RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 87 - Testo della Trasmissione venerdì 28 marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I confessori accolgano i fedeli con premurosa carità, ma senza sconti arbitrari sull’insegnamento genuino della Chiesa: così Giovanni Paolo II nell’udienza alla Penitenzieria Apostolica, in occasione dell’annuale Corso sul foro interno.

 

Ricevuti dal Santo Padre i presidenti del Senato russo e del Parlamento ucraino.

 

Situazione in Iraq e Convenzione europea nell’incontro avuto ieri pomeriggio da mons. Jean Louis Tauran con gli ambasciatori presso la Santa Sede.

 

In un mondo lacerato dalle discordie, la Chiesa risplenda come segno profetico di unità e di pace. E’ la riflessione di padre Raniero Cantalamessa, nella seconda predica di Quaresima alla presenza del Papa e della Curia Romana.

 

Conclusa in Vaticano la Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali: intervista con il sottosegretario Angelo Scelzo.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La guerra continua a seminare vittime in Iraq, mentre arrivano i primi aiuti umanitari e le Chiese cristiane insieme ai fratelli musulmani lanciano un accorato appello per la pace. Preoccupazione per i prigionieri di guerra: con noi, Daniele Scaglione, il presidente dell’Europarlamento Pat Cox e il cardinale Oscar Maradiaga.

 

La concezione ebraica e cristiana della famiglia, in un convegno alla Pontificia Università Lateranense: ai nostri microfoni, il vescovo Rino Fisichella e il diplomatico israeliano Zvi Tal.

 

La Nigeria si avvia alle elezioni di aprile, tra tensioni interne e crisi petrolifera: ce ne parla il parlamentare europeo Max Van Den Berg.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La partecipazione libera e responsabile alla vita politica, in un messaggio dei vescovi messicani, in vista della campagna per le elezioni di luglio.

 

Nel nord dall’Afghanistan, provato dall’emergenza alluvioni, migliaia di persone sono state colpite dalle forti precipitazioni cadute in questa settimana.

 

La consegna del cardinale Zenon Grocholewski alle scuole cattoliche durante una visita in Cile: educazione alla pace e rispetto della persona.

 

Le acque del lago Titicaca, al confine tra Perù e Bolivia, hanno inondato 17 centri abitati.

 

L’appello lanciato dall’arcivescovo di Nairobi, mons. Ndingi Mwana’a Nzeki, per far luce sulle ingiustizie compiute in Kenya.

 

Si è svolto nei giorni scorsi a Calcutta il Capitolo generale della Congregazione delle missionarie della carità.

 

24 ORE NEL MONDO:

Ritrovato dopo quasi 3 anni il corpo dell’ex presidente serbo Stambolic.

 

Tensione altissima tra Tokyo e Pyongyang, dopo il lancio di due satelliti spia giapponesi.

 

Burundi, violenze alle porte di Bujumbura: 66 ribelli uccisi.

 

Scontri in Ciad, la guerriglia mette in fuga l’esercito.

 

Il Rwanda protesta con l’Onu: la Repubblica democratica del Congo ha violato gli accordi.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 marzo 2003

 

 

I SACERDOTI PARTECIPINO ASSIDUAMENTE AL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE

 E LO AMMINISTRINO SECONDO L’INSEGNAMENTO DELLA CHIESA.

COSI’ IL PAPA NEL DISCORSO ALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA RICEVUTA OGGI IN VATICANO

 

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

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Nel sacramento della Penitenza il sacerdote offra ai fedeli “la carità dell’accoglienza premurosa, senza avarizia del suo tempo e senza asperità o freddezza del tratto”. Così Giovanni Paolo II stamani in Sala Clementina nell’udienza ai docenti e agli alunni del corso della Penitenzieria Apostolica, il tribunale della Santa Sede, nato nel XIII secolo sotto Onorio III, competente per il cosiddetto “foro interno”, ossia, l’ambito privato dei fedeli, anche per quanto riguarda il sacramento della penitenza e l’uso delle indulgenze. Citando il Concilio Vaticano II, il Papa ha ricordato “il privilegiato rapporto che esiste tra il sacerdozio e il sacramento della Riconciliazione, che dal presbitero deve essere innanzitutto ricevuto con fede ed umiltà, oltre che con convinta frequenza”:

 

“I ministri della grazia sacramentale si uniscono intimamente a Cristo Salvatore e Pastore attraverso la fruttuosa recezione dei Sacramenti, soprattutto con la confessione sacramentale frequente, giacché essa - che va preparata con un quotidiano esame di coscienza - favorisce in sommo grado la necessaria conversione del cuore all'amore del Padre delle misericordie".

 

 La confessione, ha continuato Giovanni Paolo II, oltre ad essere occasione di esame di sé stessi, è “momento ineffabile di esperienza della carità che il Signore nutre per ogni uomo nella sua irrepetibile individualità: balsamo consolatore per le molteplici forme di sofferenza da cui è segnata la vita”. Il Santo Padre non ha mancato di richiamare l’attenzione sulla “doverosa adesione” dei ministri al Magistero, con speciale riguardo a quei problemi che riguardano la bioetica e la normativa morale e canonica dell’ambito matrimoniale. Il sacerdote abbia un atteggiamento caritatevole nel “riferire senza varianti ideologiche e sconti arbitrari l’insegnamento genuino della Chiesa” :

 

“Quanti svolgono in nome di Dio e della Chiesa questo delicatissimo ministero hanno il preciso dovere di non coltivare, ed ancor più di non manifestare in sede sacramentale, valutazioni personali non rispondenti a ciò che la Chiesa insegna e proclama. ‘Non si può scambiare con amore il venir meno alla verità per un malinteso senso di comprensione’”.

 

“Il sacramento della Penitenza se ben amministrato e ricevuto  si rivela strumento principe di discernimento vocazionale”. “Ai candidati al sacerdozio il direttore spirituale offre non solo il discernimento, ma anche l’esempio della sua vita, cercando di riprodurre in sé il Cuore di Cristo”. Su tutti i partecipanti all’Udienza Giovanni Paolo II ha invocato attraverso l’intercessione di Maria, Madre della Chiesa, “il dono della santità, mediante il sacramento della Penitenza umilmente ricevuto e generosamente offerto”. Giovanni Paolo II ha poi rivolto un saluto al pro-penitenziere maggiore mons. Luigi De Magistris, il quale ha definito l’incontro odierno con il Pontefice “un’esperienza indelebile” per l’antica istituzione.

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ALTRE UDIENZE: DAL PAPA IL PRESIDENTE DEL SENATO RUSSO

 E IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO UCRAINO

 

Il Papa ha ricevuto stamani in successive udienze il presidente del Senato della Federazione Russa, Sergey M. Mironov, e il presidente del Parlamento dell’Ucraina, Volodimyr Litvin, ciascuno con le persone del seguito.

 

Successivamente i due esponenti hanno incontrato anche il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. “Nel corso dei colloqui – ha detto il portavoce della Sala Stampa Joaquin Navarro Valls – c’è stato uno scambio di opinioni sui rapporti Chiesa-Stato nei rispettivi Paesi e sulle prospettive di pace nell’ora presente”.

 

Sia Mironov che Litvin hanno avuto in questi giorni a Roma colloqui con le autorità italiane, con particolare riguardo alla situazione internazionale e agli sviluppi della crisi irachena, oltre che sui rapporti bilaterali e con l’Unione Europea.

 

Nel corso della mattinata, il Santo Padre ha inoltre ricevuto due vescovi dell’Indonesia in visita “ad Limina” e il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Nel pomeriggio, infine, udienza del Pontefice al cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

E’ infine da segnalare che ieri il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Vàc, in Ungheria, presentata dal vescovo mons. Ferenc Keszthelyi, dell’Ordine Cistercense, per raggiunti limiti di età.

 

 

INCONTRO DEL SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI, ARCIVESCOVO TAURAN,

 CON GLI AMBASCIATORI DELL’UNIONE EUROPEA

 

Nell’ambito dei periodici incontri con i rappresentanti diplomatici presso la Santa Sede, ieri pomeriggio, l’arcivescovo Jean Luis Tauran, segretario per i rapporti con gli Stati, ha ricevuto gli ambasciatori dei Paesi dell’Unione Europea. Lo ha comunicato stamani il direttore della sala stampa vaticana, Joaquin Navarro Valls che ha definito l’incontro “un’occasione per uno scambio di vedute sulla situazione in Iraq, sullo stato della futura Convenzione europea e sulla situazione internazionale in generale”.

 

 

L’IMPOTENZA A CAMBIARE LE LOGICHE UMANE E FAR TRIONFARE LE RAGIONI

DELLA PACE RENDE PIU’ URGENTE CHE LA CHIESA RISPLENDA

COME SEGNO DI UNITA’ E PACE

COSI’ PADRE RANIERO CANTALAMESSA

NELLA SECONDA PREDICA DI QUARESIMA ALLA CURIA ROMANA

 

La responsabilità della Chiesa di essere strumento di unità e di pace tra gli uomini è stata al centro della seconda predica di Quaresima tenuta questa mattina da padre Raniero Cantalamessa davanti al Papa e alla Curia Romana. “L’impotenza a cambiare le logiche umane e far trionfare le ragioni della pace nel mondo - ha detto il predicatore della Casa Pontificia - ci fa sentire con più urgenza, in questi giorni, il bisogno di realizzare tutto ciò nella Chiesa, in modo che, ‘in un mondo lacerato da discordie, la Chiesa risplenda segno profetico di unità e di pace’”. Ecco alcuni passi più significativi della predica odierna.

 

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Un pericolo mortale per l’organismo umano sono gli emboli, grumi solidi, liquidi o gassosi che si formano nelle vene e nelle arterie e che, se non sono rimossi in tempo, impediscono la libera circolazione del sangue e possono provocare danni molto gravi, persino la paralisi. Anche il corpo di Cristo che è la Chiesa conosce questo pericolo. Gli emboli, o i trombi, sono in questo caso ostacoli posti alla comunione, perdoni non accordati, inimicizie croniche; sono anche le cose elencate nel testo appena letto: asprezza, sdegno, ira, maldicenza, malignità.

 

Se vogliamo ”conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace”, occorre fare periodicamente una radiografia, cioè un bell’esame di coscienza per assicurarci che non ci siano emboli che dipendono da noi. A livello ecumenico si sta lavorando per rimuovere pazientemente i grossi emboli che si sono formati tra Chiesa e Chiesa, ma l’impegno deve proseguire a livello più capillare tra comunità e comunità, tra categoria e categoria all’interno della stessa Chiesa (per esempio tra clero e laici, tra uomini e donne) e infine tra persona e persona.

 

Sant’Agostino non si stanca di mettere in risalto i miracoli che avvengono quando si coltiva questo amore per l’unità. Tu - scrive - senti l’Apostolo elencare tutti quei meravigliosi carismi e forse ti rattristi pensando di non averne nessuno. Ma, attento: se tu ami l’unità, tutto quello che in essa è posseduto da qualcuno, lo possiedi anche tu! Bandisci l’invidia e sarà tuo ciò che è mio, e se io bandisco l’invidia, è mio ciò che possiedi tu. Nella comunione ecclesiale il carisma di uno diventa il carisma di tutti.

 

Solo l’occhio nel corpo ha la capacità di vedere. Ma forse che l’occhio vede soltanto per se stesso? Non è tutto il corpo che beneficia della sua capacità di vedere? Solo la mano agisce, ma forse che essa agisce soltanto per se stessa? Se un sasso sta per colpire l’occhio, forse che la mano se ne resta tranquilla e inerte, dicendo che tanto il colpo non è diretto contro di essa? Lo stesso avviene nel corpo di Cristo: quello che ogni membro è e fa, lo è e lo fa per tutti! Il segno “evidente” che si possiede lo Spirito non è il parlare in lingue o fare miracoli, ma l’amore per l’unità. “Sappiate che avete lo Spirito Santo quando acconsentite a che il vostro cuore aderisca all’unità attraverso una sincera carità”.

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NELLA TARDA MATTINATA DI OGGI SI SONO CONCLUSI IN VATICANO I LAVORI DELL’ASSEMBLEA PLENARIA

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI. CON NOI IL SOTTOSEGRETARIO ANGELO SCELZO

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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I partecipanti hanno affrontato una serie di temi di grande interesse che si radicano soprattutto su un rapporto di conoscenze e interscambi da tutte le parti del mondo. Si è avuto il polso di come la comunicazione avanza, si esprime in tutti i continenti e questo per il Dicastero è una ricchezza inestimabile che ogni anno viene ad arricchire il suo impegno, il suo patrimonio di conoscenza, e facilita i rapporti con le Conferenze episcopali. Al sottosegretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, dott. Angelo Scelzo, chiediamo:

 

D. – E’ emerso dalle relazioni dei partecipanti un incremento dei media nell’evangelizzazione?

 

R. – Sì, e questo soprattutto nei Paesi che hanno avuto per ragioni economiche e sociali un approccio più difficile con i mezzi di comunicazione. Vediamo che il gap è sempre più colmato e vediamo che in alcune parti si annullano, quasi,  degli stadi di dislivello, per arrivare ad uno stadio di maggiore equilibrio, perché alcune volte le nuove tecnologie favoriscono la possibilità di colmare il livello che era, in alcuni Paesi, molto squilibrato. Però, è anche vero che lo sviluppo delle tecnologie pone di fronte anche al problema del divario di risorse, e questo è certamente un tema al quale bisogna dedicare molta attenzione perché non vorremmo che lo sviluppo delle tecnologie alla fine diventi un fattore di discriminazione ulteriore nell’uso dei media.

 

D. – Dalla periferia della Chiesa vengono avanzate istanze al Pontificio Consiglio?

 

R. – Soprattutto quello di un maggior sostegno, di una vicinanza che si esprima anche in aiuti soprattutto tecnici, di coordinamento, di impostazione. Dalla periferia viene soprattutto la richiesta di sentire sempre più vicino l’impegno che tutta la Chiesa universale profonde in questo settore. E’ come se ci fosse l’esigenza di avere una rete sempre attiva, sempre in movimento, una rete che può essere supportata dai contributi di tutti; una interazione sempre attiva e sempre costante, che annulla alcune volte le distinzioni tra centro e periferia ma che diventa veramente, alcune volte, un organismo compatto, unico, tutto impegnato a sviluppare questi temi.

 

D. – Il Dicastero ha progettato delle strategie per l’immediato futuro?

 

R. – La strategia è quella di sempre, quella di essere – appunto – vicini al lavoro di chi nel mondo è impegnato a diffondere, a sviluppare, a fare in modo che la parola del Papa e tutto l’impegno che il Vaticano esprime nel campo della comunicazione possa essere sempre più efficace, sempre più autentico e sempre più veritiero. Questo si può fare a livello di studio con documenti, con riflessioni, ma si può fare anche sul piano concreto, aiutando e portando il nostro contributo in situazioni locali concrete che mettono maggiormente in relazione la Chiesa di Roma con le Chiese nel mondo.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

"L'Iraq sempre più profondamente ferito" è il titolo che apre, con eloquente evidenza, la prima pagina.

Sempre in prima, il richiamo dell'articolo (nelle pagine estere) di Francesco Maria Valiante dal titolo "Quegli occhi senza più sogni di un bambino di Baghdad": un bambino che, da mercoledì, giace, gravemente ferito, su un lettino dell'ospedale di Baghdad.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzeria Apostolica, il Papa ha sottolineato che il sacerdote deve riferire l'insegnamento genuino della Chiesa senza varianti ideologiche e senza sconti arbitrari.

Una monografica, a cura di Alfredo Marranzini, sul tema "Una pagina di storia familiare del medico san Giuseppe Moscati".

Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

Una pagina per l'ingresso in diocesi del nuovo vescovo di Castellaneta.

 

Nelle pagine estere, il dettagliato resoconto dei diversi aspetti legati alla situazione umanitaria in Iraq.

Gli Usa rafforzano il contingente militare, mentre le truppe si avvicinano a Baghdad.

Continue ed imponenti manifestazioni per la pace.

Medio Oriente: le sofferenze dei palestinesi; ancora una giovane vita stroncata.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Angelo Mundula dal titolo "La natura è il canto della vita": riflessioni sulle stagioni.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica in riferimento alla crisi irachena: in particolare, le polemiche seguite alla partenza dei parà dalla base di Vicenza.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 marzo 2003

 

 

NUOVI BOMBARDAMENTI SU BAGHDAD E BASSORA.

IL PENTAGONO ORDINA L’INVIO DI OLTRE 100 MILA SOLDATI NEL GOLFO.

IN ARRIVO I PRIMI AIUTI UMANITARI, MENTRE L’EUROPA SI DIVIDE

SULLA POSIZIONE DA DOTTARE IN MERITO AL CONFLITTO.

APPELLO DELLE CHIESE CRISTIANE DELL’IRAQ PER LA PACE

 

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Civili iracheni fuggono dall’inferno di Bassora e gli uomini di Saddam Hussein aprono il fuoco contro di loro. Suscita immediato scalpore la notizia rilanciata questa mattina dalla Bbc e dall’altra emittente satellitare britannica Sky News. Il tentativo di attraversare un ponte, ha riferito alle televisioni il capitano Sanford, si è trasformato in una sorta di tiro al bersaglio quando gruppi di miliziani hanno sparato contro la folla alcuni colpi di mortaio, provocando dei feriti e la risposta armata delle truppe angloamericane. La notizia non è stata confermata da parte irachena, ma aggiunge purtroppo una nuova pagina di orrore il conflitto nel Golfo Persico, dopo la strage del mercato di Baghdad. Anche oggi, il centro della capitale è stato preso di  mira dagli ordigni sganciati dai B52 americani, mentre all’esterno proseguono le manovre di accerchiamento, per un assedio che scatterà probabilmente tra 5-10 giorni.

 

Proprio per dar manforte a quello che dovrebbe costituire l’ultimo atto della conflitto - oltre a registrare l’ingresso in Iraq dal Kuwait della 101.ma Divisione elitrasportata statunitense - il Pentagono ha deciso ieri l’invio nella zona delle operazioni di un nuovo contingente di 120 mila uomini.  Intanto ieri, a Camp David, il presidente americano Bush e il premier britannico Blair hanno concluso il loro consiglio di guerra affermando di voler proseguire l’offensiva militare fino al completo disarmo dell'Iraq e all’instaurazione della democrazia, “ci voglia il tempo che ci voglia”, hanno dichiarato. I particolari del vertice nel servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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I due leader hanno accusato Baghdad di crimini di guerra, come la presunta esecuzione di alcuni prigionieri, e hanno risposto ai dubbi sui piani militari, affermando che il conflitto è appena cominciato e le loro forze hanno fatto grandi progressi. Blair, che ha incontrato anche il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha detto che c’è un’intesa di fondo sulla necessità di coinvolgere il Palazzo di Vetro nell’assistenza umanitaria e nella ricostruzione del Paese. Ma ha ammesso che esistono divergenze sui dettagli, perché Bush non vuole cedere il controllo all’Onu dopo la guerra. Ieri, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito per discutere della crisi e la delegazione americana ha abbandonato l’aula quando quella irachena l’ha accusata di volere sterminare il Paese. Il Consiglio però ha raggiunto l’accordo per riprendere il programma di aiuti “Petrolio per cibo”.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Se Mosca ha reagito stamani per bocca del presidente Putin, che ha chiesto “la sospensione immediata delle ostilità”' in Iraq e la ricerca di una soluzione politica della crisi in seno all'Onu, Baghdad ha replicato cifre alla mano alle dichiarazioni dei due leader alleati. Il ministro iracheno dell'Informazione, Mohammed Said Al Sahaf, ha detto oggi che 75 civili sono stati uccisi e altri 290 sono rimasti feriti nei bombardamenti nemici della notte scorsa. Nella zona di Bassora, ha aggiunto, fin dall'inizio della guerra 116 persone sono morte e 695 sono rimaste ferite. Inoltre, il ministro iracheno ha respinto le accuse di Blair, secondo il quale i prigionieri britannici sono stati giustiziati dopo la cattura. Proprio la questione sul trattamento dei prigionieri di guerra suscita la preoccupazione degli organismi di solidarietà. Ecco il parere di Daniele Scaglione, presidente emerito della sezione italiana di Amnesty International, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. - La guerra ha le sue regole e mi sembra che qui nessuna delle due parti in conflitto le stia rispettando e si stia impegnando per farlo. L’utilizzo degli scudi umani è un crimine, ma bombardare dove ci sono gli scudi umani è altrettanto un crimine. Bombardamenti a pioggia, come quelli che stiamo vedendo, è impensabile che siano bombardamenti che non vanno a colpire i civili, e in quanto tali, quindi, sono da considerarsi altri crimini. E allo stesso modo il trattamento dei prigionieri: non sembra, né da una parte né dall’altra, essere fatto seguendo le regole del diritto umanitario.

 

D. - Quali sono i timori di Amnesty al nono giorno di guerra?

 

R. - La questione umanitaria, intesa indubbiamente come protezione dei civili. L’idea che possano essere bombardati degli strumenti come la televisione è allucinante, aberrante. Quello che vediamo poi è un’inadeguata preparazione nella gestione dei profughi, nella gestione dell’emergenza umanitaria, ossia nel portare cibo, medicinali a coloro che sono vittime indirette della guerra.

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C’è una buona notizia, proprio sul fronte degli aiuti ai civili iracheni. Dopo i ritardi dei giorni scorsi, è approdata poco fa nel porto di Umm Qasr la nave britannica Sir Galahad, con un carico di 200 tonnellate di beni di prima necessità. La loro distribuzione, secondo il portavoce delle forze britanniche nel Golfo, il capitano di Gruppo Al Lockwood, dovrebbe avvenire nell'area della cittadina portuale, ma punti di assistenza sono stati allestiti anche lungo la strada che conduce a Bassora.

        

A differenza della prima, la seconda Guerra del Golfo ha frantumato l’unità dei Paesi del vecchio continente. Ieri pomeriggio, a Bruxelles, un gioco di veti incrociati non  ha permesso all’Unione Europea di approvare uno dei sette progetti di  risoluzione sulla crisi irachena, presentati da tutti i gruppi politici. Una frattura profonda ma non irreparabile, secondo il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, per il quale la strada della coesione continentale è stata “interrotta dalla guerra in Iraq, ma non è chiusa”. La cautela di Prodi si coglie anche nelle parole del presidente dell’Europarlamento di Strasburgo, Pat Cox, al quale Charles Collins, della nostra redazione inglese, ha domandato se ritiene che tali divisioni possano essere sanate:

 

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R. – I BELIEVE SO, I HOPE SO ...

Voglio credere di sì, lo spero. Da un punto di vista politico e per la carica che rivesto farò tutto il possibile per influenzare il risultato di questo dibattito in modo che il Parlamento europeo tragga i dovuti insegnamenti da questa situazione e li possa applicare in futuro. Abbiamo avuto delle profonde divisioni e delle discussioni molto accese, del resto gli argomenti trattati erano molteplici e tutti delicati. Nel gennaio scorso tuttavia il Parlamento con una netta maggioranza si è detto profondamente preoccupato circa il concetto di ‘guerra preventiva’ ed ha espresso l’auspicio che l’Onu ed il Consiglio di Sicurezza mantenessero un ruolo determinante. Per poter tornare ad essere efficaci dobbiamo riscoprire la capacità di agire nel segno del mutuo rispetto e delle reciproca solidarietà, soprattutto nelle fasi decisionali. Una cosa non facile, ma indispensabile per il futuro dell’Europa.

 

D. - Il processo di costruzione della politica estera comune è risultato fortemente danneggiato, si tratta di un qualcosa di irreparabile?

 

R. – I DON’T KNOW, IT’S VERY DRAMMATIC ...

Al momento manca la necessaria serenità per trarre delle conclusioni al riguardo. Certo, abbiamo fatto un passo indietro sia nei rapporti inter-personali tra capi di Stato e di Governo, sia a livello di rapporti tra Stati membri, come anche tra questi e gli Stati che stanno per aderire all’Ue. Ma anche nei rapporti transatlantici con gli Usa e in ambito Onu le cose non sono andate meglio. Penso che per superare il trauma provocato dalle divisioni attuali ci sia bisogno di un momento di serena riflessione, anche se ho potuto constatare alcuni segnali positivi. C’è ad esempio un forte consenso degli Stati Ue in due ambiti: il primo, riguarda la convinzione che l’Onu debba riprendere il programma “oil for food”, il secondo riguarda la prevalenza della preoccupazione per la situazione umanitaria in Iraq, rispetto alla questione se questa guerra sia giusta o meno.

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L’andamento incerto della guerra in Iraq comincia a influenzare il futuro dell’economia mondiale. Oltre ai costi del conflitto e della ricostruzione, il rischio per il possibile diffondersi del terrorismo sta generando ansia nei mercati, a partire da Wall Street. L’allarme arriva dal Fondo Monetario Internazionale che non esclude una recessione globale. Le prime conseguenze si fanno già sentire anche in America Latina, soprattutto per l’impennata dei prezzi del petrolio, come riferisce il cardinale honduregno, Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa:

 

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R. - Siamo davvero molto preoccupati per questa guerra in Iraq, che ha già avuto conseguenze molto negative nel continente, specialmente nell’area del Centroamerica. Abbiamo le nostre democrazie, che sono fragili per diversi motivi, soprattutto per la crescente povertà in tutto il continente, e con questa guerra soprattutto hanno già incominciato a farsi sentire gli aumenti del prezzo del petrolio. Paradossalmente, in Europa il prezzo si è abbassato: per noi, è salito. Quasi tutta la produzione del Venezuela veniva venduta in America Centrale a prezzi speciali, adesso per il grande sciopero che c’è stato lì e per la crisi dell’Iraq abbiamo già delle conseguenze. Un secondo momento è questo: l’area centroamericana soprattutto ha una grande presenza di turismo nordamericano, che è già totalmente interrotto. Dunque, le linee aree sono in crisi, gli alberghi sono in crisi, i ristoranti sono in crisi e questa agitazione si trasferisce alle strade, quando c’è molta più disoccupazione e anche violenza civile. Dunque, siamo molto preoccupati per questo. In tutte le popolazioni c’è il rifiuto della guerra e abbiamo fatto grandi campagne di preghiera soprattutto sapendo che il Buon Dio può anche portare la pace.

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E concludiamo con l’ultimo, accorato appello per il ritorno della pace nel loro Paese levato dai capi delle Chiese cristiane in Iraq. Il documento esorta alla cessazione degli scontri ed alla ripresa del dialogo. Ascoltiamone un passaggio, letto da un portavoce delle Chiese cristiane irachene:

 

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Ci sono ancora tante vie e molti mezzi per arrivare alla soluzione dei problemi mondiali con il dialogo e la comprensione affinché tutti vivano una vita tranquilla e pacifica. Noi, responsabili delle Chiese cristiane, insieme con i nostri fratelli musulmani in Iraq, dove viviamo insieme con amore e carità fraterna da centinaia di anni in questo Paese pacifico, ringraziamo tutti quelli che lavorano per la fine dell’aggressione contro di noi e chiediamo loro di continuare la preghiera e l’opera assidua per influenzare coloro che hanno nelle loro mani la decisione della cessazione di questa aggressione sul nostro popolo. Questa aggressione causa la morte di bambini, di anziani, di donne e degli ammalati e, non ultimi, dei nostri giovani che devono difendere con fedeltà e lealtà la patria.

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“CONCEZIONE EBRAICA E CRISTIANA DELLA FAMIGLIA”.

E’ IL TITOLO DEL DIBATTITO SVOLTOSI IN QUESTI GIORNI

NELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE

 

Nella Pontificia Università Lateranense si è svolto il 26 ed il 27 marzo l’incontro sul tema “Concezione ebraica e cristiana della famiglia”. Il colloquio, proposto dall’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, è stato organizzato dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia di Roma e dallo Shalom Hartman Institute di Gerusalemme. Sugli aspetti in comune tra la concezione ebraica e quella cristiana sul matrimonio, ascoltiamo il preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, mons. Rino Fisichella, al microfono di Amedeo Lomonaco.

 

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R. – Il primo elemento in comune, è quello che Gesù stesso ha richiamato quando ha voluto istituire il matrimonio cristiano ed è un rimando a quella dimensione originaria ed originante dell’atto creativo di Dio. Riprendendo il tema della genesi e della Torah, Dio li creò maschio e femmina e chiese che lasciassero il padre e la madre per unirsi l’uno con l’altro nell’amore ed in questa capacità di essere uno per l’altro segno della donazione totale. E’ evidente che siamo in una dimensione dell’amore e della dedizione e del dover pensare alla procreazione. Tutti questi elementi sono condivisi anche dalla concezione ebraica.

 

D. – La tradizione cristiana e la dottrina ebraica considerano la famiglia la base portante della società. Come si traduce nelle due concezioni questa centralità della famiglia?

 

R. – La centralità della famiglia, sia nell’una come nell’altra religione, è in primo luogo la dimensione di una continuità, sia la continuità del rapporto che la continuità della generazione. Ma all’interno di questa continuità della generazione pensiamo al grande valore che ha per Israele, come anche per la Chiesa cattolica, il tema della trasmissione della tradizione. Quindi la famiglia rimane il centro ed è il cuore dove la trasmissione della fede diventa centrale per le generazioni future.

 

D. – Si può dire dunque che questo incontro costituisca un ulteriore passo in avanti nel rapporto di conoscenza tra ebrei e cristiani?

 

R. – Certamente, però è una conoscenza che non è fatta più soltanto sui libri e sullo studio delle tradizioni, ma è una conoscenza fatta a livello di incontro interpersonale. L’istituto ‘Giovanni Paolo II’, si incontra appunto con professori del ‘Shalom Hartman Institute’ di Gerusalemme. E’ un incontro tra docenti, che permette sia lo scambio delle conoscenze che già si hanno, ma consente anche di avere nuove conoscenze che permettano di guardare al futuro in un modo diverso.

 

Al consigliere dell’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, Zvi Tal, chiediamo quali sono state a suo giudizio le novità emerse durante il dibattito:

 

“La novità è che si incontrano professori, accademici, ricercatori sia del mondo cattolico che del mondo ebraico. L’idea è di delineare i valori comuni che esistono nelle due tradizioni religiose. Penso che il concetto condiviso sia la comprensione comune che esiste tra ebrei e cattolici dell’amore per Dio e per il prossimo come vocazione centrale della persona umana che si rispecchia anche nel matrimonio e nel nucleo familiare”.

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LA NIGERIA SI AVVIA ALLE ELEZIONI DI APRILE,

TRA TENSIONI INTERNE E CRISI PETROLIFERA

 

- Intervista con il parlamentare europeo Max Van Den Berg -

 

Gli scontri e le tensioni dei giorni scorsi nella regione al delta del fiume Niger, nel sud della Nigeria, hanno provocato una caduta nella produzione nazionale di petrolio di più di ottocento barili al giorno, cioè di più di un terzo. E’ quanto ha dichiarato il consigliere per gli affari petroliferi del Paese, Rilwanu Lukman, spiegando che tre multinazionali hanno evacuato il loro personale dall’area interessata dagli scontri. La Nigeria, che è il sesto esportatore al mondo di petrolio e il primo per quanto riguarda l’Africa, sta per affrontare le elezioni generali nel prossimo mese di aprile. Si tratta del primo vero passaggio da una rappresentanza democraticamente eletta ad un’altra sempre democraticamente eletta. In precedenza, infatti, nel 1999, la Nigeria usciva da un potere militare. Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente il capo della missione di osservatori dell’Unione Europea per il monitoraggio di tali elezioni, il parlamentare europeo Max Van Den Berg.

 

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R. – IN A COUNTRY WHERE ...

E’ chiaro che in un Paese dove le risorse nazionali giocano un grosso ruolo e, in particolare,  sono rilevanti gli incassi dovuti al petrolio e alle compagnie petrolifere, le discussioni su chi debba incassare, quale Stato, quale gruppo, sono sempre occasione di tensione. E ci sono  oggi tensioni forti  lungo il delta del Niger. Ho visto io stesso lunghe file di macchine che aspettano per i rifornimenti di benzina. Non è chiaro se questo sia direttamente legato alla questione o meno. Credo sia ancora troppo presto per dirlo. A volte, comunque,  sono file di 4 km. Questo ovviamente crea un’atmosfera niente affatto piacevole. Questi fattori economici influiscono chiaramente sull’atmosfera del Paese. Direi che non si può dire oggi se la questione irachena e la discussione del petrolio a livello internazionale abbiano ripercussioni dirette su tutta questa situazione di gestione dell’economia legata al petrolio. 

 

D. – Certamente la guerra in Iraq ha ed avrà terribili conseguenze in molti aspetti. Ci sono rischi per gli equilibri in Nigeria?

 

R. – I WOULD SAY NO FOR THE MOMENT …

Direi di no per il momento, ma potrebbero esserci nel caso in cui la Nigeria non fosse sicura della sua posizione politica, voglio dire se alcuni gruppi politici si sentiranno di perdere potere. Per il momento il presidente Obasanjo ha portato le differenti realtà politiche ad unirsi e tutti hanno ribadito di voler lavorare duro per creare una situazione pacifica, calma e stabile durante le prossime elezioni di aprile. Spero che ciò avvenga. Questo è quello che posso dire in questo momento.

 

D. - In molti hanno parlato del fallimento delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea in relazione alla guerra in Iraq. Ritiene sia importante ricordare anche quello che l’Ue continua a fare con gli osservatori in missione per monitorare le lezioni di Paesi in difficoltà?

 

R. – ABSOLUTELY, SUCH MISSIONS …

Assolutamente, tali missioni si avvalgono di ottimi analisti per quanto riguarda gli aspetti del diritto, dei media. Si tratta di persone che sono ben preparate e dislocate in varie postazioni in tutto il Paese interessato. L’Europa dovrebbe essere orgogliosa non solo della sua forza militare, ma anche per questo tipo di attività in sostegno della pace, per il suo impegno a costruire qualcosa di stabile e duraturo, fondamentale nei processi democratici.

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CHIESA E SOCIETA’

28 marzo 2003

 

 

MESSAGGIO DEI VESCOVI MESSICANI PER L’IMMINENTE CAMPAGNA ELETTORALE

CHE PORTERÀ ALLE CONSULTAZIONI DEL 6 LUGLIO. I VESCOVI ESORTANO I FEDELI

 A RECARSI ALLE URNE, INVITANO I POLITICI A CAMPAGNE ELETTORALI SOBRIE,

E RACCOMANDANO AI SACERDOTI DI NON ESPRIMERE PREFERENZE POLITICHE

 

CITTÀ DEL MESSICO. = In previsione dell’appuntamento del 6 luglio per le elezioni federali, statali e municipali la Conferenza dell’episcopato messicano (Cem) ha inviato un messaggio ai fedeli dal titolo “Votiamo con responsabilità”. Le raccomandazioni dei presuli riguardano l’affluenza alle urne e la libertà del voto per chi ha il diritto di eleggere e, per chi sarà chiamato a governare, il lavoro onesto a favore della crescita del Paese. Il documento invita i messicani ad esprimere una preferenza ragionata, libera, personale e segreta nella consapevolezza che non si può rinunciare alla partecipazione politica. In prospettiva dell’imminente campagna elettorale, i presuli rivolgono un appello ai candidati affinché non cedano a diatribe personali ed insulti ed invitano i politici a realizzare una promozione elettorale sobria. “Crediamo – affermano - che in Messico, dove esiste tanta povertà, non siano giustificabili campagne dispendiose come le attuali, soprattutto se si considera che è il popolo quello che alla fine le paga”. Più forte perciò si leva la richiesta nei confronti dei politici cattolici. “Ricordiamo - affermano - il dovere morale di attenersi alla dottrina evangelica, custodendo l’adesione alla fede cattolica e non appoggiando leggi contrarie alla morale e all’etica come quelle che attentano al diritto alla vita o alle istituzioni della famiglia e del matrimonio”. I vescovi si rivolgono infine ai sacerdoti delle loro diocesi: “Come pastori - scrivono - siamo chiamati a essere fattori di unità e comunione, di riconciliazione e pace. Il nostro ruolo non è parlare in favore o contro quel candidato o partito politico: dobbiamo rispettare la libertà dei fedeli nelle scelte politiche. Nessun partito rappresenta la Chiesa e i cattolici possono militare o dare il loro voto liberamente al partito o al candidato che meglio risponde alle loro convinzioni personali”. (M.A.)

 

 

NEL NORD DALL’AFGHANISTAN, PROVATO DALL’EMERGENZA ALLUVIONI,

MIGLIAIA DI PERSONE SONO STATE COLPITE DALLE FORTI PRECIPITAZIONI

 CADUTE IN QUESTA SETTIMANA

 

KABUL. = Le forti piogge, cadute questa settimana sul nord dell’Afghanistan, hanno distrutto centinaia di case creando disagi a migliaia di persone. Il portavoce della missione delle Nazioni unite in Afghanistan (Unama), Manoel de Almeida el Silva, ha affermato che “undici persone sono morte e oltre 2 mila sono state colpite dalle improvvise alluvioni” . I maggiori disagi si sono registrati nella provincia di Kunduz, a ridosso del confine con il Tajikistan, dove 168 abitazioni sono andate distrutte e 474 hanno subito forti danni. Le alluvioni hanno poi interessato, in maniera meno drammatica, i distretti di Chardara, Dasht-I-Arch e Ali Abad. “Per fronteggiare la situazione – ha detto il portavoce della missione Onu – a Kunduz è stato predisposto un team d’emergenza formato da militari, civili, organizzazioni non governative e rappresentanti del ministero afgano per l’ambiente”. La missione delle Nazioni Unite ha riportato inoltre casi di forti precipitazioni nella provincia di Mazar-e-Sharif, ad ovest delle zone più colpite. In quell’area, il 25 marzo scorso una squadra per le emergenze ha prestato assistenza a 325 famiglie” ha aggiunto Manoel de Almeida el Silva. L’Afghanistan si trova comunque impreparato a fronteggiare simili casi. Qazi Tajudin, responsabile dell’unico ufficio afgano predisposto ad affrontare disastri naturali, il “Disaster Preparedness Department”, ha affermato: “stiamo muovendo adesso i primi passi nell’addestrare squadre specializzate per prestare soccorso in caso di emergenze di portata nazionale”. Malgrado ciò, non erano stati studiati piani specifici per casi come quello di Kunduz. (A.L.)

 

 

LE SCUOLE CATTOLICHE EDUCHINO ALLA PACE E AL RISPETTO DELLA PERSONA.

 QUESTI I VALORI INDICATI DAL CARDINALE GROCHOLEWSKI PREFETTO

 DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA ALLE SCUOLE CILENE

 DURANTE LA SUA VISITA NEL PAESE ANDINO

 

SANTIAGO DEL CILE. = “Le scuole cattoliche hanno il dovere di educare alla pace e al rispetto della persona umana”. Con queste parole, il prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, il cardinale Zenon Grocholewski, ha ribadito a Santiago del Cile durante una visita che si conclude domani, il ruolo delle istituzioni scolastiche cattoliche. “Gesù Cristo, principe della pace – ha aggiunto - ci ha insegnato moltissimo in questo senso: la pace si crea nei cuori delle persone”. Per il porporato è necessario che la Chiesa si orienti con decisione verso la pace: è una sfida nei confronti del mondo contemporaneo. Da qui parte perciò la missione delle scuole cattoliche: educare, formare gli alunni al bene della pace. Il cardinale Grocholewski è intervenuto anche riguardo alle proposte di inserire tra le materie scolastiche l’educazione sessuale. “C’è il rischio - ha detto - che la sessualità sia banalizzata e resa triviale”. Il cardinale ha perciò spiegato il valore e l’importanza che il cristianesimo dà alla sessualità, grande dono di Dio, ma ha ammonito che se l’individuo ne è completamente dominato ha un potenziale distruttivo. La visita del cardinale è iniziata lunedì scorso e si concluderà domani. In questi giorni ha incontrato il ministro dell’Educazione, Sergio Bitar e l’Area dell’educazione dell’episcopato cileno e visitato alcune università cattoliche del Paese. (M.A.)

 

 

LE ACQUE DEL LAGO TITICACA, AL CONFINE TRA PERU’ E BOLIVIA, HANNO INONDATO

17 CENTRI ABITATI. SONO CIRCA TRE MILA LE FAMIGLIE RIMASTE SENZA TETTO

 

LIMA. = Circa Tremila famiglie residenti sulle sponde del Lago Titicaca, nel distretto peruviano di Pilcuyo alla frontiera tra Perù e Bolivia, sono rimaste senza tetto a causa del drastico aumento del livello delle acque. Lo riporta la stampa locale, precisando che erano almeno 15 anni che non si verificava uno straripamento di tale entità. Il sindaco di Pilcuyo, Alberto Catachura Vilca, ha spiegato che le acque del Titicaca, il lago più alto del mondo situato a quasi cinque mila metri di altitudine, hanno inondato 17 centri abitati e sommerso almeno 900 ettari di raccolti. La metà del raccolto è andata irrimediabilmente perduta. L’innalzamento del livello del lago è iniziato molto lentamente circa due mesi fa ed è stato provocato dall’insistenza delle precipitazioni cadute su tutto l’altopiano di Puño. “Una ventina di case sono state distrutte ed un altro migliaio di abitazioni corrono il rischio di crollare da un momento all’altro”, ha aggiunto Catachura. I meteorologi hanno avvertito che le piogge proseguiranno almeno fino alla fine del prossimo mese di aprile. (A.L.)

 

 

 “PER FAR FRONTE ALLE INGIUSTIZIE COMMESSE NEL PASSATO È NECESSARIO DIRE LA VERITÀ”. E’ QUESTO L’APPELLO LANCIATO DALL’ARCIVESCOVO DI NAIROBI, MONS. NDINGI MWANA’A NZEKI, PER FAR LUCE SULLE INGIUSTIZIE COMPIUTE IN KENYA

 

NAIROBI. = Come far fronte ai crimini ed alle ingiustizie del passato? È quello che si chiedono i cittadini del Kenya, dopo l’elezione del neo presidente Mwai Kibaki.  La sua vittoria elettorale ha posto fine a quasi 40 anni di potere del partito Kenya African National Union (Lanu) che ha governato il Paese dall'indipendenza nel dicembre 1963 al dicembre 2002. Nel dibattito è intervenuto l’arcivescovo di Nairobi, mons. Ndingi Mwana’a Nzeki che in un articolo apparso sul quotidiano "East African Standard” sostiene la creazione immediata di una Commissione per la verità, la giustizia e la riconciliazione. "I keniani sono stati danneggiati in diversi modi ed il modo migliore per far fronte a queste ingiustizie è dire la verità, denunciando i responsabili e delle violazioni dei diritti umani". Il presule ha ricordato in particolare omicidi misteriosi rimasti impuniti come quello di Robert Ouko, un ministro ucciso nel febbraio 1990, e quello di padre John Anthony Kaiser, missionario ucciso nell'Agosto 2000. L'arcivescovo di Nairobi ha sottolineato che la Chiesa non ammette la vendetta, ma che i crimini vanno puniti secondo giustizia. (A.L.)

 

 

SI È SVOLTO NEI GIORNI SCORSI A CALCUTTA IL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DELLE MISSIONARIE DELLA CARITÀ. 
SUOR NIRMALA JOSHI È STATA CONFERMATA ALLA GUIDA DELL’ISTITUTO RELIGIOSO
 
CALCUTTA. = Le Missionarie della Carità, meglio note come suore di Madre Teresa, hanno confermato alla guida della Congregazione suor Nirmala Joshi per il secondo mandato consecutivo. La superiora generale, informa l’agenzia Fides, è stata rieletta da un’assemblea di 140 delegate provenienti da tutto il mondo, giunte a Calcutta, in India, per l’ottavo capitolo generale tenutosi la scorsa settimana. Suor Nirmala, 69 anni, è la secondogenita di una famiglia nepalese con 11 figli, di religione indù, convertita al cristianesimo a 23 anni e poco dopo entrata tra le suore di Madre Teresa. La Congregazione conta circa 4.400 religiose in 703 case presenti in cinque continenti. (A.M./M.A.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 marzo 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

È stato ritrovato oggi nelle colline di Fruska Gora, una quarantina di chilometri a nord di Belgrado, il cadavere dell’ex presidente serbo Ivan Stambolic, scomparso nell’agosto del 2000. L’ex capo di Stato, avversario di Milosevic, era stato rapito da quattro membri dei “berretti rossi”, il braccio armato dei servizi segreti disciolto tre giorni fa nell’ambito delle indagini per l'omicidio del premier Zoran Djindjic. Proprio due dei principali indiziati del delitto Djindjic, Dusan Spasojevic e Milan Lukovic, sono rimasti uccisi ieri sera in una sparatoria.

 

Nonostante gli ammonimenti ricevuti nei giorni scorsi dalla Corea del nord, il Giappone ha effettuato stamattina il lancio di due satelliti spia, con il compito di tenere sotto osservazione le basi militari e le rampe di lancio missilistiche nordcoreane. Immediata la reazione di Pyongyang: il lancio è “un atto ostile”, che “rischia di aggravare la corsa agli armamenti in Asia”.

 

Continua a mietere vittime la guerra dimenticata in Burundi. Una violenta battaglia tra l’esercito e la guerriglia si è verificata nei pressi della capitale, Bujumbura. Ce ne parla Giulio Albanese:

 

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Secondo un portavoce delle forze armate, l’esercito burundese ha ucciso 76 ribelli nel corso dei combattimenti molto intensi, mentre un responsabile delle Forze per la difesa della democrazia, pur confermando la violenza degli scontri a fuoco, sostiene che questa cifra sia esagerata. Intanto, fonti indipendenti hanno confermato la notizia, precisando che tra mercoledì e giovedì esercito e ribelli si sono confrontati duramente, lasciando sul campo un alto numero di vittime in diverse località del comune di Bukeye, uno dei santuari della ribellione, a circa 60 km dalla capitale Bujumbura. Va ricordato che – nonostante un accordo per la sospensione delle ostilità, sottoscritto lo scorso dicembre dal governo e dai tre dei quattro gruppi ribelli del Burundi – purtroppo la guerra continua, ed a pagarne il costo più alto è la stremata popolazione civile.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Nuovi scontri in Ciad, tra l’esercito ed i ribelli del Movimento per la democrazia e la giustizia (Mdjt). Le violenze, iniziate martedì nel villaggio settentrionale di Ossini, avrebbero provocato almeno 70 morti tra i militari ed un centinaio di feriti. Da ieri, sostengono i guerriglieri, l’esercito sarebbe stato costretto a riparare nella città di Bardai, nell’estremo nord del Paese. Ma la notizia non ha trovato riscontri ufficiali.

 

In una lettera inviata al Consiglio di sicurezza dell’Onu, il governo del Rwanda ha accusato la Repubblica democratica del Congo di non rispettare il cessate-il-fuoco firmato a Lusaka nel 1999 e gli impegni sottoscritti a Pretoria nel luglio 2002. Secondo Kigali, Kinshasa continuerebbe a sostenere gli estremisti hutu ruandesi presenti sul proprio territorio, anziché rimpatriarli. Ma gli osservatori internazionali precisano che lo stesso governo di Kagame, pur avendo ritirato i propri uomini dal territorio congolese, non ha smesso di appoggiare la Rcd-Goma, principale movimento anti-governativo nelle zone orientali dell’ex Zaire.

 

 

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