RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 83 - Testo della
Trasmissione lunedì 24 marzo 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Riunita da oggi in Vaticano la Plenaria
della Pontificia Commissione per l’America Latina.
OGGI IN PRIMO PIANO:
I
drammatici sviluppi della guerra in Iraq, tragedia dell’umanità: con noi, il
cardinale Carlo Maria Martini, il prof. Enrico Menduni, il nunzio apostolico a Baghdad mons. Fernando
Filoni, il giornalista Vittorio Zucconi e il prof. Vittorio Parsi.
CHIESA E
SOCIETA’:
Il dramma della guerra ha
dominato a Los Angeles la 75.ma edizione della Notte degli Oscar.
Liberati a Guantanamo dalle autorità statunitensi
19 prigionieri afghani.
Nel referendum svoltosi in Cecenia, vittoria linea
autonomista contro quella indipendentista; soddisfazione di Mosca.
Ripreso il dialogo tra le due Coree, dopo
l’annunciata interruzione dei negoziati di pace da parte di Pyongyang.
24 marzo 2003
SEGUIRE L’ESEMPIO DEI BEATI PROCLAMATI
IERI
COSI’
IL PAPA QUESTA MATTINA AI PELLEGRINI RICEVUTO NELL’AULA PAOLO VI
- A
cura di Carla Cotignoli -
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Il Papa
ha richiamato l’attualità della testimonianza e dei carismi dei nuovi beati ed ha invitato e seguirne
l’esempio per immettere “una nuova speranza nell’umanità”. E’ questo in estrema
sintesi il messaggio affidato alle migliaia di pellegrini ricevuti questa
mattina in udienza nell’Aula Paolo VI e giunti dalla Francia, Spagna, Svizzera,
Germania, Ungheria in occasione della solenne beatificazione di ieri in Piazza
San Pietro.
“Y SEA GAUDIUM ET SPES, GOZO Y ESPERANZA DE LA HUMANIDAD
...
Che la famiglia sia ‘gaudium et spes’, gioia e speranza
dell’umanità, scuola di trasmissione dei genuini valori umani e luogo di
accoglienza della vita”.
E’
l’auspicio che il Papa ha rinnovato oggi, con lo sguardo proiettato alla
prossima giornata mondiale della famiglia che si terrà a Valencia nel 2006. Questa
mattina infatti, il Papa ha consegnato
all’arcivescovo di Valencia, città della beata Juana Maria Condes Lluch, fondatrice di un’opera dedita al riscatto
umano e spirituale delle operaie,
l’icona della Sacra Famiglia, simbolo degli incontri mondiali. “Che la
consegna di questa immagine, in questi anni di preparazione – ha augurato - vi sia di ispirazione nel continuare
l’opera in difesa e promozione della famiglia, tanto necessaria nel presente”.
Ma ritorniamo ai nuovi beati. Nel suo discorso ai pellegrini, Giovanni Paolo
II ha messo in risalto i frutti di profonda trasformazione spirituale e sociale
suscitati dai 5 nuovi beati: il francese Pierre Bonhomme, Maria Dolores Rodriguew Sopena, Juana Maria
Condesa Lluch, spagnole, la svizzera
Maria Caridad Brader, vissuti tutti tra il 1800 e la prima metà del 1900
che hanno dato vita a nuove famiglie religiose dedite ad anziani, a bambini abbandonati e handicappati, alle operaie
nel difficile tempo della rivoluzione industriale. Mentre ai malati più poveri
è stata consacrata la vita del laico ungherese, Laszlo Batthyany Strattmann,
padre di 9 figli.
Il Papa
ha implorato l’intercessione dei nuovi beati, “perché ci accompagnino nel
quotidiano itinerario della vita cristiana”.
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“POSSA QUESTA VISITA CONFERMARE IL
VOSTRO IMPEGNO
ALLA
CAUSA DI UNITÀ DEI CRISTIANI”. E’ QUESTO L’AUSPICIO ESPRESSO STAMANE
DAL
PAPA NEL DISCORSO RIVOLTO
AD UNA
DELEGAZIONE DEGLI EVANGELICI LUTERANI D’AMERICA
-
Servizio di Amedeo Lomonaco -
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La voce del Papa è tornata a levarsi in favore della pace
nel discorso indirizzato stamane ad un gruppo di 25 rappresentanti della Chiesa
evangelica luterana d’America. Giovanni Paolo II ha rivolto il proprio
benvenuto alla delegazione che sta compiendo un viaggio ecumenico attraverso le
città di Istanbul, Roma e Canterbury. Il Pontefice ha colto l’occasione per
esprimere i propri auguri al vescovo Mark Hansen, appena eletto
presidente della Chiesa evangelica luterana d’America e vice presidente della
Federazione luterana mondiale.
“Possa questa visita – ha affermato il Papa – confermare
il vostro impegno alla causa di unità dei cristiani. La ricerca di una piena
comunione tra tutti i cristiani è un dovere che deriva dalla preghiera del
Signore”.
Il Pontefice ha poi ricordato come il comune cammino di
luterani e cattolici abbia condotto
alla Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione sottoscritta
nel 1999. Il documento costituisce una sfida ad edificare, su ciò che è stato
già raggiunto, la promozione di “una spiritualità di comunione caratterizzata
dalla preghiera e dalla comune testimonianza del Vangelo”.
Il Papa ha poi accennato alla ore drammatiche che il
mondo sta vivendo in questi giorni.
IN A WORLD SITUATION FILLED WITH DANGER AND
INSECURITY, ...
“In un mondo in cui la
situazione è caratterizzata da un generalizzato stato di pericolo e di insicurezza, tutti i cristiani sono chiamati
ad unirsi per proclamare i valori del Regno di Dio. Gli eventi di questi giorni
richiedono un impegno ancora più urgente”.
Il Papa ha infine detto di unirsi nella preghiera perché
“Dio onnipotente conceda al mondo quella pace che è frutto di giustizia e solidarietà”.
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LA MORTE DEL CARDINALE HANS HERMAN GROËR,
ARCIVESCOVO EMERITO DI VIENNA.
IL
CORDOGLIO E LA PREGHIERA DEL PAPA PER IL PORPORATO SCOMPARSO
- A
cura di Paolo Salvo e Gloria Fontana -
E’
giunta notizia stamani della morte del cardinale Hans Hermann Groër,
arcivescovo emerito di Vienna. Come si è appreso dalla capitale austriaca, il
porporato, che aveva 83 anni, è deceduto questa notte a causa di una polmonite
nell’ospedale di Sankt Pölten, circa 60 chilometri ad Ovest di Vienna, dove era
ricoverato per un male incurabile.
Giovanni Paolo II ha espresso il suo cordoglio in un
messaggio indirizzato all’attuale arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph
Schönborn. “Con tristezza – scrive il Santo Padre – ho appreso la notizia della
dipartita del Suo predecessore nel ministero di arcivescovo di Vienna,
cardinale Hans Hermann Groër. Con grande amore a Cristo e alla sua Chiesa, egli
aveva guidato, in fedeltà al Successore di Pietro, l’arcidiocesi di Vienna dal
1986 al 1995 con il motto: ‘In verbo autem tuo’; per alcuni anni aveva anche
guidato la Conferenza episcopale austriaca. Negli ultimi anni, che aveva
trascorso in ritiro, era stato segnato dalla malattia. Nell’assicurarla della
mia partecipazione alla memoria che l’arcidiocesi di Vienna riserva al suo
pastore di un tempo, lo raccomando al Signore, al quale egli aveva dedicato la
sua vita, nella speranza che il Signore gli riservi la ricompensa che Egli
stesso assicura ai suoi servitori fedeli. Con l’intercessione di Maria, Madre
dei Sacerdoti, imparto a tutti coloro che sono colpiti dalla morte del defunto, la mia benedizione apostolica come
pegno della ricca consolazione divina”.
Nato a
Vienna nel 1919 e ordinato sacerdote nel 1942, apparteneva all’Ordine dei Benedettini
Confederati. Eletto arcivescovo di Vienna nel 1986 e creato cardinale da
Giovanni Paolo II nel Concistoro del 28 giugno 1988, mantenne la guida
pastorale di quella sede fino al 14 settembre 1995, quando le accuse di
presunte molestie sessuali nei confronti di studenti minorenni di una scuola
cattolica negli anni Settanta, accuse da lui pubblicamente respinte, lo costrinsero
a rassegnare le dimissioni. Da allora visse ritirato in un monastero benedettino.
“Al di
là delle ombre, nel momento dell’addio vanno ricordati i meriti del sacerdote e
del vescovo”, ha dichiarato oggi l’attuale arcivescovo di Vienna, Christoph
Schönborn, nell’esprimere le sue condoglianze per la morte del suo predecessore
e per il quale terrà una commemorazione ufficiale il 4 aprile prossimo nella
cattedrale di Santo Stefano.
Con la
morte del cardinale Groër, il Collegio Cardinalizio risulta composto da 170
porporati, dei quali 112 elettori e 58 non elettori.
LE SFIDE ALL’EVANGELIZZAZIONE NEL
CONTINENTE LATINOAMERICANO
ALL’ESAME
DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE
PER
L’AMERICA LATINA CHE HA APERTO QUESTA MATTINA I SUOI LAVORI
NELLA
SALA BOLOGNA DEL PALAZZO APOSTOLICO IN VATICANO
- A
cura di Giovanni Peduto -
Da questa mattina fino a giovedì prossimo si tiene in
Vaticano, nella Sala Bologna del Palazzo apostolico, l’assemblea plenaria della
Pontificia Commissione per l’America Latina. La riflessione è iniziata con la
presentazione da parte dell'arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della
Segreteria di Stato, degli "Orientamenti del Santo Padre nei discorsi
ai Vescovi latinoamericani durante la visita "ad Limina" 2001-2003";
successive relazioni verteranno sulle sfide della nuova evangelizzazione in
America Latina nel contesto della globalizzazione mondiale (mons. Jorge
Jiménez, presidente del Celam) e sul problema delle sette nella medesima realtà
geografica (mons. Héctor Aguer, arcivescovo di la Plata). Le tematiche
menzionate saranno oggetto di ulteriore approfondimento in una tavola rotonda e
in altri momenti di dialogo e confronto. Prima dell'inizio dei lavori i membri
della Plenaria hanno partecipato alla concelebrazione eucaristica di apertura
presieduta nelle Grotte vaticana dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto
della Congregazione per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per
l'America Latina.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Il dolore, l’affetto, la
compassione, l’implorazione del Papa” è il titolo che, a tutta pagina, apre il
giornale: Giovanni Paolo II proclama cinque nuovi Beati ed indica al mondo,
lacerato e sconvolto dalla guerra, la forza della santità e della preghiera.
Nelle vaticane, “Mi unisco a
voi nel pregare Dio Onnipotente affinché conceda al mondo quella pace che è
frutto della giustizia e della solidarietà” è il titolo del discorso del Papa
ad una Delegazione della “Evangelical Lutheran Church in America”.
La dettagliata biografia del
cardinale Hans Hermann Groër, morto stamane in Austria.
Una dichiarazione dei vescovi
del Burundi sull'attuale situazione nel Paese.
Una pagina dedicata alla
solennità dell'Annunciazione del Signore.
Le preghiere per la pace nelle
diocesi italiane.
Nelle pagine estere, si
sottolinea quanto segue: “Le brutali immagini delle vittime e dei prigionieri
di guerra mostrati come trofei”.
Un’ostentazione che offende la
dignità dell'uomo.
Milioni di persone nelle piazze
di tutto il mondo per ribadire il desiderio di pace tra i popoli; sempre più
diffuse le manifestazioni contro la guerra anche nei Paesi belligeranti.
Si è concluso a Kyoto il Forum
mondiale sull'acqua, dove è stato ribadito che è in gioco lo sopravvivenza
stessa del pianeta.
Nella pagina culturale, un
contributo di Armando Rigobello dal titolo: “Una filosofia che si arresta alle
soglie dell'ontologia ma fissa lo sguardo oltre il confine”: un bilancio del
pensiero di Paul Ricoeur.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica con riferimento alla crisi irachena: l’espulsione
di quattro diplomatici dell'Iraq.
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24 marzo 2003
LE
IMMAGINI DI MORTE E DISTRUZIONE CHE ARRIVANO DALLA GUERRA
IN
IRAQ DEVONO RAFFORZARE IL NOSTRO IMPEGNO CONCRETO PER LA PACE,
MENTRE
CI SI INTERROGA SUL RUOLO DEI MEDIA
- A
cura di Roberta Gisotti -
La
guerra giusta, inevitabile, facile, rapida, intelligente, chirurgica, terapeutica,
di liberazione. Parole al vento che soffiano sugli orrori di una guerra che
come tutte le guerre porta con sé morte, dolore, sofferenze, distruzioni,
ferite materiali e morali, queste spesso insanabili anche alle cure del tempo.
E ieri il primo shock di chi questa guerra l’ha propugnata, di fronte alle
immagini di soldati americani uccisi, poveri corpi offesi, vite stroncate in un
attimo, e mostrati come trofeo, e quelle dei primi soldati americani prigionieri,
monito per un conflitto che al contrario di quanto propagandato potrà essere
più lungo e con perdite umane superiori al previsto su ambo i fronti. Ma certo
chi questa guerra l’ha osteggiata in ogni modo non vede differenza nella pietà
per le vittime se queste hanno una divisa o l’altra e piange i civili inermi,
bambini in primo luogo, sotto il fuoco ed il rombo pauroso delle armi.
Ascoltiamo
la riflessione che stamane ci giunge dal cardinale Carlo Maria Martini, che sta
vivendo questa drammatica pagina della nostra storia da un osservatorio
particolare, Gerusalemme, dove il collega Giovanni Peduto lo ha raggiunto
telefonicamente:
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R.- Purtroppo il Papa ci aveva ammonito ampiamente nei
mesi e nelle settimane scorse sui disastri di una guerra e adesso stiamo
assistendo giorno per giorno a ciò che si poteva prevedere, cioè disastri,
morti, feriti, prigionieri, bombardamenti, città a fuoco. Cose spaventose. Ci
accorgiamo di essere di fronte a qualcosa che nega tutto ciò che l’umanità deve
e vuole essere. Questo, per i cristiani, è quindi un momento di
intensificazione della preghiera, perché il Signore conceda il dono della pace.
Non basta, infatti, essere contro la guerra - tutti sono contro la guerra –
però bisogna essere contro la guerra così da voler quella pace che compia quei
sacrifici, faccia quei gesti di buona volontà da parte di tutti, che purtroppo
non ci sono stati. Bisogna che la pace comporti dei sacrifici e delle rinunce,
delle capacità di venire incontro all’altro, delle capacità di mostrare le cose
come stanno fino in fondo. Dobbiamo operare per una pace che sia sincera e
coerente, onesta. Per questo opereranno certamente gli uomini politici, ma ciascuno
di noi è chiamato ad operare dentro di sé quella onestà, quella coerenza, che
unitamente insieme a quella di tanti altri, può preludere ad una pace, perché
la pace è sempre possibile e speriamo che possa essere anche vicina.
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E in
attesa di una pace sempre possibile siamo purtroppo immersi in una guerra che i
media, 24 ore su 24, trasmettono e interpretano, attraverso immagini, cronache
e commenti. E si discute sugli effetti di una copertura mediatica, che fa anche
spettacolo, che a volte è di parte, che può distorcere la realtà, che perfino
può abituarci alla guerra quotidiana o renderci indifferenti, quasi per autodifesa
di fronte alla tragicità di eventi che ci travalicano. Così il mondo
dell’informazione si interroga dopo le polemiche sui filmati dei soldati
americani trasmessi dalla Tv irachena e rilanciati dall’emittente araba Al
Jazeera e che invece il capo del Pentagono Donald Rumsfeld ha chiesto ai media
americani di non mostrare. Ma Internet ed i canali satellitari sono pur sempre
accessibili a tutti. Di questo problema, che resta aperto, Fausta Speranza ha
parlato con il prof. Enrico Menduni, docente del linguaggio radiotelevisivo
all’Università di Bologna:
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R. – Una delle conseguenze della logica delle armi è poi
questa: che è un po’ difficile bloccare le immagini-shock, sia da parte delle
televisioni del nemico ma anche dalle proprie, perché il giornalista può sempre
– diciamo – ‘esibire’ il prevalente interesse pubblico di sapere come stanno le
cose. Questa tendenza ad usare i prigionieri, farli vedere, mandare al nemico
liste dei morti, dei feriti a scopo propagandistico, esiste già dalla prima
guerra mondiale, prima ancora dell’esistenza della radio, con la radiotelegrafia;
e credo che gli appelli di Rumsfeld non andranno molto in là, non otterranno
grande risultato. Una certa pudicizia sarebbe sempre necessaria, soprattutto
quando si mostra la figura umana, la figura umana nei momenti del pericolo, del
dolore ... Detto questo, però, se l’altra alternativa è quella di avere i comunicati
dei governi, le immagini gloriose dei tank nel deserto, bè, allora viva
anche lo ‘scandalo’, quando è portatore di dubbio.
D. – Al di là di questo episodio, Al Jazeera, la
televisione araba, ha rimesso in gioco qualcosa? Cioè, non è solo un punto di
vista in più tra le tv, ma sembra un altro ago della bilancia per l’informazione
occidentale ...
R. – Il problema della informazione occidentale è la sua
unilateralità, e gran parte delle notizie provengono dagli inviati che sono al
seguito degli Eserciti vincitori, ma non hanno certo la libertà di movimento, e
commettono – a mio parere – delle imprudenze, cioè di non rendersi conto non
solo che nulla di quello che si vede è la realtà, ma al massimo un suo
frammento, mediato dalla diversità culturale, dalla diversità linguistica,
religiosa e anche dalla propaganda. Ma poi spesso i media cadono nelle trappole
di notiziare quello che non è: pensiamo ai titoli su Bassora: “Presa Bassora”,
“Conquistata Bassora”, poi si è scoperto che non era assolutamente vero niente.
Perché? Per fare un titolo. Perché è nella logica dei media. “Baghdad è a poche
decine di miglia”: perché? Perché la logica dei media li trascina!
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NEL QUINTO GIORNO DI GUERRA NEL GOLFO,
SADDAM HUSSEIN TORNA
A
PARLARE IN TELEVISIONE E ANNUNCIA CHE LA VITTORIA E’ VICINA.
CONTINUANO
I BOMBARDAMENTI SU BAGHDAD,
MENTRE
A BASSORA E’ GUERRIGLIA URBANA
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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(Voce Saddam Hussein)
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Sarà “una guerra lunga e pesante”, ma “la vittoria è
vicina”: Saddam Hussein si è rivolto stamani al popolo dell’Iraq in un discorso
televisivo nel quale ha lodato la resistenza delle truppe irachene, aggiungendo
che gli anglo-americani stanno subendo delle pesanti perdite. Immediatamente
dopo il discorso del raìs, Baghdad è stata nuovamente bombardata. Secondo
alcuni abitanti della capitale irachena - citati dall’agenzia France Presse
- il raid avrebbe provocato la morte di cinque civili. In una conferenza
stampa, il ministro dell'Informazione iracheno, Saeed Al Sahaf, ha inoltre
fornito un bilancio delle vittime dei bombardamenti nelle ultime 24 ore: 62
persone – ha detto – sono morte e oltre 500 rimaste ferite in varie città
dell'Iraq. Sul fronte meridionale del conflitto, a Bassora, l’emittente
britannica Bbc riferisce che in queste ore le forze della coalizione
sono impegnate a contrastare forme di guerriglia urbana, anche se per il
ministro della Difesa britannico, Hoon, il sud dell'Iraq è ora sotto il
generale controllo delle forze alleate. Intanto, la televisione araba Al Jazira
ha mostrato stamani le immagini di un elicottero abbattuto e circondato dagli
iracheni, mentre il comando centrale americano in Qatar ha ammesso che un
elicottero d’attacco Apache risulta disperso. Notizie, quelle di
stamani, che confermano le difficoltà delle operazioni militari per gli alleati
in marcia verso Baghdad e che seguono una giornata durissima per le truppe
anglo-americane, come ci riferisce Paolo Mastrolilli:
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E’ stato il giorno più duro di combattimenti dall’inizio
della guerra: così il comando americano ha definito le resistenze incontrate
dall’offensiva di terra nelle zone di Nassariya, Najaf ma anche nel Sud che
sembrava già conquistato. Ieri però l’attenzione è stata attirata soprattutto
dalla vicenda dei prigionieri americani catturati e mostrati dalla televisione
irachena e poi da quella araba, Al Jazira. Il Pentagono ha ammesso che 12
soldati sono dispersi proprio nella zona di Nassariya. Le televisioni arabe, ma
non quelle americane, hanno trasmesso le immagini di alcuni militari morti e
altri catturati, che rispondevano impauriti alle domande degli iracheni. Il
capo del Pentagono, Rumsfeld, ha detto che quelle immagini rappresentano una
violazione della Convenzione di Ginevra mentre il presidente Bush ha dichiarato
che si aspetta un trattamento umano avvertendo che chi non garantirà la
sicurezza dei prigionieri verrà considerato un criminale di guerra.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Proprio stamani, il governo di Baghdad ha dichiarato che i
prigionieri nemici saranno trattati secondo la convenzione di Ginevra. Poco
prima, anche il presidente russo Putin - come ieri la Casa Bianca - aveva
invitato Saddam Hussein a “rispettare le convenzioni internazionali sulla
detenzione dei prigionieri di guerra”. Il presidente del Comitato internazionale
della Croce rossa, Kellenberger, dal canto suo, ha auspicato di poter
rapidamente visitare i prigionieri di guerra in Iraq. Ma come sta reagendo il
popolo americano alle prime gravi perdite della Seconda Guerra del Golfo?
Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Vittorio Zucconi, corrispondente dagli
Stati Uniti per il quotidiano La Repubblica:
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Reagisce con i sentimenti che si vorrebbero infliggere
agli iracheni, in questo momento, cioè con shock e con angoscia. L’illusione
della ‘passeggiata nel deserto’, della ‘scampagnata sui mezzi corazzati’ di un
paio di giorni verso la Baghdad liberata, si è rivelata un’illusione. Le
immagini di quei prigionieri e le immagini di quei morti, tra l’altro, che il
segretario della Difesa ha pregato tutte le catene televisive americane di non
far vedere, riportano gli americani all’altra faccia della guerra, che non è
teleguerra, fatta dall’alto, con armi di precisioni, con cose che colpiscono
tutto perfettamente, senza mai uccidere nessuno, ma anche di morte, di dolore e
di umiliazione. Quindi, è l’altra faccia della guerra che l’America contempla
con raccapriccio e con angoscia.
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Poco fa, l’agenzia ufficiale siriana Sana, ha riferito che
il ministero degli Esteri siriano ha convocato oggi gli ambasciatori di Stati
Uniti e Gran Bretagna per consegnare una protesta ufficiale dopo l'uccisione di
cinque cittadini siriani in un attacco aereo in Iraq contro un autobus diretto
in Siria. Intanto, proseguono anche in queste ore, i bombardamenti sulle
principali città irachene. A Mosul e Kirkuk nel nord; a Bassora nel sud. Ma è
la capitale a subire gli attacchi missilistici più violenti. Per una
testimonianza su come la popolazione di Baghdad sta vivendo queste giornate di
guerra, ascoltiamo il nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni,
raggiunto telefonicamente da Roberto Piermarini:
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R. – Ieri, ho visitato alcune parrocchie, soprattutto
parrocchie caldee che si trovano ad est; ho trovato i parroci: stanno bene. Il
flusso dei fedeli era abbastanza consistente, ma certamente non come le altre
domeniche, perché molti cristiani sono andati via. Ho manifestato loro la
solidarietà del Papa, assicurando la preghiera, e loro stessi, i parroci, mi
hanno pregato: ‘Non solo noi diremo questo ai nostri fedeli nelle Messe di
oggi’, ma mi hanno anche incaricato, mi hanno pregato di ringraziare il Santo
Padre per questa solidarietà nella situazione che si vive oggi in Iraq.
D. – Come riuscite ad avere le notizie lì, a Baghdad, sul
fronte di guerra?
R. – Noi le attingiamo sostanzialmente attraverso i canali
radiotelevisivi internazionali, poi a volte nei contatti che abbiamo con i
nostri vescovi i quali ci dicono un po’ la situazione delle loro Chiese, e da
questo deduciamo un po’ che tipo di situazione si è creata. Ieri l’arcivescovo
di Bassora mi diceva che lì, al centro, dove c’è la cattedrale non hanno avuto
problemi e al centro non ci sono state grandi preoccupazioni. Delle altre
diocesi per il momento non vi sono notizie il che significa che, tutto sommato,
ancora la situazione è accettabile.
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Sul
fronte diplomatico si riunisce oggi al Cairo la Lega Araba convocata per
valutare eventuali richieste di riunioni urgenti del Consiglio di Sicurezza per
misure che fermino subito la guerra. Cresce, intanto, la tensione tra Mosca e
Washington. Ieri, la Russia aveva domandato con la Cina la fine immediata delle
operazioni militari, oggi il viceministro degli Esteri russo, Fedotov, ha
affermato che i Paesi della coalizione militare anti irachena hanno aggirato le
Nazioni Unite “in violazione delle norme del diritto internazionale”. Il
dipartimento di Stato americano ha, invece, reso noto l’invio di proteste ufficiali
indirizzate al Cremlino per la vendita all'Iraq da parte di aziende russe di
missili anticarro e tecnologie per contrastare la guerra elettronica. Accuse
peraltro smentite dalle aziende chiamate in causa e dallo stesso governo russo.
L’evoluzione del conflitto non potrà non avere dei risvolti sulle relazioni tra
gli Stati Uniti e i Paesi contrari all’attacco all’Iraq. Ne è convinto il prof.
Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali
all’Università Cattolica di Milano ed editorialista di Avvenire:
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R. – La campagna sta andando in maniera non negativa, in
realtà, da un punto di vista strettamente militare, però sicuramente è più
complessa di quanto alcuni pensassero. Questo avrà degli effetti di aumentare
il livello dello scontro, diciamo del rancore politico tra i Paesi, tipo
Francia, Germania e Stati Uniti, perché è chiaro che quando incominciano ad
esserci i morti questo dissidio diventa più difficile da portare a termini più
cauti. E’ chiaro che se gli americani riescono a trovare depositi di armi
chimiche, il quadro cambia non poco, nel senso che allora si dimostra che
Saddam sta mentendo. Dopo di che, però, non bisogna nascondersi che resta
l’elemento forte di dissidio, e che l’elemento di dissidio era: la guerra è uno
strumento appropriato? La guerra era veramente l’ultima risorsa? Questo non
verrebbe completamente sanato neanche se si trovassero depositi di armi
chimiche.
D. – La Nazioni Unite possono comunque riconquistare un
ruolo in questa crisi?
R. – Forse sì, perché in qualche modo il Paese andrà
gestito nel dopo-Saddam. Direi che è ora sicuramente di riaprire una
discussione aperta sul ruolo delle Nazioni Unite: le Nazioni Unite si sono
dimostrate un’importantissima istituzione nel passato. Se vogliono continuare
ad essere un’istituzione altrettanto importante per il futuro, forse dovremmo
chiederci: sono la istituzione più adeguata per risolvere i problemi della
sicurezza collettiva del XXI secolo?
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LA GIORNATA DEI MISSIONARI MARTIRI,
TESTIMONI
DI VITE DONATE PER GLI ALTRI
- Con
noi suor Teresa Bergamo e padre Romeo Ballan -
Si
celebra oggi l’11.ma Giornata di preghiera e di digiuno per i missionari
martiri. L’iniziativa è del Movimento giovanile delle Pontificie Opere
Missionarie che quest’anno ha scelto per tema: “Non possiamo tacere quello che
abbiamo visto e ascoltato”. Nell’anno 2002 hanno dato la vita per il Vangelo 25
tra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. 13 di essi sono stati
uccisi in America, 10 in Africa, 1 in Oceania e 1 in Asia. Ed è di venerdì
scorso la notizia dell’uccisione di un sacerdote focolarino, don Nelson Gomez,
particolarmente dedito ai malati di Aids, nella sua parrocchia, in circostanze
non ancora chiare, avvenuta ad Armenia in Colombia.
Obiettivo
della Giornata è fare memoria di questi testimoni dei nostri giorni e il
suggerimento è quello di accompagnare la
preghiera con un gesto di solidarietà destinato a lenire le sofferenze
delle popolazioni dell’Etiopia attraverso la costruzione di alcuni pozzi. La
Giornata cade nell’anniversario dell’uccisione di mons. Oscar Romero,
arcivescovo di San Salvador, morto il 24 marzo 1980. Adriana Masotti ha
raccolto la testimonianza di due missionari italiani: suor Teresa Bergamo,
delle Ancelle missionarie del Sacro Cuore, per 11 anni in Colombia, e padre
Romeo Ballan, comboniano, per 40 anni in Perú e Congo. Per prima ascoltiamo
suor Teresa, che ci dice che cosa significa per lei essere missionaria.
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R. –
Andare incontro alla gente, portare quel messaggio di Cristo che è amore ed è
incontro tra fratello e fratello, partecipare con lui a quanto sta vivendo, alla
povertà che ha, e aiutarlo a crescere.
D. – Il
posto in cui lei è andata non doveva essere molto facile, almeno dal punto di
vista sociale. Vuole descrivercelo?
R. – Io
vivevo a 200 km da Bogotà. Era tutta gente campesina che coltivava caffè. Circa
sei anni fa il prezzo del caffè è sceso, non c’è stato commercio e la
guerriglia piano piano ha preso in mano la situazione. Quindi, abbiamo dovuto
portare Cristo tra la gente, in mezzo ai guerriglieri, senza dover pestare i
piedi, anche se qualche volta si pestavano e dovevamo litigare, perché ci
lasciassero passare e andare.
D. –
Quali esigenze spirituali avevano le persone che incontrava?
R. –
Quando sono arrivata là, il sacerdote non c’era. C’era molta gente battezzata,
ma c’era molta ignoranza su quello che è la religione, vivere i sacramenti.
D. – Ci
vuol raccontare qualche episodio in particolare?
R. –
Nel ’97 c’è stato un attacco da parte dei guerriglieri. Io non mi ero accorta
che c’era un combattimento in atto, quando vedo un bambino che arriva correndo,
gridando: “Nos matan, nos matan!”, ci ammazzano, ci ammazzano! Ed io non sapevo
cosa fare. Sentivo le pallottole che volavano. C’era un buco, un piccolo
tombino, e non so come sono riuscita ad entrare insieme al bambino. Il bambino
gridava e mi teneva stretta ed io gli dicevo: “Tranquillo, che non ci ammazza
nessuno”. Ad un certo punto sento dire: “C’è qualcuno là sotto?”. Era un
soldato. Noi siamo venuti fuori. E lui ha detto: “Lei è una che non ha paura di
niente, suora italiana, vivendo in queste zone?”. Ed io ho risposto: “Io amo
questa terra e non me ne andrei mai”.
D. –
Padre Romeo, lei è stato missionario in Congo e in Perù, ma che cos’è per lei
essere missionario?
R. –
Questa è una scoperta che uno fa a tappe nella vita. Una volta era solo un
desiderio di andare per aiutare, per essere utile agli altri. Adesso diventa
sempre più la necessità di parlare agli altri, attraverso la testimonianza
della vita, attraverso la preghiera. In questo tempo, per esempio, l’idea che
mi accompagna è quella di annunciare un Gesù che io contemplo. Dalla contemplazione
e dalla preghiera capisco che devo annunciarlo agli altri, perché se è una
bella notizia per me, lo è anche per gli altri.
D. –
Lei ha potuto essere missionario nel senso pieno, ci racconta qualcosa?
R. –
Certamente. Arrivare a parlare alle persone, aiutarle a capire che in Gesù
Cristo si può trovare la novità della vita, non solo per la vita eterna, ma anche
per la vita attuale, per vivere una vita più giusta, più fraterna, più solidale.
E questo l’ho visto anche nel caso di nostri confratelli. Potrei citare per
esempio i quattro comboniani che sono stati uccisi in Congo nel 1964. Avevano
la possibilità di scappare, di partire, hanno detto: “No, noi vogliamo restare
vicino alla gente”. I missionari si erano rifugiati nel bosco insieme alla
gente. Ma quando erano nascosti nel bosco hanno sentito dei messaggi da parte
dei ribelli che dicevano: “O escono i missionari, oppure uccidiamo la poca
gente rimasta nel villaggio”. Il superiore della missione ha detto: “Fratelli,
noi dobbiamo andare”. Sono usciti e sono stati uccisi. Io credo a questa
presenza che diventa comunicazione e condivisione di vita. E questo l’ho vissuto
anche in Perù.
D. –
Che cosa si è portato via da queste sue esperienze?
R. –
Credo veramente che Gesù sia qualcuno per il quale valga la pena vivere e dare
la vita, come lui l’ha data.
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24 marzo 2003
LE FAMIGLIE CRISTIANE DI GERICO, CITTA’
COLPITA DALLA CRISI ECONOMICA,
RICEVERANNO
OGNI MESE DALLE FAMIGLIE ITALIANE 30 DOLLARI CIASCUNA.
IN
QUESTO MODO I CRISTIANI DELLA CITTA’ PALESTINESE
POTRANNO
CONTINUARE A VIVERE IN TERRA SANTA
GERICO.
= Il momento di grande difficoltà attraversato dai cristiani che vivono in
Terra Santa chiama i loro fratelli nella fede a manifestare la loro vicinanza e
solidarietà. Le 98 famiglie cristiane di Gerico, città che vive attualmente una
grave crisi economica, potranno continuare a vivervi grazie all’aiuto di
altrettante famiglie di San Giovanni Valdarno, nella diocesi di Fiesole.
L’iniziativa è nata durante la visita a Gerico del vescovo di Montepulciano,
mons. Rodolfo Cetoloni, e del direttore dell’Ufficio degli affari sociali della
Conferenza episcopale italiana, Paolo Tarchi. Le famiglie di San Giovanni
Valdarno hanno subito accettato di collaborare al progetto. Ognuna di esse ha
“adottato” una famiglia di Gerico alla quale donerà ogni mese circa 30 dollari:
in questo modo si eviterà che la presenza cristiana da una delle città più
antiche del mondo sparisca. Gerico dista da Gerusalemme 27 chilometri e per
raggiungerla è necessario passare i controlli dello Tzahal (l’esercito
israeliano). La crisi tra Israele e Autorità nazionale palestinese ha inoltre
paralizzato le attività economiche, con un grande danno per la popolazione.
(M.A.)
1 MILIARDO E 700 MILIONI DI
PERSONE MINACCIATE DALLA DESERTIFICAZIONE.
IN UN
APPELLO LANCIATO IERI L’ORGANIZZAZIONE METEOROLOGICA MONDIALE INVITA LA
COMUNITA’ INTERNAZIONALE
AD
IMPEGNARSI PER STUDIARE IL CLIMA E LE SUE VARIAZIONI
GINEVRA.
= Un nuovo appello in favore della tutela dell’ambiente è giunto ieri
dall’Organizzazione meteorologica mondiale dell’Onu (Wmo) che ha diffuso una
serie di statistiche in occasione della Giornata meteorologica mondiale. Il
primo dato riguarda la siccità e la desertificazione. Oltre 1 miliardo e 700
milioni di persone che dipendono dalla terra per la maggior parte dei loro
bisogni ne sarebbero minacciate. Anche l’aspetto economico però desta
preoccupazione: negli ultimi 50 anni le catastrofi naturali legate al clima
hanno causato circa mille miliardi di euro di perdite. Le previsioni future non
sono migliori: si stima che a partire dal 2050 gli impatti del riscaldamento
globale costeranno 300 miliardi di euro all’anno. Per questo il segretario
generale della Wmo, Godwin Obasi, ha invitato la comunità internazionale ad un
rinnovato impegno nello studio del clima e delle sue variazioni. “L’attuale
ripetersi di inondazioni, cicloni tropicali, siccità ed altri eventi
meteorologici - ha avvertito - potrebbe essere una visione di quello che ci
aspetta nei prossimi anni. Il costo futuro della mancata azione supererà di
gran lunga quello di un’azione preventiva”. Obasi ha dichiarato che è
necessaria un’azione congiunta dell’Onu e degli Stati affinché siano applicate
le decisioni del protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas
nell’atmosfera. La Wmo, in quest’ottica, si propone tre obiettivi. Il primo è
migliorare le rilevazioni meteorologiche. In proposito segnala i progressi nelle osservazioni dai
satelliti ambientali e meteorologici ma lamenta il deterioramento delle reti di
osservazione nei Paesi in via di sviluppo a causa della mancanza di risorse. Un
secondo obiettivo è ridurre l’incertezza delle previsioni climatiche a lungo
termine. L’ultimo obiettivo è assicurare che i progressi fatti nella scienza
climatica siano di beneficio a tutte le popolazioni e contribuiscano allo
sviluppo sostenibile. “I cambiamenti climatici degli ultimi decenni - spiega
Obasi - presentano delle sfide a molti aspetti delle nostre vite, inclusa la
salute. Le minacce più immediate per l’umanità sono legate all’aumento di
frequenza e intensità di cicloni, alle inondazioni, alla siccità, alle ondate
di calore nelle grandi aree urbane e all’innalzamento del livello del mare”.
Negli ultimi 10 anni il numero di disastri di origine meteorologica è cresciuto
e le attuali previsioni indicano che, col crescere della temperatura del
pianeta, le inondazioni e la siccità potrebbero essere più intensi e frequenti.
(M.A.)
FERVONO I PREPARATIVI PER IL VIAGGIO DEL PAPA IL 3
E IL 4 MAGGIO IN SPAGNA.
VOLONTARI
ANDRANNO NELLE STRADE CHE IL SANTO PADRE PERCORRERA’,
ANNUNCIANDO
DI PORTA IN PORTA ALLE FAMIGLIE LA SUA VISITA
MADRID.
= Proseguono in Spagna i preparativi per accogliere Giovanni Paolo II che si
recherà a Madrid il 3 ed il 4 maggio. Nelle scorse settimane era stato
l’episcopato a diffondere dei messaggi per invitare i fedeli a pregare e
partecipare alla visita del Papa, ora è il turno dei giovani. Il cappellano
della facoltà di Diritto dell’Università Complutense di Madrid, padre Javier
Cremades, ha organizzato squadre di studenti volontari che percorreranno le
strade nelle quali passerà il Papa, annunciando di porta in porta alle famiglie
la visita. Gli studenti inoltre progettano di piazzare dei tavoli informativi
nelle loro facoltà. “Ancora c’è gente che non sa che il Papa viene – dice padre
Javier Cremades – o magari lo sa, però ignora la data”. Perciò il sacerdote è
convinto della necessità di “preparare la via” alla venuta di Giovanni Paolo
II. Padre Cremades ha organizzato anche un sito internet (www.conelpapa.com) nel quale ha raccolto
testimonianze di intellettuali, sportivi, giornalisti che attendono la visita
del Santo Padre. Nel sito si trova anche un appello agli emigrati affinché,
nonostante le difficoltà che potrebbe causare la lingua, partecipino con gioia
e con la preghiera alla visita. Nei giorni scorsi anche l’episcopato spagnolo
ha istituito un sito internet nel quale trovare informazioni sulla visita:
l’indirizzo è www.sereismistestigos.com.
(M.A.)
INIZIATO IERI A ROMA IL SIMPOSIO
“SPIRITUALITA’ COMBONIANA AL FEMMINILE”.
LE
MISSIONARIE RIFLETTONO SULLA SPIRITUALITA’ DELLA DONNA VISSUTA
SECONDO
IL CARISMA DEL BEATO DANIELE COMBONI
ROMA. = Nell’anno della canonizzazione del loro fondatore,
il vescovo Daniele Comboni, le missionarie comboniane si ritrovano nella loro
casa generalizia a Roma per il simposio dal titolo “Spiritualità comboniana al
femminile”. L’incontro, al quale partecipano più di 50 missionarie di una
decina di nazionalità, arrivate da quattro continenti, è iniziato ieri e si
concluderà il 30 marzo prossimo. Daniele Comboni divenne nel 1877 il primo
vescovo dell’Africa Centrale. Sin dai primi anni di sacerdozio consacrò la sua
vita all’Africa adoperandosi per la sua evangelizzazione. Più volte si lanciò
in pericolosi viaggi nel continente e nel 1872 fondò un
istituto di suore esclusivamente consacrate alle missioni, le Suore Missionarie
Comboniane. Nel
ricordare lo slancio del fondatore per l’annuncio del Vangelo, la madre
generale Adele Brambilla, durante il messaggio di apertura, si è ispirata
all’icona delle donne ai piedi del Crocifisso. Come quelle donne soffrivano per
amore a Cristo, così le missionarie sono chiamate oggi, attraverso la loro
femminilità ed il loro carisma, a portare conforto nelle situazioni di
sofferenza e dolore. Purtroppo a causa della guerra sono assenti le delegate
del Medio Oriente e della Repubblica Centrafricana. (M.A.)
NELLA 75.MA EDIZIONE DELLA NOTTE DEGLI OSCAR IL DRAMMA
DELLA GUERRA
HA
DOMINATO IL PRESTIGIOSO PALCOSCENICO DI LOS ANGELES
LOS ANGELES. = Nella 75.ma edizione della “Notte degli
Oscar”, la tragedia della guerra ha dominato il prestigioso palcoscenico del Kodak
Theater di Los Angeles. I dimostranti contro la guerra hanno portato una
copia ingrandita della statuetta con la bocca imbavagliata e le proteste sono
proseguite anche durante la cerimonia. Quasi tutti i premiati si sono espressi
sul tema della guerra. ''Sono pieno di gioia - ha detto Adrien Brody, miglior
attore per 'Il pianista” - ma anche pieno di tristezza perché stiamo vivendo un
periodo molto delicato”. “Voglio dire ai soldati e alle soldatesse - ha
affermato il presidente dell’Academy Frank Pierson - che speriamo di avervi tra
noi prima possibile”. “Ed agli iracheni - ha aggiunto - auguro di trovare
presto la pace per poter vivere senza la guerra''. ''Voglio dedicare questo
premio - ha detto Almodovar, miglior sceneggiatura originale con “Parla con
lei” - a tutti quelli che stanno alzando la loro voce per la pace, per il
rispetto dei diritti umani e per la democrazia”. Tra i vincitori degli Oscar si
sono registrati diversi assenti. Il regista Roman Polanski, assente negli Stati
Uniti dal 1978 perché su di lui pende una condanna penale, è stato premiato per
la regia di “Il pianista”. Ha vinto una statuetta anche Conrad Hall,
responsabile della bella fotografia del
film “Era Mio Padre”. L'Oscar e' stato
ritirato dal figlio perché l'artista è morto alcune settimane fa. Il
rapper Eminem non si è presentato agli Oscar per cantare la canzone, tratta dal
film “8 Mile”, poiché conteneva alcune parole considerate troppo “forti” dagli organizzatori della cerimonia.
Tra le assenze della serata da segnalare anche il rifiuto di Renee Zellweger di cantare insieme a Catherine
Zeta-Jones candidata all'Oscar per “Chicago”. L’assente probabilmente più
sorprendente è il mancato rico-noscimento a “Gangs of New York”. Il film, giunto agli Oscar con dieci candidature,
non è riuscito a vincere neanche la statuetta per la migliore scenografia,
creata dall'italiano Dante Ferretti a Cinecittà con l'aiuto di numerosi
artigiani italiani. (A.L.)
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24 marzo 2003
- A cura di Giancarlo La Vella-
L'esercito americano ha liberato 19 prigionieri afghani,
accusati di terrorismo, dalla base statunitense di Guantanamo e li ha
rimpatriati in Afghanistan. Lo hanno annunciato fonti ufficiali afghane.
Quest’episodio non cancella le critiche nel panorama internazionale agli Stati
Uniti che non applicano a queste persone lo status di “prigioniero di guerra”,
secondo la Convenzione di Ginevra. Alla vigilia dell’apertura dei lavori della
Commissione dei diritti umani, una decina di giorni fa a Ginevra, l’Alto
Commissario per i diritti umani dell’Onu, Sergio Vieira de Mello, ha ribadito
con forza le critiche a Washington. Sentiamolo in un brano dell’intervista
rilasciata al collega della redazione francese Bernard Decottignies:
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R. – JE N’ACCEPTE PAS L’ARGUMENT D’UN TROU NOIR
JURIDICTIONEL A ...
Non accetto l’argomento di un ‘buco nero’ giuridico per
quanto riguarda Guantamano. Quando si controlla un territorio, quando si
dispone di una forza militare su quel territorio, quando si è costruito un
centro di detenzione in quel territorio, quando su quel territorio sono
detenuti 650 – o non so più quanti – individui, non si può più affermare che la
legge del Paese che controlla quel territorio non si applichi a quel territorio
stesso. Questo non lo posso accettare. Mi si potranno fornire tutte le arguzie
giuridiche, ma questo argomento non lo accetto. Sarebbe molto più coraggioso
dire che accettiamo che la giurisdizione dei nostri tribunali sia estesa a
questo territorio ed affrontare il problema. Questo è quello che ci si aspetta
da una vera democrazia. L’ho detto tantissime volte, e continuo a ripeterlo
ancora oggi: gli Stati Uniti devono essere d’esempio. Come è possibile
concepire che esistono territori sul pianeta sui quali non si applica nessuna
legge? Non riesco a comprenderlo: nel 2003, per me è inconcepibile!
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Il Cremlino ha oggi dichiarato con soddisfazione i
risultati del referendum costituzionale svoltosi ieri in Cecenia che ha
superato - si è detto - tutte le più ottimistiche previsioni. Con il 51,9 per
cento dei voti scrutinati - ha annunciato la commissione elettorale - oltre il
95 per cento dei ceceni ha detto “si” alla nuova costituzione e a prossime
elezioni presidenziali e legislative, accettando di fatto una rinuncia
all'indipendenza in cambio di una vasta autonomia. Non hanno accettato il
risultato elettorale i ribelli che combattono invece per la creazione di uno
Stato separato da Mosca.
E' durata solo due giorni la paura di un nuovo gelo tra le
due Coree, a causa della guerra contro l'Iraq, con possibili pesanti
ripercussioni sulla crisi nucleare, dopo il rinvio a tempo indeterminato dei
negoziati economici intercoreani deciso unilateralmente sabato scorso da
Pyongyang. Oggi delegati sudcoreani hanno varcato la linea di delimitazione
lungo il 38° parallelo per recarsi al Nord, per discutere i lavori di
allacciamento di una ferrovia transcoreana ormai alle battute finali. “Quello
di sabato scorso è stato solo un congelamento parziale e temporaneo del dialogo
- ha sottolineato Pyongyang - dovuto in parte ad un malinteso. Non c’è nessuna
volontà da parte del Nord di interrompere il dialogo e la cooperazione con il
Sud. E' troppo importante mantenere buoni rapporti tra le due Coree in un
momento così drammatico, segnato dalla guerra in Iraq e dalla crisi
nucleare'', hanno detto ancora fonti
vicine alla Corea del Nord in Giappone.
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