTERVENTO ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU
- A cura di Alessandro Gisotti -
La famiglia, “unità fondamentale della società”, è indispensabile per costruire
un futuro “di pace e sviluppo”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino
Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto
all’assemblea generale dell’Onu in una sessione di lavori dedicata alla famiglia.
Mons. Migliore ha sottolineato che la politica familiare deve essere la cornice
all’interno della quale vanno sviluppate le misure per “rispondere alle sfide
economiche e sociali dei nostri tempi”. D’altro canto, ha affermato che la
promozione familiare non deve ridursi ad una “statalizzazione della famiglia”.
Innanzitutto,
ha avvertito il presule, una vera politica per la famiglia “non deve
penalizzare coloro che desiderano avere dei bambini”. Ha così messo l’accento
sull’importanza dell’educazione delle nuove generazioni. Quindi, ha ribadito
che la famiglia è il “luogo primario della formazione del capitale umano”, e
perciò indispensabile per uno sviluppo economico durevole. L’osservatore vaticano,
che ha preso la parola al termine delle celebrazioni per il 10.mo anniversario
dell’Anno Internazionale della famiglia, ha infine ribadito l’impegno della
Santa Sede a sostegno del ruolo centrale della famiglia per l’esistenza stessa
della società.
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Apre
la prima pagina il Sudan. Sospese nel Darfur le operazioni dell'Onu dopo
l'uccisione di due operatori umanitari.
Sempre
in prima l'Iraq, dove non finiscono gli orrori: scoperta una nuova fossa comune
con 500 cadaveri.
Nelle
vaticane, la presentazione - a firma del cardinale Angelo Sodano - del volume
"Meditazioni sul Vangelo". Il libro - curato da Flavio Peloso - è
tratto dagli Scritti e dalla parola di San Luigi Orione.
Nelle
estere, l'intervento della Santa Sede sul decimo anniversario dell'Anno internazionale
della famiglia, durante la 59 sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni
Unite.
Nella
pagina culturale, un articolo di Walemar Turek dal titolo "Il 'De Civitate
Dei' di Agostino tradotto in coreano".
Per
l'"Osservatore libri" un articolo di Danilo Veneruso in merito a due
saggi - di Omer Bartov e di Gerhard Schreiber - dedicati al tema
dell'imbarbarimento bellico.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.
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14
dicembre 2004
IL CARDINALE RATZINGER E IL PRESIDENTE
DEL SENATO PERA
RILANCIANO IL DIALOGO TRA
CATTOLICI E LAICI IN EUROPA A PARTIRE DALLE RADICI CRISTIANE DEL CONTINENTE
Se vuole avere un futuro, l’Europa non può
rinnegare il suo passato, ma deve riconoscere le proprie radici cristiane. E’
questo in sintesi il punto di incontro cui giungono il cardinale Joseph
Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e il
presidente del Senato Marcello Pera nel libro “Senza radici” che raccoglie le
loro riflessioni sulla situazione spirituale, culturale e politica del Vecchio
Continente. Il testo contiene due discorsi tenuti dal cardinale e dalla seconda
carica della Repubblica italiana nei mesi scorsi e due lettere che si sono
reciprocamente inviati. Alla presentazione del libro, ieri a Roma, c’era per
noi Debora Donnini.
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Un’alleanza
tra cattolici e laici capace di superare i vecchi steccati. E’ quanto auspica
il presidente del Senato Pera che rileva una crisi di identità dell’Europa
sempre più in preda ad un linguaggio politicamente corretto e ad un relativismo
“secondo il quale le culture e le civiltà sono tutte equivalenti e non possono
essere messe in gerarchia”. Di fronte dunque alle grandi sfide che vanno dal
terrorismo al fondamentalismo islamico, dalla bioetica all’immigrazione è
necessario per Pera che l’Europa riscopra i genitori di cui è figlia, è
necessaria una alleanza fra laici e cristiani basata proprio sull’identità dei
valori perché è nel cristianesimo che trovano fondamento i valori della dignità
della persona della tolleranza e della libertà:
“Ho proposto questa collaborazione, ma l’ho
proposta - e desidero qui insistere su questo punto - non in funzione
antitetica, non per il fatto che oggi laici, liberali, cristiani devono tutti
rinchiudersi in una stessa trincea per difendersi o peggio ancora per attaccare
qualcuno … no, ma per riconoscersi figli di una stessa famiglia che
storicamente è la famiglia cristiana dell’Europa”.
Un dialogo
importante anche per il cardinale Ratzinger per il quale albero e radici hanno
bisogno l’uno dell’altro:
“Solo albero e radici insieme possono vivere,
essere forza vitale che crea futuro. E come si fonda questa tesi? La mia tesi è
che, diciamo, separata dalle sue radici, la cultura laica si assolutizza,
diventa intollerante, dogmatista. La ragione, che non ha più queste radici
nella fede storica, diventa una ragione esclusivamente funzionale e tecnica e
non ha più un ‘occhio morale’”.
“L’Occidente
– rileva ancora il porporato nel libro – tenta sì di aprirsi pieno di
comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede
ormai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado
di percepire ciò che è grande e puro”. L’Europa dunque ha bisogno di una nuova
accettazione di se stessa. Ma il cardinale Ratzinger sottolinea anche la
necessità di mostrare “il volto del Dio rivelato … del Dio che è talmente umano
che egli stesso è diventato uomo, un uomo sofferente, che, soffrendo insieme a
noi, dà al dolore dignità e speranza”.
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LA
COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO LANCIA UNA CAMPAGNA
PER DARE LA CITTADINANZA ITALIANA AGLI IMMIGRATI
ORMAI INTEGRATI NELLA VITA DEL PAESE
- Intervista con don Matteo Zuppi -
Nati e
vissuti in Italia, ma per lo Stato italiano non sono cittadini. E’ il paradosso
in cui si trovano a vivere quasi 250 mila giovani con genitori stranieri
immigrati. Altri 198 mila sono invece i minorenni che hanno raggiunto l’Italia
assieme ai loro genitori per risiedervi stabilmente. La comunità di Sant’Egidio
ha da tempo lanciato una campagna intitolata “Nuovi cittadini per l’Italia”,
diretta a modificare la legge sull’acquisizione della cittadinanza, che
permetta a questi ragazzi e ragazze cresciuti in Italia e perfettamente
integrati di godere appieno dei loro diritti di cittadini, quali di fatto sono.
Il commento è di don Matteo Zuppi, della comunità di Sant’Egidio, al microfono
di Stefano Leszczynski.
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R. – Sono di
fatto dei cittadini. Sono quelli che crescono con i nostri figli, che parlano
spesso soltanto l’italiano, che dimenticano o non hanno mai imparato la lingua
della loro famiglia. Crediamo che dare loro un futuro, con il diritto alla
cittadinanza, sia un modo per investire seriamente sul futuro, per non arrivare,
come purtroppo spesso accade, tardi rispetto ai fenomeni che già viviamo, che
impongono delle nuove regole, oltretutto regole di grande civiltà.
D. – Pensa che questo problema
si potrà risolvere in maniera veloce?
R. – Sui tempi, purtroppo, c’è
il problema di una volontà politica. Il senso del Convegno era questo, cioè
provare a mettere assieme le diverse forze politiche, sia della maggioranza che
dell’opposizione, perché si maturasse una decisione che andasse al di là degli
schieramenti. Questo problema non può avere schieramento, è un problema che
unisce tutti quanti, e, insisto, credo sia un problema di grande civiltà, di
chiarezza di regole, di applicazioni, per provare a far sì che le leggi
recepiscano la realtà.
D. – Che pensieri le fanno
venire in mente, quando sente un ragazzo o una ragazza, adolescenti che non
possono andare in gita con i propri compagni di scuola, perché hanno un
passaporto diverso o sono costretti ad attendere anni perché venga rinnovato il
permesso di soggiorno e non possono muoversi liberamente…
R. – Abbiamo scelto queste
diverse testimonianze proprio perché sono delle diverse tipologie. Un ragazzo,
per esempio, che in realtà è venuto in Italia quando aveva 5 anni e adesso ne
ha 13, parla un italiano perfetto e dice: “I miei compagni non ci credono che
io non sia italiano. Non credono che io non possa fare certe cose”. E nemmeno
noi ci crediamo che lui non possa fare certe cose. Oppure l’altro, il ragazzo
del Pakistan, che sogna di fare il carabiniere e che è uno dei primi otto del
suo liceo per la matematica. Credo che forse ci sia anche una convenienza che
diventino italiani, per provare a non diventare un museo, sempre più vecchio e
sempre più vuoto.
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OGGI LA
CHIESA CELEBRA LA MEMORIA DI SAN GIOVANNI DELLA CROCE
SACERDOTE E DOTTORE DELLA CHIESA, GRANDE MISTICO E
POETA SPAGNOLO
VISSUTO NELLA SECONDA METÀ DEL 1500
- Il servizio di Sergio Centofanti -
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San Giovanni della Croce nasce
nel 1542 a Fontiveros presso Avila da un nobile commerciante di seta e da una
tessitrice di umili origini. A soli due anni perde il padre e la madre si
trasferisce da un paese all’altro in cerca d’aiuto. Sono anni di sofferenze e
umiliazioni. Poco più che adolescente Giovanni si guadagna da vivere come
inserviente in un ospedale, ma ama lo studio e la preghiera. E’ un travagliato
periodo di discernimento: “A che serve – scriverà più tardi – che tu dia al
Signore una cosa quando te ne chiede un’altra? Medita su quello che Dio vuole e
compilo”.
A 21 anni entra nell’Ordine
carmelitano, ma trova una vita religiosa rilassata che non appaga la sua
ardente sete di Dio perché è convinto che “nella vita spirituale non progredire
vuol dire arretrare” e che “chi opera con tiepidezza è pronto a cadere”.
Decisivo l’incontro con santa Teresa d’Avila che lo convince ad attuare con lei
la riforma dell’ordine fondando i Carmelitani Scalzi sulla base di un alto
ideale contemplativo e missionario. Inizia con pochi amici passando il giorno a
pregare, a far penitenza, a predicare e confessare tra i poveri contadini delle
borgate, privi di qualsiasi assistenza religiosa. E’ un’opera che suscita
gelosie e persecuzioni, fino ad essere
rapito e imprigionato in un convento dai suoi stessi ex confratelli. In questo
periodo durato 9 mesi inizia a comporre le sue più importanti poesie mistiche:
“La salita al Monte Carmelo”, “Il Cantico spirituale”, “La fiamma viva
d’amore”, la celebre “Notte oscura”. “Nell’aridità e nella difficoltà - dice -
la virtù getta le sue radici”. Quando fugge porta a compimento la sua opera
riformatrice. Stremato dalla fatica muore a soli 49 anni baciando il Crocifisso.
La sua vita è stata segnata
dalla sofferenza sin dalla più tenera età.
Il suo sguardo però è rivolto non alla croce in sé ma sempre verso Gesù
che su quella Croce si è disteso: “chi non cerca la Croce di Cristo – afferma –
non cerca la gloria di Cristo”. “Per accedere alle ricchezze della sapienza
divina la porta è la Croce. Si tratta di una porta stretta - sottolinea - nella
quale pochi desiderano entrare mentre sono molti coloro che amano i diletti a
cui si giunge per suo mezzo”.
San
Giovanni della Croce è il mistico 'del nulla e del tutto': per arrivare al
tutto, che è Dio, occorre che l'uomo dia tutto di sé, non con spirito di
schiavitù, ma di amore. Celebri i suoi
aforismi: “L’anima che cammina nell’amore non annoia gli altri e non stanca se
stessa” e "dove non c'è amore, metti amore e ne ricaverai amore".Ed
esorta ad avere sempre presente il metro del giudizio finale: “Nella sera della
vita saremo giudicati sull'amore”. Canonizzato da Benedetto XIII il 27 dicembre
1726, viene proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI il 24 agosto 1926.
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14
dicembre 2004
lucia, santa vergine e martire: ieri le
celebrazioni
per
il 1700.mo anniversario del suo martirio, presenti
il
cardinale Crescenzio Sepe e l’arcivescovo di siracusa Giuseppe Costanzo
SIRACUSA.
= “Non tradite la testimonianza autentica e rigenerante della giovane Lucia”,
questo l’invito del cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli, nella cerimonia di apertura ieri, alla presenza
dell’arcivescovo della città Giuseppe Costanzo, dei festeggiamenti in onore del
1700.mo anniversario del martirio di Santa Lucia, vergine siracusana, vittima
della persecuzione di Diocleziano. Nella cattedrale di Siracusa, il presule ha
esortato i siracusani a rispondere con coraggio alla società di oggi, sempre
più segnata da sentimenti di egoismo e relativismo morale, incoraggiando i
siracusani a “rinnovare, custodire, tramandare, e partecipare il dono che
Cristo ha fatto ad ogni uomo, il dono della santità”. Nel pomeriggio, la
tradizionale processione con il simulacro in argento della santa patrona ha
chiamato a raccolta numerosi fedeli di ogni parte della Sicilia in un’atmosfera
di commossa partecipazione. Domani da Venezia arriverà a Siracusa il corpo
della Santa, che dopo aver attraversato le principali vie della città, resterà
esposto alla venerazione dei fedeli presso la Basilica di Santa Lucia al
Sepolcro, vicino al luogo dove la santa subì il martirio, fino al 22 dicembre.
E a Roma da ieri una scultura in vetroresina bianca che riproduce le fattezze
della giovane martire, illuminata da un sistema in fibre ottiche, celebra la
santa davanti alla chiesa di Santa Lucia del Gonfalone. "Una macchina alata
della luce per ricordare la Santa della luce e per superare la nostra
distrazione quotidiana dai valori della pace", così ha commentato la sua
creazione Cesare Esposito, ideatore della macchina. (S.C.)
25
ANNI FA LA MORTE DEL PADRE GESUITA RICCARDO LOMBARDI,
FONDATORE DEL SERVIZIO
DI ANIMAZIONE COMUNITARIA “UN MONDO MIGLIORE”.
- A cura di Roberta
Moretti -
ROCCA DI PAPA. =
Venticinque anni fa, il 14 dicembre 1979, moriva a Rocca di Papa, in provincia
di Roma, padre Riccardo Lombardi, gesuita, protagonista di una delle pagine più
intense della storia della Chiesa del secolo scorso. L’avvenimento sarà
ricordato con varie celebrazioni eucaristiche promosse dal servizio di
animazione comunitaria per un Mondo Migliore che, dalla morte del sacerdote,
porta avanti il suo progetto. Nato a Napoli il 28 marzo 1908 da famiglia
piemontese, padre Lombardi entrò giovanissimo nella Compagnia di Gesù e nel
1938 iniziò a predicare nelle università e nelle piazze italiane, invitando
tutti alla conversione personale e collettiva. Nel 1948, anno delle cruciali
elezioni politiche italiane in cui avvenne lo scontro diretto tra Democrazia Cristiana
e Partito comunista, prese forma la cosiddetta ‘Crociata della Bontà’ di
Lombardi, con cui annunciò a un’Italia uscita dalla guerra il bisogno di amore
e riconciliazione come presupposto per voltare pagina e costruire una nuova
civiltà non centrata sui regimi totalitari. Nel 1952 Papa Pio XII pronunziò il
proclama per ‘un mondo migliore’, indicando in padre Lombardi un elemento di
riferimento per un progetto di rinnovamento della Chiesa e della società. Negli
anni dopo il Concilio, la sua attività lo portò a formare un gruppo di
animazione ecclesiale presente oggi in Italia ed in una trentina di Paesi del
mondo con circa 600 componenti (tra cui 6 vescovi, 157 sacerdoti diocesani e 30
sacerdoti religiosi) che promuovono varie forme di animazione. Tra queste ci
sono progetti pastorali che coinvolgono milioni di persone in circa 100
diocesi: 8 in Africa, con oltre 3 milioni e mezzo di cattolici mobilitati, 65
in America Latina con 36 milioni di cattolici coinvolti, 8 diocesi in Oceania
con il coinvolgimento di circa 630 mila persone e 7 in Europa. L’obiettivo di
queste iniziative è un “catecumenato di popolo”, che non sia più solo un cammino
individuale, privato, intimista e soggettivo. (R.M.)
E’ stata
violata la tregua nel Darfur. A denunciarlo è l’Unione Africana.
Ad aggravare la situazione,
un nuovo episodio di violenza
che ha coinvolto due
operatori umanitari uccisi in un agguato.
- A cura di Rita Anaclerio -
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DARFUR (SUDAN). = “La violenza sta aumentando” nella
regione occidentale del Darfur. Lo ha detto Assane Ba, portavoce dell'Unione
Africana, aggiungendo che gli scontri stanno avvelenando l’atmosfera al tavolo
dei negoziati fra governo sudanese e gruppi ribelli che, da sabato scorso, si
tengono ad Abuja, in Nigeria. Secondo l’Unione Africana, che svolge un
importante ruolo di mediazione, dalle 13 violazioni registrate a settembre si è
passati alle 52 verificate nel periodo che va da ottobre ai primi di dicembre.
Sono ripresi intanto oggi, grazie all’intervento dell’Unione Africana, i
dialoghi di pace fra le due parti dopo l’interruzione di ieri da parte dei
gruppi ribelli. Questi sostenevano che non avrebbero proseguito le trattative
finché il governo non avesse bloccato i preparativi di una grossa offensiva ai
danni delle loro forze. Intanto, per cercare di risolvere la questione politica
che è alla base del conflitto, il ministro degli Esteri sudanese, Moustapha Ousman
Ismail, si è detto pronto a presentare ai colloqui di Abuja, una proposta che
prevede un “sistema federale” per il Darfur. L’instabilità della situazione in
Nigeria è stata aggravata, inoltre, da un nuovo episodio di violenza. Ieri due
operatori umanitari dell'organizzazione “Save
the children” sono morti mentre viaggiavano sulla loro auto, bersagliata da
colpi di arma da fuoco. Il portavoce dell’associazione umanitaria, David Throp,
ha reso noto che l'organizzazione ha sospeso le operazioni nel Darfur
meridionale mentre è in corso un'inchiesta. Dall'inizio del conflitto tra
Governo e ribelli nel febbraio 2003, più di 70.000 persone sono state uccise o
sono morte di fame e di malattia nel Darfur. Un altro milione e mezzo, ha dovuto
abbandonare terre e case, e vive in condizioni terribili nei campi profughi.
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APPELLO
DEL PRIMO MINISTRO DELLA TANZANIA, FREDERICK SUMAI,
IERI ALLA III CONFERENZA
NAZIONALE SULL’AIDS, PER UN MAGGIORE IMPEGNO DI TUTTI I SETTORI DELLA SOCIETÀ
NELLA LOTTA AL VIRUS,
CHE OGNI ANNO NEL PAESE
UCCIDE 140 MILA PERSONE
ARUSHA. = Serve un impegno congiunto da parte di
tutti i settori della società per combattere l’Aids che, sui circa 36 milioni
di abitanti della Tanzania, ne ha infettati 2 milioni e ne uccide 140 mila ogni
anno. Lo ha detto ieri il primo ministro tanzaniano, Frederick Sumay, aprendo
la III Conferenza nazionale sull’Aids ad Arusha, nel nord del Paese.
Sottolineando la diffusione “molto rapida” del virus, Fred Mhalu, presidente
della Società tanzaniana per l’Aids, ha specificato come esso colpisca in media
le persone tra i 15 e i 49 anni e che le donne rappresentano il 60% dei malati.
Durante i lavori della conferenza, che si concluderà domani e alla quale
partecipano un migliaio di delegati, è emerso anche il problema delle comunità
di pastori del nord. Infatti, secondo il commissario distrettuale di
Ngorongoro, Asseri Msangi, molti giovani ‘maasai’ e ‘sonjo’ che abbandonano i
pascoli per lavorare nelle città o nei centri minerari rischiano di contrarre
il virus e, al loro ritorno, di infettare le donne rimaste a badare alle
greggi. Da statistiche ufficiali diffuse dal distretto di Ngorongoro è emerso
che, su 360 persone sottoposte di recente al test dell’Aids, 80 sono risultate
sieropositive. (R.M.)
MIGLIORARE
LA QUALITÀ DELLA FORMAZIONE E DELLA VITA
NELLE COMUNITÀ RELIGIOSE,
PERCHÉ ESSE DIVENTINO EFFICACI “TESTIMONI DELL’AMORE DI DIO IN UN MONDO
DISGREGATO”.
E’ IL MESSAGGIO FINALE DEL
XII CONGRESSO DEI SUPERIORI MAGGIORI DEL SUD-EST ASIATICO,
TENUTOSI DI RECENTE A
BANGKOK, IN THAILANDIA
BANGKOK.
= Migliorare la qualità della formazione, ma anche quella della vita nelle
comunità religiose, perché esse possano farsi efficaci “testimoni dell’amore di
Dio in un mondo disgregato”. E’ quanto emerge dalla dichiarazione finale del
XII Congresso dei Superiori maggiori del sud-est asiatico (SEAMS), svoltosi nei
giorni scorsi a Bangkok, in Thailandia. L’incontro si tiene ogni tre anni per
promuovere lo scambio, l’aggiornamento e la collaborazione tra le superiore e i
superiori religiosi della regione. 56 i partecipanti provenienti da dieci Paesi
che hanno discusso su come rendere “più dinamici e profetici” i religiosi e le
religiose asiatici nei rispettivi contesti socio-culturali e quindi su come
aiutarli a contribuire meglio alla pace, alla promozione dei più deboli e al
dialogo con le altre culture e religioni nel continente. Dai dibattiti è
appunto emersa la comune convinzione sulla necessità di puntare su una
formazione più mirata e qualitativamente migliore, ossia, come precisa la dichiarazione
finale, su una formazione “integrale, che incoraggi la crescita intellettuale,
umana, sociale e spirituale” dei religiosi. In questo senso, si è parlato anche
di dare nuovo impulso alla dimensione “ascetica” della vita consacrata,
riscoprendo quindi pratiche oggi in parte cadute in disuso in molte comunità
come la rinuncia, il distacco e la mortificazione, come anche uno stile di vita
frugale. Non meno importante, secondo i partecipanti, infine, è la qualità
della vita consacrata: occorre, cioè, “una maggiore attenzione ai bisogni
individuali di ciascun membro e valorizzare il modo di stare insieme” nelle
comunità religiose. (L.Z.)
LANCIATA ON LINE IN CILE DALL’OPERA DELLA DIVINA MISERICORDIA
LA NUOVA
EMITTENTE RADIOFONICA “LA VOCE DELLA MISERICORDIA”,
PER DARE UN
SOSTEGNO SPIRITUALE ALLA GENTE E DIFFONDERE IL MESSAGGIO DI SUOR MARIA FAUSTINA
KOWALSKA
SANTIAGO DEL CILE. = Si chiama “La voce della Misericordia” la nuova
emittente radiofonica lanciata on line
nei giorni scorsi dalla parrocchia cilena delle Orsoline. “Si tratta di una
delle prime attività promosse dall’Opera della Divina Misericordia, che ha
scelto il Cile quale punto focale per le sue opere di carità e per diffondere
il messaggio di Santa Maria Faustina Kowalska”, hanno dichiarato i rappresentanti
dell’Opera. Obiettivo principale è quello di “dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati”, offrire
asilo ai bisognosi, visitare i detenuti e gli infermi. Non solo misericordia “corporale”, quindi, ma anche
spirituale, attraverso la preghiera e l’assistenza costante ai poveri. “La Voce della Misericordia” andrà
in onda inizialmente ogni quindici giorni e “durante le sue trasmissioni
affronterà diversi temi strettamente legati con i nostri principi e i nostri
valori”, ha sottolineato il responsabile, padre Milan Tišma. “Tutti i contenuti
– ha precisato il sacerdote – potranno essere riutilizzati gratuitamente per
dare la possibilità ad altre emittenti di promuovere il nostro messaggio”. E’
possibile seguire la programmazione collegandosi a www.lavozdelamisericordia.org.
(D.D.)
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14
dicembre 2004
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Un ennesimo
attentato nel centro di Baghdad, il ritrovamento di otto cadaveri a Mosul e la
scoperta di una nuova fossa comune nel Kurdistan iracheno. Sono gli ultimi
sviluppi della difficile situazione in Iraq sulla quale ci riferisce Amedeo Lomonaco:
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Ancora
un’autobomba nel cuore di Baghdad: lo stesso check point, teatro ieri di un
attentato suicida, è stato sconvolto stamani da un nuovo attacco costato la
vita ad una guardia nazionale irachena che stava perquisendo la vettura poi
esplosa. Sempre a Baghdad due ufficiali della polizia sono stati uccisi da
colpi di arma da fuoco. Gli attacchi della guerriglia continuano a devastare
anche la turbolenta provincia di Al Anbar, a nord della capitale: l’esercito
statunitense ha reso noto che due soldati americani sono morti, ieri, in
scontri tra insorti e forze della coalizione. Un’agghiacciante notizia arriva
poi dal Kurdistan dove è stata scoperta una nuova fossa comune dove potrebbero
essere stati sepolti oltre 500 cadaveri.
A Mosul la
polizia ha ritrovato, inoltre, i corpi di otto giovani uomini. Ed in questo
clima di violenze il capo di Stato maggiore americano, il generale Richard
Meyers, è arrivato a Baghdad, accompagnato da personaggi dello sport e dello
spettacolo, per far visita alle truppe statunitensi. Fonti militari americane
hanno annunciato che ogni famiglia decisa a tornare a
Falluja riceverà 500 dollari di indennizzo per la distruzione della città. In
vista delle elezioni del prossimo 30 gennaio è stato reso noto, intanto, che
settantanove liste hanno registrato la loro candidatura: si tratta di settanta
partiti e di nove coalizioni.
Sul
versante politico, il primo ministro Allawi ha annunciato la morte di un
luogotenente del terrorista giordano Al Zarqawi e ha dichiarato che comincerà
la prossima settimana il processo ad alcuni stretti collaboratori del deposto
presidente iracheno Saddam Hussein. Nel Paese arabo, dove oggi sono stati
sequestrati 4 cittadini del Kuwait, continua infine ad essere sempre più
difficile la situazione per i cristiani. Negli ultimi tre mesi sono circa 60
mila quelli fuggiti dall’Iraq verso la Siria e la Giordania e venerdì scorso è
stato ucciso a Ramadi un medico cattolico. I cristiani rimasti sono meno di 700
mila, il 3 per cento della popolazione.
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Nuova
incursione israeliana nei Territori palestinesi: durante l’operazione, condotta
nei pressi del campo profughi di Khan Younis, sono state distrutte dieci
abitazioni. Sul versante politico, è fallito nella notte, in Israele, un incontro fra esponenti
del Likud e del partito laburista impegnati a formare un governo unitario. I
contatti informali fra le parti sono comunque ripresi questa mattina. Il governo di Tel Aviv ha annunciato, inoltre, un ritiro
israeliano dalle città cisgiordane per 72 ore alla vigilia del voto
presidenziale palestinese del 9 gennaio prossimo. Israele ed Egitto hanno
firmato, intanto, un accordo commerciale per la produzione congiunta di beni
che potranno essere venduti negli Stati Uniti senza il pagamento del dazio.
L’opposizione
libanese, composta da cristiano maroniti e musulmani, ha chiesto le dimissioni
del governo di Beirut e la fine della presenza militare siriana in Libano. Ma
che significato dare a questa richiesta? Roberto Piermarini lo ha chiesto ad
Antonio Ferrari, inviato speciale in Medio Oriente del Corriere della Sera:
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R. - La richiesta che i militari
siriani se ne vadano il più in fretta possibile dal Libano non è solo sostenuta
dalla stragrande maggioranza del popolo libanese, ma è anche espressa
all’interno di una risoluzione dell’ONU. La Siria, in effetti, aveva detto che avrebbe
fatto dei passi molto importanti per ritirare le sue forze militari qualora la
situazione si fosse normalizzata. Ma è stato fatto tutto quello che si doveva
fare. Questa unione all’interno dell’opposizione, che riunisce sia cristiani
che musulmani, è ampia.
D. – Ecco, questa decisione ha
un valore sul piano interno libanese o anche a livello internazionale?
R. – Credo che ce l’abbia più
sul piano internazionale perché, ad esempio, tra le forze che chiedono a gran
voce il ritiro della Siria c’è anche quel gruppo cristiano legato al generale Michael Aun, che fu
uno dei protagonisti della fase finale della guerra civile. Aun, leader
cristiano, è stato primo ministro e si trova in esilio in Francia. E’ stato
anche uno dei protagonisti della campagna francese proprio contro la presenza siriana
in Libano. Nel Paese gioca un ruolo rilevante, appunto, l’influenza francese
che vede nel Libano, come Paese francofono, l’unico vero caposaldo
mediorientale. E’ evidente che la Francia vorrebbe accelerare questo tipo di
crisi all’interno del Paese che gode della sua protezione per cercare di
impedire ad altri di avere delle posizioni di forza nelle zone vicine. Qual è
l’argomento che l’opinione pubblica libanese più capisce, al quale è più
sensibile? E’ proprio quello della presenza siriana. Un segnale magari voluto
anche da forze internazionali che stanno prendendo posizione perché la situazione
in Medio Oriente è estremamente complessa.
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Un disastro
ferroviario ha causato, in India, 50 morti ed oltre 150 feriti. L’incidente,
provocato dallo scontro di due treni, è avvenuto nello Stato del Punjab, nel
nord del Paese. In India gran parte della rete ferroviaria è ancora regolata da
segnalazioni obsolete che sono attivate manualmente.
Le forze di
sicurezza afgane hanno dichiarato di aver arrestato ieri, nei pressi di
Kandahar, il capo delle guardie personali del mullah Omar. Il Pentagono ha
riconosciuto intanto la morte, in seguito ad abusi, di otto detenuti nelle prigioni
americane in Afghanistan.
Augusto Pinochet è stato
condannato agli arresti domiciliari ma la misura cautelare è stata sospesa fino
all’appello. L’ex generale cileno, accusato di sequestri ed omicidi durante gli
anni della dittatura, è stato condannato ieri da un tribunale di Santiago. Ce
ne parla Andrea Sarubbi:
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“Malato fisicamente, ma capace
di ragionare. E per questo, mentalmente abile ad essere processato in Cile”.
Non ha dubbi il giudice Guzman, l’unico magistrato ad aver interrogato Pinochet
dopo la revoca dell’immunità, e la sua sentenza apre la strada alla giustizia
più volte invocata dai familiari delle vittime. Quelle di cui si occupa il
processo sono 10: nove rapite e poi scomparse, una uccisa brutalmente. Tutte
nell’ambito del Piano Condor: un progetto per l’eliminazione dei dissidenti
avviato negli anni ’70 dalla Dina, i servizi segreti cileni, con l’aiuto di
Argentina, Uruguay, Brasile, Paraguay e Bolivia. Pinochet, sostiene il giudice,
ne fu il mandante, e per le associazioni umanitarie cilene è “una vittoria
della legge contro l’impunità”. Ma è comunque una vittoria solo simbolica,
almeno per ora: gli avvocati della difesa, infatti, hanno già fatto ricorso, e
gli arresti domiciliari sono stati sospesi fino all’appello.
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Una maggiore competitività è un obiettivo da centrare per
l’Unione Europea. Lo ha sottolineato il presidente della Commissione europea,
Barroso, durante un dibattito all’Europarlamento di Strasburgo incentrato sugli
orientamenti politici strategici del suo esecutivo. Per Barroso è necessario
adeguare e ammodernare il modello europeo tenendo presenti le nuove sfide che
emergono: tra queste, ha sottolineato quelle poste dall’invecchiamento della
popolazione e dalla globalizzazione.
Quattro persone sono state arrestate dalla squadra mobile
di Roma nelle indagini su una presunta organizzazione che proponeva viaggi in
Brasile a sfondo sessuale. A capo della banda figura il titolare di un’agenzia
di Fortaleza, in Brasile. La rete dell’organizzazione coinvolgeva anche ragazzi
e ragazze minorenni.
Dopo un mese di tregua, il nord Uganda è di nuovo al
bivio: scade infatti domani il cessate-il-fuoco concordato a novembre dal
governo e dal sedicente Esercito di resistenza del signore, il principale
gruppo ribelle. Parallelamente, la guerriglia e l’esecutivo sono impegnati in
una trattativa sull’avvio di colloqui di pace formali, dopo 18 anni di
violenze. Sul terreno continuano le violenze: almeno 18 ribelli sono stati
uccisi nei giorni scorsi in tre differenti scontri con l’esercito nel nord del
Paese. Sulla situazione dell’Uganda ascoltiamo padre Tarcisio Pazzaglia, missionario
comboniano a Kitgum, intervistato da Andrea Sarubbi:
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R. – Pur
vivendo nel nord Uganda, noi apprendiamo queste notizie più attraverso i
giornali che direttamente. La gente è a conoscenza di questi colloqui, ma sul
terreno non è cambiato molto: i ribelli continuano a procurarsi il cibo con la
forza e la gente vive ancora nei campi, dipendendo dagli aiuti che vengono
dall’esterno. La popolazione spera, ma fino adesso non c’è nessun risultato
concreto. L’unico motivo di speranza deriva, per il momento, dal fatto che - da
un po’ di tempo - le strade non sono più teatro di imboscate. Ma al di fuori
delle strade, l’insicurezza è ancora costante.
D. – Lei
ha detto che la gente spera. Quindi, c’è un po’ di speranza nel dialogo dopo 18
anni di guerra?
R. – C’è
speranza, ma è accompagnata da una certa sfiducia, perché tante volte le parti
hanno iniziato a dialogare senza arrivare ad un approdo. Non sono contatti
veri, con domande del tipo: “Cosa chiedete?”, “Cosa siamo disposti a dare?”…
non siamo ancora arrivati a quel livello. I ribelli prima hanno incontrato i
rappresentanti del governo; poi hanno chiesto di incontrare i rappresentanti
dei capi acholi tradizionali. Ora, sembra che vogliano incontrare anche
i leader religiosi: cattolici, protestanti e musulmani. Questi tre passi
potrebbero aprire la vera trattativa, nella quale si dovrebbe finalmente
prendere atto delle richieste della guerriglia e di cosa il governo sia
disposto a cedere.
D. – Joseph Kony, il
leader dei ribelli, non ha ancora parlato direttamente. Ha parlato il suo
numero due, Otty, ed ha detto: “Siamo disponibili a dei colloqui”. Ma dov’è
Kony in questo momento e cosa pensa?
R. –
Kony è in Sudan, dove sembra che si stia ancora combattendo. Ma lui non è
coinvolto direttamente in questi colloqui. Entrerà o non entrerà? È una domanda
alla quale nessuno è capace di dare una risposta.
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In Gran
Bretagna Nick Griffin, capo del partito di estrema destra ‘BNP’, è stato
arrestato perché sospettato di aver incitato l’odio razziale.
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