RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 78 - Testo della
Trasmissione mercoledì 19 marzo 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Dibattito alle Nazioni Unite su proliferazione di armi ed
eserciti mercenari in Africa occidentale
Conferito
all’arcivescovo di Bassora, in Iraq, il premio della tolleranza 2003
Israele si prepara ad un eventuale attacco
iracheno
Identificato ad Honk Kong il virus della “polmonite atipica” che ha già
provocato la morte di 12 persone in tutto il mondo
Scoperti
sistemi di intercettazione telefonica nella Sala del Consiglio Ue a Bruxelles
La Cina in
crescita economica, pur nel rispetto del socialismo
Un anno
fa, moriva assassinato dalle Br in Italia Marco Biagi, autore de libro bianco
sulla riforma del lavoro.
19
marzo 2003
NUOVO
RICHIAMO ALLA PACE E ALLA CONCORDIA INTERNAZIONALI,
LANCIATO
QUESTA MATTINA DAL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE,
DEDICATA
ALLA FIGURA DI SAN GIUSEPPE
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Servizio di Alessandro De Carolis -
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Pace per l’umanità e per i popoli che scorgono
all’orizzonte le nubi della guerra. Pace implorata da Dio attraverso San
Giuseppe, “uomo di pace”, uomo “giusto”, uomo “docile” alla volontà di Dio. Tra
le virtù dello sposo di Maria - del quale oggi si festeggia la ricorrenza -
Giovanni Paolo II ha posto in risalto la mitezza e rivolto alle migliaia di
pellegrini di varie parti del mondo, che questa mattina hanno riempito Piazza
San Pietro per l’udienza generale, il Papa ha levato, alla fine della
catechesi, questa preghiera:
“San Giuseppe,
patrono universale della Chiesa, vegli sull’intera comunità ecclesiale e, uomo
di pace qual era, ottenga per l’intera umanità, specialmente per i popoli minacciati
in queste ore dalla guerra, il prezioso dono della concordia e della pace”.
Un dono invocato ancora una volta al momento dei saluti
finali, quando il Pontefice ha salutato i fedeli diretti a Norcia con la
“Fiaccola benedettina della pace”, partita dall’Australia. Che sia questa una
iniziativa - ha auspicato il Papa - che possa contribuire “a ravvivare negli
animi una decisa volontà di concordia e di riconciliazione”. Pace per il
Pianeta, dunque, ma non solo. La figura di San Giuseppe, come detto, è onorata
da vari appellativi. Come quella, ha ricordato Giovanni Paolo II, di essere
stato un uomo “giusto” e attento alla voce di Dio:
“La parola
‘giusto’ evoca la sua rettitudine morale, il sincero attaccamento alla pratica
della legge e l’atteggiamento di totale apertura alla volontà del Padre
celeste. Anche nei momenti difficili e talora drammatici, l’umile carpentiere
di Nazaret mai arroga per sé il diritto di porre in discussione il progetto di
Dio. Attende la chiamata dall’Alto e in silenzio rispetta il mistero,
lasciandosi guidare dal Signore”.
San Giuseppe è il patrono dei lavoratori. Un argomento,
quello del lavoro, che nell’epoca della globalizzazione chiede di “rammentare a
noi stessi – ha affermato in lingua inglese il Pontefice - che la dignità della
persona umana deve essere di primaria importanza in tutto lo sviluppo
socioeconomico”. L’uomo “è soggetto e protagonista del lavoro - aveva osservato
in precedenza il Papa nella sua catechesi – e alla luce di questa verità si può
bene percepire il nesso fondamentale esistente tra persona, lavoro e società”:
“L’attività umana - ricorda il Concilio Vaticano II -
deriva dall’uomo ed è ordinata all’uomo. Secondo il disegno e la volontà di
Dio, essa deve servire al vero bene dell’umanità e permettere “all'uomo come
singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale
vocazione”.
San Giuseppe “sia esempio
a cui i lavoratori cristiani si ispirano, invocandolo in ogni
circostanza”, ha concluso il Papa, affidando alla sua intercessione i
disoccupati, i giovani che si preparano alla futura professione e chi patisce
la scarsità di lavoro. Infine, tra i gruppi presenti in Piazza San Pietro,
Giovanni Paolo II ha menzionato, tra gli altri, i partecipanti al Congresso
nazionale della “Società Italiana di medicina materno-fetale”, esortandoli “ad
avere sempre presente nella loro attività la centralità della persona, senza
mai perdere di vista la finalità del vero bene dell’uomo”. Ed ha salutato, poi,
i rappresentanti dell’Associazione Cristiana Artigiani Italiani, augurando loro
che l’odierna festa di san Giuseppe offra “l’opportunità di approfondire ancor
più la loro missione nella Chiesa e nella società”.
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Il tema della pace è ovviamente circolato di bocca in
bocca tra i presenti all’udienza generale. Benedetta Capelli ha sentito alcuni
dei pellegrini in Piazza San Pietro:
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“Il Papa ci aiuterà con le sue preghiere, con il suo
sforzo, con la sua anima che lotta, con la sua voglia di fare, di andare al di
là di ogni confine” – “Penso sia importante lavorare per la pace. Non basta
sbandierare vessilli, bandiere o fare dichiarazioni. Basterebbe che ci si
s’impegnasse personalmente a lavorare per la pace nel posto in cui ci si
trova”.
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NUOVA DIOCESI E NUOVA PREFETTURA APOSTOLICA IN GABON
Il Santo Padre ha adottato oggi i seguenti provvedimenti
in Gabon:ha eretto la diocesi di Port-Gentil, dismembrandola dall’arcidiocesi
di Libreville e rendendola suffraganea della medesima Sede metropolitana;ha
nominato primo vescovo di Port-Gentil, mons. Mathieu Madega, finora vescovo
ausiliare di Libreville;ha eretto la prefettura apostolica di Makokou, dismembrandola
dalla diocesi di Oyem e affidando ad essa la “Commissio sui iuris”, ed ha
infine nominato primo prefetto apostolico di Makokou il padre Joseph Koerber, finora
parroco a Libreville.
DOLORES SOPEGNA, DOMENICA PROSSIMA ALL’ONORE DEGLI
ALTARI,
DONNA
CORAGGIOSA ED INTRAPRENDENTE, INFATICABILE PROMOTRICE
DELLE
CLASSI SOCIALI PIU’ POVERE NELLA SPAGNA DI FINE OTTOCENTO
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Servizio di Giovanni Peduto -
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E’ una donna di ieri e di oggi, un regalo e una scintilla
di luce per il nostro mondo. La sua nascita a Velez Rubio, nella regione
spagnola di Almeria, nel 1848; la sua morte a Madrid, il 10 gennaio 1918. I
suoi genitori furono modello di vita umana e cristiana. Il cuore di Dolores
Sopegna fu subito sensibile davanti alla sofferenza e alla perdita di dignità
di molte persone del suo tempo, e si accese in lei il desiderio di far
conoscere Dio e far sperimentare il suo amore a chi più era lontano dalla
religione. Giovanissima scoprì la sua ardente vocazione per la promozione
umana, l’annuncio di Gesù Cristo e la costruzione della fraternità: quale modo
migliore per rendere credibile il Vangelo?
Comincia aprendo i Centri di Istruzione, nei quali
insegnava il catechismo e la cultura di base. Questi Centri cominciarono ad
estendersi a tutta la Spagna, partendo dalle borgate periferiche di Madrid. Più
di 30 città e paesi, specialmente dove si soffrivano gli effetti della
rivoluzione industriale, sollecitano la presenza di questa nuova opera che fa
tanto del bene. Dolores Sopegna, donna infaticabile ed audace, con gli ardenti
desideri che lo Spirito le metteva nel cuore e una fiducia senza limiti, in
soli 4 anni compie 199 viaggi per rispondere alle molteplici domande.
I suoi Centri sono concepiti come spazi dove si cerca lo
sviluppo della persona e la creazione di ambienti dove si vive la fraternità e
l’amicizia, facendo conoscere l’amore e la tenerezza di un Dio intimo, che ci
fa figli e fratelli in Cristo.
Fin dal principio si rende conto che un’opera così difficile
e così vasta ha bisogno di molte mani. Per questo nel 1892 organizza
un’associazione di laici (oggi Movimento Laici Sopegna) che sono formati nel
lavoro e nello spirito dell’Opera. Poco dopo (1901) la forza dello Spirito la
porta a fondare un Istituto religioso (oggi Istituto Catechista Dolores
Sopegna) per dare consistenza e mantenere vivo lo spirito dell’Opera. L’anno
seguente il Governo spagnolo approva gli statuti dell’Associazione Civile (oggi
Opera Sociale Culturale Sopegna, Oscus).
Sul carisma dell’Istituto fondato da Dolores Sopegna ci
parla ora Jacqueline Rivas:
“Per noi la promozione umana è un modo di evangelizzare
perché porta l’uomo a svilupparsi ad immagine di Dio, e far conoscere Dio è il
miglior modo di portare l’uomo a svilupparsi come persona. E’ importante poi
che noi facciamo tutto questo apostolato assieme ai laici. Fondato l’Istituto,
Dolores Sopegna non prescinde da loro ma, al contrario, intende che la catechista
deve formare e mantenere lo spirito apostolico dei suoi collaboratori. Ci
sentiamo inviate a costruire la fraternità; per dirlo con le parole di Dolores
Spegna, “a fare di tutti una sola famiglia in Cristo Gesù”. E questo lo
facciamo avvicinando quelli che sono lontani per motivi sociali, culturali,
religiosi, ecc., aiutandoli a condividere con noi ciò che sono e quello che
possiedono, attraverso programmi di volontariato sociale”.
Attualmente la Famiglia
Sopegna è presente in Spagna, Italia, Cile, Argentina, Ecuador, Colombia,
Messico, Repubblica Dominicana e Cuba, con 250 religiose in 35 case.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina così si impone:
“Ore di trepidazione per la pace”: all'udienza generale nella solennità di San
Giuseppe, patrono della Chiesa e uomo di pace, la preoccupazione e la preghiera
di Giovanni Paolo II.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell’udienza generale.
Una pagina sul tema “La
Quaresima nelle Lettere pastorali dei vescovi italiani”.
Un articolo dal titolo: “La Novo
Millennio ineunte nella testimonianza dei Movimenti ecclesiali”; un
significativo incontro a Torino.
Nelle
pagine estere, Iraq: in tutto il mondo ansia e timore crescenti accompagnano l'ostinata
speranza che si possa ancora scongiurare il conflitto.
Medio Oriente: Mahmud Abbas nominato
premier palestinese. Arafat mantiene la responsabilità della politica estera e
del processo negoziale.
Terrorismo: arrestati in
Pakistan due sospetti militanti di “Al Qaeda”.
Nella pagina culturale, un
contributo di Marco Testi dal titolo “L’animalizzazione come segno della crisi
del pensiero”: un recente libro sul tema della ferinità dell'uomo nella
letteratura e nella filosofia del ‘900.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica con il costante riferimento alla crisi irachena.
Il tema della giustizia.
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19
marzo 2003
A
POCHE ORE DALLO SCADERE DELL’ULTIMATUM AMERICANO A SADDAM HUSSEIN,
LE
ORGANIZZAZIONI UMANITARIE SI MOBILITANO PER FRONTEGGIARE L’EMERGENZA
IN CASO DI ATTACCO ALL’IRAQ, MENTRE CRESCE
L’ANGOSCIA DELLA POPOLAZIONE IRACHENA. SI PROFILANO INTANTO POSSIBILI SCENARI
POLITICI ED ECONOMICI
DI UNA PAVENTATA GUERRA
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Servizio di Alessandro Gisotti -
Sta per concludersi il drammatico conto alla rovescia
scandito dall’ultimatum di George Bush a Saddam Hussein, che ieri ha rifiutato
categoricamente l’ipotesi dell’esilio. Per il comandante della flotta americana
nel Golfo, l’attacco verrà sferrato entro un paio di giorni. Intanto, secondo
fonti kuwaitiane – smentite però dal Comando centrale americano – truppe
statunitensi si sarebbero già trasferite nella zona smilitarizzata tra Kuwait e
Iraq. Stamani il presidente del Parlamento iracheno ha chiamato a raccolta la
Nazione a difesa del rais di Baghdad, mentre ieri il Dipartimento di Stato
americano ha reso nota una lista di Paesi che appoggeranno gli Stati Uniti,
politicamente o militarmente, nell’eventualità di una Seconda Guerra del Golfo.
Da New York, Paolo Mastrolilli:
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Il governo americano ha alzato il livello di allerta
nazionale, perché teme che i terroristi cerchino di colpire gli Stati Uniti
come ritorsione. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu torna a riunirsi oggi, ma a
quel punto la guerra sarà imminente se non già cominciata. Il Segretario di
Stato Powell ha detto che ormai 45 Paesi, tra cui l’Italia, sostengono
l’attacco. Francia, Russia e Cina, però, hanno ribadito la loro opposizione
anche se Parigi ha corretto la sua posizione dicendo che se gli iracheni
useranno armi chimiche e biologiche come sospetta il Pentagono, entrerà nel
conflitto a fianco degli Stati Uniti. Il premier britannico Blair invece ha
ottenuto il via libera del Parlamento nonostante la rivolta interna al suo
stesso Partito, con la dimissione di tre ministri contrari all’intervento.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Una crisi profonda quella del governo britannico. Stamani,
infatti, è salito a quota 9 il bilancio delle dimissioni dei membri
dell’esecutivo tra sottosegretari e ministri. Dal canto suo, Blair ha affermato
sempre stamani che il cambio di regime a Baghdad è uno degli obiettivi
dell’intervento armato. Intanto, in mattinata, il premier italiano, Silvio
Berlusconi - parlando alla Camera - ha dichiarato che esistono le condizioni
per legittimare l'uso della forza contro l'Iraq. Berlusconi ha poi ribadito che
l’Italia non parteciperà direttamente ad operazioni militari nella regione,
auspicando, tuttavia, che la crisi irachena non incida sull’efficacia
dell’alleanza internazionale contro il terrorismo. Il governo turco ha, invece,
deciso stanotte di sottoporre, nelle prossime ore, al Parlamento di Ankara la
decisione dell’invio di truppe turche nel nord dell’Iraq e la concessione dello
spazio aereo nazionale agli americani.
Sul fronte militare, al
Pentagono si discutono i dettagli del piano di attacco, che prevede un intenso
bombardamento nelle prime ore dell’offensiva, seguito da un raid sulla capitale
irachena per catturare Saddam. Un conflitto tra forze impari, come spiega
l’analista militare Andrea Margelletti dell’Isgeo, l’Istituto di studi
geopolitici e geoeconomici, al microfono di Lucas Duran:
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R. – Non ci sarà “guerra” tra le Forze armate americane e
l’Esercito di Saddam Hussein: da una parte, abbiamo una macchina perfetta, ben
oleata, altamente tecnologica e dall’altra parte abbiamo quel poco che è rimasto
dal conflitto del 1991, con assai poco desiderio di combattere. Il vero
problema nascerà nel dopo-Saddam, se le forze occidentali riusciranno a
stabilizzare il Paese o, nella versione più catastrofica, si aprirà
terribilmente la pagina della guerra civile.
D. – Ecco, in questo senso qual è la posizione da
aspettarsi che terranno Paesi come Giordania, Siria o Iran, Nazioni vicine,
quindi?
R. – Credo che questi Paesi avranno un atteggiamento di
grande equilibrio, vista la presenza delle Forze armate della coalizione
occidentale in Iraq. Il vero problema potrà essere rappresentato da un
regolamento di conti interno alle varie tribalità irachene.
D. – Da un punto di vista militare, si è più preparati ad
evitare errori come quelli cui purtroppo ci hanno abituato altri recenti
conflitti, che soprattutto colpiscono la popolazione civile?
R. – Bisogna avere l’onestà
intellettuale di ammettere che non esiste una guerra a costo zero. Vi saranno
drammatiche perdite tra i civili, anche perché Saddam Hussein ha fatto piazzare
i suoi Comandi – o per lo meno i principali – all’interno di scuole, ospedali e
moschee, proprio con lo scopo di elevare il numero delle perdite civili e
quindi creare un caso internazionale. Certamente, la coalizione internazionale
utilizzerà quanto di meglio e di maggiore livello tecnologico per potere
minimizzare i rischi di perdite civili.
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Il popolo iracheno si appresta, dunque, con angoscia ad
affrontare le amare conseguenze di un nuovo possibile conflitto, il terzo in
vent’anni. Sullo spirito con il quale l’Iraq vive queste drammatiche ore,
ascoltiamo la testimonianza del vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon
Warduni, al microfono di Fabio Colagrande:
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R. – Con tanto
disagio, con tanta tristezza; non sanno cosa fare perché non si capisce quando
e come sarà, e specialmente perché – come abbiamo sempre detto – non riusciamo
a trovare nessuna ragione per questa guerra. E’ una guerra immorale, è una
guerra ingiusta! I bambini chiedono: ‘Come mai? Perché ci attaccano? Perché non
andiamo a scuola? Cosa mangeremo? Cosa faremo?’. E poi, i giovani che non hanno
più speranza; e poi i vecchi, i malati: con quale animo possono aspettare? C’è
tanta gente che fugge, alcuni vanno fuori dall’Iraq, altri vanno ai villaggi, nel
Nord, cercando di trovare un posto più sicuro. Tutti ci raccomandiamo al
Signore, alla Madonna. Una guerra è sempre contro l’uomo, contro i diritti
umani, sempre contro Dio, perché Dio è il Dio della pace, ama l’uomo, ama tanto
i bambini. Qual è la colpa dei bambini?
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Nell’imminenza
del conflitto, si è innescata anche la corsa contro il tempo delle
organizzazioni umanitarie per approntare i mezzi di sostegno alla popolazione
irachena. Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, sta preparando una
lettera al Consiglio di Sicurezza per chiedere l’approvazione di programmi
alimentari straordinari. In prima linea per far fronte all’emergenza
umanitaria, c’è poi l’Acnur - l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati - che, attraverso la sua portavoce Laura Boldrini, spiega le
difficoltà di intervento nel quadrante iracheno:
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R. – E’ difficile fare una previsione sulle conseguenze,
perché non sappiamo che tipo di guerra sarà, quanto durerà, questa guerra.
Questa è una popolazione indebolita da due guerre consecutive, da 12 anni di
embargo, una popolazione che non ha più un ceto medio, c’è una piccola élite di
ricchi ed una grande maggioranza di gente povera che deve veramente mettere
insieme un pasto ogni giorno.
D. – Come si sta preparando l’Acnur per affrontare
l’emergenza rifugiati in Iraq?
R. – L’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati da tempo sta preposizionando
i beni di prima necessità nella regione; al momento, abbiamo aiuti per circa
300 mila persone già disponibili nella regione. Il punto, però, che va
sottolineato qui è la mancanza di fondi disponibili. Noi abbiamo fatto una
richiesta alla comunità internazionale a dicembre: ‘Dateci 60 milioni di
dollari per fare il lavoro di preparazione’. Ad oggi ne abbiamo ricevuti
solamente 19. Questo ha un impatto anche sulla capacità di reagire ai bisogni
immediati da parte dell’Agenzia.
D. – Alcuni osservatori prevedono un flusso gigantesco di
profughi iracheni verso le coste dell’Europa: è un rischio reale?
R. – Non possiamo neanche pensare che ad oggi si possano
immaginare i rischi reali. Perché se i Paesi confinanti dovessero tenere
malauguratamente tutti quanti le frontiere chiuse, di quale flusso parliamo? Ci
sarebbe un flusso molto ridotto e ci sarebbe più che altro uno spostamento
interno. Ci stiamo appellando ai Paesi confinanti perché tengano le frontiere
aperte. Quindi direi che, se anche comunque ci sarà un flusso esterno, fuori
della regione, sarà comunque contenuto, non da giustificare panico o comunque
sentimenti di assedio da parte della popolazione.
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Tra gli aspetti della crisi, che la comunità
internazionale sta seguendo con particolare attenzione, anche quello dei
risvolti economici di un’eventuale guerra. Che, a seconda della durata, potrebbe
avere effetti diversi sull’andamento dell’economia mondiale, come rileva – al
microfono di Lucas Duran - il prof. Luigi Paganetto, docente di economia
internazionale all’Università romana di Tor Vergata:
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R. - Ci sono
differenti opzioni che si possono presentare e cioè: da una parte una guerra
breve, con nessuna incidenza sulle disponibilità di petrolio purché non vengono
incendiati i pozzi e la belligeranza non sia particolarmente lunga e quindi che
la durata sia al massimo di due-tre settimane. Questo dovrebbe dare un quadro
di relativa tranquillità per l’economia, non certo per gli uomini, che sono
sempre preoccupati quando si parla di guerra. I costi sarebbero quindi quelli
di una qualche diminuzione del tasso di sviluppo con un aumento solo temporaneo
del prezzo del petrolio, che dovrebbe tornare a prezzi più bassi subito dopo
l’estate. Naturalmente in queste valutazioni di costi e di benefici non si
includono i costi umani che sono ovviamente o possono essere rilevanti. Detto
questo c’è poi uno scenario meno positivo che è quello di una durata più lunga
della guerra, con aumento del prezzo del petrolio e possibile riduzione della
crescita per l’anno 2004.
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19
marzo 2003
PROSEGUONO LE PRESE DI POSIZIONE DELLA CHIESA
CONTRO L’IPOTESI DI UNA GUERRA IN IRAQ
ATTRAVERSO LE DICHIARAZIONI
DELLE
CONFERENZE EPISCOPALI DI INGHILTERRA, SPAGNA ED AFRICA
LONDRA.
= Gli sforzi tesi ad una soluzione pacifica della crisi in Iraq probabilmente non avranno l’esito sperato
perché ormai l'intervento militare appare imminente. E’ questo il pensiero
espresso in un comunicato dalle Conferenze episcopali di Inghilterra, Galles e
Spagna. Il dibattito sulla questione irachena genera ancora profondi disaccordi
sulla linea da adottare ed in questo periodo di grandi tensioni la fede e la
preghiera possono costituire un valido
strumento di unione. “Qualunque sia la nostra opinione sulla crisi – affermano
i vescovi britannici e spagnoli - il
nostro primo dovere è quello di pregare insieme”. “Preghiamo, ribadiscono,
affinché i leader politici riconoscano che la riconciliazione e la giustizia
rappresentano l’unica autentica possibilità di promuovere una pace stabile e
duratura”. Le tre Conferenze episcopali esprimono poi la loro solidarietà a
tutte le persone che saranno coinvolte dalle conseguenze dell’azione militare.
“La nostra vocazione – aggiungono i presuli – deve essere quella di diventare costruttori
di pace seguendo le strade della verità, della giustizia e dell’amore a cui il
Vangelo ci chiama”. Una netta condanna ad un eventuale guerra nel Golfo Persico
è stata espressa anche nel Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e
del Madagascar (Secam). “L'umanità – hanno detto i vescovi - sta vivendo un
grave clima di insicurezza caratterizzato dalla diffusione del terrorismo e
delle violazioni dei diritti umani”. In questo particolare momento storico, “in
cui diversi Stati investono ingenti somme di denaro negli armamenti – hanno ammonito
- i governi potrebbero invece utilizzare le loro risorse per sradicare la
povertà dal pianeta”. I presuli, sottolineando come la guerra rappresenti un
peso insopportabile soprattutto per i Paesi più poveri, hanno ricordato con le
parole di Giovanni Paolo II che “la guerra è sempre una sconfitta per
l’umanità”. (A.L.)
DIBATTITO ALL’ONU SU PROLIFERAZIONE DELLE ARMI
E ESERCITI MERCENARI IN AFRICA
OCCIDENTALE. IL SEGRETARIO GENERALE HA PARLATO DI GRAVI FALLIMENTI
NELLE
POLITICHE DI DISARMO E SMOBILITAZIONE DEGLI ESERCITI
NEW
YORK. = Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale è puntata sulla
crisi irachena, nel continente africano le guerra continua a causare inumane sofferenze
tra la popolazione. In questi giorni il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sta
tenendo un dibattito dal titolo “Proliferazione delle armi leggere e da fuoco e
fenomeno dei mercenari: minacce alla pace e alla sicurezza in Africa
occidentale”. Proprio ieri, il segretario generale, Kofi Annan, ha ringraziato
i partecipanti al dibattito per aver focalizzato l’obiettivo su questo tema che
in quella parte del continente sta causando una lunga scia di vittime e distruzione.
“La facile reperibilità di armi leggere e da fuoco - ha detto Annan nel suo intervento – è fortemente legata alla
drammatica crescita delle uccisioni tra le donne e i bambini e con il fenomeno
dei bambini soldato. Armi da fuoco automatiche sono portate e utilizzate da
bambini di 9 o 10 anni. Il legame è particolarmente evidente nell’Africa
orientale”. Come esempi, il segretario generale ha portato i conflitti in
Liberia, Sierra Leone e Costa d’Avorio.
Il problema dei mercenari, invece, per Annan è causato dalla mancanza di
finanziamenti e azioni adeguate miranti al disarmo, dal fallimento dei
programmi di smobilitazione degli eserciti e di reinserimento nella società
degli ex-combattenti e dall’insuccesso degli aiuti umanitari in Paesi come
Liberia e Guinea-Bissau. Il segretario generale ha richiesto ai Paesi della
regione un rinnovato impegno nella risoluzione di questi problemi e ai Paesi
coinvolti, ed in particolare ai loro leader, una vigilanza più attenta e
cosciente sulle concrete e attuali minacce per la pace nella regione. (M.A.)
“CHE
DEVO FARE, SIGNORE?” È IL MOTTO
DELL’ODIERNA “GIORNATA DEL SEMINARIO”, CAMPAGNA DEI VESCOVI SPAGNOLI IN FAVORE
DELLE VOCAZIONI AL SACERDOZIO. NEL LORO MESSAGGIO, I PRESULI INVITANO I RAGAZZI
A PREGARE,
CHIEDENDO
A CRISTO DI POTERSI ABBANDONARE ALLA SUA VOLONTÀ
MADRID.
= La Chiesa spagnola celebra oggi la “Giornata del seminario”, campagna con la
quale i vescovi intendono attirare l’attenzione dei fedeli sulla nascita delle
vocazioni al sacerdozio. La domanda che Saulo, appena folgorato sulla via di
Damasco, rivolge a Gesù, “Che devo fare, Signore?”, è stata scelta come motto:
sottolinea l’importanza del dialogo, della preghiera rivolta a Cristo. “La preghiera
– scrivono i vescovi – è un dialogo personale e trasformatore con Gesù. Da esso
sorge l’illuminazione per la propria vita e la scoperta della missione alla
quale Dio chiama”. I presuli ricordano le parole del Papa nella Novo
millennio ineunte, affinché la preghiera sia il centro della pastorale vocazionale,
e invitano i giovani e i formatori a dialogare sempre più con Dio attraverso la
celebrazione dell’Eucaristia, l’adorazione al Santissimo Sacramento, la lectio
divina, il Rosario e la recita dei Salmi. Ma oltre l’invito al dialogo, i vescovi
sottolineano la richiesta che dalla domanda “Che devo fare, Signore?” proviene:
essere strumenti di Dio abbandonati alla sua volontà. Questo è il punto
centrale della Campagna. “Il vero interrogativo vocazionale – spiegano presuli
– non è chiedersi cosa voglio fare della mia vita, perché non si può
prospettare la vocazione come un’opzione. Nella teologia e nella pastorale
della vocazione bisogna dare priorità all’elezione divina”. Per i vescovi,
quindi, la vera domanda che bisogna porsi è “Che cosa vuole Dio da me e perché
mi ha scelto?”. Poste sulla bocca di Paolo
o di un giovane di oggi, scrivono i presuli iberici, queste parole
riconoscono Cristo come l’unico Signore della vita e della storia, al di sopra
degli idoli, del proprio io e dei propri progetti”. L’anno scorso in Spagna
sono entrati in seminario 327 ragazzi e sono stati ordinati 195 sacerdoti
diocesani. Complessivamente i seminaristi sono 1699. (M.A.)
L’INVIATO
DELL’ONU PER I DIRITTI UMANI, IL BRASILIANO PAULO SERGIO PINHEIRO, ARRIVERA’
OGGI IN MYANMAR PER PROPORRE ALLE AUTORITA’ LOCALI
LA
CREAZIONE DI UN ORGANISMO INDIPENDENTE CHE INDAGHI
SULLE
VIOLAZIONI COMPIUTE NEL PAESE
RANGOON.
= È atteso oggi in Myanmar (ex Birmania) l’inviato dell’Onu per i diritti umani,
il brasiliano Paulo Sergio Pinheiro. Durante la visita, che si concluderà il 26
marzo, il diplomatico cercherà di capire se la giunta militare al potere nel
Paese asiatico ha compiuto passi in avanti nell’amministrazione della giustizia
e nel rispetto delle più elementari libertà politiche. L’inviato dell’Onu
discuterà inoltre con le autorità birmane del progetto di un organismo indipendente,
che indaghi sulle violazioni dei diritti umani compiute nelle aree in cui sono
presenti minoranze etniche, in particolare nello Stato Shan (Myanmar
nordorientale). Sergio Pinheiro presenterà i risultati della propria indagine
alla Commissione dei Diritti umani dell’Onu, il cui annuale incontro di sei
settimane è iniziato domenica scorsa a Ginevra. Sempre oggi arriverà nell’ex
Birmania il primo ministro del Bangladesh, Khaleda Zia. Scopo ufficiale della
visita è incrementare i commerci tra i due Stati. Khaleda Zia incontrerà
rappresentanti della comunità economica e finanziaria birmana, oltre ai leader
militari che siedono nella giunta, tra cui il generale Than Shwe. Nel Paese,
intanto, è sempre più acceso lo scontro tra la giunta militare al potere e la
stampa thailandese, “colpevole” di aver riportato nei giorni scorsi un presunto
piano di un leader birmano per assassinare il primo ministro della Thailandia,
Thaksin Shinawatra. Con un comunicato diffuso dalla capitale Yangon, le
autorità birmane hanno seccamente smentito la notizia secondo la quale il
leader dell’etnia wa, Bao Yuxiang, avrebbe pianificato l’omicidio di Shinawatra
per punirlo della dura campagna anti-droga avviata lo scorso primo febbraio e
costata la vita ad oltre mille persone. (A.L.)
IL PREMIO DELLA TOLLERANZA 2003, PROMOSSO
DALL’ACCADEMIA EUROPEA DELLE
LETTERE,
DELLE SCIENZE E DELLE ARTI, CONFERITO ALL’ARCIVESCOVO
IRACHENO
DI BASSORA, MONS. DJIBRAIL KASSAB, DISTINTOSI PER LA
SUA
NETTA CONDANNA AD OGNI FORMA DI RAZZISMO
BASSORA.=
Il premio della tolleranza 2003, promosso dall’Accademia europea delle scienze,
delle lettere e delle arti è stato conferito all’arcivescovo iracheno di
Bassora, mons. Djibrail Kassab. “Il prelato cattolico caldeo – si legge nella
motivazione del premio – si è distinto per la sua azione in favore della
tolleranza, del dialogo e contro ogni forma di razzismo”. Mons. Kassab ha
chiesto a più riprese la fine dell’embargo e di ogni sanzione contro l’Iraq. In
una situazione disperata come quella in cui versano gli abitanti di Bassora, l’arcivescovo
ha sempre aiutato tutti i bisognosi, sia cristiani che musulmani. Il presule ha
organizzato una farmacia dove vengono distribuiti gratuitamente medicinali ai
più poveri e ha favorito la realizzazione di tre asili frequentati da bambini
per l’80 cento musulmani. L’arcivescovo ha anche promosso l’apertura di un
piccolo istituto dove studiano 150 giovani che vengono preparati all’uso del
computer. Il premio della tolleranza, che sarà consegnato il prossimo 15 agosto
a Salisburgo, è stato istituito nel 1997 ed è assegnato a coloro che si
distinguono per il loro impegno a favore dei diritti umani. Tra i premiati, in
passato, anche il cardinale Franz König, già arcivescovo di Vienna e l’ex
sindaco di Gerusalemme, Teddy Kollek. (A.L.)
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19
marzo 2003
- A cura di Paolo Ondarza -
Il
leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat ha riconosciuto
ufficialmente il nuovo premier Mahmud Abbas, la cui attribuzione dei pieni
poteri era stata definitivamente approvata stamani dal parlamento palestinese.
Nel frattempo sui territori proseguono le violenze. Gli ultimi scontri a fuoco
avvenuti nella zona di Betlemme hanno registrato la morte di due persone: un
israeliano e un palestinese, quest’ultimo uno dei più importanti capi militari
di Hamas in Cisgiordania. E Israele si prepara all’imminente conflitto con
l’Iraq, come ci riferisce Graziano Motta.
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“C’è una percentuale minima di possibilità per un attacco
iracheno, ma siamo preparati al cento per cento per rispondere a tale rischio”,
così il primo ministro Sharon, stamane, ha affermato alla riunione
straordinaria del governo israeliano. “Questa guerra”, ha proseguito Sharon,
“non è la nostra. Ma noi ne conosciamo il pericolo. Sappiamo che l’Iraq è un
gran Paese implicato nel terrorismo e
possiede armi di distruzione di massa. Salutiamo gli Stati Uniti e il
presidente Bush e auguriamo che la loro impresa sia coronata dal successo”. In
campo palestinese il primo ministro Mahmud Abbas, la cui nomina è stata
ratificata ieri dal Consiglio legislativo palestinese, comincia le
consultazioni per la formazione del nuovo governo. Forse confermerà agli
Interni l’attuale Hani el-Hassan, che giovedì scorso – ma lo si è saputo
soltanto oggi – ha incontrato segretamente il capo dello Stato israeliano Moshe
Katsav. Alle sue idee che potrebbero condurre ad un cessate il fuoco, Katsav ha
replicato che “davanti all’ampiezza del terrorismo palestinese non si può
parlare al momento di conciliazione o di un cessate il fuoco sulla parola
d’onore”.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Identificato
ad Honk Kong il misterioso virus responsabile della ''polmonite atipica''. Lo
riferiscono fonti mediche. Ad isolare il virus, che finora ha provocato la
morte di 12 persone in diverse parti del mondo, è stata un’equipe di scienziati dell'Università Cinese. La cosiddetta
‘polmonite atipica’, appartiene alla famiglia dei paramyoxoviridae. Gli esperti sono ora al lavoro per individuare i
farmaci ed un eventuale vaccino, utili a sconfiggere il virus. Ma hanno fatto
sapere che saranno necessarie ulteriori indagini per capire la struttura della
malattia.
In Cina, al termine dell’Assemblea Nazionale del Popolo,
il nuovo presidente Hu Jintao e il primo ministro Wen Jabao, promettono di
continuare e ampliare le riforme economiche, mantenendo però il quadro del
socialismo, con caratteristiche cinesi. Per noi il servizio di Bernardo
Cervellera.
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Wen Jabao ha esaltato i grandi risultati economici
raggiunti dalla Cina promettendo di affrontare i problemi della disoccupazione
delle campagne, stremate dalle riforme di tipo capitalista. Il presidente Hu
Jintao ha detto che il Paese necessita una leadership più giovane e ha esaltato
le figure di Mao Tze Tung e di Jang Zemin.
Nella valanga di nuove cariche, votate all’Assemblea, 15
ministri su 28 sono di prima nomina. Garantiranno efficienza e modernizzazione
dell’apparato burocratico ma sempre sotto la supremazia del partito. Il governo
ha anche promesso un trattamento paritario delle industrie statali e di quelle
private, ma l’enfasi sulle riforme economiche ha oscurato la richiesta di
riforme politiche che proviene da diversi settori sociali.
In campo internazionale la Cina si sente più sicura. Sulla
crisi irachena il nuovo ministro degli esteri, Li Chao Shin, si è espresso a
favore della diplomazia e contro la guerra, ma sul fronte interno bisogna registrare
che in molte zone ad alta disoccupazione sono proibiti assembramenti e
manifestazioni.
Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervelliera.
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Repubblica
Centroafricana. A quattro giorni dal colpo di stato che ha destituito il
presidente Angé Patassé, il generale golpista Francois Bozize ha ricevuto ieri
nella capitale Bangui i ministri degli esteri del Gabon e della Repubblica
Democratica del Congo. Dalla Casa Bianca giunge intanto la condanna per il
colpo di stato di sabato: Washington minaccia di sospendere tutti gli aiuti
economici al Paese africano.
Italia.
Un anno fa, la sera del 19 marzo del 2002, veniva ucciso sotto la sua
abitazione a Bologna, il prof. Marco Biagi, il consulente del ministro del
Welfare Roberto Maroni, autore del Libro bianco sulla riforma del mondo del
lavoro. Proprio in queste settimane le indagini sull’omicidio Biagi hanno
registrato una svolta importante con l’arresto della brigatista Nadia Desdemona
Lioce. Il servizio è di Giampiero Guadagni.
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Come tre anni prima, con Massimo D’Antona, le Brigate
Rosse, uccidendo il 19 marzo dello scorso anno Marco Biagi, colpivano un
simbolo del riformismo e del dialogo sociale. Biagi aveva dedicato la sua
attività a dare nuove regole e nuovi diritti al mondo del lavoro, facendo
riferimento alla legislazione europea. La riforma, approvata recentemente dal
Parlamento e che proprio da Biagi prende il nome, introduce nuove forme
contrattuali, dà per la prima volta tutela ad un gran numero di lavoratori
cosiddetti atipici, apre il collocamento ai privati, e riordina la formazione
legandola ai sussidi di disoccupazione. Un disegno ambizioso che doveva
culminare nella formulazione del nuovo Statuto dei lavoratori. Un disegno,
interrotto dal terrorismo che, in questi ultimi anni, si è riorganizzato.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Scoperti
sistemi di intercettazione telefonica nella sala del Consiglio dell’Unione
Europea. Lo ha comunicato il capo del servizio stampa del Consiglio dell'Ue,
Dominique Marro. Le linee interessate riguardano alcuni paesi del vecchio continente
tra cui Germania e Francia. Non ci sono ancora indicazioni precise su chi abbia installato i sistemi,
ma il quotidiano francese “Le Figaro” scrive: la messa in opera dei microfoni è
americana.
Il
governo indipendentista ceceno ha presentato un piano di pace che prevede il
ritiro di tutte le truppe russe dalla Repubblica e una piena indipendenza sotto
il controllo delle Nazioni Unite. Il piano è stato presentato anche a
Washington. La notizia giunge a pochi giorni dal referendum costituzionale del
prossimo 23 marzo, avvenimento che dovrebbe sancire legalmente il posto della
Cecenia all'interno della Federazione russa sia pure con una ''vasta autonomia'' come promessa dal
presidente Vladimir Putin.
Parecchie
decine arresti di dissidenti sono stati eseguiti dal regime a Cuba. Per le
autorità, gli uomini sarebbero legati alla rappresentanza diplomatica Usa, il
cui responsabile, James Cason, è accusato di "cospirazione".
Immediatamente imposte dal governo di L’Avana restrizioni ai movimenti dei
diplomatici Usa.
Torna
la violenza nelle Filippine. Ieri in uno scontro armato tra militari e
estremisti islamici di ‘Abu Sayyaf”, avvenuto in un villaggio di Basilan, è
rimasto ucciso uno dei leader del gruppo, ricercato tra le altre cose per due
sequestri di sacerdoti: padre Bernardo Blanco, claretiano spagnolo, tenuto
sotto sequestro nel 1993 per 49 giorni, e padre Cirilo Nacorda, sacerdote
diocesano prigioniero nel 1994 per 61 giorni.
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