RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 337 - Testo della trasmissione di giovedì 2 dicembre 2004

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Appello di Giovanni Paolo II per l’eliminazione definitiva delle mine anti-uomo, “terribile flagello dei tempi moderni”

 

Il Papa riceve il presidente della Guinea Equatoriale

 

Accogliere con comprensione e carità il dolore di chi è nella prova, per fargli sperimentare la speranza e il sollievo che vengono da Dio: l’esortazione e l’apprezzamento del Papa all’Istituto “Servi della sofferenza”, fondato su ispirazione di San Pio da Pietrelcina

 

I cardinali Ratzinger e Martino criticano il laicismo radicale: distrugge l’umanesimo – affermano – ed è anticristiano

 

Dialogo tra le fedi e libertà religiosa in Asia al centro del viaggio nel continente dell’arcivescovo Fitzgerald: una riflessione del presule.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nelle Filippine, si aggrava il bilancio del tifone Winnie mentre è arrivata una nuova tempesta tropicale: ce ne riferisce fratel Angelino Aldegheri

 

Si celebra oggi la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù: con noi, Gianni Magazeni

 

Da oggi in Bosnia, la missione di pace dell’Unione Europea: intervista Federico Eichberg.

 

Il rapporto uomo-macchina, scontro-incontro tra anima e tecnologia: alla LUMSA, inaugurata l’ottava edizione del Festival del Cinema Spirituale. Gli interventi del cardinale Poupard e dell’arcivescovo Foley: ce ne parla mons. Dario Viganò.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Conferenza episcopale maltese contro un intervento dell’ONU in tema di aborto

 

Si è svolta  a Doha, in Qatar, la Conferenza internazionale per la famiglia

 

Via libera, in America centrale, ad un progetto della Chiesa per arginare la criminalità giovanile

 

Violenta espulsione di tribali convertiti al cristianesimo in India

 

E’ morto ieri mons. Andrea Spada, per 51 anni direttore de “L’eco di Bergamo”.

24 ORE NEL MONDO:

In Ucraina, i due candidati per la presidenza d’accordo su alcune riforme politiche. L’opposizione chiede di fissare con urgenza la data delle elezioni

 

Dopo la bocciatura della Finanziaria Sharon ipotizza l’ingresso dei laburisti nel governo. Anche Barghuti tra i candidati per le elezioni palestinesi del prossimo 9 gennaio

 

Bassa affluenza e clima tranquillo nel secondo giorno di presidenziali e politiche in Mozambico.

 

La riforma della giustizia in Italia. Per magistrati e opposizione in pericolo l’indipendenza dei giudici. Per il governo un voto storico

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 dicembre 2004

 

APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II PER L’ELIMINAZIONE DEFINITIVA

DELLE MINE ANTI-UOMO, “TERRIBILE FLAGELLO DEI TEMPI MODERNI”

 

Opporsi ad una cultura della morte per edificare la cultura della vita: la raccomandazione del Papa in un Messaggio a tutti i governi dei Paesi firmatari della Convenzione di Ottawa del ’97 contro le mine antiuomo, riuniti in questi giorni a Nairobi, per la prima Conferenza internazionale a cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato nel ’99. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

**********

“Raddoppiare gli sforzi per realizzare gli obiettivi della Convenzione” e “sradicare in maniera definitiva questo terribile flagello dei tempi moderni”: il Papa chiede ai Paesi “di rinnovare in maniera chiara” gli impegni” sottoscritti in questa Carta “fondamentale” “che rinforza la rigorosa applicazione del diritto internazionale umanitario e che resta un esempio tangibile di solidarietà tra le nazioni e tra i popoli”.

 

La Santa Sede, che è stata tra i primi firmatari della Convenzione “intende  contribuire – sottolinea Giovanni Paolo II – in modo attivo alla sua applicazione, con un dialogo sincero e costruttivo con gli altri Stati” e per questo in vista della Conferenza di Nairobi ha lanciato una campagna di sensibilizzazione ed informazione tra le Chiese locali su questo grave problema delle mine antiuomo. Ciò che resta da fare ora – raccomanda il Santo Padre - è proseguire nella distruzione degli stock di munizioni, nello sminamento e nella reintegrazione socioeconomica delle vittime di queste armi. Le mine antiuomo – ha osservato ancora il Papa – non solo uccidono e mutilano vittime innocenti (ancora oggi circa 20 mila ogni anno) ma compromettono “gravemente l’economia dei Paesi in via di sviluppo”, privandoli di numerosi terreni agricoli minati, “che sono essenziali” per la loro sopravvivenza. Applicare la Convezione significa allora offrire una possibilità “alla famiglia delle Nazioni di costruire un’umanità rinnovata e pacifica”.

 

Il Papa auspica quindi una cooperazione bilaterale e multilaterale tra i Paesi colpiti e non e tra Paesi poveri e ricchi, prendendo le decisioni politiche che s’impongono e le disposizioni finanziarie necessarie. Attenzione speciale Giovanni Paolo II sollecita infine per le vittime delle mine antiuomo, e per accrescere la coscienza dell’opinione pubblica internazionale su questo dramma.

**********

 

 

IN VISITA OGGI DAL PAPA IL PRESIDENTE DELLA GUINEA EQUATORIALE,

TEODORO OBIANG GUEMA MBASOGO

- A cura di Roberta Gisotti -

 

**********

Non arriva a mezzo milione di abitanti, la Guinea Equatoriale, grande poco più della Sicilia, guidata dal colonnello Obiang Guema Mbasogo, al potere dall’indipendenza dalla Spagna conquistata nel 1968. Giovanni Paolo II ha ricordato di aver visitato il piccolo Stato dell’Africa occidentale nel 1982, auspicando che l’odierna visita del suo presidente contribuisca a stabilire “un’intesa e relazioni cordiali e serene tra le autorità pubbliche e la comunità cristiana, di cui beneficeranno tutti i cittadini nelle loro aspirazioni di migliorare le condizioni di vita, di modo che possano realizzarsi come persone e come figli di Dio.” Il Papa ha quindi sottolineato come la Chiesa nella Guinea equatoriale svolga “con i mezzi a sua disposizione un’opera generosa nell’educazione, nella sanità”, nella promozione dei più poveri. La Chiesa “ispirata dal Vangelo” – ha aggiunto il Santo Padre – desidera unicamente servire “la dignità dell’uomo, in un clima adeguato di libertà, collaborazione, riconciliazione, comprensione e rispetto, che faciliti il compimento pacifico e fruttuoso della sua missione spirituale e umanitaria”

 

Da rilevare che la lunga permanenza al potere di Obiang Guema Mbasogo e del suo Partito, che rappresenta l’etnia Fang, anche dopo l’introduzione del multipartitismo con la nuova Costituzione del ’91, è stata più volte contestata dalle opposizioni, che hanno boicottato anche le ultime elezioni legislative nel ’99. Paese che ha segnato negli ultimi anni un grande sviluppo nella produzione di petrolio, la Guinea equatoriale, è balzata la scorsa settimana sulle cronache per il processo, celebrato nella capitale Malabo che ha condannato i responsabili di varie nazionalità di un di golpe contro il presidente, sventato nel marzo scorso.

**********

 

 

ACCOGLIERE CON COMPRENSIONE E CARITA’ IL DOLORE DI CHI E’ NELLA PROVA,

PER FARGLI SPERIMENTARE LA SPERANZA E IL SOLLIEVO CHE VENGONO DA DIO:

L’ESORTAZIONE E L’APPREZZAMENTO DEL PAPA

ALL’ISTITUTO “SERVI DELLA SOFFERENZA”,

FONDATO SU ISPIRAZIONE DI SAN PIO DA PIETRELCINA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

La sofferenza fisica e spirituale dell’uomo è un riflesso della sofferenza della missione redentrice di Cristo. Ed è un prezioso aspetto del Vangelo che va testimoniato. Giovanni Paolo II ha rivolto il suo grande apprezzamento all’Istituto secolare Servi della Sofferenza che, su ispirazione di San Pio da Pietrelcina, da dieci anni assiste nel corpo e nell’anima, in diverse nazioni, chi è colpito dalla malattia. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

**********

Servitori di chi soffre, “cirenei” silenziosi che dividono con chi ne è colpito il peso di una prova, di una malattia, rassicurando e infondendo speranza in un’umanità sovrastata da “una nube” di dolore. Sta in questo il carisma dei Servi della Sofferenza, che festeggiano i dieci anni dalla fondazione. Ai circa 180 rappresentanti dell’Istituto – che conta una ventina di sacerdoti e oltre un centinaio di laici e laiche consacrate – il Papa ha voluto esprimere il “più vivo apprezzamento” per un’opera che fu esplicitamente indicata dallo stesso Padre Pio a mons. Pietro Galeone, fondatore dell’Istituto secolare. “Esso è notevolmente cresciuto” in questi dieci anni, ha osservato il Papa, divenendo non solo in Italia, ma anche in Africa e in Europa, “veicolo di speranza per tante persone duramente provate nel fisico e nello spirito”. Voi, ha proseguito il Pontefice, “siete chiamati a proclamare il Vangelo della sofferenza illuminata dalla fede”. Quel particolare aspetto della Buona Novella di cui Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica Salvifici doloris, sottolineava il “significato salvifico della sofferenza nella missione messianica di Cristo e, in seguito, nella missione e nella vocazione della Chiesa”.

 

“Guardando alla nube di dolore fisico e spirituale che avvolge l’umanità, quanto necessaria è la testimonianza che voi date”, ha affermato il Papa, che ha esortato i Servi della sofferenza ad essere quegli apostoli che assicurano a chi soffre la vicinanza di un Dio “che non dimentica nessuna lacrima, ma anzi le raccoglie tutte e le scrive nel suo libro”. Seguite le orme di Padre Pio, ed ispiratevi “costantemente” ai suoi insegnamenti, ancora oggi di “grande attualità”, ha concluso il Papa. E siate, come il Santo di Pietrelcina, “apostoli” di quella sofferenza che, “accolta con docile abbandono in Dio, apre l’animo alla comprensione del dolore degli altri”.

**********

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto anche tre presuli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America, in visita “ad Limina”.

 

Il Santo Padre ha nominato membro della Pontificia Commissione per l’America Latina mons. Nikola Eterović, arcivescovo titolare di Sisak, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.

 

 

I CARDINALI RATZINGER E MARTINO CRITICANO IL LAICISMO RADICALE:

DISTRUGGE L’UMANESIMO – AFFERMANO – ED E’ ANTICRISTIANO

- A cura di Sergio Centofanti -

 

Due cardinali in campo contro quello che viene definito il laicismo radicale. In due diversi interventi ieri a Roma, il cardinale Josef Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (che ha preso parte ad un seminario organizzato dai salesiani), e il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace (presente ad un convegno nella sala delle conferenze della Camera dei Deputati), hanno esaminato una tendenza che si sta sempre più affermando nel pensiero contemporaneo: “Siamo in un'ora seria – ha detto il cardinale Ratzinger - il laicismo radicale può distruggere l'umanesimo” riducendo tutto a puro materialismo, commercio e “predominio del mercato” rifacendosi ad un’idea di libertà assoluta che si configura come un “tradimento” della visione dell'Illuminismo che dice di voler rappresentare e che trasforma invece in una “caricatura di se stesso”. Da questo pensiero deriva l'affermazione della liceità delle sperimentazioni scientifiche più sfrenate o la richiesta di equiparare al matrimonio i diversi tipi di unione fino all'idea “che l'individuo possa scegliersi da sé il sesso di appartenenza”. Il laicismo radicale – continua il cardinale Ratzinger non solo si oppone alla Chiesa ma soprattutto ne “travisa” gli insegnamenti. E’ inoltre “antieuropeo” e pretende di far cominciare l’identità del continente con l’Illuminismo negando le altre radici storiche, culturali e religiose. “Ma allo stesso tempo - nota il porporato - abbiamo le aspettative di tanti settori laici che cercano un dialogo per aiutare a far crescere una nuova identità europea”. “Il Concilio Vaticano II ha dichiarato che la Chiesa vuole dialogare con il mondo moderno - ha concluso il cardinal Ratzinger - e la Chiesa oggi lo vuole ancora di più”. Da parte sua il cardinale Renato Martino ha sottolineato che “la laicità è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa” ma che “purtroppo ad averla vinta oggi e' un laicismo spesso intollerante” e “sempre più anticristiano”.

 

 

DIALOGO TRA LE FEDI E LIBERTA’ RELIGIOSA IN ASIA

AL CENTRO DEL VIAGGIO NEL CONTINENTE DELL’ARCIVESCOVO FITZGERALD

- Intervista con il presule -

 

Il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, è appena tornato ieri da un viaggio in Asia. Per la prima volta si è recato a Hong Kong, in Cina, mentre a Bali, in Indonesia, ha partecipato ad un incontro delle Commissioni per le Comunicazioni sociali della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, sul tema “Il dialogo interreligioso come comunicazione”. Ma quali sono attualmente le principali sfide poste dal dialogo interreligioso in questo grande continente? Giovanni Peduto lo ha chiesto allo stesso mons. Fitzgerald:

 

**********

R. – Credo che ci siano delle sfide di ordine diverso: il mondo del dopo 11 settembre 2001, cioè il fenomeno del terrorismo e il bisogno della sicurezza, ha avuto un’influenza sui rapporti tra persone di diverse religioni e specialmente tra musulmani ed altri credenti. Abbiamo avuto con noi il cardinal Darmaatmadja, arcivescovo di Jakarta, che ci ha parlato della costituzione di una delegazione interreligiosa dopo l’attentato di Bali, che ha causato la morte di numerose persone. Ha sottolineato l’importanza dei contatti tra i capi religiosi per portare un messaggio di pace alla popolazione. Abbiamo parlato anche purtroppo dell’evangelizzazione non rispettosa compiuta da alcuni gruppi cristiani: si tratta di provocazioni ai danni di persone di altre religioni. Invece di dare un messaggio nello spirito della pace, causano contrasti, che mettono in difficoltà la Chiesa. Abbiamo parlato anche dei mezzi moderni di comunicazione, anch’essi una sfida: come utilizzare internet per comunicare il messaggio del Vangelo, come utilizzare meglio la televisione, e così via.

 

D. – Come vede la situazione della Chiesa in Asia, di fronte alla recrudescenza dell’integralismo in certi settori dell’induismo e dell’islam?

 

R. – Credo che i vescovi che ho incontrato a Bali fossero abbastanza ottimisti. C’è sempre il pericolo di un ripiegamento su se stessi. Le comunità cristiane, al di fuori delle Filippine, sono minoranze. Mi sembra tuttavia che ci sia questa volontà di essere una Chiesa che sia segno della presenza di Dio nel mondo, un segno positivo, costruttivo: la Chiesa ha la coscienza di dover dare questo  messaggio al mondo. Non ho visto, dunque, pessimismo, ma realismo e una grande volontà di andare avanti.

 

D. – Nell’incontro di Bali avete rivolto lo sguardo anche alla Cina continentale?

 

R. – Non tanto a Bali quanto ad Hong Kong, perché la Cina non fa parte della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche.  Ho sentito resoconti di persone che sono state recentemente nella Cina continentale e che hanno parlato dei problemi relativi ai seminari e alla formazione dei sacerdoti: ma le vocazioni esistono. Forse c’è più libertà adesso che prima. C’è una crescita della Chiesa cattolica in Cina attualmente, che non è ristretta alle zone rurali, ma è anche nelle città, con persone con una formazione culturale elevata che sono interessate a studiare la fede cristiana e ad abbracciarla. C’è però sempre il problema di una vera libertà per i responsabili della Chiesa, libertà per i rapporti con l’esterno. Credo ci sia bisogno di una grande solidarietà con la Chiesa in Cina e di preghiera per questa Chiesa.

**********       

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la situazione in Iraq con un articolo dal titolo “Tre fratellini muoiono per un colpo di mortaio”.

Nell’occhiello si evidenzia che è stato ucciso un vigile del fuoco di New York che prestò soccorso l’11 settembre. Il vigile del fuoco è morto in un attacco compiuto dai ribelli alle porte di Baghdad.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai membri dell'Istituto Secolare dei Servi della Sofferenza, Giovanni Paolo II ha esortato ad essere silenziosi “cirenei” per quanti sono nella prova.

L’udienza del Papa al presidente della Guinea Equatoriale. Nell’occasione il Santo Padre ha ricordato che la Chiesa desidera contribuire alla promozione della dignità dell’uomo in un clima adeguato di libertà, collaborazione, riconciliazione e rispetto.

Il messaggio di Giovanni Paolo II alla prima Conferenza di esame della Convenzione sulla interdizione delle mine antiuomo, in corso a Nairobi. L’intervento della Santa Sede nell’ambito di questo incontro.  

 

Nelle estere, Ucraina: disgelo e intesa sulle riforme tra Yushenko e Yanukovic.

 

Nella pagina culturale, un aticolo di Franco Patruno dal titolo “La condanna della guerra come vocazione religiosa”: il film televisivo su Don Gnocchi.

Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo “Dalla tv di servizio ai reality show: mezzo secolo di squallida involuzione”: a Torino una serie di manifestazioni per i 50 anni della televisione italiana.

Un articolo di Angelo Marchesi in ricordo di mons. Andrea Spada: “Le sue parole, autorevoli e meditate, - questo il titolo - non lasciavano adito a posizioni di superficialità”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della giustizia; Camera: sì definitivo sul ddl di riforma. Molto critici opposizione e magistrati.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

2 dicembre 2004

 

 

LE TEMPESTE TROPICALI CAUSANO OLTRE 1000 MORTI NELLE FILIPPINE

E UN NUOVO TIFONE SI ABBATTE SULL’ARCIPELAGO

- Con noi, fratel Angelino Aldegheri, missionario camilliano -

 

È salito a più di 1000 tra morti e dispersi il bilancio delle inondazioni che hanno colpito le Filippine, al passaggio della tempesta tropicale Winnie. Lo ha comunicato l’esercito di Manila, che porta avanti i soccorsi mentre un altro tifone, Nanmadol, si è abbattuto in giornata sulle coste filippine. Andrea Sarubbi ha raggiunto telefonicamente nell’isola di Samar, una delle zone colpite, un missionario camilliano, fratel Angelino Aldegheri:

 

**********

R. – Bè, noi questo tifone ce lo aspettavamo perché quest’anno in realtà ce ne erano stati pochi. Ogni anno vengono questi grandi tifoni. Uno è arrivato nella prima settimana di giugno, ed ha fatto un disastro. Poi sono venuti gli altri, più piccoli. Questo è stato molto più pesante!

 

D. – E quanto è durato da voi, il tifone?

 

R. – Il tifone, praticamente, è durato in questa zona 24 ore. Ha distrutto quasi tutte le piantagioni di banane e di riso …

 

D. – E pure le case, immagino?

 

R. – Le case di paglia … hanno perso il tetto, però in questa zona non ci sono morti!

 

D. – Senta, fratel Angelino, ma la popolazione come sta vivendo queste ore?

 

R. – Bè, la popolazione … io vi lascio immaginare: prima di tutto, siamo senza corrente, senza acqua e ieri e oggi gli uffici sono chiusi, le scuole sono chiuse; non ci sono trasporti pubblici …

 

D. – E voi missionari camilliani come state?

 

R. – Sono circa due giorni che anche noi non abbiamo corrente, né televisione né radio: siamo un po’ tagliati fuori anche noi …

 

D. – Però so che la vostra missione e l’ospedale hanno comunque ospitato diversi sfollati …

R. – L’altra sera abbiamo avuto sette famiglie; questa mattina abbiamo avuto un po’ di bambini e qualche anziano; poi, nel pomeriggio, verso le cinque, sono tornati alle loro capanne perché è tornato il bel tempo. Adesso almeno in questa zona, il tifone, non è più forte.

**********

 

 

SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE

PER L’ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITU’

- Ai nostri microfoni Gianni Magazeni -

 

Tutti gli Stati della Terra si uniscano per sradicare l’orribile pratica del traffico di esseri umani, perché nessun uomo è proprietà altrui. E’ il monito del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù. Secondo i dati ufficiali dell’Unesco, sono 27 milioni nel mondo gli esseri umani comprati e venduti come merce, spinti al lavoro forzato, tenuti come schiavi per scopi rituali e religiosi, allontanati dai propri Paesi e avviati alla prostituzione. Il servizio di Roberta Moretti:

 

**********

Sono uomini, donne e bambini e lavorano nei campi come schiavi nel 90 per cento dei Paesi dell’Africa: i bambini venduti dalle povere famiglie, gli uomini prigionieri di guerra, le donne come serve. In Sudan, almeno 15 mila persone all’anno vengono rapite per essere schiavizzate. In Mauritania, dove la schiavitù è stata formalmente abolita nel 1891, nessuna punizione legale colpisce i padroni che tranquillamente la praticano. Stessa situazione negli altri continenti: dal Pakistan, nella provincia di Sindhi, dove persone di ogni età sono comprate e vendute, al Brasile, dove lo scorso anno mille lavoratori sono stati liberati dalle piantagioni amazzoniche. Il dott. Gianni Magazeni, membro dell’Ufficio dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite:

 

R. – Se si guarda alle cause delle forme di schiavismo contemporaneo, possiamo sicuramente rintracciare la questione dell’estrema povertà, la questione dell’esclusione sociale, la questione dell’ignoranza, la questione della mancanza di informazione o forme varie di discriminazione.

 

Nuovi schiavi, manodopera a basso costo nelle fabbriche di abbigliamento, componenti elettronici, palloni e scarpe, destinati al mercato dei Paesi ricchi. Secondo un rapporto dell’ONU, sono 180 milioni i bambini sotto i dieci anni al lavoro nel mondo, addetti anche a produzioni tossiche. Ancora Magazeni:

 

R. – Penso che sia proprio questa mancanza di rispetto in generale delle norme internazionali di diritto umano che contribuiscono a creare gli elementi che danno poi vita a queste manifestazioni inaccettabili, a questa piaghe contemporanee. Penso anche che alcune convenzioni internazionali, come ad esempio quella delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e soprattutto il Protocollo che si occupa specificatamente della lotta contro la tratta delle persone, molto spesso non vengono rispettati. Diciamo che c’è ancora molto da fare.

 

Ma forte è l’impegno delle Nazioni Unite in questo senso…

 

R. – Per noi è fondamentale riuscire a creare una maggiore conoscenza del problema, una maggiore conoscenza dei diritti umani e tentare di far avanzare azioni pratiche contro queste forme contemporanea di schiavitù, sostenendo al contempo quelle Organizzazioni e quelle Istituzioni che danno assistenza alle vittime.

 

Il 2004 è l’Anno internazionale per l’abolizione della schiavitù. Molte le iniziative da parte di Organismi e Associazioni internazionali. Con quali effetti?

 

R. – C’è una maggiore coscienza a livello di Comunità internazionale che questo sia un problema fondamentale. E questo rappresenta già un passo nella giusta direzione. Non significa, però, che questo fenomeno sia in diminuzione. Al contrario ci sono situazioni in cui sembra ulteriormente avanzare. L’azione pratica della Comunità internazionale, delle Nazioni Unite e di altre Organizzazioni contro questi fenomeni è molto più visibile e, speriamo, anche più efficace rispetto al passato.

**********

 

 

DA OGGI IN BOSNIA, LA MISSIONE DI PACE DELL’UNIONE EUROPEA

- Con noi, Federico Eichberg -

 

Al via oggi in Bosnia la più importante operazione militare dell’Unione Europea per il mantenimento della pace. La missione - denominata Althea - sostituisce quella della Nato, la SFOR, iniziata nel ‘95 per vigilare sugli accordi di Dayton, alla fine di una guerra che tra il ‘92 e il ‘95 provocò più di 200 mila morti. In una cerimonia, stamani a Sarajevo, è avvenuto il passaggio delle consegne, alla presenza dell’Altro rappresentante UE per la politica estera, Javier Solana, e il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jaap de Hoop Scheffer. Tra gli obiettivi della missione europea, anche la ricerca dell'ex leader politico e del comandante militare dei serbi di Bosnia, Karadzic e Mladic, accusati di genocidio e crimini contro l'umanità. Sui compiti della forza europea, Giada Aquilino ha intervistato Federico Eichberg, esperto di questioni balcaniche:

 

**********

R. – Si colloca in una fase in cui le istituzioni della Bosnia si sono consolidate. L’area, nel suo complesso, sembra conoscere una nuova stabilità e il ruolo della missione europea sarà soprattutto quello di dare fiducia e di rinforzare i risultati sin qui acquisiti. L’Unione Europea ha già svolto un simile compito con le forze di polizia in Bosnia Erzegovina e con le forze armate in Macedonia.

 

D. – E’ una situazione che va normalizzandosi, però permangono quelle tensioni - tra croati, serbi e bosniaci - che contribuirono allo scoppio del conflitto degli anni ’90…

 

R. – In Bosnia, permangono tre fattori di instabilità. Il primo è relativo ai ricercati del Tribunale penale internazionale dell’Aja, che sono un elemento più politico che di reale minaccia alla sicurezza. Politico perché le fazioni, sui nomi di Karadzic e Mladic, ancora giocano un ruolo tutto teso a sottolineare le presunte inadempienze dell’una e dell’altra parte. Il secondo fattore di rischio per la sicurezza è rappresentato dalla criminalità organizzata, che prolifera proprio in questa situazione di grigiore istituzionale. Terzo elemento è quello delle rivendicazioni territoriali, che hanno una valenza incendiaria a seconda che i singoli leader - dell’Erzegovina, della Republika Srpska o di altre aree della Bosnia - abbiano interesse a rinfocolare questi odi.

 

D. – In questo quadro rientrano anche le tensioni etnico-religiose?

 

R. – Nella misura in cui vengano strumentalizzate. Da sole non sono un fattore in grado di destabilizzare una regione che, comunque, sembra aver ricostruito un tessuto sociale, culturale e religioso.

 

D. – Dopo la Bosnia ci saranno nuove missioni europee anche in altre aree critiche?

 

R. – Forse è ancora prematuro dire se si potrà arrivare ad una presenza dell’Unione Europea nel Caucaso o nel centro Asia. Sicuramente in quei Paesi per i quali si può pensare ad un eventuale accesso nell’UE, come la Bosnia, la Macedonia, l’Albania, la Serbia-Montenegro, quindi il Kosovo, è necessario, opportuno e quindi prevedibile che l’Unione Europea svolga un ruolo sempre maggiore.

**********  

 

 

IL RAPPORTO UOMO-MACCHINA, SCONTRO-INCONTRO TRA ANIMA E TECNOLOGIA:

ALLA LUMSA, INAUGURATA L’VIII EDIZIONE DEL FESTIVAL DEL CINEMA SPIRITUALE.

GLI INTERVENTI DEL CARDINALE POUPARD E DELL’ARCIVESCOVO FOLEY

- Intervista con mons. Dario Viganò -

 

I robot hanno esercitato un irresisitibile fascino sull’uomo sin da quando le prime forme di automazione e di cibernetica hanno permesso di creare prototipi di intelligenza artificiale capaci di imitare la persona umana. Ma in che rapporto questi esseri, per definizione inanimati, ovvero “senz’anima”, si pongono con l’uomo che li crea? Su questo aspetto si concentra l’ottava edizione del Festival del Cinema Spirituale “Tertio Millennio”, dal titolo “Ibridazione uomo-macchina, identità e coscienza nel cinema postmoderno”, apertosi ieri a Roma nella sede della LUMSA. L’evento, organizzato dall’Ente dello Spettacolo insieme ai Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali, ha visto i presidenti dei due dicasteri vaticani offrire alcuni spunti di riflessione.

 

Pur nella loro innegabile utilità, i robot sono anche diventati, ha affermato l’arcivescovo John Foley, il simbolo “di un delirio di onnipotenza” che in qualche caso – come spesso immaginato dal cinema – ha visto la tecnologia “manipolare l’equilibrio naturale” della mente umana. C’è dunque bisogno di un nuovo approccio, gli ha fatto eco il cardinale Paul Poupard, che ha proposto di fondare una “cultura dell’ibridazione positiva”. In una prospettiva di relazione piuttosto che di contrapposizione, ha spiegato, anche il rapporto uomo-robot perde quell’aspetto di “invasione” dell’umano da parte della macchina. Luca Pellegrini ha chiesto a mons. Dario Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo, quali sono le ragioni che hanno portato il Festival a una scelta di dibattito così originale:

 

**********

R. – Innanzitutto, per la grandissima attualità. Di fatto, oggi, il tema dell’ibridazione uomo-macchina occupa la centralità del dibattito sociale. Un secondo motivo, poi, è che credo che in qualche modo ci sia da offrire un luogo di dialogo per una riflessione di tipo antropologico, una riflessione sull’uomo, nel senso che questa ibridazione uomo-macchina può essere letta certamente in termini di contrapposizione, ma anche in modo coniugativo. Dunque, è un mettere insieme prospettive diverse, segmenti diversi, salvaguardando in ogni caso la centralità della persona umana.

 

D. – La macchina che si confronta - magari invidiandolo - con l’uomo creatore, con la sua dimensione di libertà e di spiritualità. L’uomo spirituale che è costretto, sempre più, ad accogliere nella propria quotidianità la realtà della macchina e gli imperativi della scienza: come equilibrare i due pericolosi estremi?

 

R. – Questo, appunto, è un dilemma che è difficile da sciogliere. Io direi piuttosto che siamo giunti al momento in cui bisogna davvero approfondire lo specifico di ogni scienza, di ogni disciplina – pensiamo da una parte alle neuroscienze, alla microinformatica, eccetera. Dall’altra parte però, pensiamo ad una riflessione scientifica dal punto di vista della filosofia morale. In qualche modo, cioè, si va necessariamente a dover assumere un approccio non più semplicemente interdisciplinare, ma multidisciplinare attorno all’unico elemento di riflessione che deve rimanere al centro, che è l’uomo.

 

Il Festival proseguirà con una rassegna di 15 film, in programmazione alla Sala Trevi di Roma dal 14 al 19 dicembre, appositamente selezionati e tutti dedicati al rapporto, non sempre pacifico, tra l’uomo e il suo robot.

**********

 

             

=======ooo========

 

 

 

CHIESA E SOCIETA’

2 dicembre 2004

 

IL POPOLO MALTESE DEVE CONTINUARE A DIFENDERE LA VITA,

FIN DAL SUO CONCEPIMENTO. E’ IL MONITO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE LOCALE,

IN SEGUITO AD UN INVITO DELL’ONU A RIVEDERE LA LEGGE SULL’ABORTO

 

LA VALLETTA. = “L’aborto è e rimane un omicidio di persone innocenti, in qualunque caso”. Lo ribadiscono i vescovi maltesi in un comunicato diffuso oggi. La presa di posizione fa seguito ad una raccomandazione delle Nazioni Unite, che hanno chiesto allo Stato maltese di rivedere la propria legislazione sull’aborto, così da prevedere delle eccezioni in alcuni casi, come la possibilità di fare aborti terapeutici o di abortire in caso di gravidanze avvenute in seguito a violenza ed incesto. “Il diritto alla vita di ogni essere umano innocente – scrivono i presuli – è un elemento costitutivo per una società civile e la sua legislazione”. “Nel momento in cui una legge priva una categoria di essere umani della protezione che una legge civile ha il dovere di accordare – aggiungono – lo Stato sta negando l’uguaglianza di tutti davanti alla legge”. Il fatto che il Comitato Onu per i diritti stia facendo pressioni sullo Stato maltese, affinché di legalizzi l’aborto in alcune circostanze, è “inaccettabile”. “Noi vescovi – si legge ancora nel comunicato – incoraggiamo il popolo maltese a rimanere saldi nella loro difesa alla vita umana, dal suo concepimento, e nel loro totale rifiuto per l’aborto”. “Incoraggiamo anche i rappresentanti del nostro popolo a continuare non solo a rifiutare l’aborto senza riserve  ma anche – concludono – a non smettere mai di pronunciarsi in difesa della vita e contro l’uccisione, tramite aborto, di persone totalmente incapaci di difendere se stesse”. (A.M.)

 

 

CRISTIANI, MUSULMANI ED EBREI UNITI PER LA DIFESA DELLA FAMIGLIA.

NESSUN GOVERNO – HANNO RICORDATO NEL CORSO DI UNA

CONFERENZA INTERNAZIONALE NEL QATAR – HA IL DIRITTO DI CAMBIARE

LA DEFINIZIONE DI FAMIGLIA O DI MATRIMONIO

 

DOHA. = Nel mondo contemporaneo è fondamentale difendere la “famiglia naturale” contro ogni tendenza di equiparazione ad altre unioni, “contrarie alla coscienza dell’umanità”. Questo, in sintesi, è quanto emerso durante la Conferenza internazionale per la famiglia, svoltasi nei giorni scorsi a Doha, in Qatar. Oltre 150 rappresentanti delle tre grandi religioni monoteistiche – cristianesimo, islam ed ebraismo – hanno preso parte all’evento. Durante l’incontro, è stato ribadito l’impegno comune per difendere l’unità e la sacralità della famiglia, contro le tendenze radicali che tendono a snaturare il fondamento del nucleo familiare attraverso politiche moderne, come il riconoscimento delle coppie omosessuali. Al convegno hanno preso parte varie personalità, tra cui il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il patriarca copto di Alessandria, Shenouda III, lo sceicco Yusuf Al-Qaradawi, presidente dell’Associa-zione internazionale degli studiosi islamici (IAMS), e il Premio Nobel per l’Econo-mia, Gary S. Becker. Nel suo discorso di apertura, Sheika Mozah bint Nasser Al-Misnad, moglie dell’emiro del Qatar, ha individuato nella difesa della famiglia l’elemento che maggiormente accomuna l’umanità. “Non esiste punto di maggior accordo capace di unire le persone di tutto il mondo – ha detto – come la ferma convinzione della sacralità della famiglia”. “La richiesta di modernità – ha proseguito la first lady araba – non può essere presa a pretesto per cambiare i valori religiosi, culturali e sociali che proteggono l’istituzione della famiglia”. Parlando ai partecipanti della Conferenza, il cardinale Trujillo ha sottolineato che la famiglia basata sul matrimonio è sotto assedio ed ha poi definito un segno di “disumanizzazione” il riconoscimento delle unioni omosessuali, spiegando che “la famiglia viene prima dello Stato” e per questo “nessun governo ha il diritto di cambiare la definizione di famiglia o di matrimonio”. (B.C.)

 

 

VIA LIBERA IN AMERICA CENTRALE AD UN PROGETTO PER ARGINARE

LA CRIMINALITA’ GIOVANILE. L’INIZIATIVA, PRESENTATA DAL VESCOVO AUSILIARE

DI SAN PEDRO SULA, INTENDE TOGLIERE DALLE STRADE 100 MILA RAGAZZI

 

SAN PEDRO SULA. = Le Chiese dell’America centrale unite per recuperare i giovani affiliati a bande di strada. Il progetto, messo a punto durante l’ultima riunione del Segretariato episcopale dell’America Centrale (SEDAC), svoltasi in Costa Rica, è stato reso noto da mons. Rómulo Emiliani Sánchez, vescovo ausiliare di San Pedro Sula. Il presule, che coordinerà l’iniziativa insieme con il vescovo ausiliario di San Salvador, Gregorio Rosa Chávez, ha ricordato che i Paesi dove maggiore è la presenza delle bande giovanili sono Honduras, Guatemala ed El Salvador, ma negli ultimi tempi il fenomeno delle maras, così sono conosciute le gang di strada nella regione, ha cominciato a manifestarsi anche in Nicaragua, Costa Rica e Panama. Il SEDAC, riferisce l’agenzia Misna, si è posto l’obiettivo di togliere dalla criminalità 100.000 giovani. Le Chiese dei Paesi centroamericani metteranno così in comune risorse, informazioni ed esperti, allo scopo di costruire centri di accoglienza e realizzare programmi di recupero in tutte le sei nazioni. (B.C.)

 

 

VIOLENTA ESPULSIONE DI TRIBALI CONVERTITI AL CRISTIANESIMO IN INDIA.

LA DENUNCIA DELLA DIOCESI DI JAGDALPUR

 

CHHATISGARTH.= “E’ la prima volta che i ribelli si oppongono ad una conversione religiosa in modo così clamoroso”. Così il vicario generale della diocesi di Jagdalpur, il sacerdote carmelitano Kurian Puthuman, ha commentato l’espulsione dalla propria comunità di 36 tribali convertiti al Cristianesimo nel villaggio di Markabeda, nella diocesi indiana di Jagdalapur, che fa parte dello Stato indiano del Chhattisgarth. L’agenzia AsiaNews cita fazioni fondamentalisti induiste, note genericamente con il nome di Naxaliti, come i responsabili da anni della campagna di attacchi, violenze ed intimidazioni contro i cristiani. “Non abbiamo mai avuto problemi con i Naxaliti”, ha sottolineato padre Dominic Perunilam, parroco di Narayanpur. “Quello che forse può aver provocato la reazione dei ribelli è il proselitismo compiuto da alcune sette in molti villaggi della zona”. I ribelli sono attivi nell’India centrale, soprattutto negli Stati di Jharkhand, Chhatisgarth, Madhya Pradesh, Mahrarashtra ed Andhra Pradesh. Sostengono di lottare con la violenza per i diritti dei contadini rimasti senza terra, ma in realtà obbligano i tribali convertiti al cristianesimo a “tornare alla religione indù”. Recentemente la comunità cristiana di Orissa, nell’India centrale, ha rivolto un appello per porre freno alle riconversioni. Infatti, in alcuni Stati indiani è in vigore una legge sulla libertà religiosa che richiede per ogni conversione l’esame e l’autorizzazione ufficiale da parte di un magistrato. L’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, mons. Raphael Cheenath, ha invitato i cattolici ha rispondere con “rispetto e tolleranza”, aggiungendo che “solo in uno spirito di amicizia si può trasmettere il Vangelo in un contesto multireligioso come quello della società indiana”. (R.A.)

 

 

UNA VITA INTERA SPESA PER IL GIORNALISMO.

MORTO IERI MONS. ANDREA SPADA, PER 51 ANNI DIRETTORE DE “L’ECO DI BERGAMO”

 

BERGAMO. = Lutto nel mondo del giornalismo. E’ morto ieri all’età di 96 anni, nella sua casa di Schilpario, in Val di Scalve, mons. Andrea Spada. Era l’unico giornalista italiano nel Guinness dei primati: per ben 51 anni, infatti, ha diretto lo stesso quotidiano, “L’Eco di Bergamo”.  Del suo mestiere diceva: “Lasciarlo, sarebbe come smettere di respirare”. Del suo arrivo al giornale, invece, raccontava: “Mi chiamò il vescovo Adriano Bernareggi. Obbedii. Il lunedì diventai praticante, il martedì redattore, il mercoledì caporedattore e il giovedì direttore”. Con la sua firma storica, “Gladius”, rivoluzionò il quotidiano e lo portò da poco più di mille ad oltre 60 mila copie. Nato a Schilpario il 24 gennaio del 1908, emette i voti il 30 maggio 1931, per poi intraprendere l’attività giornalistica. Tra i tanti incarichi, vanno ricordati quelli di membro della Commissione preparatoria del Concilio Vaticano II, di perito conciliare (1969-1961) e di protonotario apostolico (dal 15 dicembre 1984). Il 6 novembre 1988 è nominato Grande ufficiale al merito della Repubblica Italiana. Nel 2002, l’Università degli studi di Bergamo gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Scienza della Comunicazione. Grande la sua amicizia con Papa Giovanni XXIII. All’indomani della morte, il 12 giugno 1963, scrisse su “L’Eco di Bergamo”: “Oggi comprendiamo perché tutto il mondo gli sia andato dietro, come a San Francesco. Papa Giovanni propone a tutti i pastori d’anime, a tutto il mondo in definitiva, una sua nuova enciclica, silenziosa, fatta di cose più che di parole, in cui racconta come sia stato possibile che un vecchio Papa, in meno di cinque anni, abbia potuto scuotere così velocemente il mondo e portarlo dove non si sarebbe mai pensato”. E del giornalismo cristiano ricordava: “Non cerchiamo soltanto di comunicare verità, ma anche di esporre una verità che faccia del bene”. I funerali di mons. Andrea Spada si svolgeranno domani alle 15 nella chiesa di Schilpario. (B.C.)

 

 

======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

2 dicembre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Modifiche alla legge sull’elezione del presidente, riforme alle modalità per la formazione dell’esecutivo e misure per garantire l’integrità territoriale. E’ quanto prevede l’accordo raggiunto da governo e opposizione in Ucraina, dove si profila una nuova consultazione. L’opposizione chiede con urgenza di fissare una data. Secondo il responsabile per la politica estera dell’Unione Europea, Solana, ci vorrà almeno un mese per organizzare le elezioni nel Paese. Nonostante i progressi sul piano politico resta, comunque, il rischio di secessione: ieri è stato fissato per il prossimo 9 gennaio il referendum sull’autonomia nella regione filorussa di Donetsk, dove vivono circa 5 milioni di persone. Ma gli ucraini dell’est vogliono realmente la scissione da Kiev? Roberto Piermarini lo ha chiesto al missionario polacco Paolo Suk, parroco nella città orientale di Kharkov:

 

**********

R. – Io penso non ci sia questo rischio. Non credo in una vittoria di quelli che sono favorevoli alla scissione. Nel popolo ucraino non si avverte, comunque, una grande tensione.

 

D. – Un’eventuale scissione che cosa comporterebbe per la parte orientale dell’Ucraina?

 

R. – Coloro che sostengono il progetto secessionista, chiedono la creazione di una regione indipendente, con una sua capitale. Questo processo porterebbe poi, seguendo l’iter prospettato dai secessionisti, alla riunione con la Russia. Chi è nato in Ucraina ammette che la lingua russa è molto conosciuta nel Paese. Ma è parlata da ucraini che per decenni non hanno potuto usare la loro lingua, né vivere la cultura ucraina. Bisogna parlare con loro in russo, ma sono ucraini.

 

D. – Economicamente potrebbero resistere come uno Stato a parte?

 

R. – Sì, qui in questa parte sono economicamente abbastanza forti e per questo chiedono l’autonomia. I sostenitori della secessione non sono comunque molto influenti. Non credo quindi che si possa arrivare ad una spaccatura del Paese. Sta nascendo una coscienza politica e democratica. La gente ha più coraggio di esporsi e di manifestare per la democrazia. Le preferenze si concentreranno dunque soprattutto verso chi sarà in grado di garantire e tutelare il sistema democratico.

**********   

 

Scossoni politici in Medio Oriente: dopo due anni si è dissolta, in Israele, la coalizione di Sharon. Ieri è stata bocciata, infatti, la finanziaria ed il premier, che ha perso anche l’appoggio del partito dello Shinui, è pronto a chiedere la collaborazione dei laburisti. Sono state rese note, intanto, 10 candidature per le elezioni palestinesi del prossimo 9 gennaio. E’ stata ufficializzata anche quella del leader di Al Fatah in Cisgiordania, Barghuti. Il nostro servizio:

 

**********

Il Parlamento israeliano ha votato contro la Finanziaria proposta dal governo del primo ministro Sharon. Dopo la votazione, il premier ha silurato i cinque ministri del suo esecutivo che si sono espressi contro la legge. Fra questi figura Lapid, leader del partito di centro destra ‘Shinui’. La bocciatura della Finanziaria potrebbe portare allo scioglimento della Knesset e ad una consultazione anticipata. Per scongiurare queste ipotesi, Ariel Sharon chiederà ai laburisti di entrare nel governo. Il premier confida, infatti, nella collaborazione del partito di Shimon Peres per colmare il vuoto lasciato dalla cacciata dei ministri dello schieramento laico dello ‘Shinui’. Sharon si è anche dichiarato disponibile ad incontrarsi con il presidente siriano Assad per rilanciare i colloqui di pace tra Israele e Siria. Il governo siriano ha giudicato però inaccettabili le condizioni poste dal primo ministro israeliano. Nei Territori, intanto, è stata ufficializzata la candidatura per le elezioni del 9 prossimo gennaio del leader di Al Fatah in Cisgiordania, Barghuti, che è detenuto in una prigione israeliana per scontare cinque ergastoli. Al Fatah, che ha già indicato l’ex premier Abu Mazen come proprio candidato, ha comunque espresso la propria contrarietà sulla candidatura di Barghuti. Il movimento estremista palestinese Hamas ha reso noto, infine, che boicotterà l’appuntamento elettorale e ha invitato i propri sostenitori a non partecipare al voto.

**********

 

In Iraq dieci ribelli sono rimasti uccisi in scontri scoppiati a Mosul tra insorti e forze di sicurezza irachene. Diverse esplosioni hanno investito, inoltre, la cosiddetta “zona verde” di Baghdad e un colpo di mortaio ha causato la morte di una persona. Sembra essere invece tornata la calma a Falluja, dove secondo l’ultimo bilancio fornito dalle truppe americane sono almeno 71 i soldati statunitensi che hanno perso la vita durante l’offensiva contro la città sunnita. Sul versante politico il partito Baath, al potere durante il regime di Saddam Hussein, ha respinto qualsiasi ipotesi di “dialogo” con il governo provvisorio iracheno.

 

Diffuso ieri dal Palazzo di Vetro il Rapporto per una radicale riforma delle Nazioni Unite: nelle sue 95 pagine, considera possibile la guerra preventiva davanti alle minacce del terrorismo, ma solo se autorizzata dal Consiglio di Sicurezza. Per tale riforma sono proposti due modelli: il primo aggiungerebbe sei nuovi seggi permanenti senza diritto di veto e due nuovi membri non permanenti biennali. L’altro prevede una nuova categoria di otto membri quadriennali rinnovabili ed un nuovo seggio non permanente biennale non rinnovabile.

 

Secondo giorno di consultazioni in Mozambico dove otto milioni di persone sono chiamate a votare per il rinnovo del Parlamento e l’elezione del presidente. L’affluenza alle urne è ancora bassa e le operazioni di voto proseguono in un clima tranquillo. I partiti e le coalizioni in lizza per le politiche sono 21: i principali sono il FRELIMO, schieramento che si è battuto contro il dominio portoghese fino all’indipendenza nel 1975, e la RENAMO, ex movimento convertitosi alla politica dopo 17 anni di guerra civile. I candidati favoriti per le presidenziali sono il socialdemocratico Guebuza del FRELIMO ed il populista Dhlakama della RENAMO. La consultazione, la terza elezione pluralista nella storia del Mozambico, segna l’uscita di scena del presidente Chissano, che ha guidato il Paese per 18 anni. Il servizio di Giulio Albanese:

 

**********

Sono stati segnalati alcuni problemi in alcune località remote per il mancato recapito del materiale elettorale, ma si tratta di casi sporadici, in poco più di un centinaio di seggi. E mentre il presidente uscente, Chissano, elogia lo spirito dei suoi connazionali che stanno dando prova di grande civiltà, Guebuza il candidato del FRELIMO, il partito al potere dai tempi della rivoluzione, ha rinnovato le promesse fatte in campagna elettorale, e cioè di incentivare gli investimenti stranieri, la lotta alla povertà e soprattutto finanziare campagne educative contro il flagello dell’Aids. Un Guebuza, dunque, ex marxista leninista in versione businessman, filo occidentale, sostenitore del nuovo partenariato per l’Africa, il NEPAD, e soprattutto paladino delle politiche di privatizzazione con l’intento di aumentare l’occupazione, in un Paese dove la corruzione rappresenta uno dei mali endemici. La società civile, gruppi, associazioni, movimenti, le stesse Chiese stanno alla finestra a guardare e chiedono ai candidati una maggiore attenzione all’agenda sociale, e soprattutto a quelli che sono i reali bisogni degli otto milioni di elettori e alle loro famiglie. Il fatto stesso che in alcune delle 11 province si sia tornati al baratto per mancanza di denaro, la dice lunga.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

**********  

 

Ci sono voluti 300.000 morti, almeno 2 milioni di profughi e 13 anni di anarchia per raggiungere la formazione di un nuovo governo somalo. Ad annunciare il cambiamento storico - politico è stato il primo ministro della Somalia Ali Mohammed Gedi che ha confermato la nomina di 31 ministri quattro dei quali ancora da indicare. Sul terreno, sono morte altre 28 persone in un conflitto a fuoco tra clan rivali scoppiato nel centro del Paese. Il servizio di Rita Anaclerio:

 

**********

Due le caratteristiche più evidenti del nuovo esecutivo. Innanzitutto, la presenza dei principali ‘signori della guerra’, a cui però non sono stati riservati dicasteri chiave e quindi l'attento bilanciamento tra i principali clan territoriali. Dalla caduta del regime di Siyad Barre, avvenuta nel 1991, infatti, la Somalia è stata attraversata dai movimenti di guerriglia delle diverse etnie che ne hanno assunto il controllo. Nel 1992, con la nota operazione Restore Hope, l'ONU ha tentato di ristabilire un equilibrio, inviando un contingente militare internazionale, con una forte presenza statunitense e italiana. Ma non si riuscì ad alleviare le condizioni dei civili e ad imporre un cessate il fuoco. Un timido segnale di apertura si ebbe nel 1998 quando i capi delle bande armate avviarono trattative per un'amministrazione congiunta del Paese e, l’anno dopo, si decise la formazione di un governo transitorio. Ma la continua opposizione dei “signori della guerra” portò, nel marzo 2001, a un fronte comune contro il nuovo governo. Ma è con l’inizio del 2004 che la situazione politica della Somalia sembra aprirsi sotto i migliori auspici con un accordo a Nairobi tra “i signori della guerra” per il passaggio a un sistema democratico. La Somalia, con i suoi oltre 7 milioni di abitanti ha subito, inoltre, scontri di carattere religioso. Infatti, in molte zone del Paese, secondo il Report on Religious Freedom, è stata adottata la legge islamica e i non musulmani sono guardati con sospetto. Nel Paese c’è anche una minoranza cristiana, raccolta soprattutto a Mogadiscio e più volte sconvolta da avvenimenti cruenti quali l’assassinio, nel 1989, di mons. Salvatore Colombo, vescovo di Mogadiscio.

**********

 

I socialisti francesi hanno approvato la Costituzione dell’UE. Ad annunciarlo, il segretario del partito, Hollande. Il capofila del fronte del “no”, Fabius, ha ammesso la sconfitta. Il referendum sulla Costituzione europea si terrà in Francia nel 2005. La pronuncia dei socialisti, all’opposizione nel Paese transalpino, potrebbe influenzare il voto dei cittadini di altri Stati.

 

In Italia, dopo tre anni di un tortuoso iter parlamentare, la Camera ha approvato ieri sera in via definitiva la riforma dell’ordinamento giudiziario. Soddisfatto il ministro della Giustizia, Castelli. Per la maggioranza, la nuova legge tutela l’indipendenza della magistratura. Dure critiche, invece, dall’opposizione e dall’Associazione nazionale magistrati. Sulle novità della riforma, sentiamo Giampiero Guadagni:

 

**********

E’ la separazione delle funzioni tra giudice e pubblico ministero la novità più rilevante e anche più contestata della riforma della giustizia targata centrodestra. Dunque, il candidato al concorso unico per magistrato deve scegliere tra funzione giudicante – quella di giudice – e funzione requirente – quella di pubblico ministero. Una scelta che diventa definitiva dopo cinque anni. Sono poi previsti colloqui di idoneità psico-attitudinale che si svolgeranno nell’ambito dell’esame orale. Inoltre, il procuratore-capo della Repubblica avrà più poteri nelle indagini e l’obbligo di intraprendere l’azione disciplinare verso i magistrati i quali non potranno iscriversi a partiti politici né essere coinvolti in attività di centri politici o affaristici. Per la maggioranza, la riforma tutela l’indipendenza della magistratura e i diritti dei cittadini; al contrario, per il centrosinistra che già ipotizza il referendum abrogativo, l’indipendenza dei giudici viene messa in discussione. Dello stesso avviso l’Associazione nazionale magistrati che nei giorni scorsi ha scioperato per la terza volta in due anni contro la riforma, definita inutile e incostituzionale. Anche gli avvocati penalisti contestano il disegno di legge, ma per motivi opposti, ritenendo infatti necessaria una più netta separazione delle carriere tra giudice e pubblico ministero. Per diventare legge, il provvedimento dovrà essere firmato entro 30 giorni dal capo dello Stato che ha però la facoltà di rinviare il testo alla Camera evidenziando eventuali punti in contrasto con la Costituzione.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

**********

 

Restiamo in Italia dove questa sera sono previste le nomine di Marco Follini come vice premier e di Mario Baccini in qualità di ministro della Funzione Pubblica. Lo ha annunciato il primo ministro Silvio Berlusconi rispondendo alle domande dei giornalisti sugli sforzi tesi a completare la squadra di governo. Fonti ministeriali hanno reso noto, inoltre, che si è dimesso l’attuale ministro della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella.

 

È stato condannato all’ergastolo l’assassino del ministro degli esteri svedese Anna Lindh, uccisa il 10 settembre 2003 a Stoccolma. Lo ha deciso la Corte suprema svedese che ha così annullato il giudizio della corte d’appello di Stoccolma, che a luglio aveva condannato Mijailo Mijailovic all’internamento psichiatrico.

 

=======ooo=======