RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 75 - Testo della Trasmissione domenica 16 marzo 2003

 

Sommario

 

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nuovo, vibrante appello del Papa per la pace. Dichiarazione del cardinale Pio Laghi inviato del Papa a Washington per scongiurare il conflitto iracheno.

 

Festa dei giovani ieri sera col Santo Padre nell’Aula Paolo VI  in occasione della prima giornata europea degli universitari

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 

Ore decisive per la crisi irachena: Bush, Blair e Aznar si incontrano alle Azzorre.

 

25 anni fa il sequestro di Aldo Moro: dietro il dramma la storia del forte vincolo di amicizia con Paolo VI. Il commento del cardinale Roberto Tucci e dello storico Pietro Scoppola.

 

Una pietra miliare per la difesa dei diritti umani: l’entrata in funzione della Corte Penale Internazionale dell’Aja. Con noi Mauro Politi.

 

 

CHIESA E SOCIETA’:

Convegno a Milano sulla “Pacem in terris”  con l’intervento dell’Arcivescovo Renato Raffaele Martino.

 

Golpe nella repubblica centrafricana: la capitale Bangui in mano ai ribelli del generale Bozize’.

 

 Attacco terroristico nel Kashmir, ribelli islamici assaltano un edificio della polizia indiana uccidendo 11 persone.

 

Si è aperta Kyoto, in Giappone, la Conferenza mondiale sull’acqua.

 

In Cina, l’Assemblea nazionale del popolo nomina primo ministro il sessantunenne Wen Jabao.

 

Domenica elettorale per i finlandesi chiamati a rinnovare il parlamento.

 

 

 

 

 

 

  IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 marzo 2003

 

 

 

C’E’ ANCORA TEMPO PER NEGOZIARE. C’E’ ANCORA SPAZIO PER LA PACE: COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS DOMENICALE INVITANDO I FEDELI A PREGARE

 PERCHE’ SIA SCONGIURATO IL CONFLITTO IRACHENO

 

- A cura di Giovanni Peduto -

 

 

         Il Santo Padre ha levato ancora forte la sua voce per la pace nella regione mediorientale affermando che, di fronte all’umanità segnata da gravi squilibri e tanta violenza, non dobbiamo perdere la fiducia: su questo mondo si riflette, fedele e misericordioso, l'Amore di Dio, che rifulge in pienezza sul volto di Cristo. Ascoltiamo:

        

**********

                  “In questa prospettiva di fede, desidero rinnovare un pressante appello a moltiplicare l'impegno della preghiera e della penitenza, per invocare da Cristo il dono della sua pace. Senza conversione del cuore non c'è pace. I prossimi giorni saranno decisivi per gli esiti della crisi irakena. Preghiamo, perciò, il Signore perché ispiri a tutte le Parti in causa coraggio e lungimiranza”. Certo, i Responsabili politici di Baghdad hanno l'urgente dovere di collaborare pienamente con la comunità internazionale, per eliminare ogni motivo d'intervento armato. A loro è rivolto il mio pressante appello: le sorti dei loro concittadini abbiano sempre la priorità! Ma vorrei pure ricordare ai Paesi membri delle Nazioni Unite, ed in particolare a quelli che compongono il Consiglio di Sicurezza, che l’uso della forza rappresenta l'ultimo ricorso, dopo aver esaurito ogni altra soluzione pacifica, secondo i ben noti principi della stessa Carta dell’ONU. Ecco perché - di fronte alle tremende conseguenze che un'operazione militare internazionale avrebbe per le popolazioni dell’Iraq e per l'equilibrio dell’intera regione del Medio Oriente, già tanto provata, nonché per gli estremismi che potrebbero derivarne - dico a tutti: c’è ancora tempo per negoziare; c'è ancora spazio per la pace; non è mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare”.

***********

 

         Riflettere sui propri doveri, impegnarsi in fattivi negoziati – ha quindi affermato Giovanni Paolo II - non significa umiliarsi, ma lavorare con responsabilità per la pace. I cristiani sono convinti che la pace autentica e duratura non è solo il frutto di pur necessari accordi politici e intese fra individui e popoli, ma è dono di Dio a quanti si sottomettono a Lui e accettano con umiltà e gratitudine la luce del suo Amore.

 

         Il Papa, a questo punto, parlando a braccio, ha detto:

 

         *********                 

“Devo dire che io appartengo alla generazione che ricorda bene, ha vissuto e, grazie a Dio sopravvissuto, alla seconda guerra mondiale e per questo ho anche il dovere di ricordare ai più giovani, che non hanno avuto questa esperienza, di ricordare e di dire ‘mai più la guerra’. Così come diceva anche Paolo VI nella sua prima visita alle Nazioni Unite: facciamo del tutto. Sappiamo bene che non è possibile domandare la pace ad ogni costo, ma sappiamo tutti quanto sia grande, grandissima la responsabilità. E poi preghiera e penitenza.

          **********

 

Il Pontefice ha quindi chiesto a Maria di ottenerci che questa Quaresima non venga ricordata come un triste tempo di guerra, ma come un periodo di coraggioso impegno per la conversione e la pace; ed ha affidato questa intenzione alla speciale intercessione di San Giuseppe, del quale mercoledì prossimo celebreremo la solennità.

        

A seguito di questo vibrante ed ulteriore appello del Papa per la pace, abbiamo raggiunto il cardinale Pio Laghi, che è stato inviato speciale del Pontefice a Washigton per scongiurare il conflitto: 

 

**********

         Posso dire che la voce del Papa è quella che suona di più in questi momenti. Anzitutto è una voce che invita alla preghiera, perché noi abbiamo in mano la chiave che potrebbe aprire la porta della pace, soprattutto in questo momento in cui sembra che arriviamo ad un punto dove c’è molta fretta di decidere.Il Papa ci insegna, a chiusura della settimana di  ritiro spirituale, a pregare per la pace. Quindi noi siamo impegnati a questo. Il resto è nelle mani di Dio. Noi cerchiamo di fare di tutto. Si è visto in modo particolare l’impegno del Papa anche per quanto riguarda l’azione diplomatica dei suoi collaboratori. Si insiste, sia in Oriente sia in Occidente. Oggi si incontrano i tre della Spagna, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Speriamo che possa arrivare anche a loro la voce del Papa, mentre stanno decidendo. E’ l’augurio che io faccio. Speriamo che la voce del  Papa sia veramente una voce che, attraverso le nubi del cielo che si addensano un po’ oscure su questo mondo oggi, possa veramente arrivare a Dio affinché faccia il miracolo.

**********

 

 

 

 

 

 

 

“I GIOVANI CRISTIANI DEVONO ESSERE OGGI PIU’ CHE MAI COSTRUTTORI DI PACE NELLA GIUSTIZIA”. COSI’ IERI POMERIGGIO GIOVANNI PAOLO II

 DURANTE LA VEGLIA CON GLI UNIVERSITARI IN AULA PAOLO VI

 

Un nuovo appello alla pace è risuonato ieri pomeriggio nelle parole di Giovanni Paolo II, durante la veglia mariana per la Prima Giornata Europea degli Universitari. Rivolgendosi alle sue “care sentinelle del mattino”, il Papa ha invitato tutti a dedicarsi con fervore alla recita del Rosario per implorare quella pace di cui “il mondo oggi ha particolarmente bisogno”. L’incontro, a cui hanno partecipato anche i giovani di 6 città europee grazie ad un collegamento via satellite, è stato animato da oltre 1.200 cantori, membri di tutti i Cori dei Conservatori italiani e di molti Cori universitari di diverse città italiane. Il servizio è di Barbara Castelli:

 

***********

(musica)

 

“I giovani cristiani sono chiamati ad essere costruttori di unità nella diversità, di libertà nella verità e di pace nella giustizia, di quella pace di cui il mondo ha oggi particolarmente bisogno”.

 

Questa l’esortazione espressa ieri pomeriggio da Giovanni Paolo II, nel corso della veglia mariana per la Prima Giornata Europea degli Universitari. Durante l’incontro, evento portante di questa Giornata promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, i giovani universitari hanno acceso la lampada della pace, affinché le tenebre della guerra siano dissipate dal futuro dell’umanità.

 

Con l’arrivo del Papa è esploso nell’aula Paolo VI, in Vaticano, un fragoroso applauso, seguito da gioiosi cori.  “Questa sera abbiamo pregato per l’Europa - ha detto il Papa alla presenza di migliaia di studenti e in collegamento televisivo con Colonia, Cracovia, Fatima, Uppsala, Bratislava e Vienna - in un momento importante della sua storia. I giovani possono e debbono partecipare alla costruzione della nuova Europa, con il loro contributo di aspirazioni e di ideali, di studio e di lavoro, di creatività e di generosa dedizione”.

 

Nel corso della veglia di preghiera, Giovanni Paolo II ha sottolineato, citando le Giornate Mondiali della Gioventù, quanto cari gli siano gli incontri con i ragazzi del mondo. “Sono eventi - ha detto - che mi permettono di incontrare giovani di diversi continenti, ascoltarli e parlare loro di Cristo”. Alle sue care sentinelle del mattino il Papa ha ricordato di dedicarsi alla recita del Rosario, poiché la preghiera mariana per eccellenza ha la capacità di “cambiare le sorti del mondo”. Indicando il tema della prossima GMG, che verrà celebrata in ogni diocesi la Domenica delle Palme, “Ecco la tua Madre”, il Pontefice ha, inoltre, invitato tutti a “riconoscere e accogliere Maria come Madre”, seguendone docilmente l’esempio.

 

Non è mancata, infine, l’occasione per scherzare con i suoi giovani. L’improvvisazione del Papa è iniziata con un ringraziamento all’arcivescovo di Co

 

 

 

 

 

lonia, cardinale Joachim Meisner, che in collegamento televisivo dalla sua diocesi aveva appena invitato tutti a partecipare alla GMG del 2005 in Germania.

 

“Ringrazio il cardinale di Colonia Joachim Meisner per il suo cordiale  invito e sono certo che l’invito anche per me che, come vedete, non sono più tanto  giovane”.

 

Al termine dell’incontro con il Pontefice, i giovani hanno portato in processione l’icona di Maria Sedes Sapientiae dal Vaticano alla Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, antica sede dell’Università di Roma.

**********

 

 

 

 

=======ooo=======

 

 

 

 

 

GGI IN PRIMO PIANO

16 marzo 2003

 

 

 

ORE DECISIVE PER L’ESITO DELLA CRISI IRACHENA: NELLE AZZORRE, VERTICE TRA BUSH, BLAIR E AZNAR, MENTRE L’IRAQ SI PREPARA AD AFFRONTARE LA GUERRA. IN TUTTO IL MONDO, PROSEGUONO LE MANIFESTAZIONI A SOSTEGNO DELLA PACE

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 “Una nuova risoluzione dell’Onu sarebbe politicamente preferibile”, ma “da un punto di vista legale non é indispensabile”. E’ un segnale chiaro quello lanciato dal premier spagnolo, José Maria Aznar, - in un’intervista alla Bbc - proprio nell’imminenza del decisivo vertice delle Azzorre sulla crisi irachena tra lo stesso Aznar, George Bush e Tony Blair. Il vertice-lampo di questo pomeriggio nell’arcipelago al largo dell’Atlantico innescherebbe, secondo alcuni osservatori, il “conto alla rovescia” verso il conflitto. Tuttavia, il governo del Portogallo, che ospita la riunione, ha assicurato che il vertice “non dichiarerà la guerra” all'Iraq. Sembra, comunque, sempre più stretto lo spazio di manovra della diplomazia per evitare un’escalation militare nel Golfo Persico.

 

 Ieri, nel suo consueto messaggio radiofonico del sabato, il presidente americano ha usato parole durissime nei confronti del regime di Saddam Hussein, aggiungendo che i governi “devono mostrare se gli impegni affermati per la pace e la sicurezza sono solo parole, o convinzioni per le quali sono pronti ad agire”. Dal canto loro, Germania, Francia e Russia – i Paesi che guidano il fronte del “no” alla guerra – hanno chiesto per domani una riunione del Consiglio di sicurezza a livello dei ministri degli Esteri nella quale esaminare i “problemi prioritari del disarmo” iracheno e l’ulteriore lavoro degli ispettori. Il presidente francese Jacques Chirac ha inoltre dichiarato alla Cnn di essere disposto ad assegnare al massimo 30 giorni di tempo agli ispettori dell’Onu per il disarmo dell’Iraq. Proprio i capi missione dell’Onu in Iraq, Blix ed El Baradei, stanno valutando in queste ore l’ipotesi di accogliere l’invito di Baghdad a recarsi in Iraq per “discutere il modo di accelerare la cooperazione, particolarmente per quanto riguarda le questioni ancora in sospeso”.

 

Intanto, mentre continuano anche oggi le operazioni per la distruzione dei missili al Samoud-2, una fonte diplomatica irachena ha reso noto che entro due giorni verrà consegnato alle Nazioni Unite un rapporto sull’antrace che Baghdad dichiara di aver distrutto unilateralmente nel 1991. Se quindi l’azione diplomatica cerca ancora di risolvere pacificamente la crisi, la macchina bellica americana è ormai pronta a sferrare l’attacco. Anche il governo iracheno, dal canto suo, si prepara alla guerra. Ne è un segnale evidente la decisione, annunciata ieri, di suddividere il Paese in quattro distretti militari, per i quali sono stati nominati quattro responsabili, sotto il comando di Saddam Hussein. La responsabilità per la difesa della capitale è stata attribuita a Qusay, il figlio minore del rais di Baghdad.

 

 Chi, invece, non si rassegna all’idea di un conflitto sono i pacifisti, che, anche ieri, sono scesi in piazza in ogni parte del mondo. Imponente la manifestazione svoltasi a Milano con almeno 400 mila persone (700 mila secondo gli organizzatori), mentre oltre 100 mila berlinesi hanno sfilato per le vie della capitale tedesca in una fiaccolata della pace. Non sono, d’altro canto, mancate le manifestazioni negli Stati Uniti. Centri dell’iniziativa pacifista americana sono stati Washington e San Francisco, dove decine di migliaia di persone hanno protestato contro l’ipotesi di una guerra in Iraq.

 

 

 

 

IL SEQUESTRO DI ALDO MORO 25 ANNI DOPO:

DIETRO IL DRAMMA, LA STORIA DEL FORTE VINCOLO DI AMICIZIA

TRA LO STATISTA E PAOLO VI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

*********

(musica)

         L’agguato pianificato con precisione militare, l’esecuzione spietata degli uomini della scorta, il sequestro dell’uomo che, inseguendo un suo progetto, aveva ridisegnato gli equilibri politici del momento con una non pienamente compresa, per quell’epoca, “fuga in avanti”. Il 16 marzo del 1978 e il rapimento dell’on. Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, sono la data e l’avvenimento che creano uno spartiacque e una ferita profondi nella storia della Repubblica italiana e nella coscienza dei suoi cittadini. La voce incredula ed emozionata dell’inviato del Gr2 Rai sul luogo della strage, Franco Bucarelli, è lo specchio fedele dello scalpore che la notizia del sequestro sollevò in tutto il Paese:

 

“E’ difficile trovare parole per descrivervi quello che vedo davanti ai miei occhi. La scena è raccapricciante. La macchina di Moro è crivellata di colpi, quella della scorta addirittura è stata raggiunta da una cinquantina di proiettili misti di mitra e di pistola”.

 

Da Via Fani a Via Caetani - rispettivamente luogo del rapimento e del ritrovamento del corpo dello statista, 55 giorni dopo - l’Italia vive l’incubo massimo della vulnerabilità, scavata nel sangue e nella violenza degli Anni di Piombo, come venne definito il periodo segnato dall’imperversare delle Brigate Rosse e dell’eversione armata in generale. Senza voler ricostruire un evento dal quale, nonostante la monumentale vicenda giudiziaria e processuale seguita all’assassinio, non tutte le ombre sono state dissipate, intendiamo soffermarci sul ruolo che, in quei giorni di tensione politica e sociale, giocò l’affettuosa amicizia che legava Aldo Moro a Papa Paolo VI.

 

         Tre furono gli interventi pubblici di Papa Montini: un Pontefice che apparve agli occhi del mondo visibilmente segnato dal dramma e che tuttavia non risparmiò suppliche accorate per la salvezza del presidente democristiano. Dopo un primo appello, tre giorni dopo il rapimento, all’Angelus del 2 aprile Paolo VI pronuncia queste parole:

 

“Noi rivolgiamo tuttavia agli ignoti autori del terrificante disegno un appello vivo e pressante per scongiurarli di dare libertà al prigioniero. E’ già troppo alto il prezzo pagato con il sangue e con la desolazione in cinque famiglie, e sono così disumane la sofferenza del rapito, l’angoscia silenziosa dei suoi cari, il trauma della coscienza pubblica. Noi non disperiamo. Noi preghiamo!”.

 

         La cronaca di quei giorni racconta che mai le Br mostrarono un cenno di replica alle richieste di Paolo VI. Nemmeno quando - venti giorni dopo l’Angelus, e dopo una lettera scritta di pugno da Moro al Papa stesso e recapitata in Vaticano - il Pontefice decise di implorare pietà per il rapito con accenti di profonda commozione. Ecco come, il 22 aprile 1978, la nostra emittente annunciò il terzo e ultimo messaggio di Paolo VI ai terroristi:

 

“Qui è la Radio Vaticana, la redazione di Quattro Voci in edizione straordinaria. Sono le 10 e 49 minuti.

 

Paolo VI ha rivolto un appello alle Brigate Rosse”.

(musica)

“Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d’avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi avete annunciata contro di lui. (...) Vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità (...) Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità (...)”.

         Anche l’estremo tentativo non sortì alcun effetto e le parole del Papa echeggiarono nel silenzio dei suoi interlocutori. Un silenzio che acuì l’intima sofferenza di Giovan Battista Montini, come racconta ai nostri microfoni il cardinale Roberto Tucci:

 

R.- Paolo VI era in amicizia con Moro dai tempi in cui egli era assistente dell’Azione Cattolica: lo conosceva e gli voleva bene come un amico, quindi per lui è stato terribile ciò che gli accadde. Credo che questa tragedia di Moro abbia colpito anche personalmente Papa Paolo VI nelle condizioni di salute precaria che già cominciavano a mostrarsi. Credo che egli abbia avuto un termine di vita più breve di quello che forse si sarebbe potuto prevedere e ciò proprio a causa di questa grande sofferenza. Davvero, Paolo VI stimava molto Aldo Moro. Nella lettera che scrisse ai brigatisti, parlò di Moro definendolo “uomo buono e onesto, che nessuno può incolpare di nessun reato o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile”. Mi ha colpito, rileggendo il testo della lettera di Paolo VI ai brigatisti, una considerazione di mons. Macchi, divenuto in seguito vescovo ma allora segretario privato del Papa. In un libro molto interessante che ha pubblicato di recente, intitolato “Paolo VI nella sua parola”, mons. Macchi fa questa affermazione: “L’accoglienza della lettera fu unanime. Tutti i mezzi di comunicazione diedero voce all’universale commozione, ma i destinatari della lettera non si fecero vivi in alcun modo, né allora né dopo. Lo dico con molta amarezza: sembra impossibile che nessuno di loro vi abbia accennato pur nelle cosiddette ‘rivelazioni’ rese pubbliche negli anni successivi”. Condivido pienamente questa espressione di rammarico e anche, in un certo senso, di condanna. E mi meraviglio anche del fatto che questi brigatisti, quelli più integerrimi nella loro ideologia, pure se si sono dissociati non hanno mai realmente detto tutta la verità sulla questione Moro. In questo capisco anche le reazioni della famiglia. Ancora oggi il figlio di Moro si lamenta di questo: che ancora non si sia fatta piena luce su tutta la vicenda Moro.

 

         Delle infinite letture che il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro hanno prodotto e moltiplicato, la distanza da quel tragico evento ha permesso agli studiosi di recuperare un giudizio più sereno su quella “strategia della fermezza” che la Dc e il governo Andreotti appena eletto decisero di opporre alla “strategia della tensione” delle Brigate rosse. Sentiamo il parere dello storico Pietro Scoppola:

 

R.- Una cosa che si è chiarita sul piano storico è il superamento di questa immagine polemica, nata allora e poi ripresa in tanti commenti, di una Democrazia cristiana non dico compiaciuta ma che, in qualche modo, abbandona il suo presidente nelle mani dei brigatisti, in nome di questa intransigenza, della non trattativa... Riguardo a ciò, sono venuti alla luce documenti interessanti: per esempio, i documenti depositati all’Istituto Sturzo, visibili - io stesso ho potuto consultarli – dai quali si evince che il partito è profondamente tormentato. Si interroga sulla possibilità di fare qualcosa, di avviare una trattativa e si rende conto che questo non è possibile. Non lo è proprio nel quadro di una politica che Moro stesso ha voluto e che esige un’immagine della Dc forte, unita, e che deve affrontare il rapporto con il Partito comunista nel pieno di queste sue prerogative. Moro aveva più volte sottolineato questo.

 

(musica)

**********

 

 

UNA PIETRA MILIARE PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI:

E’ ENTRATA IN FUNZIONE LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE DELL’AJA

- Con noi, il prof. Mauro Politi -

 

“Neutrale, imparziale, nata per proteggere i più deboli”: questo il ruolo della Corte penale internazionale tratteggiato dal suo primo presidente, il  canadese Philippe Kirsch, eletto nei giorni scorsi all’unanimità dai suoi 17 colleghi del tribunale dell’Aja. Il varo dell’organismo è stato salutato con grande soddisfazione dall’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Sergio Vieira de Mello. Si tratta, ha detto, di “una storica pietra miliare” per “porre fine all’impuni-tà dei più gravi crimini previsti dal diritto internazionale”. I giudici della Corte  hanno anche eletto due vice-presidenti: si tratta di due donne, la ghanese Akua Kuenyehia e la costaricana Elizabeth Odio Benito. Sulle aspettative e lo spirito cha fanno da sfondo all’inizio dei lavori dell’organismo insediato all’Aja, martedì scorso, ascoltiamo il prof. Mauro Politi, docente di diritto internazionale all’Università di Trento, unico giudice italiano della Corte, al microfono di Francesca Sabatinelli:

 

**********

R. – E’ stata una grande giornata per la giustizia internazionale, per lo Statuto di Roma e per tutti quanti abbiamo creduto nella istituzione di questa Corte. All’inizio, molti erano perplessi, erano scettici, ma hanno avuto torto. La Corte è stata istituita ed i giudici hanno giurato e si tratta di 18 giudici che sono fermamente determinati a portare avanti il progetto della Corte e a far sì, che la Corte stabilisca la propria autorità come istituzione capace non solo di perseguire e punire i colpevoli di reati così gravi come il genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ma anche capaci di svolgere una funzione di prevenzione dei conflitti.

 

D. – Professor Politi, certo saranno diverse le difficoltà che la Corte si troverà a dover affrontare …

 

R. – Le difficoltà saranno soprattutto quelle di bilanciare le esigenze della sovranità nazionale con l’esigenza della punizione a livello internazionale dei colpevoli di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. C’è un sistema nello Statuto della Corte penale internazionale che è chiamato ‘sistema della complementarietà della Corte’: si tratta di regole ben precise e ben bilanciate che la Corte dovrà applicare con grande attenzione, soprattutto attraverso la sua cosiddetta ‘camera preliminare’ che dovrà vagliare le proposte di inchiesta del procuratore e dare la propria autorizzazione a che queste vadano avanti. Questa è una soltanto delle sfide; la sfida fondamentale poi è quella di stabilire l’autorità della Corte, la propria indipendenza, la propria efficienza, la propria autorevolezza, la propria credibilità in modo da far giungere il risultato della universalità della Corte. Abbiamo 69 ratifiche, siamo ad un ottimo punto ma non dobbiamo dimenticare che gli Stati della comunità internazionale sono circa 180-190, quindi c’è ancora una lunga strada da compiere.

 

 D. – Quindi la lunga strada sarà quella, anche, di riuscire a coinvolgere gli Stati Uniti?

 

 R. – Il problema dell’universalità della Corte non è soltanto il problema degli Stati Uniti; è il problema di tutti quegli Stati che ancora non sono parte dello Statuto. Se la Corte riuscirà ad affermare la propria autorevolezza e la propria credibilità, la conseguenza dell’adesione degli altri Stati membri della comunità internazionale, inclusi gli Stati Uniti, questo problema sarà risolto certamente.

 

D. – Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha sottolineato l’importanza cruciale della responsabilità individuale dei criminali di guerra …

 

R. – Sì, è stato un discorso veramente importante ed autorevole, quello del segretario generale, che ci ha onorato della sua presenza. Siamo passati, con la Corte internazionale, da un regime di impunità ad un regime di responsabilità. Chi commette o pensa di commettere crimini efferati come genocidio, crimini di guerra o crimini contro l’umanità, sa da oggi che esiste un tribunale, una Corte a cui dovrà rendere conto delle proprie azioni. Questo è fondamentale perché questo significa un aiuto, certamente, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.

**********

 

 

 

======o0o======

 

CHIESA E SOCIETA’

16 marzo 2003

 

 

 

LA CHIESA NON E’ PACIFISTA, MA PACIFICATRICE: E’ QUANTO RIBADITO

DALL’ARCIVESCOVO RENATO RAFFAELE MARTINO, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO

 CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE, INTERVENUTO AD UN CONVEGNO DELL’ARCIDIOCESI

 DI MILANO SUL TEMA “PACEM IN TERRIS, LA POSIZIONE DELLA CHIESA SULLA PACE”

 

- A cura di Fabio Pizzul -

 

***********

MILANO.= La posizione della Chiesa non è pacifista ma pacificatrice. Un’azione che si fonda sui pilastri della verità, della giustizia, dell’amore e della libertà. A partire da queste considerazioni, che si fondano sull’Enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII, mons. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, è intervenuto al convegno, voluto dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, per ribadire i fondamenti dell’impegno della Chiesa per la pace. La pace – ha detto mons. Martino – non è un sogno irrealizzabile, ma una possibilità oggettiva, iscritta nel processo storico. Parlare di pace per la Chiesa significa impegnarsi su due fronti: quello del disarmo integrale, a livello delle politiche degli armamenti, ma soprattutto di cultura, e quello della promozione di poteri pubblici mondiali, capaci di costruire il bene comune. E qui il riferimento ad un possibile ruolo dell’Onu appare trasparente. I cattolici, allora, secondo mons. Martino, sono chiamati proprio all’impegno per collaborare alla realizzazione del bene comune attraverso un atteggiamento prudente e graduale, aperto all’azione dello Spirito. Poi, mons. Martino ha voluto offrire anche un accenno all’attualità precisando come pace non sia solo assenza di guerra. Il cardinale Tettamanzi, concludendo, ha ribadito la necessità che i cristiani diventino sentinelle della pace. Questo, per loro, comporta la capacità di non lasciarsi ingabbiare in discussioni o precomprensioni o in obbligate scelte di campo e di continuare ad essere costruttori di pace, liberi secondo il Vangelo.

**********

 

 

COLPO DI STATO NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA.

LA CAPITALE BANGUI IN MANO AI RIBELLI DEL GENERALE BOZIZE’

 

BANGUI.= I ribelli centrafricani del generale Francois Bozizè hanno attaccato ieri pomeriggio la capitale Bangui assumendone il controllo, secondo quanto riferito dall’agenzia France Presse. L’aereo del presidente centrafricano, Ange Felix Patassé, che ieri aveva partecipato a un vertice a Niamey e stava rientrando a Bangui con una folta delegazione, é stato preso di mira dai ribelli che gli hanno sparato durante l'atterraggio costringendolo ad interrompere la manovra. Il velivolo di Patassé ha quindi ripreso quota dirigendosi verso il Camerun,  dove in serata è atterrato sano e salvo a Yaoundé. Il generale Bozizé, ex capo di stato maggiore generale, si è ribellato al presidente nel novembre 2001 e ha rivendicato la responsabilità del tentato golpe del 25 ottobre 2002 scorso. Stamani, nella capitale, regna una sostanziale calma, interrotta solo da qualche sporadica raffica di armi automatiche, mentre in un annuncio alla radio nazionale di un portavoce del suo movimento, Bozizè è stato definito “presidente della repubblica”. (A.G.)

 

 

OGGI A KYOTO LA PRIMA GIORNATA DELLA CONFERENZA MONDIALE SULL’ACQUA CON LA PARTECIPAZIONE DEI DELEGATI DI 180 PAESI

 

- A cura di Chiaretta Zucconi -

 

*********

TOKYO.= Prima giornata della Conferenza mondiale sull’acqua, inaugurata alla presenza dei rappresentanti di 180 Paesi, questa mattina a Kyoto, l’antica capitale del Giappone. La sessione è stata tutta dedicata a un “ospite” di particolare riguardo, l’Africa, un continente messo in ginocchio da cicliche inondazioni e siccità e dove aree dalle grandi risorse idriche si alternano a zone di allarmante scarsità di acqua. Le attenzioni dei 10 mila delegati si sposteranno, il 18 marzo prossimo, dall’Africa all’Asia, il 19 alle Americhe, il 20 al Medio Oriente e al Mediterraneo; infine, venerdì prossimo, all’Europa, ma sempre accomunati da un unico obiettivo: trovare la strada per fronteggiare la crisi dell’acqua nel mondo, dove 1 miliardo e 200 milioni di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile. Grande è l’attesa per la giornata dedicata al Vecchio Continente, durante la quale i delegati dell’Unione Europea presenteranno i risultati finora raggiunti dall’iniziativa Water for life, l’acqua per la vita, lanciata a Johannesburg al Summit mondiale per lo sviluppo sostenibile. In quella occasione, l’Unione Europea ha firmato un accordo di partnership con l’Africa e 12 Paesi dell’Europa dell’Est, il Caucaso e l’Asia centrale per la promozione di migliori condizioni di vita, della pace e la sicurezza con il vincolo, ormai irrinunciabile, di uno sviluppo sostenibile. In questo contesto l’acqua è un elemento fondamentale.

*********

 

 

ATTACCO TERRORISTICO NEL KASHMIR: RIBELLI ISLAMICI ASSALTANO

 UN EDIFICIO DELLA POLIZIA INDIANA UCCIDENDO 11 PERSONE

 

JAMMU.= Grave attacco terroristico nella tormentata regione del Kashmir. Almeno undici poliziotti indiani sarebbero rimasti uccisi nel corso di un assalto compiuto da ribelli islamici contro un posto di polizia nella contesa regione, che da anni infiamma i rapporti tra India e Pakistan. La notizia è dell’attacco è stata diramata dalla polizia locale indiana. Sempre secondo le stesse fonti, l’azione armata è avvenuta nella regione del Gool, nel distretto di Udhampur, circa 150 chilometri a nord di Jammu. Da tempo, New Delhi accusa Islamabad di incoraggiare e sostenere la violenza ed il terrorismo nel settore indiano del  Kashmir, dove la popolazione è in maggioranza musulmana. (A.G.)

 

 

RICAMBIO GENERAZIONALE AI VERTICI DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE: L’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL POPOLO NOMINA PRIMO MINISTRO

IL SESSANTUNENNE WEN JABAO

 

PECHINO.= Completato il ricambio generazionale ai vertici della Repubblica Popolare cinese: oggi è stato eletto primo ministro dell’immenso Paese asiatico il sessantunenne Wen Jiabao, uno dei leader della nuova generazione comunista. Il ricambio della leadership, deciso in novembre dal Partito Comunista, è stato formalizzato dall' Assemblea Nazionale del Popolo che è riunita dal 5 marzo a Pechino. Nella prima successione ordinata nella storia della Cina comunista, il sessantenne Hu Jintao ha sostituito Jiang Zemin come segretario del partito e presidente della Repubblica. Li Peng, il presidente dell’Assemblea - ritenuto uno dei responsabili della sanguinosa repressione di piazza Tienammen nel 1989 - è stato sostituito da Wu Bangguo. Wen Jiabao succede al popolare primo ministro riformista Zhu Rongji. Degli esponenti della vecchia generazione rimane al potere solo Jiang Zemin, che è stato eletto per la terza volta alla presidenza della potente Commissione Militare Centrale, l'organismo che controlla l’esercito. (A.G.)

 

 

 

DOMENICA ELETTORALE PER I FINLANDESI CHIAMATI A RINNOVARE IL PARLAMENTO.

GLI ULTIMI SONDAGGI VEDONO IN LIEVE VANTAGGIO I CENTRISTI

SUI SOCIALDEMOCRATICI, ATTUALMENTE FORZA DI GOVERNO

 

HELSINKI.= Finlandia oggi al voto per il rinnovo del Parlamento. I seggi sono stati aperti regolarmente alle ore 8.00 di questa mattina in tutto il Paese scandinavo. Le operazioni di voto si concluderanno alle 19.00 e poco dopo si dovrebbero già avere indicazioni attendibili sui risultati. A contendersi la vittoria sono il Partito socialdemocratico dell'attuale primo ministro, Paavo Lipponen, e il partito centrista, attualmente all'opposizione, guidato dalla signora Anneli Jaatteenmaki. Il risultato è incerto, anche se – in base agli ultimi sondaggi – i centristi otterrebbero una vittoria di stretta misura. Se sarà confermato dall’esito del voto, la vittoria dei centristi dovrebbe portare ad un governo di coalizione. La campagna elettorale, che ha preceduto le elezioni, si è concentrata sul tema della disoccupazione. (A.G.)

 

 

 

 

=======ooo=======