RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 75 - Testo della
Trasmissione domenica 16 marzo 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN
PRIMO PIANO:
Ore decisive per
la crisi irachena: Bush, Blair e Aznar si incontrano alle Azzorre.
CHIESA E SOCIETA’:
Convegno a Milano sulla “Pacem in terris” con l’intervento dell’Arcivescovo Renato
Raffaele Martino.
Golpe nella repubblica centrafricana: la capitale Bangui in mano
ai ribelli del generale Bozize’.
Si è aperta Kyoto, in Giappone, la Conferenza mondiale sull’acqua.
In Cina, l’Assemblea nazionale del popolo nomina primo ministro
il sessantunenne Wen Jabao.
Domenica elettorale per i
finlandesi chiamati a rinnovare il parlamento.
16
marzo 2003
C’E’ ANCORA TEMPO PER NEGOZIARE. C’E’ ANCORA
SPAZIO PER LA PACE: COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS DOMENICALE INVITANDO I FEDELI A
PREGARE
PERCHE’
SIA SCONGIURATO IL CONFLITTO IRACHENO
- A cura di Giovanni Peduto -
Il
Santo Padre ha levato ancora forte la sua voce per la pace nella regione
mediorientale affermando che, di fronte all’umanità segnata da
gravi squilibri e tanta violenza, non dobbiamo perdere la fiducia: su questo
mondo si riflette, fedele e misericordioso, l'Amore di Dio, che rifulge in
pienezza sul volto di Cristo. Ascoltiamo:
**********
“In questa prospettiva di fede,
desidero rinnovare un pressante appello a moltiplicare l'impegno della
preghiera e della penitenza, per invocare da Cristo il dono della sua pace.
Senza conversione del cuore non c'è pace. I prossimi giorni saranno decisivi
per gli esiti della crisi irakena. Preghiamo, perciò, il Signore perché ispiri
a tutte le Parti in causa coraggio e lungimiranza”. Certo, i Responsabili politici
di Baghdad hanno l'urgente dovere di collaborare pienamente con la comunità
internazionale, per eliminare ogni motivo d'intervento armato. A loro è rivolto
il mio pressante appello: le sorti dei loro concittadini abbiano sempre la
priorità! Ma vorrei pure ricordare ai Paesi membri delle Nazioni Unite, ed in
particolare a quelli che compongono il Consiglio di Sicurezza, che l’uso della
forza rappresenta l'ultimo ricorso, dopo aver esaurito ogni altra soluzione
pacifica, secondo i ben noti principi della stessa Carta dell’ONU. Ecco perché
- di fronte alle tremende conseguenze che un'operazione militare internazionale
avrebbe per le popolazioni dell’Iraq e per l'equilibrio dell’intera regione del
Medio Oriente, già tanto provata, nonché per gli estremismi che potrebbero
derivarne - dico a tutti: c’è ancora tempo per negoziare; c'è ancora spazio per
la pace; non è mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare”.
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Riflettere
sui propri doveri, impegnarsi in fattivi negoziati – ha quindi affermato
Giovanni Paolo II - non significa umiliarsi, ma lavorare con responsabilità per
la pace. I cristiani sono convinti che la pace autentica e duratura non è solo
il frutto di pur necessari accordi politici e intese fra individui e popoli, ma
è dono di Dio a quanti si sottomettono a Lui e accettano con umiltà e
gratitudine la luce del suo Amore.
Il
Papa, a questo punto, parlando a braccio, ha detto:
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“Devo
dire che io appartengo alla generazione che ricorda bene, ha vissuto e, grazie
a Dio sopravvissuto, alla seconda guerra mondiale e per questo ho anche il
dovere di ricordare ai più giovani, che non hanno avuto questa esperienza, di ricordare
e di dire ‘mai più la guerra’. Così come diceva anche Paolo VI nella sua prima
visita alle Nazioni Unite: facciamo del tutto. Sappiamo bene che non è
possibile domandare la pace ad ogni costo, ma sappiamo tutti quanto sia grande,
grandissima la responsabilità. E poi preghiera e penitenza.
**********
Il Pontefice ha quindi chiesto a
Maria di ottenerci che questa Quaresima non venga ricordata come un triste
tempo di guerra, ma come un periodo di coraggioso impegno per la conversione e
la pace; ed ha affidato questa intenzione alla speciale intercessione di San
Giuseppe, del quale mercoledì prossimo celebreremo la solennità.
A seguito
di questo vibrante ed ulteriore appello del Papa per la pace, abbiamo raggiunto
il cardinale Pio Laghi, che è stato inviato speciale del Pontefice a Washigton
per scongiurare il conflitto:
**********
Posso
dire che la voce del Papa è quella che suona di più in questi momenti.
Anzitutto è una voce che invita alla preghiera, perché noi abbiamo in mano la
chiave che potrebbe aprire la porta della pace, soprattutto in questo momento
in cui sembra che arriviamo ad un punto dove c’è molta fretta di decidere.Il
Papa ci insegna, a chiusura della settimana di
ritiro spirituale, a pregare per la pace. Quindi noi siamo impegnati a
questo. Il resto è nelle mani di Dio. Noi cerchiamo di fare di tutto. Si è
visto in modo particolare l’impegno del Papa anche per quanto riguarda l’azione
diplomatica dei suoi collaboratori. Si insiste, sia in Oriente sia in
Occidente. Oggi si incontrano i tre della Spagna, degli Stati Uniti e della
Gran Bretagna. Speriamo che possa arrivare anche a loro la voce del Papa,
mentre stanno decidendo. E’ l’augurio che io faccio. Speriamo che la voce
del Papa sia veramente una voce che,
attraverso le nubi del cielo che si addensano un po’ oscure su questo mondo
oggi, possa veramente arrivare a Dio affinché faccia il miracolo.
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“I
GIOVANI CRISTIANI DEVONO ESSERE OGGI PIU’ CHE MAI COSTRUTTORI DI PACE NELLA
GIUSTIZIA”. COSI’ IERI POMERIGGIO GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VEGLIA CON GLI UNIVERSITARI IN
AULA PAOLO VI
Un nuovo appello alla pace è
risuonato ieri pomeriggio nelle parole di Giovanni Paolo II, durante la veglia
mariana per la Prima Giornata Europea degli Universitari. Rivolgendosi alle sue
“care sentinelle del mattino”, il Papa ha invitato tutti a dedicarsi con
fervore alla recita del Rosario per implorare quella pace di cui “il mondo oggi
ha particolarmente bisogno”. L’incontro, a cui hanno partecipato anche i
giovani di 6 città europee grazie ad un collegamento via satellite, è stato
animato da oltre 1.200 cantori, membri di
tutti i Cori dei Conservatori italiani e di molti Cori universitari di diverse
città italiane. Il servizio è di Barbara Castelli:
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(musica)
“I
giovani cristiani sono chiamati ad essere costruttori di unità nella diversità,
di libertà nella verità e di pace nella giustizia, di quella pace di cui il
mondo ha oggi particolarmente bisogno”.
Questa
l’esortazione espressa ieri pomeriggio da Giovanni Paolo II, nel corso della
veglia mariana per la Prima Giornata Europea degli Universitari. Durante
l’incontro, evento portante di questa Giornata promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa, i giovani universitari hanno acceso la lampada della pace, affinché
le tenebre della guerra siano dissipate dal futuro dell’umanità.
Con l’arrivo del Papa è esploso nell’aula
Paolo VI, in Vaticano, un fragoroso applauso, seguito da gioiosi cori. “Questa sera abbiamo pregato per
l’Europa - ha detto il Papa alla presenza di migliaia di studenti e in
collegamento televisivo con Colonia, Cracovia, Fatima, Uppsala, Bratislava e
Vienna - in un momento importante della sua storia. I giovani possono e debbono
partecipare alla costruzione della nuova Europa, con il loro contributo di
aspirazioni e di ideali, di studio e di lavoro, di creatività e di generosa
dedizione”.
Nel
corso della veglia di preghiera, Giovanni Paolo II ha sottolineato, citando le
Giornate Mondiali della Gioventù, quanto cari gli siano gli incontri con i
ragazzi del mondo. “Sono eventi - ha detto - che mi permettono di incontrare
giovani di diversi continenti, ascoltarli e parlare loro di Cristo”. Alle sue
care sentinelle del mattino il Papa ha ricordato di dedicarsi alla recita del
Rosario, poiché la preghiera mariana per eccellenza ha la capacità di “cambiare
le sorti del mondo”. Indicando il tema della prossima GMG, che verrà celebrata
in ogni diocesi la Domenica delle Palme, “Ecco la tua Madre”, il Pontefice ha,
inoltre, invitato tutti a “riconoscere e accogliere Maria come Madre”, seguendone
docilmente l’esempio.
Non è
mancata, infine, l’occasione per scherzare con i suoi giovani.
L’improvvisazione del Papa è iniziata con un ringraziamento all’arcivescovo di
Co
lonia, cardinale Joachim
Meisner, che in collegamento televisivo dalla sua diocesi aveva appena invitato
tutti a partecipare alla GMG del 2005 in Germania.
“Ringrazio
il cardinale di Colonia Joachim Meisner per il suo cordiale invito e sono certo che l’invito anche per
me che, come vedete, non sono più tanto
giovane”.
Al termine dell’incontro con il Pontefice,
i giovani hanno portato in processione l’icona di Maria Sedes Sapientiae
dal Vaticano alla Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, antica sede dell’Università
di Roma.
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ORE DECISIVE PER L’ESITO DELLA CRISI IRACHENA:
NELLE AZZORRE, VERTICE TRA BUSH, BLAIR E AZNAR, MENTRE L’IRAQ SI PREPARA AD
AFFRONTARE LA GUERRA. IN TUTTO IL MONDO, PROSEGUONO LE MANIFESTAZIONI A
SOSTEGNO DELLA PACE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
“Una nuova
risoluzione dell’Onu sarebbe politicamente preferibile”, ma “da un punto di
vista legale non é indispensabile”. E’ un segnale chiaro quello lanciato dal
premier spagnolo, José Maria Aznar, - in un’intervista alla Bbc - proprio
nell’imminenza del decisivo vertice delle Azzorre sulla crisi irachena tra lo
stesso Aznar, George Bush e Tony Blair. Il vertice-lampo di questo pomeriggio
nell’arcipelago al largo dell’Atlantico innescherebbe, secondo alcuni
osservatori, il “conto alla rovescia” verso il conflitto. Tuttavia, il governo
del Portogallo, che ospita la riunione, ha assicurato che il vertice “non
dichiarerà la guerra” all'Iraq. Sembra, comunque, sempre più stretto lo spazio
di manovra della diplomazia per evitare un’escalation militare nel Golfo
Persico.
Ieri, nel
suo consueto messaggio radiofonico del sabato, il presidente americano ha usato
parole durissime nei confronti del regime di Saddam Hussein, aggiungendo che i
governi “devono mostrare se gli impegni affermati per la pace e la sicurezza
sono solo parole, o convinzioni per le quali sono pronti ad agire”. Dal canto
loro, Germania, Francia e Russia – i Paesi che guidano il fronte del “no” alla
guerra – hanno chiesto per domani una riunione del Consiglio di sicurezza a
livello dei ministri degli Esteri nella quale esaminare i “problemi prioritari
del disarmo” iracheno e l’ulteriore lavoro degli ispettori. Il presidente
francese Jacques Chirac ha inoltre dichiarato alla Cnn di essere disposto ad
assegnare al massimo 30 giorni di tempo agli ispettori dell’Onu per il disarmo
dell’Iraq. Proprio i capi missione dell’Onu in Iraq, Blix ed El Baradei, stanno
valutando in queste ore l’ipotesi di accogliere l’invito di Baghdad a recarsi
in Iraq per “discutere il modo di accelerare la cooperazione, particolarmente
per quanto riguarda le questioni ancora in sospeso”.
Intanto, mentre continuano anche oggi le
operazioni per la distruzione dei missili al Samoud-2, una fonte diplomatica
irachena ha reso noto che entro due giorni verrà consegnato alle Nazioni Unite
un rapporto sull’antrace che Baghdad dichiara di aver distrutto unilateralmente
nel 1991. Se quindi l’azione diplomatica cerca ancora di risolvere
pacificamente la crisi, la macchina bellica americana è ormai pronta a sferrare
l’attacco. Anche il governo iracheno, dal canto suo, si prepara alla guerra. Ne
è un segnale evidente la decisione, annunciata ieri, di suddividere il Paese in
quattro distretti militari, per i quali sono stati nominati quattro
responsabili, sotto il comando di Saddam Hussein. La responsabilità per la
difesa della capitale è stata attribuita a Qusay, il figlio minore del rais di
Baghdad.
Chi,
invece, non si rassegna all’idea di un conflitto sono i pacifisti, che, anche
ieri, sono scesi in piazza in ogni parte del mondo. Imponente la manifestazione
svoltasi a Milano con almeno 400 mila persone (700 mila secondo gli
organizzatori), mentre oltre 100 mila berlinesi hanno sfilato per le vie della
capitale tedesca in una fiaccolata della pace. Non sono, d’altro canto, mancate
le manifestazioni negli Stati Uniti. Centri dell’iniziativa pacifista americana
sono stati Washington e San Francisco, dove decine di migliaia di persone hanno
protestato contro l’ipotesi di una guerra in Iraq.
IL
SEQUESTRO DI ALDO MORO 25 ANNI DOPO:
DIETRO IL
DRAMMA, LA STORIA DEL FORTE VINCOLO DI AMICIZIA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
*********
(musica)
L’agguato
pianificato con precisione militare, l’esecuzione spietata degli uomini della
scorta, il sequestro dell’uomo che, inseguendo un suo progetto, aveva
ridisegnato gli equilibri politici del momento con una non pienamente compresa,
per quell’epoca, “fuga in avanti”. Il 16 marzo del 1978 e il rapimento dell’on.
Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, sono la data e l’avvenimento
che creano uno spartiacque e una ferita profondi nella storia della Repubblica
italiana e nella coscienza dei suoi cittadini. La voce incredula ed emozionata
dell’inviato del Gr2 Rai sul luogo della strage, Franco Bucarelli, è lo specchio
fedele dello scalpore che la notizia del sequestro sollevò in tutto il Paese:
“E’ difficile trovare parole per descrivervi quello
che vedo davanti ai miei occhi. La scena è raccapricciante. La macchina di Moro
è crivellata di colpi, quella della scorta addirittura è stata raggiunta da una
cinquantina di proiettili misti di mitra e di pistola”.
Da Via Fani a Via Caetani -
rispettivamente luogo del rapimento e del ritrovamento del corpo dello
statista, 55 giorni dopo - l’Italia vive l’incubo massimo della vulnerabilità,
scavata nel sangue e nella violenza degli Anni di Piombo, come venne definito
il periodo segnato dall’imperversare delle Brigate Rosse e dell’eversione
armata in generale. Senza voler ricostruire un evento dal quale, nonostante la
monumentale vicenda giudiziaria e processuale seguita all’assassinio, non tutte
le ombre sono state dissipate, intendiamo soffermarci sul ruolo che, in quei
giorni di tensione politica e sociale, giocò l’affettuosa amicizia che legava
Aldo Moro a Papa Paolo VI.
Tre furono
gli interventi pubblici di Papa Montini: un Pontefice che apparve agli occhi
del mondo visibilmente segnato dal dramma e che tuttavia non risparmiò suppliche
accorate per la salvezza del presidente democristiano. Dopo un primo appello,
tre giorni dopo il rapimento, all’Angelus del 2 aprile Paolo VI pronuncia queste
parole:
“Noi
rivolgiamo tuttavia agli ignoti autori del terrificante disegno un appello vivo
e pressante per scongiurarli di dare libertà al prigioniero. E’ già troppo alto
il prezzo pagato con il sangue e con la desolazione in cinque famiglie, e sono
così disumane la sofferenza del rapito, l’angoscia silenziosa dei suoi cari, il
trauma della coscienza pubblica. Noi non disperiamo. Noi preghiamo!”.
La cronaca di quei giorni racconta che
mai le Br mostrarono un cenno di replica alle richieste di Paolo VI. Nemmeno
quando - venti giorni dopo l’Angelus, e dopo una lettera scritta di pugno da
Moro al Papa stesso e recapitata in Vaticano - il Pontefice decise di implorare
pietà per il rapito con accenti di profonda commozione. Ecco come, il 22 aprile
1978, la nostra emittente annunciò il terzo e ultimo messaggio di Paolo VI ai
terroristi:
“Qui è
la Radio Vaticana, la redazione di Quattro Voci in edizione straordinaria. Sono
le 10 e 49 minuti.
Paolo VI
ha rivolto un appello alle Brigate Rosse”.
(musica)
“Io scrivo
a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia,
alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo
d’avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando
del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi
avete annunciata contro di lui. (...) Vi prego in ginocchio, liberate
l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo
della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di
comune fratello in umanità (...) Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me,
interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri
animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità (...)”.
Anche
l’estremo tentativo non sortì alcun effetto e le parole del Papa echeggiarono
nel silenzio dei suoi interlocutori. Un silenzio che acuì l’intima sofferenza
di Giovan Battista Montini, come racconta ai nostri microfoni il cardinale
Roberto Tucci:
R.-
Paolo VI era in amicizia con Moro dai tempi in cui egli era assistente
dell’Azione Cattolica: lo conosceva e gli voleva bene come un amico, quindi per
lui è stato terribile ciò che gli accadde. Credo che questa tragedia di Moro
abbia colpito anche personalmente Papa Paolo VI nelle condizioni di salute
precaria che già cominciavano a mostrarsi. Credo che egli abbia avuto un
termine di vita più breve di quello che forse si sarebbe potuto prevedere e ciò
proprio a causa di questa grande sofferenza. Davvero, Paolo VI stimava molto
Aldo Moro. Nella lettera che scrisse ai brigatisti, parlò di Moro definendolo
“uomo buono e onesto, che nessuno può incolpare di nessun reato o accusare di
scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica
convivenza civile”. Mi ha colpito, rileggendo il testo della lettera di Paolo
VI ai brigatisti, una considerazione di mons. Macchi, divenuto in seguito
vescovo ma allora segretario privato del Papa. In un libro molto interessante
che ha pubblicato di recente, intitolato “Paolo VI nella sua parola”, mons.
Macchi fa questa affermazione: “L’accoglienza della lettera fu unanime. Tutti i
mezzi di comunicazione diedero voce all’universale commozione, ma i destinatari
della lettera non si fecero vivi in alcun modo, né allora né dopo. Lo dico con
molta amarezza: sembra impossibile che nessuno di loro vi abbia accennato pur
nelle cosiddette ‘rivelazioni’ rese pubbliche negli anni successivi”. Condivido
pienamente questa espressione di rammarico e anche, in un certo senso, di
condanna. E mi meraviglio anche del fatto che questi brigatisti, quelli
più integerrimi nella loro ideologia, pure se si sono dissociati non hanno mai
realmente detto tutta la verità sulla questione Moro. In questo capisco anche
le reazioni della famiglia. Ancora oggi il figlio di Moro si lamenta di questo:
che ancora non si sia fatta piena luce su tutta la vicenda Moro.
Delle
infinite letture che il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro hanno prodotto e
moltiplicato, la distanza da quel tragico evento ha permesso agli studiosi di
recuperare un giudizio più sereno su quella “strategia della fermezza” che la
Dc e il governo Andreotti appena eletto decisero di opporre alla “strategia
della tensione” delle Brigate rosse. Sentiamo il parere dello storico Pietro
Scoppola:
R.- Una
cosa che si è chiarita sul piano storico è il superamento di questa immagine
polemica, nata allora e poi ripresa in tanti commenti, di una Democrazia cristiana
non dico compiaciuta ma che, in qualche modo, abbandona il suo presidente nelle
mani dei brigatisti, in nome di questa intransigenza, della non trattativa...
Riguardo a ciò, sono venuti alla luce documenti interessanti: per esempio, i documenti
depositati all’Istituto Sturzo, visibili - io stesso ho potuto consultarli –
dai quali si evince che il partito è profondamente tormentato. Si interroga
sulla possibilità di fare qualcosa, di avviare una trattativa e si rende conto
che questo non è possibile. Non lo è proprio nel quadro di una politica che
Moro stesso ha voluto e che esige un’immagine della Dc forte, unita, e che deve
affrontare il rapporto con il Partito comunista nel pieno di queste sue
prerogative. Moro aveva più volte sottolineato questo.
(musica)
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UNA PIETRA MILIARE PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI:
E’ ENTRATA IN FUNZIONE LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
DELL’AJA
- Con noi, il prof. Mauro Politi -
“Neutrale, imparziale, nata per proteggere i più
deboli”: questo il ruolo della Corte penale internazionale tratteggiato dal suo
primo presidente, il canadese Philippe
Kirsch, eletto nei giorni scorsi all’unanimità dai suoi 17 colleghi del tribunale
dell’Aja. Il varo dell’organismo è stato salutato con grande soddisfazione
dall’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Sergio Vieira de Mello. Si
tratta, ha detto, di “una storica pietra miliare” per “porre fine all’impuni-tà
dei più gravi crimini previsti dal diritto internazionale”. I giudici della
Corte hanno anche eletto due
vice-presidenti: si tratta di due donne, la ghanese Akua Kuenyehia e la
costaricana Elizabeth Odio Benito. Sulle aspettative e lo spirito cha fanno da
sfondo all’inizio dei lavori dell’organismo insediato all’Aja, martedì scorso,
ascoltiamo il prof. Mauro Politi, docente di diritto internazionale
all’Università di Trento, unico giudice italiano della Corte, al microfono di
Francesca Sabatinelli:
**********
R. – E’
stata una grande giornata per la giustizia internazionale, per lo Statuto di Roma
e per tutti quanti abbiamo creduto nella istituzione di questa Corte.
All’inizio, molti erano perplessi, erano scettici, ma hanno avuto torto. La
Corte è stata istituita ed i giudici hanno giurato e si tratta di 18 giudici
che sono fermamente determinati a portare avanti il progetto della Corte e a
far sì, che la Corte stabilisca la propria autorità come istituzione capace non
solo di perseguire e punire i colpevoli di reati così gravi come il genocidio,
crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ma anche capaci di svolgere una
funzione di prevenzione dei conflitti.
D. – Professor Politi,
certo saranno diverse le difficoltà che la Corte si troverà a dover affrontare
…
R. – Le difficoltà saranno soprattutto quelle di bilanciare le
esigenze della sovranità nazionale con l’esigenza della punizione a livello
internazionale dei colpevoli di genocidio, crimini di guerra e crimini contro
l’umanità. C’è un sistema nello Statuto della Corte penale internazionale che è
chiamato ‘sistema della complementarietà della Corte’: si tratta di regole ben
precise e ben bilanciate che la Corte dovrà applicare con grande attenzione,
soprattutto attraverso la sua cosiddetta ‘camera preliminare’ che dovrà
vagliare le proposte di inchiesta del procuratore e dare la propria
autorizzazione a che queste vadano avanti. Questa è una soltanto delle sfide;
la sfida fondamentale poi è quella di stabilire l’autorità della Corte, la
propria indipendenza, la propria efficienza, la propria autorevolezza, la
propria credibilità in modo da far giungere il risultato della universalità
della Corte. Abbiamo 69 ratifiche, siamo ad un ottimo punto ma non dobbiamo
dimenticare che gli Stati della comunità internazionale sono circa 180-190,
quindi c’è ancora una lunga strada da compiere.
D. – Quindi la lunga strada
sarà quella, anche, di riuscire a coinvolgere gli Stati Uniti?
R. – Il problema dell’universalità della
Corte non è soltanto il problema degli Stati Uniti; è il problema di tutti
quegli Stati che ancora non sono parte dello Statuto. Se la Corte riuscirà ad
affermare la propria autorevolezza e la propria credibilità, la conseguenza
dell’adesione degli altri Stati membri della comunità internazionale, inclusi
gli Stati Uniti, questo problema sarà risolto certamente.
D. – Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha sottolineato
l’importanza cruciale della responsabilità individuale dei criminali di guerra
…
R. –
Sì, è stato un discorso veramente importante ed autorevole, quello del segretario
generale, che ci ha onorato della sua presenza. Siamo passati, con la Corte
internazionale, da un regime di impunità ad un regime di responsabilità. Chi
commette o pensa di commettere crimini efferati come genocidio, crimini di
guerra o crimini contro l’umanità, sa da oggi che esiste un tribunale, una
Corte a cui dovrà rendere conto delle proprie azioni. Questo è fondamentale
perché questo significa un aiuto, certamente, al mantenimento della pace e
della sicurezza internazionali.
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16
marzo 2003
LA CHIESA
NON E’ PACIFISTA, MA PACIFICATRICE: E’ QUANTO RIBADITO
DALL’ARCIVESCOVO
RENATO RAFFAELE MARTINO, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO
CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE, INTERVENUTO AD UN
CONVEGNO DELL’ARCIDIOCESI
DI MILANO SUL TEMA “PACEM IN TERRIS,
LA POSIZIONE DELLA CHIESA SULLA PACE”
- A cura
di Fabio Pizzul -
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MILANO.= La posizione della
Chiesa non è pacifista ma pacificatrice. Un’azione che si fonda sui pilastri
della verità, della giustizia, dell’amore e della libertà. A partire da queste
considerazioni, che si fondano sull’Enciclica Pacem in Terris di
Giovanni XXIII, mons. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, è intervenuto al convegno, voluto
dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, per ribadire i
fondamenti dell’impegno della Chiesa per la pace. La pace – ha detto mons.
Martino – non è un sogno irrealizzabile, ma una possibilità oggettiva, iscritta
nel processo storico. Parlare di pace per la Chiesa significa impegnarsi su due
fronti: quello del disarmo integrale, a livello delle politiche degli
armamenti, ma soprattutto di cultura, e quello della promozione di poteri
pubblici mondiali, capaci di costruire il bene comune. E qui il riferimento ad
un possibile ruolo dell’Onu appare trasparente. I cattolici, allora, secondo
mons. Martino, sono chiamati proprio all’impegno per collaborare alla
realizzazione del bene comune attraverso un atteggiamento prudente e graduale,
aperto all’azione dello Spirito. Poi, mons. Martino ha voluto offrire anche un
accenno all’attualità precisando come pace non sia solo assenza di guerra. Il
cardinale Tettamanzi, concludendo, ha ribadito la necessità che i cristiani
diventino sentinelle della pace. Questo, per loro, comporta la capacità di non
lasciarsi ingabbiare in discussioni o precomprensioni o in obbligate scelte di
campo e di continuare ad essere costruttori di pace, liberi secondo il Vangelo.
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COLPO DI STATO NELLA
REPUBBLICA CENTRAFRICANA.
LA CAPITALE BANGUI IN
MANO AI RIBELLI DEL GENERALE BOZIZE’
BANGUI.= I ribelli centrafricani
del generale Francois Bozizè hanno attaccato ieri pomeriggio la capitale Bangui
assumendone il controllo, secondo quanto riferito dall’agenzia France Presse.
L’aereo del presidente centrafricano, Ange Felix Patassé, che ieri aveva
partecipato a un vertice a Niamey e stava rientrando
a Bangui con una folta delegazione, é stato preso di mira dai ribelli che gli
hanno sparato durante l'atterraggio costringendolo ad interrompere la manovra.
Il velivolo di Patassé ha quindi ripreso quota dirigendosi verso il
Camerun, dove in serata è atterrato
sano e salvo a Yaoundé. Il generale Bozizé, ex capo di stato maggiore generale,
si è ribellato al presidente nel novembre 2001 e ha rivendicato la responsabilità
del tentato golpe del 25 ottobre 2002 scorso. Stamani, nella capitale, regna
una sostanziale calma, interrotta solo da qualche sporadica raffica di armi automatiche,
mentre in un annuncio alla radio nazionale di un portavoce del suo movimento,
Bozizè è stato definito “presidente della repubblica”. (A.G.)
OGGI A
KYOTO LA PRIMA GIORNATA DELLA CONFERENZA MONDIALE SULL’ACQUA CON LA
PARTECIPAZIONE DEI DELEGATI DI 180 PAESI
- A cura
di Chiaretta Zucconi -
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TOKYO.=
Prima giornata della Conferenza mondiale sull’acqua, inaugurata alla presenza
dei rappresentanti di 180 Paesi, questa mattina a Kyoto, l’antica capitale del
Giappone. La sessione è stata tutta dedicata a un “ospite” di particolare riguardo,
l’Africa, un continente messo in ginocchio da cicliche inondazioni e siccità e
dove aree dalle grandi risorse idriche si alternano a zone di allarmante
scarsità di acqua. Le attenzioni dei 10 mila delegati si sposteranno, il 18
marzo prossimo, dall’Africa all’Asia, il 19 alle Americhe, il 20 al Medio
Oriente e al Mediterraneo; infine, venerdì prossimo, all’Europa, ma sempre
accomunati da un unico obiettivo: trovare la strada per fronteggiare la crisi
dell’acqua nel mondo, dove 1 miliardo e 200 milioni di persone non hanno ancora
accesso all’acqua potabile. Grande è l’attesa per la giornata dedicata al
Vecchio Continente, durante la quale i delegati dell’Unione Europea presenteranno
i risultati finora raggiunti dall’iniziativa Water for life, l’acqua per
la vita, lanciata a Johannesburg al Summit mondiale per lo sviluppo
sostenibile. In quella occasione, l’Unione Europea ha firmato un accordo di
partnership con l’Africa e 12 Paesi dell’Europa dell’Est, il Caucaso e l’Asia
centrale per la promozione di migliori condizioni di vita, della pace e la
sicurezza con il vincolo, ormai irrinunciabile, di uno sviluppo sostenibile. In
questo contesto l’acqua è un elemento fondamentale.
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ATTACCO
TERRORISTICO NEL KASHMIR: RIBELLI ISLAMICI ASSALTANO
UN EDIFICIO DELLA POLIZIA INDIANA UCCIDENDO
11 PERSONE
JAMMU.=
Grave attacco terroristico nella tormentata regione del Kashmir. Almeno undici
poliziotti indiani sarebbero rimasti uccisi nel corso di un assalto compiuto da
ribelli islamici contro un posto di polizia nella contesa regione, che da anni
infiamma i rapporti tra India e Pakistan. La notizia è dell’attacco è stata
diramata dalla polizia locale indiana. Sempre secondo le stesse fonti, l’azione
armata è avvenuta nella regione del Gool, nel distretto di Udhampur, circa 150
chilometri a nord di Jammu. Da tempo, New Delhi accusa Islamabad di
incoraggiare e sostenere la violenza ed il terrorismo nel settore indiano
del Kashmir, dove la popolazione è in
maggioranza musulmana. (A.G.)
RICAMBIO GENERAZIONALE AI VERTICI DELLA REPUBBLICA
POPOLARE CINESE: L’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL POPOLO NOMINA PRIMO MINISTRO
PECHINO.= Completato il ricambio generazionale ai vertici
della Repubblica Popolare cinese: oggi è stato eletto primo ministro
dell’immenso Paese asiatico il sessantunenne Wen Jiabao, uno dei leader della
nuova generazione comunista. Il ricambio della leadership, deciso in novembre
dal Partito Comunista, è stato formalizzato dall' Assemblea Nazionale del
Popolo che è riunita dal 5 marzo a Pechino. Nella prima successione ordinata
nella storia della Cina comunista, il sessantenne Hu Jintao ha sostituito Jiang
Zemin come segretario del partito e presidente della Repubblica. Li Peng, il
presidente dell’Assemblea - ritenuto uno dei responsabili della sanguinosa
repressione di piazza Tienammen nel 1989 - è stato sostituito da Wu Bangguo.
Wen Jiabao succede al popolare primo ministro riformista Zhu Rongji. Degli
esponenti della vecchia generazione rimane al potere solo Jiang Zemin, che è
stato eletto per la terza volta alla presidenza della potente Commissione
Militare Centrale, l'organismo che controlla l’esercito. (A.G.)
DOMENICA
ELETTORALE PER I FINLANDESI CHIAMATI A RINNOVARE IL PARLAMENTO.
GLI
ULTIMI SONDAGGI VEDONO IN LIEVE VANTAGGIO I CENTRISTI
SUI
SOCIALDEMOCRATICI, ATTUALMENTE FORZA DI GOVERNO
HELSINKI.= Finlandia oggi al voto per il rinnovo del
Parlamento. I seggi sono stati aperti regolarmente alle ore 8.00 di questa
mattina in tutto il Paese scandinavo. Le operazioni di voto si concluderanno
alle 19.00 e poco dopo si dovrebbero già avere indicazioni attendibili sui
risultati. A contendersi la vittoria sono il Partito socialdemocratico
dell'attuale primo ministro, Paavo Lipponen, e il partito centrista,
attualmente all'opposizione, guidato dalla signora Anneli Jaatteenmaki. Il
risultato è incerto, anche se – in base agli ultimi sondaggi – i centristi
otterrebbero una vittoria di stretta misura. Se sarà confermato dall’esito del
voto, la vittoria dei centristi dovrebbe portare ad un governo di coalizione.
La campagna elettorale, che ha preceduto le elezioni, si è concentrata sul tema
della disoccupazione. (A.G.)
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