RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 73 - Testo della Trasmissione venerdì 14 marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’Ora della Passione di Cristo, mistero d’amore del Figlio con Maria sua Madre. Questo il nucleo delle meditazioni dell’arcivescovo Angelo Comastri agli Esercizi spirituali per il Papa e la Curia romana: ne parliamo con il presule.

 

La ferma condanna di Giovanni Paolo II per il barbaro assassinio del premier serbo Djindjic in un telegramma di cordoglio al nunzio apostolico a Belgrado.

 

In una nota della Sala Stampa vaticana, si conferma che la Nunziatura apostolica di Baghdad rimarrà aperta anche in caso di conflitto armato.

 

Il ruolo irrinunciabile dell’Onu per la risoluzione pacifica della crisi irachena: ne parliamo con l’arcivescovo Renato Martino.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il sud-est d’Europa nel segno dell’ecumenismo e della stabilità sociopolitica: il tema affrontato in un convegno a Scutari dai vescovi dei Paesi dell’area. Intervista con mons. Aldo Giordano.

 

Il  fallimento negoziale sulla questione di Cipro e l’ingresso dell’isola nell’Unione Europea: con noi Valerio Parmeggiani.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Lettera pastorale dei vescovi madrileni in occasione della prossima visita del Papa in Spagna.

 

La Corea del Sud donerà 4400 tonnellate di riso per alleviare la crisi alimentare nordcoreana.

 

Cattolici e laici insieme per una TV di qualità. E’ questo l’impegno di “Società libera”.

 

L’integrazione europea al centro del convegno promosso dalla Fuci, in programma a Parma il 21 e il 22 marzo.

 

Napoli in lutto per la morte di Roberto Murolo

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq: Blair pensa ad un summit a tre con Bush e Aznar, mentre Parigi propone a Londra di lavorare insieme per il disarmo di Saddam.

 

Ancora stato d’emergenza in Serbia dopo l’assassinio di Djindjic; domani i funerali.

 

Insediato in Costa D’Avorio il nuovo governo di unità nazionale.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 marzo 2003

 

 

NELL’ORA DI GESU’, L’ORA DELL’AMORE SUPREMO, MARIA E’ ACCANTO AL FIGLIO

PER DONARLO A NOI: SU QUESTA RIFLESSIONE, L’ARCIVESCOVO ANGELO COMASTRI

HA INTRATTENUTO I PARTECIPANTI AGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO ASSIEME AL SANTO PADRE

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Nei Vangeli, si parla spesso dell’Ora di Gesù. Il predicatore degli esercizi spirituali che si stanno svolgendo in Vaticano, l’arcivescovo prelato di Loreto Angelo Comastri, vi si è a lungo soffermato nelle meditazioni di ieri pomeriggio e questa mattina. Ascoltiamo il presule...

 

Se Betlemme è il primo raggio con una densissima luce che illumina il volto di Dio, tutta la vita di Gesù non fa altro che svelarci Dio. Ma nella vita di Gesù c’è un momento che riassume tutti i momenti, e questo momento si chiama ‘L’Ora di Gesù’. C’è un particolare bello, da sottolineare. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù parla per la prima volta della sua Ora con sua Madre. Alle nozze di Cana, quando Maria con la delicatezza tutta materna e tutta immacolata si presenta a Gesù con umiltà e dice: “Figlio, non hanno più vino” - è quella la più bella preghiera, l’esposizione della povertà, Maria maestra di preghiera – ebbene, Gesù dice a sua Madre: “Donna, non è ancora giunta la mia Ora”. Gesù vuol dire alla Madonna: “Guarda, Madre, io il miracolo lo farò - tant’è vero che lo farà! - però, attenta, Madre, quel miracolo rivela un altro miracolo, rimanda ad un altro miracolo, rimanda alla mia Ora. Il vero miracolo, la vera trasformazione dell’acqua in vino io la farò in quel momento. Allora, Madre, tu che hai il cuore docile, guarda in quella direzione, nella direzione della mia Ora”.

 

E quando venne l’Ora, Maria aveva il cuore pronto. Aveva il cuore docilmente aperto. Che cosa accadde, nell’Ora? ...

 

C’è, nel Vangelo di Giovanni, un’indicazione che è veramente un raggio luminoso che svela tutto il senso della passione. Nel capitolo XIII di Giovanni, quando l’evangelista - l’evangelista dell’amore - introduce il racconto della Passione, l’evangelista dice: “Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino al segno estremo”: avendo amato, amò. Giovanni, allora, racchiude tutta la vita di Gesù nell’azione dell’amare: avendo amato, amò; però - dice - “fino al segno estremo”. Li amò ‘fino al compimento’, fino al gesto estremo, fino al punto oltre il quale non si può andare.

 

E cos’è questo punto, oltre il quale non si può andare? ...

 

E’ la morte di Gesù. Tant’è vero che sulla Croce Giovanni mette sulla bocca di Gesù questa parola: “E Gesù disse: ‘E’ compiuto’”. Cosa vuol dire questa parola ‘è compiuto’? Non ha il significato banale di dire: ‘Ormai ho finito, ormai ho terminato la mia avventura, ho terminato la mia fatica’ ... Sarebbe banalizzare la parola di Gesù! E’ la parola-sintesi di tutta la sua vita, l’ultima parola. Vuol dire: “Ho amato fino alla fine”, cioè: ho svelato il mistero dell’amore di Dio; ho raccontato agli uomini chi è Dio. Padre, io ho manifestato il tuo mistero, ho raccontato con la mia vita che tu sei amore. E questa mia Croce grida all’umanità questa verità, e agli uomini che mi hanno crocifisso con i loro peccati dico ancora: ‘Vi amo!’.

 

Questo è il volto di Dio. E in questo gesto di amore, Maria è coinvolta ...

 

Maria è lì, accanto a Gesù, e Maria dona il Figlio e nel momento in cui dona il Figlio, Maria è in sintonia perfetta con il mistero di Dio, con il mistero di Dio-amore. E nel momento in cui lo dona, Maria ridiventa feconda, riacquista la fecondità della sua maternità. Tant’è vero che Gesù, prima di morire, dice a sua Madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Gesù vuol dire: “Mamma, nel momento in cui tu doni con me la tua vita, tu riacquisti una fecondità straordinaria, una maternità immensa: tu diventi la Madre dei credenti. Allora, Madre, non pensare a me; pensa a loro. Ecco tuo figlio”. E rivolto a Giovanni, dice: “Giovanni, ecco tua Madre: ricevi questo dono. Io, nel momento in cui sto morendo, ho regalato tutto al mondo e regalo anche la maternità di mia Madre, perché diventi – la sua maternità – un segno ed un canto dell’amore di Dio”.

 

Per questo, amare Maria non è altro che accogliere il dono di Gesù morente, e Maria non ci allontanerà mai da Gesù ...

 

Maria non è mai una parete che ci impedisce l’incontro con Dio. Maria è una mano materna che ci porta, ci conduce al mistero dell’amore di Dio, perché lei ne è la più grande esperta.

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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL PAPA

PER IL BRUTALE ASSASSINIO DEL PREMIER SERBO, ZORAN DJINDJIC

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

La “forte condanna” di Giovanni Paolo II per il “barbaro atto di violenza” e la vicinanza del Pontefice alla Serbia, impegnata in un importante sforzo di democratizzazione. Sono contenute nel telegramma che il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha inviato a nome del Papa al nunzio apostolico a Belgrado, l’arcivescovo, Eugenio Sbarbaro, per esprimere il proprio cordoglio in seguito all’uccisione del primo ministro serbo, Zoran Djindjic, avvenuta due giorni fa. Nell’esprimere le sue condoglianze alle autorità balcaniche, Giovanni Paolo II si dice solidale con il popolo serbo-montenegrino per i “risoluti sforzi” profusi  “nel rinnovamento della società e nella costruzione di un ordine democratico segnato dalla giustizia, dalla cooperazione nella ricerca del bene comune e del rispetto dei diritti per tutti”. Il Pontefice conclude invocando sulla nazione i doni divini  “di saggezza, forza e pace”.

 

 

IL RUOLO IRRINUNCIABILE DELLE NAZIONI UNITE PER UNA SOLUZIONE PACIFICA DELLA CRISI IRACHENA,

RIBADITO DALL’ARCIVESCOVO RENATO RAFFAELE MARTINO,

PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“E’ segno di maggior gloria uccidere le guerre con la parola anziché gli uomini con le armi e conquistare la pace con la pace, non con la guerra”: questo pensiero profondo di Sant’Agostino campeggia in una serigrafia dell’artista ungherese Hajnal nello studio dell’arcivescovo Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Parole che sintetizzano con efficacia la linea portata avanti, in modo instancabile dalla Santa Sede, per sventare un conflitto nel Golfo Persico. Uno dei protagonisti di questo sforzo diplomatico è proprio mons. Martino, che, al microfono di Alessandro Gisotti, ribadisce il ruolo irrinunciabile dell’Onu per una soluzione pacifica della crisi irachena:

 

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R. - Le Nazioni Unite si sono fatte carico da vari anni di questa crisi ed è per questo che le Nazioni Unite si sono impegnate a risolverla. Come hanno detto più volte il Papa, il cardinale Sodano, e l’arcivescovo Tauran, questa crisi non può che risolversi nel quadro delle Nazioni Unite.

 

D. - Lei ha avuto parole molto nette e anche molto dure nei confronti dell’iperattivismo di Stati Uniti e Francia per la conquista, nel Consiglio di Sicurezza, di voti decisivi sulla questione dell’Iraq ...

 

R. - Non voglio gridare allo scandalo, ho solo notato, e vorrei ripeterlo, che se tutti sono eguali alle Nazioni Unite, se ogni singolo membro è eguale all’altro, allora bisognerebbe lasciare la libertà a tutti di decidere secondo la propria responsabilità. Non è giusto che i “grandi” esercitino sui piccoli una pressione più forte della loro capacità di resistenza. Quando si fanno promesse o minacce riguardanti il futuro di un popolo, chiunque sia a farlo, si falsa il processo decisionale e si fa un torto al principio della pari dignità.

 

D. – La guerra non è mai una fatalità, ha detto il Santo Padre più volte. Davvero quella delle ispezioni dell’Onu è l’unica via per il disarmo dell’Iraq?

 

R. – C’è ancora la famosa risoluzione 1441, che non è stata esaurita in tutta la sua potenzialità. L’ho detto e lo ripeto che questa risoluzione dà agli ispettori il potere di trovare le armi micidiali, di renderle inoffensive o distruggerle. Abbiamo visto che l’Iraq ha cominciato a collaborare. Diamogli il tempo necessario.

 

D. – Come giudica l’ipotesi avanzata, anche da parte del mondo arabo, di spingere Saddam Hussein all’esilio?

 

R. – Questa potrebbe essere la soluzione migliore, ma fino ad un certo punto perché non possiamo fare delle scommesse sul dopo Hussein, che potrebbe offrire delle sorprese peggiori della situazione presente. Il principio è che ogni popolo decide e si sceglie democraticamente il governo che preferisce. Non si può andare in casa di un altro e mettere la casa in ordine secondo i propri gusti.

 

D. – Una riflessione sull’azione instancabile non solo del Papa, con i suoi appelli, ma anche della diplomazia vaticana così attiva …

 

R. – L’azione del Papa si è svolta a tre livelli. Il livello del magistero ci ha detto che cosa è la pace, che è un dono di Dio. C’è stata poi l’azione propriamente diplomatica, quella di mandare suoi inviati e ricevere le persone che hanno chiesto di essere ricevute per sentire la posizione del Pontefice. Il terzo livello, poi, che chiamerei la “diplomazia spirituale”, la diplomazia della preghiera, con la giornata di digiuno e di preghiera. L’attività della Santa Sede non è finita, continua dietro le quinte, non necessariamente sui giornali.

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Intanto, il direttore della Sala Stampa vaticana, Navarro-Valls, ha dichiarato stamani che la “Nunziatura Apostolica di Baghdad rimarrà aperta anche nel caso di un eventuale intervento armato nel Paese. E’ tradizione costante della Santa Sede – spiega la nota  - che i suoi rappresentanti diplomatici rimangano vicini alle popolazioni presso cui sono inviati, anche in situazioni di estremo pericolo”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Un articolo di Piero Di Domenico dal titolo "I popoli non sono astrattezze" apre la prima pagina: il testo si inserisce nell'ambito della riflessione quaresimale ispirata al significato della "mobilitazione penitenziale per la pace". Il telegramma di cordoglio del Papa, a firma del cardinale Angelo Sodano, per la morte del Premier serbo, assassinato in un attentato. Iraq: profonda spaccatura all'Onu sulla nuova risoluzione. Medio Oriente: quotidiano tributo di sangue nei Territori. Riguardo all'Africa, un articolo in cui si sottolinea che lo scandalo della fame e delle epidemie interpella la coscienza internazionale.

 

Nelle vaticane, un articolo del cardinale Saraiva Martins dal titolo "Il significato dei santi oggi in un mondo che cambia". Alcuni passi dell'omelia del Vescovo Brian Farrell, durante un incontro di preghiera, in Vaticano, in occasione della memoria liturgica del beato don Luigi Orione. Una pagina dedicata alle celebrazioni ed alle iniziative pastorali nelle Diocesi italiane in occasione della Quaresima. Nel cammino della Chiesa in Asia ed in Oceania, un contributo del Priore del Monastero Benedettino di Norcia, in occasione della cerimonia di accensione, nell'Abbazia di New Norcia, in Australia, della fiaccola "Pro Pace" di san Benedetto.

 

Nelle pagine estere, Usa: "il controverso cammino di una scelta di civiltà"; il Senato vieta l'aborto a nascita parziale. Penisola Coreana: attesi a Pyongyang gli aiuti promessi da Seoul. In India, attentato in un treno provoca numerosi morti e feriti.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Armando Rigobello dal titolo "Il tomismo nel Novecento": un volume di Battista Mondin. La notizia della morte di Roberto Murolo.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la spaventosa sciagura stradale consumatasi nel tratto Venezia-Trieste. In rilievo il tema dei lavori pubblici e la questione delle riforme. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 marzo 2003

 

 

VESCOVI EUROPEI INSIEME A SCUTARI PER L’ECUMENISMO

E LA STABILITA’ NEL SUD-EST EUROPEO

- Intervista con mons. Aldo Giordano -

 

Si è svolto nei giorni scorsi a Scutari, in Albania, un incontro di vescovi finalizzato a intensificare il dialogo ecumenico per contribuire alla pace e alla stabilità nel Sud-Est europeo. L’incontro, promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e presieduto dal vescovo Amedée Grab, ha visto riuniti i presidenti delle Conferenze episcopali di Turchia, Grecia, Macedonia, Albania, Bulgaria, Jugoslavia e Bosnia Erzegovina impegnati nel comune sforzo di rendere il rapporto tra le Chiese non una pura espressione di tolleranza, ma vero dialogo che conduca alla collaborazione. Ma da dove iniziare in questa regione europea attraversata nell’ultimo decennio da venti di guerra, instabilità politica, tensioni sociali, e insieme da una nuova atmosfera di speranza? Roberta Gisotti lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee:

 

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R. – La nostra sorpresa è stata proprio questa: si respira un’aria nuova, all’incirca da un anno a questa parte. Gli elementi nuovi sono stati certamente portati dai recenti viaggi del Papa in Romania, in Grecia e in Bulgaria. Poi, dal fatto che vi sono state delle visite reciproche di delegazioni: per esempio tra la Chiesa serba e la Chiesa cattolica, tra la Chiesa ortodossa-greca e la Chiesa cattolica e si è sviluppata inoltre una collaborazione su tematiche di comune interesse, come la famiglia, l’etica e l’importanza di tenere vivi i valori cristiani nella costruzione della nuova Europa.

 

D. – Mons. Giordano, ma come possono i cattolici, che sono una piccola minoranza in questi Paesi, dare il buon esempio sia a livello istituzionale che  a livello di comunità?

 

R. – Nel nostro incontro in Albania si è parlato di  un superamento di quel senso di inferiorità psicologica legato al fatto di essere una minoranza numerica. Essere inferiori numericamente non significa necessariamente essere svantaggiati: è un fattore che può costituire dei problemi, ma può anche offrire delle chances. Solo dove si è in minoranza numerica si possono creare laboratori che altrove non potrebbero esistere: laboratori di dialogo ecumenico, laboratori di costruzione di pace. Scutari ha costituito l’esempio di uno di questi laboratori: i vescovi hanno incontrato un gruppo di 25 giovani - cattolici, ortodossi e musulmani - che avevano affrontato nel corso di una settimana temi di grossa attualità, come il traffico delle creature umane, la droga, la violenza, i diritti umani e la formazione politica. Dunque, i luoghi di convivenza di più confessioni, culture, etnie, oltre ad essere spesso focolai di violenza, possono essere vissuti come laboratori di pace e di dialogo.

 

D. – A proposito di violenza: tutta l’Europa è scossa dall’assassinio del primo ministro serbo Zoran Djindjic, e questo rende forse ancora più urgente che le comunità cristiane siano davvero testimoni efficaci di pace ...

 

R. – In Albania, siamo rimasti tutti impressionati dalla notizia dell’uccisione del presidente del governo della Serbia. E’ stata l’occasione per guardare in faccia i problemi che affliggono ancora le terre dell’Est Europa: la povertà, la corruzione, l’odio presente nel cuore degli uomini… Fattori che minano la stabilità politica. In Bosnia Erzegovina, ad esempio, abbiamo ancora dei grossi problemi legati al ritorno dei rifugiati. E il problema del Kosovo è un problema aperto così come quello del rapporto tra Serbia e Montenegro. La morte di Djindjic è un segno che la stabilità è ancora un obiettivo da raggiungere. Le Chiese sono chiamate oggi al grande compito di cambiare i cuori, la cultura: di lavorare con i giovani e formare una nuova generazione, capace di assumersi le responsabilità della situazione.

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FALLITI I NEGOZIATI PROMOSSI DALL’ONU ALL’AJA

PER LA RIUNIFICAZIONE DI CIPRO

 

Solo la parte greca di Cipro entrerà in Europa. Questo l’esito dei negoziati per la riunificazione promossi all’Aja dall’Onu e falliti a causa delle resistenze turco-cipriote. L’isola, dunque, rimane nella situazione del 1974, quando le forze turche invasero e poi colonizzarono il nord, instaurando un regime non riconosciuto dalla comunità internazionale ad eccezione della Turchia. Sull’esito dei negoziati, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Valerio Parmeggiani, primo segretario dell’ambasciata italiana a Nicosia:

 

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R. – Per un osservatore presente sul luogo, questo era l’esito più probabile. In realtà, ce ne vorrebbero due di isole, una per ciascuna comunità. La situazione, instauratasi dall’operazione militare turca del ’74, non ha fatto registrare passi avanti concreti per un riavvicinamento tra le due posizioni. La parte turco-cipriota è soddisfatta della situazione attuale, mentre quella greco-cipriota mi pare sfiduciata e rassegnata a questa situazione.

 

D. – Al centro dei disaccordi tra le due parti vi è soprattutto la questione dei confini da ridefinire e quella dei turchi che dovrebbero lasciare i territori occupati nel ’74 ...

 

R. – Certo. In fondo anche il piano Annan prevedeva una riduzione drastica del numero dei coloni, che sono arrivati dalla Turchia, in modo considerato illegale dal governo della Repubblica di Cipro. Ma, d’altra parte, ormai ci sono migliaia di persone che sono nate a Cipro e ci vivono da molti anni, per cui è impensabile che questa questione si possa risolvere in modo indolore.

 

D. – A questo punto, l’ingresso nell’Unione Europea della sola parte greca di Cipro, può essere visto sotto due aspetti: un aspetto negativo, perché non tutta l’isola entra, e un aspetto positivo legato alla possibilità che anche la parte turca si convinca infine a giungere ad un accordo sulla riunificazione ...

 

R. – Sì, questa era la speranza che si aveva quando sono iniziati i colloqui: ovvero, che l’effetto di trascinamento potesse funzionare sulla base dell’ingresso della Repubblica di Cipro nell’Unione Europea. Così non è stato. Rimane ora il fatto che anche la Turchia è da molto tempo un Paese candidato, ed è impensabile ovviamente che Ankara possa entrare nell’Unione Europea senza che la questione cipriota abbia subito una modifica sostanziale. Rimane da vedere chi comanda davvero in Turchia a questo punto, con un governo eletto da poco. Non mi pare che sia molto chiara la situazione ad Ankara e da questo soprattutto dipende il futuro di Cipro.

 

D. – Comunque, quale ruolo potrà avere una Cipro dimezzata all’interno dell’Unione Europea?

 

R. – La parte controllata dal governo ha sempre avuto un’economia distinta dal resto dell’isola, ispirata ad un’economia di mercato. Quindi, ha fatto fatica a compiere questo percorso verso la cessione. E’ stato il primo dei dieci Paesi candidati a completare i processi imposti dall’Unione Europea. Certo, l’unificazione dell’isola proporrebbe scenari nuovi e la possibilità di investimenti sia per i greco-ciprioti, sia per tutti gli altri partner comunitari nella zona a nord dell’isola, che ha un bisogno disperato di capitali, di investimenti nel settore turistico e industriale, a fronte di un reddito pro-capite molto basso.

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CHIESA E SOCIETA’

14 marzo 2003

 

 

“VIVETE LA VISITA DEL PAPA IN SPAGNA

COME UN OCCASIONE PER RINNOVARE LA VOSTRA CHIAMATA ALLA SANTITA’”.

QUESTA L’ESORTAZIONE ESPRESSA DAI VESCOVI DELLA PROVINCIA ECCLESIASTICA

DI MADRID IN UNA LETTERA PASTORALE

 

MADRID. = La vocazione di ogni battezzato alla santità è al centro della Lettera pastorale “Testimoni dell’amore di Dio”, che i vescovi della provincia ecclesiastica di Madrid (comprendente l’arcidiocesi di Madrid e le diocesi di Getafe ed Alcalá de Henares) hanno pubblicato due giorni fa in occasione della visita di Giovanni Paolo II in Spagna, prevista per il 3 e 4 maggio nella capitale dello Stato iberico, durante la quale il Pontefice canonizzerà cinque religiosi spagnoli fondatori di Congregazioni religiose. I presuli sperano che la visita del Santo Padre sia occasione di crescita della vocazione e del dinamismo apostolico nel loro Paese: “Dall’inizio del suo ministero - scrivono i vescovi - il Papa non si è stancato di invitarci a non aver paura, a vivere con allegria la nostra fede, a proclamare al mondo la verità che salva”. Un invito che negli anni è risuonato sempre più forte soprattutto per le giovani generazioni: “I giovani - precisano i vescovi - non dimentichino che sono parte della Chiesa e che nessuna di queste decisioni può essere presa a margine della loro vita con la Chiesa stessa”. I vescovi quindi chiamano i giovani a partecipare sia alla vigilia di preghiera del 3 maggio sia, il giorno successivo, alla Messa celebrata dal Papa. La conclusione della Lettera è affidata alla richiesta di dare ospitalità alle molte persone che arriveranno a Madrid da tutta la Spagna, per far sì, affermano i vescovi, “che le case della capitale testimonino ai pellegrini l’appartenenza all’unica comunità della Chiesa”. (M.A.)

 

 

LA COREA DEL SUD HA DECISO DI DONARE 432 MILA TONNELLATE DI RISO

PER CONTRASTARE LA CRISI ALIMENTARE DELLA COREA DEL NORD.

GLI AIUTI, PREVISTI PER ALTRI DUE ANNI,

HANNO LO SCOPO DI DISTENDERE I RAPPORTI TRA I DUE STATI

 

SEUL. = Il ministro dell’agricoltura della Corea del sud, Kim Young Jin, ha reso noto questa mattina che Seul fornirà alla Corea del Nord 432 mila tonnellate di riso per contrastare la carestia. La decisione è stata presa dopo un colloquio con il presidente della repubblica, Roh Moo Hyun, sostenitore di una politica di dialogo e cooperazione tra i due Stati. La situazione della parte settentrionale della penisola infatti è estremamente grave. Nei giorni scorsi, il Pam ha stimato che, se non ci saranno nuovi approvvigionamenti, le scorte alimentari della Corea del nord si esauriranno prima dell’estate. Due anni consecutivi di inondazioni a metà degli anni ’90, seguiti da un anno di siccità, e una politica agricola che purtroppo non ha avuto successo sono le cause dell’emergenza. Il Pam ha chiesto ai Paesi donatori 12 milioni di dollari per finanziare gli aiuti. Ne ha ricevuti attualmente solo 500 mila. Sono alcuni anni che la Corea del sud si impegna per far fronte alla crisi: nel 2000, Seul inviò a Pyongyang 300 mila tonnellate di riso e 200 mila di mais. Due anni dopo, inviò invece 400 tonnellate di riso. Anche Stati Uniti e Unione Europea hanno dichiarato di essere disposti ad inviare circa 100 mila tonnellate di riso all’anno. Il medesimo impegno è portato avanti dalla Caritas - Hong Kong che a gennaio ha fornito a Pyongyang 2.200 tonnellate di riso. (M.A.)

 

 

CATTOLICI E LAICI INSIEME PER UNA TV DI QUALITA’. QUESTO L’IMPEGNO CHE SI PROPONE “SOCIETA’ LIBERA”.

NEL CORSO DI UNA CONFERENZA STAMPA,

L’ASSOCIAZIONE HA RILANCIATO L’IMPEGNO DEL MONDO LAICO

NELLA PROMOZIONE DI UNA TELEVISIONE CHE RISPETTI LA DIGNITA’ DELL’UOMO

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

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ROMA. = Liberiamoci dall’Auditel. Liberiamoci di un cinema che non rispetta i bambini. Liberiamoci di un rete internet dove la pornografia è il messaggio più diffuso. Questo l’appello lanciato stamani da “Società Libera”, un’associazione che si propone di difendere il liberalismo nel nostro paese. Dunque, al pari del mondo cattolico, il mondo liberale si mobilita per chiedere una televisione a misura di bambino e un sistema della comunicazione che rispetti la dignità dell’individuo. “Società Libera” propone di introdurre un servizio di rilevazione della qualità del prodotto televisivo e del gradimento del pubblico al posto dell’Auditel, che misura solo la quantità degli ascolti. Chiede, inoltre, di togliere la pubblicità dai programmi per bambini, di riformare i regolamenti della Commissione di revisione cinematografica e una normativa che tuteli i cittadini dall’offerta ossessiva e non richiesta di materiali pornografici su Internet. Il direttore di “Società Libera”, Vincenzo Olita, ha annunciato, inoltre, che presto verrà lanciata un raccolta di firme per liberalizzare il servizio pubblico in un quadro di regole certe a tutela degli utenti e della qualità del prodotto. Il presidente della Lux Vide, Ettore Bernabei, intervenuto all’incontro, ha indicato alcuni segni di speranza: “Il pubblico televisivo sta migliorando ed ha acquisito una buona capacità di giudizio: quando possono scegliere gli ascoltatori scelgono per il meglio”. Perciò, non fidiamoci solo dei dati dell’Auditel, ha raccomandato la giornalista della Radio Vaticana, Roberta Gisotti, ma esigiamo il rispetto della legge 249 che assegna allo Stato il compito rilevare gli ascolti e di controllare i rilevamenti effettuati dai privati.

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SULL’ATTUALE PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA, SI INTERROGHERANNO

I PARTECIPANTI DEL CONVEGNO NAZIONALE “EUROPARLIAMONE:

CITTADINI, VALORI, ISTITUZIONI DI UN NUOVO ATTORE GLOBALE”. L’INCONTRO, PROMOSSO DALLA FUCI,

SI SVOLGERA’ A PARMA TRA IL 21 E IL 22 MARZO

 

PARMA. = “Europarliamone: cittadini, valori, istituzioni di un nuovo attore globale”. E’ lo slogan che accompagnerà, i prossimi 21 e 22 marzo a Parma, un convegno promosso dalla Federazione universitaria cattolica Italiana. L’incontro, che si pone l’obiettivo di soffermarsi sull’attuale processo di integrazione europea, da un lato intende tratteggiare il volto del cittadino europeo del prossimo futuro, partendo dai valori di cui è o dovrebbe essere portatore; dall’altro, vuole analizzare le strade per una concreta spendibilità nel mondo di questi valori. L'iniziativa, potrebbe rientrare nella manifestazione europea “Primavera Europea per i giovani”, proposta da alcuni membri della Convenzione per incoraggiare il maggior numero possibile di scuole e di università europee a dedicare interamente o parzialmente la giornata del 21 Marzo 2003 ad un evento che sia legato al dibattito sul futuro dell’Unione Europea. Nella mattinata del 22 marzo è prevista la realizzazione di tre workshop: uno sui Giovani e l’Europa, un secondo sul ruolo delle Università nel panorama culturale europeo; ed un terzo sulle modalità e gli stili di una nuova evangelizzazione in Europa. (B.C.)

 

 

NAPOLI IN LUTTO. IL CANTANTE ROBERTO MUROLO E’ MORTO NELLA NOTTE

ALL’ETA’ DI 91 ANNI. COMMOZIONE DEL MONDO DELLO SPETTACOLO.

DOMANI I FUNERALI NELLA BASILICA DI SAN FERDINANDO,

LA “CHIESA DEGLI ARTISTI”

 

NAPOLI. = “Se n’è andato un maestro, un caposcuola; soprattutto ho perso un amico, l’uomo che mi ha insegnato tutto”. Con queste parole, Renzo Arbore ha commentato la morte di Roberto Murolo. Il cantante, la cui voce dolce e melodiosa ne aveva fatto un vero e proprio monumento della canzone napoletana, è deceduto nella notte nella sua casa del Vomero, all’età di 91 anni. Le sue condizioni di salute, già precarie da molto tempo per problemi respiratori e cardiaci, si sono improvvisamente aggravate. L’artista, figlio del grande compositore Ernesto Murolo e di Lia Cavalli, era nato a Napoli il 23 gennaio 1912. Di lui si inizia a parlare a partire dal 1939, quando comincia a girare l’Europa con il quartetto ‘Mida’. La vera e propria carriera, tuttavia, inizia nel 1946, l’epoca dei primi concerti e delle prime incisioni discografiche. L’antologia “Napoletana”, in cui compaiono 12 pezzi scelti da brani della canzone partenopea che vanno dal XIII secolo ai suoi giorni, rappresenta il primo successo di Murolo, che diviene così artista di spicco non solo della canzone napoletana ma di tutta la canzone italiana. Nel 1990 pubblica l’album “Na voce ‘na chitarra”, mentre nel 1992, con la raccolta “Ottantavoglia di cantare”, festeggia il suo ottantesimo compleanno. In questa fase incide brani anche con importanti interpreti della canzone italiana, come Fabrizio De André, Enzo Gragnaniello e Mia Martini. Nel 1995 pubblica il disco “Anima e core” e nel 2002 “Ho sognato di cantare”, l’album che chiude la sua lunga attività di autore ed interprete. Nel 1995, Roberto Murolo riceve dal presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, l’onorificenza di Grand’Ufficiale della Repubblica per i meriti artistici di una vita dedicata alla musica. I funerali di Roberto Murolo saranno celebrati domani nella Basilica di San Ferdinando, la cosiddetta “chiesa degli artisti” di Napoli. La camera ardente è stata allestita, oggi nella cappella Palatina del Maschio Angioino. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 marzo 2003

 

 

- A cura di  Giada Aquilino -

 

Un possibile summit a tre sulla crisi irachena. E’ l’idea lanciata dal premier britannico Blair, che coinvolgerebbe anche il presidente degli Stati Uniti Bush ed il primo ministro spagnolo Aznar. Intanto, la diplomazia internazionale continua a lavorare, mentre la Casa Bianca ha deciso di aspettare fino all’inizio della settimana prossima per trovare un accordo sulla nuova risoluzione per l’Iraq. Il presidente francese Jacques Chirac ha proposto oggi al premier britannico Tony Blair ''di lavorare insieme sul disarmo dell'Iraq nella logica della risoluzione 1441'', pur ritenendo inaccettabile - ha ribadito Chirac - qualsiasi ultimatum all'Iraq e il ricorso automatico alla forza. Baghdad, da parte sua, ha rifiutato le sei condizioni sul disarmo proposte a Saddam Hussein dalla Gran Bretagna. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Dato che al Consiglio di Sicurezza non hanno ancora ottenuto i nove consensi necessari a far approvare la risoluzione con l’ultimatum del 17 marzo, gli Stati Uniti hanno segnalato ieri la disponibilità a rimandare il voto e a continuare le trattative durante il fine settimana. Washington, però, ha lasciato aperta anche la possibilità di ritirare la risoluzione e lanciare un ultimatum tramite un discorso del presidente Bush e poi attaccare con i Paesi disponibili a seguirla. Il Pentagono, infatti, ha ordinato ai bombardieri invisibili B-2 di trasferirsi verso il Golfo Persico. E stamani cinque navi da guerra degli Stati Uniti hanno percorso il Canale di Suez.

 

La Francia ieri ha bocciato la proposta britannica, dicendo che innesca un meccanismo automatico per la guerra. Sulla stessa linea si pone Mosca, che ritiene non costruttive le proposte di Londra, perché non servono ad evitare uno scenario militare. L’Angola, col suo presidente José Eduardo dos Santos, ha fatto sapere che la forza in Iraq dovrà essere utilizzata soltanto in “caso estremo”. Baghdad, intanto, ha presentato un nuovo rapporto all’Onu per fornire chiarimenti sui programmi di riarmo chimico e biologico. Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan è tornato a parlare di un vertice di capi di Stato per risolvere la crisi.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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E’ di nazionalità cinese l'ispettore dell'Onu morto ieri in un incidente automobilistico in Iraq. Secondo le autorità di Pechino, l'uomo, Yu Jiangxing, esperto di armi chimiche, è rimasto gravemente ferito in un incidente di auto nel corso di attività legate alle ispezioni. Trasportato subito in ospedale, è morto poco dopo il ricovero.

 

''Il disarmo dell’Iraq si può e si deve ottenere con mezzi pacifici''. Con queste parole il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ha ribadito il fermo ‘no’ della Germania a una nuova Guerra del Golfo, intervenendo stamani al Bundestag per annunciare nuovi provvedimenti per risollevare l'economia tedesca. Parlando della politica di riforme dell’esecutivo rossoverde, Schroeder ha annunciato inoltre investimenti pubblici per 15 miliardi di euro e una riduzione dei sussidi di disoccupazione. Il cancelliere ha infine presentato un'iniziativa comune di Germania, Francia e Gran Bretagna nel campo della politica industriale.

 

Salta anche oggi la presentazione da parte del premier turco designato Tayyip Erdogan della lista dei ministri che formeranno il nuovo governo di Ankara. Soltanto ieri il premier uscente Abdullah Gul aveva incontrato lo stesso Erdogan ed il capo di stato maggiore delle forze armate, Hilmi Ozkok, per una consultazione in merito alle scelte che il nuovo governo dovrà compiere sulla crisi irachena.

 

E’ ancora emergenza in Serbia, dopo l’assassinio, mercoledì, del premier Zoran Djindjic. Se ieri è stato il giorno del lutto e del cordoglio, oggi gli investigatori proseguono con le indagini. Si parla di oltre 200 persone arrestate nel corso dell’inchiesta. Sentiamo Emiliano Bos:

 

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Resta latitante per il momento Milorad Lukovic, detto Legija, l’ex capo delle unità speciali della polizia considerato il regista dell’omicidio. Lo stato di emergenza verrà mantenuto fino alla cattura degli assassini: lo ha deciso l’esecutivo di Belgrado, che ha anche nominato Nebojsa Covic capo provvisorio del governo, a rotazione con gli altri tre vice premier. Per evitare che il Paese precipiti nel baratro dell’epoca di Milosevic, ieri si sono recati a Belgrado il commissario per le Relazioni esterne dell’Unione europea, Chris Patten, e il responsabile della politica estera di Bruxelles, Javier Solana. L’Europa – hanno garantito – sarà a fianco della Serbia per proseguire il cammino delle riforme democratiche. Per domani è previsto il funerale di Djindjic: la salma sarà tumulata accanto a quelle di personaggi illustri della storia serba.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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E' salito a sei il numero degli attivisti palestinesi rimasti uccisi stamani in un raid di unità scelte israeliane nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Al momento, i carri armati presidiano ancora la periferia della città. Intanto, in Israele si profila il rischio di una spaccatura nel partito laburista, dopo che ieri il leader Amram Mitzna è stato sconfitto dal suo rivale Benyamin Ben Eliezer durante un dibattito politico in seno al Comitato centrale. Fra i dirigenti laburisti, si prevede che già fra 3-4 mesi sarà necessario compiere un nuovo confronto fra Mitzna e Ben Eliezer per la guida del partito.

 

Ci sono ottime speranze per la definitiva soluzione della crisi politico-militare della Costa D’Avorio. Ieri, nella capitale Yamoussoukro, il presidente Gbagbo ha presieduto la riunione di insediamento del nuovo governo di riconciliazione nazionale, scaturito dagli accordi di pace di Parigi. Si tratta del primo passo concreto verso la fine del conflitto, innescato dopo il tentativo di colpo di Stato attuato dai ribelli il 19 settembre scorso. Ce ne parla Giulio Albanese:

 

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“In molti pensavano che non saremmo mai riusciti a raggiungere un accordo e invece ce l’abbiamo fatta”. Con queste parole il presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbabo ha inaugurato nel pomeriggio di ieri a Yamoussoukro la prima riunione del Consiglio dei ministri del nuovo governo di unità nazionale. A fianco del capo di Stato, c’era il neo primo ministro Seydou Diarra, protagonista della lunga e laboriosa opera di mediazione. Grandi assenti erano invece i rappresentanti del principale movimento di opposizione del Paese, la Coalizione dei repubblicani di Ouattara e i ribelli che il 19 settembre scorso hanno dato il via alla crisi, sollevandosi in armi contro Gbabo. L’assenza sarebbe legata a problemi logistici, secondo alcune fonti, o alla scarsa sicurezza, secondo altre. A questo punto, non resta che attendere gli sviluppi di una situazione politica ancora molto fluida e gli osservatori giustamente esprimono cauto ottimismo.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Dopo un decennio di scontri armati, tregue precarie e trattative fallite, è iniziato il dopo-guerra nella Repubblica autonoma dell’Abkhazia, in Georgia. A Soci, sul Mar Nero, i presidenti russo Putin e georgiano Shevardnadze, alla presenza del premier abkhazo Gagulia, hanno posto le basi per il processo di riconciliazione. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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I termini degli accordi non sono stati resi noti nella loro interezza. Presto, comunque, torneranno a casa le migliaia di profughi nel distretto di Gali, dove verranno create una polizia ed una amministrazione mista russo-georgiana-abkhaza. Il mandato delle truppe di interposizione di Mosca, sotto l’egida della Csi, verrà inoltre concesso a tempo indefinito finché le parti lo riterranno necessario. Sia Tbilisi, sia Sukhumi vogliono mettere un freno ai tanti gruppi guerriglieri che tentano di destabilizzare la situazione. L’inizio del processo di pace è stato reso possibile per il netto miglioramento delle relazioni tra la Russia e la Georgia. L’Abkhazia si rese indipendente dalla Georgia tra il 1992 ed il 1993, a conclusione di una sanguinosa guerra che provocò migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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