RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 336 - Testo della trasmissione di mercoledì 1 dicembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Se si violano i diritti dei poveri, non si compie solo un atto iniquo ma si perpetra anche un atto contro Dio: così il Papa oggi all’udienza generale. Giovanni Paolo II richiama quanti detengono il potere ad essere giusti ed onesti

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Parlamento ucraino approva la sfiducia al governo di Yanukovich. Forte appello del cardinale ucraino Husar e di altri leader cristiani del Paese al presidente Kuchma, perché si faccia garante dei diritti costituzionali e Kuchma si dice favorevole a nuove presidenziali

 

Ripartire dalle donne: il messaggio del segretario generale dell’ONU nell’odierna Giornata mondiale contro l’AIDS. L’impegno della Chiesa per sostenere le donne vittime del virus HIV ed ottenere giustizia per i più poveri, cui sono negati i farmaci: ce ne parla il vescovo José Redrado

 

L’unità non comporta concessioni riguardo le verità della fede, esige innanzitutto un cammino spirituale: così il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I alle celebrazioni di ieri per la festa di Sant’Andrea apostolo. Con noi mons. Pierre Bürcher

 

La campagna di AsiaNews per la libertà religiosa in Arabia Saudita: i cristiani  rischiano il  carcere: possono pregare solo in privato. Intervista con Bernardo Cervellera e Marco Bertotto

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oltre 600 i morti nelle Filippine a causa di una forte tempesta tropicale che ha colpito la provincia di Quezon, ad est di Manila

 

La Custodia di Terra Santa precisa che i santuari cristiani appartengono alle rispettive Chiese ed enti ecclesiastici che ne sono proprietari

 

I vescovi asiatici invitano i leader cattolici del Continente a conoscere meglio il linguaggio dei media per comunicare in modo più efficace

 

Mons. Raphael Cheenath, vescovo di Orissa invita al dialogo e alla preghiera per contrastare la violenza dei gruppi indù

 

Si è chiusa ieri a Roma la 41.ma edizione del Festival di Nuova Consonanza con l’esecuzione, per la prima volta in Italia, della “Messe un jour ordinaire” del compositore francese Bernard Cavanna

 

24 ORE NEL MONDO:

La Romania al ballottaggio il prossimo 12 dicembre per le presidenziali. Si sfideranno il premier Nastase e il leader dell’opposizione Basescu

 

In Mozambico finisce l’era Chissano. Il Paese africano chiamato oggi alle urne per eleggere il nuovo capo dello Stato e per rinnovare il Parlamento

 

Italia. La Camera ha approvato oggi l’art. 1 del testo di riforma dell’ordinamento giudiziario. Ieri lo sciopero generale.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 dicembre 2004

 

SE SI VIOLANO I DIRITTI DEI POVERI, NON SI COMPIE SOLO UN ATTO SCORRETTO

E INIQUO. PER LA BIBBIA SI PERPETRA ANCHE UN ATTO CONTRO DIO:

COSI’ IL PAPA ALL’UDIENZA. RIFERIMENTO DELLA SUA CATECHESI IL SALMO 71

 

Violare i diritti dei poveri, non è solo un atto politicamente scorretto e moralmente iniquo ma è anche “un delitto religioso”: così il Papa all’Udienza generale in Aula Paolo VI, nella sua catechesi a partire dal Salmo 71 sul potere regale del Messia. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Giustizia e poveri sono parole-chiave della riflessione di Giovanni Paolo II che parla di impegno morale di reggere il popolo secondo equità e diritto. Base di ogni “buon governo” – spiega il Papa – è la giustizia. Ma c’è anche qualcosa di più: il Papa ricorda di non dimenticare i poveri che – afferma – “di solito sono invece le vittime del potere”. Ribadisce che “se si violano i diritti dei poveri, non si compie solo un atto politicamente scorretto e moralmente iniquo. Per la Bibbia si perpetra anche un atto contro Dio”. E il Papa lo definisce anche “un delitto religioso”, “perché – spiega – il Signore è il tutore e il difensore dei miseri e degli oppressi, delle vedove e degli orfani, cioè di coloro che non hanno protettori umani”.

 

La Tradizione – spiega il Papa – legge questo Salmo come premessa della venuta di Cristo, e i “segni dell’ingresso del Messia nella nostra storia” sono i valori che definisce “capitali”: ecco che torna la giustizia, questa volta accanto alla parola “pace”.

 

(canto)

 

Il chiaro insegnamento del Papa prende spunto oggi dal Salmo 71 ma si arricchisce anche della speranza profetica espressa da Isaia: il Messia “giudicherà con giustizia i poveri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del Paese”.

 

E usa, poi, le parole di San Paolo per richiamare il senso della fede del cristiano: la convinzione che “sorgerà per noi la giustizia e nel nostro volgerci verso Dio sorgerà per noi l’abbondanza della pace”. 

 

Una significativa e ampia parabola di riflessione, quella del Papa, che lui stesso riassume con una frase estremamente concreta:

 

“Colui che ha il potere deve essere giusto e onesto, deve recare la pace e tener cura dei più deboli e dei bisognosi”.  

 

Tra i saluti, particolare è il ringraziamento in polacco rivolto alla città di Radom che, in una cerimonia ieri sera, ha conferito al Papa il titolo di “cittadino onorario”. E poi l’invito a tutti a guardare a Gesù che “in questo tempo di Avvento attendiamo come Salvatore”. “Sia Lui – è la preghiera del Papa – a sostenervi in ogni momento della vostra vita”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Ucraina: il Parlamento chiede le dimissioni del governo di Viktor Yanukovic.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.

La visita del cardinale Crescenzio Sepe in Cambogia.

 

Nelle estere, Romania: respinta la richiesta di annullare il voto parlamentare e presidenziale.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Impagliazzo a settant’anni dalla morte del cardinale Pietro Gasparri.

Un articolo di Giovanni Morello in merito alla mostra su Raffaello allestita alla “National Gallery” di Londra.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano lo sciopero: si replica con bus, tram e metrò.

In rilievo i temi del fisco e della camorra.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 dicembre 2004

 

ANCORA DIFFICILE LA CRISI POLITICA IN UCRAINA.

IL PARLAMENTO DI KIEV APPROVA LA SFIDUCIA AL GOVERNO DI YANUKOVICH.

FORTE APPELLO DEL CARDINALE UCRAINO HUSAR

E DI ALTRI LEADER CRISTIANI DEL PAESE

AL PRESIDENTE KUCHMA, PERCHE’ SI FACCIA GARANTE DEI DIRITTI COSTITUZIONALI

- Servizio di Barbara Castelli e Alessandro De Carolis -

 

In primo piano ancora la crisi politica in Ucraina. Al parlamento stamani è passata la mozione dell’opposizione, mentre si fa sempre più concreta l’ipotesi di nuove elezioni presidenziali. La tensione, comunque, resta alta per le strade. I sostenitori del leader dell’opposizione Yushenko sono tornati oggi a bloccare tutti gli accessi alla sede del governo a Kiev. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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La Rada Suprema, il Parlamento ucraino, ha approvato questa mattina in stretta misura una mozione di sfiducia al governo del premier filo-russo Viktor Yanukovich, voluta dalla opposizione. I deputati hanno, inoltre, chiesto al presidente uscente Leonid Kuchma di formare “un governo di fiducia popolare”, fino all’insediamento del prossimo capo dello Stato. Proprio il presidente uscente oggi si è detto favorevole a nuove elezioni presidenziali su due turni, invece di una semplice ripetizione del ballottaggio tra Viktor Yushenko e Viktor Yanukovic. La crisi politica innescata dalla controversa tornata elettorale del 21 novembre scorso, comunque, vinto secondo i dati ufficiali dall’attuale premier filo-russo Yanukovic, ma contestato come frutto di colossali brogli dai sostenitori del suo avversario, il liberale Yushenko, resta ancora aperta.

 

Diversi manifestanti sono tornati a bloccare tutti gli accessi alla sede del governo a Kiev, impedendo ai funzionari di entrare. A condividere queste inquietudini anche la comunità internazionale. Ieri l’improvvisa missione dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea, Javier Solana; oggi quelle dei presidenti polacco, Aleksander Kwasniewski, e lituano, Valdas Adamkus. E la crisi ucraina è al centro anche della riunione straordinaria dei presidenti dei gruppi del Parlamento europeo a Bruxelles, come anche della sessione plenaria dell’Europarlamento prevista nella stessa giornata di oggi.

 

L’Unione Europea “non appoggia nessuno dei candidati che aspirano alla presidenza dell'Ucraina”, ha detto oggi Jan Peter Balkenende, primo ministro dell’Olanda, Paese che ha la presidenza di turno dell’UE, ma “sostiene tutti gli sforzi per giungere pacificamente ad un accordo”. Il parlamento di Donetsk, intanto, una regione dell’Ucraina orientale, ha convocato un referendum autonomistico per il prossimo 9 gennaio. La consultazione popolare stabilirà se la regione, in cui si parla il russo e che garantisce il 25 per cento del Prodotto interno lordo, possa diventare un soggetto amministrativo autonomo nel quadro dello Stato federato ucraino.

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Il capo dello Stato e il Parlamento dell’Ucraina hanno il dovere di prendere al più presto le decisioni necessarie a garantire il ritorno alla normalità nel Paese, sconvolto dalle proteste post-elettorali. Con una lettera aperta da toni piuttosto critici, indirizzata al presidente Kuchma, sei leader ucraini di varie confessioni cristiane, tra cui il cardinale Lubomyr Husar, hanno espresso le proprie perplessità ai vertici istituzionali sulla gestione della crisi politica. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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L’Ucraina è davanti a un “momento storico” e decisivo e il suo presidente, come garante della Costituzione, ha il dovere di assicurare stabilità al Paese e di mettere davanti alle proprie responsabilità coloro che si sono resi autori, abusando del loro potere, dell’attuale crisi istituzionale. Ha un profilo “alto” e una prosa asciutta il richiamo rivolto dalle massime autorità religiose cristiane ucraine al presidente Kuchma. Il cardinale Husar e altri cinque leader – il Patriarca ortodosso, Filarete, il capo dei Battisti, Komendant, il vescovo pentecostale, Panochko, quello evangelico, Padun, e il vicario generale cattolico, Trofimijak – hanno preso congiuntamente posizione su quanto, a loro avviso, sta accadendo nella nazione, dopo il contestatissimo esito delle ultime presidenziali.

 

Secondo i sei leader religiosi, è compito primario del capo dello Stato intervenire con forza, viceversa – affermano - saranno i cittadini che escono nelle piazze a “trasformarsi in garanti” per “reclamare la verità”. “La diffusione delle proteste popolari dimostra che i diritti delle persone sono stati violati brutalmente” e gli ucraini, sostengono, non ritorneranno a casa se tali diritti “non saranno stati rinnovati e garantiti”. La gente “ha ragione – dichiarano ancora i leader cristiani - nell'attendere da lei quelle decisioni che soltanto il presidente può prendere come garante della Costituzione ucraina”. Il ritardare nell’assumerle, osservano, viene interpretato dalla gente come un “piano premeditato” diretto contro i loro interessi. “È in vostro potere dissipare questa diffidenza e confermare il primato della legge - si legge più avanti a mo’ di appello – “anche nel caso in cui ciò dovesse costringervi ad un qualche sacrificio personale”. Inoltre, è l’esortazione al presidente, “la sua azione è immediatamente necessaria per mettere davanti alle proprie responsabilità coloro che si sono resi colpevoli della falsificazione delle elezioni, attraverso l'abuso di potere, ed anche coloro che stanno insidiosamente studiando piani per dividere il Paese”.

 

In questo passaggio storico, concludono, “possa l'aiuto del Signore aiutarla a leggere correttamente ‘i segni del tempo’, e a comprendere in modo particolare di dover dimostrare la sua responsabilità personale prima di tutto a Lui”.

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RIPARTIRE DALLE DONNE: IL MESSAGGIO DEL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU NELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE CONTRO L’AIDS.

L’IMPEGNO DELLA CHIESA PER SOSTENERE LE DONNE VITTIME DEL VIRUS HIV

ED OTTENERE GIUSTIZIA PER I PIU’ POVERI, CUI SONO NEGATI I FARMACI

- Intervista con il vescovo José Redrado -

 

Riflettori puntati sulle donne nell’odierna Giornata mondiale di lotta contro l’AIDS. Stamane a Roma si è svolta una Conferenza organizzata dalle Nazioni Unite, cui hanno partecipato varie agenzie dell’ONU, impegnate a vario titolo per contrastare questa terribile malattia, che oggi minaccia in tutto il mondo la vita di quasi 40 milioni di persone infettate dal virus HIV. Ad ospitare l’incontro a Palazzetto Venezia, l’Istituto di ricerca sul crimine e la giustizia (UNICRI), Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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         Le donne vittime di abusi, violenze, discriminazioni, povertà, ignoranza al centro di questa Conferenza, cui hanno portato il loro apporto responsabili oltre che dell’UNICRI, dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dell’UNICEF, dell’Organizzazione mondiale sulle migrazioni (OIM), dell’IFAD e del Ministero italiano degli Esteri. Tutti hanno concordato che la debolezza familiare e sociale rende le donne più vulnerabili all’AIDS, nonostante le colpe ricadano in massima parte sui comportamenti sessuali degli uomini.

 

A più di 20 anni dalla comparsa dell’epidemia si contano 21 milioni e 800 mila morti, di cui 9 milioni donne e 4 milioni e 300 mila bambini. E sono 39 milioni e 400 mila le persone infettate nel mondo – il livello più alto mai raggiunto – di cui la metà sono donne, con punte del 60 per cento nell’Africa Subsahariana. Una tendenza in preoccupante aumento che non va ignorata o sottovalutata, come ha sottolineato il segretario generale dell’ONU, nel suo Messaggio per la Giornata che è stato letto durante l’incontro.

 

“Rompiamo il silenzio” – è stato detto stamane – di fronte alla crescente indifferenza verso questo male, che non è stato ancora sconfitto. C’è bisogno allora di maggiori finanziamenti per la ricerca, per la cura dei sieropositivi e degli ammalati e per la prevenzione.

        

Un rapporto di “Medici senza frontiere” denuncia che il 95 per cento dei malati di AIDS non dispone delle terapie necessarie e punta l’indice sulle grandi Case farmaceutiche, che mantengono alti i prezzi delle medicine ed impediscono la diffusione di farmaci generici alternativi.

 

Che fare? Ripartire con un impegno a tutto campo, raccomanda l’ONU, puntando anzitutto sulle donne, che sono anche le più attive e coraggiose nel combattere l’AIDS.

 

Dal Palazzetto Venezia, Roberta Gisotti

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Per la Giornata di lotta contro l’AIDS il presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, il cardinale Javier Lozano Barragán, ha pubblicato un  messaggio in cui sottolinea che “più l’infezione progredisce fra le donne, che sono il pilastro delle famiglie e delle comunità, più aumenta il rischio di crollo sociale”. Tra le questioni sollevate dal porporato anche quella relativa al costo dei medicinali per i malati dei Paesi poveri. Su questo problema Giovanni Peduto ha sentito il segretario del medesimo dicastero, il vescovo José Redrado:

 

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R. – Il messaggio della Chiesa è stato sempre e continuerà ad essere quello della solidarietà. A questo proposito sono stati fatti grandi progressi, ma sono ancora tanti i problemi da affrontare. Bisogna realmente prendere atto che se non ci sono i medicinali è veramente difficile combattere contro questa malattia. L’accesso a questi medicinali è fondamentale. La Chiesa è impegnata in questa direzione. Se l’80 per cento dei farmaci prodotti vengono consumati da circa il 15 per cento della popolazione del Pianeta, non solo si pone un problema di giustizia nella distribuzione dei medicinali stessi, ma anche di un super consumo di alcuni prodotti impiegati non con scopi terapeutici e quindi con un abuso di medicinali. Il Papa è ormai da tempo che sta insistendo sull’accesso ai medicinali, parlando anche di “farmaci orfani” per diverse malattie, tra cui quelli relativi all’AIDS. A questo riguardo è necessario riuscire ad abbassare veramente molto il costo, perché se i ricchi possono avere questi medicinali e quindi curarsi, mentre ai poveri questo è negato, dove sta la giustizia, dove sta la solidarietà, dove sta la carità?

 

D. – Il Papa ha definito l’epidemia dell’AIDS come una “patologia dello spirito”. Quali programmi di tipo pastorale ed educativo la Chiesa ha adottato per aumentare la formazione su questa drammatica piaga sociale?

 

R. – Il Papa ne ha parlato in diverse occasioni. L’AIDS incide anche sul piano dei valori morali ed esistenziali ed è una vera patologia dello spirito. Da parte sua la Chiesa ha messo in campo contro l’AIDS numerose iniziative riguardo la prevenzione, l’educazione e l’assistenza multiforme dei malati e dei loro familiari; si tratta di programmi promossi dalle Conferenze episcopali, dalle diocesi, dalle Congregazioni religiose, ma anche dagli organismi e dalle associazioni cattoliche, che si impegnano in azioni incisive e capillari, che richiamano anche ai valori morali e religiosi della sessualità, della fedeltà. La Chiesa non soltanto “parla”, ma “fa” anche; è una Chiesa che fa gesti di solidarietà, di professionalità, di rispetto della persona, di assistenza, di non discriminazione. E’ una presenza accogliente per i malati e i familiari. La Chiesa, nella parola e nel gesto, vuole manifestare soprattutto questo grande amore di Dio per l’uomo.

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L’UNITA’ NON COMPORTA CONCESSIONI RIGUARDO LE VERITA’ DELLA FEDE,

ESIGE INNANZITUTTO UN CAMMINO SPIRITUALE

COSÌ IL PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI BARTOLOMEO I

         ALLE CELEBRAZIONI PER LA FESTA DI S. ANDREA APOSTOLO

- Intervista con mons. Pierre Bürcher -

 

“L’impegno per l’unità diviene più urgente dopo il ritorno delle reliquie dei nostri santi predecessori Gregorio il Teologo e Giovanni Crisostomo”. Così il Patriarca Bartolomeo ieri nel suo denso discorso pronunciato durante la solenne cerimonia liturgica per la festa di Sant’Andrea apostolo, fondatore e patrono del Patriarcato di Costantinopoli. Il Patriarca ha avuto ancora parole di profonda gratitudine verso il Papa. Prendendo spunto dalle parole dei due grandi Padri della Chiesa, Bartolomeo I, ha approfondito le esigenze del cammino verso la piena unità. Ma ascoltiamo il servizio di Carla Cotignoli.

 

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Il Patriarca si rivolge innanzitutto a chi ancora ha un atteggiamento di “sfiducia e di timore verso il cammino di riavvicinamento tra le Chiese”. “Crediamo – aggiunge – che col passare del tempo ognuno si convincerà che questo cammino non comporta concessioni riguardo le verità della fede”. Non cerchiamo infatti un’unità che sopprima le differenze. Ricorda che l’unità chiesta da Gesù al Padre è spirituale, personale, non è un puro fatto amministrativo, né organizzativo. Certo l’unità della Chiesa deve essere preparata dalla condivisione delle verità della fede. E’ questa la funzione del dialogo teologico. Ma anche quando raggiungeremo l’accordo dottrinale – aggiunge - non avremo ancora raggiunto l’unità. Solo nella comunione con Cristo, l’unità si realizza. E qui il Patriarca ha richiamato la preghiera di Gesù: “che tutti siano uno”, come il Padre e il Figlio. Ciò implica un’unità che ha come modello l’unità delle Tre persone della Trinità. Certo è un’unità non facile da raggiungere, - riconosce il Patriarca - presuppone che si raggiunga quell’unione con Cristo che possa farci ripetere con san Paolo: “non sono più io a vivere, ma Cristo in me”. Allora, “quando ci si riunisce nel nome di Cristo, non solo sentiamo, ma siamo veramente uno in Cristo, in colui in cui ciascuno vive”. Questa unità è allora “il grado più alto del cammino spirituale ed anche il primo ed essenziale impegno”. Nello stesso tempo “è un dono dall’Alto”. Ma richiede un prerequisito: uscire dalle nostre chiusure e pregiudizi storici e personali. Il Patriarca conclude con la certezza che l’amore di Dio supplisce alle nostre mancanze, e – citando Giovanni Crisostomo - ricorda che dà la stessa ricompensa all’operaio dell’ultima ora, come a quello della prima. Alla solenne celebrazione erano presenti anche oltre 40 vescovi di varie Chiese provenienti da tutto il mondo, vescovi amici del movimento dei Focolari. Diamo la parola a mons. Pierre Bürcher, vescovo ausiliare di Losanna, Ginevra, e Friburgo, in Svizzera:

 

“E’ stato veramente un momento di grazia e di gioia per noi vescovi presenti, ma anche per tutto il popolo di Dio. Ho sentito all’uscita della celebrazione che la gente era veramente stupefatta. Questa gioia viene soprattutto dal ritorno delle reliquie di San Giovanni Crisostomo e di San Gregorio di Nazianzo. Hanno capito che questo è veramente un segno di comunione e di unità concreta tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa”.

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CAMPAGNA DELL’AGENZIA MISSIONARIA “ASIANEWS” PERCHE’ IN ARABIA SAUDITA

SIA GARANTITA LA LIBERTA’ RELIGIOSA:

OGGI CHI NON E’ MUSULMANO RISCHIA IL CARCERE

- Intervista con padre Bernardo Cervellera e Marco Bertotto -

 

La comunità internazionale deve fare pressione sull’Arabia Saudita perché garantisca la libertà religiosa: oggi chi non è musulmano rischia il carcere. A lanciare questo appello-denuncia è l’agenzia missionaria AsiaNews che ha promosso una campagna perché nel Regno saudita si possa professare liberamente il proprio credo. L’agenzia ha seguito in particolare il caso di Brian Savio O’Connor, un protestante indiano, residente nel Paese saudita per motivi di lavoro, arrestato nel marzo scorso con l’accusa - fra le altre - di proselitismo religioso. Rilasciato dopo sette mesi, ha parlato dei maltrattamenti subiti durante il lungo periodo di detenzione lanciando un chiaro messaggio: “nelle prigioni saudite vi sono molti altri Brian che hanno bisogno di aiuto”. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Per sette mesi è stato prigioniero e torturato nelle carceri di Riad in Arabia Saudita, accusato di “evangelizzazione cristiana”. E’ il caso di Brian Savio O’Connor, protestante indiano, ormai libero da circa un mese, grazie anche alla campagna internazionale sostenuta dall’agenzia di stampa “AsiaNews” insieme con altri siti internet, cattolici e non, sparsi nel mondo. Questo caso sposta lo sguardo verso le condizioni di vita dei non musulmani nel Regno saudita, spesso perseguitati dalla polizia religiosa – la “Muttawa” – che vigila per eliminare ogni tipo di manifestazione diversa da quella dell’Islam. Un clima che suscita inquietudine per gli oltre otto milioni di stranieri che lavorano in Arabia Saudita. Ma qual è la situazione, in particolare per i cristiani? Sentiamo padre Bernardo Cervellera, direttore di “AsiaNews”:

 

R. – In Arabia Saudita è permessa l’espressione pubblica soltanto dell’islam e dell’islam wahabita. Fino a pochi anni fa per un cristiano era proibito pregare anche in privato. Adesso, invece, a causa della pressione internazionale, i principi sauditi hanno dato il permesso ai cristiani di poter pregare almeno in privato e di potersi radunare in questo modo. Ma purtroppo la polizia, e molta parte della società saudita, non accetta questa liberalizzazione, per cui i cristiani vengono arrestati. Effettivamente ci sono stati moltissimi casi in questi anni di persone che sono state prese, torturate e su pressione internazionale liberate oppure, in ogni caso, espulse. Certo va detto che all’interno delle prigioni saudite non si sa bene cosa succeda. Lo stesso Brian è stato torturato per ore, appeso a testa in giù, colpito. Si dice che usavano la sua testa come un pallone da calcio. Non bisogna aver paura di denunciare questa situazione, perché l’Arabia, che tra l’altro è un Paese del petrolio, un Paese ricco, non può permettersi di trattare così gli stranieri, che sfrutta per il lavoro, non permettendogli la libertà di professare la fede. Io trovo che i governi dove sono presenti i cristiani dovrebbero ascoltare il desiderio dei cristiani di avere almeno un minimo di reciprocità tra la libertà che i musulmani dell’Arabia Saudita vengono ad avere stando in Italia o all’estero, e la libertà che i cristiani dovrebbero avere in Arabia Saudita.

 

Dunque, qual è lo status dei prigionieri e ci sono violazioni del diritto internazionale? Sentiamo la risposta di Marco Bertotto, presidente di Amnesty International Italia:

 

R. - Persone che hanno subito il carcere in Arabia Saudita ci parlano di un siste-ma di giustizia del tutto carente, dell’impossibilità di poter accedere ad una difesa da parte di un avvocato, dell’impossibilità di poter accedere a medici indipendenti o a rappresentanti consolari nel caso di cittadini stranieri. L’Arabia Saudita ha ratificato nel 1997 la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ma nessun passo concreto è stato fatto dal governo e noi abbiamo raccolto numerose testimonianze di vittime di torture che ci raccontano come la tortura nel Paese continua ad essere endemica, come non vi sia alcun sistema da parte del governo per la prevenzione e la repressione della tortura. Speriamo, però, che questa denuncia possa in qualche modo contribuire a creare ancora maggiore attenzione sul problema delle violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita e spinga soprattutto le autorità internazionali, le Nazioni Unite e tutti i governi ad esercitare una pressione più ferma e più forte nei confronti del governo dell’Arabia Saudita.

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CHIESA E SOCIETA’

1 dicembre 2004

 

OLTRE 600 TRA MORTI E DISPERSI NELLE FILIPPINE A CAUSA

DI UNA FORTE TEMPESTA TROPICALE

CHE HA FLAGELLATO LA PROVINCIA DI QUEZON, AD EST DI MANILA.

MA LA SITUAZIONE POTREBBE ANCORA PEGGIORARE NELLE PROSSIME ORE,

PER L’ARRIVO DI UNA NUOVA PERTURBAZIONE

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

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MANILA. = Con il passare delle ore, diventa sempre più drammatico il bilancio della tempesta tropicale Zinnie, che ha letteralmente messo in ginocchio le Filippine. L’ultimo bollettino diffuso da fonti ufficiali, parla di 600 vittime, tra morti e dispersi. La maggior parte delle quali è concentrata nella provincia di Quezon, circa 75 km a est di Manila. Un responsabile dei servizi di soccorso ha dichiarato che il passaggio della violenta perturbazione sull'arcipelago nello scorso fine settimana ha inoltre provocato estese inondazioni e  smottamenti. Ma la situazione potrebbe addirittura peggiorare. Il ministro della Difesa Avelino Cruz ha, infatti, messo in guardia la popolazione: per i prossimi giorni sono attesi violenti acquazzoni ed il bilancio delle vittime della tempesta tropicale potrebbe aggravarsi. La depressione si è ora spostata nel sud del Mar della Cina, lasciando il posto alla tempesta tropicale Nanmadol, che si presenta molto più violenta della precedente. Secondo il vicegovernatore della provincia, Jayjay Suarez, la deforestazione selvaggia ha avuto al sua parte nel disastro. E di fronte a questa emergenza che coinvolge ormai l’intero Paese, non si fermano, invece, i gruppi ribelli. Una decina di soldati impegnati nelle opere di soccorso, sono stati uccisi dalla guerriglia filo-comunista. Il fatto è avvenuto non lontano dalla capitale, Manila. Immediata ed unanime la condanna per l’accaduto. Il presidente, la signora Gloria Macapagal Arroyo, che ha definito l’imboscata “vigliacca e criminale” ha lasciato in anticipo il vertice Asean in corso nel Laos per tornare in patria e coordinare, così, le operazioni di soccorso.

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LA CUSTODIA DI TERRA SANTA PRECISA CHE I SANTUARI CRISTIANI APPARTENGONO

ALLE RISPETTIVE CHIESE ED ENTI ECCLESIASTICI CHE NE SONO PROPRIETARI.

FUGATI I DUBBI SULLA COSIDDETTA “APPARTENENZA ARABA DEI LUOGHI SANTI”

 

GERUSALEMME. = “I santuari cristiani appartengono alle rispettive Chiese ed Enti ecclesiastici che ne sono i proprietari”. Lo precisa una nota della Custodia di Terra Santa pervenuta ad AsiaNews. La dichiarazione della Custodia vuole fugare dubbi sulla cosiddetta “appartenenza araba dei Luoghi Santi”, specialmente di quelli in territori di competenza dell’Autorità Palestinese. Nei giorni scorsi, durante un convegno svoltosi ad Amman, in Giordania, sul tema: “Minacce e prospettive per la sopravvivenza dei santuari musulmani e cristiani in Palestina”, padre Hannah Kildani, sacerdote giordano, rappresentante del Patriarcato latino di Gerusalemme, aveva affermato che “i santuari cristiani appartengono non solo a noi cristiani ma a tutti gli arabi, musulmani o cristiani”.  La nota della Custodia afferma che i santuari cristiani della Terra Santa “in senso simbolico potrebbero anche essere guardati come Patrimonio spirituale dell'umanità”, ma tutto questo deve avvenire “senza lesione alcuna del diritto patrimoniale dei propri titolari surriferiti”. P. David Jaeger, francescano di Terra Santa e giurista, ha precisato che “le ambiguità delle dichiarazioni riportate dalla Giordania potrebbero prestare il fianco a possibili manipolazioni e  interpretazioni in tutta la Terra Santa. Proprio in questi giorni la Chiesa cattolica sta cercando di ottenere la revoca di una legge israeliana che le impedisce l’accesso ai tribunali a difesa delle proprietà sacre dei santuari. Occorre che sia riconosciuto il pieno diritto di proprietà della Chiesa sui santuari. Altrimenti è una sfida al diritto di proprietà”. (S.S.)

 

 

il rapporto della Chiesa con i media nel contesto multiculturale

e multireligioso asiatico. L’ARGOMENTO E’ STATO AFFRONTATO

AL CONVEGNO BISCOM V, TENUTOSI IN INDONESIA

 

DENPASAR (Indonesia). = Conoscere meglio il linguaggio dei media per comunicare in modo efficace. Questa l’indicazione che Biscom V, convegno di studi dei vescovi asiatici per le comunicazioni sociali tenutosi nei giorni scorsi a Denpasar, in Indonesia, ha rivolto ai leader religiosi cattolici in Asia. Un argomento di importanza cruciale a cui hanno preso parte 65 tra vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, impegnati nella comunicazione e nel dialogo interreligioso. In agenda il tema: “Il dialogo tra le religioni come comunicazione”. L’incontro, organizzato dall’Ufficio per le comunicazioni sociali della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (FABC), ha voluto mettere al centro del dibattito il complesso rapporto della Chiesa con i media nel contesto multiculturale e multireligioso asiatico. Collaborazione, informazione corretta e contestualizzazione dei conflitti religiosi sono gli argomenti proposti per raggiungere una convivenza pacifica tra le religioni in Asia e un terreno comune di dialogo, come ha sottolineato il cardinale  Julius Darmaatmadja, presidente della Conferenza episcopale indonesiana. Il porporato ha citato in proposito l’esempio del suo Paese. Tra le proposte emerse dal convegno: la pubblicazione di materiale divulgativo sul dialogo interreligioso, soprattutto per i bambini; la promozione di corsi di formazione sulle tecniche del dialogo per sacerdoti, religiosi e catechisti, la condivisione di iniziative sociali e mediatiche comuni con altre religioni. (R.A.-L.Z.)

 

 

MONS. RAPHAEL CHEENATH, VESCOVO DI ORISSA INVITA AL DIALOGO E ALLA PREGHIERA PER CONTRASTARE LA VIOLENZA DEI GRUPPI INDU’.

 

BHUBANESWAR (India). = I cattolici devono essere istruiti “ad avere un atteggiamento di rispetto e tolleranza” e a mantenere “buone relazioni con le persone delle altre religioni”. Lo afferma ad AsiaNews mons. Raphael Cheenath, vescovo di Cuttack-Bhubaneswar, nello stato dell’Orissa, dove i cristiani soffrono persecuzioni e violenze da parte di gruppi fondamentalisti indù. I sacerdoti e i religiosi, secondo mons. Cheenath, “devono predicare e promuovere incontri per diffondere il messaggio di amore, pace e reciproca accoglienza che riguarda tutte le persone”. In Orissa negli ultimi anni molti cristiani sono stati uccisi, centinaia di tribali divenuti cristiani sono stati riconvertiti con la forza all’induismo, numerose chiese sono state distrutte. Mons. Cheenath invita, dunque, i sacerdoti della sua diocesi a tenere discorsi e interventi per incontrare persone di altre religioni e passare del tempo con loro. “I preti devono interessarsi della salvezza anche dei non cristiani, perché Gesù è venuto a salvare tutti”, sottolinea il vescovo, per il quale in ogni liturgia si deve inserire una preghiera dei fedeli per i non cristiani. “I sacerdoti non devono parlare contro le altre religioni durante le omelie”, afferma il vescovo, per il quale “bisogna creare un’atmosfera di dialogo in ogni parrocchia: solo in uno spirito di amicizia si può trasmettere il Vangelo in un contesto multiculturale e multireligioso come quello della società indiana”.

 

 

SI È CHIUSA IERI SERA ALLA SALA PETRASSI DEL PARCO DELLA MUSICA

LA 41.MA EDIZIONE DEL FESTIVAL DI NUOVA CONSONANZA CON L’ESECUZIONE,

PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, DELLA “MESSE UN JOUR ORDINAIRE”

DEL COMPOSITORE FRANCESE BERNARD CAVANNA,

LAVORO COMPLESSO E DAL RILEVANTE SPESSORE DRAMMATICO

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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ROMA. = La “Messe un jour ordinaire” è stata composta tra il 1993 e il 1995 e nasce dalla collisione, del tutto originale, tra il testo della liturgia ed un documentario cinematografico di Jean-Michel Carrè, “Galères de femmes”, dedicato ad una serie di ritratti femminili particolarmente duri e dolorosi. Cavanna ha voluto così affiancare all’ordinario della messa (ma i soli Kyrie, Gloria e Credo) le parole legate alla testimonianza di Laurence, una tossicodipendente che risponde ai quesiti di un’associazione caritativa che desidera accoglierla. Si capisce che questa drammatica ed interessante “Messa” non risponde a fini liturgici e sacri, ma morali e sociali. In essa, la parola fragile, quotidiana ed estremamente umana di Laurence - la linea “orizzontale” del testo e delle note - si confronta, incastrandosi quasi parallelamente e spesso sovrapponendosi, con quella possente della verità e della devozione, rappresentata dalla scrittura “verticali” della Messa. Un edificio di suoni - acuti, talvolta acidi, dalle movenze popolari - e di parole spezzettate e spesso angosciate, estremamente rigoroso, vitale e ricco di impressionanti momenti drammatici che non prevedono nulla di dissacratorio, anzi, la ricca vocalità delle due voci femminili e del tenore presenti nella partitura, traendo origine dal belcanto per arrivare alle più recenti tecniche vocali, fa emergere la tenuta morale e la dignitosa sincerità della protagonista, così come la forza spirituale del coro rappresentante la massa dei fedeli. Una doppia dimensione che accoglie diverse lingue e sprigiona stati d’animo di attesa, angoscia e, infine, pacificazione. Bravissimi i solisti e gli interpreti dell’Ensemble Algoritmo diretto da Marco Angius, uno dei migliori e più stimati gruppi italiani attivi sulla scena della musica contemporanea.

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24 ORE NEL MONDO

1 dicembre 2004

- A cura di Barbara Castelli -

 

Ballottaggio presidenziale domenica prossima in Romania. Si sfideranno di nuovo il prossimo 12 dicembre il premier, Adrian Nastase, e il leader dell’oppo-sizione, Traian Basescu. I dati ufficiali finali del primo turno delle presidenziali, svoltosi domenica scorsa, annunciati questa mattina dall’Ufficio elettorale centrale (Bec), assegnano, infatti, la vittoria al socialdemocratico Nastase con il 40,94 per cento delle preferenze, contro il 33,92 per cento del centrista Basescu. Respinto ieri sera il ricorso dell’opposizione, che chiedeva la ripetizione delle elezioni per presunti brogli nella conta dei voti.

Il presidente della Repubblica portoghese, Jorge Sampaio, ha sciolto ieri sera il Parlamento ed ha indetto elezioni anticipate. Lo ha annunciato il premier, Pedro Santana Lopes, al termine di un incontro con il capo dello Stato. Il governo del socialdemocratico, entrato in funzione in seguito alla nomina dell’allora premier, José Manuel Durao Barroso, a presidente della Commissione europea, è durato solo quattro mesi. La crisi è stata aperta domenica scorsa con le dimissioni del ministro per la gioventù e lo sport, Henrique Gouveia, che ha accusato il premier di avere mancato di lealtà nei suoi confronti e di avergli mentito.

Il presidente serbo, Boris Tadic, è uscito fortunatamente illeso ieri da un attentato, compiuto in pieno centro di Belgrado. Un’automobile con a bordo un numero imprecisato di persone ha tentato di speronare l’auto del capo dello Stato, che viaggiava con una scorta. Sfuggito l’attentatore. Nel marzo del 2003, il premier Zoran Djindjic è stato ucciso nella capitale serba in quello che si è rivelato un complotto tra servizi deviati, criminalità organizzata e settori nostalgici della politica.

Medio Oriente. Il movimento islamico palestinese Hamas ha deciso di boicottare le elezioni presidenziali del prossimo 9 gennaio. Il favorito a succedere al defunto Arafat, nelle prime elezioni dal 1996, è Mahmoud Abbas (Abu Mazen), un moderato del movimento al Fatah che vorrebbe la fine della rivolta nei Territori occupati e il rilancio del processo di pace. Voto cruciale, intanto, oggi pomeriggio per il governo israeliano. La coalizione del premier Ariel Sharon, infatti, rischia di sfaldarsi, se il partito alleato Shinui voterà alla Knesset contro la legge finanziaria, come ha promesso di fare.

“Mi sembra che le condizioni per le elezioni in Iraq non ci siano tutte. C’è uno squilibrio nella disponibilità di mezzi d’informazione da parte dei vari partiti e c’è un problema di sicurezza”. Così oggi il ministro della Difesa iracheno, Hazem Shalaan, in visita a Roma, parlando dell’appuntamento elettorale del prossimo 30 gennaio. Nel Paese del Golfo, intanto, la tensione resta alta. Tre fratelli, di 10, 12 e 14 anni, sono stati uccisi ieri a Baquba, durante un attacco con mortai della guerriglia a una vicina base statunitense. Sette persone, invece, sono rimaste ferite oggi nell’esplosione di un’autobomba presso Latifiya, a sud di Baghdad, mentre il kamikaze ha perso la vita.

 

Dopo 18 anni, in Mozambico finisce oggi l’era del presidente Joaquim Chissano. Il Paese – che in questi due decenni ha trovato la pace, ma non ancora il benessere economico – è infatti chiamato alle urne per eleggere il nuovo capo dello Stato e per rinnovare il Parlamento. Giulio Albanese:

 

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Il grande favorito nella corsa alla massima carica dello Stato è Armando Guebuza, che partecipò ai colloqui di Roma tra il FRELIMO, il Fronte di Liberazione del Mozambico, e il movimento rivale, la RENAMO, la Resistenza nazionale mozambicana, colloqui culminati negli accordi di pace del 1992. Delfino del presidente uscente, Guebuza, 68 anni, ai tempi della guerra civile era un gerarca del FRELIMO. Non era assolutamente il candidato di Chissano, ma il partito non ne ha voluto sapere, privilegiando la vecchia guardia storica, dunque Guebuza. Guebuza dovrà vedersela con Alfonso Dhlakama, leader storico della RENAMO. Battuto di misura da Chissano nel ’94 e nel ’99, il leader della RENAMO ha accusato il governo uscente di corruzione e quant’altro. Vi sono poi altri candidati minori che potrebbero disperdere voti e costringere i mozambicani a tornare alle urne per il ballottaggio. Si vota anche per il Parlamento: in quello uscente sedevano 133 deputati del FRELIMO e 127 della RENAMO. A detta della stragrande maggioranza degli osservatori, sotto la guida di Chissano il Mozambico ha fatto importanti passi avanti; ciò nonostante, il 54 per cento della popolazione, vale a dire circa 17 milioni di abitanti, resta sotto la soglia di povertà. Il tasso di disoccupazione supera il 50 per cento e quasi la metà del bilancio nazionale dipende dagli aiuti della comunità internazionale.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Cresce nuovamente la tensione nella Repubblica Democratica del Congo. Un gruppo di un centinaio di soldati, “sospettati di essere rwandesi”, è stato individuato nella zona di Rutshuru, 70 chilometri a nord di Goma, dagli uomini della Missione delle Nazioni Unite nella RDC (Monuc). Ieri il colonnello Etienne Bindu, comandante delle forze armate della regione congolese del Kivu del Nord, ha denunciato un’offensiva militare sferrata domenica dall’esercito rwandese su una cittadina nel Congo orientale. L’operazione avrebbe causato la morte di 19 civili.

 

Trasferiamoci in Italia. Con 253 sì, 200 no e cinque astenuti l’Aula della Camera ha approvato questa mattina il primo dei due articoli di cui si compone il testo di riforma dell’Ordinamento giudiziario. L’Assemblea ora passa all’esame dell’articolo 2, su cui sono stati presentati dalle opposizioni 32 emendamenti.

 

Dopo lo sciopero generale di ieri contro la Finanziaria oggi i sindacati del pubblico impiego hanno deciso un nuovo sciopero della categoria contro quello hce è stato definito “un attacco senza precedenti sferrato al lavoro pubblico”. La giornata di ieri ha segnato anche ufficialmente il ritorno di Romano Prodi come capo dell’opposizione. Subito un duello a distanza con il premier Berlusconi, primo segnale di una lunga e dura campagna elettorale. Il servizio è di Giampiero Guadagni:

 

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Una grande prova di compattezza, secondo l’opposizione; uno sciopero paradossale, ribatte la maggioranza. La mobilitazione di ieri dei sindacati, al di là della consueta guerra di cifre sulla partecipazione, provoca una dura polemica politica. Per il centrodestra, che ha appena varato una riforma fiscale con la riduzione delle imposte sulle persone fisiche e, in misura minore, sulle attività produttive, ieri è sceso in piazza il “partito delle tasse”; per il centrosinistra, in sintonia con CGIL, CISL e UIL, il governo è ormai isolato dal Paese e dà con una mano molto meno di quanto non tolga con l’altra. L’Italia è da rifare, ha detto Romano Prodi che ha partecipato alla manifestazione ed è andato a lanciare il suo allarme sull’economia e anche sulla par condicio televisiva direttamente al Quirinale. Un’offensiva duramente criticata dal premier Berlusconi: il primo round di una sfida elettorale che si annuncia senza esclusione di colpi. Ma cosa accadrà, adesso? L’opposizione presenterà la prossima settimana una sua proposta sul fisco, ma nel centrosinistra ci sono due linee diverse. Chi, come Prodi e Bertinotti, rifiuta del tutto il piano del centrodestra e chi, come la “Margherita” e il responsabile economico dei DS, Bersani, ritiene che abbassare le tasse sia comunque necessario. Forza Italia, intanto, sta preparando manifestazioni in tutta Italia per spiegare Finanziaria e riforma fiscale; i sindacati, da parte loro, stanno già ragionando sulle prossime mosse e intanto insistono nel chiedere al governo tavole di confronto sul Mezzogiorno e sul contratto del pubblico impiego.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Ennesima battuta di arresto nel processo di pace nello Sri Lanka. Il governo di Colombo ha, infatti, rifiutato stamani la proposta dei membri del Movimento ribelle delle Tigri Tamil di riprendere le trattative senza condizioni. Il processo di riconciliazione è in fase di stallo dallo scorso aprile 2003.

 

Sono tutti morti i 166 minatori rimasti intrappolati nella miniera di carbone esplosa domenica scorsa a Chenjiashan, nella Cina centrale. Dal pozzo della deflagrazione sono riusciti a mettersi in salvo 127 minatori, mentre 45 sono stati ricoverati in gravi condizioni. Questa mattina, intanto, altri tredici minatori hanno perso la vita nell’esplosione avvenuta in una miniera di carbone nella provincia meridionale di Guizhou. In Cina ogni anno muoiono più di 7.000 persone nelle miniere di carbone, che sono le più pericolose al mondo.

 

 

 

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