RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
347 - Testo della trasmissione di domenica 12 dicembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
A Roma la Convention dei giovani universitari
europei: intervista con Rocco Cifarelli e Andrew Cook
CHIESA E SOCIETA’:
La consacrazione alla Vergine di
Loreto della regione Marche
Liberati 300 prigionieri in
Myanmar, l’ex Birmania
Un corso di cultura cristiana
per i cattolici di Tashkent
Curare gratuitamente i bisognosi.
E’ l’iniziativa dell’Organizzazione odontoiatri cattolici
Il candidato
dell’opposizione ucraina sta per lasciare la clinica di Vienna dove è stata
confermata la tesi dell’avvelenamento e promette: il regime ha le ore contate
Aperte le urne in
Romania per il ballottaggio tra il premier Nastase e il sindaco di Bucarest
Basescu
12
dicembre 2004
IL PRESEPE E’ UN SEGNO DI FEDE IN DIO CHE VIENE AD
ABITARE IN MEZZO A NOI,
MA E’
ANCHE UN ELEMENTO DELLA NOSTRA CULTURA: COSI’ IL PAPA OGGI ALL’ANGELUS. GIOVANNI
PAOLO II INVTA I CRISTIANI A GIOIRE PER L’AVVICINARSI DEL NATALE: “IL SIGNORE
E’ VICINO E VIENE A SALVARCI”
Il Papa oggi all’Angelus ha
invitato i cristiani a gioire per l’avvicinarsi del Natale e ha ricordato che
il presepe è un segno di fede in Dio che si è fatto uomo per salvarci, ma è
anche un elemento della nostra cultura. Quindi, com’è tradizione, ha benedetto
i “Bambinelli” del presepe portati dai pellegrini, molti dei quali ragazzi, in
una piazza San Pietro inondata di sole. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Il Papa ricorda che “in molti
luoghi è già in allestimento il presepe, come… in Piazza San Pietro”. “Piccolo
o grande, semplice o elaborato – ha detto -
il presepe costituisce una familiare e quanto mai espressiva
rappresentazione del Natale”.
“E’ un elemento della nostra
cultura e dell’arte ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è
venuto ad abitare in mezzo a noi” .
Come ogni anno, Giovanni Paolo
II ha benedetto i “Bambinelli”, portati in piazza San Pietro da tanti giovani,
che nella Notte Santa li collocheranno
nei presepi, dove – ha detto – “si trovano già san Giuseppe e la
Madonna, silenziosi testimoni d’un sublime mistero”. “Con il loro sguardo
d’amore – ha sottolineato il Papa -
essi ci invitano a vegliare e pregare per accogliere il divino
Salvatore, il quale viene a recare al mondo la gioia del Natale”.
E’ la stessa gioia – ha aggiunto
- che “ci esorta a pregustare l’odierna terza domenica di Avvento, chiamata
domenica Gaudete” che in latino
vuol dire “rallegratevi”: prende spunto infatti dall’antifona d’ingresso della
Messa di questa Domenica tratta da una Lettera di San Paolo là dove dice: «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo
ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino». Il Papa ribadisce questo invito
alla gioia chiedendo “alla Vergine dell’attesa che sia vivo nei
cristiani e in tutti gli uomini di buona volontà il desiderio di incontrare il
Signore ormai vicino”, che “viene a salvarci”.
Dopo
l’angelus Giovanni Paolo II ha ricordato che oggi si
celebra nella Diocesi di Roma, la Giornata per la costruzione di nuove chiese
nelle periferie. “In questi ultimi anni – ha sottolineato - ben 54 comunità
hanno potuto avere una nuova chiesa, ma almeno altre 20 restano ancora in
attesa. Ha quindi incoraggiato “ad essere generosi, perché tutti possano
trovare un luogo in cui crescere nella fede e nella vita cristiana”.
Infine il Papa ha invitato tutti
a partecipare martedì prossimo, 14 dicembre, alle ore 17 e 30, alla
celebrazione che presiederà nella Basilica di San Pietro per gli universitari
degli Atenei romani.
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SI APRE DOMANI A ROMA
IL VII CONGRESSO INTERNAZIONALE
DELLA PASTORALE PER I CIRCENSI E I LUNAPARCHISTI
- Intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto
-
Domani si apre a Roma il VII
Congresso Internazionale della Pastorale per i Circensi e i Lunaparchisti,
promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli
Itineranti. Il dicastero vaticano ha il compito di promuovere una pastorale
specifica della mobilità umana, e quindi anche quella a favore della gente dei
circhi, dei luna park e delle fiere. Tema del Congresso è “Accogliere i
circensi e i fieranti: dalle diversità alla convivialità delle differenze”.
Giovanni Peduto ne ha parlato con l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario
del dicastero:
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R. - La prima parte del tema del
Congresso, che è “accogliere i Circensi e i Fieranti”, indica che lo scopo
principale che ci proponiamo è di studiare il tipo di accoglienza che la Chiesa
locale, la comunità cattolica e la parrocchia devono e possono offrire a queste
persone che sono di passaggio, in continuo spostamento. La seconda parte del
tema del Congresso, cioè “Dalla diversità alla convivialità delle differenze”,
mostra che l’accoglienza da mettere in atto deve saper apprezzare i valori che
contraddistinguono queste persone e deve cercare di agevolare la convivialità
tra le diverse culture, religioni, ma anche mentalità e abitudini. Per quanto
riguarda i Congressi precedenti, possiamo dire che il primo incontro specifico
per questa categoria di persone si è svolto nel 1985 e da quella data la cura
della Chiesa ha acquistato una propria identità specifica.
D. - Quali sono le connotazioni
peculiari della vita di circensi, fieranti, lunaparchisti?
R. – La loro principale
caratteristica è quella della mobilità – come dicevo - si trasferiscono da una
città all’altra, spesso in occasione delle feste patronali, per una fiera o
altre manifestazioni. Lavorano per molte ore al giorno per farci considerare la
vita anche come festa. Sono sempre disponibili, aperti al dialogo, a contatto
con il pubblico di ogni età, per offrire distrazione, gioco, allegria. Molti di
loro, specialmente i circensi, sentono il lavoro come un’arte, una vocazione,
trasmessagli in eredità dai loro “vecchi”. Arte-vocazione, dunque, molto di più
che un mezzo per vivere. Il loro ruolo è quello degli artisti, addetti ai
circhi, della gente delle fiere, dei luna park, degli addetti ai parchi di
divertimento, dei madonnari, delle bande musicali ecc...
D. – Cosa fa già la Chiesa e
cosa si può fare di più?
R. – Negli Stati Uniti d’America
vi sono per esempio quattro suore di due Congregazioni religiose che
accompagnano i circhi, vivono nelle roulotte e creano con la loro presenza una
comunità di preghiera. E’ significativo. Esse sono testimoni di fede e
dell’amore di Cristo in un ambiente di lavoro, di spettacolo, non privo di
ansie, insicurezze e in costante mobilità. La presenza delle suore facilita
naturalmente il ministero dei cappellani. Una di queste suore, nata da una
famiglia circense, parlerà ai nostri congressisti. La Chiesa deve fare molto di
più anche per informare e sensibilizzare le comunità che li accolgono al fine
di superare innanzitutto l’indifferenza che possono provare nei loro confronti,
di non chiudersi per difendere il proprio modo di vivere, di non temerli come
forestieri o stranieri, ma di essere a loro volta aperte, accoglienti,
solidali.
D. – Circensi, fieranti,
lunaparchisti hanno qualcosa da insegnarci?
R. – Lo spettacolo che loro
offrono è diretto a tutti i componenti della famiglia, dai piccoli agli
anziani. A tutti offrono un tempo di allegria, un momento di gioia, un motivo
per dimenticare lo stress. Il loro insegnamento? Pur nelle difficoltà della
vita, si può cercare di dare sollievo agli altri almeno con un sorriso. Il loro
allenamento quotidiano, fatto di sforzo e rinunzie, può anche insegnare,
soprattutto alle giovani generazioni, abituate ad avere facilmente tutto e
subito, quanto valore abbia l’impegno, l’applicazione e la fatica. Solo un
lungo allenamento in effetti può ripagare e portare frutti.
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12
dicembre 2004
NUOVI
COMBATTIMENTI NELL’EST DEL CONGO.
IL
RUANDA E’ ACCUSATO DI AVER INVIATO TRUPPE NELL’AREA.
IL
CONFLITTO CAUSA OGNI GIORNO PIU’ DI 1000 MORTI
-
Intervista con padre Valerio Shango -
Intensi
combattimenti sono segnalati nell’est del Congo-ex Zaire. A fronteggiarsi sono
fazioni rivali dell’esercito congolese. Nell’area la tensione sarebbe risalita
a causa della presenza di militari del vicino Ruanda, già ipotizzata in questi
giorni dallo stesso presidente ruandese Kagame con lo scopo di colpire le basi
in Congo dei ribelli ruandesi di etnia hutu. Secondo un recente rapporto sono
più di 1000 le persone che ogni giorno muoiono per la guerra in Congo, definita
la prima guerra mondiale africana per il coinvolgimento di numerosi Paesi del
Continente. Ma sulla situazione nell’est del Congo Eugenio Bonanata ha sentito
padre Valerio Shango, portavoce dei vescovi congolesi in Italia:
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R. –
L’est del Congo è stato sempre controllato da un partito politico con
l’appoggio continuo del governo ruandese. E’ per questo motivo che noi
confermiamo che l’esercito ruandese è presente nel territorio congolese sin dal
1996. Nonostante gli sforzi dell’ONU e della comunità internazionale, che hanno
chiesto il ritiro immediato di queste truppe, questi ultimi continuano ad
uccidere i civili congolesi.
D. –
Ma è possibile in qualche modo definire le ragioni delle diverse parti in causa?
R. –
Le ragioni sono economiche, tutto il resto sono bugie. Kagame quando vuole
ingannare la comunità internazionale, inventa che lì ci sono dei ribelli.
Eppure è lui che controlla tutto quel territorio. Alla fine abbiamo capito che
la guerra odierna è solo per motivi economici, per lo sfruttamento delle ricchezze
del sottosuolo congolese, tutti minerali che il Ruanda non possiede.
D. –
La popolazione civile come vive questa situazione?
R. –
Tantissime sono le famiglie che oggi sono divise; tanti sono scappati dall’est
e tanti sono gli orfani. Poi c’è la diffusione del virus dell’Aids ad opera dei
militari ruandesi, ma anche ugandesi.
D. –
A livello diplomatico ci sono stati dei contatti tra i governi del Congo e
del Ruanda?
R. –
C’è stato un ultimo incontro in Tanzania, con i Paesi interessati della zona
dei Grandi Laghi. Ma per Kagame non conta la comunità internazionale, perché si
sente protetto dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e anche dal Belgio. C’è una
forma di complicità internazionale per mantenere in modo perpetuo questa
presenza ruandese, che non consente al Congo di preparare elezioni democratiche
nel 2005.
D. –
Qual è il ruolo delle Nazioni Unite?
R. – Le Nazioni Unite dovrebbero far rispettare il diritto
internazionale, ma invece non appoggiano nemmeno l’apertura di un tribunale per
poter giustamente stabilire se Kagame è colpevole. E’ giusto che la comunità
possa sanzionare il Ruanda o i militari ruandesi implicati nello sterminio dei
congolesi. Quindi, si parla troppo di un dispiegamento delle truppe dell’Onu,
ma non si vede niente in sostanza.
D. –
Ma la Chiesa cosa sta facendo in questo momento?
R. –
I vescovi stanno premendo perché il Paese possa andare alle urne. Il Paese ha
bisogno di stabilità, di un governo autorevole. Inoltre, i vescovi pensano pure
di organizzare qualche conferenza sui Grandi Laghi per trovare una soluzione
fatta di umanità e che possa promuovere una grande riconciliazione, una libera
circolazione delle persone, come era una volta in quella zona.
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LA GUERRA DI CAMORRA A NAPOLI:
LA GENTE
VUOLE REAGIRE MA CHIEDE L’AIUTO DELLO STATO
- Intervista con padre Giuseppe Nicodemi -
Continua a
Napoli e provincia la guerra di camorra. Ieri in diversi agguati 4 uomini sono
stati assassinati: tra questi Francesco Alfieri, fratello dell’ex boss, ora
collaboratore di giustizia, Carmine Alfieri. Due delle vittime, sono decedute
in nottata in seguito alle ferite. E altre due abitazioni sono state
incendiate. Tra i quartieri più colpiti da questa guerra tra clan camorristi è
Secondigliano. Ma la gente ha voglia di reagire? Fabio Colagrande lo ha chiesto
a don Giuseppe Nicodemi, parroco della chiesa di Sant’Antonio di Padova nel
quartiere di Secondigliano:
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R. - A Secondigliano tutta la
popolazione, la stragrande maggioranza, ha
voglia di reagire e di far risorgere il quartiere e partecipa anche a
tutte quelle attività e iniziative che la Chiesa locale intraprende per la
resurrezione del quartiere. Se Secondigliano non è ancora esplosa è proprio
merito della pazienza dei cittadini. Ma fino a quando si può abusare della
pazienza di questi cittadini? Perché tutte le attività che attengono alle
autorità pubbliche non vengono mai messe in atto.
D. - Quindi vi sentite in
qualche modo abbandonati dallo Stato?
R. - Sì, c’è un enorme distacco
tra i bisogni della gente, il parlare e il pensare della gente, e le
istituzioni.
D. - Per i giovani di
Secondigliano i boss della malavita restano un modello importante da imitare?
R. - Questo è un grosso rischio.
Se questo ritardo da parte delle autorità dovesse durare ancora, conosciamo i guasti
che avvengono nella mente dei giovani. I boss possono certo essere dei simboli,
possono essere dei leader da seguire, ma perché i giovani vedono dall’altra
parte il vuoto, l’assenza delle istituzioni.
D. - Cosa significa preparare la
comunità di fedeli di Secondigliano al Natale, in una città che ha avuto più di
cento morti dall’inizio dell’anno?
R. - Significa prepararlo ancora
meglio, nel testimoniare che la fede ci dice che il Salvatore verrà a
liberarci. Eduardo De Filippo diceva: “Ha da
passà ‘a nuttata”, deve finire questa notte. I nostri messaggi sono sempre
quelli di speranza, nel credere con tutte le nostre forze che la salvezza comunque
avverrà. Io penso che questa sia una parentesi bruttissima, ma che dobbiamo
superare con tutte le nostre forze.
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A ROMA LA CONVENTION DEI GIOVANI UNIVERSITARI EUROPEI
- Intervista con Rocco Cifarelli e Andrew Cook -
E’ iniziata
ieri nella Capitale, con l’arrivo dell’icona Maria Sedes Sapientiae da Londra,
la II Convention europea dei giovani universitari, promossa dalla pastorale
universitaria del Vicariato di Roma in preparazione della XX Giornata mondiale
della gioventù, che si svolgerà nell’agosto 2005 a Colonia, in Germania. Gli
incontri che hanno come tema centrale “L’intelligenza come dono e come
compito”, si concluderanno martedì con una solenne celebrazione eucaristica
presieduta da Giovanni Paolo II per gli universitari degli atenei romani. 150
gli studenti stranieri arrivati nella capitale in rappresentanza delle 20
delegazioni europee. Ascoltiamo la testimonianza di Rocco Cifarelli studente
all’università di Bari e rappresentante della delegazione italiana al microfono
di Marina Tomarro:
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R. – Noi proveniamo
dall’Università degli studi di Bari. Bari ha una sua vocazione naturale
all’ecumenismo. Quindi è molto importante per una città come Bari testimoniare
la propria fede e allo stesso tempo aprirsi anche ad una dimensione europea e
quindi guardare con speranza e non con una forma di chiusura mentale anche
verso i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
D. – Tu come cerchi di vivere il
tuo essere cristiano oggi?
R. – Noi, anzitutto,
partecipiamo ad un percorso formativo all’interno della nostra cappella
universitaria, gestita dai padri gesuiti, e poi ci dedichiamo anche a qualche
attività di volontariato attraverso varie associazioni, anche cattoliche,
presenti sul territorio barese. Inoltre cerchiamo anche di organizzare qualche
evento culturale con la partecipazione di professori universitari di ispirazione
cattolica.
D. – Ma secondo te la fede
cattolica può rappresentare un punto di unione tra le università europee?
D. – Credo che la fede possa
unire tutti gli studenti universitari europei attraverso appunto quelle che il
Papa ha più volte richiamato “radici cristiane”. Queste radici cristiane sono
testimoniate dalla chiese, dai monumenti sparsi nelle nostre città, ma anche da
quel valore che noi diamo alla persona umana e dal quel rispetto della dignità
umana che è presente anche nelle nostre carte costituzionali.
Ma cosa vuole dire essere
cristiani oggi, all’interno delle università europee? Ascoltiamo Andrew Cook,
studente dell’Heythrop College dell’Università di Londra:
R. – BEING A CRISTIAN…
Essere cristiano nelle
università europee, rappresenta per me l’importante opportunità di far parte di
una comunità dove posso incontrare persone con una comunanza d’intenti guidate
da una fede comune.
D. – Come vivete la vostra
cristianità nella tua università?
R. – THERE IS THE MASS...
Celebriamo la messa che è la parte centrale del
nostro cammino, poi insegniamo il catechismo ai bambini, organizziamo eventi
per i cattolici, e nelle festività come segno di comunione, noi universitari
cattolici pranziamo insieme.
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LA PACE: CONDIZIONE NECESSARIA ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE
DELLE MONTAGNE.
E’ IL TEMA DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA
MONTAGNA
CHE SI CELEBRA IN QUESTI GIORNI
- Intervista con Giacomo Santini -
“La pace base dello sviluppo
sostenibile delle montagne”: su questo tema si celebra in questi giorni la giornata
internazionale della montagna volta a sensibilizzare l’opinione pubblica
sull’importanza delle montagne per la vita dell’intero pianeta e sulla
necessità di migliorare le condizioni di vita di chi vi abita. Oltre un quarto
della superficie terrestre è costituito da montagne, abitate dal 12% della
popolazione mondiale spesso ridotta in condizioni di povertà. Ma come mai
proprio la “pace” è stata scelta come tema della giornata di quest’anno? Paolo
Ondarza lo ha chiesto a Giacomo Santini, presidente della fondazione italiana
Montagna.
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R. – C’è una
statistica terrificante che ci ha esortati, ci ha spinti, a fare questa dedica
particolare. Il 70 per cento dei conflitti nel mondo oggi si svolgono in zone
di montagna. Tutto questo significa non solo che la gente muore anziché vivere,
ma che non c’è lavoro, non c’è un’economia, non c’è sviluppo. Ecco il titolo
quindi: “Pace come valore di uno sviluppo sostenibile in montagna”.
D. – Come mai, secondo lei,
proprio la montagna è teatro di guerre?
R. – Chiaramente l’ambiente è
l’elemento principale. E’ un ambiente esotico, difficile da vivere. Generalmente le
montagne dividono i Paesi, sono zone di frontiera e quindi
automaticamente zone di conflitto. E’ sempre stato così nella storia. Esiste
già una situazione ambientale di sopravvivenza da parte delle persone che
vivono in montagna, che la guerra rende chiaramente ancora più difficile.
D. – In questi casi la montagna
viene vissuta più come un problema. In che modo può essere vissuta come risorsa,
in questi stessi contesti?
R. – E’ il nostro slogan: noi
dobbiamo aiutare la montagna a compiere questo passo importantissimo.
Innanzitutto vanno rivalutate le sue risorse, va rivalutato il ruolo dell’uomo,
ma soprattutto le risorse vanno messe in rete fra di loro. Vi sono molti
settori nella montagna che sono ricchi di risorse e che però non dialogano e
non hanno un sistema di rete. Mettere in relazione questi settori significa
creare un sistema.
D. – Quanta sensibilità c’è nei
confronti della montagna in Italia?
R. – La sensibilità è molto
accesa, in quanto vi sono ben 4 mila e 500 comuni in montagna che sono
qualificati appunto come comuni di montagna. Il 70 per cento del nostro
territorio è di montagna. La montagna ha bisogno soprattutto di attenzione, di
considerazione e soprattutto di una spinta.
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VENTINOVESIMA
EDIZIONE PER LA MOSTRA DEI “100 PRESEPI” A ROMA
LA
RASSEGNA, NELLE SALE DEL BRAMANTE, SARA’ APERTA
AL
PUBBLICO FINO AL PROSSIMO 9 GENNAIO
- Intervista con il cardinale Francesco Marchisano
e Mariacarla Menaglia -
Per le strade del mondo si respira l’aria del Natale e in
Italia, a Roma, presso le Sale del Bramante, è nuovamente sbarcata la rassegna
dei “100 Presepi”. La mostra, giunta alla sua 29.esima edizione e posta sotto
l’Alto Patronato del presidente della Repubblica, sarà aperta al pubblico fino
al prossimo 9 gennaio. A partecipare alla mostra dei “100 Presepi”, che
presenta quest’anno 164 sacre rappresentazioni, dodici regioni d’Italia e diciotto
Paesi dell’Europa, del Sud America e dell’Asia. Riproposto, anche per
l’edizione 2004, il laboratorio per i bambini “Il presepe come Gioco”. Il
servizio di Barbara Castelli:
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(Musica)
In un mondo sovente troppo
veloce e tecnologico, dove la fruizione immediata di tutto spesso rischia di
far sbiadire la memoria, la mostra dei “100 Presepi” è un’occasione mirabile
per riconquistare la dimensione del tempo e della contemplazione. Fino al
prossimo 9 gennaio, i visitatori potranno immergersi nell’atmosfera della
Betlemme di oltre 2000 anni fa e riscoprire il messaggio di amore che Cristo
reca agli uomini del mondo. Come ogni anno, la rassegna dell’Urbe promette
tradizione e originalità, proponendo una carrellata delle culture e dei sogni
di uomini accomunati da un’unica fede e da comuni impeti di solidarietà. Ma
cosa ha da dire la Natività al mondo
contemporaneo? Abbiamo girato la domanda al cardinale Francesco
Marchisano, arciprete della Patriarcale Basilica Vaticana.
R. - Ci sarebbero da dire tante
cose, ma dobbiamo pensare che è stata annunciata la pace e quindi, la Natività,
soprattutto oggi, deve annunciare agli uomini che in Cristo si trova la vera
pace.
D. – Qual è il suo personale
augurio di Natale per i popoli del mondo?
R. –
E’ l’augurio che fa Gesù Bambino nascendo. In questo mondo che sta passando un
momento così difficile, così contrastato, alle volte quasi incomprensibile,
possa veramente nascere la stella che annuncia la pace dei popoli nella
fraternità.
Nelle
sale capitoline del Bramante, si alternano così i presepi classici
dell’Ottocento romano o del Settecento napoletano e siciliano, quelli pugliesi
in cartapesta, quelli multicolore dell’America Latina, quelli di fantasia,
realizzati con conchiglie, corallo, fili di rame, ed ancora quelli
“gastronomici”, costruiti con dolci al miele, pasta, arachidi, riso e legumi. A
Mariacarla Menaglia, direttore della mostra dei “100 Presepi”, abbiamo chiesto
di illustrare le novità della rassegna.
R. - Tutti questi presepi sono nuovi,
quindi sono 164 novità.
D. –
Facciamo un passo indietro: qual è la storia dei 100 presepi? Come è nata?
R. –
E’ nata da un’idea di mio padre Manlio Menaglia, capo ufficio stampa della
Croce Rossa Italiana. Negli anni ‘70 la tradizione del presepe era andata un
po’ scemando, si vedevano sempre più alberi di Natale … Allora lui ha dato
vita, insieme con alcuni amici, quasi per gioco, a questa iniziativa. E’ molto
bello, infatti, vedere le locandine dell’epoca: 20 presepi, 30 presepi.
Insomma, erano proprio delle mostre piccolissime. La cosa importante che vuole
sottolineare questa iniziativa è che in ogni famiglia, a Natale, ci dovrebbe
essere un presepe.
(Musica)
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12
dicembre 2004
MILIONI DI PELLEGRINI A CITTA’ DEL MESSICO PER LA
FESTA DELLA VERGINE
DI GUADALUPE, PATRONA DI TUTTA L’AMERICA
CITTA’ DEL MESSICO. = Migliaia di volontari per accogliere
milioni di fedeli che sono giunti nella capitale messicana per la Memoria della
Beata Vergine di Guadalupe, Patrona di tutta l’America. Un culto fortemente
sentito in tutto il Continente e che è ulteriormente cresciuto dopo la
canonizzazione dell’indio Juan Diego, avvenuta il 31 luglio 2002, quando il
Papa si recò in Messico. In questi giorni
ricorre il 473° anniversario dalla prima apparizione della Vergine
all’umile indigeno sulla collina di Tepeyac dove oggi sorge la Basilica di
Nostra Signora di Guadalupe. Lì è conservata l’immagine della Vergine morenita
che, ogni anno circa 20 milioni di fedeli, accorrono a venerare. La reliquia è
legata alla penultima apparizione della Madonna quando Juan Diego, dopo aver
raccolto il suo mantello, pieno di petali di rosa, si accorse che vi era impressa l’effige della Vergine meticcia.
Una mantello, la tilma, di fibra d’agave che inspiegabilmente accoglie ancora
oggi, nonostante la deperibilità del materiale, la figura di Nostra Signora di
Guadalupe, la “Vincitrice sul Serpente” secondo il significato indigeno della
parola. Dal santuario mariano più grande del mondo, si leva oggi con forza il
messaggio di amore e pace di Maria portato con semplicità ed umiltà dall’indio
Juan Diego. Il Papa durante la Messa di canonizzazione aveva sottolineato come
l’evento guadalupano significhi “l’inizio dell’evangelizzazione in Messico”.
Juan Diego accogliendo il messaggio cristiano ha facilitato-ha detto il Papa-
l’incontro fecondo di due mondi diventando un protagonista della nuova identità
messicana, intimamente unita alla Vergine di Guadalupe, “il cui volto meticcio
esprime una maternità spirituale che abbraccia tutti i messicani”. Ancora oggi
da questo Santuario si leva il semplice messaggio guadalupano, il paradosso
cristiano, che il Papa ha ricordato pregando di fronte l’immagine della Vergine
morenita: “Dio ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e
le ha rivelate ai piccoli”. (B.C.)
LA
CONSACRAZIONE ALLA VERGINE DI LORETO DELLA REGIONE MARCHE.
L’HA
PROMOSSA IERI LA CONFERENZA EPISCOPALE MARCHIGIANA
IN
RICORDO DEL 150° ANNIVERSARIO DELLA PROCLAMAZIONE
DEL
DOGMA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE
LORETO. = “Grazia e
benedizioni alle diocesi marchigiane” è quanto il Papa ha augurato nel
messaggio inviato, mediante l’arcivescovo di Loreto mons. Angelo Comastri, in
occasione della consacrazione alla Madonna Lauretana della Regione Marche,
avvenuta ieri nella Basilica di Loreto, ed in ricordo del 150° anniversario del
dogma dell’Immacolata Concezione proclamato dal Beato Pio IX. Un dogma attuale
per mons. Comastri che ha invitato a vivere profondamente l’atto di consacrazione
a Maria “perché è lei che ci porta a Gesù”. Durante la mattinata di studi e
riflessioni, i vescovi insieme ai fedeli, hanno sottolineato come sia possibile
attualizzare il dogma dell’Immacolata. Il Padre canossiano Amedeo Cencini ha
ribadito che la vicenda di Maria e di Giuseppe sia “ordinaria e normale” ed ha
indicato la necessità di “puntare ad una pastorale della santità originale e
non del peccato originale”. Infine, Padre Cencini ha precisato che “bisogna
stare attenti alla pretesa di conquistare con le proprie forze ciò che invece è
dato come dono gratuito da Dio: la fede”. (B.C.)
LIBERATI 300
PRIGIONIERI IN MYANMAR, L’EX BIRMANIA. IL GOVERNO DI YANGON
HA ANNUNCIATO LA
SCARCERAZIONE DI ALTRE 5MILA PERSONE DETENUTE
ILLEGALMENTE
DALL’INTELLIGENCE NAZIONALE
YANGON. = Con la
scarcerazione di oltre 300 prigionieri detenuti nel carcere di Yangon, il più
grande dei 40 esistenti, salgono a 14.318 le persone liberate nelle ultime
settimane dalla giunta militare del Myanmar, l’ex Birmania. Tanti i parenti e
gli amici dei detenuti che hanno atteso all’uscita del carcere i loro
congiunti, trasportati su autocarri militari. Soltanto ieri, era stato dato
l’annuncio in televisione della scarcerazione dei prigionieri, considerati dal
governo “irregolarmente detenuti” dal servizio militare di sicurezza dell’ex
primo ministro Khin Nyunt, rimosso dall’incarico a metà ottobre. Il National
Intelligence Bureau era stato accusato più volte di metodi sommari e di
costringere in prigione migliaia di persone anche oltre il tempo stabilito.
Riconosciute dunque dalla giunta militare le irregolarità commesse si è
proceduto alla liberazione dei detenuti. Non è chiaro se tra questi vi siano
anche prigionieri politici: quel che è certo è che il premio Nobel per la Pace
Aung San Suu Kyi, paladina del movimento democratico, rimane agli arresti
domiciliari. Gli osservatori internazionali esprimono perplessità sull’ondata
di scarcerazioni. (B.C.)
UN CORSO DI CULTURA
CRISTIANA PER I CATTOLICI DI TASHKENT,
IN UZBEKISTAN, PAESE A MAGGIORANZA MUSULMANA
TASHKENT. = L’ultimo
corso di cultura cristiana si è concluso lo scorso 7 dicembre nella capitale
uzbeka, stando a quanto ha riferito l’agenzia Asia News. Da febbraio, la Chiesa
cattolica si è mobilitata per organizzare una serie di lezioni in forma di
seminari sulla Sacra Scrittura e sulla teologia morale. I 150 anni dalla
proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione sono stati al centro
dell’ultimo corso nel quale si è ripercorsa la storia del dogma e del culto
della Vergine. I parroci delle varie città dell’Uzbekistan hanno illustrato
inoltre le direttive da seguire nel cammino di fede spiegando ai loro fedeli la
Lettera Apostolica “Mane Nobiscum Domine”. I cattolici nel Paese, che conta 25
milioni di abitanti in maggioranza musulmana, sono soltanto poche migliaia,
l’1% i cristiani ortodossi. Secondo Asia News, molti dei cattolici sarebbero
stati battezzati da piccoli in segreto durante il periodo sovietico, ma non ne
sarebbero al corrente.
CURARE GRATUITAMENTE I
BISOGNOSI. E’ L’INIZIATIVA DELL’ORGANIZZAZIONE
ODONTOIATRI CATTOLICI, PRESENTATA IERI A ROMA
ROMA. = La rete delle parrocchie
segnalerà agli odontoiatri cattolici le persone maggiormente indigenti e
bisognose di cure poi si procederà alla terapia gratuita. E’ quanto ha
annunciato l’Organizzazione Odontoiatri cattolici (OCI) che così intende
puntare al legame tra eccellenza professionale e solidarietà. Su questo punto è
intervenuto, nel corso di un incontro tenutosi alla sala del Commendatore del
Pio Istituto Santo Spirito di Roma, anche il segretario generale della Conferenza
Episcopale Italiana mons. Giuseppe Betori. Il presule ha anche ricordato che
l’OCI, che conta più di mille iscritti, è nata nell’anno del giubileo del 2000
e nel settembre 2004 è stata riconosciuta come associazione ecclesiale di
rilevanza nazionale. Durante la riunione, gli odontoiatri hanno ricordato che
loro unità mobili saranno presenti in diverse zone italiane dove è maggiore il
disagio sociale e in vari Paesi del terzo Mondo mentre è già partita un’iniziativa
a favore dei bambini del Madagascar. Infine, è stata assegnata la presidenza
onoraria dell’OCI alla memoria di Andrea Benagiano, fondatore della scuola
odontoiatrica romana ed ex dentista personale di Papa Paolo VI. (B.C.)
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12
dicembre 2004
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Sono contento di essere
vivo. Lo ha detto poco fa il leader dell’opposizione ucraina, Viktor
Yushchenko, aggiungendo che “il governo di Kiev attualmente al potere sta
vivendo i suoi ultimi giorni”. Il medico che ieri ha confermato la tesi
dell’avvelenamento da diossina, ha annunciato intanto che Yushchenko lascerà
oggi pomeriggio la clinica di Vienna. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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“Nel sangue c’è una
concentrazione di diossina mille volte superiore al normale”. E’ la diagnosi emessa
dal primario della clinica dove è ricoverato il candidato filo occidentale, Yushchenko. Il paziente - ha
aggiunto il medico - non è stato contaminato accidentalmente e la
somministrazione della diossina è avvenuta per via orale. Da questo quadro
clinico si ricava, dunque, una constatazione allarmante: secondo gli esami
medici, che si basano sui cambiamenti cutanei del viso e sui reperti sanguigni e
istologici, Yushchenko è stato
avvelenato. Ma da chi? La procura di Kiev ha aperto un’indagine per tentato
omicidio. Lo stesso leader politico ha più volte denunciato di essere stato
vittima di un complotto ordito dai suoi avversari. La moglie di Yushchenko ha
dichiarato, inoltre, che il marito ha avvertito i primi malesseri dopo una
cena, lo scorso 5 settembre, alla quale era presente anche il capo dei servizi
segreti. Scettici, invece, i sostenitori del candidato filo russo Yanukovic:
“La diossina - sostengono - non è un veleno con effetto immediato, la sua tossicità
si incrementa con gli anni ed è impossibile che una dose provochi un
avvelenamento già il giorno successivo”. Ma da quella sera di
settembre la fisionomia del leader dell’opposizione si è trasformata. Ed il suo
volto gonfio, paonazzo e sfigurato tinge ancor più di giallo gli esiti del
ballottaggio, vinti da Yanukovic e successivamente annullati per brogli dalla
Corte Suprema. Adesso l’Ucraina si prepara alla consultazione del prossimo 26
dicembre, un appuntamento probabilmente cruciale per il futuro dell’ex
Repubblica sovietica.
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In
Romania sono iniziate stamani le operazioni di voto per scegliere il presidente
che uscirà dal ballottaggio tra il premier social democratico Adrian Nastase ed
il leader dell’opposizione, il sindaco di Bucarest Traian Basescu. Al primo
round delle presidenziali, caratterizzate da denunce di brogli, Nastase aveva
ottenuto il 41 per cento dei voti, mentre Basescu aveva conquistato il 34 per cento delle preferenze. Sulle odierne
elezioni rumene, ascoltiamo Emiliano Bos:
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I 18
milioni di elettori rumeni non lo hanno ancora eletto, ma il capo di Stato che
uscirà dal voto di queste presidenziali porterà il Paese in Europa.
L’appuntamento è per il 2007 insieme alla Bulgaria, passando per la firma del
trattato di adesione con Bruxelles già fissata per l’anno prossimo. E’ questo
lo scenario di fondo del ballottaggio per l’elezione del nuovo presidente.
Favorito è l’attuale primo ministro, Adrian Nastase, un professore di Diritto
internazionale, riformista raffinato, e filo occidentale, che dal 2000, da
quando cioè è a capo del governo, guarda all’Unione Europea come sbocco
naturale di un processo di transizione democratica durato 15 anni. Tanti
infatti ne sono passati dalla caduta del regime di Ceausescu, nel 1989. Ora che la
Romania si è scrollata di dosso l’etichetta di Paese comunista ed è entrata a
pieno ritmo nei meccanismi dell’economia occidentale, Nastase si propone come
l’erede del presidente uscente Ion Iliescu, avendo anche raggiunto il traguardo
dell’ingresso nella Nato. Ma secondo il candidato dell’opposizione, Traian
Basescu, il Paese è ancora povero e ha bisogno di sradicare la corruzione
presente a tutti i livelli. A capo dell’Alleanza Giustizia e Verità, lo
sfidante di Nastase chiede di prestare maggiore attenzione alle esigenze
sociali dei cittadini. Sette i punti di vantaggio del premier che al primo
turno ha ottenuto quasi il 41 per cento delle preferenze. Appare dunque
difficile per Basescu riuscire a rovesciare i consensi a proprio favore, anche
perché secondo alcuni giornalisti della radiotelevisione statale il governo
social democratico di Bucarest avrebbe esercitato forme di controllo
dell’informazione a proprio vantaggio durante la campagna elettorale.
Per
la Radio Vaticana, Emiliano Bos.
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In
Israele il partito laburista ha avviato i negoziati con lo schieramento di
maggioranza, il Likud, per la formazione di un governo di unità nazionale.
L’ingresso della formazione di centro sinistra nell’esecutivo di Ariel Sharon
eviterebbe lo svolgimento di elezioni anticipate e sarebbe determinante per
l’applicazione del piano di ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza e dal
nord della Cisgiordania, fortemente voluto dal primo ministro. Il partito laburista,
interessato in particolare ai dicasteri dell’Interno, delle Infrastrutture e
dell’Istruzione, ha già reso noto di rinunciare ai ministeri chiave degli
Esteri, della Difesa e delle Finanze, che invece resteranno al Likud. La radio
israeliana ha anticipato inoltre che al leader laburista, Shimon Peres,
dovrebbero essere affidate diverse responsabilità, tra le quali la supervisione
della Commissione dell’Energia Atomica e del Consiglio di sicurezza nazionale.
L’emittente radiofonica ha anche annunciato che il governo di Tel Aviv libererà
alcuni detenuti palestinesi. La
decisione è stata presa dopo il rilascio anticipato dell’israeliano Azzam,
condannato per spionaggio a 15 anni di lavori forzati in Egitto. Ma a questa
notizia si deve anche aggiungere il dramma di una nuova operazione militare:
nei Territori, infatti, cinque bambini palestinesi sono stati feriti nel sud
della striscia di Gaza da un colpo di cannone sparato da soldati israeliani.
Ancora
notizie di attentati e violenze dall’Iraq: un soldato statunitense è stato
ucciso, da ribelli nella provincia di Al Anbar ed un poliziotto iracheno è
stato assassinato da uomini armati a Baghdad. Un’autobomba è esplosa, inoltre,
nella città curda di Erbil ferendo almeno due persone. Nel Paese arabo, dove è
stato sabotato un oleodotto nei pressi di Kirkuk, le forze americane hanno
terminato, intanto, una massiccia operazione di rastrellamento. L’azione,
compiuta nella zona di Baquba, ha portato all’arresto di almeno 50
guerriglieri.
Almeno
tredici persone sono morte ed altre sessanta rimaste ferite per un'esplosione
avvenuta in un mercato di General Santos, nel sud delle Filippine. Le autorità
non hanno ancora resa nota la causa della deflagrazione. Nei giorni scorsi è
stato lanciato, nel Paese, l’allarme di una ripresa delle attività terroristiche
del gruppo fondamentalista islamico Abu Sayyaf.
Dopo
le parlamentari di ieri il presidente di Taiwan, Chen Shui-bian, ha
riconosciuto la sconfitta e ha dichiarato di essere “l’unico responsabile”
della disfatta del suo partito, lo schieramento filo indipendentista. L’esito
delle parlamentari, che ha visto la vittoria del partito nazionalista Kuomintang,
pone le premesse per una distensione nei rapporti con Pechino.
In
Portogallo il primo ministro Pedro Santana Lopes ha annunciato le proprie
dimissioni. L’annuncio del premier arriva dopo le decisioni del presidente
della Repubblica, Jorge Sampaio, di sciogliere il Parlamento e di indire
elezioni anticipate per il prossimo 20 febbraio. Il dimissionario capo di governo
ha anche annullato il summit franco portoghese che si sarebbe dovuto tenere
domani in Francia sui temi della scienza e della competitività.
Con
il duello a distanza di ieri tra Berlusconi e Prodi su legge finanziaria e
fisco è di fatto cominciata la lunga campagna elettorale in vista delle regionali
del prossimo anno e delle politiche in programma nel 2006. Berlusconi ha
sottolineato l'importanza del taglio delle tasse, mentre Prodi ha parlato di
un'Italia da ricostruire. Sullo sfondo restano i tormentati rapporti tra
politica e giustizia, dopo le sentenze pronunciate nelle ultime 48 ore a Milano
e a Palermo. Il servizio di Giampiero Guadagni.
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Ad otto anni di distanza ricomincia la sfida tra
Berlusconi e Prodi. I toni sono aspri, ma i contenuti almeno ieri squisitamente
politici. Il presidente del consiglio ha celebrato a Mestre il no tax day di
Forza Italia. La riforma fiscale, ha detto, segna la fine dello Stato
mangiasoldi. Il taglio delle tasse, ha aggiunto, è il cuore del contratto con
gli italiani del 2001. Da Milano, al suo rientro ufficiale come guida del
centrosinistra, replica Romano Prodi: la finanziaria peserà per 31 miliardi di
euro, ci saranno nuove imposte che non aiuteranno le imprese e peseranno sui
più poveri. Ma il duello è a tutto campo. Berlusconi insiste sulla necessità di
ritoccare il sistema elettorale e di cancellare la legge sulla par condicio. Prodi risponde con un perentorio
no al cambiamento a colpi di maggioranza delle regole del confronto elettorale.
In sostanza, Berlusconi esalta i risultati del governo più longevo della storia
repubblicana; Prodi parla di tre anni disastrosi e di un'Italia da ricostruire.
I due leader non hanno invece affondato i colpi sul delicato rapporto
politica-giustizia. Almeno ieri, nel giorno cioè della condanna del senatore di
Forza Italia Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, e il
giorno dopo l'articolata sentenza di assoluzione e prescrizione di Berlusconi
nel processo Sme. Certo, la maggioranza ha fatto quadrato attorno a Dell'Utri.
E l'opposizione ha definito pesantissima la condanna. Piuttosto, Prodi ha
attaccato la riforma della giustizia appena approvata. Sulla quale, ricordiamo,
è attesa nei prossimi giorni la decisione del capo dello Stato che dovrà
promulgarla o rinviarla alle Camere.
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In Somalia
il Parlamento ha sfiduciato il governo con una mozione approvata a stragrande
maggioranza. La formazione governativa di 34 ministri, presieduta dal premier
Mohammed Gedi, era stata istituita solo 10 giorni fa. I parlamentari che hanno
sfiduciato l’esecutivo, accusano il governo di non rappresentare in modo
equilibrato i clan del Paese africano.
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