RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
337 - Testo della trasmissione di giovedì 2 dicembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa riceve il presidente della Guinea
Equatoriale
OGGI IN PRIMO PIANO:
Da
oggi in Bosnia, la missione di pace dell’Unione Europea: intervista Federico
Eichberg.
CHIESA E SOCIETA’:
La Conferenza episcopale
maltese contro un intervento dell’ONU in tema di aborto
Si è svolta a Doha, in
Qatar, la Conferenza internazionale per la famiglia
Via libera, in America centrale, ad un progetto della
Chiesa per arginare la criminalità giovanile
Violenta espulsione di
tribali convertiti al cristianesimo in India
E’
morto ieri mons. Andrea Spada, per 51 anni direttore de “L’eco di Bergamo”.
In Ucraina, i due
candidati per la presidenza d’accordo su alcune riforme politiche.
L’opposizione chiede di fissare con urgenza la data delle elezioni
Dopo la bocciatura della
Finanziaria Sharon ipotizza l’ingresso dei laburisti nel governo. Anche
Barghuti tra i candidati per le elezioni palestinesi del prossimo 9 gennaio
Bassa affluenza e clima
tranquillo nel secondo giorno di presidenziali e politiche in Mozambico.
La riforma della
giustizia in Italia. Per magistrati e opposizione in pericolo l’indipendenza
dei giudici. Per il governo un voto storico
2 dicembre 2004
APPELLO
DI GIOVANNI PAOLO II PER L’ELIMINAZIONE DEFINITIVA
DELLE MINE ANTI-UOMO,
“TERRIBILE FLAGELLO DEI TEMPI MODERNI”
Opporsi ad una cultura della morte per edificare la cultura della vita:
la raccomandazione del Papa in un Messaggio a tutti i governi dei Paesi
firmatari della Convenzione di Ottawa del ’97 contro le mine antiuomo, riuniti
in questi giorni a Nairobi, per la prima Conferenza internazionale a cinque
anni dall’entrata in vigore del Trattato nel ’99. Il servizio di Roberta
Gisotti:
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“Raddoppiare gli sforzi per realizzare gli obiettivi della Convenzione” e
“sradicare in maniera definitiva questo terribile flagello dei tempi moderni”:
il Papa chiede ai Paesi “di rinnovare in maniera chiara” gli impegni”
sottoscritti in questa Carta “fondamentale” “che rinforza la rigorosa
applicazione del diritto internazionale umanitario e che resta un esempio
tangibile di solidarietà tra le nazioni e tra i popoli”.
La Santa Sede, che è stata tra i primi firmatari della Convenzione
“intende contribuire – sottolinea
Giovanni Paolo II – in modo attivo alla sua applicazione, con un dialogo
sincero e costruttivo con gli altri Stati” e per questo in vista della
Conferenza di Nairobi ha lanciato una campagna di sensibilizzazione ed
informazione tra le Chiese locali su questo grave problema delle mine antiuomo.
Ciò che resta da fare ora – raccomanda il Santo Padre - è proseguire nella
distruzione degli stock di munizioni, nello sminamento e nella reintegrazione
socioeconomica delle vittime di queste armi. Le mine antiuomo – ha osservato ancora
il Papa – non solo uccidono e mutilano vittime innocenti (ancora oggi circa 20
mila ogni anno) ma compromettono “gravemente l’economia dei Paesi in via di
sviluppo”, privandoli di numerosi terreni agricoli minati, “che sono
essenziali” per la loro sopravvivenza. Applicare la Convezione significa allora
offrire una possibilità “alla famiglia delle Nazioni di costruire un’umanità
rinnovata e pacifica”.
Il Papa auspica quindi una cooperazione bilaterale e multilaterale tra i
Paesi colpiti e non e tra Paesi poveri e ricchi, prendendo le decisioni
politiche che s’impongono e le disposizioni finanziarie necessarie. Attenzione
speciale Giovanni Paolo II sollecita infine per le vittime delle mine antiuomo,
e per accrescere la coscienza dell’opinione pubblica internazionale su questo
dramma.
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IN VISITA OGGI DAL PAPA IL PRESIDENTE DELLA GUINEA EQUATORIALE,
TEODORO OBIANG GUEMA MBASOGO
- A cura di Roberta Gisotti -
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Non
arriva a mezzo milione di abitanti, la Guinea Equatoriale, grande poco più
della Sicilia, guidata dal colonnello Obiang Guema Mbasogo, al potere
dall’indipendenza dalla Spagna conquistata nel 1968. Giovanni Paolo II ha
ricordato di aver visitato il piccolo Stato dell’Africa occidentale nel 1982,
auspicando che l’odierna visita del suo presidente contribuisca a stabilire
“un’intesa e relazioni cordiali e serene tra le autorità pubbliche e la comunità
cristiana, di cui beneficeranno tutti i cittadini nelle loro aspirazioni di
migliorare le condizioni di vita, di modo che possano realizzarsi come persone
e come figli di Dio.” Il Papa ha quindi sottolineato come la Chiesa nella
Guinea equatoriale svolga “con i mezzi a sua disposizione un’opera generosa
nell’educazione, nella sanità”, nella promozione dei più poveri. La Chiesa
“ispirata dal Vangelo” – ha aggiunto il Santo Padre – desidera unicamente
servire “la dignità dell’uomo, in un clima adeguato di libertà, collaborazione,
riconciliazione, comprensione e rispetto, che faciliti il compimento pacifico e
fruttuoso della sua missione spirituale e umanitaria”
Da
rilevare che la lunga permanenza al potere di Obiang Guema Mbasogo e del suo
Partito, che rappresenta l’etnia Fang, anche dopo l’introduzione del
multipartitismo con la nuova Costituzione del ’91, è stata più volte contestata
dalle opposizioni, che hanno boicottato anche le ultime elezioni legislative
nel ’99. Paese che ha segnato negli ultimi anni un grande sviluppo nella
produzione di petrolio, la Guinea equatoriale, è balzata la scorsa settimana
sulle cronache per il processo, celebrato nella capitale Malabo che ha condannato
i responsabili di varie nazionalità di un di golpe contro il presidente,
sventato nel marzo scorso.
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ACCOGLIERE CON
COMPRENSIONE E CARITA’ IL DOLORE DI CHI E’ NELLA PROVA,
PER FARGLI SPERIMENTARE LA SPERANZA E IL SOLLIEVO
CHE VENGONO DA DIO:
L’ESORTAZIONE E L’APPREZZAMENTO DEL PAPA
ALL’ISTITUTO “SERVI DELLA SOFFERENZA”,
FONDATO SU ISPIRAZIONE DI SAN PIO DA PIETRELCINA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
La sofferenza fisica e
spirituale dell’uomo è un riflesso della sofferenza della missione redentrice
di Cristo. Ed è un prezioso aspetto del Vangelo che va testimoniato. Giovanni
Paolo II ha rivolto il suo grande apprezzamento all’Istituto secolare Servi
della Sofferenza che, su ispirazione di San Pio da Pietrelcina, da dieci anni
assiste nel corpo e nell’anima, in diverse nazioni, chi è colpito dalla
malattia. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Servitori
di chi soffre, “cirenei” silenziosi che dividono con chi ne è colpito il peso
di una prova, di una malattia, rassicurando e infondendo speranza in un’umanità
sovrastata da “una nube” di dolore. Sta in questo il carisma dei Servi della
Sofferenza, che festeggiano i dieci anni dalla fondazione. Ai circa 180
rappresentanti dell’Istituto – che conta una ventina di sacerdoti e oltre un
centinaio di laici e laiche consacrate – il Papa ha voluto esprimere il “più
vivo apprezzamento” per un’opera che fu esplicitamente indicata dallo stesso
Padre Pio a mons. Pietro Galeone, fondatore dell’Istituto secolare. “Esso è
notevolmente cresciuto” in questi dieci anni, ha osservato il Papa, divenendo
non solo in Italia, ma anche in Africa e in Europa, “veicolo
di speranza per tante persone duramente provate nel fisico e nello spirito”.
Voi, ha proseguito il Pontefice, “siete chiamati a proclamare il Vangelo della
sofferenza illuminata dalla fede”. Quel particolare aspetto della Buona Novella
di cui Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica Salvifici doloris, sottolineava il “significato
salvifico della sofferenza nella missione messianica di Cristo e, in seguito,
nella missione e nella vocazione della Chiesa”.
“Guardando alla nube di dolore
fisico e spirituale che avvolge l’umanità, quanto necessaria è la testimonianza
che voi date”, ha affermato il Papa, che ha esortato i Servi della sofferenza
ad essere quegli apostoli che assicurano a chi soffre la vicinanza di un Dio
“che non dimentica nessuna lacrima, ma anzi le raccoglie tutte e le scrive nel
suo libro”. Seguite le orme di Padre Pio, ed ispiratevi “costantemente” ai suoi
insegnamenti, ancora oggi di “grande attualità”, ha concluso il Papa. E siate,
come il Santo di Pietrelcina, “apostoli” di quella sofferenza che, “accolta con
docile abbandono in Dio, apre l’animo alla comprensione del dolore degli
altri”.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto anche tre presuli della
Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America, in visita “ad Limina”.
Il Santo
Padre ha nominato membro della Pontificia Commissione per l’America Latina mons.
Nikola Eterović, arcivescovo titolare di Sisak, segretario generale del
Sinodo dei Vescovi.
I CARDINALI RATZINGER E
MARTINO CRITICANO IL LAICISMO RADICALE:
DISTRUGGE L’UMANESIMO – AFFERMANO – ED E’
ANTICRISTIANO
- A cura di Sergio Centofanti -
Due cardinali in campo contro
quello che viene definito il laicismo radicale. In due diversi interventi ieri
a Roma, il cardinale Josef Ratzinger, prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede (che ha preso parte ad un seminario organizzato dai salesiani),
e il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace (presente ad un convegno nella sala delle conferenze della
Camera dei Deputati), hanno esaminato una tendenza che si sta sempre più
affermando nel pensiero contemporaneo: “Siamo in un'ora seria – ha detto il
cardinale Ratzinger - il laicismo radicale può distruggere l'umanesimo” riducendo
tutto a puro materialismo, commercio e “predominio del mercato” rifacendosi ad
un’idea di libertà assoluta che si configura come un “tradimento” della visione
dell'Illuminismo che dice di voler rappresentare e che trasforma invece in una
“caricatura di se stesso”. Da questo pensiero deriva l'affermazione della liceità
delle sperimentazioni scientifiche più sfrenate o la richiesta di equiparare al
matrimonio i diversi tipi di unione fino all'idea “che l'individuo possa
scegliersi da sé il sesso di appartenenza”. Il laicismo radicale – continua il
cardinale Ratzinger non solo si oppone alla Chiesa ma soprattutto ne “travisa”
gli insegnamenti. E’ inoltre “antieuropeo” e pretende di far cominciare
l’identità del continente con l’Illuminismo negando le altre radici storiche,
culturali e religiose. “Ma allo stesso tempo - nota il porporato - abbiamo le
aspettative di tanti settori laici che cercano un dialogo per aiutare a far
crescere una nuova identità europea”. “Il Concilio Vaticano II ha dichiarato
che la Chiesa vuole dialogare con il mondo moderno - ha concluso il cardinal
Ratzinger - e la Chiesa oggi lo vuole ancora di più”. Da parte sua il cardinale
Renato Martino ha sottolineato che “la laicità è un valore acquisito e riconosciuto
dalla Chiesa” ma che “purtroppo ad averla vinta oggi e' un laicismo spesso
intollerante” e “sempre più anticristiano”.
DIALOGO TRA LE FEDI E LIBERTA’ RELIGIOSA IN ASIA
AL CENTRO DEL VIAGGIO NEL CONTINENTE
DELL’ARCIVESCOVO FITZGERALD
- Intervista con il presule -
Il presidente del Pontificio
Consiglio per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, è
appena tornato ieri da un viaggio in Asia. Per la prima volta si è recato a
Hong Kong, in Cina, mentre a Bali, in Indonesia, ha partecipato ad un incontro
delle Commissioni per le Comunicazioni sociali della Federazione delle
Conferenze episcopali asiatiche, sul tema “Il dialogo interreligioso come
comunicazione”. Ma quali sono attualmente le principali sfide poste dal dialogo
interreligioso in questo grande continente? Giovanni Peduto lo ha chiesto allo
stesso mons. Fitzgerald:
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R. – Credo che ci siano delle
sfide di ordine diverso: il mondo del dopo 11 settembre 2001, cioè il fenomeno
del terrorismo e il bisogno della sicurezza, ha avuto un’influenza sui rapporti
tra persone di diverse religioni e specialmente tra musulmani ed altri credenti.
Abbiamo avuto con noi il cardinal Darmaatmadja, arcivescovo di Jakarta, che ci
ha parlato della costituzione di una delegazione interreligiosa dopo
l’attentato di Bali, che ha causato la morte di numerose persone. Ha
sottolineato l’importanza dei contatti tra i capi religiosi per portare un messaggio
di pace alla popolazione. Abbiamo parlato anche purtroppo dell’evangelizzazione
non rispettosa compiuta da alcuni gruppi cristiani: si tratta di provocazioni
ai danni di persone di altre religioni. Invece di dare un messaggio nello spirito
della pace, causano contrasti, che mettono in difficoltà la Chiesa. Abbiamo
parlato anche dei mezzi moderni di comunicazione, anch’essi una sfida: come
utilizzare internet per comunicare il messaggio del Vangelo, come utilizzare
meglio la televisione, e così via.
D. – Come vede la situazione
della Chiesa in Asia, di fronte alla recrudescenza dell’integralismo in certi
settori dell’induismo e dell’islam?
R. – Credo che i vescovi che ho
incontrato a Bali fossero abbastanza ottimisti. C’è sempre il pericolo di un ripiegamento
su se stessi. Le comunità cristiane, al di fuori delle Filippine, sono
minoranze. Mi sembra tuttavia che ci sia questa volontà di essere una Chiesa
che sia segno della presenza di Dio nel mondo, un segno positivo, costruttivo:
la Chiesa ha la coscienza di dover dare questo
messaggio al mondo. Non ho visto, dunque, pessimismo, ma realismo e una
grande volontà di andare avanti.
D. – Nell’incontro di Bali avete
rivolto lo sguardo anche alla Cina continentale?
R. – Non tanto a Bali quanto ad
Hong Kong, perché la Cina non fa parte della Federazione delle Conferenze
episcopali asiatiche. Ho sentito
resoconti di persone che sono state recentemente nella Cina continentale e che
hanno parlato dei problemi relativi ai seminari e alla formazione dei sacerdoti:
ma le vocazioni esistono. Forse c’è più libertà adesso che prima. C’è una
crescita della Chiesa cattolica in Cina attualmente, che non è ristretta alle
zone rurali, ma è anche nelle città, con persone con una formazione culturale
elevata che sono interessate a studiare la fede cristiana e ad abbracciarla.
C’è però sempre il problema di una vera libertà per i responsabili della
Chiesa, libertà per i rapporti con l’esterno. Credo ci sia bisogno di una
grande solidarietà con la Chiesa in Cina e di preghiera per questa Chiesa.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina la situazione in Iraq con un articolo dal titolo “Tre fratellini
muoiono per un colpo di mortaio”.
Nell’occhiello
si evidenzia che è stato ucciso un vigile del fuoco di New York che prestò
soccorso l’11 settembre. Il vigile del fuoco è morto in un attacco compiuto dai
ribelli alle porte di Baghdad.
Nelle
vaticane, nel discorso ai membri dell'Istituto Secolare dei Servi della Sofferenza,
Giovanni Paolo II ha esortato ad essere silenziosi “cirenei” per quanti sono
nella prova.
L’udienza
del Papa al presidente della Guinea Equatoriale. Nell’occasione il Santo Padre
ha ricordato che la Chiesa desidera contribuire alla promozione della dignità
dell’uomo in un clima adeguato di libertà, collaborazione, riconciliazione e rispetto.
Il
messaggio di Giovanni Paolo II alla prima Conferenza di esame della Convenzione
sulla interdizione delle mine antiuomo, in corso a Nairobi.
L’intervento della Santa Sede nell’ambito di questo incontro.
Nelle
estere, Ucraina: disgelo e intesa sulle riforme tra Yushenko e Yanukovic.
Nella
pagina culturale, un aticolo di Franco Patruno dal titolo “La condanna della
guerra come vocazione religiosa”: il film televisivo su Don Gnocchi.
Un
articolo di Susanna Paparatti dal titolo “Dalla tv di servizio ai reality
show: mezzo secolo di squallida involuzione”: a Torino una serie di
manifestazioni per i 50 anni della televisione italiana.
Un
articolo di Angelo Marchesi in ricordo di mons. Andrea Spada: “Le sue parole,
autorevoli e meditate, - questo il titolo - non lasciavano adito a posizioni di
superficialità”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della giustizia; Camera: sì definitivo
sul ddl di riforma. Molto critici opposizione e magistrati.
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2
dicembre 2004
LE TEMPESTE TROPICALI CAUSANO
OLTRE 1000 MORTI NELLE FILIPPINE
E UN NUOVO TIFONE SI ABBATTE SULL’ARCIPELAGO
- Con noi, fratel Angelino
Aldegheri, missionario camilliano -
È salito a più di 1000 tra morti e dispersi il bilancio delle inondazioni
che hanno colpito le Filippine, al passaggio della tempesta tropicale Winnie.
Lo ha comunicato l’esercito di Manila, che porta avanti i soccorsi mentre un
altro tifone, Nanmadol, si è abbattuto in giornata sulle coste filippine.
Andrea Sarubbi ha raggiunto telefonicamente nell’isola di Samar, una delle zone
colpite, un missionario camilliano, fratel Angelino Aldegheri:
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R. –
Bè, noi questo tifone ce lo aspettavamo perché quest’anno in realtà ce ne erano
stati pochi. Ogni anno vengono questi grandi tifoni. Uno è arrivato nella prima
settimana di giugno, ed ha fatto un disastro. Poi sono venuti gli altri, più
piccoli. Questo è stato molto più pesante!
D. – E quanto è durato da voi,
il tifone?
R. – Il tifone, praticamente, è
durato in questa zona 24 ore. Ha distrutto quasi tutte le piantagioni di banane
e di riso …
D. – E pure le case, immagino?
R. – Le case di paglia … hanno
perso il tetto, però in questa zona non ci sono morti!
D. – Senta, fratel Angelino, ma
la popolazione come sta vivendo queste ore?
R. – Bè, la popolazione … io vi
lascio immaginare: prima di tutto, siamo senza corrente, senza acqua e ieri e
oggi gli uffici sono chiusi, le scuole sono chiuse; non ci sono trasporti
pubblici …
D. – E voi missionari camilliani
come state?
R. – Sono circa due giorni che
anche noi non abbiamo corrente, né televisione né radio: siamo un po’ tagliati
fuori anche noi …
D. – Però so che la vostra
missione e l’ospedale hanno comunque ospitato diversi sfollati …
R. – L’altra sera abbiamo avuto
sette famiglie; questa mattina abbiamo avuto un po’ di bambini e qualche
anziano; poi, nel pomeriggio, verso le cinque, sono tornati alle loro capanne
perché è tornato il bel tempo. Adesso almeno in questa zona, il tifone, non è
più forte.
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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE
PER L’ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITU’
- Ai nostri microfoni Gianni Magazeni -
Tutti gli Stati della Terra si
uniscano per sradicare l’orribile pratica del traffico di esseri umani, perché
nessun uomo è proprietà altrui. E’ il monito del segretario generale dell’Onu,
Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale per
l’abolizione della schiavitù. Secondo i dati ufficiali dell’Unesco, sono 27 milioni
nel mondo gli esseri umani comprati e venduti come merce, spinti al lavoro
forzato, tenuti come schiavi per scopi rituali e religiosi, allontanati dai
propri Paesi e avviati alla prostituzione. Il servizio di Roberta Moretti:
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Sono uomini, donne e bambini e
lavorano nei campi come schiavi nel 90 per cento dei Paesi dell’Africa: i
bambini venduti dalle povere famiglie, gli uomini prigionieri di guerra, le
donne come serve. In Sudan, almeno 15 mila persone all’anno vengono rapite per
essere schiavizzate. In Mauritania, dove la schiavitù è stata formalmente
abolita nel 1891, nessuna punizione legale colpisce i padroni che
tranquillamente la praticano. Stessa situazione negli altri continenti: dal Pakistan,
nella provincia di Sindhi, dove persone di ogni età sono comprate e vendute, al
Brasile, dove lo scorso anno mille lavoratori sono stati liberati dalle piantagioni
amazzoniche. Il dott. Gianni Magazeni, membro dell’Ufficio dell’Alto Commissariato
per i diritti umani delle Nazioni Unite:
R. – Se si guarda alle cause
delle forme di schiavismo contemporaneo, possiamo sicuramente rintracciare la
questione dell’estrema povertà, la questione dell’esclusione sociale, la
questione dell’ignoranza, la questione della mancanza di informazione o forme
varie di discriminazione.
Nuovi schiavi, manodopera a
basso costo nelle fabbriche di abbigliamento, componenti elettronici, palloni e
scarpe, destinati al mercato dei Paesi ricchi. Secondo un rapporto dell’ONU,
sono 180 milioni i bambini sotto i dieci anni al lavoro nel mondo, addetti
anche a produzioni tossiche. Ancora Magazeni:
R. – Penso che sia proprio
questa mancanza di rispetto in generale delle norme internazionali di diritto
umano che contribuiscono a creare gli elementi che danno poi vita a queste
manifestazioni inaccettabili, a questa piaghe contemporanee. Penso anche che
alcune convenzioni internazionali, come ad esempio quella delle Nazioni Unite
contro la criminalità organizzata transnazionale e soprattutto il Protocollo
che si occupa specificatamente della lotta contro la tratta delle persone,
molto spesso non vengono rispettati. Diciamo che c’è ancora molto da fare.
Ma forte è l’impegno delle
Nazioni Unite in questo senso…
R. – Per noi è fondamentale
riuscire a creare una maggiore conoscenza del problema, una maggiore conoscenza
dei diritti umani e tentare di far avanzare azioni pratiche contro queste forme
contemporanea di schiavitù, sostenendo al contempo quelle Organizzazioni e
quelle Istituzioni che danno assistenza alle vittime.
Il 2004 è l’Anno internazionale
per l’abolizione della schiavitù. Molte le iniziative da parte di Organismi e
Associazioni internazionali. Con quali effetti?
R. – C’è una maggiore coscienza
a livello di Comunità internazionale che questo sia un problema fondamentale. E
questo rappresenta già un passo nella giusta direzione. Non significa, però,
che questo fenomeno sia in diminuzione. Al contrario ci sono situazioni in cui
sembra ulteriormente avanzare. L’azione pratica della Comunità internazionale,
delle Nazioni Unite e di altre Organizzazioni contro questi fenomeni è molto
più visibile e, speriamo, anche più efficace rispetto al passato.
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DA OGGI IN BOSNIA, LA MISSIONE
DI PACE DELL’UNIONE EUROPEA
- Con noi, Federico Eichberg -
Al via oggi in Bosnia la più
importante operazione militare dell’Unione Europea per il mantenimento della
pace. La missione - denominata Althea - sostituisce quella della Nato, la SFOR,
iniziata nel ‘95 per vigilare sugli accordi di Dayton, alla fine di una guerra
che tra il ‘92 e il ‘95 provocò più di 200 mila morti. In una cerimonia,
stamani a Sarajevo, è avvenuto il passaggio delle consegne, alla presenza
dell’Altro rappresentante UE per la politica estera, Javier Solana, e il segretario generale dell’Alleanza
atlantica, Jaap de Hoop Scheffer. Tra gli obiettivi della missione europea,
anche la ricerca dell'ex leader politico e del comandante militare dei serbi di
Bosnia, Karadzic e Mladic, accusati di genocidio e crimini contro l'umanità.
Sui compiti della forza europea, Giada Aquilino ha intervistato Federico
Eichberg, esperto di questioni balcaniche:
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R. – Si colloca in una fase in
cui le istituzioni della Bosnia si sono consolidate. L’area, nel suo complesso,
sembra conoscere una nuova stabilità e il ruolo della missione europea sarà
soprattutto quello di dare fiducia e di rinforzare i risultati sin qui
acquisiti. L’Unione Europea ha già svolto un simile compito con le forze di
polizia in Bosnia Erzegovina e con le forze armate in Macedonia.
D. – E’ una situazione che va
normalizzandosi, però permangono quelle tensioni - tra croati, serbi e bosniaci
- che contribuirono allo scoppio del conflitto degli anni ’90…
R. – In Bosnia, permangono tre
fattori di instabilità. Il primo è relativo ai ricercati del Tribunale penale
internazionale dell’Aja, che sono un elemento più politico che di reale minaccia
alla sicurezza. Politico perché le fazioni, sui nomi di Karadzic e Mladic, ancora giocano un ruolo
tutto teso a sottolineare le presunte inadempienze dell’una e dell’altra parte.
Il secondo fattore di rischio per la sicurezza è rappresentato dalla
criminalità organizzata, che prolifera proprio in questa situazione di grigiore
istituzionale. Terzo elemento è quello delle rivendicazioni territoriali, che hanno
una valenza incendiaria a seconda che i singoli leader - dell’Erzegovina, della
Republika Srpska o di altre aree della Bosnia - abbiano interesse a rinfocolare
questi odi.
D. – In questo quadro rientrano
anche le tensioni etnico-religiose?
R. – Nella misura in cui vengano
strumentalizzate. Da sole non sono un fattore in grado di destabilizzare una
regione che, comunque, sembra aver ricostruito un tessuto sociale, culturale e
religioso.
D. – Dopo la Bosnia ci saranno
nuove missioni europee anche in altre aree critiche?
R. – Forse è ancora prematuro
dire se si potrà arrivare ad una presenza dell’Unione Europea nel Caucaso o nel
centro Asia. Sicuramente in quei Paesi per i quali si può pensare ad un
eventuale accesso nell’UE, come la Bosnia, la Macedonia, l’Albania, la
Serbia-Montenegro, quindi il Kosovo, è necessario, opportuno e quindi
prevedibile che l’Unione Europea svolga un ruolo sempre maggiore.
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IL RAPPORTO UOMO-MACCHINA, SCONTRO-INCONTRO TRA
ANIMA E TECNOLOGIA:
ALLA LUMSA, INAUGURATA L’VIII EDIZIONE DEL
FESTIVAL DEL CINEMA SPIRITUALE.
GLI INTERVENTI DEL CARDINALE POUPARD E
DELL’ARCIVESCOVO FOLEY
- Intervista con mons. Dario Viganò -
I robot hanno esercitato un
irresisitibile fascino sull’uomo sin da quando le prime forme di automazione e
di cibernetica hanno permesso di creare prototipi
di intelligenza artificiale capaci di imitare la persona umana. Ma in che
rapporto questi esseri, per definizione inanimati, ovvero “senz’anima”, si
pongono con l’uomo che li crea? Su questo aspetto si concentra l’ottava
edizione del Festival del Cinema Spirituale “Tertio Millennio”, dal titolo
“Ibridazione uomo-macchina, identità e coscienza nel cinema postmoderno”,
apertosi ieri a Roma nella sede della LUMSA. L’evento, organizzato dall’Ente
dello Spettacolo insieme ai Pontifici Consigli della Cultura e delle
Comunicazioni Sociali, ha visto i presidenti dei due dicasteri vaticani offrire
alcuni spunti di riflessione.
Pur nella loro innegabile
utilità, i robot sono anche diventati, ha affermato l’arcivescovo John Foley,
il simbolo “di un delirio di onnipotenza” che in qualche caso – come spesso
immaginato dal cinema – ha visto la tecnologia “manipolare l’equilibrio
naturale” della mente umana. C’è dunque bisogno di un nuovo approccio, gli ha
fatto eco il cardinale Paul Poupard, che ha proposto di fondare una “cultura
dell’ibridazione positiva”. In una prospettiva di relazione piuttosto che di
contrapposizione, ha spiegato, anche il rapporto uomo-robot perde quell’aspetto
di “invasione” dell’umano da parte della macchina. Luca Pellegrini ha chiesto a
mons. Dario Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo, quali sono le
ragioni che hanno portato il Festival a una scelta di dibattito così originale:
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R. – Innanzitutto, per la
grandissima attualità. Di fatto, oggi, il tema dell’ibridazione uomo-macchina
occupa la centralità del dibattito sociale. Un secondo motivo, poi, è che credo
che in qualche modo ci sia da offrire un luogo di dialogo per una riflessione
di tipo antropologico, una riflessione sull’uomo, nel senso che questa
ibridazione uomo-macchina può essere letta certamente in termini di
contrapposizione, ma anche in modo coniugativo. Dunque, è un mettere insieme
prospettive diverse, segmenti diversi, salvaguardando in ogni caso la centralità
della persona umana.
D. – La macchina che si
confronta - magari invidiandolo - con l’uomo creatore, con la sua dimensione di
libertà e di spiritualità. L’uomo spirituale che è costretto, sempre più, ad
accogliere nella propria quotidianità la realtà della macchina e gli imperativi
della scienza: come equilibrare i due pericolosi estremi?
R. – Questo, appunto, è un
dilemma che è difficile da sciogliere. Io direi piuttosto che siamo giunti al
momento in cui bisogna davvero approfondire lo specifico di ogni scienza, di
ogni disciplina – pensiamo da una parte alle neuroscienze, alla
microinformatica, eccetera. Dall’altra parte però, pensiamo ad una riflessione
scientifica dal punto di vista della filosofia morale. In qualche modo, cioè,
si va necessariamente a dover assumere un approccio non più semplicemente
interdisciplinare, ma multidisciplinare attorno all’unico elemento di
riflessione che deve rimanere al centro, che è l’uomo.
Il Festival proseguirà con una
rassegna di 15 film, in programmazione alla Sala Trevi di Roma dal 14 al 19
dicembre, appositamente selezionati e tutti dedicati al rapporto, non sempre
pacifico, tra l’uomo e il suo robot.
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2 dicembre 2004
IL POPOLO MALTESE DEVE CONTINUARE A DIFENDERE LA
VITA,
FIN DAL SUO CONCEPIMENTO. E’ IL MONITO DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE LOCALE,
IN SEGUITO AD UN INVITO DELL’ONU A RIVEDERE LA
LEGGE SULL’ABORTO
LA VALLETTA. = “L’aborto
è e rimane un omicidio di persone innocenti, in qualunque caso”. Lo ribadiscono
i vescovi maltesi in un comunicato diffuso oggi. La presa di posizione fa
seguito ad una raccomandazione delle Nazioni Unite, che hanno chiesto allo
Stato maltese di rivedere la propria legislazione sull’aborto, così da
prevedere delle eccezioni in alcuni casi, come la possibilità di fare aborti
terapeutici o di abortire in caso di gravidanze avvenute in seguito a violenza
ed incesto. “Il diritto alla vita di ogni essere umano innocente – scrivono i
presuli – è un elemento costitutivo per una società civile e la sua legislazione”.
“Nel momento in cui una legge priva una categoria di essere umani della protezione
che una legge civile ha il dovere di accordare – aggiungono – lo Stato sta negando
l’uguaglianza di tutti davanti alla legge”. Il fatto che il Comitato Onu per i
diritti stia facendo pressioni sullo Stato maltese, affinché di legalizzi
l’aborto in alcune circostanze, è “inaccettabile”. “Noi vescovi – si legge
ancora nel comunicato – incoraggiamo il popolo maltese a rimanere saldi nella
loro difesa alla vita umana, dal suo concepimento, e nel loro totale rifiuto
per l’aborto”. “Incoraggiamo anche i rappresentanti del nostro popolo a
continuare non solo a rifiutare l’aborto senza riserve ma anche – concludono – a non smettere mai
di pronunciarsi in difesa della vita e contro l’uccisione, tramite aborto, di
persone totalmente incapaci di difendere se stesse”. (A.M.)
CRISTIANI, MUSULMANI ED EBREI UNITI PER LA DIFESA
DELLA FAMIGLIA.
NESSUN GOVERNO – HANNO RICORDATO NEL CORSO DI UNA
CONFERENZA INTERNAZIONALE NEL QATAR – HA IL
DIRITTO DI CAMBIARE
LA DEFINIZIONE DI FAMIGLIA O DI MATRIMONIO
DOHA. = Nel mondo contemporaneo è
fondamentale difendere la “famiglia naturale” contro ogni tendenza di
equiparazione ad altre unioni, “contrarie alla coscienza dell’umanità”. Questo,
in sintesi, è quanto emerso durante la Conferenza internazionale per la
famiglia, svoltasi nei giorni scorsi a Doha, in Qatar. Oltre 150 rappresentanti
delle tre grandi religioni monoteistiche – cristianesimo, islam ed ebraismo –
hanno preso parte all’evento. Durante l’incontro, è stato ribadito l’impegno
comune per difendere l’unità e la sacralità della famiglia, contro le tendenze
radicali che tendono a snaturare il fondamento del nucleo familiare attraverso
politiche moderne, come il riconoscimento delle coppie omosessuali. Al convegno
hanno preso parte varie personalità, tra cui il cardinale Alfonso López
Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il patriarca
copto di Alessandria, Shenouda III, lo sceicco Yusuf Al-Qaradawi, presidente
dell’Associa-zione internazionale degli studiosi islamici (IAMS), e il Premio
Nobel per l’Econo-mia, Gary S. Becker. Nel suo discorso di apertura, Sheika
Mozah bint Nasser Al-Misnad, moglie dell’emiro del Qatar, ha individuato nella
difesa della famiglia l’elemento che maggiormente accomuna l’umanità. “Non
esiste punto di maggior accordo capace di unire le persone di tutto il mondo –
ha detto – come la ferma convinzione della sacralità della famiglia”. “La richiesta
di modernità – ha proseguito la first lady araba – non può essere presa a
pretesto per cambiare i valori religiosi, culturali e sociali che proteggono
l’istituzione della famiglia”. Parlando ai partecipanti della Conferenza, il
cardinale Trujillo ha sottolineato che la famiglia basata sul matrimonio è
sotto assedio ed ha poi definito un segno di “disumanizzazione” il
riconoscimento delle unioni omosessuali, spiegando che “la famiglia viene prima
dello Stato” e per questo “nessun governo ha il diritto di cambiare la
definizione di famiglia o di matrimonio”. (B.C.)
VIA LIBERA IN AMERICA
CENTRALE AD UN PROGETTO PER ARGINARE
LA CRIMINALITA’ GIOVANILE. L’INIZIATIVA,
PRESENTATA DAL VESCOVO AUSILIARE
DI SAN PEDRO SULA, INTENDE TOGLIERE DALLE STRADE
100 MILA RAGAZZI
SAN
PEDRO SULA. = Le Chiese dell’America centrale unite per recuperare i giovani
affiliati a bande di strada. Il progetto, messo a punto durante l’ultima riunione
del Segretariato episcopale dell’America Centrale (SEDAC), svoltasi in Costa
Rica, è stato reso noto da mons. Rómulo Emiliani Sánchez, vescovo ausiliare di
San Pedro Sula. Il presule, che coordinerà l’iniziativa insieme con il vescovo
ausiliario di San Salvador, Gregorio Rosa Chávez, ha ricordato che i Paesi dove
maggiore è la presenza delle bande giovanili sono Honduras, Guatemala ed El
Salvador, ma negli ultimi tempi il fenomeno delle maras, così sono
conosciute le gang di strada nella regione, ha cominciato a manifestarsi anche
in Nicaragua, Costa Rica e Panama. Il SEDAC, riferisce l’agenzia Misna, si è
posto l’obiettivo di togliere dalla criminalità 100.000 giovani. Le Chiese dei
Paesi centroamericani metteranno così in comune risorse, informazioni ed
esperti, allo scopo di costruire centri di accoglienza e realizzare programmi
di recupero in tutte le sei nazioni. (B.C.)
VIOLENTA ESPULSIONE DI TRIBALI CONVERTITI AL
CRISTIANESIMO IN INDIA.
LA
DENUNCIA DELLA DIOCESI DI JAGDALPUR
CHHATISGARTH.= “E’ la prima volta
che i ribelli si oppongono ad una conversione religiosa in modo così
clamoroso”. Così il vicario generale della diocesi di Jagdalpur, il sacerdote
carmelitano Kurian Puthuman, ha commentato l’espulsione dalla propria comunità
di 36 tribali convertiti al Cristianesimo nel villaggio di Markabeda, nella
diocesi indiana di Jagdalapur, che fa parte dello Stato indiano del
Chhattisgarth. L’agenzia AsiaNews cita fazioni fondamentalisti induiste, note genericamente
con il nome di Naxaliti, come i responsabili da anni della campagna di
attacchi, violenze ed intimidazioni contro i cristiani. “Non abbiamo mai avuto
problemi con i Naxaliti”, ha sottolineato padre Dominic Perunilam, parroco di Narayanpur.
“Quello che forse può aver provocato la reazione dei ribelli è il proselitismo
compiuto da alcune sette in molti villaggi della zona”. I ribelli sono attivi
nell’India centrale, soprattutto negli Stati di Jharkhand, Chhatisgarth, Madhya
Pradesh, Mahrarashtra ed Andhra Pradesh. Sostengono di lottare con la violenza
per i diritti dei contadini rimasti senza terra, ma in realtà obbligano i
tribali convertiti al cristianesimo a “tornare alla religione indù”.
Recentemente la comunità cristiana di Orissa, nell’India centrale, ha rivolto
un appello per porre freno alle riconversioni. Infatti, in alcuni Stati indiani
è in vigore una legge sulla libertà religiosa che richiede per ogni conversione
l’esame e l’autorizzazione ufficiale da parte di un magistrato. L’arcivescovo
di Cuttack-Bhubaneswar, mons. Raphael Cheenath, ha invitato i cattolici ha
rispondere con “rispetto e tolleranza”, aggiungendo che “solo in uno spirito di
amicizia si può trasmettere il Vangelo in un contesto multireligioso come
quello della società indiana”. (R.A.)
UNA VITA INTERA SPESA PER IL GIORNALISMO.
MORTO IERI MONS. ANDREA SPADA, PER 51 ANNI
DIRETTORE DE “L’ECO DI BERGAMO”
BERGAMO. = Lutto nel mondo del
giornalismo. E’ morto ieri all’età di 96 anni, nella sua casa di Schilpario, in
Val di Scalve, mons. Andrea Spada. Era l’unico giornalista italiano nel
Guinness dei primati: per ben 51 anni, infatti, ha diretto lo stesso
quotidiano, “L’Eco di Bergamo”. Del suo
mestiere diceva: “Lasciarlo, sarebbe come smettere di respirare”. Del suo
arrivo al giornale, invece, raccontava: “Mi chiamò il vescovo Adriano
Bernareggi. Obbedii. Il lunedì diventai praticante, il martedì redattore, il
mercoledì caporedattore e il giovedì direttore”. Con la sua firma storica,
“Gladius”, rivoluzionò il quotidiano e lo portò da poco più di mille ad oltre
60 mila copie. Nato a Schilpario il 24 gennaio del 1908, emette i voti il 30
maggio 1931, per poi intraprendere l’attività giornalistica. Tra i tanti incarichi,
vanno ricordati quelli di membro della Commissione preparatoria del Concilio Vaticano
II, di perito conciliare (1969-1961) e di protonotario apostolico (dal 15
dicembre 1984). Il 6 novembre 1988 è nominato Grande ufficiale al merito della
Repubblica Italiana. Nel 2002, l’Università degli studi di Bergamo gli conferisce
la Laurea Honoris Causa in Scienza della Comunicazione. Grande la sua amicizia
con Papa Giovanni XXIII. All’indomani della morte, il 12 giugno 1963, scrisse
su “L’Eco di Bergamo”: “Oggi comprendiamo perché tutto il mondo gli sia andato
dietro, come a San Francesco. Papa Giovanni propone a tutti i pastori d’anime,
a tutto il mondo in definitiva, una sua nuova enciclica, silenziosa, fatta di
cose più che di parole, in cui racconta come sia stato possibile che un vecchio
Papa, in meno di cinque anni, abbia potuto scuotere così velocemente il mondo e
portarlo dove non si sarebbe mai pensato”. E del giornalismo cristiano ricordava:
“Non cerchiamo soltanto di comunicare verità, ma anche di esporre una verità
che faccia del bene”. I funerali di mons. Andrea Spada si svolgeranno domani
alle 15 nella chiesa di Schilpario. (B.C.)
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2 dicembre 2004
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Modifiche
alla legge sull’elezione del presidente, riforme alle modalità per la
formazione dell’esecutivo e misure per garantire l’integrità territoriale. E’
quanto prevede l’accordo raggiunto da governo e opposizione in Ucraina, dove si
profila una nuova consultazione. L’opposizione chiede con urgenza di fissare
una data. Secondo il responsabile per la politica estera dell’Unione Europea,
Solana, ci vorrà almeno un mese per organizzare le elezioni nel Paese.
Nonostante i progressi sul piano politico resta, comunque, il rischio di secessione:
ieri è stato fissato per il prossimo 9 gennaio il referendum sull’autonomia
nella regione filorussa di Donetsk, dove vivono circa 5 milioni di persone. Ma
gli ucraini dell’est vogliono realmente la scissione da Kiev? Roberto
Piermarini lo ha chiesto al missionario polacco Paolo Suk, parroco nella città
orientale di Kharkov:
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R. – Io penso non ci sia questo
rischio. Non credo in una vittoria di quelli che sono favorevoli alla
scissione. Nel popolo ucraino non si avverte, comunque, una grande tensione.
D. – Un’eventuale scissione che
cosa comporterebbe per la parte orientale dell’Ucraina?
R. – Coloro che sostengono il
progetto secessionista, chiedono la creazione di una regione indipendente, con
una sua capitale. Questo processo porterebbe poi, seguendo l’iter prospettato
dai secessionisti, alla riunione con la Russia. Chi è nato in Ucraina ammette
che la lingua russa è molto conosciuta nel Paese. Ma è parlata da ucraini che
per decenni non hanno potuto usare la loro lingua, né vivere la cultura
ucraina. Bisogna parlare con loro in russo, ma sono ucraini.
D. – Economicamente potrebbero
resistere come uno Stato a parte?
R. – Sì, qui in questa parte
sono economicamente abbastanza forti e per questo chiedono l’autonomia. I
sostenitori della secessione non sono comunque molto influenti. Non credo
quindi che si possa arrivare ad una spaccatura del Paese. Sta nascendo una
coscienza politica e democratica. La gente ha più coraggio di esporsi e di
manifestare per la democrazia. Le preferenze si concentreranno dunque
soprattutto verso chi sarà in grado di garantire e tutelare il sistema
democratico.
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Scossoni
politici in Medio Oriente: dopo due anni si è dissolta, in Israele, la coalizione
di Sharon. Ieri è stata bocciata, infatti, la finanziaria ed il premier, che ha
perso anche l’appoggio del partito dello Shinui, è pronto a chiedere la
collaborazione dei laburisti. Sono state rese note, intanto, 10 candidature per
le elezioni palestinesi del prossimo 9 gennaio. E’ stata ufficializzata anche
quella del leader di Al Fatah in Cisgiordania, Barghuti. Il nostro servizio:
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Il
Parlamento israeliano ha votato contro la Finanziaria proposta dal governo del
primo ministro Sharon. Dopo la votazione, il premier ha silurato i cinque
ministri del suo esecutivo che si sono espressi contro la legge. Fra questi
figura Lapid, leader del partito di centro destra ‘Shinui’. La bocciatura della
Finanziaria potrebbe portare allo scioglimento della Knesset e ad una
consultazione anticipata. Per scongiurare queste ipotesi, Ariel Sharon chiederà
ai laburisti di entrare nel governo. Il premier confida, infatti, nella
collaborazione del partito di Shimon Peres per colmare il vuoto lasciato dalla
cacciata dei ministri dello schieramento laico dello ‘Shinui’. Sharon si è
anche dichiarato disponibile ad incontrarsi con il presidente siriano Assad per
rilanciare i colloqui di pace tra Israele e Siria. Il governo siriano ha
giudicato però inaccettabili le condizioni poste dal primo ministro israeliano.
Nei Territori, intanto, è stata ufficializzata la candidatura per le elezioni
del 9 prossimo gennaio del leader di Al Fatah in Cisgiordania, Barghuti, che è
detenuto in una prigione israeliana per scontare cinque ergastoli. Al Fatah,
che ha già indicato l’ex premier Abu Mazen come proprio candidato, ha comunque
espresso la propria contrarietà sulla candidatura di Barghuti. Il movimento
estremista palestinese Hamas ha reso noto, infine, che boicotterà
l’appuntamento elettorale e ha invitato i propri sostenitori a non partecipare
al voto.
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In Iraq
dieci ribelli sono rimasti uccisi in scontri scoppiati a Mosul tra insorti e
forze di sicurezza irachene. Diverse esplosioni hanno investito, inoltre, la
cosiddetta “zona verde” di Baghdad e un colpo di mortaio ha causato la morte di
una persona. Sembra essere invece tornata la calma a Falluja, dove secondo
l’ultimo bilancio fornito dalle truppe americane sono almeno 71 i soldati
statunitensi che hanno perso la vita durante l’offensiva contro la città
sunnita. Sul versante politico il partito Baath, al potere durante il regime di
Saddam Hussein, ha respinto qualsiasi ipotesi di “dialogo” con il governo
provvisorio iracheno.
Diffuso
ieri dal Palazzo di Vetro il Rapporto per una radicale riforma delle Nazioni
Unite: nelle sue 95 pagine, considera possibile la guerra preventiva davanti
alle minacce del terrorismo, ma solo se autorizzata dal Consiglio di Sicurezza.
Per tale riforma sono proposti due modelli: il primo aggiungerebbe sei nuovi
seggi permanenti senza diritto di veto e due nuovi membri non permanenti biennali.
L’altro prevede una nuova categoria di otto membri quadriennali rinnovabili ed
un nuovo seggio non permanente biennale non rinnovabile.
Secondo
giorno di consultazioni in Mozambico dove otto milioni di persone sono chiamate
a votare per il rinnovo del Parlamento e l’elezione del presidente. L’affluenza
alle urne è ancora bassa e le operazioni di voto proseguono in un clima
tranquillo. I partiti e le coalizioni in lizza per le politiche sono 21: i
principali sono il FRELIMO, schieramento che si è battuto contro il dominio
portoghese fino all’indipendenza nel 1975, e la RENAMO, ex movimento
convertitosi alla politica dopo 17 anni di guerra civile. I candidati favoriti
per le presidenziali sono il socialdemocratico Guebuza del FRELIMO ed il
populista Dhlakama della RENAMO. La consultazione, la terza elezione pluralista
nella storia del Mozambico, segna l’uscita di scena del presidente Chissano,
che ha guidato il Paese per 18 anni. Il servizio di Giulio Albanese:
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Sono stati segnalati alcuni
problemi in alcune località remote per il mancato recapito del materiale
elettorale, ma si tratta di casi sporadici, in poco più di un centinaio di
seggi. E mentre il presidente uscente,
Chissano, elogia lo spirito dei suoi connazionali che stanno dando
prova di grande civiltà, Guebuza il
candidato del FRELIMO, il
partito al potere dai tempi della rivoluzione, ha rinnovato le promesse fatte
in campagna elettorale, e cioè di incentivare gli investimenti stranieri, la
lotta alla povertà e soprattutto finanziare campagne educative contro il
flagello dell’Aids. Un Guebuza,
dunque, ex marxista leninista in versione businessman, filo occidentale,
sostenitore del nuovo partenariato per l’Africa, il NEPAD, e soprattutto paladino
delle politiche di privatizzazione con l’intento di aumentare l’occupazione, in
un Paese dove la corruzione rappresenta uno dei mali endemici. La società
civile, gruppi, associazioni, movimenti, le stesse Chiese stanno alla finestra
a guardare e chiedono ai candidati una maggiore attenzione all’agenda sociale,
e soprattutto a quelli che sono i reali bisogni degli otto milioni di elettori
e alle loro famiglie. Il fatto stesso che in alcune delle 11 province si sia
tornati al baratto per mancanza di denaro, la dice lunga.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Ci sono voluti 300.000 morti,
almeno 2 milioni di profughi e 13 anni di anarchia per raggiungere la
formazione di un nuovo governo somalo. Ad annunciare il cambiamento storico -
politico è stato il primo ministro della Somalia Ali Mohammed Gedi che ha
confermato la nomina di 31 ministri quattro dei quali ancora da indicare. Sul terreno, sono morte altre 28 persone in un
conflitto a fuoco tra clan rivali scoppiato nel centro del Paese. Il
servizio di Rita Anaclerio:
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Due le caratteristiche più evidenti del nuovo esecutivo.
Innanzitutto, la presenza dei principali ‘signori della guerra’, a cui però non
sono stati riservati dicasteri chiave e quindi l'attento bilanciamento tra i
principali clan territoriali. Dalla caduta del regime di Siyad Barre, avvenuta
nel 1991, infatti, la Somalia è stata attraversata dai movimenti di guerriglia
delle diverse etnie che ne hanno assunto il controllo. Nel 1992, con la nota
operazione Restore Hope, l'ONU ha tentato di ristabilire un equilibrio,
inviando un contingente militare internazionale, con una forte presenza
statunitense e
italiana. Ma non si riuscì ad alleviare le condizioni dei civili e ad imporre
un cessate il fuoco. Un timido segnale di apertura si ebbe nel 1998 quando i
capi delle bande armate avviarono trattative per un'amministrazione congiunta
del Paese e, l’anno dopo, si decise la formazione di un governo transitorio. Ma
la continua opposizione dei “signori della guerra” portò, nel marzo 2001, a un
fronte comune contro il nuovo governo. Ma è con l’inizio del 2004 che la situazione
politica della Somalia sembra aprirsi sotto i migliori auspici con un accordo a
Nairobi tra “i signori della guerra” per il passaggio a un sistema democratico.
La Somalia, con i suoi oltre 7 milioni di abitanti ha subito, inoltre,
scontri di carattere religioso. Infatti, in molte zone del Paese, secondo il Report on Religious Freedom, è stata
adottata la legge islamica e i non musulmani sono guardati con sospetto. Nel
Paese c’è anche una minoranza cristiana, raccolta soprattutto a Mogadiscio e
più volte sconvolta da avvenimenti cruenti quali l’assassinio, nel 1989, di
mons. Salvatore Colombo, vescovo di Mogadiscio.
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I socialisti francesi hanno
approvato la Costituzione dell’UE. Ad annunciarlo, il segretario del partito,
Hollande. Il capofila del fronte del “no”, Fabius, ha ammesso la sconfitta. Il
referendum sulla Costituzione europea si terrà in Francia nel 2005. La
pronuncia dei socialisti, all’opposizione nel Paese transalpino, potrebbe
influenzare il voto dei cittadini di altri Stati.
In Italia, dopo tre anni di un
tortuoso iter parlamentare, la Camera ha approvato ieri sera in via definitiva
la riforma dell’ordinamento giudiziario. Soddisfatto il ministro della Giustizia,
Castelli. Per la maggioranza, la nuova legge tutela l’indipendenza della
magistratura. Dure critiche, invece, dall’opposizione e dall’Associazione
nazionale magistrati. Sulle novità della riforma, sentiamo Giampiero Guadagni:
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E’ la separazione delle funzioni tra giudice e pubblico
ministero la novità più rilevante e anche più contestata della riforma della
giustizia targata centrodestra. Dunque, il candidato al concorso unico per
magistrato deve scegliere tra funzione giudicante – quella di giudice – e
funzione requirente – quella di pubblico ministero. Una scelta che diventa definitiva
dopo cinque anni. Sono poi previsti colloqui di idoneità psico-attitudinale che
si svolgeranno nell’ambito dell’esame orale. Inoltre, il procuratore-capo della
Repubblica avrà più poteri nelle indagini e l’obbligo di intraprendere l’azione
disciplinare verso i magistrati i quali non potranno iscriversi a partiti
politici né essere coinvolti in attività di centri politici o affaristici. Per
la maggioranza, la riforma tutela l’indipendenza della magistratura e i diritti
dei cittadini; al contrario, per il centrosinistra che già ipotizza il referendum
abrogativo, l’indipendenza dei giudici viene messa in discussione. Dello stesso
avviso l’Associazione nazionale magistrati che nei giorni scorsi ha scioperato
per la terza volta in due anni contro la riforma, definita inutile e
incostituzionale. Anche gli avvocati penalisti contestano il disegno di legge,
ma per motivi opposti, ritenendo infatti necessaria una più netta separazione
delle carriere tra giudice e pubblico ministero. Per diventare legge, il
provvedimento dovrà essere firmato entro 30 giorni dal capo dello Stato che ha
però la facoltà di rinviare il testo alla Camera evidenziando eventuali punti
in contrasto con la Costituzione.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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Restiamo
in Italia dove questa sera sono previste le nomine di Marco Follini come vice
premier e di Mario Baccini in qualità di ministro della Funzione Pubblica. Lo
ha annunciato il primo ministro Silvio Berlusconi rispondendo alle domande dei
giornalisti sugli sforzi tesi a completare la squadra di governo. Fonti
ministeriali hanno reso noto, inoltre, che si è dimesso l’attuale ministro
della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella.
È stato
condannato all’ergastolo l’assassino del ministro degli esteri svedese Anna
Lindh, uccisa il 10 settembre 2003 a Stoccolma. Lo ha deciso la Corte suprema
svedese che ha così annullato il giudizio della corte d’appello di Stoccolma,
che a luglio aveva condannato Mijailo Mijailovic all’internamento psichiatrico.
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