RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 78 - Testo della Trasmissione mercoledì 19 marzo 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’udienza generale Giovanni Paolo II affida a San Giuseppe, patrono universale della Chiesa, i popoli minacciati in queste ore dalla guerra

 

 Domenica prossima all’onore degli altari Dolores Sopegna, donna coraggiosa accanto ai più poveri nella Spagna di fine Ottocento: ce ne parla Jacqueline Rivas.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

A poche ore dalla scadenza dell’ultimatum Usa, le organizzazioni umanitarie mobilitate per fronteggiare l’emergenza in Iraq, mentre cresce l’angoscia della popolazione e si riflette sulle conseguenze politiche ed economiche nel mondo di una paventata guerra: con noi Andrea Margelletti, il vescovo Shlemon Warduni, Laura Boldrini e Luigi Paganetto

 

CHIESA E SOCIETA’:

Dichiarazioni delle conferenze episcopali di Inghilterra, Spagna ed Africa contro l’ipotesi di una guerra in Iraq

 

Dibattito alle Nazioni Unite su proliferazione di armi ed eserciti mercenari in Africa occidentale

 

La Chiesa spagnola celebra oggi la “Giornata del seminario”, campagna dei vescovi spagnoli in favore delle vocazioni al sacerdozio

 

Arriverà oggi in Myanmar l’inviato dell’Onu per i diritti umani per proporre alle autorità locali un organismo indipendente che indaghi sulle violazioni compiute nel Paese.

 

 Conferito all’arcivescovo di Bassora, in Iraq, il premio della tolleranza 2003

 

24 ORE NEL MONDO:

Israele si prepara ad un eventuale attacco iracheno

 

Identificato ad Honk Kong il virus  della “polmonite atipica” che ha già provocato la morte di 12 persone in tutto il mondo

 

 Scoperti sistemi di intercettazione telefonica nella Sala del Consiglio Ue a Bruxelles

 

 La Cina in crescita economica, pur nel rispetto del socialismo

 

  Un anno fa, moriva assassinato dalle Br in Italia Marco Biagi, autore de libro bianco sulla riforma del lavoro.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 marzo 2003

 

 

NUOVO RICHIAMO ALLA PACE E ALLA CONCORDIA INTERNAZIONALI,

LANCIATO QUESTA MATTINA DAL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE,

DEDICATA ALLA FIGURA DI SAN GIUSEPPE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Pace per l’umanità e per i popoli che scorgono all’orizzonte le nubi della guerra. Pace implorata da Dio attraverso San Giuseppe, “uomo di pace”, uomo “giusto”, uomo “docile” alla volontà di Dio. Tra le virtù dello sposo di Maria - del quale oggi si festeggia la ricorrenza - Giovanni Paolo II ha posto in risalto la mitezza e rivolto alle migliaia di pellegrini di varie parti del mondo, che questa mattina hanno riempito Piazza San Pietro per l’udienza generale, il Papa ha levato, alla fine della catechesi, questa preghiera:

 

“San Giuseppe, patrono universale della Chiesa, vegli sull’intera comunità ecclesiale e, uomo di pace qual era, ottenga per l’intera umanità, specialmente per i popoli minacciati in queste ore dalla guerra, il prezioso dono della concordia e della pace”.

 

Un dono invocato ancora una volta al momento dei saluti finali, quando il Pontefice ha salutato i fedeli diretti a Norcia con la “Fiaccola benedettina della pace”, partita dall’Australia. Che sia questa una iniziativa - ha auspicato il Papa - che possa contribuire “a ravvivare negli animi una decisa volontà di concordia e di riconciliazione”. Pace per il Pianeta, dunque, ma non solo. La figura di San Giuseppe, come detto, è onorata da vari appellativi. Come quella, ha ricordato Giovanni Paolo II, di essere stato un uomo “giusto” e attento alla voce di Dio:

 

“La parola ‘giusto’ evoca la sua rettitudine morale, il sincero attaccamento alla pratica della legge e l’atteggiamento di totale apertura alla volontà del Padre celeste. Anche nei momenti difficili e talora drammatici, l’umile carpentiere di Nazaret mai arroga per sé il diritto di porre in discussione il progetto di Dio. Attende la chiamata dall’Alto e in silenzio rispetta il mistero, lasciandosi guidare dal Signore”.

 

San Giuseppe è il patrono dei lavoratori. Un argomento, quello del lavoro, che nell’epoca della globalizzazione chiede di “rammentare a noi stessi – ha affermato in lingua inglese il Pontefice - che la dignità della persona umana deve essere di primaria importanza in tutto lo sviluppo socioeconomico”. L’uomo “è soggetto e protagonista del lavoro - aveva osservato in precedenza il Papa nella sua catechesi – e alla luce di questa verità si può bene percepire il nesso fondamentale esistente tra persona, lavoro e società”:

 

“L’attività umana - ricorda il Concilio Vaticano II - deriva dall’uomo ed è ordinata all’uomo. Secondo il disegno e la volontà di Dio, essa deve servire al vero bene dell’umanità e permettere “all'uomo come singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione”.

 

San Giuseppe “sia esempio a cui i lavoratori cristiani si ispirano, invocandolo in ogni circostanza”, ha concluso il Papa, affidando alla sua intercessione i disoccupati, i giovani che si preparano alla futura professione e chi patisce la scarsità di lavoro. Infine, tra i gruppi presenti in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II ha menzionato, tra gli altri, i partecipanti al Congresso nazionale della “Società Italiana di medicina materno-fetale”, esortandoli “ad avere sempre presente nella loro attività la centralità della persona, senza mai perdere di vista la finalità del vero bene dell’uomo”. Ed ha salutato, poi, i rappresentanti dell’Associazione Cristiana Artigiani Italiani, augurando loro che l’odierna festa di san Giuseppe offra “l’opportunità di approfondire ancor più la loro missione nella Chiesa e nella società”.

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Il tema della pace è ovviamente circolato di bocca in bocca tra i presenti all’udienza generale. Benedetta Capelli ha sentito alcuni dei pellegrini in Piazza San Pietro:

 

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“Il Papa ci aiuterà con le sue preghiere, con il suo sforzo, con la sua anima che lotta, con la sua voglia di fare, di andare al di là di ogni confine” – “Penso sia importante lavorare per la pace. Non basta sbandierare vessilli, bandiere o fare dichiarazioni. Basterebbe che ci si s’impegnasse personalmente a lavorare per la pace nel posto in cui ci si trova”.

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NUOVA DIOCESI E NUOVA PREFETTURA APOSTOLICA IN GABON

 

Il Santo Padre ha adottato oggi i seguenti provvedimenti in Gabon:ha eretto la diocesi di Port-Gentil, dismembrandola dall’arcidiocesi di Libreville e rendendola suffraganea della medesima Sede metropolitana;ha nominato primo vescovo di Port-Gentil, mons. Mathieu Madega, finora vescovo ausiliare di Libreville;ha eretto la prefettura apostolica di Makokou, dismembrandola dalla diocesi di Oyem e affidando ad essa la “Commissio sui iuris”, ed ha infine nominato primo prefetto apostolico di Makokou il padre Joseph Koerber, finora parroco a Libreville.

 

 

DOLORES SOPEGNA, DOMENICA PROSSIMA ALL’ONORE DEGLI ALTARI,

DONNA CORAGGIOSA ED INTRAPRENDENTE, INFATICABILE PROMOTRICE

DELLE CLASSI SOCIALI PIU’ POVERE NELLA SPAGNA DI FINE OTTOCENTO

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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E’ una donna di ieri e di oggi, un regalo e una scintilla di luce per il nostro mondo. La sua nascita a Velez Rubio, nella regione spagnola di Almeria, nel 1848; la sua morte a Madrid, il 10 gennaio 1918. I suoi genitori furono modello di vita umana e cristiana. Il cuore di Dolores Sopegna fu subito sensibile davanti alla sofferenza e alla perdita di dignità di molte persone del suo tempo, e si accese in lei il desiderio di far conoscere Dio e far sperimentare il suo amore a chi più era lontano dalla religione. Giovanissima scoprì la sua ardente vocazione per la promozione umana, l’annuncio di Gesù Cristo e la costruzione della fraternità: quale modo migliore per rendere credibile il Vangelo?

 

Comincia aprendo i Centri di Istruzione, nei quali insegnava il catechismo e la cultura di base. Questi Centri cominciarono ad estendersi a tutta la Spagna, partendo dalle borgate periferiche di Madrid. Più di 30 città e paesi, specialmente dove si soffrivano gli effetti della rivoluzione industriale, sollecitano la presenza di questa nuova opera che fa tanto del bene. Dolores Sopegna, donna infaticabile ed audace, con gli ardenti desideri che lo Spirito le metteva nel cuore e una fiducia senza limiti, in soli 4 anni compie 199 viaggi per rispondere alle molteplici domande.

 

I suoi Centri sono concepiti come spazi dove si cerca lo sviluppo della persona e la creazione di ambienti dove si vive la fraternità e l’amicizia, facendo conoscere l’amore e la tenerezza di un Dio intimo, che ci fa figli e fratelli in Cristo.

 

Fin dal principio si rende conto che un’opera così difficile e così vasta ha bisogno di molte mani. Per questo nel 1892 organizza un’associazione di laici (oggi Movimento Laici Sopegna) che sono formati nel lavoro e nello spirito dell’Opera. Poco dopo (1901) la forza dello Spirito la porta a fondare un Istituto religioso (oggi Istituto Catechista Dolores Sopegna) per dare consistenza e mantenere vivo lo spirito dell’Opera. L’anno seguente il Governo spagnolo approva gli statuti dell’Associazione Civile (oggi Opera Sociale Culturale Sopegna, Oscus).

 

Sul carisma dell’Istituto fondato da Dolores Sopegna ci parla ora Jacqueline Rivas:

 

“Per noi la promozione umana è un modo di evangelizzare perché porta l’uomo a svilupparsi ad immagine di Dio, e far conoscere Dio è il miglior modo di portare l’uomo a svilupparsi come persona. E’ importante poi che noi facciamo tutto questo apostolato assieme ai laici. Fondato l’Istituto, Dolores Sopegna non prescinde da loro ma, al contrario, intende che la catechista deve formare e mantenere lo spirito apostolico dei suoi collaboratori. Ci sentiamo inviate a costruire la fraternità; per dirlo con le parole di Dolores Spegna, “a fare di tutti una sola famiglia in Cristo Gesù”. E questo lo facciamo avvicinando quelli che sono lontani per motivi sociali, culturali, religiosi, ecc., aiutandoli a condividere con noi ciò che sono e quello che possiedono, attraverso programmi di volontariato sociale”.

 

Attualmente la Famiglia Sopegna è presente in Spagna, Italia, Cile, Argentina, Ecuador, Colombia, Messico, Repubblica Dominicana e Cuba, con 250 religiose in 35 case.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina così si impone: “Ore di trepidazione per la pace”: all'udienza generale nella solennità di San Giuseppe, patrono della Chiesa e uomo di pace, la preoccupazione e la preghiera di Giovanni Paolo II.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.

Una pagina sul tema “La Quaresima nelle Lettere pastorali dei vescovi italiani”.

Un articolo dal titolo: “La Novo Millennio ineunte nella testimonianza dei Movimenti ecclesiali”; un significativo incontro a Torino.

 

Nelle pagine estere, Iraq: in tutto il mondo ansia e timore crescenti accompagnano l'ostinata speranza che si possa ancora scongiurare il conflitto.

Medio Oriente: Mahmud Abbas nominato premier palestinese. Arafat mantiene la responsabilità della politica estera e del processo negoziale.

Terrorismo: arrestati in Pakistan due sospetti militanti di “Al Qaeda”.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Marco Testi dal titolo “L’animalizzazione come segno della crisi del pensiero”: un recente libro sul tema della ferinità dell'uomo nella letteratura e nella filosofia del ‘900.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica con il costante riferimento alla crisi irachena.

Il tema della giustizia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 marzo 2003

 

 

 

A POCHE ORE DALLO SCADERE DELL’ULTIMATUM AMERICANO A SADDAM HUSSEIN,

LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE SI MOBILITANO PER FRONTEGGIARE L’EMERGENZA

 IN CASO DI ATTACCO ALL’IRAQ, MENTRE CRESCE L’ANGOSCIA DELLA POPOLAZIONE IRACHENA. SI PROFILANO INTANTO POSSIBILI SCENARI POLITICI ED ECONOMICI

 DI UNA PAVENTATA GUERRA

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Sta per concludersi il drammatico conto alla rovescia scandito dall’ultimatum di George Bush a Saddam Hussein, che ieri ha rifiutato categoricamente l’ipotesi dell’esilio. Per il comandante della flotta americana nel Golfo, l’attacco verrà sferrato entro un paio di giorni. Intanto, secondo fonti kuwaitiane – smentite però dal Comando centrale americano – truppe statunitensi si sarebbero già trasferite nella zona smilitarizzata tra Kuwait e Iraq. Stamani il presidente del Parlamento iracheno ha chiamato a raccolta la Nazione a difesa del rais di Baghdad, mentre ieri il Dipartimento di Stato americano ha reso nota una lista di Paesi che appoggeranno gli Stati Uniti, politicamente o militarmente, nell’eventualità di una Seconda Guerra del Golfo. Da New York, Paolo Mastrolilli: 

 

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Il governo americano ha alzato il livello di allerta nazionale, perché teme che i terroristi cerchino di colpire gli Stati Uniti come ritorsione. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu torna a riunirsi oggi, ma a quel punto la guerra sarà imminente se non già cominciata. Il Segretario di Stato Powell ha detto che ormai 45 Paesi, tra cui l’Italia, sostengono l’attacco. Francia, Russia e Cina, però, hanno ribadito la loro opposizione anche se Parigi ha corretto la sua posizione dicendo che se gli iracheni useranno armi chimiche e biologiche come sospetta il Pentagono, entrerà nel conflitto a fianco degli Stati Uniti. Il premier britannico Blair invece ha ottenuto il via libera del Parlamento nonostante la rivolta interna al suo stesso Partito, con la dimissione di tre ministri contrari all’intervento.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Una crisi profonda quella del governo britannico. Stamani, infatti, è salito a quota 9 il bilancio delle dimissioni dei membri dell’esecutivo tra sottosegretari e ministri. Dal canto suo, Blair ha affermato sempre stamani che il cambio di regime a Baghdad è uno degli obiettivi dell’intervento armato. Intanto, in mattinata, il premier italiano, Silvio Berlusconi - parlando alla Camera - ha dichiarato che esistono le condizioni per legittimare l'uso della forza contro l'Iraq. Berlusconi ha poi ribadito che l’Italia non parteciperà direttamente ad operazioni militari nella regione, auspicando, tuttavia, che la crisi irachena non incida sull’efficacia dell’alleanza internazionale contro il terrorismo. Il governo turco ha, invece, deciso stanotte di sottoporre, nelle prossime ore, al Parlamento di Ankara la decisione dell’invio di truppe turche nel nord dell’Iraq e la concessione dello spazio aereo nazionale agli americani.

 

Sul fronte militare, al Pentagono si discutono i dettagli del piano di attacco, che prevede un intenso bombardamento nelle prime ore dell’offensiva, seguito da un raid sulla capitale irachena per catturare Saddam. Un conflitto tra forze impari, come spiega l’analista militare Andrea Margelletti dell’Isgeo, l’Istituto di studi geopolitici e geoeconomici, al microfono di Lucas Duran:

 

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R. – Non ci sarà “guerra” tra le Forze armate americane e l’Esercito di Saddam Hussein: da una parte, abbiamo una macchina perfetta, ben oleata, altamente tecnologica e dall’altra parte abbiamo quel poco che è rimasto dal conflitto del 1991, con assai poco desiderio di combattere. Il vero problema nascerà nel dopo-Saddam, se le forze occidentali riusciranno a stabilizzare il Paese o, nella versione più catastrofica, si aprirà terribilmente la pagina della guerra civile.

 

D. – Ecco, in questo senso qual è la posizione da aspettarsi che terranno Paesi come Giordania, Siria o Iran, Nazioni vicine, quindi?

 

R. – Credo che questi Paesi avranno un atteggiamento di grande equilibrio, vista la presenza delle Forze armate della coalizione occidentale in Iraq. Il vero problema potrà essere rappresentato da un regolamento di conti interno alle varie tribalità irachene.

 

D. – Da un punto di vista militare, si è più preparati ad evitare errori come quelli cui purtroppo ci hanno abituato altri recenti conflitti, che soprattutto colpiscono la popolazione civile?

 

R. – Bisogna avere l’onestà intellettuale di ammettere che non esiste una guerra a costo zero. Vi saranno drammatiche perdite tra i civili, anche perché Saddam Hussein ha fatto piazzare i suoi Comandi – o per lo meno i principali – all’interno di scuole, ospedali e moschee, proprio con lo scopo di elevare il numero delle perdite civili e quindi creare un caso internazionale. Certamente, la coalizione internazionale utilizzerà quanto di meglio e di maggiore livello tecnologico per potere minimizzare i rischi di perdite civili.

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Il popolo iracheno si appresta, dunque, con angoscia ad affrontare le amare conseguenze di un nuovo possibile conflitto, il terzo in vent’anni. Sullo spirito con il quale l’Iraq vive queste drammatiche ore, ascoltiamo la testimonianza del vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, al microfono di Fabio Colagrande:

        

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R. – Con tanto disagio, con tanta tristezza; non sanno cosa fare perché non si capisce quando e come sarà, e specialmente perché – come abbiamo sempre detto – non riusciamo a trovare nessuna ragione per questa guerra. E’ una guerra immorale, è una guerra ingiusta! I bambini chiedono: ‘Come mai? Perché ci attaccano? Perché non andiamo a scuola? Cosa mangeremo? Cosa faremo?’. E poi, i giovani che non hanno più speranza; e poi i vecchi, i malati: con quale animo possono aspettare? C’è tanta gente che fugge, alcuni vanno fuori dall’Iraq, altri vanno ai villaggi, nel Nord, cercando di trovare un posto più sicuro. Tutti ci raccomandiamo al Signore, alla Madonna. Una guerra è sempre contro l’uomo, contro i diritti umani, sempre contro Dio, perché Dio è il Dio della pace, ama l’uomo, ama tanto i bambini. Qual è la colpa dei bambini?

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Nell’imminenza del conflitto, si è innescata anche la corsa contro il tempo delle organizzazioni umanitarie per approntare i mezzi di sostegno alla popolazione irachena. Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, sta preparando una lettera al Consiglio di Sicurezza per chiedere l’approvazione di programmi alimentari straordinari. In prima linea per far fronte all’emergenza umanitaria, c’è poi l’Acnur - l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - che, attraverso la sua portavoce Laura Boldrini, spiega le difficoltà di intervento nel quadrante iracheno:

 

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R. – E’ difficile fare una previsione sulle conseguenze, perché non sappiamo che tipo di guerra sarà, quanto durerà, questa guerra. Questa è una popolazione indebolita da due guerre consecutive, da 12 anni di embargo, una popolazione che non ha più un ceto medio, c’è una piccola élite di ricchi ed una grande maggioranza di gente povera che deve veramente mettere insieme un pasto ogni giorno.

 

D. – Come si sta preparando l’Acnur per affrontare l’emergenza rifugiati in Iraq?

 

R. – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati da tempo sta preposizionando i beni di prima necessità nella regione; al momento, abbiamo aiuti per circa 300 mila persone già disponibili nella regione. Il punto, però, che va sottolineato qui è la mancanza di fondi disponibili. Noi abbiamo fatto una richiesta alla comunità internazionale a dicembre: ‘Dateci 60 milioni di dollari per fare il lavoro di preparazione’. Ad oggi ne abbiamo ricevuti solamente 19. Questo ha un impatto anche sulla capacità di reagire ai bisogni immediati da parte dell’Agenzia.

 

D. – Alcuni osservatori prevedono un flusso gigantesco di profughi iracheni verso le coste dell’Europa: è un rischio reale?

 

R. – Non possiamo neanche pensare che ad oggi si possano immaginare i rischi reali. Perché se i Paesi confinanti dovessero tenere malauguratamente tutti quanti le frontiere chiuse, di quale flusso parliamo? Ci sarebbe un flusso molto ridotto e ci sarebbe più che altro uno spostamento interno. Ci stiamo appellando ai Paesi confinanti perché tengano le frontiere aperte. Quindi direi che, se anche comunque ci sarà un flusso esterno, fuori della regione, sarà comunque contenuto, non da giustificare panico o comunque sentimenti di assedio da parte della popolazione.

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Tra gli aspetti della crisi, che la comunità internazionale sta seguendo con particolare attenzione, anche quello dei risvolti economici di un’eventuale guerra. Che, a seconda della durata, potrebbe avere effetti diversi sull’andamento dell’economia mondiale, come rileva – al microfono di Lucas Duran - il prof. Luigi Paganetto, docente di economia internazionale all’Università romana di Tor Vergata:

 

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R. - Ci sono differenti opzioni che si possono presentare e cioè: da una parte una guerra breve, con nessuna incidenza sulle disponibilità di petrolio purché non vengono incendiati i pozzi e la belligeranza non sia particolarmente lunga e quindi che la durata sia al massimo di due-tre settimane. Questo dovrebbe dare un quadro di relativa tranquillità per l’economia, non certo per gli uomini, che sono sempre preoccupati quando si parla di guerra. I costi sarebbero quindi quelli di una qualche diminuzione del tasso di sviluppo con un aumento solo temporaneo del prezzo del petrolio, che dovrebbe tornare a prezzi più bassi subito dopo l’estate. Naturalmente in queste valutazioni di costi e di benefici non si includono i costi umani che sono ovviamente o possono essere rilevanti. Detto questo c’è poi uno scenario meno positivo che è quello di una durata più lunga della guerra, con aumento del prezzo del petrolio e possibile riduzione della crescita per l’anno 2004.

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CHIESA E SOCIETA’

19 marzo 2003

 

 

 

PROSEGUONO LE PRESE DI POSIZIONE DELLA CHIESA

 CONTRO L’IPOTESI DI UNA GUERRA IN IRAQ ATTRAVERSO LE DICHIARAZIONI

DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DI INGHILTERRA, SPAGNA ED AFRICA

 

LONDRA. = Gli sforzi tesi ad una soluzione pacifica della crisi in Iraq  probabilmente non avranno l’esito sperato perché ormai l'intervento militare appare imminente. E’ questo il pensiero espresso in un comunicato dalle Conferenze episcopali di Inghilterra, Galles e Spagna. Il dibattito sulla questione irachena genera ancora profondi disaccordi sulla linea da adottare ed in questo periodo di grandi tensioni la fede e la preghiera  possono costituire un valido strumento di unione. “Qualunque sia la nostra opinione sulla crisi – affermano i vescovi britannici e spagnoli  - il nostro primo dovere è quello di pregare insieme”. “Preghiamo, ribadiscono, affinché i leader politici riconoscano che la riconciliazione e la giustizia rappresentano l’unica autentica possibilità di promuovere una pace stabile e duratura”. Le tre Conferenze episcopali esprimono poi la loro solidarietà a tutte le persone che saranno coinvolte dalle conseguenze dell’azione militare. “La nostra vocazione – aggiungono i presuli – deve essere quella di diventare costruttori di pace seguendo le strade della verità, della giustizia e dell’amore a cui il Vangelo ci chiama”. Una netta condanna ad un eventuale guerra nel Golfo Persico è stata espressa anche nel Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (Secam). “L'umanità – hanno detto i vescovi - sta vivendo un grave clima di insicurezza caratterizzato dalla diffusione del terrorismo e delle violazioni dei diritti umani”. In questo particolare momento storico, “in cui diversi Stati investono ingenti somme di denaro negli armamenti – hanno ammonito - i governi potrebbero invece utilizzare le loro risorse per sradicare la povertà dal pianeta”. I presuli, sottolineando come la guerra rappresenti un peso insopportabile soprattutto per i Paesi più poveri, hanno ricordato con le parole di Giovanni Paolo II che “la guerra è sempre una sconfitta per l’umanità”. (A.L.)

 

 

DIBATTITO ALL’ONU SU PROLIFERAZIONE DELLE ARMI E  ESERCITI MERCENARI IN AFRICA OCCIDENTALE. IL SEGRETARIO GENERALE HA PARLATO DI GRAVI FALLIMENTI

NELLE POLITICHE DI DISARMO E SMOBILITAZIONE DEGLI ESERCITI

 

NEW YORK. = Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale è puntata sulla crisi irachena, nel continente africano le guerra continua a causare inumane sofferenze tra la popolazione. In questi giorni il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sta tenendo un dibattito dal titolo “Proliferazione delle armi leggere e da fuoco e fenomeno dei mercenari: minacce alla pace e alla sicurezza in Africa occidentale”. Proprio ieri, il segretario generale, Kofi Annan, ha ringraziato i partecipanti al dibattito per aver focalizzato l’obiettivo su questo tema che in quella parte del continente sta causando una lunga scia di vittime e distruzione. “La facile reperibilità di armi leggere e da fuoco -  ha detto Annan nel suo intervento – è fortemente legata alla drammatica crescita delle uccisioni tra le donne e i bambini e con il fenomeno dei bambini soldato. Armi da fuoco automatiche sono portate e utilizzate da bambini di 9 o 10 anni. Il legame è particolarmente evidente nell’Africa orientale”. Come esempi, il segretario generale ha portato i conflitti in Liberia, Sierra Leone e Costa d’Avorio.  Il problema dei mercenari, invece, per Annan è causato dalla mancanza di finanziamenti e azioni adeguate miranti al disarmo, dal fallimento dei programmi di smobilitazione degli eserciti e di reinserimento nella società degli ex-combattenti e dall’insuccesso degli aiuti umanitari in Paesi come Liberia e Guinea-Bissau. Il segretario generale ha richiesto ai Paesi della regione un rinnovato impegno nella risoluzione di questi problemi e ai Paesi coinvolti, ed in particolare ai loro leader, una vigilanza più attenta e cosciente sulle concrete e attuali minacce per la pace nella regione. (M.A.)

 

 

“CHE DEVO FARE, SIGNORE?”  È IL MOTTO DELL’ODIERNA “GIORNATA DEL SEMINARIO”, CAMPAGNA DEI VESCOVI SPAGNOLI IN FAVORE DELLE VOCAZIONI AL SACERDOZIO. NEL LORO MESSAGGIO, I PRESULI INVITANO I RAGAZZI A PREGARE,

CHIEDENDO A CRISTO DI POTERSI ABBANDONARE ALLA SUA VOLONTÀ

 

MADRID. = La Chiesa spagnola celebra oggi la “Giornata del seminario”, campagna con la quale i vescovi intendono attirare l’attenzione dei fedeli sulla nascita delle vocazioni al sacerdozio. La domanda che Saulo, appena folgorato sulla via di Damasco, rivolge a Gesù, “Che devo fare, Signore?”, è stata scelta come motto: sottolinea l’importanza del dialogo, della preghiera rivolta a Cristo. “La preghiera – scrivono i vescovi – è un dialogo personale e trasformatore con Gesù. Da esso sorge l’illuminazione per la propria vita e la scoperta della missione alla quale Dio chiama”. I presuli ricordano le parole del Papa nella Novo millennio ineunte, affinché la preghiera sia il centro della pastorale vocazionale, e invitano i giovani e i formatori a dialogare sempre più con Dio attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, l’adorazione al Santissimo Sacramento, la lectio divina, il Rosario e la recita dei Salmi. Ma oltre l’invito al dialogo, i vescovi sottolineano la richiesta che dalla domanda “Che devo fare, Signore?” proviene: essere strumenti di Dio abbandonati alla sua volontà. Questo è il punto centrale della Campagna. “Il vero interrogativo vocazionale – spiegano presuli – non è chiedersi cosa voglio fare della mia vita, perché non si può prospettare la vocazione come un’opzione. Nella teologia e nella pastorale della vocazione bisogna dare priorità all’elezione divina”. Per i vescovi, quindi, la vera domanda che bisogna porsi è “Che cosa vuole Dio da me e perché mi ha scelto?”. Poste sulla bocca di Paolo  o di un giovane di oggi, scrivono i presuli iberici, queste parole riconoscono Cristo come l’unico Signore della vita e della storia, al di sopra degli idoli, del proprio io e dei propri progetti”. L’anno scorso in Spagna sono entrati in seminario 327 ragazzi e sono stati ordinati 195 sacerdoti diocesani. Complessivamente i seminaristi sono 1699. (M.A.)

 

 

L’INVIATO DELL’ONU PER I DIRITTI UMANI, IL BRASILIANO PAULO SERGIO PINHEIRO, ARRIVERA’ OGGI IN MYANMAR PER PROPORRE ALLE AUTORITA’ LOCALI 

LA CREAZIONE DI UN ORGANISMO INDIPENDENTE CHE INDAGHI 

SULLE VIOLAZIONI COMPIUTE NEL PAESE

 

RANGOON. = È atteso oggi in Myanmar (ex Birmania) l’inviato dell’Onu per i diritti umani, il brasiliano Paulo Sergio Pinheiro. Durante la visita, che si concluderà il 26 marzo, il diplomatico cercherà di capire se la giunta militare al potere nel Paese asiatico ha compiuto passi in avanti nell’amministrazione della giustizia e nel rispetto delle più elementari libertà politiche. L’inviato dell’Onu discuterà inoltre con le autorità birmane del progetto di un organismo indipendente, che indaghi sulle violazioni dei diritti umani compiute nelle aree in cui sono presenti minoranze etniche, in particolare nello Stato Shan (Myanmar nordorientale). Sergio Pinheiro presenterà i risultati della propria indagine alla Commissione dei Diritti umani dell’Onu, il cui annuale incontro di sei settimane è iniziato domenica scorsa a Ginevra. Sempre oggi arriverà nell’ex Birmania il primo ministro del Bangladesh, Khaleda Zia. Scopo ufficiale della visita è incrementare i commerci tra i due Stati. Khaleda Zia incontrerà rappresentanti della comunità economica e finanziaria birmana, oltre ai leader militari che siedono nella giunta, tra cui il generale Than Shwe. Nel Paese, intanto, è sempre più acceso lo scontro tra la giunta militare al potere e la stampa thailandese, “colpevole” di aver riportato nei giorni scorsi un presunto piano di un leader birmano per assassinare il primo ministro della Thailandia, Thaksin Shinawatra. Con un comunicato diffuso dalla capitale Yangon, le autorità birmane hanno seccamente smentito la notizia secondo la quale il leader dell’etnia wa, Bao Yuxiang, avrebbe pianificato l’omicidio di Shinawatra per punirlo della dura campagna anti-droga avviata lo scorso primo febbraio e costata la vita ad oltre mille persone. (A.L.)

 

 

IL PREMIO DELLA TOLLERANZA 2003, PROMOSSO DALL’ACCADEMIA EUROPEA DELLE

LETTERE, DELLE SCIENZE E DELLE ARTI, CONFERITO ALL’ARCIVESCOVO

IRACHENO DI BASSORA, MONS. DJIBRAIL KASSAB, DISTINTOSI PER LA

SUA NETTA CONDANNA AD OGNI FORMA DI RAZZISMO

 

BASSORA.= Il premio della tolleranza 2003, promosso dall’Accademia europea delle scienze, delle lettere e delle arti è stato conferito all’arcivescovo iracheno di Bassora, mons. Djibrail Kassab. “Il prelato cattolico caldeo – si legge nella motivazione del premio – si è distinto per la sua azione in favore della tolleranza, del dialogo e contro ogni forma di razzismo”. Mons. Kassab ha chiesto a più riprese la fine dell’embargo e di ogni sanzione contro l’Iraq. In una situazione disperata come quella in cui versano gli abitanti di Bassora, l’arcivescovo ha sempre aiutato tutti i bisognosi, sia cristiani che musulmani. Il presule ha organizzato una farmacia dove vengono distribuiti gratuitamente medicinali ai più poveri e ha favorito la realizzazione di tre asili frequentati da bambini per l’80 cento musulmani. L’arcivescovo ha anche promosso l’apertura di un piccolo istituto dove studiano 150 giovani che vengono preparati all’uso del computer. Il premio della tolleranza, che sarà consegnato il prossimo 15 agosto a Salisburgo, è stato istituito nel 1997 ed è assegnato a coloro che si distinguono per il loro impegno a favore dei diritti umani. Tra i premiati, in passato, anche il cardinale Franz König, già arcivescovo di Vienna e l’ex sindaco di Gerusalemme, Teddy Kollek. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 marzo 2003

 

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

Il leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat ha riconosciuto ufficialmente il nuovo premier Mahmud Abbas, la cui attribuzione dei pieni poteri era stata definitivamente approvata stamani dal parlamento palestinese. Nel frattempo sui territori proseguono le violenze. Gli ultimi scontri a fuoco avvenuti nella zona di Betlemme hanno registrato la morte di due persone: un israeliano e un palestinese, quest’ultimo uno dei più importanti capi militari di Hamas in Cisgiordania. E Israele si prepara all’imminente conflitto con l’Iraq, come ci riferisce Graziano Motta.

 

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“C’è una percentuale minima di possibilità per un attacco iracheno, ma siamo preparati al cento per cento per rispondere a tale rischio”, così il primo ministro Sharon, stamane, ha affermato alla riunione straordinaria del governo israeliano. “Questa guerra”, ha proseguito Sharon, “non è la nostra. Ma noi ne conosciamo il pericolo. Sappiamo che l’Iraq è un gran Paese implicato nel terrorismo e  possiede armi di distruzione di massa. Salutiamo gli Stati Uniti e il presidente Bush e auguriamo che la loro impresa sia coronata dal successo”. In campo palestinese il primo ministro Mahmud Abbas, la cui nomina è stata ratificata ieri dal Consiglio legislativo palestinese, comincia le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Forse confermerà agli Interni l’attuale Hani el-Hassan, che giovedì scorso – ma lo si è saputo soltanto oggi – ha incontrato segretamente il capo dello Stato israeliano Moshe Katsav. Alle sue idee che potrebbero condurre ad un cessate il fuoco, Katsav ha replicato che “davanti all’ampiezza del terrorismo palestinese non si può parlare al momento di conciliazione o di un cessate il fuoco sulla parola d’onore”.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Identificato ad Honk Kong il misterioso virus responsabile della ''polmonite atipica''. Lo riferiscono fonti mediche. Ad isolare il virus, che finora ha provocato la morte di 12 persone in diverse parti del mondo, è stata un’equipe di scienziati dell'Università Cinese. La cosiddetta ‘polmonite atipica’, appartiene alla famiglia dei paramyoxoviridae. Gli esperti sono ora al lavoro per individuare i farmaci ed un eventuale vaccino, utili a sconfiggere il virus. Ma hanno fatto sapere che saranno necessarie ulteriori indagini per capire la struttura della malattia.

 

In Cina, al termine dell’Assemblea Nazionale del Popolo, il nuovo presidente Hu Jintao e il primo ministro Wen Jabao, promettono di continuare e ampliare le riforme economiche, mantenendo però il quadro del socialismo, con caratteristiche cinesi. Per noi il servizio di Bernardo Cervellera.

 

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Wen Jabao ha esaltato i grandi risultati economici raggiunti dalla Cina promettendo di affrontare i problemi della disoccupazione delle campagne, stremate dalle riforme di tipo capitalista. Il presidente Hu Jintao ha detto che il Paese necessita una leadership più giovane e ha esaltato le figure di Mao Tze Tung e di Jang Zemin.

 

Nella valanga di nuove cariche, votate all’Assemblea, 15 ministri su 28 sono di prima nomina. Garantiranno efficienza e modernizzazione dell’apparato burocratico ma sempre sotto la supremazia del partito. Il governo ha anche promesso un trattamento paritario delle industrie statali e di quelle private, ma l’enfasi sulle riforme economiche ha oscurato la richiesta di riforme politiche che proviene da diversi settori sociali.

 

In campo internazionale la Cina si sente più sicura. Sulla crisi irachena il nuovo ministro degli esteri, Li Chao Shin, si è espresso a favore della diplomazia e contro la guerra, ma sul fronte interno bisogna registrare che in molte zone ad alta disoccupazione sono proibiti assembramenti e manifestazioni.

 

Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervelliera.

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Repubblica Centroafricana. A quattro giorni dal colpo di stato che ha destituito il presidente Angé Patassé, il generale golpista Francois Bozize ha ricevuto ieri nella capitale Bangui i ministri degli esteri del Gabon e della Repubblica Democratica del Congo. Dalla Casa Bianca giunge intanto la condanna per il colpo di stato di sabato: Washington minaccia di sospendere tutti gli aiuti economici al Paese africano.

 

Italia. Un anno fa, la sera del 19 marzo del 2002, veniva ucciso sotto la sua abitazione a Bologna, il prof. Marco Biagi, il consulente del ministro del Welfare Roberto Maroni, autore del Libro bianco sulla riforma del mondo del lavoro. Proprio in queste settimane le indagini sull’omicidio Biagi hanno registrato una svolta importante con l’arresto della brigatista Nadia Desdemona Lioce. Il servizio è di Giampiero Guadagni.

 

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Come tre anni prima, con Massimo D’Antona, le Brigate Rosse, uccidendo il 19 marzo dello scorso anno Marco Biagi, colpivano un simbolo del riformismo e del dialogo sociale. Biagi aveva dedicato la sua attività a dare nuove regole e nuovi diritti al mondo del lavoro, facendo riferimento alla legislazione europea. La riforma, approvata recentemente dal Parlamento e che proprio da Biagi prende il nome, introduce nuove forme contrattuali, dà per la prima volta tutela ad un gran numero di lavoratori cosiddetti atipici, apre il collocamento ai privati, e riordina la formazione legandola ai sussidi di disoccupazione. Un disegno ambizioso che doveva culminare nella formulazione del nuovo Statuto dei lavoratori. Un disegno, interrotto dal terrorismo che, in questi ultimi anni, si è riorganizzato.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Scoperti sistemi di intercettazione telefonica nella sala del Consiglio dell’Unione Europea. Lo ha comunicato il capo del servizio stampa del Consiglio dell'Ue, Dominique Marro. Le linee interessate riguardano alcuni paesi del vecchio continente tra cui Germania e Francia. Non ci sono ancora indicazioni  precise su chi abbia installato i sistemi, ma il quotidiano francese “Le Figaro” scrive: la messa in opera dei microfoni è americana.

 

Il governo indipendentista ceceno ha presentato un piano di pace che prevede il ritiro di tutte le truppe russe dalla Repubblica e una piena indipendenza sotto il controllo delle Nazioni Unite. Il piano è stato presentato anche a Washington. La notizia giunge a pochi giorni dal referendum costituzionale del prossimo 23 marzo, avvenimento che dovrebbe sancire legalmente il posto della Cecenia all'interno della Federazione russa sia pure con una  ''vasta autonomia'' come promessa dal presidente Vladimir Putin.

 

Parecchie decine arresti di dissidenti sono stati eseguiti dal regime a Cuba. Per le autorità, gli uomini sarebbero legati alla rappresentanza diplomatica Usa, il cui responsabile, James Cason, è accusato di "cospirazione". Immediatamente imposte dal governo di L’Avana restrizioni ai movimenti dei diplomatici Usa.

 

Torna la violenza nelle Filippine. Ieri in uno scontro armato tra militari e estremisti islamici di ‘Abu Sayyaf”, avvenuto in un villaggio di Basilan, è rimasto ucciso uno dei leader del gruppo, ricercato tra le altre cose per due sequestri di sacerdoti: padre Bernardo Blanco, claretiano spagnolo, tenuto sotto sequestro nel 1993 per 49 giorni, e padre Cirilo Nacorda, sacerdote diocesano prigioniero nel 1994 per 61 giorni.

 

 

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