RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
348 - Testo della trasmissione di Lunedì 13 dicembre 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Ricevuto dal Papa il ministro degli esteri iracheno, Zebari. Ai nostri microfoni, il patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel Delly, lancia un appello ai cristiani e musulmani dell’Iraq: “Lavorino assieme per il bene del Paese”
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nuovi attacchi compiuti da estremisti islamici contro due
chiese cristiane in Indonesia
Dedicata alla
Beata madre Teresa una delle principali strade turistiche di Calcutta
Aperto
a Kathmandu il primo Forum per la pace in Kashmir
E-mail, un
nuovo modo per far arrivare immediatamente le preghiere di Natale in Terra
Santa.
Al ballottaggio delle presidenziali in Romania si profila una vittoria a sorpresa per il candidato dell’opposizione, il liberale Basescu
Filippine in stato d’allerta dopo l’attentato di ieri nella città meridionale di General Santos.
13
dicembre 2004
RICEVUTO
DAL PAPA IL MINISTRO DEGLI ESTERI IRACHENO, ZEBARI.
AI NOSTRI MICROFONI, IL PATRIARCA DI BABILONIA DEI
CALDEI, MMANUEL DELLY,
LANCIA UN APPELLO AI CRISTIANI E MUSULMANI DELL’IRAQ:
“LAVORARE ASSIEME PER IL BENE DEL PAESE”
- A cura di Alessandro Gisotti -
La difficile situazione in Iraq
e in Medio Oriente in primo piano, stamani, nell’incontro in Vaticano tra
Giovanni Paolo II e il ministro degli Esteri iracheno, Hoshiyar Zebari. Nel
colloquio – informa una nota del direttore della Sala Stampa Vaticana, Navarro-Valls
– è stata “deplorata ancora una volta la piaga dolorosa del terrorismo,
auspicando un rapido ritorno al rispetto dei valori morali che sono alla base
di ogni civiltà”. Zebari ha ringraziato il Papa e i suoi collaboratori “per
l’aiuto sempre dimostrato verso l’Iraq ed ha poi assicurato l’impegno del
proprio governo per promuovere la libertà religiosa e, in particolare, la
difesa delle comunità cristiane”. L’udienza di stamani è particolarmente
significativa. Fra poco più di un mese, infatti, sono in programma le elezioni
politiche irachene. Il servizio di Alessandro Gisotti:
********
Il
futuro dell’Iraq nel cuore di Giovanni Paolo II: quello con il ministro degli
Esteri è il terzo incontro del Papa, in poco più di un mese, con alte cariche
politiche dell’Iraq. Il 4 novembre scorso, Giovanni Paolo II aveva ricevuto in
Vaticano il primo ministro ad interim, Ayad Allawi. In quell’occasione aveva
incoraggiato il popolo iracheno ad impegnarsi per “ristabilire istituzioni
democratiche” realmente “rappresentative e impegnate a difendere i diritti di
tutti, nel completo rispetto delle diversità religiose ed etniche”. Il 15
novembre era stata la volta dell’udienza al nuovo ambasciatore dell’Iraq presso
la Santa Sede, Ismail Yelda. “La vera democrazia è possibile solo in uno Stato
regolato dalla legge”, fu il richiamo del Pontefice che, nel discorso al
diplomatico iracheno, sottolineò l’importanza cruciale delle prossime elezioni
in Iraq. Il 97 per cento della popolazione è di religione musulmana. Il 3 per
cento cristiana. Circa 300 mila iracheni sono di fede cattolica.
*******
Anche
oggi le notizie dall’Iraq riferiscono di una quotidianità segnata dalla
violenza. Intanto, l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, ha dichiarato
all’agenzia Fides che i cristiani della città nordirachena celebreranno il
Natale senza feste, preoccupati per il diffondersi della violenza fondamentalista
e per il continuo flusso migratorio di famiglie che lasciano il Paese. Per una
testimonianza su come la comunità cristiana dell’Iraq sta vivendo questo
difficile momento, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Baghdad il
Patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly:
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R. – La situazione in Iraq non
va bene. Anche se è migliorata rispetto ad alcuni giorni fa. Nonostante gli
attacchi contro le Chiese e contro l’episcopato di Mossul, nonostante le
minacce contro le case di devozione di Dio, nonostante tutto noi andiamo
avanti. Ci sono anche coloro che ci augurano del bene tra i musulmani, sciiti e
sunniti, e che ci hanno mostrato il loro dispiacere per quanto è accaduto.
Molti musulmani sono venuti da noi per dimostrare il loro dispiacere. Speriamo
che il Signore ci aiuti e ci dia la pazienza per continuare il nostro lavoro
apostolico presso le anime che ci ha affidato. Noi non dimentichiamo mai ciò
che il Santo Padre sta facendo per l’Iraq, affinché la pace e la sicurezza si
stabiliscano in questo Paese martoriato ormai da tanti anni.
D. – Fra un mese un mezzo
dovrebbero tenersi le elezioni, un appuntamento importante alla ricerca della
sicurezza e della pace per l’Iraq. Come guardano gli iracheni e, in
particolare, la comunità cristiana a questo evento?
R. – Io non vorrei distinguere
tra i cristiani ed i musulmani. Dobbiamo tutti cercare il bene del Paese. Tutto
ciò che possiamo fare per il bene del Paese, per la sua tranquillità, per la
sua libertà religiosa, lo faremo. Se le elezioni vanno in questa via, noi le
faremo. Speriamo che le elezioni saranno realmente libere, franche e dirette
soprattutto al bene del Paese.
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AMATE LA
VERGINE MARIA, COME MADRE DOLCISSIMA,
PER ESSERE SEMPRE PIU’ CONFORMI A CRISTO,
CHE TRA
POCO CONTEMPLEREMO BAMBINO NEL MISTERO DEL NATALE:
E’ QUANTO HA DETTO IL PAPA RICEVENDO I FIGLI DELLA
CROCE
“L’Immacolata continui a guidare
i vostri passi e vi renda sempre più conformi a Gesù che, tra qualche giorno,
contempleremo Bambino nel mistero del Santo Natale”.
E’ quanto ha detto il Papa
stamane ricevendo la Fraternità dei
Figli e delle Figlie della Croce. Si
tratta di un Istituto la cui spiritualità è”impregnata di devozione e di amore
alla Vergine Madre di Dio”.
“Amate la Madonna alla quale vi
siete totalmente consacrati – ha detto il Papa - e siate come Lei fedeli
discepoli di Cristo. Servite la Chiesa con entusiasmo, coltivando l’unità e la
piena sintonia con i Pastori delle Comunità cristiane alle quali offrite la
vostra cooperazione pastorale. Sarete così - ha concluso il Pontefice -
efficaci testimoni di Colui, che dall’alto della Croce ci ha tutti affidati
come figli alla sua dolcissima Madre”.
ALTRE UDIENZE
Stamane il Papa ha ricevuto in
successive udienze anche l’arcivescovo Martin Vidović, nunzio apostolico
in Bielorussia e mons. Julián Barrio Barrio, arcivescovo di Santiago de
Compostela in Spagna.
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Apre la
prima pagina il titolo "Il presepe: un elemento della nostra cultura e dell'arte,
ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è venuto 'ad abitare in
mezzo a noi' "; Giovanni Paolo II, durante l'Angelus Domini, benedice i
Bambinelli che nella Notte Santa verranno collocati nella Grotta per rivivere
il mistero del Natale.
Nelle
vaticane, l'udienza del Papa ai Membri della Fraternità dei Figli e delle
Figlie della Croce.
L'omelia
del cardinale Angelo Sodano durante la Concelebrazione Eucaristica presieduta
in occasione del 120° anniversario della presenza delle Figlie della Carità di
san Vincenzo de' Paoli in Vaticano. La Santa Messa ha avuto luogo nella Cappella
dello Spirito Santo della "Casa Santa Marta".
Nelle
estere, in evidenza l'Iraq: a Baghdad è stato compiuto un nuovo, sanguinoso
attentato suicida.
Nella
pagina culturale, d'apertura un articolo di Umberto Santarelli dal titolo
"Il bello e il faticoso della libertà".
Un
articolo di Giuseppe Degli Agosti in merito alla mostra mantovana di Palazzo Te
che espone capolavori di Tiziano, Giorgione e Caravaggio.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la finanziaria.
Il
tema della camorra.
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13
dicembre 2004
SCUOTE LE COSCIENZE
L’ULTIMO RAPPORTO DELLA FAO
SECONDO IL QUALE 5 MILIONI DI BAMBINI OGNI ANNO
MUOIONO DI FAME
- Intervista con Kostas Stamoulis -
“Dai da mangiare a colui che è moribondo per fame, perché se non gli avrai
dato da mangiare, lo avrai ucciso”. E’ quanto ricorda la
costituzione conciliare Gaudium et Spes che cita un pensiero dei Padri della
Chiesa. Un monito che oggi nel Terzo Millennio continua a scuotere le
coscienze, in particolare dopo la recente pubblicazione dell’ultimo rapporto
della FAO che ha lanciato questa denuncia: “La fame e la malnutrizione uccidono
ogni anno più di 5 milioni di bambini”. Le risorse per sfamare tutti ci sono
nel mondo. E’ solo una “questione di volontà politica e di priorità”, afferma
l’Agenzia dell’ONU. Ma sul rapporto della FAO ascoltiamo l’intervista di Eugenio
Bonanata a Kostas Stamoulis, capo del servizio settore agricolo nello sviluppo
economico dell’Agenzia:
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R. – I dati ci dicono che oggi
sono 815 milioni le persone nei Paesi in via di sviluppo affamate; il progresso
compiuto dall’inizio degli anni Novanta fino adesso è insufficiente: ci sono
solo nove milioni di affamati in meno, dal punto di vista numerico. Il secondo
messaggio è che possiamo veramente fare progressi. In questo Rapporto, noi
abbiamo messo in evidenza che ci sono 31 Paesi poveri che hanno fatto progressi
veramente rilevanti; dal 1990 ad oggi hanno compiuto grandi sforzi che hanno
prodotto anche risultati, cioè hanno ridotto la percentuale degli affamati
nella loro popolazione almeno del 25 per cento. Il terzo messaggio -
estremamente importante - è che per la prima volta inseriamo in questo Rapporto
il costo della fame. Il costo della fame è enorme, sia dal punto di vista di
vite umane che si perdono, sia dal punto di vista economico, cioè i costi che
la società deve sostenere per mantenere tante persone che hanno fame. Il costo
economico diretto della fame, il costo medico, eccetera ammonta a 30 miliardi
di dollari l’anno.
D. – Cinque milioni di bambini
muoiono di fame. Quante sono, invece, le donne malnutrite?
R. – Devo dire che una delle
principali cause dei problemi di salute di tanti bambini risiede nel fatto che
tante madri sono malnutrite. Ecco che nascono bambini sottopeso e se questo
problema non si risolve subito, li perseguiterà per tutta la vita.
D. – Ma quali sono le politiche
adottate dai Paesi che sono riusciti a diminuire la fame nel mondo?
R. – Prima di tutto, lo sviluppo
agricolo e rurale, cioè la loro stessa crescita agricola, è al di sopra della media
dei Paesi in via di sviluppo. Loro hanno ridotto l’ineguaglianza dell’accesso
agli alimenti. Tanti di questi Paesi, anche se più poveri, hanno programmi di
assistenza per prevenire che la gente soffra la fame.
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MILLESETTECENTO ANNI FA,
DURANTE LA PERSECUZIONE DI DIOCLEZIANO,
SANTA LUCIA, PATRONA DELLA VISTA, SUBIVA IL
MARTIRIO A SIRACUSA.
SOLENNI LE CELEBRAZIONI IN PROGRAMMA NELLA CITTA’
SICILIANA,
CHE CHIUDERA’ IL 20 DICEMBRE “L’ANNO LUCIANO”
DEDICATO ALLA MARTIRE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Da
quasi due millenni, 13 dicembre di ogni anno, la Chiesa fa memoria di Santa
Lucia, vergine e martire. Quest’anno, nel quale ricorrono i 1700 anni dal
martirio, la città natale della Santa, Siracusa, le tributa celebrazioni
religiose e feste civili di particolare solennità. Il 12 dicembre dello scorso
anno, l’arcivescovo della città, Giuseppe Costanzo, ha indetto un “Anno
Luciano” per ricordare la testimonianza di coerenza cristiana e di carità
offerta in vita dalla patrona della vista. Da ieri, e fino al 20 dicembre, nel
territorio della chiesa siracusana, per volontà del Papa, sarà possibile
lucrare l’indulgenza plenaria. Anche a Roma, gli appartenenti ad una delle più
antiche arciconfraternite, quella di Santa Maria Odigitria dei siciliani, hanno
in programma per oggi alle 18 una Messa in onore della Santa, che sarà
presieduta dal vescovo di Mazara Del Vallo, Calogero la Piana e dall’ausiliare
di Roma, delegato per le Arciconfraternite, Armando Brambilla. Un ritratto
della figura della Santa in questo servizio di Alessandro De Carolis.
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(Musica)
Una vita luminosa e tragica come
la parabola dei primi martiri e appassionante come un romanzo d’altri tempi.
Sfrondando dai “voli” poetici le pagine dell’agiografia antica, incline alla
citazione didascalica anche se inesatta, l’immagine che emerge di Lucia di
Siracusa è di una Santa coraggiosa e fedele al suo credo, uno dei tanti esempi
di eroismo cristiano che da duemila anni costellano la storia della Chiesa.
Lucia nasce in una cornice di agiatezza da una nobile famiglia cristiana di
Siracusa. Sono passati circa duecento anni dalla morte di Gesù di Nazareth a
Gerusalemme, ma contro i suoi seguaci sta per abbattersi l’ultima, grande
persecuzione voluta dall’imperatore Diocleziano trasformata in un bagno di
sangue da uno dei due “cesari”, Galerio. In Lucia, gli insegnamenti cristiani
mettono radice in modo profondo. Si appassiona alle Scritture, partecipa ai
riti nelle catacombe della sua città, le più estese dopo quelle di Roma. La sua
fede la porta a consacrarsi a Dio con voto di perpetua verginità, attratta
dall’esempio delle prime vergini martiri. E sulla tomba di una loro, S. Agata
di Catania, il cui culto è già molto diffuso, Lucia accompagna sua madre,
affetta da una incurabile emorragia. Secondo la Passio latina e il Martyrion
greco - i documenti che ne narrano la storia - durante la Messa, la Santa
catanese appare a Lucia e le assicura che la sua consacrazione a Dio otterrà la
guarigione alla madre. E così avviene.
Decisa a donare la sua parte di
ricchezze ai poveri e a servirli, Lucia – che oltre al patrimonio può contare
su una notevole avvenenza - suscita il rancore di un giovane innamorato che le
chiede di sposarlo, ma viene respinto. Il rancore muta in vendetta. Il giovane
denuncia Lucia come cristiana alle autorità. E’ il 13 dicembre del 304: la
persecuzione di Diocleziano vige da un anno e cesserà quello dopo. La giovane
siracusana viene arrestata e condotta davanti al prefetto della città,
Pascasio, il quale esercita su di lei ogni tipo di pressione perché la giovane
abiuri la propria fede. Lucia non cede e il martirologio, anche se storicamente
“non degno di fede”, descrive con toni vividi l’interrogatorio, con la ragazza
che tiene testa al prefetto punto per punto. L’irremovibilità di Lucia scatena
la violenza dei soldati che dapprima tentano di trascinarla in un postribolo,
senza riuscire a spostarla nemmeno tirandola con dei buoi. Quindi tentano di arderla
viva, ma olio e pece bollenti miracolosamente non la uccidono. La morte,
secondo la tradizione più accreditata, arriva per un colpo di spada. Prima di
spirare, Lucia riceve la comunione e profetizza la fine di Diocleziano e
l’imminente “pace per la Chiesa di Dio”. Nove anni appena dopo il suo martirio,
l’Editto di Costantino riconoscerà il cristianesimo come religione dell’impero.
(musica)
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LA CARITAS ITALIANA IN PRIMA
LINEA PER I POVERI E I PROFUGHI
DELLA EX REPUBBLICA SOVIETICA DELLA GEORGIA
- Intervista con l’arcivescovo Riccardo Fontana -
Una realtà di povertà estrema e
di sofferenza. E’ questa la situazione che ha trovato nella Georgia una
delegazione della Caritas italiana e umbra, appena rientrata da una missione
umanitaria in questa ex repubblica sovietica. La principale emergenza è quella
dei profughi: sono circa 250 mila, su una popolazione di 6 milioni di abitanti,
in maggioranza cristiani ortodossi.
Dovranno cercare di sopravvivere al duro inverno del Caucaso e alle
violenze di una guerra civile in corso nella regione dell’Ossezia del sud, dove
opera un movimento secessionista. La Caritas ha portato aiuti economici, generi
alimentari di prima necessità, indumenti invernali e medicinali, e si è
attivata anche per i tanti ragazzi abbandonati che vivono di espedienti nelle
città georgiane. Ma ascoltiamo la testimonianza dell’arcivescovo di
Spoleto-Norcia Riccardo Fontana, che ha guidato la delegazione. L’intervista è
di Michela Cubellis.
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R. – Abbiamo trovato una
situazione tale, nella quale la gente è costretta a vivere in estreme ristrettezze:
non c’è il necessario per vivere; i bambini vivono in case distrutte e sono
costretti a dormire con mezzo metro di neve fuori in ambienti dove mancano perfino
le finestre; manca la luce; manca il cibo. Le autorità del governo georgiano ci
hanno spiegato che non sono in grado, in questo momento, di provvedere a tutti
questi bisogni. Quindi, è necessario razionalizzare ed aiutare, poco per volta,
la gente a venir fuori dall’emergenza.
D. – La Chiesa cattolica come
cerca di operare in questo contesto?
R. – Direi che la Chiesa riesce
a fare grandi cose. C’è una percentuale alta di bambini che il direttore della
Caritas, un salesiano, sta cercando di raccogliere dalle fogne dove si
nascondono per riuscire a sfuggire al freddo. Commuove vedere questa piccolissima
chiesa diocesana, dove ci sono splendidi missionari venuti dall’Italia, e un
gruppo consistente di missionari venuti dalla Polonia. Tutti cercano di fare la
loro parte. L’impressione che si ha andandoli a visitare, al di là delle
difficoltà oggettive che hanno, è quella di una grande carità.
D. – Come vive la gente la
situazione del conflitto? C’è, al di là di tutto, una qualche speranza?
R. – Tutti quelli che
abbiamo incontrato hanno deprecato il conflitto; hanno detto di non
comprenderne le ragioni e di volere a tutti i costi vivere in pace con gli
altri. E’ stato molto bello quando siamo andati ad incontrare varie persone nei
villaggi dell’Ossezia del Sud, sentire questa gente che ci raccomandava di
andare anche dagli altri e di non abbandonarli, perché anche loro hanno
bisogno. Mi ha commosso una donna molta anziana che ci ha detto: “Ma siamo
cristiani o no?”. Era una vecchia cristiana ortodossa. Nella sua casa
distrutta, le era rimasta soltanto una piccola icona. Maria è davvero un filo
comune che ci collega tutti.
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PUBBLICATO POSTUMO IL LIBRO “DONO DI NATALE”
DEL
GESUITA PADRE GIOVANNI GIORGIANNI SCOMPARSO NEL 2001,
GIA’
RESPONSABILE DEL PROGRAMMA “ORIZZONTI CRISTIANI” DELLA RADIO VATICANA
-
Intervista con Marco Cardinali -
Svelare
la dimensione contemplativa della vita. E’ questo, secondo mons. Salvatore
Boccaccio, lo scopo del libro “Dono di Natale” di padre Giovanni Giorgianni,
pubblicato postumo e presentato nei giorni scorsi nei locali della nostra
emittente. Il testo raccoglie gli scritti del gesuita scomparso nel 2001 sul
mistero di Dio che si fa uomo, preparati per gli ascoltatori della trasmissione
“Orizzonti Cristiani” della Radio Vaticana, di cui padre Giorgianni è stato per
tanti anni responsabile. Il servizio di Roberta Moretti:
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(musica)
Due efficaci riflessioni sul
senso del Natale e due narrazioni a più voci sulla storia della Nascita di
Gesù, per un libro che fa rivivere il mistero dell’Incar-nazione attraverso
l’esperienza dei protagonisti e degli spettatori di un tempo. Un viaggio nella
gioia e nell’attesa, per contemplare con gli occhi di Maria e Giuseppe il
Figlio di Dio con noi. Ma quale tratto del carattere di padre Giorgianni emerge
maggiormente da questi scritti? Marco Cardinali, attuale responsabile di “Orizzonti
Cristiani”:
R. - Direi che
emerge tutto il suo carattere nella completezza; un carattere di persona
profondamente spirituale, unito ad un’umanità altrettanto profonda che era
condita da tanto amore per la letteratura, per l’arte e soprattutto per
l’umanità nella sua totalità. Chiunque si avvicinasse a padre Giorgianni
riceveva una parola che poteva riempire il cuore a livello umano e a livello
spirituale.
D. - Ma cosa rappresentava il
Natale per lui?
R. - Ricordo
questa tensione profonda che aveva nel far vivere il Natale come momento
privilegiato di gioia, ma tendeva a non fermarsi lì, perché il Natale è un Dio
che perde se stesso per diventare uomo, per autolimitarsi, in qualche modo.
Quindi, questo aspetto dell’umanità profonda e dell’amore profondo che Dio ci
dà.
D. - Un libro ricco di
esperienza e spiritualità, dunque, ma solo per chi sia disponibile a un
incontro ...
R. - Sono
pagine da meditare, da approfondire con calma, alla luce dell’attesa di questo
Natale che sta per arrivare.
(musica)
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13
dicembre 2004
Attacchi
contemporanei contro due chiese in Indonesia. Il Governo
aumenta le misure di
sicurezza durante il periodo natalizio
per paura di nuovi
attentati contro la minoranza cristiana
da parte di attivisti
islamici integralisti
- A cura di Rita Anaclerio -
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JAKARTA (Indonesia). = Nuovi
attacchi, ieri, contro due chiese cristiane a Palu, capoluogo della provincia
delle Sulawesi centrali, in Indonesia. La prima aggressione è avvenuta intorno
alle 19.15 locali, quando ignoti hanno aperto il fuoco contro la chiesa
protestante di Anugerah, nella città di Palu. Due persone, tra le centinaia che
seguivano la funzione domenicale, sono rimaste ferite e sono state trasportate
in ospedale. Quindici minuti più tardi un ordigno è esploso all’entrata della
chiesa di Immanuel, ferendo in modo grave una guardia. Il bilancio è di almeno otto
feriti. Il presidente
indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, ha ordinato al capo della polizia e al
ministro per la Sicurezza e gli Affari politici, di aumentare le misure di
sicurezza nei pressi delle chiese in tutto il Paese per evitare incidenti con
l’avvicinarsi delle festività natalizie. Già il 25 dicembre del 2000, infatti, attacchi contemporanei in diversi luoghi di culto
cristiani sparsi per il Paese provocarono 18 morti e un centinaio di feriti. Circa il 90 per cento dei 223
milioni di indonesiani sono musulmani, in stragrande maggioranza fedeli di un
Islam moderato. Ma esistono alcune regioni in cui le violenze contro i non musulmani
sono croniche, in particolare là dove i cristiani sono circa la metà della
popolazione. Negli ultimi mesi attivisti islamici integralisti a Celebes hanno
ucciso diversi cristiani per rivendicare l'applicazione della Sharia in
Indonesia.
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DEDICATA ALLA BEATA MADRE TERESA
UNA
DELLE PRINCIPALI STRADE TURISTICHE DI CALCUTTA
- A cura di Maria Grazia Coggiola -
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NEW DELHI. = Dopo tanti anni,
Calcutta, la città di adozione della Beata Madre Teresa ha dedicato una via
alla missionaria albanese, che tanto ha lavorato per i più poveri tra i poveri
della metropoli indiana. La popolare centrale Park Street, luogo di ritrovo
serale, è stata ribattezzata Mother Teresa “Sarani” (“Viale” in Hindi e altre
lingue indiane). E’ stato anche scoperto un busto in bronzo, che secondo le
autorità municipali sarà sostituito presto da una scultura in grandezza
naturale della suora premio Nobel per la pace. Il sindaco di Calcutta, Subrata Mukherjee, ha detto che l’idea di
dedicare la strada alla Beata è nata dopo una visita in Italia, a Napoli. “Ho
visto che c’era una strada e anche una statua dedicata a Madre Teresa”, ha
raccontato, “e mi sono sentito umiliato che qui a Calcutta nessuno avesse mai
pensato di fare lo stesso”. Alla cerimonia ha partecipato anche suor Nirmala,
che dopo la morte di Madre Teresa guida la Congregazione delle Missionarie
della Carità. “La Madre è vissuta qui dall’età di 18 anni fino a quando è stata
chiamata da Dio - ha detto - e ha fatto di questa città la sua casa”.
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“ISLAMOFOBIA PERICOLOSA COME
ANTISEMITISMO”.
COSI’ IL SEGRETARIO DELLA LEGA ARABA SULLA
RAPPRESENTAZIONE DELL’ISLAM
NEI TESTI STORICI EUROPEI SOTTOLINEANDO COMUNQUE
LA VOLONTA’ DI RAFFORZARE IL DIALOGO FRA ORIENTE E
OCCIDENTE
IL CAIRO. = L’islamofobia non è
meno pericolosa dell’antisemitismo. Lo ha dichiarato il segretario generale
della Lega Araba, Amr Mussa, intervenendo ad una conferenza al Cairo sulla
cultura araba e islamica nei testi scolastici di storia in Europa. Nella
relazione di apertura dell’incontro – promosso da vari organismi fra cui la
Lega Araba, l’Unesco e l’organizzazione islamica per l’istruzione, la cultura e
le scienze – Mussa ha affermato che l’immagine dell’Islam in occidente è “offuscata”
mettendo in risalto il rischio di un sempre maggiore divario fra mondo Occidentale
e Orientale. Tuttavia, Mussa ha lanciato l’invito a rafforzare il dialogo fra le due civiltà attuando la proposta del
primo ministro spagnolo, Luis Zapatero, favorevole per “un’alleanza fra le
civiltà”. Il ministro per l’Educazione egiziano, Amr Ezzat Shalamah, nel suo
intervento ha individuato nei programmi scolastici il mezzo per comprendere le
altre civiltà includendo anche l’uso dei più moderni metodi di apprendimento
come internet. Inoltre, in un messaggio letto da un suo portavoce, Abdel Aziz
Al Tuweijri, rappresentante dell’Isesco – detta anche l’Unesco Araba - ha
sollecitato a correggere le inesattezze contenute nell’enciclopedia islamica
distribuita in Europa. (E. B.)
APERTO A KATHMANDU IL PRIMO
FORUM PER LA PACE IN KASHMIR.
ESPONENTI DI ALCUNE PARTI COINVOLTE DISCUTONO
SULL’ ANNOSA DIATRIBA
CHE HA PORTATO INDIA E PAKISTAN AD INCROCIARE LE
ARMI PER TRE VOLTE
KATHMANDU. = Per la prima volta,
i rappresentanti di alcune delle parti coinvolte nel conflitto del Kashmir si
sono riuniti a Kathmandu, capitale del Nepal, per definire possibili soluzioni
all’annosa diatriba che vede India e Pakistan contendersi la regione del
Kashmir. La popolazione di questa zona, in larga maggioranza musulmana, è in
gran parte favorevole all’annessione al Pakistan, la cui popolazione è al 95%
musulmana. Nel Kashmir indiano, esiste un forte movimento armato
indipendentista che compie attentati principalmente contro l’esercito indiano.
L’incontro, che durerà tre giorni, è stato promosso dall’organizzazione
internazionale “Pugwash Conference”, insignita del premio Nobel per la pace nel
1995, che riunisce esperti di tutto il mondo nel campo della soluzione dei
conflitti e del disarmo. Al Forum partecipano circa 50 fra politici, capi di
organizzazioni, studiosi e giornalisti provenienti dal Pakistan e dall’India.
Tra gli ospiti anche rappresentanti del partito al potere nel Kashmir
pakistano, esponenti della coalizione di 23 organizzazioni indipendentiste e
della minoranza indù del Kashmir indiano. Sono invece assenti i rappresentati
dei gruppi armati e del governo di New Delhi. (E.B.)
PREGHIERE DI NATALE VIA E-MAIL IN TERRA
SANTA.
PERCHE’
NONOSTANTE TUTTO BETLEMME “CONTINUA AD ESSERE UNA CITTA’ DI PACE”.
TRA
GLI ORGANIZZATORI DELL’INIZIATIVA “PAX CHRISTI INTERNATIONAL”
GERUSALEMME. = C’è un nuovo modo
per far arrivare immediatamente preghiere di pace in Terra Santa: basta
inviarle all’indirizzo mail peace-message@paxchristi.net.
E’ questa l’iniziativa, in occasione del Natale, organizzata da “Pax Christi
International”, la “Comunità Internazionale di Riconciliazione”, “Iglesia y
Paz”, “Commission Justice et Paix” di Gerusalemme e la Conferenza delle
Commissioni europee di giustizia e pace. “Un modo importante per comunicare con
la gente che attende di ricevere parole di speranza”, sottolineano gli organizzatori
che ricordano come “per il quinto anno consecutivo, la gente in Terra Santa
celebrerà le feste natalizie in un contesto di paura che causa grandi sofferenze
alla popolazione”. Per questo i promotori invitano ad inviare da ogni angolo
del pianeta un desiderio o una preghiera di Natale per la pace a Betlemme. Le
e-mail ricevute saranno utilizzate come materiale educativo nelle scuole e come
base per preghiere interreligiose nelle case di preghiera. “Nonostante le
difficili condizioni derivanti dall’occupazione e dalle recinzioni - ricordano
gli organizzatori - Betlemme, luogo della nascita di Gesù Cristo, continua ad
essere soprattutto una città di pace”. Inoltre, il prossimo 22 dicembre, è
stata istituita la giornata di digiuno e di preghiera per la Terra Santa.
(R.A.)
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13
dicembre 2004
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Un posto di
controllo militare, solitamente usato dagli iracheni che lavorano per il
governo e la forza multinazionale, ed una coda di macchine in attesa di
oltrepassare il varco della cosiddetta “Zona verde”, l’area fortificata dove
sono ospitate le ambasciate straniere e la sede dell’esecutivo. E’ una scena
che si ripete tutti i giorni in Iraq nel centro di Baghdad, ma questa mattina
l’esplosione di un’autobomba è risuonata in tutta la sua drammaticità: almeno 7
civili sono morti per questo nuovo attacco suicida, rivendicato da un gruppo
legato ad Al Qaeda e avvenuto ad un anno dalla cattura di Saddam Hussein.
Violenze anche a Kirkuk, dove la
guerriglia ha ucciso un iracheno che lavorava come interprete per le truppe
statunitensi. Aerei
americani hanno bombardato, inoltre, un quartiere orientale di Falluja, dopo la
morte di sette soldati statunitensi assassinati ieri da ribelli, nella
provincia sunnita di Al Anbar.
Restiamo in
Medio Oriente, dove un altro check point - quello al valico di Rafah, al
confine con la Striscia di Gaza e l’Egitto - è stato teatro di scontri costati
la vita a cinque soldati israeliani e a due palestinesi. Ai combattimenti è
seguito un raid aereo compiuto, nella notte, da elicotteri dello Stato ebraico
contro il centro di Gaza. L’operazione militare, che fortunatamente non ha
provocato vittime, aveva come obiettivo un’officina probabilmente utilizzata
per fabbricare munizioni. La tensione resta alta anche in Cisgiordania, dove a
Nablus i militari israeliani hanno ucciso un esponente di Hamas. Sul versante
politico il leader palestinese Marwan Barghuti, in carcere in Israele con
cinque condanne all’ergastolo per terrorismo, ha ritirato la propria
candidatura alle presidenziali palestinesi del prossimo 9 gennaio.
L’Organizzazione
mondiale del commercio, ha approvato l’apertura dei negoziati per l’ingresso
nel WTO dell’Iraq e dell’Afghanistan. Ancora bloccata invece la posizione
dell’Iran: gli Stati Uniti, preoccupati dalle ambizioni nucleari iraniane,
hanno ribadito, infatti, di essere impegnati ad esaminare la richiesta del
governo di Teheran.
Proprio il
programma atomico dell’Iran e l’accordo sulla sospensione del programma di
arricchimento dell’uranio da parte dell’esecutivo di Teheran sono alcuni dei
temi al centro dell’odierno incontro a Bruxelles tra i ministri degli Esteri
dell’Unione Europea. Il vertice dei Venticinque, dedicato anche alla
preparazione del Consiglio Europeo di giovedì e venerdì prossimo, per
l’apertura dei negoziati volti all’adesione della Turchia, prevede in agenda
anche la situazione in Ucraina. L’UE ha già espresso compiacimento per la
decisione di ripetere il ballottaggio il prossimo 26 dicembre.
Risultato a sorpresa nelle elezioni in Romania.
A scrutinio quasi ultimato, il ballottaggio delle presidenziali di ieri vede in
testa Traian Basescu, ex sindaco di Bucarest e capo dell’opposizione. Basescu
ha ottenuto, finora, il 51,23 per cento dei consensi, superando il premier
uscente, Adrian Nastase, che ha riconosciuto la sconfitta. Sui motivi di questa
affermazione, Giancarlo La Vella ha parlato con il rumeno Grigòri Arbore,
membro del CNR e docente di Storia della cultura e della civiltà europea.
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R. – Il fatto che
prevalga Basescu non è del tutto sorprendente, perché il fatto che la
coalizione di governo sia logorata è assolutamente naturale.
D. – Su quali punti
del programma politico, secondo lei, Basescu sta avendo la meglio su Nastase?
R. – Non mi pare che
in discussione vi siano le differenze tra i programmi politici. Il governo
attuale è stato logorato dal modo di gestire il potere a vantaggio di gruppi di
interessi e, diciamolo pure, della nomenklatura prevalente negli ultimi 15 anni.
Questo fatto ha provocato la sfiducia di alcuni ceti della popolazione e credo
che, se al voto avessero partecipato gli emigranti romeni che sono adesso oltre
due milioni, probabilmente le opzioni a favore di Basescu sarebbero state
ancora più nette.
D. – Queste elezioni
si sono accavallate con l’arrivo della notizia che nel 2007 la Romania entrerà
nell’Unione Europea. Il Paese è pronto a questo passo secondo lei?
R. – Il Paese è
moralmente pronto. Da un punto di vista istituzionale ci sono certamente ancora
passi molto seri da compiere. La causa è sempre la molteplicità degli interessi
in gioco in un Paese in via di transizione, nel quale il processo di
privatizzazione è il solo processo che produce ricchezza e polarizzazione della
ricchezza. Sotto questo profilo, la Romania deve ancora percorrere delle tappe
per cercare di consolidare i meccanismi di difesa della legalità e
dell’applicazione delle normative europee. Senza dubbio, la Romania tra il 2005
e il 2006 farà i passi necessari.
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In Turchia, il
leader populista del Partito giovane, Cem Uzan, è in stato di fermo giudiziario
in relazione alla bancarotta, presumibilmente fraudolenta, della Banca “Imar”.
Filippine
in stato d’allerta, dopo l’attentato di ieri nella città meridionale di General
Santos. Una bomba è esplosa in un mercato, provocando 15 morti e 58 feriti. Le
indagini si sono dirette immediatamente sul terrorismo islamico, ma non si
escludono altre piste, come conferma padre Bernardo Cervellera, direttore di
Asia News:
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R. – Non è detto che
si tratti di terrorismo islamico, perché in questa zona molto spesso ci sono
vendette private, caratterizzate da aspetti “mafiosi” e da conflitti di
interessi economici. È anche vero, però, che tutta l’area è da anni sotto il
tiro sia dei gruppi di Abu Sayyaf, sia dei gruppi del Moro Islamic Liberation
Front. In questo periodo, il governo ed il gruppo del Moro hanno fatto di tutto
per trovare una via verso la pace. È probabile che gruppi di Abu Sayyaf e
gruppi islamici fondamentalisti cerchino, invece, di attizzare il fuoco per una
rottura di questi dialoghi.
D. – Gli
investigatori non escludono, però, che sia stato proprio il Fronte Moro per
vendicare l’uccisione di un suo leader otto giorni fa. È un’ipotesi plausibile?
R. – Il Moro non è
sempre molto unito. Ci sono tantissimi gruppi al suo interno, e dipende un po’
dai rapporti che hanno con il governo e dagli aiuti che ricevono dal governo
stesso. È una situazione, effettivamente, molto sfrangiata, ma bisogna comunque
sottolineare che nessuno finora ha rivendicato questo attentato.
D. – Uno dei temi
ricorrenti della presidenza di Gloria Arroyo è la sicurezza. Come mai le
Filippine non riescono ad essere un Paese sicuro?
R. – Il problema è
che la sicurezza è molto difficile da mantenere in un arcipelago così grande e
così disseminato, che ha tanti signorotti locali e tante polizie private. È un
Paese abbastanza fragile dal punto di vista della sicurezza: punta molto
sull’amicizia con gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo teme che proprio questa
amicizia possa intensificare le azioni del fondamentalismo islamico.
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Segno di
apertura da parte della giunta militare al potere in Myanmar, ex Birmania. Dopo
le pressioni della Comunità internazionale, il governo di Rangoon ha rimesso in
libertà altri due leader dell’opposizione. Resta invece agli arresti
domiciliari il premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi. Attualmente, sono circa
5000 i detenuti che si trovano nelle prigioni del Myanmar.
I prezzi del
petrolio invertono la rotta e tornano a scendere. A New York, la quotazione è scesa a 40,45
dollari al barile, mentre a Londra il Brent è valutato 37,3 dollari. Rispetto
allo storico record toccato lo scorso ottobre, il prezzo del Brent in Gran
Bretagna è attualmente diminuito di circa il 28 per cento. La tendenza al ribasso
è determinata, tra i vari fattori, dalla prospettiva di una stagione invernale
mite che dovrebbe permettere di accumulare le scorte.
Paura ieri sera in Spagna nello stadio di
Madrid, il Santiago Bernabeu. A due minuti dal termine della partita di calcio
tra la formazione della capitale, il Real Madrid, e quella basca del Real
Sociedad, sono stati fatti evacuare i circa 70 mila spettatori. La decisione è
stata presa dopo la minaccia di un pacco bomba, lanciata dall’Eta con una
telefonata al giornale basco ‘Gara’. Fortunatamente si è trattato di un falso
allarme. Sulla strage di Madrid dell’11 marzo, il primo ministro Zapatero ha intanto dichiarato davanti alla
commissione di inchiesta, che la responsabilità esclusiva della tragedia, nella
quale sono morte oltre 200 persone, è da attribuire al terrorismo islamico
internazionale.
In Portogallo, il
presidente Jorge Sampaio ha accettato le dimissioni presentate dal primo
ministro Pedro Santana Lopes.
La firma di una dichiarazione comune, che
stabilisca la divisione del potere e delle risorse in Darfur: è l’obiettivo dei
colloqui che si sono aperti questa mattina ad Abuja, in Nigeria. Vi partecipano
i rappresentanti del governo sudanese e dei due gruppi ribelli coinvolti nel
conflitto: il Movimento per la Giustizia e l’uguaglianza ed il Movimento per la
Liberazione del Sudan. È il primo incontro fra le parti sotto l’egida
dell’Unione africana.
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