RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 73 - Testo della
Trasmissione venerdì 14 marzo 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Lettera
pastorale dei vescovi madrileni in occasione della prossima visita del Papa in
Spagna.
La Corea del
Sud donerà 4400 tonnellate di riso per alleviare la crisi alimentare
nordcoreana.
Cattolici e
laici insieme per una TV di qualità. E’ questo l’impegno di “Società libera”.
Napoli in lutto per
la morte di Roberto Murolo
24 ORE NEL
MONDO:
Iraq: Blair
pensa ad un summit a tre con Bush e Aznar, mentre Parigi propone a Londra di
lavorare insieme per il disarmo di Saddam.
Ancora stato
d’emergenza in Serbia dopo l’assassinio di Djindjic; domani i funerali.
Insediato in
Costa D’Avorio il nuovo governo di unità nazionale.
14 marzo 2003
NELL’ORA DI GESU’, L’ORA DELL’AMORE
SUPREMO, MARIA E’ ACCANTO AL FIGLIO
PER
DONARLO A NOI: SU QUESTA RIFLESSIONE, L’ARCIVESCOVO ANGELO COMASTRI
HA
INTRATTENUTO I PARTECIPANTI AGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO ASSIEME AL
SANTO PADRE
- Servizio
di Giovanni Peduto -
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Nei Vangeli, si parla spesso dell’Ora di Gesù. Il
predicatore degli esercizi spirituali che si stanno svolgendo in Vaticano,
l’arcivescovo prelato di Loreto Angelo Comastri, vi si è a lungo soffermato
nelle meditazioni di ieri pomeriggio e questa mattina. Ascoltiamo il presule...
Se Betlemme è il primo raggio con una densissima luce che
illumina il volto di Dio, tutta la vita di Gesù non fa altro che svelarci Dio.
Ma nella vita di Gesù c’è un momento che riassume tutti i momenti, e questo
momento si chiama ‘L’Ora di Gesù’. C’è un particolare bello, da sottolineare.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù parla per la prima volta della sua Ora con sua
Madre. Alle nozze di Cana, quando Maria con la delicatezza tutta materna e tutta
immacolata si presenta a Gesù con umiltà e dice: “Figlio, non hanno più vino” -
è quella la più bella preghiera, l’esposizione della povertà, Maria maestra di
preghiera – ebbene, Gesù dice a sua Madre: “Donna, non è ancora giunta la mia
Ora”. Gesù vuol dire alla Madonna: “Guarda, Madre, io il miracolo lo farò -
tant’è vero che lo farà! - però, attenta, Madre, quel miracolo rivela un altro
miracolo, rimanda ad un altro miracolo, rimanda alla mia Ora. Il vero miracolo,
la vera trasformazione dell’acqua in vino io la farò in quel momento. Allora, Madre,
tu che hai il cuore docile, guarda in quella direzione, nella direzione della
mia Ora”.
E quando venne l’Ora, Maria aveva il cuore pronto. Aveva
il cuore docilmente aperto. Che cosa accadde, nell’Ora? ...
C’è, nel Vangelo di Giovanni, un’indicazione che è
veramente un raggio luminoso che svela tutto il senso della passione. Nel
capitolo XIII di Giovanni, quando l’evangelista - l’evangelista dell’amore -
introduce il racconto della Passione, l’evangelista dice: “Gesù, avendo amato i
suoi che erano nel mondo, li amò sino al segno estremo”: avendo amato, amò.
Giovanni, allora, racchiude tutta la vita di Gesù nell’azione dell’amare:
avendo amato, amò; però - dice - “fino al segno estremo”. Li amò ‘fino al
compimento’, fino al gesto estremo, fino al punto oltre il quale non si può
andare.
E cos’è questo punto, oltre il quale non si può andare?
...
E’ la morte di Gesù. Tant’è vero che sulla Croce Giovanni
mette sulla bocca di Gesù questa parola: “E Gesù disse: ‘E’ compiuto’”. Cosa
vuol dire questa parola ‘è compiuto’? Non ha il significato banale di dire:
‘Ormai ho finito, ormai ho terminato la mia avventura, ho terminato la mia
fatica’ ... Sarebbe banalizzare la parola di Gesù! E’ la parola-sintesi di
tutta la sua vita, l’ultima parola. Vuol dire: “Ho amato fino alla fine”, cioè:
ho svelato il mistero dell’amore di Dio; ho raccontato agli uomini chi è Dio.
Padre, io ho manifestato il tuo mistero, ho raccontato con la mia vita che tu
sei amore. E questa mia Croce grida all’umanità questa verità, e agli uomini
che mi hanno crocifisso con i loro peccati dico ancora: ‘Vi amo!’.
Questo è il volto di Dio. E in questo gesto di amore,
Maria è coinvolta ...
Maria è lì, accanto a Gesù, e Maria dona il Figlio e nel
momento in cui dona il Figlio, Maria è in sintonia perfetta con il mistero di
Dio, con il mistero di Dio-amore. E nel momento in cui lo dona, Maria ridiventa
feconda, riacquista la fecondità della sua maternità. Tant’è vero che Gesù,
prima di morire, dice a sua Madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Gesù vuol dire:
“Mamma, nel momento in cui tu doni con me la tua vita, tu riacquisti una
fecondità straordinaria, una maternità immensa: tu diventi la Madre dei
credenti. Allora, Madre, non pensare a me; pensa a loro. Ecco tuo figlio”. E
rivolto a Giovanni, dice: “Giovanni, ecco tua Madre: ricevi questo dono. Io,
nel momento in cui sto morendo, ho regalato tutto al mondo e regalo anche la maternità
di mia Madre, perché diventi – la sua maternità – un segno ed un canto dell’amore
di Dio”.
Per questo, amare Maria non è altro che accogliere il dono
di Gesù morente, e Maria non ci allontanerà mai da Gesù ...
Maria non è mai una parete che ci impedisce l’incontro con
Dio. Maria è una mano materna che ci porta, ci conduce al mistero dell’amore di
Dio, perché lei ne è la più grande esperta.
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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL PAPA
PER IL
BRUTALE ASSASSINIO DEL PREMIER SERBO, ZORAN DJINDJIC
- A
cura di Alessandro De Carolis -
La
“forte condanna” di Giovanni Paolo II per il “barbaro atto di violenza” e la
vicinanza del Pontefice alla Serbia, impegnata in un importante sforzo di democratizzazione.
Sono contenute nel telegramma che il cardinale segretario di Stato, Angelo
Sodano, ha inviato a nome del Papa al nunzio apostolico a Belgrado,
l’arcivescovo, Eugenio Sbarbaro, per esprimere il proprio cordoglio in seguito
all’uccisione del primo ministro serbo, Zoran Djindjic, avvenuta due giorni fa.
Nell’esprimere le sue condoglianze alle autorità balcaniche, Giovanni Paolo II
si dice solidale con il popolo serbo-montenegrino per i “risoluti sforzi”
profusi “nel rinnovamento della società
e nella costruzione di un ordine democratico segnato dalla giustizia, dalla
cooperazione nella ricerca del bene comune e del rispetto dei diritti per
tutti”. Il Pontefice conclude invocando sulla nazione i doni divini “di saggezza, forza e pace”.
IL RUOLO IRRINUNCIABILE DELLE NAZIONI
UNITE PER UNA SOLUZIONE PACIFICA DELLA CRISI IRACHENA,
RIBADITO
DALL’ARCIVESCOVO RENATO RAFFAELE MARTINO,
PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
“E’ segno di maggior gloria uccidere le guerre con la
parola anziché gli uomini con le armi e conquistare la pace con la pace, non
con la guerra”: questo pensiero profondo di Sant’Agostino campeggia in una
serigrafia dell’artista ungherese Hajnal nello studio dell’arcivescovo Renato
Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Parole
che sintetizzano con efficacia la linea portata avanti, in modo instancabile
dalla Santa Sede, per sventare un conflitto nel Golfo Persico. Uno dei
protagonisti di questo sforzo diplomatico è proprio mons. Martino, che, al
microfono di Alessandro Gisotti, ribadisce il ruolo irrinunciabile dell’Onu per
una soluzione pacifica della crisi irachena:
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R. - Le Nazioni Unite si sono fatte carico da vari anni di
questa crisi ed è per questo che le Nazioni Unite si sono impegnate a
risolverla. Come hanno detto più volte il Papa, il cardinale Sodano, e
l’arcivescovo Tauran, questa crisi non può che risolversi nel quadro delle
Nazioni Unite.
D. - Lei ha avuto parole molto nette e anche molto dure
nei confronti dell’iperattivismo di Stati Uniti e Francia per la conquista, nel
Consiglio di Sicurezza, di voti decisivi sulla questione dell’Iraq ...
R. - Non voglio gridare allo scandalo, ho solo notato, e
vorrei ripeterlo, che se tutti sono eguali alle Nazioni Unite, se ogni singolo
membro è eguale all’altro, allora bisognerebbe lasciare la libertà a tutti di
decidere secondo la propria responsabilità. Non è giusto che i “grandi”
esercitino sui piccoli una pressione più forte della loro capacità di
resistenza. Quando si fanno promesse o minacce riguardanti il futuro di un
popolo, chiunque sia a farlo, si falsa il processo decisionale e si fa un torto
al principio della pari dignità.
D. – La guerra non è mai una fatalità, ha detto il Santo
Padre più volte. Davvero quella delle ispezioni dell’Onu è l’unica via per il
disarmo dell’Iraq?
R. – C’è ancora la famosa risoluzione 1441, che non è
stata esaurita in tutta la sua potenzialità. L’ho detto e lo ripeto che questa
risoluzione dà agli ispettori il potere di trovare le armi micidiali, di
renderle inoffensive o distruggerle. Abbiamo visto che l’Iraq ha cominciato a
collaborare. Diamogli il tempo necessario.
D. – Come giudica l’ipotesi avanzata, anche da parte del
mondo arabo, di spingere Saddam Hussein all’esilio?
R. – Questa potrebbe essere la soluzione migliore, ma fino
ad un certo punto perché non possiamo fare delle scommesse sul dopo Hussein,
che potrebbe offrire delle sorprese peggiori della situazione presente. Il
principio è che ogni popolo decide e si sceglie democraticamente il governo che
preferisce. Non si può andare in casa di un altro e mettere la casa in ordine
secondo i propri gusti.
D. – Una riflessione sull’azione instancabile non solo del
Papa, con i suoi appelli, ma anche della diplomazia vaticana così attiva …
R. – L’azione del Papa si è svolta a tre livelli. Il
livello del magistero ci ha detto che cosa è la pace, che è un dono di Dio. C’è
stata poi l’azione propriamente diplomatica, quella di mandare suoi inviati e
ricevere le persone che hanno chiesto di essere ricevute per sentire la
posizione del Pontefice. Il terzo livello, poi, che chiamerei la “diplomazia
spirituale”, la diplomazia della preghiera, con la giornata di digiuno e di
preghiera. L’attività della Santa Sede non è finita, continua dietro le quinte,
non necessariamente sui giornali.
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Intanto, il direttore della Sala
Stampa vaticana, Navarro-Valls, ha dichiarato stamani che la “Nunziatura
Apostolica di Baghdad rimarrà aperta anche nel caso di un eventuale intervento
armato nel Paese. E’ tradizione costante della Santa Sede – spiega la nota - che i suoi rappresentanti diplomatici
rimangano vicini alle popolazioni presso cui sono inviati, anche in situazioni
di estremo pericolo”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Un
articolo di Piero Di Domenico dal titolo "I popoli non sono astrattezze"
apre la prima pagina: il testo si inserisce nell'ambito della riflessione
quaresimale ispirata al significato della "mobilitazione penitenziale per
la pace". Il telegramma di cordoglio del Papa, a firma del cardinale
Angelo Sodano, per la morte del Premier serbo, assassinato in un attentato.
Iraq: profonda spaccatura all'Onu sulla nuova risoluzione. Medio Oriente:
quotidiano tributo di sangue nei Territori. Riguardo all'Africa, un articolo in
cui si sottolinea che lo scandalo della fame e delle epidemie interpella la
coscienza internazionale.
Nelle vaticane, un articolo del
cardinale Saraiva Martins dal titolo "Il significato dei santi oggi in un
mondo che cambia". Alcuni passi dell'omelia del Vescovo Brian Farrell,
durante un incontro di preghiera, in Vaticano, in occasione della memoria
liturgica del beato don Luigi Orione. Una pagina dedicata alle celebrazioni ed
alle iniziative pastorali nelle Diocesi italiane in occasione della Quaresima.
Nel cammino della Chiesa in Asia ed in Oceania, un contributo del Priore del
Monastero Benedettino di Norcia, in occasione della cerimonia di accensione, nell'Abbazia
di New Norcia, in Australia, della fiaccola "Pro Pace" di san Benedetto.
Nelle pagine estere, Usa:
"il controverso cammino di una scelta di civiltà"; il Senato vieta
l'aborto a nascita parziale. Penisola Coreana: attesi a Pyongyang gli aiuti
promessi da Seoul. In India, attentato in un treno provoca numerosi morti
e feriti.
Nella pagina culturale, un
contributo di Armando Rigobello dal titolo "Il tomismo nel
Novecento": un volume di Battista Mondin. La notizia della morte di
Roberto Murolo.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la spaventosa sciagura stradale consumatasi nel tratto Venezia-Trieste.
In rilievo il tema dei lavori pubblici e la questione delle riforme.
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VESCOVI
EUROPEI INSIEME A SCUTARI PER L’ECUMENISMO
E LA STABILITA’ NEL SUD-EST EUROPEO
-
Intervista con mons. Aldo Giordano -
Si è svolto nei giorni scorsi a Scutari, in Albania, un
incontro di vescovi finalizzato a intensificare il dialogo ecumenico per
contribuire alla pace e alla stabilità nel Sud-Est europeo. L’incontro,
promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e presieduto dal
vescovo Amedée Grab, ha visto riuniti i presidenti delle Conferenze episcopali
di Turchia, Grecia, Macedonia, Albania, Bulgaria, Jugoslavia e Bosnia
Erzegovina impegnati nel comune sforzo di rendere il rapporto tra le Chiese non
una pura espressione di tolleranza, ma vero dialogo che conduca alla
collaborazione. Ma da dove iniziare in questa regione europea attraversata
nell’ultimo decennio da venti di guerra, instabilità politica, tensioni
sociali, e insieme da una nuova atmosfera di speranza? Roberta Gisotti lo ha
chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle
Conferenze episcopali europee:
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R. – La nostra sorpresa è stata proprio questa: si respira un’aria
nuova, all’incirca da un anno a questa parte. Gli elementi nuovi sono stati
certamente portati dai recenti viaggi del Papa in Romania, in Grecia e in
Bulgaria. Poi, dal fatto che vi sono state delle visite reciproche di
delegazioni: per esempio tra la Chiesa serba e la Chiesa cattolica, tra la
Chiesa ortodossa-greca e la Chiesa cattolica e si è sviluppata inoltre una
collaborazione su tematiche di comune interesse, come la famiglia, l’etica e
l’importanza di tenere vivi i valori cristiani nella costruzione della nuova
Europa.
D. – Mons. Giordano, ma come possono i cattolici, che sono
una piccola minoranza in questi Paesi, dare il buon esempio sia a livello istituzionale
che a livello di comunità?
R. – Nel nostro incontro in Albania si è parlato di un superamento di quel senso di inferiorità
psicologica legato al fatto di essere una minoranza numerica. Essere inferiori
numericamente non significa necessariamente essere svantaggiati: è un fattore
che può costituire dei problemi, ma può anche offrire delle chances. Solo dove si è in minoranza
numerica si possono creare laboratori che altrove non potrebbero esistere:
laboratori di dialogo ecumenico, laboratori di costruzione di pace. Scutari ha
costituito l’esempio di uno di questi laboratori: i vescovi hanno incontrato un
gruppo di 25 giovani - cattolici, ortodossi e musulmani - che avevano
affrontato nel corso di una settimana temi di grossa attualità, come il traffico
delle creature umane, la droga, la violenza, i diritti umani e la formazione
politica. Dunque, i luoghi di convivenza di più confessioni, culture, etnie,
oltre ad essere spesso focolai di violenza, possono essere vissuti come
laboratori di pace e di dialogo.
D. – A proposito di violenza: tutta l’Europa è scossa
dall’assassinio del primo ministro serbo Zoran Djindjic, e questo rende forse
ancora più urgente che le comunità cristiane siano davvero testimoni efficaci
di pace ...
R. – In Albania, siamo rimasti tutti impressionati dalla
notizia dell’uccisione del presidente del governo della Serbia. E’ stata
l’occasione per guardare in faccia i problemi che affliggono ancora le terre
dell’Est Europa: la povertà, la corruzione, l’odio presente nel cuore degli
uomini… Fattori che minano la stabilità politica. In Bosnia Erzegovina, ad
esempio, abbiamo ancora dei grossi problemi legati al ritorno dei rifugiati. E
il problema del Kosovo è un problema aperto così come quello del rapporto tra
Serbia e Montenegro. La morte di Djindjic è un segno che la stabilità è ancora
un obiettivo da raggiungere. Le Chiese sono chiamate oggi al grande compito di
cambiare i cuori, la cultura: di lavorare con i giovani e formare una nuova
generazione, capace di assumersi le responsabilità della situazione.
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FALLITI I NEGOZIATI PROMOSSI DALL’ONU
ALL’AJA
PER LA
RIUNIFICAZIONE DI CIPRO
Solo
la parte greca di Cipro entrerà in Europa. Questo l’esito dei negoziati per la
riunificazione promossi all’Aja dall’Onu e falliti a causa delle resistenze turco-cipriote.
L’isola, dunque, rimane nella situazione del 1974, quando le forze turche
invasero e poi colonizzarono il nord, instaurando un regime non riconosciuto
dalla comunità internazionale ad eccezione della Turchia. Sull’esito dei negoziati,
Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Valerio Parmeggiani, primo
segretario dell’ambasciata italiana a Nicosia:
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R. – Per un osservatore presente sul luogo, questo era
l’esito più probabile. In realtà, ce ne vorrebbero due di isole, una per
ciascuna comunità. La situazione, instauratasi dall’operazione militare turca
del ’74, non ha fatto registrare passi avanti concreti per un riavvicinamento
tra le due posizioni. La parte turco-cipriota è soddisfatta della situazione
attuale, mentre quella greco-cipriota mi pare sfiduciata e rassegnata a questa
situazione.
D. – Al centro dei disaccordi tra le due parti vi è
soprattutto la questione dei confini da ridefinire e quella dei turchi che
dovrebbero lasciare i territori occupati nel ’74 ...
R. – Certo. In fondo anche il piano Annan prevedeva una
riduzione drastica del numero dei coloni, che sono arrivati dalla Turchia, in
modo considerato illegale dal governo della Repubblica di Cipro. Ma, d’altra
parte, ormai ci sono migliaia di persone che sono nate a Cipro e ci vivono da
molti anni, per cui è impensabile che questa questione si possa risolvere in
modo indolore.
D. – A questo punto, l’ingresso nell’Unione Europea della
sola parte greca di Cipro, può essere visto sotto due aspetti: un aspetto
negativo, perché non tutta l’isola entra, e un aspetto positivo legato alla
possibilità che anche la parte turca si convinca infine a giungere ad un
accordo sulla riunificazione ...
R. – Sì, questa era la speranza che si aveva quando sono
iniziati i colloqui: ovvero, che l’effetto di trascinamento potesse funzionare
sulla base dell’ingresso della Repubblica di Cipro nell’Unione Europea. Così
non è stato. Rimane ora il fatto che anche la Turchia è da molto tempo un Paese
candidato, ed è impensabile ovviamente che Ankara possa entrare nell’Unione
Europea senza che la questione cipriota abbia subito una modifica sostanziale.
Rimane da vedere chi comanda davvero in Turchia a questo punto, con un governo eletto
da poco. Non mi pare che sia molto chiara la situazione ad Ankara e da questo
soprattutto dipende il futuro di Cipro.
D. – Comunque, quale ruolo potrà avere una Cipro dimezzata
all’interno dell’Unione Europea?
R. – La parte controllata dal governo ha sempre avuto
un’economia distinta dal resto dell’isola, ispirata ad un’economia di mercato.
Quindi, ha fatto fatica a compiere questo percorso verso la cessione. E’ stato
il primo dei dieci Paesi candidati a completare i processi imposti dall’Unione
Europea. Certo, l’unificazione dell’isola proporrebbe scenari nuovi e la
possibilità di investimenti sia per i greco-ciprioti, sia per tutti gli altri
partner comunitari nella zona a nord dell’isola, che ha un bisogno disperato di
capitali, di investimenti nel settore turistico e industriale, a fronte di un
reddito pro-capite molto basso.
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14 marzo 2003
“VIVETE
LA VISITA DEL PAPA IN SPAGNA
COME
UN OCCASIONE PER RINNOVARE LA VOSTRA CHIAMATA ALLA SANTITA’”.
QUESTA
L’ESORTAZIONE ESPRESSA DAI VESCOVI DELLA PROVINCIA ECCLESIASTICA
DI MADRID
IN UNA LETTERA PASTORALE
MADRID.
= La vocazione di ogni battezzato alla santità è al centro della Lettera pastorale
“Testimoni dell’amore di Dio”, che i vescovi della provincia ecclesiastica di
Madrid (comprendente l’arcidiocesi di Madrid e le diocesi di Getafe ed Alcalá
de Henares) hanno pubblicato due giorni fa in occasione della visita di
Giovanni Paolo II in Spagna, prevista per il 3 e 4 maggio nella capitale dello
Stato iberico, durante la quale il Pontefice canonizzerà cinque religiosi
spagnoli fondatori di Congregazioni religiose. I presuli sperano che la visita
del Santo Padre sia occasione di crescita della vocazione e del dinamismo
apostolico nel loro Paese: “Dall’inizio del suo ministero - scrivono i vescovi
- il Papa non si è stancato di invitarci a non aver paura, a vivere con
allegria la nostra fede, a proclamare al mondo la verità che salva”. Un invito
che negli anni è risuonato sempre più forte soprattutto per le giovani
generazioni: “I giovani - precisano i vescovi - non dimentichino che sono parte
della Chiesa e che nessuna di queste decisioni può essere presa a margine della
loro vita con la Chiesa stessa”. I vescovi quindi chiamano i giovani a
partecipare sia alla vigilia di preghiera del 3 maggio sia, il giorno
successivo, alla Messa celebrata dal Papa. La conclusione della Lettera è
affidata alla richiesta di dare ospitalità alle molte persone che arriveranno a
Madrid da tutta la Spagna, per far sì, affermano i vescovi, “che le case della
capitale testimonino ai pellegrini l’appartenenza all’unica comunità della
Chiesa”. (M.A.)
LA COREA DEL SUD HA DECISO DI DONARE 432 MILA
TONNELLATE DI RISO
PER
CONTRASTARE LA CRISI ALIMENTARE DELLA COREA DEL NORD.
GLI
AIUTI, PREVISTI PER ALTRI DUE ANNI,
HANNO
LO SCOPO DI DISTENDERE I RAPPORTI TRA I DUE STATI
SEUL. =
Il ministro dell’agricoltura della Corea del sud, Kim Young Jin, ha reso noto
questa mattina che Seul fornirà alla Corea del Nord 432 mila tonnellate di riso
per contrastare la carestia. La decisione è stata presa dopo un colloquio con
il presidente della repubblica, Roh Moo Hyun, sostenitore di una politica di
dialogo e cooperazione tra i due Stati. La situazione della parte
settentrionale della penisola infatti è estremamente grave. Nei giorni scorsi,
il Pam ha stimato che, se non ci saranno nuovi approvvigionamenti, le scorte
alimentari della Corea del nord si esauriranno prima dell’estate. Due anni consecutivi
di inondazioni a metà degli anni ’90, seguiti da un anno di siccità, e una
politica agricola che purtroppo non ha avuto successo sono le cause
dell’emergenza. Il Pam ha chiesto ai Paesi donatori 12 milioni di dollari per
finanziare gli aiuti. Ne ha ricevuti attualmente solo 500 mila. Sono alcuni
anni che la Corea del sud si impegna per far fronte alla crisi: nel 2000, Seul
inviò a Pyongyang 300 mila tonnellate di riso e 200 mila di mais. Due anni
dopo, inviò invece 400 tonnellate di riso. Anche Stati Uniti e Unione Europea
hanno dichiarato di essere disposti ad inviare circa 100 mila tonnellate di
riso all’anno. Il medesimo impegno è portato avanti dalla Caritas - Hong Kong
che a gennaio ha fornito a Pyongyang 2.200 tonnellate di riso. (M.A.)
CATTOLICI E LAICI INSIEME PER UNA TV DI
QUALITA’. QUESTO L’IMPEGNO CHE SI PROPONE “SOCIETA’ LIBERA”.
NEL
CORSO DI UNA CONFERENZA STAMPA,
L’ASSOCIAZIONE
HA RILANCIATO L’IMPEGNO DEL MONDO LAICO
NELLA
PROMOZIONE DI UNA TELEVISIONE CHE RISPETTI LA DIGNITA’ DELL’UOMO
- A
cura di Ignazio Ingrao -
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ROMA. =
Liberiamoci dall’Auditel. Liberiamoci di un cinema che non rispetta i bambini.
Liberiamoci di un rete internet dove la pornografia è il messaggio più diffuso.
Questo l’appello lanciato stamani da “Società Libera”, un’associazione che si
propone di difendere il liberalismo nel nostro paese. Dunque, al pari del mondo
cattolico, il mondo liberale si mobilita per chiedere una televisione a misura
di bambino e un sistema della comunicazione che rispetti la dignità
dell’individuo. “Società Libera” propone di introdurre un servizio di
rilevazione della qualità del prodotto televisivo e del gradimento del pubblico
al posto dell’Auditel, che misura solo la quantità degli ascolti. Chiede,
inoltre, di togliere la pubblicità dai programmi per bambini, di riformare i
regolamenti della Commissione di revisione cinematografica e una normativa che
tuteli i cittadini dall’offerta ossessiva e non richiesta di materiali
pornografici su Internet. Il direttore di “Società Libera”, Vincenzo Olita, ha
annunciato, inoltre, che presto verrà lanciata un raccolta di firme per
liberalizzare il servizio pubblico in un quadro di regole certe a tutela degli
utenti e della qualità del prodotto. Il presidente della Lux Vide, Ettore
Bernabei, intervenuto all’incontro, ha indicato alcuni segni di speranza: “Il
pubblico televisivo sta migliorando ed ha acquisito una buona capacità di giudizio:
quando possono scegliere gli ascoltatori scelgono per il meglio”. Perciò, non fidiamoci
solo dei dati dell’Auditel, ha raccomandato la giornalista della Radio Vaticana,
Roberta Gisotti, ma esigiamo il rispetto della legge 249 che assegna allo Stato
il compito rilevare gli ascolti e di controllare i rilevamenti effettuati dai
privati.
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SULL’ATTUALE PROCESSO DI
INTEGRAZIONE EUROPEA, SI INTERROGHERANNO
I
PARTECIPANTI DEL CONVEGNO NAZIONALE “EUROPARLIAMONE:
CITTADINI,
VALORI, ISTITUZIONI DI UN NUOVO ATTORE GLOBALE”. L’INCONTRO, PROMOSSO DALLA
FUCI,
SI
SVOLGERA’ A PARMA TRA IL 21 E IL 22 MARZO
PARMA. = “Europarliamone: cittadini, valori, istituzioni
di un nuovo attore globale”. E’ lo slogan che accompagnerà, i prossimi 21 e 22
marzo a Parma, un convegno promosso dalla Federazione universitaria cattolica
Italiana. L’incontro, che si pone l’obiettivo di soffermarsi sull’attuale
processo di integrazione europea, da un lato intende tratteggiare il volto del
cittadino europeo del prossimo futuro, partendo dai valori di cui è o dovrebbe
essere portatore; dall’altro, vuole analizzare le strade per una concreta
spendibilità nel mondo di questi valori. L'iniziativa, potrebbe rientrare nella
manifestazione europea “Primavera Europea per i giovani”, proposta da alcuni
membri della Convenzione per incoraggiare il maggior numero possibile di scuole
e di università europee a dedicare interamente o parzialmente la giornata del
21 Marzo 2003 ad un evento che sia legato al dibattito sul futuro dell’Unione
Europea. Nella mattinata del 22 marzo è prevista la realizzazione di tre
workshop: uno sui Giovani e l’Europa, un secondo sul ruolo delle Università nel
panorama culturale europeo; ed un terzo sulle modalità e gli stili di una nuova
evangelizzazione in Europa. (B.C.)
NAPOLI IN LUTTO. IL CANTANTE ROBERTO MUROLO E’
MORTO NELLA NOTTE
ALL’ETA’
DI 91 ANNI. COMMOZIONE DEL MONDO DELLO SPETTACOLO.
DOMANI
I FUNERALI NELLA BASILICA DI SAN FERDINANDO,
LA
“CHIESA DEGLI ARTISTI”
NAPOLI.
= “Se n’è andato un maestro, un caposcuola; soprattutto ho perso un amico, l’uomo
che mi ha insegnato tutto”. Con queste parole, Renzo Arbore ha commentato la
morte di Roberto Murolo. Il cantante, la cui voce dolce e melodiosa ne aveva
fatto un vero e proprio monumento della canzone napoletana, è deceduto nella
notte nella sua casa del Vomero, all’età di 91 anni. Le sue condizioni di
salute, già precarie da molto tempo per problemi respiratori e cardiaci, si
sono improvvisamente aggravate. L’artista, figlio del grande compositore
Ernesto Murolo e di Lia Cavalli, era nato a Napoli il 23 gennaio 1912. Di lui
si inizia a parlare a partire dal 1939, quando comincia a girare l’Europa con
il quartetto ‘Mida’. La vera e propria carriera, tuttavia, inizia nel 1946,
l’epoca dei primi concerti e delle prime incisioni discografiche. L’antologia “Napoletana”,
in cui compaiono 12 pezzi scelti da brani della canzone partenopea che vanno
dal XIII secolo ai suoi giorni, rappresenta il primo successo di Murolo, che
diviene così artista di spicco non solo della canzone napoletana ma di tutta la
canzone italiana. Nel 1990 pubblica l’album “Na voce ‘na chitarra”, mentre nel
1992, con la raccolta “Ottantavoglia di cantare”, festeggia il suo ottantesimo
compleanno. In questa fase incide brani anche con importanti interpreti della
canzone italiana, come Fabrizio De André, Enzo Gragnaniello e Mia Martini. Nel
1995 pubblica il disco “Anima e core” e nel 2002 “Ho sognato di cantare”,
l’album che chiude la sua lunga attività di autore ed interprete. Nel 1995,
Roberto Murolo riceve dal presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro,
l’onorificenza di Grand’Ufficiale della Repubblica per i meriti artistici di
una vita dedicata alla musica. I funerali di Roberto Murolo saranno celebrati
domani nella Basilica di San Ferdinando, la cosiddetta “chiesa degli artisti”
di Napoli. La camera ardente è stata allestita, oggi nella cappella Palatina
del Maschio Angioino. (B.C.)
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14 marzo 2003
- A cura di Giada Aquilino -
Un possibile summit a tre sulla crisi irachena. E’
l’idea lanciata dal premier britannico Blair, che coinvolgerebbe anche il
presidente degli Stati Uniti Bush ed il primo ministro spagnolo Aznar. Intanto, la diplomazia
internazionale continua a lavorare, mentre la Casa Bianca ha deciso di
aspettare fino all’inizio della settimana prossima per trovare un accordo sulla
nuova risoluzione per l’Iraq. Il presidente francese Jacques Chirac ha proposto
oggi al premier britannico Tony Blair ''di lavorare insieme sul disarmo
dell'Iraq nella logica della risoluzione 1441'', pur ritenendo inaccettabile -
ha ribadito Chirac - qualsiasi ultimatum all'Iraq e il ricorso automatico alla
forza. Baghdad, da parte sua, ha rifiutato le sei condizioni sul disarmo proposte
a Saddam Hussein dalla Gran Bretagna. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Dato che al Consiglio di Sicurezza non hanno ancora
ottenuto i nove consensi necessari a far approvare la risoluzione con
l’ultimatum del 17 marzo, gli Stati Uniti hanno segnalato ieri la disponibilità
a rimandare il voto e a continuare le trattative durante il fine settimana.
Washington, però, ha lasciato aperta anche la possibilità di ritirare la
risoluzione e lanciare un ultimatum tramite un discorso del presidente Bush e
poi attaccare con i Paesi disponibili a seguirla. Il Pentagono, infatti, ha
ordinato ai bombardieri invisibili B-2 di trasferirsi verso il Golfo Persico. E
stamani cinque navi da guerra degli Stati Uniti hanno percorso il Canale di
Suez.
La Francia ieri ha bocciato la proposta britannica,
dicendo che innesca un meccanismo automatico per la guerra. Sulla stessa linea
si pone Mosca, che ritiene non costruttive le proposte di Londra, perché non servono
ad evitare uno scenario militare. L’Angola, col suo presidente José Eduardo dos
Santos, ha fatto sapere che la forza in Iraq dovrà essere utilizzata soltanto
in “caso estremo”. Baghdad, intanto, ha presentato un nuovo rapporto all’Onu
per fornire chiarimenti sui programmi di riarmo chimico e biologico. Il
segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan è tornato a parlare di un
vertice di capi di Stato per risolvere la crisi.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E’ di nazionalità cinese l'ispettore dell'Onu morto ieri
in un incidente automobilistico in Iraq. Secondo le autorità di Pechino,
l'uomo, Yu Jiangxing, esperto di armi chimiche, è rimasto gravemente ferito in
un incidente di auto nel corso di attività legate alle ispezioni. Trasportato
subito in ospedale, è morto poco dopo il ricovero.
''Il disarmo dell’Iraq si può e si deve ottenere con mezzi
pacifici''. Con queste parole il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ha
ribadito il fermo ‘no’ della Germania a una nuova Guerra del Golfo,
intervenendo stamani al Bundestag per annunciare nuovi provvedimenti per risollevare l'economia tedesca. Parlando della
politica di riforme dell’esecutivo rossoverde, Schroeder ha annunciato inoltre
investimenti pubblici per 15 miliardi di euro e una riduzione dei sussidi di
disoccupazione. Il cancelliere ha infine presentato un'iniziativa comune di Germania,
Francia e Gran Bretagna nel campo della politica industriale.
Salta anche oggi la presentazione da parte del premier
turco designato Tayyip Erdogan della lista dei ministri che formeranno il nuovo
governo di Ankara. Soltanto ieri il premier uscente Abdullah Gul aveva
incontrato lo stesso Erdogan ed il capo di stato maggiore delle forze armate,
Hilmi Ozkok, per una consultazione in merito alle scelte che il nuovo governo
dovrà compiere sulla crisi irachena.
E’ ancora emergenza in Serbia, dopo l’assassinio,
mercoledì, del premier Zoran Djindjic. Se ieri è stato il giorno del lutto e
del cordoglio, oggi gli investigatori proseguono con le indagini. Si parla di
oltre 200 persone arrestate nel corso dell’inchiesta. Sentiamo Emiliano Bos:
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Resta latitante per il momento Milorad Lukovic, detto
Legija, l’ex capo delle unità speciali della polizia considerato il regista
dell’omicidio. Lo stato di emergenza verrà mantenuto fino alla cattura degli
assassini: lo ha deciso l’esecutivo di Belgrado, che ha anche nominato Nebojsa
Covic capo provvisorio del governo, a rotazione con gli altri tre vice premier.
Per evitare che il Paese precipiti nel baratro dell’epoca di Milosevic, ieri si
sono recati a Belgrado il commissario per le Relazioni esterne dell’Unione
europea, Chris Patten, e il responsabile della politica estera di Bruxelles,
Javier Solana. L’Europa – hanno garantito – sarà a fianco della Serbia per
proseguire il cammino delle riforme democratiche. Per domani è previsto il funerale
di Djindjic: la salma sarà tumulata accanto a quelle di personaggi illustri della
storia serba.
Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.
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E' salito a sei il numero degli attivisti palestinesi
rimasti uccisi stamani in un raid di unità scelte israeliane nel campo profughi
di Jenin, in Cisgiordania. Al momento, i carri armati presidiano ancora la
periferia della città. Intanto, in Israele si profila il rischio di una
spaccatura nel partito laburista, dopo che ieri il leader Amram Mitzna è stato
sconfitto dal suo rivale Benyamin Ben Eliezer durante un dibattito politico in seno
al Comitato centrale. Fra i dirigenti laburisti, si prevede che già fra 3-4
mesi sarà necessario compiere un nuovo confronto fra Mitzna e Ben Eliezer per
la guida del partito.
Ci sono ottime speranze per la definitiva soluzione
della crisi politico-militare della Costa D’Avorio. Ieri, nella capitale Yamoussoukro, il
presidente Gbagbo ha presieduto la riunione di insediamento del nuovo governo
di riconciliazione nazionale, scaturito dagli accordi di pace di Parigi. Si
tratta del primo passo concreto verso la fine del conflitto, innescato dopo il
tentativo di colpo di Stato attuato dai ribelli il 19 settembre scorso. Ce ne
parla Giulio Albanese:
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“In molti pensavano che non saremmo mai riusciti a
raggiungere un accordo e invece ce l’abbiamo fatta”. Con queste parole il
presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbabo ha inaugurato nel pomeriggio di
ieri a Yamoussoukro la prima riunione del Consiglio dei ministri del nuovo
governo di unità nazionale. A fianco del capo di Stato, c’era il neo primo
ministro Seydou Diarra, protagonista della lunga e laboriosa opera di
mediazione. Grandi assenti erano invece i rappresentanti del principale movimento
di opposizione del Paese, la Coalizione dei repubblicani di Ouattara e i
ribelli che il 19 settembre scorso hanno dato il via alla crisi, sollevandosi
in armi contro Gbabo. L’assenza sarebbe legata a problemi logistici, secondo
alcune fonti, o alla scarsa sicurezza, secondo altre. A questo punto, non resta
che attendere gli sviluppi di una situazione politica ancora molto fluida e gli
osservatori giustamente esprimono cauto ottimismo.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Dopo
un decennio di scontri armati, tregue precarie e trattative fallite, è iniziato
il dopo-guerra nella Repubblica autonoma dell’Abkhazia, in Georgia. A Soci, sul
Mar Nero, i presidenti russo Putin e georgiano Shevardnadze, alla presenza del
premier abkhazo Gagulia, hanno posto le basi per il processo di riconciliazione.
Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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I termini degli
accordi non sono stati resi noti nella loro interezza. Presto, comunque,
torneranno a casa le migliaia di profughi nel distretto di Gali, dove verranno
create una polizia ed una amministrazione mista russo-georgiana-abkhaza. Il
mandato delle truppe di interposizione di Mosca, sotto l’egida della Csi, verrà
inoltre concesso a tempo indefinito finché le parti lo riterranno necessario.
Sia Tbilisi, sia Sukhumi vogliono mettere un freno ai tanti gruppi guerriglieri
che tentano di destabilizzare la situazione. L’inizio del processo di pace è
stato reso possibile per il netto miglioramento delle relazioni tra la Russia e
la Georgia. L’Abkhazia si rese indipendente dalla Georgia tra il 1992 ed il
1993, a conclusione di una sanguinosa guerra che provocò migliaia di morti e
centinaia di migliaia di profughi.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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