RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 347 - Testo della trasmissione di domenica 12 dicembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il presepe è un segno di fede in Dio che viene ad abitare in mezzo a noi, ma è anche un elemento della nostra cultura: così il Papa oggi all’Angelus. Giovanni Paolo II invita i cristiani a gioire per l’avvicinarsi del Natale: “Il Signore è vicino e viene a salvarci”

 

Si apre domani a Roma il VII Congresso internazionale della pastorale per i circensi e i lunaparchisti: intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuovi combattimenti nell’est del Congo. Il Ruanda è accusato di aver inviato truppe nell’area. Il conflitto causa ogni giorno più di 1000 morti: ce ne parla padre Valerio Shango

 

La guerra di camorra a Napoli: la gente vuole reagire ma chiede l’aiuto dello Stato. La testimonianza di padre Giuseppe Nicodemi

 

A Roma la Convention dei giovani universitari europei: intervista con Rocco Cifarelli e Andrew Cook

 

La pace: condizione necessaria allo sviluppo sostenibile delle montagne. E’ il tema della Giornata internazionale della montagna che si celebra in questi giorni: con noi Giacomo Santini

 

Ventinovesima edizione per la Mostra dei “100 presepi” a Roma. La rassegna, nelle sale del Bramante, sarà aperta al pubblico fino al prossimo 9 gennaio: ce ne parlano il cardinale Francesco Marchisano e Mariacarla Menaglia

 

CHIESA E SOCIETA’:

Milioni di pellegrini a Città del Messico per la festa della Vergine di Guadalupe, Patrona di tutta l’America

 

La consacrazione alla Vergine di Loreto della regione Marche

 

Liberati 300 prigionieri in Myanmar, l’ex Birmania

 

Un corso di cultura cristiana per i cattolici di Tashkent

 

Curare gratuitamente i bisognosi. E’ l’iniziativa dell’Organizzazione odontoiatri cattolici

 

24 ORE NEL MONDO:

Il candidato dell’opposizione ucraina sta per lasciare la clinica di Vienna dove è stata confermata la tesi dell’avvelenamento e promette: il regime ha le ore contate

 

Aperte le urne in Romania per il ballottaggio tra il premier Nastase e il sindaco di Bucarest Basescu

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 dicembre 2004

 

 

IL PRESEPE E’ UN SEGNO DI FEDE IN DIO CHE VIENE AD ABITARE IN MEZZO A NOI,

 MA E’ ANCHE UN ELEMENTO DELLA NOSTRA CULTURA: COSI’ IL PAPA OGGI ALL’ANGELUS. GIOVANNI PAOLO II INVTA I CRISTIANI A GIOIRE PER L’AVVICINARSI DEL NATALE: “IL SIGNORE E’ VICINO E VIENE A SALVARCI”

 

Il Papa oggi all’Angelus ha invitato i cristiani a gioire per l’avvicinarsi del Natale e ha ricordato che il presepe è un segno di fede in Dio che si è fatto uomo per salvarci, ma è anche un elemento della nostra cultura. Quindi, com’è tradizione, ha benedetto i “Bambinelli” del presepe portati dai pellegrini, molti dei quali ragazzi, in una piazza San Pietro inondata di sole. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Il Papa ricorda che “in molti luoghi è già in allestimento il presepe, come… in Piazza San Pietro”. “Piccolo o grande, semplice o elaborato – ha detto -  il presepe costituisce una familiare e quanto mai espressiva rappresentazione del Natale”.

 

 “E’ un elemento della nostra cultura e dell’arte ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è venuto ad abitare in mezzo a noi” .

 

Come ogni anno, Giovanni Paolo II ha benedetto i “Bambinelli”, portati in piazza San Pietro da tanti giovani, che nella Notte Santa li collocheranno  nei presepi, dove – ha detto – “si trovano già san Giuseppe e la Madonna, silenziosi testimoni d’un sublime mistero”. “Con il loro sguardo d’amore – ha sottolineato il Papa -  essi ci invitano a vegliare e pregare per accogliere il divino Salvatore, il quale viene a recare al mondo la gioia del Natale”.

 

E’ la stessa gioia – ha aggiunto - che “ci esorta a pregustare l’odierna terza domenica di Avvento, chiamata domenica Gaudete” che in latino vuol dire “rallegratevi”: prende spunto infatti dall’antifona d’ingresso della Messa di questa Domenica tratta da una Lettera di San Paolo là dove dice: «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino». Il Papa ribadisce questo invito alla gioia chiedendo “alla Vergine dell’attesa che sia vivo nei cristiani e in tutti gli uomini di buona volontà il desiderio di incontrare il Signore ormai vicino”, che “viene a salvarci”.

 

Dopo l’angelus Giovanni Paolo II ha ricordato che oggi si celebra nella Diocesi di Roma, la Giornata per la costruzione di nuove chiese nelle periferie. “In questi ultimi anni – ha sottolineato - ben 54 comunità hanno potuto avere una nuova chiesa, ma almeno altre 20 restano ancora in attesa. Ha quindi incoraggiato “ad essere generosi, perché tutti possano trovare un luogo in cui crescere nella fede e nella vita cristiana”.

 

Infine il Papa ha invitato tutti a partecipare martedì prossimo, 14 dicembre, alle ore 17 e 30, alla celebrazione che presiederà nella Basilica di San Pietro per gli universitari degli Atenei romani.

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SI APRE DOMANI A ROMA IL VII CONGRESSO INTERNAZIONALE

DELLA PASTORALE PER I CIRCENSI E I LUNAPARCHISTI

- Intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto -

 

Domani si apre a Roma il VII Congresso Internazionale della Pastorale per i Circensi e i Lunaparchisti, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il dicastero vaticano ha il compito di promuovere una pastorale specifica della mobilità umana, e quindi anche quella a favore della gente dei circhi, dei luna park e delle fiere. Tema del Congresso è “Accogliere i circensi e i fieranti: dalle diversità alla convivialità delle differenze”. Giovanni Peduto ne ha parlato con l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del dicastero:

 

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R. - La prima parte del tema del Congresso, che è “accogliere i Circensi e i Fieranti”, indica che lo scopo principale che ci proponiamo è di studiare il tipo di accoglienza che la Chiesa locale, la comunità cattolica e la parrocchia devono e possono offrire a queste persone che sono di passaggio, in continuo spostamento. La seconda parte del tema del Congresso, cioè “Dalla diversità alla convivialità delle differenze”, mostra che l’accoglienza da mettere in atto deve saper apprezzare i valori che contraddistinguono queste persone e deve cercare di agevolare la convivialità tra le diverse culture, religioni, ma anche mentalità e abitudini. Per quanto riguarda i Congressi precedenti, possiamo dire che il primo incontro specifico per questa categoria di persone si è svolto nel 1985 e da quella data la cura della Chiesa ha acquistato una propria identità specifica.

 

D. - Quali sono le connotazioni peculiari della vita di circensi, fieranti, lunaparchisti?

 

R. – La loro principale caratteristica è quella della mobilità – come dicevo - si trasferiscono da una città all’altra, spesso in occasione delle feste patronali, per una fiera o altre manifestazioni. Lavorano per molte ore al giorno per farci considerare la vita anche come festa. Sono sempre disponibili, aperti al dialogo, a contatto con il pubblico di ogni età, per offrire distrazione, gioco, allegria. Molti di loro, specialmente i circensi, sentono il lavoro come un’arte, una vocazione, trasmessagli in eredità dai loro “vecchi”. Arte-vocazione, dunque, molto di più che un mezzo per vivere. Il loro ruolo è quello degli artisti, addetti ai circhi, della gente delle fiere, dei luna park, degli addetti ai parchi di divertimento, dei madonnari, delle bande musicali ecc...

 

D. – Cosa fa già la Chiesa e cosa si può fare di più?

 

R. – Negli Stati Uniti d’America vi sono per esempio quattro suore di due Congregazioni religiose che accompagnano i circhi, vivono nelle roulotte e creano con la loro presenza una comunità di preghiera. E’ significativo. Esse sono testimoni di fede e dell’amore di Cristo in un ambiente di lavoro, di spettacolo, non privo di ansie, insicurezze e in costante mobilità. La presenza delle suore facilita naturalmente il ministero dei cappellani. Una di queste suore, nata da una famiglia circense, parlerà ai nostri congressisti. La Chiesa deve fare molto di più anche per informare e sensibilizzare le comunità che li accolgono al fine di superare innanzitutto l’indifferenza che possono provare nei loro confronti, di non chiudersi per difendere il proprio modo di vivere, di non temerli come forestieri o stranieri, ma di essere a loro volta aperte, accoglienti, solidali.

 

D. – Circensi, fieranti, lunaparchisti hanno qualcosa da insegnarci?

 

R. – Lo spettacolo che loro offrono è diretto a tutti i componenti della famiglia, dai piccoli agli anziani. A tutti offrono un tempo di allegria, un momento di gioia, un motivo per dimenticare lo stress. Il loro insegnamento? Pur nelle difficoltà della vita, si può cercare di dare sollievo agli altri almeno con un sorriso. Il loro allenamento quotidiano, fatto di sforzo e rinunzie, può anche insegnare, soprattutto alle giovani generazioni, abituate ad avere facilmente tutto e subito, quanto valore abbia l’impegno, l’applicazione e la fatica. Solo un lungo allenamento in effetti può ripagare e portare frutti.

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 dicembre 2004

 

 

NUOVI COMBATTIMENTI NELL’EST DEL CONGO.

IL RUANDA E’ ACCUSATO DI AVER INVIATO TRUPPE NELL’AREA.

IL CONFLITTO CAUSA OGNI GIORNO PIU’ DI 1000 MORTI

- Intervista con padre Valerio Shango -

 

Intensi combattimenti sono segnalati nell’est del Congo-ex Zaire. A fronteggiarsi sono fazioni rivali dell’esercito congolese. Nell’area la tensione sarebbe risalita a causa della presenza di militari del vicino Ruanda, già ipotizzata in questi giorni dallo stesso presidente ruandese Kagame con lo scopo di colpire le basi in Congo dei ribelli ruandesi di etnia hutu. Secondo un recente rapporto sono più di 1000 le persone che ogni giorno muoiono per la guerra in Congo, definita la prima guerra mondiale africana per il coinvolgimento di numerosi Paesi del Continente. Ma sulla situazione nell’est del Congo Eugenio Bonanata ha sentito padre Valerio Shango, portavoce dei vescovi congolesi in Italia:

 

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R. – L’est del Congo è stato sempre controllato da un partito politico con l’appoggio continuo del governo ruandese. E’ per questo motivo che noi confermiamo che l’esercito ruandese è presente nel territorio congolese sin dal 1996. Nonostante gli sforzi dell’ONU e della comunità internazionale, che hanno chiesto il ritiro immediato di queste truppe, questi ultimi continuano ad uccidere i civili congolesi.

 

D. – Ma è possibile in qualche modo definire le ragioni delle diverse parti in causa?

R. – Le ragioni sono economiche, tutto il resto sono bugie. Kagame quando vuole ingannare la comunità internazionale, inventa che lì ci sono dei ribelli. Eppure è lui che controlla tutto quel territorio. Alla fine abbiamo capito che la guerra odierna è solo per motivi economici, per lo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo congolese, tutti minerali che il Ruanda non possiede.

  

D. – La popolazione civile come vive questa situazione?

 

R. – Tantissime sono le famiglie che oggi sono divise; tanti sono scappati dall’est e tanti sono gli orfani. Poi c’è la diffusione del virus dell’Aids ad opera dei militari ruandesi, ma anche ugandesi.

 

D. – A livello diplomatico ci sono stati dei contatti tra i governi del Congo e del    Ruanda?

 

R. – C’è stato un ultimo incontro in Tanzania, con i Paesi interessati della zona dei Grandi Laghi. Ma per Kagame non conta la comunità internazionale, perché si sente protetto dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e anche dal Belgio. C’è una forma di complicità internazionale per mantenere in modo perpetuo questa presenza ruandese, che non consente al Congo di preparare elezioni democratiche nel 2005.

 

D. – Qual è il ruolo delle Nazioni Unite?

 

R. – Le Nazioni Unite dovrebbero far rispettare il diritto internazionale, ma invece non appoggiano nemmeno l’apertura di un tribunale per poter giustamente stabilire se Kagame è colpevole. E’ giusto che la comunità possa sanzionare il Ruanda o i militari ruandesi implicati nello sterminio dei congolesi. Quindi, si parla troppo di un dispiegamento delle truppe dell’Onu, ma non si vede niente in sostanza.

 

D. – Ma la Chiesa cosa sta facendo in questo momento?

 

R. – I vescovi stanno premendo perché il Paese possa andare alle urne. Il Paese ha bisogno di stabilità, di un governo autorevole. Inoltre, i vescovi pensano pure di organizzare qualche conferenza sui Grandi Laghi per trovare una soluzione fatta di umanità e che possa promuovere una grande riconciliazione, una libera circolazione delle persone, come era una volta in quella zona.

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LA GUERRA DI CAMORRA A NAPOLI:

 LA GENTE VUOLE REAGIRE MA CHIEDE L’AIUTO DELLO STATO

- Intervista con padre Giuseppe Nicodemi -

 

Continua a Napoli e provincia la guerra di camorra. Ieri in diversi agguati 4 uomini sono stati assassinati: tra questi Francesco Alfieri, fratello dell’ex boss, ora collaboratore di giustizia, Carmine Alfieri. Due delle vittime, sono decedute in nottata in seguito alle ferite. E altre due abitazioni sono state incendiate. Tra i quartieri più colpiti da questa guerra tra clan camorristi è Secondigliano. Ma la gente ha voglia di reagire? Fabio Colagrande lo ha chiesto a don Giuseppe Nicodemi, parroco della chiesa di Sant’Antonio di Padova nel quartiere di Secondigliano:

 

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R. - A Secondigliano tutta la popolazione, la stragrande maggioranza, ha  voglia di reagire e di far risorgere il quartiere e partecipa anche a tutte quelle attività e iniziative che la Chiesa locale intraprende per la resurrezione del quartiere. Se Secondigliano non è ancora esplosa è proprio merito della pazienza dei cittadini. Ma fino a quando si può abusare della pazienza di questi cittadini? Perché tutte le attività che attengono alle autorità pubbliche non vengono mai messe in atto.

 

D. - Quindi vi sentite in qualche modo abbandonati dallo Stato?

 

R. - Sì, c’è un enorme distacco tra i bisogni della gente, il parlare e il pensare della gente, e le istituzioni.

 

D. - Per i giovani di Secondigliano i boss della malavita restano un modello importante da imitare?

 

R. - Questo è un grosso rischio. Se questo ritardo da parte delle autorità dovesse durare ancora, conosciamo i guasti che avvengono nella mente dei giovani. I boss possono certo essere dei simboli, possono essere dei leader da seguire, ma perché i giovani vedono dall’altra parte il vuoto, l’assenza delle istituzioni.

 

D. - Cosa significa preparare la comunità di fedeli di Secondigliano al Natale, in una città che ha avuto più di cento morti dall’inizio dell’anno?

 

R. - Significa prepararlo ancora meglio, nel testimoniare che la fede ci dice che il Salvatore verrà a liberarci. Eduardo De Filippo diceva: “Ha da passà ‘a nuttata”, deve finire questa notte. I nostri messaggi sono sempre quelli di speranza, nel credere con tutte le nostre forze che la salvezza comunque avverrà. Io penso che questa sia una parentesi bruttissima, ma che dobbiamo superare con tutte le nostre forze.

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A ROMA LA CONVENTION DEI GIOVANI UNIVERSITARI EUROPEI

- Intervista con Rocco Cifarelli e Andrew Cook -

 

E’ iniziata ieri nella Capitale, con l’arrivo dell’icona Maria Sedes Sapientiae da Londra, la II Convention europea dei giovani universitari, promossa dalla pastorale universitaria del Vicariato di Roma in preparazione della XX Giornata mondiale della gioventù, che si svolgerà nell’agosto 2005 a Colonia, in Germania. Gli incontri che hanno come tema centrale “L’intelligenza come dono e come compito”, si concluderanno martedì con una solenne celebrazione eucaristica presieduta da Giovanni Paolo II per gli universitari degli atenei romani. 150 gli studenti stranieri arrivati nella capitale in rappresentanza delle 20 delegazioni europee. Ascoltiamo la testimonianza di Rocco Cifarelli studente all’università di Bari e rappresentante della delegazione italiana al microfono di Marina Tomarro:

 

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R. – Noi proveniamo dall’Università degli studi di Bari. Bari ha una sua vocazione naturale all’ecumenismo. Quindi è molto importante per una città come Bari testimoniare la propria fede e allo stesso tempo aprirsi anche ad una dimensione europea e quindi guardare con speranza e non con una forma di chiusura mentale anche verso i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

 

D. – Tu come cerchi di vivere il tuo essere cristiano oggi?

 

R. – Noi, anzitutto, partecipiamo ad un percorso formativo all’interno della nostra cappella universitaria, gestita dai padri gesuiti, e poi ci dedichiamo anche a qualche attività di volontariato attraverso varie associazioni, anche cattoliche, presenti sul territorio barese. Inoltre cerchiamo anche di organizzare qualche evento culturale con la partecipazione di professori universitari di ispirazione cattolica.

 

D. – Ma secondo te la fede cattolica può rappresentare un punto di unione tra le università europee?

 

D. – Credo che la fede possa unire tutti gli studenti universitari europei attraverso appunto quelle che il Papa ha più volte richiamato “radici cristiane”. Queste radici cristiane sono testimoniate dalla chiese, dai monumenti sparsi nelle nostre città, ma anche da quel valore che noi diamo alla persona umana e dal quel rispetto della dignità umana che è presente anche nelle nostre carte costituzionali.

 

Ma cosa vuole dire essere cristiani oggi, all’interno delle università europee? Ascoltiamo Andrew Cook, studente dell’Heythrop College dell’Università di Londra:

 

R. – BEING A CRISTIAN…

Essere cristiano nelle università europee, rappresenta per me l’importante opportunità di far parte di una comunità dove posso incontrare persone con una comunanza d’intenti guidate da una fede comune.

 

D. – Come vivete la vostra cristianità nella tua università?

 

R. – THERE IS THE MASS...

Celebriamo la messa che è la parte centrale del nostro cammino, poi insegniamo il catechismo ai bambini, organizziamo eventi per i cattolici, e nelle festività come segno di comunione, noi universitari cattolici pranziamo insieme.

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LA PACE: CONDIZIONE NECESSARIA ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE MONTAGNE.

E’ IL TEMA DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA MONTAGNA

CHE SI CELEBRA IN QUESTI GIORNI

- Intervista con Giacomo Santini -

 

“La pace base dello sviluppo sostenibile delle montagne”: su questo tema si celebra in questi giorni la giornata internazionale della montagna volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle montagne per la vita dell’intero pianeta e sulla necessità di migliorare le condizioni di vita di chi vi abita. Oltre un quarto della superficie terrestre è costituito da montagne, abitate dal 12% della popolazione mondiale spesso ridotta in condizioni di povertà. Ma come mai proprio la “pace” è stata scelta come tema della giornata di quest’anno? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Giacomo Santini, presidente della fondazione italiana Montagna.

 

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R. – C’è una statistica terrificante che ci ha esortati, ci ha spinti, a fare questa dedica particolare. Il 70 per cento dei conflitti nel mondo oggi si svolgono in zone di montagna. Tutto questo significa non solo che la gente muore anziché vivere, ma che non c’è lavoro, non c’è un’economia, non c’è sviluppo. Ecco il titolo quindi: “Pace come valore di uno sviluppo sostenibile in montagna”.

 

D. – Come mai, secondo lei, proprio la montagna è teatro di guerre?

 

R. – Chiaramente l’ambiente è l’elemento principale. E’ un ambiente esotico, difficile da vivere. Generalmente le montagne dividono i Paesi, sono zone di frontiera e quindi automaticamente zone di conflitto. E’ sempre stato così nella storia. Esiste già una situazione ambientale di sopravvivenza da parte delle persone che vivono in montagna, che la guerra rende chiaramente ancora più difficile.

 

D. – In questi casi la montagna viene vissuta più come un problema. In che modo può essere vissuta come risorsa, in questi stessi contesti?

 

R. – E’ il nostro slogan: noi dobbiamo aiutare la montagna a compiere questo passo importantissimo. Innanzitutto vanno rivalutate le sue risorse, va rivalutato il ruolo dell’uomo, ma soprattutto le risorse vanno messe in rete fra di loro. Vi sono molti settori nella montagna che sono ricchi di risorse e che però non dialogano e non hanno un sistema di rete. Mettere in relazione questi settori significa creare un sistema.

 

D. – Quanta sensibilità c’è nei confronti della montagna in Italia?

 

R. – La sensibilità è molto accesa, in quanto vi sono ben 4 mila e 500 comuni in montagna che sono qualificati appunto come comuni di montagna. Il 70 per cento del nostro territorio è di montagna. La montagna ha bisogno soprattutto di attenzione, di considerazione e soprattutto di una spinta.

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VENTINOVESIMA EDIZIONE PER LA MOSTRA DEI “100 PRESEPI” A ROMA

LA RASSEGNA, NELLE SALE DEL BRAMANTE, SARA’ APERTA

AL PUBBLICO FINO AL PROSSIMO 9 GENNAIO

- Intervista con il cardinale Francesco Marchisano e Mariacarla Menaglia -

 

Per le strade del mondo si respira l’aria del Natale e in Italia, a Roma, presso le Sale del Bramante, è nuovamente sbarcata la rassegna dei “100 Presepi”. La mostra, giunta alla sua 29.esima edizione e posta sotto l’Alto Patronato del presidente della Repubblica, sarà aperta al pubblico fino al prossimo 9 gennaio. A partecipare alla mostra dei “100 Presepi”, che presenta quest’anno 164 sacre rappresentazioni, dodici regioni d’Italia e diciotto Paesi dell’Europa, del Sud America e dell’Asia. Riproposto, anche per l’edizione 2004, il laboratorio per i bambini “Il presepe come Gioco”. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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(Musica)

 

In un mondo sovente troppo veloce e tecnologico, dove la fruizione immediata di tutto spesso rischia di far sbiadire la memoria, la mostra dei “100 Presepi” è un’occasione mirabile per riconquistare la dimensione del tempo e della contemplazione. Fino al prossimo 9 gennaio, i visitatori potranno immergersi nell’atmosfera della Betlemme di oltre 2000 anni fa e riscoprire il messaggio di amore che Cristo reca agli uomini del mondo. Come ogni anno, la rassegna dell’Urbe promette tradizione e originalità, proponendo una carrellata delle culture e dei sogni di uomini accomunati da un’unica fede e da comuni impeti di solidarietà. Ma cosa ha da dire la Natività al mondo contemporaneo? Abbiamo girato la domanda al cardinale Francesco Marchisano, arciprete della Patriarcale Basilica Vaticana.

 

R. - Ci sarebbero da dire tante cose, ma dobbiamo pensare che è stata annunciata la pace e quindi, la Natività, soprattutto oggi, deve annunciare agli uomini che in Cristo si trova la vera pace.

 

D. – Qual è il suo personale augurio di Natale per i popoli del mondo?

 

R. – E’ l’augurio che fa Gesù Bambino nascendo. In questo mondo che sta passando un momento così difficile, così contrastato, alle volte quasi incomprensibile, possa veramente nascere la stella che annuncia la pace dei popoli nella fraternità.

 

Nelle sale capitoline del Bramante, si alternano così i presepi classici dell’Ottocento romano o del Settecento napoletano e siciliano, quelli pugliesi in cartapesta, quelli multicolore dell’America Latina, quelli di fantasia, realizzati con conchiglie, corallo, fili di rame, ed ancora quelli “gastronomici”, costruiti con dolci al miele, pasta, arachidi, riso e legumi. A Mariacarla Menaglia, direttore della mostra dei “100 Presepi”, abbiamo chiesto di illustrare le novità della rassegna.

 

R. - Tutti questi presepi sono nuovi, quindi sono 164 novità.

 

D. – Facciamo un passo indietro: qual è la storia dei 100 presepi? Come è nata?

 

R. – E’ nata da un’idea di mio padre Manlio Menaglia, capo ufficio stampa della Croce Rossa Italiana. Negli anni ‘70 la tradizione del presepe era andata un po’ scemando, si vedevano sempre più alberi di Natale … Allora lui ha dato vita, insieme con alcuni amici, quasi per gioco, a questa iniziativa. E’ molto bello, infatti, vedere le locandine dell’epoca: 20 presepi, 30 presepi. Insomma, erano proprio delle mostre piccolissime. La cosa importante che vuole sottolineare questa iniziativa è che in ogni famiglia, a Natale, ci dovrebbe essere un presepe.

 

(Musica)

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CHIESA E SOCIETA’

12 dicembre 2004

 

 

MILIONI DI PELLEGRINI A CITTA’ DEL MESSICO PER LA FESTA DELLA VERGINE

 DI GUADALUPE, PATRONA DI TUTTA L’AMERICA

 

CITTA’ DEL MESSICO. = Migliaia di volontari per accogliere milioni di fedeli che sono giunti nella capitale messicana per la Memoria della Beata Vergine di Guadalupe, Patrona di tutta l’America. Un culto fortemente sentito in tutto il Continente e che è ulteriormente cresciuto dopo la canonizzazione dell’indio Juan Diego, avvenuta il 31 luglio 2002, quando il Papa si recò in Messico. In questi giorni  ricorre il 473° anniversario dalla prima apparizione della Vergine all’umile indigeno sulla collina di Tepeyac dove oggi sorge la Basilica di Nostra Signora di Guadalupe. Lì è conservata l’immagine della Vergine morenita che, ogni anno circa 20 milioni di fedeli, accorrono a venerare. La reliquia è legata alla penultima apparizione della Madonna quando Juan Diego, dopo aver raccolto il suo mantello, pieno di petali di rosa,  si accorse che vi era impressa l’effige della Vergine meticcia. Una mantello, la tilma, di fibra d’agave che inspiegabilmente accoglie ancora oggi, nonostante la deperibilità del materiale, la figura di Nostra Signora di Guadalupe, la “Vincitrice sul Serpente” secondo il significato indigeno della parola. Dal santuario mariano più grande del mondo, si leva oggi con forza il messaggio di amore e pace di Maria portato con semplicità ed umiltà dall’indio Juan Diego. Il Papa durante la Messa di canonizzazione aveva sottolineato come l’evento guadalupano significhi “l’inizio dell’evangelizzazione in Messico”. Juan Diego accogliendo il messaggio cristiano ha facilitato-ha detto il Papa- l’incontro fecondo di due mondi diventando un protagonista della nuova identità messicana, intimamente unita alla Vergine di Guadalupe, “il cui volto meticcio esprime una maternità spirituale che abbraccia tutti i messicani”. Ancora oggi da questo Santuario si leva il semplice messaggio guadalupano, il paradosso cristiano, che il Papa ha ricordato pregando di fronte l’immagine della Vergine morenita: “Dio ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli”. (B.C.)

 

 

LA CONSACRAZIONE ALLA VERGINE DI LORETO DELLA REGIONE MARCHE.

L’HA PROMOSSA IERI LA CONFERENZA EPISCOPALE MARCHIGIANA

IN RICORDO DEL 150° ANNIVERSARIO DELLA PROCLAMAZIONE

DEL DOGMA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

 

LORETO. = “Grazia e benedizioni alle diocesi marchigiane” è quanto il Papa ha augurato nel messaggio inviato, mediante l’arcivescovo di Loreto mons. Angelo Comastri, in occasione della consacrazione alla Madonna Lauretana della Regione Marche, avvenuta ieri nella Basilica di Loreto, ed in ricordo del 150° anniversario del dogma dell’Immacolata Concezione proclamato dal Beato Pio IX. Un dogma attuale per mons. Comastri che ha invitato a vivere profondamente l’atto di consacrazione a Maria “perché è lei che ci porta a Gesù”. Durante la mattinata di studi e riflessioni, i vescovi insieme ai fedeli, hanno sottolineato come sia possibile attualizzare il dogma dell’Immacolata. Il Padre canossiano Amedeo Cencini ha ribadito che la vicenda di Maria e di Giuseppe sia “ordinaria e normale” ed ha indicato la necessità di “puntare ad una pastorale della santità originale e non del peccato originale”. Infine, Padre Cencini ha precisato che “bisogna stare attenti alla pretesa di conquistare con le proprie forze ciò che invece è dato come dono gratuito da Dio: la fede”. (B.C.)

 

 

LIBERATI 300 PRIGIONIERI IN MYANMAR, L’EX BIRMANIA. IL GOVERNO DI YANGON

HA ANNUNCIATO LA SCARCERAZIONE DI ALTRE 5MILA PERSONE DETENUTE

ILLEGALMENTE DALL’INTELLIGENCE NAZIONALE

 

YANGON. = Con la scarcerazione di oltre 300 prigionieri detenuti nel carcere di Yangon, il più grande dei 40 esistenti, salgono a 14.318 le persone liberate nelle ultime settimane dalla giunta militare del Myanmar, l’ex Birmania. Tanti i parenti e gli amici dei detenuti che hanno atteso all’uscita del carcere i loro congiunti, trasportati su autocarri militari. Soltanto ieri, era stato dato l’annuncio in televisione della scarcerazione dei prigionieri, considerati dal governo “irregolarmente detenuti” dal servizio militare di sicurezza dell’ex primo ministro Khin Nyunt, rimosso dall’incarico a metà ottobre. Il National Intelligence Bureau era stato accusato più volte di metodi sommari e di costringere in prigione migliaia di persone anche oltre il tempo stabilito. Riconosciute dunque dalla giunta militare le irregolarità commesse si è proceduto alla liberazione dei detenuti. Non è chiaro se tra questi vi siano anche prigionieri politici: quel che è certo è che il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, paladina del movimento democratico, rimane agli arresti domiciliari. Gli osservatori internazionali esprimono perplessità sull’ondata di scarcerazioni. (B.C.)

 

 

UN CORSO DI CULTURA CRISTIANA PER I CATTOLICI DI TASHKENT,

 IN UZBEKISTAN, PAESE A MAGGIORANZA MUSULMANA

 

TASHKENT. = L’ultimo corso di cultura cristiana si è concluso lo scorso 7 dicembre nella capitale uzbeka, stando a quanto ha riferito l’agenzia Asia News. Da febbraio, la Chiesa cattolica si è mobilitata per organizzare una serie di lezioni in forma di seminari sulla Sacra Scrittura e sulla teologia morale. I 150 anni dalla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione sono stati al centro dell’ultimo corso nel quale si è ripercorsa la storia del dogma e del culto della Vergine. I parroci delle varie città dell’Uzbekistan hanno illustrato inoltre le direttive da seguire nel cammino di fede spiegando ai loro fedeli la Lettera Apostolica “Mane Nobiscum Domine”. I cattolici nel Paese, che conta 25 milioni di abitanti in maggioranza musulmana, sono soltanto poche migliaia, l’1% i cristiani ortodossi. Secondo Asia News, molti dei cattolici sarebbero stati battezzati da piccoli in segreto durante il periodo sovietico, ma non ne sarebbero al corrente.

 

 

CURARE GRATUITAMENTE I BISOGNOSI. E’ L’INIZIATIVA DELL’ORGANIZZAZIONE

 ODONTOIATRI CATTOLICI, PRESENTATA IERI A ROMA

 

ROMA. = La rete delle parrocchie segnalerà agli odontoiatri cattolici le persone maggiormente indigenti e bisognose di cure poi si procederà alla terapia gratuita. E’ quanto ha annunciato l’Organizzazione Odontoiatri cattolici (OCI) che così intende puntare al legame tra eccellenza professionale e solidarietà. Su questo punto è intervenuto, nel corso di un incontro tenutosi alla sala del Commendatore del Pio Istituto Santo Spirito di Roma, anche il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana mons. Giuseppe Betori. Il presule ha anche ricordato che l’OCI, che conta più di mille iscritti, è nata nell’anno del giubileo del 2000 e nel settembre 2004 è stata riconosciuta come associazione ecclesiale di rilevanza nazionale. Durante la riunione, gli odontoiatri hanno ricordato che loro unità mobili saranno presenti in diverse zone italiane dove è maggiore il disagio sociale e in vari Paesi del terzo Mondo mentre è già partita un’iniziativa a favore dei bambini del Madagascar. Infine, è stata assegnata la presidenza onoraria dell’OCI alla memoria di Andrea Benagiano, fondatore della scuola odontoiatrica romana ed ex dentista personale di Papa Paolo VI. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 dicembre 2004

 

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Sono contento di essere vivo. Lo ha detto poco fa il leader dell’opposizione ucraina, Viktor Yushchenko, aggiungendo che “il governo di Kiev attualmente al potere sta vivendo i suoi ultimi giorni”. Il medico che ieri ha confermato la tesi dell’avvelenamento da diossina, ha annunciato intanto che Yushchenko lascerà oggi pomeriggio la clinica di Vienna. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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“Nel sangue c’è una concentrazione di diossina mille volte superiore al normale”. E’ la diagnosi emessa dal primario della clinica dove è ricoverato il candidato filo occidentale, Yushchenko. Il paziente - ha aggiunto il medico - non è stato contaminato accidentalmente e la somministrazione della diossina è avvenuta per via orale. Da questo quadro clinico si ricava, dunque, una constatazione allarmante: secondo gli esami medici, che si basano sui cambiamenti cutanei del viso e sui reperti sanguigni e istologici, Yushchenko è stato avvelenato. Ma da chi? La procura di Kiev ha aperto un’indagine per tentato omicidio. Lo stesso leader politico ha più volte denunciato di essere stato vittima di un complotto ordito dai suoi avversari. La moglie di Yushchenko ha dichiarato, inoltre, che il marito ha avvertito i primi malesseri dopo una cena, lo scorso 5 settembre, alla quale era presente anche il capo dei servizi segreti. Scettici, invece, i sostenitori del candidato filo russo Yanukovic: “La diossina - sostengono - non è un veleno con effetto immediato, la sua tossicità si incrementa con gli anni ed è impossibile che una dose provochi un avvelenamento già il giorno successivo”. Ma da quella sera di settembre la fisionomia del leader dell’opposizione si è trasformata. Ed il suo volto gonfio, paonazzo e sfigurato tinge ancor più di giallo gli esiti del ballottaggio, vinti da Yanukovic e successivamente annullati per brogli dalla Corte Suprema. Adesso l’Ucraina si prepara alla consultazione del prossimo 26 dicembre, un appuntamento probabilmente cruciale per il futuro dell’ex Repubblica sovietica.

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In Romania sono iniziate stamani le operazioni di voto per scegliere il presidente che uscirà dal ballottaggio tra il premier social democratico Adrian Nastase ed il leader dell’opposizione, il sindaco di Bucarest Traian Basescu. Al primo round delle presidenziali, caratterizzate da denunce di brogli, Nastase aveva ottenuto il 41 per cento dei voti, mentre Basescu  aveva conquistato il 34 per cento delle preferenze. Sulle odierne elezioni rumene, ascoltiamo Emiliano Bos:

 

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I 18 milioni di elettori rumeni non lo hanno ancora eletto, ma il capo di Stato che uscirà dal voto di queste presidenziali porterà il Paese in Europa. L’appuntamento è per il 2007 insieme alla Bulgaria, passando per la firma del trattato di adesione con Bruxelles già fissata per l’anno prossimo. E’ questo lo scenario di fondo del ballottaggio per l’elezione del nuovo presidente. Favorito è l’attuale primo ministro, Adrian Nastase, un professore di Diritto internazionale, riformista raffinato, e filo occidentale, che dal 2000, da quando cioè è a capo del governo, guarda all’Unione Europea come sbocco naturale di un processo di transizione democratica durato 15 anni. Tanti infatti ne sono passati dalla caduta del regime di Ceausescu, nel 1989. Ora che la Romania si è scrollata di dosso l’etichetta di Paese comunista ed è entrata a pieno ritmo nei meccanismi dell’economia occidentale, Nastase si propone come l’erede del presidente uscente Ion Iliescu, avendo anche raggiunto il traguardo dell’ingresso nella Nato. Ma secondo il candidato dell’opposizione, Traian Basescu, il Paese è ancora povero e ha bisogno di sradicare la corruzione presente a tutti i livelli. A capo dell’Alleanza Giustizia e Verità, lo sfidante di Nastase chiede di prestare maggiore attenzione alle esigenze sociali dei cittadini. Sette i punti di vantaggio del premier che al primo turno ha ottenuto quasi il 41 per cento delle preferenze. Appare dunque difficile per Basescu riuscire a rovesciare i consensi a proprio favore, anche perché secondo alcuni giornalisti della radiotelevisione statale il governo social democratico di Bucarest avrebbe esercitato forme di controllo dell’informazione a proprio vantaggio durante la campagna elettorale.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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In Israele il partito laburista ha avviato i negoziati con lo schieramento di maggioranza, il Likud, per la formazione di un governo di unità nazionale. L’ingresso della formazione di centro sinistra nell’esecutivo di Ariel Sharon eviterebbe lo svolgimento di elezioni anticipate e sarebbe determinante per l’applicazione del piano di ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza e dal nord della Cisgiordania, fortemente voluto dal primo ministro. Il partito laburista, interessato in particolare ai dicasteri dell’Interno, delle Infrastrutture e dell’Istruzione, ha già reso noto di rinunciare ai ministeri chiave degli Esteri, della Difesa e delle Finanze, che invece resteranno al Likud. La radio israeliana ha anticipato inoltre che al leader laburista, Shimon Peres, dovrebbero essere affidate diverse responsabilità, tra le quali la supervisione della Commissione dell’Energia Atomica e del Consiglio di sicurezza nazionale. L’emittente radiofonica ha anche annunciato che il governo di Tel Aviv libererà alcuni detenuti palestinesi.  La decisione è stata presa dopo il rilascio anticipato dell’israeliano Azzam, condannato per spionaggio a 15 anni di lavori forzati in Egitto. Ma a questa notizia si deve anche aggiungere il dramma di una nuova operazione militare: nei Territori, infatti, cinque bambini palestinesi sono stati feriti nel sud della striscia di Gaza da un colpo di cannone sparato da soldati israeliani.

 

Ancora notizie di attentati e violenze dall’Iraq: un soldato statunitense è stato ucciso, da ribelli nella provincia di Al Anbar ed un poliziotto iracheno è stato assassinato da uomini armati a Baghdad. Un’autobomba è esplosa, inoltre, nella città curda di Erbil ferendo almeno due persone. Nel Paese arabo, dove è stato sabotato un oleodotto nei pressi di Kirkuk, le forze americane hanno terminato, intanto, una massiccia operazione di rastrellamento. L’azione, compiuta nella zona di Baquba, ha portato all’arresto di almeno 50 guerriglieri.

 

Almeno tredici persone sono morte ed altre sessanta rimaste ferite per un'esplosione avvenuta in un mercato di General Santos, nel sud delle Filippine. Le autorità non hanno ancora resa nota la causa della deflagrazione. Nei giorni scorsi è stato lanciato, nel Paese, l’allarme di una ripresa delle attività terroristiche del gruppo fondamentalista islamico Abu Sayyaf.

 

Dopo le parlamentari di ieri il presidente di Taiwan, Chen Shui-bian, ha riconosciuto la sconfitta e ha dichiarato di essere “l’unico responsabile” della disfatta del suo partito, lo schieramento filo indipendentista. L’esito delle parlamentari, che ha visto la vittoria del partito nazionalista Kuomintang, pone le premesse per una distensione nei rapporti con Pechino.

 

In Portogallo il primo ministro Pedro Santana Lopes ha annunciato le proprie dimissioni. L’annuncio del premier arriva dopo le decisioni del presidente della Repubblica, Jorge Sampaio, di sciogliere il Parlamento e di indire elezioni anticipate per il prossimo 20 febbraio. Il dimissionario capo di governo ha anche annullato il summit franco portoghese che si sarebbe dovuto tenere domani in Francia sui temi della scienza e della competitività.

 

Con il duello a distanza di ieri tra Berlusconi e Prodi su legge finanziaria e fisco è di fatto cominciata la lunga campagna elettorale in vista delle regionali del prossimo anno e delle politiche in programma nel 2006. Berlusconi ha sottolineato l'importanza del taglio delle tasse, mentre Prodi ha parlato di un'Italia da ricostruire. Sullo sfondo restano i tormentati rapporti tra politica e giustizia, dopo le sentenze pronunciate nelle ultime 48 ore a Milano e a Palermo. Il servizio di Giampiero Guadagni.

 

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Ad otto anni di distanza ricomincia la sfida tra Berlusconi e Prodi. I toni sono aspri, ma i contenuti almeno ieri squisitamente politici. Il presidente del consiglio ha celebrato a Mestre il no tax day di Forza Italia. La riforma fiscale, ha detto, segna la fine dello Stato mangiasoldi. Il taglio delle tasse, ha aggiunto, è il cuore del contratto con gli italiani del 2001. Da Milano, al suo rientro ufficiale come guida del centrosinistra, replica Romano Prodi: la finanziaria peserà per 31 miliardi di euro, ci saranno nuove imposte che non aiuteranno le imprese e peseranno sui più poveri. Ma il duello è a tutto campo. Berlusconi insiste sulla necessità di ritoccare il sistema elettorale e di cancellare la legge sulla par condicio. Prodi risponde con un perentorio no al cambiamento a colpi di maggioranza delle regole del confronto elettorale. In sostanza, Berlusconi esalta i risultati del governo più longevo della storia repubblicana; Prodi parla di tre anni disastrosi e di un'Italia da ricostruire. I due leader non hanno invece affondato i colpi sul delicato rapporto politica-giustizia. Almeno ieri, nel giorno cioè della condanna del senatore di Forza Italia Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, e il giorno dopo l'articolata sentenza di assoluzione e prescrizione di Berlusconi nel processo Sme. Certo, la maggioranza ha fatto quadrato attorno a Dell'Utri. E l'opposizione ha definito pesantissima la condanna. Piuttosto, Prodi ha attaccato la riforma della giustizia appena approvata. Sulla quale, ricordiamo, è attesa nei prossimi giorni la decisione del capo dello Stato che dovrà promulgarla o rinviarla alle Camere.

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In Somalia il Parlamento ha sfiduciato il governo con una mozione approvata a stragrande maggioranza. La formazione governativa di 34 ministri, presieduta dal premier Mohammed Gedi, era stata istituita solo 10 giorni fa. I parlamentari che hanno sfiduciato l’esecutivo, accusano il governo di non rappresentare in modo equilibrato i clan del Paese africano.

 

 

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