RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 243 - Testo della trasmissione di lunedì 30  agosto 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Farsi testimoni del Vangelo senza sconti: a partire dall’invito del Papa all’Angelus ieri, la riflessione del teologo don Luigi Negri.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Al via, stasera, a New York la Convention repubblicana, che confermerà Bush come candidato alla presidenza per un eventuale secondo mandato. Ieri, in primo piano, l’imponente manifestazione contro la politica della Casa Bianca: intervista con Stefano Silvestri

 

Si sono chiuse ieri sera le 28.me Olimpiadi dell’era moderna. Italiana l’ultima prestigiosa medaglia al maratoneta Stefano Baldini: ai nostri microfoni Pietro Mennea

 

24 mila bambini raggiunti in 35 Paesi del mondo: è l’impegno dell’Organizzazione non governativa italiana Avsi. Ce ne parla Riccardo Bevilacqua

 

Dal Festival del cinema di Locarno a quello di Venezia: la presenza dell’Istituto Luce, che festeggia il suo ottantesimo compleanno. Con noi Andrea Piersanti.

 

CHIESA E SOCIETA’:

A Saluzzo si svolgono oggi le celebrazioni per il VI centenario della morte del Beato Giovanni Giovenale Ancina.

 

Si sono aperte ieri a Milano le celebrazioni per il 50° anniversario della morte del Beato Alfredo Ildefonso Schuster, uno degli arcivescovi più illustri della Chiesa ambrosiana

 

Commemorazione sabato in Kenya per la morte di padre Kaiser

 

Pioggia di critiche per diversi Paesi UE per inadempienze in tema di ambiente. Sul banco degli imputati della Commissione Europea anche l’Italia, la Francia a la Gran Bretagna

 

Un indiano e un pakistano ricevono il “Nobel asiatico”.

 

24 ORE NEL MONDO:

 Il ministro degli Esteri francese, giunto al Cairo, lancia un nuovo appello per i giornalisti rapiti; altre vittime negli scontri tra forze americane e miliziani sciiti a Baghdad

 

Una bambina palestinese di nove anni uccisa per errore in un attacco in Cisgiordania. Il premier Sharon pronto a presentare le tappe del ritiro dei coloni israeliani da Gaza

 

Vittoria annunciata per il ministro degli Interni Alkhanov nelle elezioni presidenziali in Cecenia.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 agosto 2004

 

 

VIVERE UNA REALE ESPERIENZA DI CHIESA COME POPOLO DI DIO,

PER ESSERE TESTIMONI DEL VANGELO SENZA SCONTI, ANCHE FINO AL MARTIRIO:

UN COMMENTO ALL’ANGELUS DI IERI

- Intervista con don Luigi Negri -

 

“Il martirio è un segno preclaro della santità della Chiesa”. Santità alla quale tutti i cristiani sono chiamati, anche se non attraverso il sacrificio supremo della vita, con una testimonianza del Vangelo senza eccezioni o cedimenti al compromesso. All’Angelus di ieri, ancora una volta Giovanni Paolo II ha indicato alla Chiesa il valore assoluto di chi ha versato e versa tuttora il proprio sangue per l’annuncio di Cristo nel mondo. Ma ha precisato che il martire non deve restare un modello inarrivabile per un cristiano, ma al contrario uno sprone a seguire con coerenza la propria vocazione. A partire dalle parole del Papa, una riflessione di don Luigi Negri, docente d’introduzione alla teologia e storia della filosofia all’Università Cattolica di Milano, al microfono di Alessandro De Carolis:

 

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R. - Io credo che l’intervento realmente singolare di Giovanni Paolo II all’Angelus di ieri abbia un enorme valore educativo. Io non credo che l’obiezione dei cristiani di oggi al martirio sia di carattere psicologico o morale, perché nessuno si può sentire “capace” del martirio. Per questo la Chiesa ha sempre fortemente sconsigliato l’autodenuncia. Mi pare che la difficoltà sia di carattere culturale. In altre parole, è come se si fosse obnubilata l’idea di testimonianza, l’idea che la Chiesa sia un popolo che testimonia il Signore come ragione nuova d’essere nella vita, nelle circostanze, negli incontri, nella professione, negli ambienti: si tratta di un “popolo di santi” che testimonia e in mezzo al quale a qualcuno può essere chiesto ancora oggi, come ha ricordato il Papa, il sacrificio supremo. Credo che manchi invece a molta parte del popolo cristiano la precondizione alla testimonianza. Il fatto è  che siamo chiamati ad essere testimoni. Non a caso, nella tradizione cattolica, ‘testimonianza’ e ‘martirio’ hanno, linguisticamente, la stessa radice.

 

D. - A cosa si dovrebbe questa mancata attitudine alla testimonianza?

 

R. - Credo si tratti di una difficoltà nel fare l’esperienza reale della Chiesa come popolo. Quando invece della dimensione di popolo, il cristianesimo è ridotto sostanzialmente a certi valori di carattere anche religioso, o morale, o psicologico, o affettivo, diventa molto meno agevole pensare che si debba essere testimoni. Di opinioni o di valori, non si è testimoni. Si è testimoni di un’esperienza di vita: l’esperienza di vita del Cristo morto e risorto che vive sacramentalmente nella Chiesa.

 

D. - Il Papa ieri ha detto chiaramente: i cristiani vivano il Vangelo senza eccezioni. Ultimamente, nei suoi discorsi Giovanni Paolo II ha messo più volte l’accento sull’eroismo della fede anche nella vita quotidiana...

 

R. – Certo. E questo eroismo della fede quotidiana è quello che il Concilio ha chiamato “la santità comune del popolo di Dio”, quello che Giovanni Paolo II ha ripreso nella Novo millennio ineunte. E’ questa la grande sfida culturale: qualcuno può essere chiamato al martirio, ma è certamente nell’orizzonte della testimonianza di un grande avvenimento di fede, di speranza e di carità che i cristiani si realizzano e gli uomini vengono provocati dalla presenza di Cristo, qui ed ora.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina è dedicata all'Angelus. Giovanni Paolo II ha sottolineato con forza che i cristiani sono chiamati ad un eroismo quotidiano che può giungere sino al supremo sacrificio del martirio.

 

Nelle vaticane, l'articolo dell'inviato Gianfranco Grieco, da Mosca, sulla Santa Messa celebrata dal Cardinale Kasper nell'ambito del solenne avvenimento della consegna dell'Icona della Madre di Dio di Kazan'.

 

Nelle estere, in evidenza l'Iraq: si teme per la sorte dei due giornalisti francesi; appello del Presidente Chirac per la loro liberazione.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Gaetano Vallini in merito alla mostra - a Trento (fino al 7 novembre) - sul tema "Guerrieri, principi ed eroi fra il Danubio e il Po, dalla Preistoria all'Alto Medioevo".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano un articolo sui gravi disordini verificatisi durante un corteo - organizzato ad Acerra - contro la costruzione del termovalorizzatore dei rifiuti: pietre contro la polizia, cariche e lacrimogeni.

In rilievo anche il tema dell'immigrazione. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 agosto 2004

 

 

AL VIA, STASERA, A NEW YORK LA CONVENTION REPUBBLICANA, CHE CONFERMERA’

BUSH COME CANDIDATO ALLA PRESIDENZA PER UN EVENTUALE SECONDO MANDATO.

IERI, IN PRIMO PIANO, L’IMPONENTE MANIFESTAZIONE

 CONTRO LA POLITICA DELLA CASA BIANCA

- Intervista con il prof. Stefano Silvestri -

 

Una tappa cruciale sulla strada per le elezioni presidenziali americane: tra poche ore, prenderà il via al Madison Square Garden di New York la Convention Repubblicana. L’assemblea di partito incoronerà il presidente George W. Bush candidato per un eventuale nuovo mandato presidenziale. Stasera, si avvicenderanno sul podio l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, e il senatore John Mc Cain, eroe di guerra in Vietnam. Bush parlerà giovedì sera a chiusura dell’evento. La vigilia della Convention è stata, tuttavia, dominata dagli oppositori del presidente, che in migliaia hanno sfilato per le vie di New York. Una manifestazione imponente, di cui ci riferisce Paolo Mastrolilli:

        

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Nella folla, controllata da circa 10 mila poliziotti, c’erano diversi veterani delle guerre in Iraq e in Vietnam, che hanno accusato il capo della Casa Bianca di averli mandati a combattere per una bugia e a morire per il petrolio. Quando il corteo è arrivato al Madison Square Garden, che da oggi ospiterà la Convention, si è fermato a pregare in memoria di quasi mille caduti, simboleggiati da bare coperte dalla bandiera. La polizia ha arrestato circa 50 persone nel corso della giornata, ma non ci sono stati incidenti o violenze. Il presidente Bush, in un’intervista al settimanale “Time”, ha detto che l’invasione dell’Iraq è stata un successo eccezionale ma che avrebbe usato una tattica diversa se avesse saputo che il nemico era pronto alla guerriglia. Da oggi questi temi saranno al centro della Convention, che avviene a poche strade di distanza da Ground Zero dove i terroristi colpirono l’11 settembre del 2001. Ma i repubblicani, oltre a sottolineare la reazione di Bush a quegli attacchi, vogliono anche riportare l’attenzione su slogan come ‘conservatorismo compassionevole’, usato quattro anni fa per attirare gli elettori di centro e segnalare al Paese che il presidente si preoccupa anche dell’economia e dei problemi interni.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Sulla Convention Repubblicana e la strategia del partito di Bush per vincere le elezioni, la nota di Empedocle Maffia:

        

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Si riuniscono a pochi isolati da dove sorgevano le Torri Gemelle, i Repubblicani. Così vogliono spiegare, nel modo emotivamente più favorevole, perché chiedono al Paese di confermare Bush alla Casa Bianca per altri quattro anni: perché è il presidente che ha fissato il radar americano sulla lotta al terrorismo, e tutto il resto è in secondo piano. I repubblicani si propongono di risolvere le presidenziali di novembre sul punto più semplice e più definitivo: quello dell’America da difendere contro il terrorismo. Se riescono a far passare questo punto come unica priorità nazionale, tutta la zona buia della presidenza Bush diventa meno probabile come elemento da giudicare nel voto. Alleanze internazionali saltate, due milioni di disoccupati, una guerra preventiva contro l’Iraq diventata l’incubo di un’enorme e costosa avventura in termini di vite umane e di miliardi di dollari. Tutto questo diventa non più ragione per cambiare presidente, ma prezzo che si è dovuto pagare ad una situazione nella quale l’America va difesa da un attacco costante. E’ una strategia che si confronta con un Paese politicamente spaccato come non avveniva da decenni. Ma tutti gli uomini del presidente la ritengono l’unica in grado di portarli a vincere a novembre.

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Secondo tutti i sondaggi, l’elettorato americano sembra spaccato in due. Situazione che fa prevedere un’elezione all’ultimo voto, come quattro anni fa. Quanto potrà, dunque, influire sulle scelte degli americani questa Convention repubblicana? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al prof. Stefano Silvestri, presidente dello IAI, l’Istituto Affari Internazionali:

 

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R. – Credo che le Convention, in una situazione già così tesa, così politicizzata, hanno un effetto relativo nel senso che continuano a mantenere l’attenzione sul candidato, però non credo che cambieranno molto le posizioni degli indecisi.

 

D. – New York è la città ferita dal terrorismo, ma anche il simbolo dell’America ‘liberal’, che vota Partito democratico. La scelta di celebrare qui la Convention, può essere letta come una doppia sfida lanciata dal partito repubblicano?

 

R. – In un certo senso sì. E’ una sfida che dice ai liberal: ‘Vedete, voi siete liberal ma siete anche le vittime del terrorismo e siamo noi che vi difendiamo”. Questo credo che voglia essere il messaggio. Bisognerà vedere se passa. Perché passi, Bush punta soprattutto sulla sua immagina di presidente di un’America in guerra.

 

D. – Molti osservatori hanno registrato negli ultimi mesi un approccio del presidente Bush – se vogliamo – più moderato, tanto in politica estera che interna. Si parla anche di ‘conservatorismo compassionevole’. I repubblicani cercano voti al centro?

 

R. – Certamente. L’economia non va molto bene, i democratici hanno puntato molto sui problemi di povertà, di disoccupazione e quindi i repubblicani hanno bisogno di ritornare sul tema della ‘compassione’.

 

D. – Dopo le Convention, la nuova fase elettorale prima del voto del 2 novembre saranno i faccia a faccia tra Bush e Kerry. Su cosa giocheranno i due contendenti per conquistare i pochi indecisi?

 

R. – Credo che Bush vorrà far passare l’immagine di un presidente dalle idee chiare, messaggio semplice, di fronte ad un Kerry che è più complesso e contraddittorio. Kerry vorrà fare passare il messaggio che la sua politica è altrettanto decisa ed efficace di quella di Bush per quanto riguarda la lotta al terrorismo, ma vorrà sottolineare soprattutto gli aspetti sociali ed economici.

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IN UN SUGGESTIVO STADIO DOVE C’ERA UNA SPIGA PER OGNI ATLETA,

SI SONO CHIUSE IERI SERA LE 28.ME OLIMPIADI DELL’ERA MODERNA.

ITALIANA L’ULTIMA PRESTIGIOSA MEDAGLIA AL MARATONETA STEFANO BALDINI

- Intervista con Pietro Mennea -

 

In una notte di luna piena e in uno stadio trasformato in un campo di grano, con 10.500 spighe – una per ogni atleta – si sono chiuse ieri sera le 28.me Olimpiadi dell’era moderna. Cominciate il 13 agosto scorso, le Olimpiadi di Atene hanno assegnato l’ultima medaglia, quella della maratona che è una delle più prestigiose, all’ora del tramonto. L’ha vinta l’italiano Stefano Baldini, giunto in solitudine all’interno dello stadio Panathinaikon nel cuore della città. Un’ultima vittoria che però ha fatto discutere. Di questo ma anche del bilancio di emozioni e medaglie, ci riferisce Roberto Zichittella:

 

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Il Brasile ha fatto ricorso perché il corridore Lima, che guidava la corsa fino a pochi chilometri dal traguardo, è stato aggredito da uno spettatore, ma sembra che il ricorso non verrà accolto. L’Italia ha chiuso così in modo trionfale i giochi con un bottino di 32 medaglie, delle quali dieci d’oro. Il presidente della Repubblica, Ciampi, si è complimentato con il presidente del Comitato olimpico nazionale italiano, Petrucci. Il medagliere finale vede in testa gli Stati Uniti, con un totale di 103 medaglie: gli americani si confermano primi ma non sono più la superpotenza sportiva di un tempo. Dietro agli Stati Uniti avanza a grandi passi la Cina, che ha vinto medaglie anche nel nuoto e nell’atletica. Per i cinesi, una prova generale in vista delle Olimpiadi di Pechino tra quattro anni. Bene anche la Russia, ma meno forte di un tempo. Fanno grandi progressi gli australiani, che superano il bottino di Sydney 2000; bene i giapponesi, i tedeschi e i francesi. Tra i Paesi africani, note di merito al Sud Africa e allo Zimbabwe, che hanno vinto medaglie nel nuoto. Tra i protagonisti da ricordare, citiamo il nuotatore americano Phelps e il fondista marocchino El Guerrouj.

 

Possiamo dire che quelle di Atene sono state delle belle Olimpiadi: lo ha riconosciuto anche il belga Jacques Roggue, presidente del Comitato Olimpico internazionale. Nonostante i timori forse eccessivi della vigilia, la sicurezza dei Giochi non è mai stata in pericolo. Nessun episodio, anche minore, ha mai rappresentato una minaccia. L’organizzazione ha funzionato senza troppi intoppi: i trasporti sono stati efficienti, la città non è apparsa stravolta e il clima di Atene è stato allegro, da vera festa dello sport. Alla fine, sui giochi forse soltanto due le ombre: le polemiche sull’obiettività delle giurie di ginnastica e pugilato e la piaga del doping. Il caso dei velocisti greci Kenteris e Phanu, esclusi alla vigilia delle Olimpiadi, i pasticci dei sollevatori di pesi e i vincitori di medaglie costretti a restituire i loro trofei ci ricordano che per troppi atleti l’idea dello sport pulito non esiste. Sarà un tema su cui riflettere nei prossimi mesi.

 

Roberto Zichittella, da Atene, per la Radio Vaticana.

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Ma per quali aspetti questa Olimpiade sarà ricordata? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Pietro Mennea, campione olimpionico a Mosca nel 1980 e deputato europeo nella scorsa legislatura:

 

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R. – I motivi sono diversi e sono importanti. Anzitutto i casi di doping che si sono verificati ad Atene non sono solo un fatto negativo per la manifestazione ma anche un fatto positivo, perché hanno reso più credibile l’evento. Ci sono stati poi i risultati, ultimo quello di Baldini che ha vinto la maratona, ma anche il bel risultato della Pellegrini, della squadra della Pallanuoto, della Vezzali, che considero la più grande atleta in assoluto dello sport femminile italiano. Naturalmente i greci hanno organizzato benissimo questi Giochi Olimpici. L’evento io l’ho seguito tantissimo e posso dire, avendo disputato cinque edizioni dei Giochi Olimpici, che mi è piaciuto moltissimo sia dal punto di vista agonistico che dal punto di vista organizzativo.

 

D. – Più volte si è detto: far gestire lo sport agli atleti. Come vede questa eventualità?

 

R. – Chi vince l’Olimpiade vanta un’esperienza che solo pochissimi possono vantare. Lo sportivo preparato, quando smette, sono sicuro che è in grado di occuparsi di sport e di occuparsi di coloro che non hanno fatto agonismo e non sanno cosa sia l’agonismo sportivo. Abbinare, dunque, l’esperienza sportiva ad una di preparazione è importante. Credo che lo sportivo abbia pieno diritto di occuparsi dello sport dal punto di vista organizzativo.   

 

D. – Si guarda già alle Olimpiadi di Pechino 2008, un appuntamento per certi versi inedito, che metterà l’Occidente in stretto rapporto con la Cina…

 

R. – Anche la Cina affronta una certa sfida con l’organizzazione dei Giochi Olimpici del 2008, perché ha un suo fine che va al di là di quello che è l’evento sportivo. La Cina deve dimostrare al mondo che è un Paese cambiato in tutti i sensi, dal punto di vista politico ed economico e per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Quindi, per questo Paese la sfida forse è ancora più impegnativa. Credo però che sia una sfida che potrebbe vincere.

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24 MILA BAMBINI RAGGIUNTI IN 35 PAESI DEL MONDO:

E’ LA DIMENSIONE DELL’IMPEGNO

 DELL’ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA ITALIANA AVSI.

UNA TESTIMONIANZA DELLA PRESENZA IN BURUNDI

- Intervista con Riccardo Bevilacqua -

 

24 mila bambini raggiunti in 35 Paesi del mondo. Questo, in cifre, l’aiuto che l’AVSI, un’organizzazione non governativa italiana, assicura al pianeta infanzia attraverso programmi di sostegno a distanza. Attiva dal 1972, l’AVSI tocca le zone più povere del mondo, fra cui il Burundi. Questo Paese africano è ancora sotto shock dopo il recente attacco al campo profughi di Gatumba, in cui hanno perso la vita circa 160 persone. Francesca Fialdini ha raggiunto telefonicamente Riccardo Bevilacqua, operatore dell’AVSI a Bujumbura, capitale del Paese:

 

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R. – L’assistenza passa prima per l’educazione, il più grande motore di sviluppo e di speranza per questi Paesi. Basti pensare che un bambino su quattro non riesce a terminare l’anno scolastico per abbandono. Bisogna lottare contro quelle situazioni di povertà che non permettono la frequentazione normale. Quindi, il nostro intervento nell’educazione non si limita alle spese scolastiche, ma anche ad un sostegno sociale per la famiglia. Finanziamo un piccolo commercio di carbone per metterla in condizione di non dover chiedere al bambino di sostenere dei ruoli che non sono quelli dell’infanzia.

 

D. – Quanto risentite del clima di instabilità?

 

R. – Il clima di instabilità non ci aiuta, perché noi lavoriamo nei quartieri nord della capitale Bujumbura, che sono i quartieri più colpiti. Quindi, ogni volta che si verificano questi episodi c’è un saccheggio delle già povere abitazioni di queste famiglie. Cerchiamo di fare delle distribuzioni per rifornirli del minimo degli utensili per la vita quotidiana.

 

D. – Qual è la condizione dell’infanzia?

 

R. – L’infanzia è stata molto colpita dalla situazione di crisi che va avanti dal ’93 e, quindi, da 11 anni. Ci sono bambini che hanno conosciuto solo lo stato di guerra e altri che sono inquadrati nelle truppe dei ribelli.

 

D. – Riuscite a raggiungere anche bambini soldato?

 

R. – Ci sono dei progetti pilota con l’Unicef per trovare una metodologia adatta, perché ci vuole un’assistenza anche psicologica e bisogna poi preparare la popolazione a reintegrare questi bambini.

 

D. – Può farci un esempio per capire l’effetto della vostra azione?

 

R. – Posso citare una bambina, chiamata Awa, che abbiamo trovato in una situazione davvero precaria. Attraverso il sostegno a distanza, attraverso l’aiuto di una famiglia italiana siamo riusciti a dare una casa ad Awa e siamo riusciti ad iscriverla a scuola regolarmente e a farla ricominciare a sperare per il futuro.

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DAL FESTIVAL DEL CINEMA DI LOCARNO A QUELLO DI VENEZIA:

 LA PRESENZA DELL’ISTITUTO LUCE,

CHE FESTEGGIA IL SUO OTTANTESIMO COMPLEANNO

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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(musica)

 

L’Istituto Luce non poteva festeggiare meglio i suoi ottanta anni di vita e di attività. Questo 2004 è un periodo particolarmente felice, con molti successi già ottenuti e molte iniziative in programma. Nell’attesa di una grande mostra che sarà allestita a Roma, con la collaborazione del Comune capitolino, per ripercorrere, attraverso preziosi documenti, la storia dell’Istituto a partire dal 1924, il Presidente Andrea Piersanti ci confida, innanzitutto, la propria soddisfazione per il riconoscimento, una vera sorpresa, ottenuto al recente Festival di Locarno:

 

R. – Era già da qualche anno che al Festival di Locarno i film italiani non pren-devano premi. Quest’anno il vincitore assoluto sia come miglior film, sia come miglior attore, sia anche come vincitore del premio della Giuria Ecumenica, è stato un film italiano, co-prodotto da Luce con la partecipazione di Rai Cinema. Si tratta del film diretto da un giovanissimo regista esordiente, Saverio Costanto, che si intitola “Private”. E’ un film italiano, scioccante, che parla di un argomento di straordinaria attualità, molto poco “casalingo”, che è il dramma del Medio Oriente. Il successo a Locarno è stato totale. L’indicazione proveniente dalla critica cinematografica presente al Festival era, sinteticamente: “Just the best”, semplicemente il miglior film visto al Festival. La nostra soddisfazione è stata veramente enorme. 

 

Ed ora sta per prendere il via il Festival di Venezia, con la presenza davvero considerevole dell’Istituto Luce:

 

R. – A festeggiare l’evento c’è un colossal: un film storico, in costume, tratto  forse da una delle commedie più significative e più intriganti di Shakespeare: “Il mercante di Venezia”. Ovviamente il luogo scelto per l’anteprima mondiale non poteva che essere il Festival di Venezia. Siamo molto contenti che la Mostra del Cinema, diretta da Marco Muller, abbia deciso di accettare e di selezionare questo film per i grandi eventi speciali dell’edizione della Mostra di quest’anno. “Il mercante di Venezia” è diretto da Michael Radford, interpretato da un cast composto da tutte stelle, Al Pacino, Jeremy Irons, Joseph Fiennes e Lynn Collins. Il film sarà al centro del primo ed unico fine settimana del Festival, il momento di maggior clamor e di maggiore mondanità. La responsabilità che sentiamo sulle spalle è quindi enorme tanto più che – una cosa che forse non tutti gli ascoltatori sanno – non c’è mai nulla di scontato quando si parla della Mostra del Cinema di Venezia e non ci sono rapporti storici che tengano. Ogni anno ogni distributore, ogni società, ogni produzione si gioca il tutto per tutto. Abbiamo a Venezia anche altri film e fra gli eventi speciali c’è il film “Come inguaiammo il cinema italiano” di Daniele Cipri e Franco Maresco, che è dedicato ad un recupero della storia della critica cinematografica abbastanza interessante, perché ricostruisce la storia di due grandi attori dimenticati dal cinema italiano che sono Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Fuori concorso avremo “Il resto di niente” di Antonietta De Lillo. Nella Sezione “Venezia Orizzonti” c’è un film che si intitola “Musica Cubana”, che è un po’ la continuazione virtuale di “Buenavista Social Club”, e che anche in questo caso è prodotto con la partecipazione di Wim Wenders. Nella sezione Venezia Cinema Digitale, c’è “Colpi di luce”; un lavoro di montaggio, realizzato da Matteo Spinola, Stefano Della Casa, Francesca Calvelli, sul cinema di serie B degli anni Cinquanta e Sessanta. E’ un documentario di montaggio di materiale di repertorio che fa il paio, ovviamente, con la Rassegna Retrospettiva dedicata al cinema italiano di serie B, che la mostra ha deciso di organizzare quest’anno. Noi abbiamo in mente, fra i tanti appuntamenti che verranno organizzati per noi o da noi, l’idea di continuare a lavorare e di continuare a tenere alta la testa. In questi primi due anni di gestione mia e di Luciano Sovena, amministratore delegato, abbiamo dimostrato che Luce non è un marchio polveroso, che Luce non significa soltanto vecchi ed inutili archivi, ma che Luce è ancora oggi un’azienda dello Stato, partecipata al 100 per cento dallo Stato, che è in grado di competere sul mercato cinematografico e distributivo con prodotti di altissima qualità, che mantengono alto il significato dell’espressione “cultura cinematografica”.

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CHIESA E SOCIETA’

30 agosto 2004

 

 

A SALUZZO SI SVOLGONO OGGI LE CELEBRAZIONI PER IL VI CENTENARIO

DELLA MORTE DEL BEATO GIOVANNI GIOVENALE ANCINA.

LA LETTERA DEL CARDINALE SODANO PER IL VESCOVO DELLA LOCALITA’ PIEMONTESE

 

SALUZZO. = Giovanni Paolo II saluta con gioia le celebrazioni per il IV centenario della morte di Giovanni Giovenale Ancina, “insigne figura di Pastore” ed “esempio di santità per gli uomini del nostro tempo”. Il segretario di Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano, sintetizza con queste parole, in una lettera indirizzata al vescovo di Saluzzo, mons. Giuseppe Guerrini, i sentimenti del Papa per le iniziative in onore del beato. Nato a Fossano il 19 ottobre del 1545, Giovanni Giovenale Ancina giunse a Roma nel 1574, dove acquisì un’ampia conoscenza della teologia, coltivando le sue doti letterarie e musicali. “L’incontro con san Filippo Neri nel 1576 – si legge nella missiva – gli illuminò ulteriormente la mente e soprattutto gli scaldò il cuore, inducendolo a chiedere di poter essere accolto come membro della Congregazione, all’interno della quale svolse il suo ministero di stimato ed apprezzato predicatore, confessore e teologo”. Trasferitosi nel 1586 a Napoli, padre Ancina si fece promotore di svariate attività pastorali e culturali. Dieci anni dopo venne richiamato a Roma. La morte, sopravvenuta repentinamente il 30 agosto del 1604, pose fine alla sua intensa attività di riforma del clero, dei religiosi e del laicato cristiano. Il Papa auspica - conclude il cardinale Sodano nella lettera - “che l’anniversario dell’ingresso nell’eternità di così illustre pastore e degno discepolo di san Filippo offra al clero, ai religiosi ed ai fedeli l’opportunità di riviverne l’impegno di personale perfezionamento e di infaticabile dedizione apostolica”. (B.C.)

 

 

SI SONO APERTE IERI A MILANO LE CELEBRAZIONI PER IL 50° ANNIVERSARIO

DELLA MORTE DEL BEATO ALFREDO ILDEFONSO SCHUSTER, UNO DEGLI ARCIVESCOVI PIU’ ILLUSTRI DELLA CHIESA AMBROSIANA. IL PORPORATO,

 “DIFENSORE DELLA FEDE E DEL SUO POPOLO”,

E’ STATO PROCLAMATO BEATO DA GIOVANNI PAOLO II IL 12 MAGGIO 1996

- A cura di Fabio Brenna -

 

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MILANO. = Il 30 agosto del 1954 moriva nel seminario di Venegono il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, uno degli arcivescovi più illustri della Chiesa ambrosiana, che ha guidato per 25 difficilissimi anni, dal 1929 al 1954. Il cinquantesimo anniversario della morte del cardinale Schuster, proclamato beato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996, viene ricordato nel luogo della scomparsa, il seminario di Venegono Inferiore, che egli contribuì a far erigere e che ieri ha ospitato un convegno, che ha rievocato il contributo dato da Schuster alla fondazione e alla promozione di Istituti secolari. In serata, invece, l’attuale arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, ha guidato una fiaccolata, cui erano presenti i cresimati da Schuster. Un vero e proprio stuolo, visto che il beato compì ben cinque visite pastorali nella diocesi, formata da oltre 1.100 parrocchie. Questo pomeriggio, invece, per sottolineare l’intenzione vocazionale data a questo anniversario dalla chiesa milanese, un migliaio di chierichetti, provenienti da tutta la diocesi, animeranno l’annuale raduno. In serata, poi, la celebrazione solenne presieduta ancora dal cardinale Tettamanzi, che chiuderà questa prima parte delle celebrazioni. Altri momenti successivi saranno destinati a ricordare altri aspetti dell’azione pastorale del beato: la promozione della famiglia degli Oblati diocesani, la promozione della vita contemplativa, la promozione dell’arte sacra e dell’edificazione di nuove chiese. “Spesso si tende a circoscrivere la figura del cardinale Schuster alla preghiera e alla mistica – ha detto il cardinale Tettamanzi – ma egli fu veramente difensore della fede e del suo popolo”.

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COMMEMORAZIONE SABATO IN KENYA PER LA MORTE DI PADRE KAISER.

IL MISSIONARIO E’ STATO UCCISO NELL’AGOSTO 2000

IN CIRCOSTANZE ANCORA DA CHIARIRE

 

NAIROBI. = Centinaia di persone si sono riversate sabato tra le strade di Nairobi, in Kenya, per ricordare la scomparsa di padre John Anthony Kaiser della Società missionaria di San Giuseppe di Mill Hill, ucciso il 24 agosto 2000 in circostanze ancora da chiarire. “Il caso non è morto”, “Bisogna andare avanti con l’inchiesta”: recitavano alcuni striscioni. “La gente sollecitava il proseguimento dell’indagine – ha detto all’agenzia Misna padre Alex Matua, missionario comboniano di origine ugandese, da alcuni anni in Kenya – e chiedeva di poter sapere finalmente la verità sul caso del missionario ucciso”. Il corteo, partito da Uhruru Park e arrivato poco dopo presso la basilica del Sacro Cuore, dove si è svolta la funzione religiosa, era guidato da padre Paulino Twesigye, comboniano incaricato di animazione missionaria in Kenya. Alla funzione hanno preso parte anche una cinquantina di keniani testimoni degli scontri etnico-tribali del 1993 nella Rift Valley, che costarono la vita a circa 2.000 persone. Convocato dalla Commissione d’inchiesta Akiwumi, che si occupava di questi scontri, padre Kaiser ha deposto contro due ministri di Stato: Ole Ntimama e Nicholas Biwot. Dopo il ritrovamento del suo cadavere nei pressi del lago Naivasha, nell’aprile 2001 gli agenti americani dell’FBI (Federal bureau of investigation) hanno stilato un rapporto, con l’avallo dell’allora governo KANU (‘Kenya african national union’), sostenendo che si era suicidato. Questa tesi, tuttavia, non ha mai convinto i vescovi keniani, che hanno chiesto spiegazioni all’allora presidente Daniel Arap Moi, senza in pratica ottenere risposta. L’attuale esecutivo del NARC (‘National rainbow coalition’) si sta dimostrando, invece, più risoluto nel mandare avanti l’inchiesta. (B.C.)

 

 

PIOGGIA DI CRITICHE PER DIVERSI PAESI UE PER INADEMPIENZE IN TEMA DI AMBIENTE.

SUL BANCO DEGLI IMPUTATI DELLA COMMISSIONE EUROPEA ANCHE L’ITALIA, LA FRANCIA A LA GRAN BRETAGNA, SOPRATTUTTO PER NON AVER RISPETTATO GLI OBBLIGHI SULLE RESTRIZIONI NELL’USO DELLE SOSTANZE LESIVE DELL’OZONO

 

ROMA. = Giro di vite della Commissione Europea in tema di ambiente. Nel censurare il comportamento dei 25 Stati membri, la Commissione ha invitato Austria, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Gran Bretagna e Spagna ad accelerare gli interventi e l’attuazione di misure per la riduzione dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane. Nel mirino della Commissione due inquinanti ritenuti tra i più dannosi per la salute, soprattutto, dei cittadini sensibili, anziani e bambini: il biossido di azoto e il particolato. La normativa comunitaria obbligava gli Stati membri a predisporre piani per la riduzione dell’inquinamento entro il 31 dicembre 2003, lasciandoli liberi di scegliere le misure più appropriate: restrizioni della circolazione o lo spostamento in aree meno sensibili degli impianti inquinanti. I Paesi sul banco degli imputati sono responsabili anche di altre mancanze in tema di protezione della natura, di accesso dei cittadini alle informazioni ambientali e di tutela delle acque. La Francia, ad esempio, non ha proceduto correttamente all’individuazione dei siti di interesse comunitario, secondo le prescrizioni del programma Natura 2000. Sotto accusa l’Irlanda per altri sei capi di imputazione, in materia di biodiversità, di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, di gestione delle acque costiere, di trattamento dei reflui urbani. Consistente l’incartamento anche per la Gran Bretagna, soprattutto per la gestione dei rifiuti urbani. Nel mirino della Commissione per violazioni del diritto comunitario in materia ambientale anche l’Italia, rea di 28 casi di inadempienza, con particolare riguardo alle discariche. (B.C.)

 

 

UN INDIANO E UN PAKISTANO RICEVONO IL “NOBEL ASIATICO”.

ENTRAMBI LAVORANO ASSIDUAMENTE PER RISTABILIRE IL DIALOGO TRA NEW DELHI

E ISLAMABAD, COINVOLGENDO SOPRATTUTTO I GIOVANI

 

MANILA. = Il pakistano Ibdu Abdur Rehman e l’indiano Laxminarayan Ramdas sono i vincitori della sezione Pace e Dialogo internazionale del Premio Ramon Magsaysay, istituito dalla medesima Fondazione e conosciuto come “il Nobel asiatico”. Entrambi sono stati insigniti per il loro tentativo di superare le relazioni ostili fra i due Paesi e creare un consenso popolare in favore della pace fra India e Pakistan. Ex ammiraglio della Marina indiana in pensione, Laxminarayan Ramdas - riferisce l’agenzia Asianews - ha lavorato in varie organizzazioni che si battono per la pace, ultima delle quali il “Forum per la pace e la democrazia della popolazione indiana e pakistana”; mentre Rehman, giornalista e attivista per la pace, è l’attuale direttore della Commissione per i diritti umani in Pakistan. Secondo i due vincitori, il dialogo è il modo più efficace per ottenere la pace. Ma in questo, ha spiegato Rehman, bisogna coinvolgere la popolazione. In particolare, secondo Ramdas, è necessario investire sui giovani, che spesso assorbono i pregiudizi contro i Paesi vicini dai libri di testo e dai media. “India e Pakistan sono al bivio per decidere i propri destini, – ha concluso Ramdas – è necessario che i governanti rispondano alla fortissima domanda di pace della gente. Così la pace trionferà e sarà il popolo a vincere”. (B.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 agosto 2004

 

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

Nuovo appello del ministro degli esteri francese, Michel Barnier, per la liberazione dei due giornalisti rapiti lo scorso 20 agosto. Intanto si registrano altre vittime negli scontri tra forze americane e miliziani sciiti a Baghdad. Il nostro servizio:

 

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E’ di 17 morti e 96 feriti il bilancio degli scontri tra l’esercito americano e i miliziani di Moqtada al Sadr avvenuti nella notte nel quartiere di  Sadr City a Baghdad. Lo hanno reso noto fonti del ministero della Sanita' iracheno. Mentre l'emittente televisiva araba al-Jazeera ha riferito che i negoziati tra rappresentanti del leader radicale sciita e governo ad interim di Baghdad, avviati per mettere fine alle violenze, sono stati sospesi dopo il rifiuto dei miliziani a consegnare le armi.

 

Segnali di distensione si registrano invece nei rapporti tra Iraq e Iran. Il vice primo ministro iracheno, Barham Saleh, si è recato ieri a Teheran per portare “un messaggio di amicizia”. E uno dei più alti dirigenti iraniani, Hassan Rohani, ha offerto l’appoggio del suo governo  per ristabilire la sicurezza in Iraq.

 

Intanto dal Cairo, dove è giunto questa notte, il ministro degli esteri francese Michel Barnier ha lanciato un altro appello per la liberazione dei giornalisti francesi di Radio France e Le Figaro, rapiti dall'Esercito islamico dell'Iraq'. Per seguire da vicino le trattative il governo francese ha inviato a Baghdad il segretario generale del Ministero degli esteri. Oggi a Parigi sono previste due manifestazioni per la liberazione degli ostaggi, promosse dai presidenti delle Camere e da un gruppo di intellettuali arabi. Anche il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, ha lanciato un appello per i giornalisti rapiti così come l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e di sicurezza comune, Javier Solana.

 

E con un comunicato diffuso su Internet le brigate Abu Hafs al Masri rinnovano le minacce di attentati contro l’Italia ma annunciano che la Santa Sede non sarà tra gli obiettivi possibili.

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Una bambina palestinese di nove anni è stata ferita stamane in Cisgiordania dalle schegge di un razzo sparato da un elicottero israeliano. L’obiettivo dell’azione era Mahmud Abu Khalifa, un esponente delle Brigate dei martiri di al Aqsa, che è uscito indenne dall'attacco. Mentre quattro palestinesi, tra cui un dirigente di Al Fatah, sono stati uccisi nei campi profughi a Gaza e nel Libano meridionale. E oggi si è riunito il Consiglio di sicurezza israeliano per discutere il piano di ritiro dalla striscia di Gaza e dall'estremo nord della Cisgiordania. Il premier Ariel Sharon ha annunciato che già domani presenterà una “dettagliata tabella di marcia” sulle tappe del ritiro. Sharon si prefigge di  ottenere entro la fine di settembre il consenso del governo per stanziare adeguati indennizzi agli 8.000 coloni israeliani che  dovranno essere sgomberati. E per la prima volta, la Corte suprema ha autorizzato un gruppo di drusi israeliani a recarsi in pellegrinaggio in Siria, paese considerato ufficialmente in guerra con lo Stato di Israele.

 

Un comunicato di Al Qaeda ha rivendicato l’attentato compiuto con un’autobomba ieri a Kabul, che ha ucciso 12 persone (tra cui tre americani) e provocato dozzine di feriti. L'attentato, che ha colpito la sede di una compagnia di  sicurezza americana, era stato rivendicato in precedenza anche  da un portavoce dei Talebani.

 

Con oltre il 73% dei voti il ministro dell’Interno Alu Alkhanov è stato eletto presidente della cecenia. Alkhanov, era il candidato favorito del Cremlino e succede ad Akhmat Kadyrov, eletto nell'ottobre 2003 e ucciso in un attentato il 9 maggio. Gli altri candidati hanno ottenuto meno del 9% dei suffragi. Da Mosca Giuseppe D’Amato:

 

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E’ Alu Alkhanov il nuovo presidente ceceno. Il 47.enne ministro degli interni ha vinto nettamente le elezioni di ieri. L’affluenza alle urne si è attestata sull’80 per cento degli aventi diritto. Per Mosca un buon risultato considerando i pesanti scontri a fuoco delle settimane scorse. Alkhanov è stato scelto dallo stesso gruppo di potere da cui proveniva il defunto presidente Kadyrov e la sua investitura è stata accettata dal Cremlino. Il neo presidente intende creare una zona economica libera nell’ex repubblica ribelle con grossi vantaggi fiscali. La disoccupazione in Cecenia si aggira sul 70 per cento. Alkhanov spera di ridurla al 15  per cento nel giro di 5 anni.

 

I separatisti non riconoscono le elezioni ed hanno promesso di uccidere il neo leader, il quale al contrario ha offerto un ramoscello di ulivo al capo dei separatisti, se Mashkadov riconoscerà i suoi errori.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato. 

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Scade alla mezzanotte di oggi l’ultimatum delle Nazioni Unite che ha ordinato al governo di Karthoum di disarmare le milizie arabe nella regione sudanese del Darfur. Ma i negoziati  in corso ad Abuja, in Nigeria, sono in fase di stallo. Nel frattempo sono partiti 155 militari dell’esercito nigeriano incaricati dall’Unione Africana di proteggere gli osservatori internazionali chiamati a sorvegliare l’applicazione del cessate-il-fuoco per portare i soccorsi alle popolazioni colpite.

 

E’ salito a cinque morti e oltre 50 feriti il bilancio delle vittime del tifone Chaba che ha colpito l’isola di Kyushu nel sud del Giappone, con venti ad oltre 140 chilometri orari. Le autorità hanno fatto evacuare oltre 20 mila persone. Un cargo vietnamita è affondato al largo dell’Oceano Pacifico e quattro marinai sono attualmente dispersi.

 

Ad una settimana dalla nuova tornata di colloqui sul Kashmir, ieri l’India ha compiuto un nuovo test per il suo armamento nucleare. Un missile terra-terra, di una portata massima di 2500 km e capace di una testata nucleare, è stato sperimentato per la terza volta, dopo i test dell’aprile del 1999 e del gennaio del 2001.

 

Falso allarme per un dirottamento questa mattina all’aeroporto milanese di Malpensa. L’allarme, rivelatosi infondato, è scattato per un volo Alitalia proveniente da Miami. Per questo, immediatamente dopo il decollo, l’aereo è stato scortato dai caccia dell'esercito statunitense. Poi, sui cieli europei, il volo è stato prima affiancato da caccia svizzeri e, dopo il confine italiano, da quelli dell'Aeronautica decollati da Grosseto. A Malpensa i passeggeri sono stati controllati uno a uno, così come i bagagli. Lo spazio aereo è rimasto chiuso per mezz'ora e, all'interno dell'aeroporto, sono scattati tutti i sistemi di sicurezza del piano antiterrorismo.

 

 

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