RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 345 - Testo della trasmissione di venerdì 10  dicembre 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Testimoniare con coerenza la fede e mostrare in ogni aspetto della vita la propria identità cattolica: il Papa richiama i vescovi degli Stati Uniti a trasmettere l’urgenza di questo impegno a tutti i loro fedeli

 

Nella seconda predica d’Avvento in Vaticano, padre Raniero Cantalamessa parla ancora dell’Eucaristia e cita la frase di un ateo:  “Se   potessi credere   che in  quell’Ostia c’è veramente il figlio di Dio,  cadrei in ginocchio e non mi rialzerei più!”.

 

Giovedì 16 dicembre la presentazione in Vaticano del messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace 2005, dal titolo: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si celebra oggi la Giornata dei diritti umani: ce ne parla Antonio Marchesi

 

Dibattito in Algeria sulle modifiche del codice di famiglia. Le donne chiedono la parità dei diritti,

ma i movimenti islamici radicali invocano il rispetto della sharia. Con noi Lucie Pruvost

 

A Roma domani e dopodomani il progetto “Kindetrip” per aiutare l’Angola: ce ne parla Daniela Ruzzenenti

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi canadesi riaffermano il ruolo e i diritti sociali del matrimonio fondato sulla famiglia, mentre la Corte suprema del Paese ha compiuto il primo passo per la legalizzazione delle unioni omosessuali

 

Il presidente della Conferenza episcopale francese Ricard chiede a Chirac di legare l’apertura dei negoziati per l’adesione della Turchia  nell’UE al rispetto della libertà religiosa

 

La guerriglia nel nord della Costa d’Avorio costringe 5 mila civili alla fuga

 

Estremisti islamici in India attaccano e danneggiano gravemente la chiesa di San Francesco d’Assisi nello Stato del Tamil Nadu

 

Oggi si celebra la festa della Madonna di Loreto

 

24 ORE NEL MONDO:

Evitata la crisi di governo in Israele: il partito di Sharon, il Likud, ha approvato la proposta del premier per l’allargamento della coalizione ai laburisti

 

In Iraq rilasciati due autisti di Sri Lanka e Bangladesh. Giudicato colpevole di omicidio il militare americano che lo scorso mese di agosto ha ucciso un civile iracheno disarmato e ferito

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 dicembre 2004

 

 

TESTIMONIARE CON COERENZA LA FEDE E MOSTRARE IN OGNI ASPETTO DELLA VITA

LA PROPRIA IDENTITA’ CATTOLICA: IL PAPA RICHIAMA I VESCOVI DEGLI STATI UNITI

 A TRASMETTERE L’URGENZA DI QUESTO IMPEGNO A TUTTI I LORO FEDELI

 

Con l’udienza di stamane dei vescovi del Minnesota, del Nord Dakota e del Sud Dakota si sono conclusi gli incontri del Papa con l’episcopato statunitense in visita ad Limina Apostolorum, dedicati in particolare a riflettere sui doni spirituali ricevuti con l’ordinazione episcopale e sui compiti dell’insegnamento, della santificazione e della missione affidati ai successori degli Apostoli. Il servizio è di Roberta Gisotti:

 

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Primo, “un fraterno incoraggiamento”: a “perseverare gioiosamente” nel ministero episcopale, obbedendo all’autentico insegnamento della Chiesa. Secondo “un accorato appello”: a “tenere lo sguardo fisso sulla grande meta posta davanti alla Chiesa all’alba del terzo Millennio”: ovvero proclamare “Gesu Cristo, come Redentore dell’umanità”. Sono i due incarichi affidati oggi dal Papa a tutti i presuli americani a conclusione degli incontri durati otto mesi, durante i quali Giovanni Paolo II ha ascoltato la “viva voce” della Chiesa negli Stati Uniti, fonte di grande consolazione ma pure ha condiviso la profonda sofferenza che i vescovi e il loro popolo hanno sperimentato in questi ultimi anni ed ha verificato la determinazione dei presuli ad affrontare “correttamente e prontamente” i seri problemi pastorali che ne sono conseguiti.

 

Da parte mia - ha ricordato il Santo Padre – vi ho incoraggiato ad essere “sentinelle vigilanti, coraggiosi profeti, testimoni credibili e servi fedeli di Cristo per il Popolo di Dio affidato alla vostra cura”. In particolare vi ho richiamati “ad adottare uno stile di vita distinto dalla povertà evangelica, che rappresenta un’indispensabile condizione per un fruttuoso ministero episcopale”.

 

Alla luce di ciò Giovanni Paolo, ancora una volta ha lodato gli sforzi compiuti dai presuli perché “ogni individuo e gruppo nella Chiesa comprenda l’urgente necessità di una coerente, onesta e fedele testimonianza di fede cattolica e perché ogni istituzione e apostolato ecclesiale esprima in tutti gli aspetti della sua vita una chiara identità cattolica”. Il Papa ha infine raccomandato di evangelizzare la cultura” e di collaborare con “donne e uomini di buona volontà nel costruire una cultura del rispetto della vita”.

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LA FEDE È NECESSARIA PERCHÉ LA PRESENZA DI GESÙ NELL’EUCARISTIA

SIA NON SOLO REALE, MA ANCHE PERSONALE: COSI’ PADRE RANIERO CANTALAMESSA NELLA SECONDA PREDICA D’AVVENTO IN VATICANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“Credo ciò che ha detto il figlio di Dio”: è questo il tema chiave della seconda predica di Avvento, tenuta stamani nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, alla presenza del Papa e della Famiglia Pontificia, da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia. Le riflessioni sono incentrate sull'Eucaristia alla luce dell’inno Adoro te devote. La terza e ultima predica d’Avvento avrà luogo il 17 dicembre. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Pregare con le parole dell’Adoro te devote significa per noi oggi inserirci nell’onda calda della pietà eucaristica delle generazioni che ci hanno precedute, dei tanti santi che l’hanno cantato”: padre Raniero Cantalamessa ha sintetizzato così lo straordinario valore dell’inno sacro attribuito a San Tommaso d’Aquino. Quindi, ha citato la strofa centrale dell’Adoro te devote:

 

“Vista, tatto e gusto, tutto qui è all’oscuro, all’udito solo credere è sicuro. Del Figlio di Dio credo alla parola. Alla fede basta questa cosa sola”.

 

L’inno, ha proseguito, sembra aver semplicemente messo in poesia il mistero del Corpo e Sangue di Cristo presente nell’Eucaristia. Qualcosa “che non si può percepire né con i sensi né con l’intelletto, ma con la sola fede”. Certo, ha aggiunto, non sempre è facile per i fedeli comprendere la parola transustanziazione. Un concetto che ha provato a spiegare con una colorita metafora:

 

“Vedendo una signora uscire dal parrucchiere con una acconciatura tutta nuova, viene spontaneo esclamare: ‘Che trasformazione!’ Nessuno si sogna di esclamare: ‘Che transustanziazione!’. Giustamente; sono infatti cambiati la forma e l’aspetto esterno, ma non l’essere profondo e la personalità. Sono cambiate le apparenze, non la sostanza. Nell’Eucaristia avviene esattamente il contrario: cambia la sostanza, ma non le apparenze”.

 

Ha così avvertito che “non è possibile mantenere viva e significativa la comprensione dell’Eucaristia nella Chiesa di oggi se ci arrestiamo allo stadio della riflessione teologica raggiunto molti secoli fa”. E ha poi sottolineato come l’Adoro te devote ci invita a gridare la verità enunciata, condensata in una parola: credo.

 

“La fede è necessaria perché la presenza di Gesù nell’Eucaristia non sia soltanto reale, una presenza reale, ma sia anche una presenza personale, cioè da persona a persona. Altro, infatti, è l’‘esserci’, altro l’‘essere presente’: io posso trovarmi nella metropolitana schiacciato dalla folla intorno, ma non è che io sono presente all’altro e l’altro è presente a me, perché ci ignoriamo!”.

 

Già al tempo in cui Gesù era presente fisicamente sulla terra, ha constatato, “occorreva la fede; altrimenti – come ripete tante volte egli stesso nel Vangelo – la sua presenza non serviva a niente”. Padre Cantalamessa ha poi ricordato una viva esortazione di Sant’Agostino: “Non spalancare la bocca soltanto quando ricevi l’Eucaristia, ma il cuore. Non ci nutre ciò che vediamo, ma ciò che crediamo”. Il predicatore della Casa Pontificia ha messo l’accento sull’opportunità dell’Anno eucaristico proclamato da Giovanni Paolo II. Il sacramento, “senza la fede è inoperante”. Se davvero prendessimo sul serio l’Eucaristia, ha avvertito, cambierebbe la nostra vita:

 

“Forse potremmo capire quello che diceva quell’ateo: ‘Se io potessi credere come voi che in quell’ostia c’è veramente il Figlio di Dio, io credo che cadrei in ginocchio e non mi rialzerei più!’”.

 

Il pericolo più grave, che corre l’Eucaristia, ha concluso padre Cantalamessa, “è l’assuefazione, il darla per scontata e quindi banalizzarla. Occorre che ogni tanto si riascolti anche tra noi il grido di Giovanni Battista: “In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete!”

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto in successive udienze anche il cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; mons. Alojzij Uran, arcivescovo di Ljubljana, in Slovenia.

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kabgayi in Rwanda, presentata da mons. Anastase Mutabazi, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

 

 

GIOVEDI’ 16 DICEMBRE LA PRESENTAZIONE IN VATICANO DEL MESSAGGIO DEL PAPA

PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2005, DAL TITOLO:

“NON LASCIARTI VINCERE DAL MALE, MA VINCI CON IL BENE IL MALE”

 

“Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”: questo è il titolo del Messaggio del Papa per la 38.ma Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2005 che sarà presentato giovedì prossimo 16 dicembre 2004, alle ore 11.00, nella Sala Stampa della Santa Sede. Il documento sarà illustrato, tra gli altri, dal cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

 

La riflessione del Papa – spiega una nota vaticana – “intende sollecitare una presa di coscienza sul male come causa e fonte di conflitti e guerre e, nello stesso tempo, sul legame inscindibile tra il bene morale e la pace” e ribadisce l’esistenza di una “stretta connessione tra diritto allo sviluppo e diritto alla pace”.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina l’Iraq: liberati due ostaggi che erano stati rapiti oltre un mese fa.

Sempre in prima, la notizia che in India è stata assaltata e danneggiata una chiesa nel Tamil Nadu.

 

Nelle vaticane, nel discorso a vescovi degli Stati Uniti d’America, il Pontefice ha esortato ad adottare uno stile di vita contraddistinto da quella povertà evangelica che rappresenta la condizione indispensabile di un fecondo ministero.

Due pagine dedicate alle celebrazioni svoltesi nelle diocesi italiane in occasione della solennità dell'Immacolata Concezione.

 

Nelle estere, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “Si fa sempre più drammatica e scandalosa la condizione dei bambini del mondo”: i rapporti pubblicati dalle agenzie dell’ONU danno scandalo e interpellano le coscienze.  

 

Nella pagina culturale, un articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo “Gli epigrammi di Papa Damaso”: la festa del Santo Patrono dell’archeologia cristiana.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 dicembre 2004

 

 

SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA DEI DIRITTI UMANI

- Intervista con Antonio Marchesi -

 

 

L’educazione ai diritti umani è molto più di una lezione o di un tema a scuola: è un processo in grado di fornire alle persone gli strumenti che occorrono per vivere in sicurezza e dignità. E’ questo uno dei passaggi del messaggio del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in occasione dell’odierna Giornata internazionale dei diritti umani. In questo 2004, annuncia Annan, l’Assemblea generale celebra la fine del decennio delle Nazioni Unite per l’educazione ai diritti umani prendendo in esame la raccomandazione di proclamare un programma mondiale per l’educazione ai diritti umani. Sono passati 56 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Fu proclamata nel 1948 dall’Assemblea generale dell’ONU. Venne scritto e approvato dagli stati firmatari che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per il solo fatto di essere venuto al mondo. Ma sono ancora troppi i punti disattesi. Servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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La Dichiarazione universale dei diritti umani fu un atto rivoluzionario: per la prima volta i diritti umani venivano riconosciuti a livello internazionale. Gli Stati si impegnavano a rispettarli: da quel momento non erano più liberi di trattare come meglio ritenevano i propri cittadini o chiunque si trovasse sul loro territorio. Era stato creato un documento che riguardava tutte le persone del mondo, senza distinzioni.

 

Ad oggi, l’elenco dei diritti si è allungato. A quelli vecchi, non certo obsoleti, se ne sono aggiunti altri legati al progresso dell’umanità. Ma un elemento non è variato nel tempo: quegli stessi Stati che riconoscono questi diritti, sono gli stessi a violarli.

 

Antonio Marchesi è docente di Organizzazioni internazionali e protezione internazionale dei diritti umani all’Università di Teramo. Dal 1990 al 1994 è stato presidente di Amnesty International Italia:

 

“Possiamo dire che i diritti umani, purtroppo, sono violati. Spesso i diritti sono anche aggirati, quindi al di là delle violazioni riconosciute come tali, che gli Stati però cercano di nascondere agli occhi del mondo, c’è anche un atteggiamento degli Stati che tende a svuotare di contenuto i diritti. Soprattutto in questi ultimi anni, forme di interrogatorio, forme di trattamento di detenuti che dovrebbero rientrare a tutti gli effetti nella nozione di “tortura”, sono considerate dagli Stati qualcosa di diverso dalla tortura e quindi qualcosa di “non vietato”, giustificato in qualche modo in nome di valori diversi che possono essere la sicurezza o la lotta contro il terrorismo”.

 

Nessuno dei Paesi firmatari di quella Dichiarazione può dire di averla onorata. I recenti conflitti, come quelli in Afghanistan, in Iraq, in Medio Oriente registrano un maggior numero di vittime innocenti e una totale “distrazione” nei confronti dei diritti delle popolazioni civili e dei prigionieri di guerra. Accanto a nuovi diritti, si evidenziano nuove violazioni. Ancora Marchesi:

 

“Ci sono anche i volti nuovi della repressione, alcune violazioni particolarmente gravi dei diritti umani che oggi conosciamo bene, a cominciare dalle sparizioni forzate e involontarie – non erano conosciute in quanto tali, all’epoca dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani; direi che purtroppo, anche sul piano delle violazioni dei diritti più classici si utilizzano i progressi della medicina e della psicologia per violare in maniera sempre più efficace la dignità degli esseri umani. La tortura di oggi tende a colpire non tanto l’integrità fisica della persona, ma la sua integrità morale, la sua personalità. Si vuole distruggere una persona, in casi estremi addirittura senza toccare il suo corpo, senza “farle male”. Si colpisce la sua capacità di resistere, la sua capacità di formarsi dei convincimenti autonomi ... tutto questo è tortura moderna, sofisticata. Evidentemente, anche l’azione di contrasto e anche i divieti previsti nelle leggi devono essere adeguati alla realtà del fenomeno. Se si dà della tortura una nozione riduttiva, arcaica, che non corrisponde alla realtà dei fatti, evidentemente la lotta contro le violazioni dei diritti umani non avrà successo!

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DIBATTITO IN ALGERIA SULLE MODIFICHE DEL CODICE DI FAMIGLIA.

LE DONNE CHIEDONO LA PARITA’ DEI DIRITTI,

MA I MOVIMENTI ISLAMICI RADICALI INVOCANO IL RISPETTO DELLA SHARIA

- Con noi, Lucie Pruvost -

 

E’ dibattito in Algeria sulle modifiche al “Codice di famiglia”. Le associazioni femministe chiedono la promulgazione di leggi che riconoscano la parità dei diritti tra uomini e donne, ma i musulmani radicali invocano il rispetto della Sharia, la legge islamica. Di tutto questo si è parlato nei giorni scorsi a Roma, nel convegno “La donna algerina: società, famiglia e cittadinanza”, organizzato dal Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica. All’incontro ha partecipato la dottoressa Lucie Pruvost, giurista ed esperta di legge islamica. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Dopo venti anni, il “Codice di famiglia” algerino sta per essere modificato attraverso una serie di emendamenti presentati recentemente in parlamento da associazioni femministe. Diversi i cambiamenti proposti. Principalmente, stabilendo che il “matrimonio è un contratto consensuale”, si abolisce la figura del tutore. Mentre prima il marito poteva divorziare anche senza una ragione specifica, nel nuovo testo uomo e donna sono su un livello di uguaglianza e chi divorzia unilateralmente deve pagare gli alimenti. Ancora, in caso di separazione, il marito dovrà lasciare il domicilio coniugale e assicurare alla moglie che si prende cura dei figli “un’abitazione decente”. Se il nuovo codice non abolisce la poligamia, tuttavia, la rende difficilmente praticabile: per poter prendere una seconda moglie, infatti, è necessaria l’autorizzazione di un giudice. Ma l’azione di riforma è accompagnata da un acceso dibattito segnato, prevalentemente, dalla difficile integrazione fra spinte tradizionaliste ed esigenze di modernità. Sin dalle prime battute, vi è una forte contestazione da parte degli islamisti radicali i quali giudicano tale disegno una violazione dei principi sacri della legge musulmana. Sentiamo Lucie Pruvost, esperta di questioni di legge in Paesi musulmani:

 

R. – Non è possibile parlare di un cambiamento di statuto riguardo alle successioni e all’eredità, perché questo è chiaramente espresso nel Corano. In realtà, finora, non c’è stata una volontà politica di cambiare le cose. E’ un po’ difficile. Ho sentito parlare di un’inchiesta sociologica dalla quale sembra che parecchie persone in Algeria accetterebbero un cambiamento. Ma è ancora difficile anche perché ci sono i radicali islamici che, quando si parla della Sharia, alzano il tono. Quindi sarà un po’ difficile cambiare.

                               

Dunque, quando si tratta dello statuto delle donne, la Sharia emerge come fonte del diritto. Ma molte donne rifiutano situazioni di ingiustizia. Un rifiuto che prende la forma di un’aspirazione all’uguaglianza inscritta in una legge.

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DA DOMANI A ORMA IL PROGETTO “KINDETRIP” PER AIUTARE L’ANGOLA

- Intervista con Daniela Ruzzenenti -

 

 

Una vendita natalizia e un concerto per sostenere un Centro di assistenza socio-sanitaria per 48 villaggi nel nord dell’Angola. Li propone domani e dopodomani a Roma, a Palazzo Barberini, l’associazione “Amigos da Angola” che, con il cosiddetto “Progetto Kindetrip”, aiuta il Paese a risollevarsi dopo 27 anni di guerra civile. Lo Stato è il terzo al mondo per presenza di mine antiuomo nel territorio. Al microfono di Roberta Moretti, la dott.ssa Daniela Ruzzenenti, presidente di “Amigos da Angola”:

 

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R. – In Angola c’è un grandissimo divario tra la popolazione e chi comanda il Pae-se. Perché il Paese, di base, è molto ricco ma la gente è tra la più povera del mondo. Le scuole sono chiuse, non ci sono più maestri che sappiano insegnare perché si sono disabituati, non c’è nessun tipo di struttura di base in tantissime regioni: mancano ospedali, mancano progetti se non quelli che si concentrano nelle regioni più facilmente raggiungibili dalle organizzazioni internazionali.

 

D. – In che cosa consiste concretamente il “Progetto Kindetrip”?

 

R. – Noi abbiamo risposto ad una chiamata delle Suore Serve dello Spirito Santo, nel 1995, come un’emergenza drammaticissima in questa area molto trascurata dalle organizzazioni internazionali perché in guerra, e molto “infetta”, da un punto di vista sanitario per la presenza della mosca tse-tse che uccideva fino all’80 per cento dei bambini e anche gran parte della popolazione adulta, e poi la malaria e le altre malattie endemiche. Adesso, il centro è pienamente funzionante, abbiamo 60 posti-letto, abbiamo iniziato un progetto per l’educazione socio-sanitaria alle donne, per l’istruzione ai bambini, per il recupero di un minimo di agricoltura nella zona per potere diversificare l’alimentazione, perché lì più che di fame si moriva di malnutrizione. E poi, speriamo di avviare un progetto di scambi tra l’interno, dove noi siamo, e la costa per potere mettere in moto anche una piccola economia.

 

D. – La popolazione locale, come ha accolto l’iniziativa?

 

R. – Devo dire con grandissimo entusiasmo, ed è stato proprio il motivo che ci ha spinti a non abbandonare, quando abbiamo avuto notizia che non avremmo avuto nessun intervento economico internazionale, ad andare avanti. Quindi, non c’è stato nessun rifiuto, anzi: però, è difficile coinvolgerli ed è proprio la mia sfida, quella di riuscire a far loro tutto questo Centro che abbiamo costruito, cioè a passarlo nelle loro mani.

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CHIESA E SOCIETA’

10 dicembre 2004

 

 

I VESCOVI CANADESI RIAFFERMANO IL RUOLO E I DIRITTI SOCIALI

DEL MATRIMONIO FONDATO SULLA FAMIGLIA, MENTRE LA CORTE SUPREMA DEL PAESE

HA COMPIUTO IL PRIMO PASSO PER LA LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI OMOSESSUALI

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

OTTAWA. = “Il matrimonio è un’alleanza d’amore tra un uomo e una donna. I suoi “obiettivi fondamentali sono il bene della coppia, la procreazione e l’educazione dei figli, necessari alla sopravvivenza della società”, per la quale è portatore di “stabilità”. Inoltre, “a titolo d’istituzione sociale, il matrimonio è ordinato al bene comune e non ai diritti individuali”. I vescovi del Canada hanno ribadito in una Dichiarazione la posizione della Chiesa alla vigilia della sentenza della Corta suprema del Paese nordamericano, che ieri ha dato in sostanza il via libera alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali. Pur proteggendo il diritto delle confessioni religiose di rifiutarsi di sposare coppie di persone dello stesso sesso, la Corte ha stabilito che il governo può legittimamente legiferare sul matrimonio e che la formula contenuta in una proposta di legge del governo, che definisce matrimonio “una unione legale di due persone”, non è anticostituzionale. Di fatto, i giudici in sei province canadesi e un territorio hanno già contestato la definizione tradizionale di matrimonio tra persone di sesso diverso, consentendo a migliaia di coppie gay di sposarsi. Definizione che invece la Conferenza episcopale ha voluto riaffermare, rivolgendo un appello alle forze politiche, ora che il confronto sul tema passa alla fase parlamentare. “Noi - scrivono i presuli canadesi - esortiamo i membri del Parlamento a condurre un dibattito completo, informato e vigoroso su tale questione e domandiamo lo svolgimento di un voto libero che permetta a tutti i deputati di votare secondo coscienza”. Se il governo canadese proseguirà in questo iter legislativo, il Canada diventerà la terza nazione al mondo a consentire i matrimoni tra persone dello stesso sesso, dopo Belgio e Olanda. Contro questa eventualità, i vescovi chiudono la loro Dichiarazione con un appello ai laici cristiani perché svolgano un “ruolo attivo” in questo dibattito, destinato a lasciare un segno nella prossima generazione.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE CHIEDE A CHIRAC

 DI LEGARE I NEGOZIATI SULL’ADESIONE DELLA TURCHIA  ALL’UNIONE EUROPEA

 AL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI DEL PAESE A MAGGIORANZA MUSULMANA

 

PARIGI. = “Vegliare perché la Francia esiga come condizione per eventuali negoziati con la Turchia il rispetto della libertà religiosa, il riconoscimento delle minoranze religiose e uno statuto giuridico conforme alle convenzioni in vigore”. E’ questa la raccomandazione che il presidente della Conferenza episcopale francese, mons. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, ha rivolto al presidente Jacques Chirac, in vista del Consiglio Europeo che si riunirà il 16 e il 17 dicembre. Il presule ha espresso il proprio dispiacere per il fatto che “l’apertura di eventuali negoziati con la Turchia non sia stata subordinata al completo rispetto di tutti i diritti fondamentali, che costituiscono la base della coesione dell’Unione Europea”. Da parte sua, il vicepresidente della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE), mons. Hippolyte Simon, arcivescovo di Clermont, ha fatto sapere che “dopo essere venuti a conoscenza di un rapporto dedicato alla questione dello statuto delle minoranze religiose in Turchia, i vescovi della COMECE sono rimasti sorpresi per il fatto che la raccomandazione della Commissione Europea del 6 ottobre scorso taccia riguardo alle mancanze in materia di libertà religiosa esistenti in Turchia”. Per questo motivo, la COMECE “chiede ai capi di Stato e di governo di vegliare perché lo Stato turco si impegni fin d’ora a riconoscere uno statuto giuridico ufficiale alle minoranze religiose presenti nel Paese”. Come ricorda mons. Simon, tutti i componenti dell’UE offrono uno statuto legale alle varie Chiese e comunità religiose e non si può prescindere da uno dei principali pilastri della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. (R.A.)

 

 

LA GUERRIGLIA NEL NORD DELLA COSTA D’AVORIO COSTRINGE 5 MILA CIVILI ALLA FUGA. ATTESO NELL’AREA UN CONVOGLIO DELLA CARITAS DI ABIDJAN, MENTRE SONO

 IN ALLERTA ANCHE I FUNZIONARI DEL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE

PRIKRO (COSTA D’AVORIO). = Sono quasi cinquemila i civili che negli ultimi 15 giorni hanno abbandonato alcuni villaggi nei dintorni di M'Bahiakro - zona centrosettentrionale della Costa d'Avorio sotto il controllo dei ribelli - dopo aver subito violenze ed essere stati costretti alla fuga da una rappresaglia di cui ancora non si conoscono i motivi. Lo riferiscono fonti della Misna, secondo la quale oltre 1.200 sfollati, quasi tutti appartenenti all'etnia Ngen, hanno trovato rifugio a Prikro, appena oltre la linea di confine che divide la zona controllata dai miliziani di Forze Nuove da quella in mano al governo del presidente Laurent Gbagbo. Il resto del gruppo è stato accolto in alcuni villaggi circostanti. “Stiamo ancora terminando il censimento, ma per il momento abbiamo stimato 4-5 mila persone – ha dichiarato una fonte alla Misna - Provengono tutti da piccoli centri una sessantina di chilometri a nord di M'bahiakro e hanno lasciato le loro case in tutta fretta. Non sono riusciti a portare via nulla delle loro cose e adesso hanno bisogno di aiuto e di assistenza”. Secondo le informazioni raccolte, la Caritas di Abidjan dovrebbe far giungere nelle prossime ore agli sfollati un convoglio con cibo e beni di prima necessità, mentre nei prossimi giorni a Prikro sono attesi i funzionari del PAM, il Programma alimentare mondiale dell'Onu, che si sarebbe impegnato a garantire il sostentamento dei profughi per i prossimi mesi. (A.D.C.)

 

 

ESTREMISTI ISLAMICI IN INDIA ATTACCANO E DANNEGGIANO GRAVEMENTE

LA CHIESA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI NELLO STATO DEL TAMIL NADU.

L’EPISODIO SEGUE LE RIPETUTE MINACCE LANCIATE CONTRO CRISTIANI ED EBREI

 

MATHAL (INDIA). = La chiesa cattolica di San Francesco di Assisi a Mathal, nello Stato indiano meridionale del Tamil Nadu, è stata attaccata e danneggiata da un gruppo di estremisti. L'episodio è avvenuto il 3 dicembre scorso, ma solo ora ne è giunta notizia all'agenzia vaticana Fides dalla Conferenza Episcopale Indiana. Il gruppo di fanatici ha danneggiato il portale della chiesa, rotto alcune vetrate e distrutto la statua di San Francesco Saverio presente sulla facciata dell'edificio. All'interno della chiesa è stata anche ritrovata inesplosa una bomba rudimentale, fatta a mano. La responsabilità dell'attacco, secondo gli inquirenti, è da attribuire questa volta a gruppi fondamentalisti di matrice islamica. Nei giorni precedenti – riferisce ancora la Fides - erano giunte minacce contro il parroco e i cattolici, mentre sui muri della chiesa erano comparse scritte intimidatorie contro cristiani ed ebrei, firmate dal gruppo Byath. Secondo la stampa locale del Tamil Nadu, il gruppo raccoglie estremisti islamici della zona. La chiesa di San Francesco proprio in questi giorni celebrava il 75.mo anniversario della sua fondazione. In occasione dell'evento, il parroco padre Perpetual ha organizzato una speciale “Giornata dell'Armonia”, dedicata al dialogo fra fedeli delle diverse religioni. Il religioso ha detto di essere stupito per l'accaduto, perché in quell’area “indù, musulmani e cristiani hanno sempre convissuto pacificamente”. (A.D.C.)

 

 

OGGI SI CELEBRA LA FESTA DELLA MADONNA DI LORETO.

IERI SERA, IL CARDINALE RE HA PRESIEDUTO LA VEGLIA DI PREGHIERA E STAMATTINA HA CELEBRATO LA MESSA NELLA SANTA CASA, ALLA PRESENZA DELL’ARMA DELL’AEREONAUTICA

 

LORETO. = Pellegrinaggi, fiaccolate e falò per celebrare, come da tradizione, la “Traslazione” della Santa Casa di Loreto. La “Festa della Venuta”, com’è chiamata, ha visto le campagne attorno al Santuario accendersi di fuochi e le campane suonare a distesa, mentre migliaia di persone, venute anche dai paesi vicini, hanno assistito alla solenne processione con la statua della Madonna lauretana. In precedenza, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, aveva presieduto la veglia di preghiera nel Santuario, mentre questa mattina il porporato ha celebrato la Messa alla presenza dell’Arma dell’Aeronautica. Dal 24 marzo 1920, tutti gli aviatori del mondo, per volontà di Benedetto XV, venerano come loro patrona la Madonna di Loreto, la cui casa di Nazareth, nella quale la Vergine ricevette l’annuncio della nascita di Cristo, fu trasportata, in questa cittadina delle Marche, secondo la tradizione, nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294. Oltre che a Loreto, nella serata e nella notte di ieri si sono succedute in tutte le Marche manifestazioni a carattere religioso. La “Festa della venuta”, celebrata in modo particolarmente solenne anche a Macerata, ha visto ieri sera una fiaccolata animata da centinaia di giovani partire dalla chiesa di Santa Maria della Porta e terminare nella vicina Piazza della Libertà, dove nello spazio davanti al Municipio - sulla cui facciata c'è un'effigie della Madonna - è stato acceso un grande falò. Alla presenza del vicario generale della Diocesi, mons. Pio Pesaresi, i giovani di Comunione e Liberazione hanno dato l'annuncio del 27.mo Pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto. La manifestazione, che annualmente richiama circa ventimila persone da tutta Italia e da altri paesi d'Europa, nel 2005 si svolgerà nella notte tra l'11 ed il 12 giugno. (A.D.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 dicembre 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Israele il partito del premier Ariel Sharon, il Likud, ha votato a favore di un’alleanza con il partito laburista, attualmente all’opposizione, e con due formazioni religiose ultraortodosse. La proposta di un allargamento della coalizione di governo, lanciata da Sharon, è stata approvata dal 62 per cento dei votanti. Dopo aver appreso l’esito della consultazione, il primo ministro ha invitato il leader laburista, Shimon Peres, a partecipare ai negoziati per la formazione di un esecutivo di unità nazionale. L’adesione del partito di centro sinistra consentirebbe a Sharon di evitare le elezioni anticipate e di far avanzare il suo piano per il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza e dal nord della Cisgiordania. La risposta dei laburisti alla proposta di entrare nel governo dovrebbe arrivare domani, ma il loro ‘sì’ appare scontato. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Antonio Ferrari, inviato speciale ed analista del Corriere della Sera:

 

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R. – Peres, in fondo, anelava a questa collaborazione, anche perché può essere una collaborazione determinante. Non dimentichiamo che il piano di ritiro unilaterale da Gaza, voluto da Sharon, ha bisogno di un forte sostegno all’interno del Parlamento. E i laburisti, ovviamente, sono favorevoli a questo piano. Ora, il fatto che Sharon abbia deciso di evitare le elezioni e di fare un’alleanza con i laburisti, significa che vuole realizzare il disimpegno; Peres, naturalmente, gli darà una mano.

 

D. – Sharon ha detto che non ha intenzione di stravolgere il governo per far spazio ai laburisti. I ministri importanti – ha aggiunto - non si toccano. I laburisti dove andranno?

 

R. – E’ evidente che Peres avrebbe voluto il ministero degli Esteri: questo è abbastanza chiaro. Però, la base del Likud è stretta intorno a Shalom, l’attuale ministro degli Esteri. Vengono poi considerati inamovibili lo stesso Netanyahu, che è il vero alter ego di Sharon, e ovviamente il “falco” Mofaz, ministro della Difesa. Credo che a Peres verrà offerta la vice-presidenza del Consiglio dei ministri. Sarà il vice di Sharon e poi avrà un compito che potrebbe anche diventare parallelo a quello di Shalom come inviato di Israele in giro per il mondo. Peres ha, infatti, un’ottima reputazione e forse sarà in grado di attenuare le scelte più drastiche espresse dal Likud. Scelte che Shalom potrebbe cercare di voler rendere operative.

 

D. – Questo governo di unità nazionale potrà resistere fino alle politiche di novembre 2006?

 

R. – Sarà già un grande successo se il ritiro da Gaza si svolgerà senza scontri e senza conflitti sanguinosi, come qualcuno invece vorrebbe.

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In Iraq, l’area a nord di Baghdad è stata teatro di due episodi di violenza: un civile è rimasto ucciso per l’esplosione di una bomba e un imprenditore che lavorava per l’esercito americano è stato rapito da uomini armati. Sul versante sequestri si deve anche rimarcare il rilascio di due autisti, uno del Bangladesh e l’altro dello Sri Lanka, rapiti lo scorso mese. Nel Paese arabo una corte marziale americana ha inoltre giudicato colpevole di omicidio non premeditato il sottoufficiale statunitense che lo scorso 18 agosto ha ucciso a Baghdad un civile iracheno disarmato e ferito. Continuano, intanto, i preparativi per le elezioni previste il 30 gennaio: in vista di questo appuntamento la Commissione elettorale ha prorogato, fino al prossimo 15 dicembre, il termine entro il quale depositare le candidature.

 

Almeno otto persone sono morte e numerose altre ferite per l’esplosione di una bomba verificatasi a Quetta, nel sud ovest del Pakistan. La deflagrazione è avvenuta nel centro cittadino, nei pressi di un mercato. L’ordigno è esploso vicino ad un camion militare.

 

Nuova tappa nel processo di avvicinamento tra Stati Uniti e Vietnam: un aereo proveniente da San Francisco è atteso all’aeroporto internazionale di Ho Chi Minh, l’ex Saigon. Si tratta del primo volo commerciale tra Stati Uniti e Vietnam dal 1975. L’ultimo volo di un vettore americano, fu quello di un velivolo della Pan Am, che lasciò una Saigon ridotta a ferro e fuoco, in procinto di cadere di fronte all’avanzata delle forze comuniste del Vietnam del Nord.

 

Il vertice economico tra Unione Europea e Cina si è concluso ieri all’Aja con la dichiarazione del commissario europeo per il commercio, Peter Mandelson, che ha chiesto a Pechino una politica monetaria più realistica. La Cina infatti mantiene bassa la quotazione dello yuan, per ottenere vantaggi nelle esportazioni. Ma il vertice dell’Aja ha segnato anche la volontà europea di togliere tra un anno l’embargo del commercio delle armi alla Cina. Cosa rappresenta questo per le autorità di Pechino? Risponde Fernando Mezzetti, commentatore di politica internazionale ed esperto di questioni cinesi:

 

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R. – In primo luogo, è il desiderio di alcuni Paesi europei, soprattutto Francia, Germania, Italia e Spagna, per aprire questo ramo commerciale con la Cina. Possiamo dare loro armamenti avanzati, ma gli armamenti più seri alla Cina li sta dando, in questo momento, la Russia: fornisce loro caccia intercettatori Sukoi 27 che sono i più avanzati del settore; fornisce sottomarini, e sono tutti diretti verso Taiwan, sulla quale la Cina ha anche un imponente spiegamento di missili. Ma non è che la Cina sia tecnologicamente così arretrata da non essere capace di produrre da sé gli armamenti; la Cina, in questo momento, insiste anche nell’affermare di subire questo embargo come una discriminazione politica. Ora, l’embargo fu decretato nel 1989, la situazione interna cinese è profondamente cambiata. L’Europa vuole fare questi commerci e i commerci delle armi non guardano molto alla moralità ...

 

D. – Perché aspetta un anno, l’Unione Europea, per togliere questo embargo?

 

R. – Perché in seno all’Unione Europea ci sono forti resistenze sulla questione dei diritti umani. Dicono: “Sì, è vero, la Cina è cambiata, ma i diritti umani non sono ancora rispettati”. E a dire questo sono soprattutto i Paesi scandinavi, in primo luogo la Danimarca, la Finlandia, la Svezia ... E quindi l’Unione Europea adesso si è fermata. Va anche detto che già da diversi mesi l’Italia, la Germania, la Francia e la Spagna premevano in seno all’Unione Europea per l’abolizione dell’embargo; la Francia soprattutto preme per stringere anche politicamente rapporti con la Cina, tanto è vero che nel maggio scorso ha operato fatto manovre navali combinate con la Cina davanti a Taiwan. Ora, io trovo molto più gravi manovre navali combinate francesi con la Cina nelle acque davanti a Taiwan: questo in termini politici è molto più grave, molto più serio, molto più preoccupante delle forniture di armamenti, perché Taiwan è sotto l’ombrello protettivo degli Stati Uniti.

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E’ salito a quasi 1.600 tra morti e dispersi il bilancio dei due tifoni che la scorsa settimana hanno investito le Filippine. Sono inoltre più di 430 mila gli sfollati ed almeno 8500 le case distrutte. Ma i soccorritori non hanno perso la speranza di ritrovare superstiti: ieri sono state salvate quattro persone. I danni materiali provocati dall’ondata di maltempo sono stimati in circa 55 milioni di dollari.

 

Il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, è da ieri a Bruxelles, in vista del Consiglio che, tra una settimana, dovrà decidere se dare o meno via libera al processo di adesione di Ankara all’Unione Europea. “I negoziati per la nostra adesione – ha dichiarato Erdogan - devono cominciare senza ritardo e mi aspetto che possano partire entro la prima metà del 2005”. Dalla bozza di conclusioni del Summit dei capi di Stato e di governo dell’UE emerge, inoltre, che i Trattati di adesione per Bulgaria e Romania saranno firmati nel 2005. I due Paesi diventeranno poi Stati membri dell’Unione Europea dal primo gennaio 2007.

 

In Austria il ministro dell’Interno, Ernst Strasser, si è dimesso. “Ho preso questa decisione per motivi personali”, ha spiegato Strasser durante una conferenza stampa nella quale ha anche espresso il desiderio di voler tornare al mondo imprenditoriale. Il cancellierato austriaco ha reso noto che Strasser sarà sostituito dal ministro della Difesa, Guenther Platter.

In Ucraina il leader dell’opposizione, Viktor Yushchenko, ha dichiarato di aspettarsi un processo di voto trasparente il prossimo 26 dicembre quando verrà ripetuto il  ballottaggio presidenziale. Yushchenko ha anche dichiarato di sperare su una  maggioranza di oltre il 60 per cento dei voti.

 

Il presidente uscente del Ghana, John Kufuor, è stato rieletto al primo turno delle elezioni presidenziali di martedì scorso. Lo ha reso noto nella notte la commissione elettorale. Secondo i risultati ufficiali, che riguardano 225 delle 230 circoscrizioni, Kufuor è in testa con il 52,75 per cento dei voti. Il suo principale avversario, John Atta-Mills, invece, ha ottenuto il 44,32 per cento delle preferenze.

 

In Mozambico il leader dell’opposizione, Afonso Dhlakama, ha sollecitato l’indizione di nuove elezioni sostenendo che la consultazione svoltasi lo scorso 1° dicembre è stata viziata da brogli.

 

Il governo della Repubblica Democratica del Congo ha deciso di rafforzare il contingente nella parte orientale del Paese, verso il confine con il Ruanda. La decisione è stata presa dopo che si è diffusa la notizia che Kigali ha inviato truppe oltre la sua frontiera per domare la ribellione degli estremisti Hutu. Sulla situazione del Paese, l’ultimo rapporto della più grande organizzazione per il soccorso, la riabilitazione e la ricostruzione degli Stati devastati dalla guerra, l’International rescue committee, ha inoltre reso noto che nella Repubblica democratica del Congo oltre 31 mila persone muoiono ogni mese a causa della guerra.

 

Saranno consegnati oggi i Premi Nobel 2004, assegnati lo scorso mese di ottobre. Membri delle famiglie reali, scienziati e diplomatici sono attesi per assistere alle cerimonie di consegna. L’attivista keniota per l’ambiente, Wangari Maathai, ha già ritirato il premio Nobel per la pace ad Oslo. Si tratta della prima donna africana a ricevere questo importante riconoscimento. Gli altri Nobel - per la medicina, la fisica, la chimica, la letteratura e l’economia - saranno invece consegnati a Stoccolma, dove sono attesi più di 1.300 invitati. I Nobel sono consegnati il 10 dicembre per ricordare l’anniversario della morte di Alfred Nobel, l’inventore della dinamite morto nel 1896. La prima cerimonia si è tenuta nel 1901.

 

In Italia sono ripresi i blocchi ai trasporti da parte dei forestali della Calabria. I manifestanti protestano contro i tagli alla Finanziaria che mettono a rischio 11 mila posti di lavoro. È di nuovo chiuso l’ingresso alla zona di imbarco dell’aeroporto di Lamezia Terme ed un tratto dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria. Per cercare di trovare un accordo tra le parti, è stato fissato per domani un incontro tra governo, Regione Calabria e i sindacati dei forestali.

 

 

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