RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 83 - Testo della Trasmissione lunedì 24 marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Seguire l’esempio dei nuovi beati per immettere una nuova speranza nell’umanità: così il Papa ai pellegrini convenuti a Roma per le beatificazioni di ieri e ricevuti nell’Aula “Paolo VI”.

 

L’impegno per l’unità dei cristiani e una rinnovata invocazione di pace, nel saluto di Giovanni Paolo II ad una delegazione della Chiesa evangelica luterana d’America.

 

Il cordoglio del Santo Padre per la morte del cardinale Hans Hermann Groёr, arcivescovo emerito di Vienna.

 

Riunita da oggi in Vaticano la Plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

I drammatici sviluppi della guerra in Iraq, tragedia dell’umanità: con noi, il cardinale Carlo Maria Martini, il prof. Enrico Menduni, il nunzio apostolico a Baghdad mons. Fernando Filoni, il giornalista Vittorio Zucconi e il prof. Vittorio Parsi.

 

La Chiesa celebra oggi la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri: ai nostri microfoni, suor Teresa Bergamo e padre Romeo Ballan.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le famiglie cristiane di Gerico in difficoltà per la crisi economica, “adottate” da famiglie italiane della diocesi di Fiesole

 

1 miliardo e 700 milioni di persone minacciate dalla desertificazione. Appello lanciato ieri dalla Wmo, che ha diffuso una serie di statistiche in occasione della Giornata meteorologica mondiale.

 

Giovani all’opera a Madrid per “preparare la via” alla visita del Papa prevista agli inizi di maggio.

 

Iniziato ieri a Roma il simposio “Spiritualità comboniana al femminile”. Le missionarie riflettono sulla spiritualità della donna vissuta secondo il carisma del beato Daniele Comboni.

 

Il dramma della guerra ha dominato a Los Angeles la 75.ma edizione della Notte degli Oscar.

 

24 ORE NEL MONDO:

Liberati a Guantanamo dalle autorità statunitensi 19 prigionieri afghani.

 

Nel referendum svoltosi in Cecenia, vittoria linea autonomista contro quella indipendentista; soddisfazione di Mosca.

 

Ripreso il dialogo tra le due Coree, dopo l’annunciata interruzione dei negoziati di pace da parte di Pyongyang.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 marzo 2003

 

 

SEGUIRE L’ESEMPIO DEI BEATI PROCLAMATI IERI

PER IMMETTERE UNA NUOVA SPERANZA NELL’UMANITÀ:

COSI’ IL PAPA QUESTA MATTINA AI PELLEGRINI RICEVUTO NELL’AULA PAOLO VI

- A cura di Carla Cotignoli -

 

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Il Papa ha richiamato l’attualità della  testimonianza e dei carismi dei nuovi beati ed ha invitato e seguirne l’esempio per immettere “una nuova speranza nell’umanità”. E’ questo in estrema sintesi il messaggio affidato alle migliaia di pellegrini ricevuti questa mattina in udienza nell’Aula Paolo VI e giunti dalla Francia, Spagna, Svizzera, Germania, Ungheria in occasione della solenne beatificazione di ieri in Piazza San Pietro.

 

Il Santo Padre ha avuto parole di speranza anche richiamando il tema della famiglia:

 

Y SEA GAUDIUM ET SPES, GOZO Y ESPERANZA DE LA HUMANIDAD ...

Che la famiglia sia ‘gaudium et spes’, gioia e speranza dell’umanità, scuola di trasmissione dei genuini valori umani e luogo di accoglienza della vita”.

 

E’ l’auspicio che il Papa ha rinnovato oggi, con lo sguardo proiettato alla prossima giornata mondiale della famiglia che si terrà a Valencia nel 2006. Questa mattina infatti, il Papa ha consegnato  all’arcivescovo di Valencia, città della beata  Juana Maria Condes Lluch, fondatrice di un’opera dedita al riscatto umano e spirituale delle operaie,  l’icona della Sacra Famiglia, simbolo degli incontri mondiali. “Che la consegna di questa immagine, in questi anni di preparazione – ha augurato  - vi sia di ispirazione nel continuare l’opera in difesa e promozione della famiglia, tanto necessaria nel presente”.

 

 Ma ritorniamo ai nuovi beati.  Nel suo discorso ai pellegrini, Giovanni Paolo II ha messo in risalto i frutti di profonda trasformazione spirituale e sociale suscitati dai 5 nuovi beati: il francese Pierre Bonhomme,  Maria Dolores Rodriguew Sopena, Juana Maria Condesa Lluch, spagnole, la svizzera  Maria Caridad Brader, vissuti tutti tra il 1800 e la prima metà del 1900 che hanno dato vita a nuove famiglie religiose dedite  ad anziani, a bambini abbandonati e handicappati, alle operaie nel difficile tempo della rivoluzione industriale. Mentre ai malati più poveri è stata consacrata la vita del laico ungherese, Laszlo Batthyany Strattmann, padre di 9 figli.

 

Il Papa ha implorato l’intercessione dei nuovi beati, “perché ci accompagnino nel quotidiano itinerario della vita cristiana”. 

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“POSSA QUESTA VISITA CONFERMARE IL VOSTRO IMPEGNO

ALLA CAUSA DI UNITÀ DEI CRISTIANI”. E’ QUESTO L’AUSPICIO ESPRESSO STAMANE

DAL PAPA NEL DISCORSO RIVOLTO

AD UNA DELEGAZIONE DEGLI EVANGELICI LUTERANI D’AMERICA

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

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La voce del Papa è tornata a levarsi in favore della pace nel discorso indirizzato stamane ad un gruppo di 25 rappresentanti della Chiesa evangelica luterana d’America. Giovanni Paolo II ha rivolto il proprio benvenuto alla delegazione che sta compiendo un viaggio ecumenico attraverso le città di Istanbul, Roma e Canterbury. Il Pontefice ha colto l’occasione per esprimere i propri auguri al vescovo Mark Hansen, appena eletto presidente della Chiesa evangelica luterana d’America e vice presidente della Federazione luterana mondiale.

 

“Possa questa visita – ha affermato il Papa – confermare il vostro impegno alla causa di unità dei cristiani. La ricerca di una piena comunione tra tutti i cristiani è un dovere che deriva dalla preghiera del Signore”.

 

Il Pontefice ha poi ricordato come il comune cammino di luterani e cattolici abbia condotto  alla Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione sottoscritta nel 1999. Il documento costituisce una sfida ad edificare, su ciò che è stato già raggiunto, la promozione di “una spiritualità di comunione caratterizzata dalla preghiera e dalla comune testimonianza del Vangelo”.

 

Il Papa  ha poi accennato alla ore drammatiche che il mondo sta vivendo in questi giorni.

 

IN A WORLD SITUATION FILLED WITH DANGER AND INSECURITY, ...

“In un mondo in cui la situazione è caratterizzata da un generalizzato stato di pericolo e di  insicurezza, tutti i cristiani sono chiamati ad unirsi per proclamare i valori del Regno di Dio. Gli eventi di questi giorni richiedono un impegno ancora più urgente”.

 

Il Papa ha infine detto di unirsi nella preghiera perché “Dio onnipotente conceda al mondo quella pace che è frutto di giustizia e solidarietà”.

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LA MORTE DEL CARDINALE HANS HERMAN GROËR, ARCIVESCOVO EMERITO DI VIENNA.

IL CORDOGLIO E LA PREGHIERA DEL PAPA PER IL PORPORATO SCOMPARSO

- A cura di Paolo Salvo e Gloria Fontana -

 

E’ giunta notizia stamani della morte del cardinale Hans Hermann Groër, arcivescovo emerito di Vienna. Come si è appreso dalla capitale austriaca, il porporato, che aveva 83 anni, è deceduto questa notte a causa di una polmonite nell’ospedale di Sankt Pölten, circa 60 chilometri ad Ovest di Vienna, dove era ricoverato per un male incurabile.

 

Giovanni Paolo II ha espresso il suo cordoglio in un messaggio indirizzato all’attuale arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schönborn. “Con tristezza – scrive il Santo Padre – ho appreso la notizia della dipartita del Suo predecessore nel ministero di arcivescovo di Vienna, cardinale Hans Hermann Groër. Con grande amore a Cristo e alla sua Chiesa, egli aveva guidato, in fedeltà al Successore di Pietro, l’arcidiocesi di Vienna dal 1986 al 1995 con il motto: ‘In verbo autem tuo’; per alcuni anni aveva anche guidato la Conferenza episcopale austriaca. Negli ultimi anni, che aveva trascorso in ritiro, era stato segnato dalla malattia. Nell’assicurarla della mia partecipazione alla memoria che l’arcidiocesi di Vienna riserva al suo pastore di un tempo, lo raccomando al Signore, al quale egli aveva dedicato la sua vita, nella speranza che il Signore gli riservi la ricompensa che Egli stesso assicura ai suoi servitori fedeli. Con l’intercessione di Maria, Madre dei Sacerdoti, imparto a tutti coloro che sono colpiti dalla morte del  defunto, la mia benedizione apostolica come pegno della ricca consolazione divina”.

 

Nato a Vienna nel 1919 e ordinato sacerdote nel 1942, apparteneva all’Ordine dei Benedettini Confederati. Eletto arcivescovo di Vienna nel 1986 e creato cardinale da Giovanni Paolo II nel Concistoro del 28 giugno 1988, mantenne la guida pastorale di quella sede fino al 14 settembre 1995, quando le accuse di presunte molestie sessuali nei confronti di studenti minorenni di una scuola cattolica negli anni Settanta, accuse da lui pubblicamente respinte, lo costrinsero a rassegnare le dimissioni. Da allora visse ritirato in un monastero benedettino.

 

“Al di là delle ombre, nel momento dell’addio vanno ricordati i meriti del sacerdote e del vescovo”, ha dichiarato oggi l’attuale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, nell’esprimere le sue condoglianze per la morte del suo predecessore e per il quale terrà una commemorazione ufficiale il 4 aprile prossimo nella cattedrale di Santo Stefano.

 

Con la morte del cardinale Groër, il Collegio Cardinalizio risulta composto da 170 porporati, dei quali 112 elettori e 58 non elettori.

 

 

LE SFIDE ALL’EVANGELIZZAZIONE NEL CONTINENTE LATINOAMERICANO

ALL’ESAME DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE

PER L’AMERICA LATINA CHE HA APERTO QUESTA MATTINA I SUOI LAVORI

NELLA SALA BOLOGNA DEL PALAZZO APOSTOLICO IN VATICANO

- A cura di Giovanni Peduto -

 

Da questa mattina fino a giovedì prossimo si tiene in Vaticano, nella Sala Bologna del Palazzo apostolico, l’assemblea plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina. La riflessione è iniziata con la presentazione da parte dell'arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, degli "Orientamenti del Santo Padre nei discorsi ai Vescovi latinoamericani durante la visita "ad Limina" 2001-2003"; successive relazioni verteranno sulle sfide della nuova evangelizzazione in America Latina nel contesto della globalizzazione mondiale (mons. Jorge Jiménez, presidente del Celam) e sul problema delle sette nella medesima realtà geografica (mons. Héctor Aguer, arcivescovo di la Plata). Le tematiche menzionate saranno oggetto di ulteriore approfondimento in una tavola rotonda e in altri momenti di dialogo e confronto. Prima dell'inizio dei lavori i membri della Plenaria hanno partecipato alla concelebrazione eucaristica di apertura presieduta nelle Grotte vaticana dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

“Il dolore, l’affetto, la compassione, l’implorazione del Papa” è il titolo che, a tutta pagina, apre il giornale: Giovanni Paolo II proclama cinque nuovi Beati ed indica al mondo, lacerato e sconvolto dalla guerra, la forza della santità e della preghiera.

 

Nelle vaticane, “Mi unisco a voi nel pregare Dio Onnipotente affinché conceda al mondo quella pace che è frutto della giustizia e della solidarietà” è il titolo del discorso del Papa ad una Delegazione della “Evangelical Lutheran Church in America”. 

La dettagliata biografia del cardinale Hans Hermann Groër, morto stamane in Austria.

Una dichiarazione dei vescovi del Burundi sull'attuale situazione nel Paese.

Una pagina dedicata alla solennità dell'Annunciazione del Signore.

Le preghiere per la pace nelle diocesi italiane.

 

Nelle pagine estere, si sottolinea quanto segue: “Le brutali immagini delle vittime e dei prigionieri di guerra mostrati come trofei”.

Un’ostentazione che offende la dignità dell'uomo.

Milioni di persone nelle piazze di tutto il mondo per ribadire il desiderio di pace tra i popoli; sempre più diffuse le manifestazioni contro la guerra anche nei Paesi belligeranti.

Si è concluso a Kyoto il Forum mondiale sull'acqua, dove è stato ribadito che è in gioco lo sopravvivenza stessa del pianeta.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Armando Rigobello dal titolo: “Una filosofia che si arresta alle soglie dell'ontologia ma fissa lo sguardo oltre il confine”: un bilancio del pensiero di Paul Ricoeur.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica con riferimento alla crisi irachena: l’espulsione di quattro diplomatici dell'Iraq.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 marzo 2003

 

 

LE IMMAGINI DI MORTE E DISTRUZIONE CHE ARRIVANO DALLA GUERRA

IN IRAQ DEVONO RAFFORZARE IL NOSTRO IMPEGNO CONCRETO PER LA PACE,

MENTRE CI SI INTERROGA SUL RUOLO DEI MEDIA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

La guerra giusta, inevitabile, facile, rapida, intelligente, chirurgica, terapeutica, di liberazione. Parole al vento che soffiano sugli orrori di una guerra che come tutte le guerre porta con sé morte, dolore, sofferenze, distruzioni, ferite materiali e morali, queste spesso insanabili anche alle cure del tempo. E ieri il primo shock di chi questa guerra l’ha propugnata, di fronte alle immagini di soldati americani uccisi, poveri corpi offesi, vite stroncate in un attimo, e mostrati come trofeo, e quelle dei primi soldati americani prigionieri, monito per un conflitto che al contrario di quanto propagandato potrà essere più lungo e con perdite umane superiori al previsto su ambo i fronti. Ma certo chi questa guerra l’ha osteggiata in ogni modo non vede differenza nella pietà per le vittime se queste hanno una divisa o l’altra e piange i civili inermi, bambini in primo luogo, sotto il fuoco ed il rombo pauroso delle armi.

 

Ascoltiamo la riflessione che stamane ci giunge dal cardinale Carlo Maria Martini, che sta vivendo questa drammatica pagina della nostra storia da un osservatorio particolare, Gerusalemme, dove il collega Giovanni Peduto lo ha raggiunto telefonicamente:

 

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R.- Purtroppo il Papa ci aveva ammonito ampiamente nei mesi e nelle settimane scorse sui disastri di una guerra e adesso stiamo assistendo giorno per giorno a ciò che si poteva prevedere, cioè disastri, morti, feriti, prigionieri, bombardamenti, città a fuoco. Cose spaventose. Ci accorgiamo di essere di fronte a qualcosa che nega tutto ciò che l’umanità deve e vuole essere. Questo, per i cristiani, è quindi un momento di intensificazione della preghiera, perché il Signore conceda il dono della pace. Non basta, infatti, essere contro la guerra - tutti sono contro la guerra – però bisogna essere contro la guerra così da voler quella pace che compia quei sacrifici, faccia quei gesti di buona volontà da parte di tutti, che purtroppo non ci sono stati. Bisogna che la pace comporti dei sacrifici e delle rinunce, delle capacità di venire incontro all’altro, delle capacità di mostrare le cose come stanno fino in fondo. Dobbiamo operare per una pace che sia sincera e coerente, onesta. Per questo opereranno certamente gli uomini politici, ma ciascuno di noi è chiamato ad operare dentro di sé quella onestà, quella coerenza, che unitamente insieme a quella di tanti altri, può preludere ad una pace, perché la pace è sempre possibile e speriamo che possa essere anche vicina.

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E in attesa di una pace sempre possibile siamo purtroppo immersi in una guerra che i media, 24 ore su 24, trasmettono e interpretano, attraverso immagini, cronache e commenti. E si discute sugli effetti di una copertura mediatica, che fa anche spettacolo, che a volte è di parte, che può distorcere la realtà, che perfino può abituarci alla guerra quotidiana o renderci indifferenti, quasi per autodifesa di fronte alla tragicità di eventi che ci travalicano. Così il mondo dell’informazione si interroga dopo le polemiche sui filmati dei soldati americani trasmessi dalla Tv irachena e rilanciati dall’emittente araba Al Jazeera e che invece il capo del Pentagono Donald Rumsfeld ha chiesto ai media americani di non mostrare. Ma Internet ed i canali satellitari sono pur sempre accessibili a tutti. Di questo problema, che resta aperto, Fausta Speranza ha parlato con il prof. Enrico Menduni, docente del linguaggio radiotelevisivo all’Università di Bologna:

 

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R. – Una delle conseguenze della logica delle armi è poi questa: che è un po’ difficile bloccare le immagini-shock, sia da parte delle televisioni del nemico ma anche dalle proprie, perché il giornalista può sempre – diciamo – ‘esibire’ il prevalente interesse pubblico di sapere come stanno le cose. Questa tendenza ad usare i prigionieri, farli vedere, mandare al nemico liste dei morti, dei feriti a scopo propagandistico, esiste già dalla prima guerra mondiale, prima ancora dell’esistenza della radio, con la radiotelegrafia; e credo che gli appelli di Rumsfeld non andranno molto in là, non otterranno grande risultato. Una certa pudicizia sarebbe sempre necessaria, soprattutto quando si mostra la figura umana, la figura umana nei momenti del pericolo, del dolore ... Detto questo, però, se l’altra alternativa è quella di avere i comunicati dei governi, le immagini gloriose dei tank nel deserto, bè, allora viva anche lo ‘scandalo’, quando è portatore di dubbio.

 

D. – Al di là di questo episodio, Al Jazeera, la televisione araba, ha rimesso in gioco qualcosa? Cioè, non è solo un punto di vista in più tra le tv, ma sembra un altro ago della bilancia per l’informazione occidentale ...

 

R. – Il problema della informazione occidentale è la sua unilateralità, e gran parte delle notizie provengono dagli inviati che sono al seguito degli Eserciti vincitori, ma non hanno certo la libertà di movimento, e commettono – a mio parere – delle imprudenze, cioè di non rendersi conto non solo che nulla di quello che si vede è la realtà, ma al massimo un suo frammento, mediato dalla diversità culturale, dalla diversità linguistica, religiosa e anche dalla propaganda. Ma poi spesso i media cadono nelle trappole di notiziare quello che non è: pensiamo ai titoli su Bassora: “Presa Bassora”, “Conquistata Bassora”, poi si è scoperto che non era assolutamente vero niente. Perché? Per fare un titolo. Perché è nella logica dei media. “Baghdad è a poche decine di miglia”: perché? Perché la logica dei media li trascina!

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NEL QUINTO GIORNO DI GUERRA NEL GOLFO, SADDAM HUSSEIN TORNA

A PARLARE IN TELEVISIONE E ANNUNCIA CHE LA VITTORIA E’ VICINA.

CONTINUANO I BOMBARDAMENTI SU BAGHDAD,

MENTRE A BASSORA E’ GUERRIGLIA URBANA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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(Voce Saddam Hussein)

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Sarà “una guerra lunga e pesante”, ma “la vittoria è vicina”: Saddam Hussein si è rivolto stamani al popolo dell’Iraq in un discorso televisivo nel quale ha lodato la resistenza delle truppe irachene, aggiungendo che gli anglo-americani stanno subendo delle pesanti perdite. Immediatamente dopo il discorso del raìs, Baghdad è stata nuovamente bombardata. Secondo alcuni abitanti della capitale irachena - citati dall’agenzia France Presse - il raid avrebbe provocato la morte di cinque civili. In una conferenza stampa, il ministro dell'Informazione iracheno, Saeed Al Sahaf, ha inoltre fornito un bilancio delle vittime dei bombardamenti nelle ultime 24 ore: 62 persone – ha detto – sono morte e oltre 500 rimaste ferite in varie città dell'Iraq. Sul fronte meridionale del conflitto, a Bassora, l’emittente britannica Bbc riferisce che in queste ore le forze della coalizione sono impegnate a contrastare forme di guerriglia urbana, anche se per il ministro della Difesa britannico, Hoon, il sud dell'Iraq è ora sotto il generale controllo delle forze alleate. Intanto, la televisione araba Al Jazira ha mostrato stamani le immagini di un elicottero abbattuto e circondato dagli iracheni, mentre il comando centrale americano in Qatar ha ammesso che un elicottero d’attacco Apache risulta disperso. Notizie, quelle di stamani, che confermano le difficoltà delle operazioni militari per gli alleati in marcia verso Baghdad e che seguono una giornata durissima per le truppe anglo-americane, come ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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E’ stato il giorno più duro di combattimenti dall’inizio della guerra: così il comando americano ha definito le resistenze incontrate dall’offensiva di terra nelle zone di Nassariya, Najaf ma anche nel Sud che sembrava già conquistato. Ieri però l’attenzione è stata attirata soprattutto dalla vicenda dei prigionieri americani catturati e mostrati dalla televisione irachena e poi da quella araba, Al Jazira. Il Pentagono ha ammesso che 12 soldati sono dispersi proprio nella zona di Nassariya. Le televisioni arabe, ma non quelle americane, hanno trasmesso le immagini di alcuni militari morti e altri catturati, che rispondevano impauriti alle domande degli iracheni. Il capo del Pentagono, Rumsfeld, ha detto che quelle immagini rappresentano una violazione della Convenzione di Ginevra mentre il presidente Bush ha dichiarato che si aspetta un trattamento umano avvertendo che chi non garantirà la sicurezza dei prigionieri verrà considerato un criminale di guerra.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Proprio stamani, il governo di Baghdad ha dichiarato che i prigionieri nemici saranno trattati secondo la convenzione di Ginevra. Poco prima, anche il presidente russo Putin - come ieri la Casa Bianca - aveva invitato Saddam Hussein a “rispettare le convenzioni internazionali sulla detenzione dei prigionieri di guerra”. Il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa, Kellenberger, dal canto suo, ha auspicato di poter rapidamente visitare i prigionieri di guerra in Iraq. Ma come sta reagendo il popolo americano alle prime gravi perdite della Seconda Guerra del Golfo? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Vittorio Zucconi, corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano La Repubblica:

 

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Reagisce con i sentimenti che si vorrebbero infliggere agli iracheni, in questo momento, cioè con shock e con angoscia. L’illusione della ‘passeggiata nel deserto’, della ‘scampagnata sui mezzi corazzati’ di un paio di giorni verso la Baghdad liberata, si è rivelata un’illusione. Le immagini di quei prigionieri e le immagini di quei morti, tra l’altro, che il segretario della Difesa ha pregato tutte le catene televisive americane di non far vedere, riportano gli americani all’altra faccia della guerra, che non è teleguerra, fatta dall’alto, con armi di precisioni, con cose che colpiscono tutto perfettamente, senza mai uccidere nessuno, ma anche di morte, di dolore e di umiliazione. Quindi, è l’altra faccia della guerra che l’America contempla con raccapriccio e con angoscia.

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Poco fa, l’agenzia ufficiale siriana Sana, ha riferito che il ministero degli Esteri siriano ha convocato oggi gli ambasciatori di Stati Uniti e Gran Bretagna per consegnare una protesta ufficiale dopo l'uccisione di cinque cittadini siriani in un attacco aereo in Iraq contro un autobus diretto in Siria. Intanto, proseguono anche in queste ore, i bombardamenti sulle principali città irachene. A Mosul e Kirkuk nel nord; a Bassora nel sud. Ma è la capitale a subire gli attacchi missilistici più violenti. Per una testimonianza su come la popolazione di Baghdad sta vivendo queste giornate di guerra, ascoltiamo il nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni, raggiunto telefonicamente da Roberto Piermarini:

 

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R. – Ieri, ho visitato alcune parrocchie, soprattutto parrocchie caldee che si trovano ad est; ho trovato i parroci: stanno bene. Il flusso dei fedeli era abbastanza consistente, ma certamente non come le altre domeniche, perché molti cristiani sono andati via. Ho manifestato loro la solidarietà del Papa, assicurando la preghiera, e loro stessi, i parroci, mi hanno pregato: ‘Non solo noi diremo questo ai nostri fedeli nelle Messe di oggi’, ma mi hanno anche incaricato, mi hanno pregato di ringraziare il Santo Padre per questa solidarietà nella situazione che si vive oggi in Iraq.

 

D. – Come riuscite ad avere le notizie lì, a Baghdad, sul fronte di guerra?

 

R. – Noi le attingiamo sostanzialmente attraverso i canali radiotelevisivi internazionali, poi a volte nei contatti che abbiamo con i nostri vescovi i quali ci dicono un po’ la situazione delle loro Chiese, e da questo deduciamo un po’ che tipo di situazione si è creata. Ieri l’arcivescovo di Bassora mi diceva che lì, al centro, dove c’è la cattedrale non hanno avuto problemi e al centro non ci sono state grandi preoccupazioni. Delle altre diocesi per il momento non vi sono notizie il che significa che, tutto sommato, ancora la situazione è accettabile.

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Sul fronte diplomatico si riunisce oggi al Cairo la Lega Araba convocata per valutare eventuali richieste di riunioni urgenti del Consiglio di Sicurezza per misure che fermino subito la guerra. Cresce, intanto, la tensione tra Mosca e Washington. Ieri, la Russia aveva domandato con la Cina la fine immediata delle operazioni militari, oggi il viceministro degli Esteri russo, Fedotov, ha affermato che i Paesi della coalizione militare anti irachena hanno aggirato le Nazioni Unite “in violazione delle norme del diritto internazionale”. Il dipartimento di Stato americano ha, invece, reso noto l’invio di proteste ufficiali indirizzate al Cremlino per la vendita all'Iraq da parte di aziende russe di missili anticarro e tecnologie per contrastare la guerra elettronica. Accuse peraltro smentite dalle aziende chiamate in causa e dallo stesso governo russo. L’evoluzione del conflitto non potrà non avere dei risvolti sulle relazioni tra gli Stati Uniti e i Paesi contrari all’attacco all’Iraq. Ne è convinto il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano ed editorialista di Avvenire:

 

 

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R. – La campagna sta andando in maniera non negativa, in realtà, da un punto di vista strettamente militare, però sicuramente è più complessa di quanto alcuni pensassero. Questo avrà degli effetti di aumentare il livello dello scontro, diciamo del rancore politico tra i Paesi, tipo Francia, Germania e Stati Uniti, perché è chiaro che quando incominciano ad esserci i morti questo dissidio diventa più difficile da portare a termini più cauti. E’ chiaro che se gli americani riescono a trovare depositi di armi chimiche, il quadro cambia non poco, nel senso che allora si dimostra che Saddam sta mentendo. Dopo di che, però, non bisogna nascondersi che resta l’elemento forte di dissidio, e che l’elemento di dissidio era: la guerra è uno strumento appropriato? La guerra era veramente l’ultima risorsa? Questo non verrebbe completamente sanato neanche se si trovassero depositi di armi chimiche.

 

D. – La Nazioni Unite possono comunque riconquistare un ruolo in questa crisi?

 

R. – Forse sì, perché in qualche modo il Paese andrà gestito nel dopo-Saddam. Direi che è ora sicuramente di riaprire una discussione aperta sul ruolo delle Nazioni Unite: le Nazioni Unite si sono dimostrate un’importantissima istituzione nel passato. Se vogliono continuare ad essere un’istituzione altrettanto importante per il futuro, forse dovremmo chiederci: sono la istituzione più adeguata per risolvere i problemi della sicurezza collettiva del XXI secolo?

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LA GIORNATA DEI MISSIONARI MARTIRI,

TESTIMONI DI VITE DONATE PER GLI ALTRI

- Con noi suor Teresa Bergamo e padre Romeo Ballan - 

 

Si celebra oggi l’11.ma Giornata di preghiera e di digiuno per i missionari martiri. L’iniziativa è del Movimento giovanile delle Pontificie Opere Missionarie che quest’anno ha scelto per tema: “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. Nell’anno 2002 hanno dato la vita per il Vangelo 25 tra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. 13 di essi sono stati uccisi in America, 10 in Africa, 1 in Oceania e 1 in Asia. Ed è di venerdì scorso la notizia dell’uccisione di un sacerdote focolarino, don Nelson Gomez, particolarmente dedito ai malati di Aids, nella sua parrocchia, in circostanze non ancora chiare, avvenuta ad Armenia in Colombia.

 

Obiettivo della Giornata è fare memoria di questi testimoni dei nostri giorni e il suggerimento è quello di accompagnare la  preghiera con un gesto di solidarietà destinato a lenire le sofferenze delle popolazioni dell’Etiopia attraverso la costruzione di alcuni pozzi. La Giornata cade nell’anniversario dell’uccisione di mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, morto il 24 marzo 1980. Adriana Masotti ha raccolto la testimonianza di due missionari italiani: suor Teresa Bergamo, delle Ancelle missionarie del Sacro Cuore, per 11 anni in Colombia, e padre Romeo Ballan, comboniano, per 40 anni in Perú e Congo. Per prima ascoltiamo suor Teresa, che ci dice che cosa significa per lei essere missionaria.

 

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R. – Andare incontro alla gente, portare quel messaggio di Cristo che è amore ed è incontro tra fratello e fratello, partecipare con lui a quanto sta vivendo, alla povertà che ha, e aiutarlo a crescere.

 

D. – Il posto in cui lei è andata non doveva essere molto facile, almeno dal punto di vista sociale. Vuole descrivercelo?

 

R. – Io vivevo a 200 km da Bogotà. Era tutta gente campesina che coltivava caffè. Circa sei anni fa il prezzo del caffè è sceso, non c’è stato commercio e la guerriglia piano piano ha preso in mano la situazione. Quindi, abbiamo dovuto portare Cristo tra la gente, in mezzo ai guerriglieri, senza dover pestare i piedi, anche se qualche volta si pestavano e dovevamo litigare, perché ci lasciassero passare e andare.

 

D. – Quali esigenze spirituali avevano le persone che incontrava?

 

R. – Quando sono arrivata là, il sacerdote non c’era. C’era molta gente battezzata, ma c’era molta ignoranza su quello che è la religione,  vivere i sacramenti.

 

D. – Ci vuol raccontare qualche episodio in particolare?

 

R. – Nel ’97 c’è stato un attacco da parte dei guerriglieri. Io non mi ero accorta che c’era un combattimento in atto, quando vedo un bambino che arriva correndo, gridando: “Nos matan, nos matan!”, ci ammazzano, ci ammazzano! Ed io non sapevo cosa fare. Sentivo le pallottole che volavano. C’era un buco, un piccolo tombino, e non so come sono riuscita ad entrare insieme al bambino. Il bambino gridava e mi teneva stretta ed io gli dicevo: “Tranquillo, che non ci ammazza nessuno”. Ad un certo punto sento dire: “C’è qualcuno là sotto?”. Era un soldato. Noi siamo venuti fuori. E lui ha detto: “Lei è una che non ha paura di niente, suora italiana, vivendo in queste zone?”. Ed io ho risposto: “Io amo questa terra e non me ne andrei mai”.

 

D. – Padre Romeo, lei è stato missionario in Congo e in Perù, ma che cos’è per lei essere missionario?

 

R. – Questa è una scoperta che uno fa a tappe nella vita. Una volta era solo un desiderio di andare per aiutare, per essere utile agli altri. Adesso diventa sempre più la necessità di parlare agli altri, attraverso la testimonianza della vita, attraverso la preghiera. In questo tempo, per esempio, l’idea che mi accompagna è quella di annunciare un Gesù che io contemplo. Dalla contemplazione e dalla preghiera capisco che devo annunciarlo agli altri, perché se è una bella notizia per me, lo è anche per gli altri.

 

D. – Lei ha potuto essere missionario nel senso pieno, ci racconta qualcosa?

 

R. – Certamente. Arrivare a parlare alle persone, aiutarle a capire che in Gesù Cristo si può trovare la novità della vita, non solo per la vita eterna, ma anche per la vita attuale, per vivere una vita più giusta, più fraterna, più solidale. E questo l’ho visto anche nel caso di nostri confratelli. Potrei citare per esempio i quattro comboniani che sono stati uccisi in Congo nel 1964. Avevano la possibilità di scappare, di partire, hanno detto: “No, noi vogliamo restare vicino alla gente”. I missionari si erano rifugiati nel bosco insieme alla gente. Ma quando erano nascosti nel bosco hanno sentito dei messaggi da parte dei ribelli che dicevano: “O escono i missionari, oppure uccidiamo la poca gente rimasta nel villaggio”. Il superiore della missione ha detto: “Fratelli, noi dobbiamo andare”. Sono usciti e sono stati uccisi. Io credo a questa presenza che diventa comunicazione e condivisione di vita. E questo l’ho vissuto anche in Perù.

 

D. – Che cosa si è portato via da queste sue esperienze?

 

R. – Credo veramente che Gesù sia qualcuno per il quale valga la pena vivere e dare la vita, come lui l’ha data.

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CHIESA E SOCIETA’

24 marzo 2003

 

 

LE FAMIGLIE CRISTIANE DI GERICO, CITTA’ COLPITA DALLA CRISI ECONOMICA,

RICEVERANNO OGNI MESE DALLE FAMIGLIE ITALIANE 30 DOLLARI CIASCUNA.

IN QUESTO MODO I CRISTIANI DELLA CITTA’ PALESTINESE

POTRANNO CONTINUARE A VIVERE IN TERRA SANTA

 

GERICO. = Il momento di grande difficoltà attraversato dai cristiani che vivono in Terra Santa chiama i loro fratelli nella fede a manifestare la loro vicinanza e solidarietà. Le 98 famiglie cristiane di Gerico, città che vive attualmente una grave crisi economica, potranno continuare a vivervi grazie all’aiuto di altrettante famiglie di San Giovanni Valdarno, nella diocesi di Fiesole. L’iniziativa è nata durante la visita a Gerico del vescovo di Montepulciano, mons. Rodolfo Cetoloni, e del direttore dell’Ufficio degli affari sociali della Conferenza episcopale italiana, Paolo Tarchi. Le famiglie di San Giovanni Valdarno hanno subito accettato di collaborare al progetto. Ognuna di esse ha “adottato” una famiglia di Gerico alla quale donerà ogni mese circa 30 dollari: in questo modo si eviterà che la presenza cristiana da una delle città più antiche del mondo sparisca. Gerico dista da Gerusalemme 27 chilometri e per raggiungerla è necessario passare i controlli dello Tzahal (l’esercito israeliano). La crisi tra Israele e Autorità nazionale palestinese ha inoltre paralizzato le attività economiche, con un grande danno per la popolazione. (M.A.)

 

 

1 MILIARDO E 700 MILIONI DI PERSONE MINACCIATE DALLA DESERTIFICAZIONE.

IN UN APPELLO LANCIATO IERI L’ORGANIZZAZIONE METEOROLOGICA MONDIALE INVITA LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

AD IMPEGNARSI PER STUDIARE IL CLIMA E LE SUE VARIAZIONI

 

GINEVRA. = Un nuovo appello in favore della tutela dell’ambiente è giunto ieri dall’Organizzazione meteorologica mondiale dell’Onu (Wmo) che ha diffuso una serie di statistiche in occasione della Giornata meteorologica mondiale. Il primo dato riguarda la siccità e la desertificazione. Oltre 1 miliardo e 700 milioni di persone che dipendono dalla terra per la maggior parte dei loro bisogni ne sarebbero minacciate. Anche l’aspetto economico però desta preoccupazione: negli ultimi 50 anni le catastrofi naturali legate al clima hanno causato circa mille miliardi di euro di perdite. Le previsioni future non sono migliori: si stima che a partire dal 2050 gli impatti del riscaldamento globale costeranno 300 miliardi di euro all’anno. Per questo il segretario generale della Wmo, Godwin Obasi, ha invitato la comunità internazionale ad un rinnovato impegno nello studio del clima e delle sue variazioni. “L’attuale ripetersi di inondazioni, cicloni tropicali, siccità ed altri eventi meteorologici - ha avvertito - potrebbe essere una visione di quello che ci aspetta nei prossimi anni. Il costo futuro della mancata azione supererà di gran lunga quello di un’azione preventiva”. Obasi ha dichiarato che è necessaria un’azione congiunta dell’Onu e degli Stati affinché siano applicate le decisioni del protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas nell’atmosfera. La Wmo, in quest’ottica, si propone tre obiettivi. Il primo è migliorare le rilevazioni meteorologiche. In proposito  segnala i progressi nelle osservazioni dai satelliti ambientali e meteorologici ma lamenta il deterioramento delle reti di osservazione nei Paesi in via di sviluppo a causa della mancanza di risorse. Un secondo obiettivo è ridurre l’incertezza delle previsioni climatiche a lungo termine. L’ultimo obiettivo è assicurare che i progressi fatti nella scienza climatica siano di beneficio a tutte le popolazioni e contribuiscano allo sviluppo sostenibile. “I cambiamenti climatici degli ultimi decenni - spiega Obasi - presentano delle sfide a molti aspetti delle nostre vite, inclusa la salute. Le minacce più immediate per l’umanità sono legate all’aumento di frequenza e intensità di cicloni, alle inondazioni, alla siccità, alle ondate di calore nelle grandi aree urbane e all’innalzamento del livello del mare”. Negli ultimi 10 anni il numero di disastri di origine meteorologica è cresciuto e le attuali previsioni indicano che, col crescere della temperatura del pianeta, le inondazioni e la siccità potrebbero essere più intensi e frequenti. (M.A.)

 

 

FERVONO I PREPARATIVI PER IL VIAGGIO DEL PAPA IL 3 E IL 4 MAGGIO IN SPAGNA.

VOLONTARI ANDRANNO NELLE STRADE CHE IL SANTO PADRE PERCORRERA’,

ANNUNCIANDO DI PORTA IN PORTA ALLE FAMIGLIE LA SUA VISITA

 

MADRID. = Proseguono in Spagna i preparativi per accogliere Giovanni Paolo II che si recherà a Madrid il 3 ed il 4 maggio. Nelle scorse settimane era stato l’episcopato a diffondere dei messaggi per invitare i fedeli a pregare e partecipare alla visita del Papa, ora è il turno dei giovani. Il cappellano della facoltà di Diritto dell’Università Complutense di Madrid, padre Javier Cremades, ha organizzato squadre di studenti volontari che percorreranno le strade nelle quali passerà il Papa, annunciando di porta in porta alle famiglie la visita. Gli studenti inoltre progettano di piazzare dei tavoli informativi nelle loro facoltà. “Ancora c’è gente che non sa che il Papa viene – dice padre Javier Cremades – o magari lo sa, però ignora la data”. Perciò il sacerdote è convinto della necessità di “preparare la via” alla venuta di Giovanni Paolo II. Padre Cremades ha organizzato anche un sito internet (www.conelpapa.com) nel quale ha raccolto testimonianze di intellettuali, sportivi, giornalisti che attendono la visita del Santo Padre. Nel sito si trova anche un appello agli emigrati affinché, nonostante le difficoltà che potrebbe causare la lingua, partecipino con gioia e con la preghiera alla visita. Nei giorni scorsi anche l’episcopato spagnolo ha istituito un sito internet nel quale trovare informazioni sulla visita: l’indirizzo è www.sereismistestigos.com. (M.A.)

 

 

INIZIATO IERI A ROMA IL SIMPOSIO “SPIRITUALITA’ COMBONIANA AL FEMMINILE”.

LE MISSIONARIE RIFLETTONO SULLA SPIRITUALITA’ DELLA DONNA VISSUTA

SECONDO IL CARISMA DEL BEATO DANIELE COMBONI

 

ROMA. = Nell’anno della canonizzazione del loro fondatore, il vescovo Daniele Comboni, le missionarie comboniane si ritrovano nella loro casa generalizia a Roma per il simposio dal titolo “Spiritualità comboniana al femminile”. L’incontro, al quale partecipano più di 50 missionarie di una decina di nazionalità, arrivate da quattro continenti, è iniziato ieri e si concluderà il 30 marzo prossimo. Daniele Comboni divenne nel 1877 il primo vescovo dell’Africa Centrale. Sin dai primi anni di sacerdozio consacrò la sua vita all’Africa adoperandosi per la sua evangelizzazione. Più volte si lanciò in pericolosi viaggi nel continente e nel 1872 fondò un istituto di suore esclusivamente consacrate alle missioni, le Suore Missionarie Comboniane. Nel ricordare lo slancio del fondatore per l’annuncio del Vangelo, la madre generale Adele Brambilla, durante il messaggio di apertura, si è ispirata all’icona delle donne ai piedi del Crocifisso. Come quelle donne soffrivano per amore a Cristo, così le missionarie sono chiamate oggi, attraverso la loro femminilità ed il loro carisma, a portare conforto nelle situazioni di sofferenza e dolore. Purtroppo a causa della guerra sono assenti le delegate del Medio Oriente e della Repubblica Centrafricana. (M.A.)

 

 

NELLA 75.MA EDIZIONE DELLA NOTTE DEGLI OSCAR IL DRAMMA DELLA GUERRA

HA DOMINATO IL PRESTIGIOSO PALCOSCENICO DI LOS ANGELES

 

LOS ANGELES. = Nella 75.ma edizione della “Notte degli Oscar”, la tragedia della guerra ha dominato il prestigioso palcoscenico del Kodak Theater di Los Angeles. I dimostranti contro la guerra hanno portato una copia ingrandita della statuetta con la bocca imbavagliata e le proteste sono proseguite anche durante la cerimonia. Quasi tutti i premiati si sono espressi sul tema della guerra. ''Sono pieno di gioia - ha detto Adrien Brody, miglior attore per 'Il pianista” - ma anche pieno di tristezza perché stiamo vivendo un periodo molto delicato”. “Voglio dire ai soldati e alle soldatesse - ha affermato il presidente dell’Academy Frank Pierson - che speriamo di avervi tra noi prima possibile”. “Ed agli iracheni - ha aggiunto - auguro di trovare presto la pace per poter vivere senza la guerra''. ''Voglio dedicare questo premio - ha detto Almodovar, miglior sceneggiatura originale con “Parla con lei” - a tutti quelli che stanno alzando la loro voce per la pace, per il rispetto dei diritti umani e per la democrazia”. Tra i vincitori degli Oscar si sono registrati diversi assenti. Il regista Roman Polanski, assente negli Stati Uniti dal 1978 perché su di lui pende una condanna penale, è stato premiato per la regia di “Il pianista”. Ha vinto una statuetta anche Conrad Hall, responsabile della  bella fotografia del film “Era Mio Padre”. L'Oscar e' stato  ritirato dal figlio perché l'artista è morto alcune settimane fa. Il rapper Eminem non si è presentato agli Oscar per cantare la canzone, tratta dal film “8 Mile”, poiché conteneva alcune parole  considerate troppo “forti” dagli organizzatori della cerimonia. Tra le assenze della serata da segnalare anche il rifiuto di Renee  Zellweger di cantare insieme a Catherine Zeta-Jones candidata all'Oscar per “Chicago”. L’assente probabilmente più sorprendente è il mancato rico-noscimento a “Gangs  of New York”. Il film, giunto agli Oscar con dieci candidature, non è riuscito a vincere neanche la statuetta per la migliore scenografia, creata dall'italiano Dante Ferretti a Cinecittà con l'aiuto di numerosi artigiani italiani. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 marzo 2003

 

 

- A cura di  Giancarlo La Vella-

 

L'esercito americano ha liberato 19 prigionieri afghani, accusati di terrorismo, dalla base statunitense di Guantanamo e li ha rimpatriati in Afghanistan. Lo hanno annunciato fonti ufficiali afghane. Quest’episodio non cancella le critiche nel panorama internazionale agli Stati Uniti che non applicano a queste persone lo status di “prigioniero di guerra”, secondo la Convenzione di Ginevra. Alla vigilia dell’apertura dei lavori della Commissione dei diritti umani, una decina di giorni fa a Ginevra, l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Sergio Vieira de Mello, ha ribadito con forza le critiche a Washington. Sentiamolo in un brano dell’intervista rilasciata al collega della redazione francese Bernard Decottignies:

 

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R. – JE N’ACCEPTE PAS L’ARGUMENT D’UN TROU NOIR JURIDICTIONEL A ...

Non accetto l’argomento di un ‘buco nero’ giuridico per quanto riguarda Guantamano. Quando si controlla un territorio, quando si dispone di una forza militare su quel territorio, quando si è costruito un centro di detenzione in quel territorio, quando su quel territorio sono detenuti 650 – o non so più quanti – individui, non si può più affermare che la legge del Paese che controlla quel territorio non si applichi a quel territorio stesso. Questo non lo posso accettare. Mi si potranno fornire tutte le arguzie giuridiche, ma questo argomento non lo accetto. Sarebbe molto più coraggioso dire che accettiamo che la giurisdizione dei nostri tribunali sia estesa a questo territorio ed affrontare il problema. Questo è quello che ci si aspetta da una vera democrazia. L’ho detto tantissime volte, e continuo a ripeterlo ancora oggi: gli Stati Uniti devono essere d’esempio. Come è possibile concepire che esistono territori sul pianeta sui quali non si applica nessuna legge? Non riesco a comprenderlo: nel 2003, per me è inconcepibile!

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Il Cremlino ha oggi dichiarato con soddisfazione i risultati del referendum costituzionale svoltosi ieri in Cecenia che ha superato - si è detto - tutte le più ottimistiche previsioni. Con il 51,9 per cento dei voti scrutinati - ha annunciato la commissione elettorale - oltre il 95 per cento dei ceceni ha detto “si” alla nuova costituzione e a prossime elezioni presidenziali e legislative, accettando di fatto una rinuncia all'indipendenza in cambio di una vasta autonomia. Non hanno accettato il risultato elettorale i ribelli che combattono invece per la creazione di uno Stato separato da Mosca.

 

E' durata solo due giorni la paura di un nuovo gelo tra le due Coree, a causa della guerra contro l'Iraq, con possibili pesanti ripercussioni sulla crisi nucleare, dopo il rinvio a tempo indeterminato dei negoziati economici intercoreani deciso unilateralmente sabato scorso da Pyongyang. Oggi delegati sudcoreani hanno varcato la linea di delimitazione lungo il 38° parallelo per recarsi al Nord, per discutere i lavori di allacciamento di una ferrovia transcoreana ormai alle battute finali. “Quello di sabato scorso è stato solo un congelamento parziale e temporaneo del dialogo - ha sottolineato Pyongyang - dovuto in parte ad un malinteso. Non c’è nessuna volontà da parte del Nord di interrompere il dialogo e la cooperazione con il Sud. E' troppo importante mantenere buoni rapporti tra le due Coree in un momento così drammatico, segnato dalla guerra in Iraq e dalla crisi nucleare'',  hanno detto ancora fonti vicine alla Corea del Nord in Giappone.

 

 

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