RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 72 - Testo della
Trasmissione giovedì13 marzo 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Pubblicata a Beirut una traduzione con i testi in greco e in arabo del Nuovo Testamento.
Drammatico appello del Pam per i Burundi, dove un milione di persone rischiano la morte per fame.
Celebrato a Città del Messico il 50.mo
anniversario della concessione del voto alle donne nel Paese.
Serbia sotto shock dopo l’attentato del premier
Djindjic: proclamato lo stato di emergenza.
Baghdad boccia la proposta di Blair per fermare la
guerra.
Accordo raggiunto tra Iran e Iraq per il rilascio
di oltre mille prigionieri di guerra.
Giappone in allarme: imminente lancio di un nuovo missile balistico da Pyongyang.
13 marzo 2003
A BETLEMME DIO SI RIVELA POVERO PERCHE’ SI E’
DONATO COMPLETAMENTE
AGLI UOMINI:
COSI’ L’ARCIVESCOVO ANGELO COMASTRI
NEGLI
ESERCIZI CHE STA PREDICANDO IN VATICANO
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Il volto paterno di Dio attraverso le parabole
evangeliche: questa la tematica sviluppata nelle sue meditazioni di ieri pomeriggio.
E il dono stesso che il Padre ci fa del Figlio a Natale, tema di questa
mattina. Così, l’arcivescovo prelato di Loreto, Angelo Comastri, sta guidando
gli Esercizi Spirituali in Vaticano. Vi proponiamo degli squarci nella parola
stessa del presule...
Se le parole di Gesù sono come un dipinto del volto di Dio
– è un dipinto straordinario perché l’ha fatto Gesù stesso – il vero dipinto di
Dio, il vero quadro di Dio non sono le parole di Gesù: è la vita di Gesù. E’
Gesù stesso, con tutti i suoi gesti: Gesù è la rivelazione di Dio! Gesù è la
teofania. Il roveto ardente che brucia qui, dentro la storia umana, è Gesù.
Allora guardiamo Gesù. Guardiamo i suoi gesti, i suoi comportamenti, perché
ogni gesto, ogni comportamento di Gesù manifesta Dio, racconta il mistero di
Dio. E partiamo da Betlemme, perché è il primo passo di Dio dentro la storia.
E’ il primo passo del Verbo incarnato, ed è chiaro che ha un potenziale di luce
immenso. Cos’è accaduto a Betlemme?
A Betlemme, Dio è entrato nella nostra storia con i passi
del poveri, con i passi del mite, con i passi del mansueto. Perché?...
Io mi pongo questa domanda. Perché Dio ha scelto la
povertà? Perché Gesù si è presentato nella veste del povero (e più povero di
così non si poteva pensare)? Maria, la Madre, l’Immacolata, va da Nazareth a
Betlemme e, arrivata a Betlemme – dice l’evangelista – “non c’era per loro un
posto”. Ma come? Non c’è un posto per il Figlio di Dio che nasce in questo
mondo? E’ lui, il Creatore del mondo, e non c’è un posto per lui? E l’evangelista
lo sottolinea: “Non c’era posto per loro!”. Non c’era posto. E perché?
L’evangelista, dopo aver dato questa notizia, si preoccupa di aiutarci a capirla.
E racconta che un angelo apparve a dei pastori e disse: “Guardate, non temete,
non abbiate paura, vi do una grande gioia: nella città di Davide è nato per voi
un Salvatore che è il Cristo Signore”: allora, quell’“un Salvatore” vuol dire
che è “il” vero Salvatore, perché molti si presentano come salvatori; “è nato
per voi un Salvatore” che sta tra i tanti che si presentano nella storia, ma
questo è quello vero!
“E’ nato per voi un Salvatore che è il Cristo Salvatore”,
quindi è il vero Salvatore …
“E io vi do un segno – dice l’angelo – questo per voi il
segno”. La parola greca usata dall’evangelista è ‘semeion’, che è una parola
densissima, vuol dire che è un segno da capire, è come una segnaletica: bisogna
saperla decifrare, perché se non sapete decifrare la segnaletica non capite che
cosa vi vuole indicare. Quindi, “attenti”, vuol dire: “questo per voi il
segno”. Quale? “Troverete un bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”:
“en fatne”, è impressionante. “Fatne” è la greppia, è la parte interna della
grotta dove c’era fieno e sterco. E questo, è il grande segno di Dio? Ma come è
possibile? Ecco, noi dobbiamo restare pensosi davanti a questo annuncio
dell’Angelo, perché è rivolto anche a noi. Attenti: troverete per voi,
troverete un bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.
Perché la povertà fa parte della teofania? Perché la
povertà è manifestazione di Dio?
Io ho cercato di approfondire questa rivelazione di
Betlemme, cercando di illuminarla con la vetta della rivelazione, con la
sintesi della rivelazione che noi troviamo nella prima lettera di Giovanni al
capitolo IV nel versetto 8 e nel versetto 16, dove è scritto: “Dio è amore”. Se
Dio è amore, vuol dire che il mistero di Betlemme è all’interno del mistero
dell’amore. E com’è possibile? Cerchiamo allora di capire. Dio è amore, ma
l’amore è dono. E’ detto nella Parola di Dio che Dio è amore, ma è anche detto
nella Parola di Dio che l’amore è dono. E soltanto quando c’è dono c’è amore.
Più volte è detto: “Dio ha tanto amato il mondo da dare”; San Paolo
nella Lettera ai Galati, capitolo II, versetto 20: “Cristo mi ha amato e ha dato”
… Quindi, l’amore si coniuga sempre con il dono di sé. Quanto è importante
questa verità! Perché se si perde il senso dell’amore come dono, si mistifica
l’amore e non si capisce più il mistero dell’amore. Allora, Dio è amore infinito
ma l’amore è dono, quindi Dio è dono infinito di sé. Ma chi dona, non possiede,
perché dona. Il mistero di Dio è tutto un mistero di donazione. All’interno di
Dio viene coniugato soltanto il verbo ‘donare’: il Padre si dona al Figlio e il
Figlio è dono del Padre, e si restituisce al Padre nell’abbraccio dello Spirito
Santo che è la Persona-dono, come ha scritto il Papa nella Lettera enciclica
sullo Spirito Santo.
Questo è il mistero di Dio: è qualcosa di veramente
impressionante, vengono le vertigini. Dio conosce soltanto un’azione, l’azione
del donare...
E siccome chi dona non possiede, chi non possiede è
povero. Dio che è l’infinito amore, l’infinito dono, è anche l’infinitamente
povero. Betlemme, allora, manifesta questo mistero di Dio. San Francesco d’Assisi,
che è stato il grande cantore di Betlemme, nella pagina meravigliosa di
Greccio, raccontata da Tommaso da Celano, San Francesco d’Assisi, quando
rivisse nel Natale del 1223 il mistero di Betlemme, lo volle rivivere per
potersi riappropriare di questa bella, consolante notizia che Dio è amore.
Tant’è vero che – racconta Tommaso da Celano – mentre Francesco volle rivivere
con la gente tutta la povertà di Betlemme, racconta il discepolo di Francesco
che avvenne un miracolo, e lo racconta così: “Sembrò a molti che il Bambino
Gesù, in quella notte, addormentato nella paglia, venisse risvegliato
dall’amore di Francesco”. E Tommaso aggiunge: “E accadde veramente così: la
presenza di Dio, che era come addormentata nel cuore di tanta gente, si
risvegliò in quella notte e molti si accorsero che proprio a Betlemme inizia la
grande rivelazione di Dio-amore”.
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PRESENTATO IERI A ROMA DAL CARDINALE JORGE MEJIA
UN VOLUME SULLA STORIA DELLE ELEZIONI PONTIFICIE.
CON
NOI ROBERTA RUSSO DELLE EDIZIONI PIEMME
- A
cura di Giovanni Peduto -
“Storia delle elezioni pontificie”: questo il titolo di
una pregevole opera delle Edizioni Piemme di Casale Monferrato, in Piemonte,
presentata ieri pomeriggio a Roma, presso la Libera Università Maria Santissima
Assunta, dal cardinale Jorge Mejia, archivista e bibliotecario di Santa Romana
Chiesa. Presente l’autore Ambrogio
Piazzoni, storico del Medioevo, paleografo e codicologo, vice prefetto della
Biblioteca Apostolica Vaticana. Quale obiettivo si propone l’opera? Giovanni
Peduto lo ha chiesto a Roberta Russo, responsabile editoriale del settore
Religione di Piemme:
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L’elezione del Papa si è svolta nei modi più vari: ci sono
state acclamazioni di popolo ed elezioni affidate a pochi cardinali; elezioni
imposte da qualche sovrano potente e altre tenutesi nella libertà degli
elettori. Si sono visti Papi eletti all’unanimità da Conclavi brevi e pacifici
e periodi in cui giravano per l’Europa
due, tre e perfino quattro Papi contemporaneamente. Attraverso episodi,
aneddoti e documenti, questo volume “Storia delle elezioni pontificie” mostra
come e perché, per successive approssimazioni e tra infinite difficoltà, si è
giunti alle regole attuali e delinea la stretta relazione fra le modalità di
elezione del pontefice e la concezione stessa del primato del Vicario di
Cristo. L’opera contiene, atti,documenti segreti, cronache del tempo e
curiosità, che svelano i retroscena delle quasi 300 elezioni papali dalle
origini della Chiesa ai nostri giorni”.
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Delle quasi 300 elezioni pontificie avvenute nella storia,
tra legittime e illegittime, meno di una dozzina si sono concluse con il
risultato ipotizzato dai più alla vigilia. Di volta in volta la vicenda fu
intricata come un giallo, drammatica come una tragedia, affascinante come un
resoconto di viaggio, appassionante come un romanzo di avventura.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina un
articolo di Umberto Santarelli dal titolo “In un panorama burrascoso si leva
puntualissima, senza inflessioni di incertezza, la voce di Giovanni Paolo II”:
il testo si iscrive nella consueta riflessione quaresimale ispirata alla
“mobilitazione penitenziale per la pace”.
In Serbia, dopo l'omicidio di
Djindjic vi è lo stato di emergenza: timori per la tenuta della giovane
democrazia.
Iraq: nuova risoluzione per
l'uso della forza al vaglio del Consiglio di sicurezza.
Nelle vaticane, in evidenza un
articolo dal titolo “Un ‘ponte’ che unisce la Chiesa in Polonia con il
Successore di Pietro e con la Santa Sede”: è giunta al significativo traguardo
del 250 numero l'edizione in lingua polacca dell'Osservatore Romano.
Un articolo di Giuseppe Costa
dal titolo “Il ‘Prete dei giovani’ nel secolo delle libertà”: presentati due
volumi biografici su san Giovanni Bosco, opera di Pietro Braido.
Due pagine dedicate al cammino
della Chiesa in Italia, con articoli che documentano le diverse iniziative
pastorali promosse dalle diocesi.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: non si placano le violenze.
In Burundi, il dramma della
malnutrizione minaccia oltre un milione di persone.
La Nigeria segnata da
sanguinosi scontri interetnici.
Nella pagina culturale, un
contributo di Angelo Marchesi dal titolo “Platone ‘totalitario’?”: a proposito
di un recente intervento.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica con particolare riferimento alla crisi irachena.
Il tema del terrorismo.
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13 marzo 2003
SABATO PROSSIMO, PRIMA GIORNATA
EUROPEA DEGLI UNIVERSITARI.
TEMA: “LA CARITÀ INTELLETTUALE, ANIMA DELLA
NUOVA EUROPA”.
TRA LE
INIZIATIVE:
VEGLIA
DI PREGHIERA MARIANA DEGLI UNIVERSITARI CON IL PAPA
DALL’AULA PAOLO VI IN COLLEGAMENTO VIA SATELLITE
CON
VARIE UNIVERSITA’ EUROPEE
-
Intervista con mons. Lorenzo Leuzzi -
“La carità intellettuale, anima della nuova Europa nella
comunione con i Santi Patroni”. E’ il tema della prima Giornata Europea degli
Universitari che ha ispirato numerose iniziative, presentate questa mattina
alla stampa, presso la nostra emittente. Prima tra tutte, la veglia di
preghiera mariana degli universitari con il Papa che si svolgerà sabato
prossimo, nell’Aula Paolo VI, a partire dalle ore 17,45.
E’ da 6 anni che il tradizionale incontro dei giovani
studenti romani con il Papa ha assunto una dimensione europea. In questi anni
si è intensificata una rete di collaborazione in campo culturale e spirituale
tra gli atenei d’Europa, grazie alle
Cappellanie universitarie. Dal grande Giubileo del 2000 si sono svolti a Roma
due Forum europei degli studenti. Ed
ora questa esperienza è stata assunta dal Consiglio delle Conferenze episcopali
europee (Ccee) che ha istituito la
prima Giornata Europea degli Universitari.
Quest’anno saranno collegate via satellite Uppsala,
Bratislava e Cracovia, per ricordare i santi Brigida, Cirillo e Metodio e Edith
Stein, patroni d’Europa. Poi Colonia che accoglierà la Giornata mondiale dei
giovani del 2005. E ancora, Fatima,
d’obbligo in questo Anno del Rosario. Ma lasciamo la parola, al microfono di
Carla Cotignoli, a uno degli organizzatori: mons. Lorenzo Leuzzi, responsabile
della pastorale universitaria del Vicariato di Roma. Ci illustra innanzitutto
il tema della giornata: “La carità intellettuale, anima della nuova Europa”.
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R. – Il tema orienta il senso del cammino. Riteniamo,
infatti, che oggi nella costruzione della nuova Europa, con i suoi passaggi
delicati sul piano istituzionale, ci sia bisogno di intellettuali che vivano la
loro esperienza di ricerca come servizio. E la carità intellettuale
costituisce, credo, l’esperienza più alta nel servizio che gli uomini di
cultura, in questo caso gli universitari, sono chiamati a svolgere. Ed è proprio intorno a questo impegno culturale
che abbiamo voluto unire alcune iniziative.
Vanno dalla pubblicazione del volume di oltre 800 pagine con 82 relazioni
di numerosi docenti, sul tema della costruzione europea, alla diffusione di un
documento sugli embrioni che sta ottenendo l’adesione di professori europei.
Sabato mattina si svolgerà un seminario sui compatroni, proprio su come hanno
vissuto la carità intellettuale: da San Benedetto fino ad Edith Stein. Poi
presenteremo il Simposio europeo che si terrà a luglio proprio sul tema “Università
e Chiesa in Europa” a Roma dal 17 al 20 del mese.
D. – Questi incontri del Papa con gli universitari sono
iniziati più di 10 anni fa. Una parola sulla rispondenza dei giovani in questi
anni…
R. – Devo dire che è stato un crescendo. Il nostro obiettivo
è quello di aiutare i giovani universitari alla riscoperta della devozione
mariana. Quest’anno, essendo l’anno del Rosario, abbiamo avuto un’occasione in
più per aiutare i giovani a comprendere
la figura di Maria, come colei che conservava e meditava nel suo cuore ciò che
vedeva, ciò che aveva ascoltato e che aveva ricevuto come dono nell’esperienza
intima e profonda con il Signore Gesù. Questo è davvero un anno particolare. Ma
è stato un crescendo. Nel 1992 c’erano soltanto 250 ragazzi e questa volta
l’Aula Paolo VI sarà piena. Ma non è solo una questione numerica. Vediamo in
questi giorni giovani che vengono in ufficio a prendere i biglietti e non
vengono per un incontro qualsiasi, ma per la recita del Rosario col Papa. Siamo
molto meravigliati e ammirati di fronte a queste richieste.
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LA SERBIA SCONVOLTA PER L’ASSASSINIO DEL
PREMIER ZORAN DJINDJIC
-
Intervista con Federico Eichberg -
E’
stato di emergenza in Serbia, dopo l’assassinio ieri del premier Zoran
Djindjic. Con Djindjic muore l’uomo che nel giugno 2001 aveva consegnato Slobodan
Milosevic al Tribunale Onu dell’Aja; “l’uomo dell’occidente” che dialogava con
Washington e spingeva per l’entrata della Serbia nell’Unione Europea; l’uomo
che è riuscito a prevenire la secessione del Montenegro con la nascita un mese
fa della nuova federazione serbo-montenegrina. Con la sua morte si teme ora che
Il Paese e tutta la regione balcanica, possano ripiombare nel caos tra
l’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale tutta concentrata sulla
crisi irachena.
La Serbia, che non è neppure riuscita ad eleggere un nuovo
presidente dopo la fine del mandato di Kostunica, con l’assassinio del suo
premier non rischia ora di trovarsi in una situazione di vuoto di potere?
Roberto Piermarini lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto di questioni
balcaniche.
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R. – Il vuoto di potere è solo momentaneo, sappiamo che il
presidente pro-tempore Micic ha già designato, in qualche misura, la
composizione di una sorta di governo di solidarietà nazionale. Le forze
politiche hanno risposto compatte, quindi non sembra che le spinte
nazionalistiche che pur si erano affermate nelle elezioni, che poi non hanno
portato ad alcun risultato con Seselj, possano costituire una minaccia in
questo momento.
D. – Quali pericoli per il neo nato Stato
Serbo-Montenegrino? Reggerà il colpo secondo lei?
R. – Il pericolo principale per la Serbia in questo
momento è la rassegnazione. Mi spiego: la Serbia ha vissuto di nemesi storiche
gli ultimi anni. I 600 anni della battaglia di Kosovo Polje che tornano e sulle
quali si costituisce il nazionalismo serbo in Kosovo; i dieci anni dalla guerra
che ritornano, cioè il decennio 1989-1999 con i bombardamenti della Nato. L’omicidio
di ieri viene 100 anni dopo, esattamente, l’omicidio di Alexander Obrenovic che
ha portato al potere poi Petar
Karadjordjevic, un regolamento di conti tra dinastie – così viene chiamato – e
in qualche misura riporta i serbi in questa
sorta di rassegnazione che vi sia un ciclo storico fatto di omicidi –
l’omicidio di Alexanderc Karadjordjevic - a Marsiglia, l’omicidio da parte di
Gavrilo Princip di Francesco Ferdinando - e che siano in qualche misura gli
omicidi, i regolamenti di conti violenti ad essere quasi nel Dna della Serbia.
Perché questo potrebbe portare alla rassegnazione? Perché è un Paese che sta
cercando fortemente di integrarsi, è un Paese che sta diventando il fulcro di
un’area di libero scambio di tutti i Balcani, con 50 milioni di potenziali
cittadini uniti da un’area di libero scambio. Quindi un Paese che cerca di guardare
avanti ed invece con questo omicidio viene, in qualche misura, nuovamente
riportato ad un brutale destino che ciclicamente riemerge nella storia.
D. -
Djindjic era veramente uomo dell’Occidente. Quale simbolo è stato colpito?
R. – Djindjic era la persona che aveva condotto i primi
movimenti di opposizione a Milosevic, che nel 1996 portarono a quella
meravigliosa partecipazione popolare a Belgrado e non solo e ai primi comuni
che riuscirono a votare contro Milosevic e a formare una rete di comuni liberi
governati dall’opposizione. Djindjic insieme a Vezna Fecic e al leader
monarchico Vuk Draskovic guidarono questa rivolta del 1996. Djindjic fu
ovviamente anche fortemente all’opposizione nei momenti di maggiore furia nazionalistica
in Kosovo nel 1999. Djindjc fu a capo di quel movimento DOS, Opposizione
Democratica della Serbia, che avrebbe poi espresso Kostunica alle presidenziali
e grazie alla vittoria di Kostunica avrebbe poi portato al potere una coalizione
di 18 partiti anche a livello di repubblica di Serbia, come è avvenuto con
Djindjic. Quindi uomo dell’opposizione, uomo sicuramente vicino all’Occidente,
molto vicino alla Germania, vicino in qualche misura anche agli Stati Uniti,
direi vicino in generale all’idea di integrare la Serbia con l’Occidente.
D. – La morte di Djindjic quanto potrà influire sulla
caccia ai ricercati del Tribunale dell’Aja?
R. – La reazione compatta dell’opinione pubblica serba di
ieri è stata: il momento di fare un giro di vite con Karadzic e Mladic.
Proiettiamo ogni sera in televisione - era la richiesta che sentivo da parte
dei media serbi ieri – proiettiamo in televisione le immagini cruente
dell’assedio di Sarajevo, dei massacri di Srebrenica e così via e dobbiamo
ricordarci che dobbiamo innanzitutto fare
una purificazione nostra della memoria attraverso il riconoscimento delle
colpe, attraverso la consegna di tutti i criminali di guerra. E’ il momento in
cui i serbi stessi diano un segnale forte sicuramente attraverso la consegna di
Karadzic e Mladic.
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I CRISTIANI EUROPEI
SARANNO RAPPRESENTATI PRESSO LE ISTITUZIONI COMUNITARIE DA UNA NUOVA
ASSOCIAZIONE:
LA CONVENZIONE DEI CRISTIANI PER L’EUROPA.
PRIMO OBIETTIVO, OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DEI VALORI DEL VANGELO
NELLA NASCENTE COSTITUZIONE EUROPEA
- Intervista con Giorgio Salina -
Far sentire la propria voce in Europa, per chiedere ciò
che Giovanni Paolo II indica da tempo con insistenza: il riconoscimento dei
valori cristiani all’interno della nascente Costituzione europea. E’ questo lo
scopo di fondo che ha portato alla nascita della Convenzione dei cristiani per
l’Europa, costituita lo scorso dicembre a Barcellona, con l’appoggio del
cardinale María Ricardo Gordó Carles, arcivescovo della città catalana. Gli
scopi principali dell’associazione sono due: conferire visibilità, in modo
rappresentativo e autorevole, ai milioni di cristiani che vivono nel Vecchio
Continente e porsi come uno degli interlocutori della società civile che -
durante l’attuale fase costituente e nella successiva – verranno regolarmente
ascoltati dall’Europarlamento e dall’esecutivo di Bruxelles.
Inoltre, grazie al sostegno offerto dal cardinale Walter
Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’Unità dei cristiani, la
neonata associazione sta cercando di tessere rapporti anche con gli ortodossi
europei e gli anglicani. Un lavoro delicato e intenso, per un organismo che si
appresta ad uscire a vita pubblica, come conferma, al microfono di Alessandro
De Carolis, il dott. Giorgio Salina, vicepresidente dell’associazione e
consulente della nunziatura apostolica presso la Comunità europea:
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R. – Tra breve, il 3 aprile, parteciperemo ad un Convegno indetto presso
il Parlamento europeo, durante il quale faremo sentire la nostra presenza. Il
Convegno è sul tema della Costituzione europea e in quella sede comunicheremo
la nostra richiesta ai membri della convenzione.
D. – A suo giudizio, considerando anche l’attuale fase dei
lavori, quale impronta prevarrà alla fine nel testo della Costituzione comunitaria?
L’impronta laicista o quella cristiana?
R. – Questo è molto difficile da dire. Se stiamo ai risultati ottenuti
fino ad oggi, si dovrebbe dire quella laicista. Perché, nonostante qualche
accenno, nonostante qualche segnale di apertura, nei documenti ufficiali non
c’è traccia di nulla: mi riferisco ai 16 articoli già presentati e agli altri
in via di preparazione. Certo, ogni tanto ci sono delle promesse, che sono però
tutte, ad oggi, da verificare.
D. – Che tipo di impegno avete messo in campo per far sì che
i valori cristiani vengano riconosciuti?
R. – Abbiamo costituito questa Associazione di diritto
internazionale, che ha localizzazioni nei diversi Paesi d’Europa, nominando per
ciascun Paese un vicepresidente. Lo scopo è quello di coagulare una pubblica
opinione, di ispirazione cristiana, all’interno dei diversi Paesi e darle voce
a livello europeo. Del resto, basta girare per le città d’Europa, entrare in
qualsiasi museo, per rendersi conto che la presenza cristiana ha “informato” la
cultura, l’arte, la vita, la politica del nostro continente da 2000 anni. E
questa è una verità incontrovertibile. Ci sembra, allora, che un documento
costituzionale dell’importanza della Convenzione della nuova Europa che ignori
una simile verità nasca con una piccola tara prenatale. E, comunque, questo
riconoscimento deve avere, al di là dell’affermazione di principio, delle
conseguenze: la libertà religiosa individuale, la libertà religiosa delle
Chiese e delle comunità religiose di associarsi e di raggiungere i loro
obiettivi, la libertà di essere riconosciuti come interlocutori.
D. – Si è instaurata una certa sintonia tra le varie confessioni di
questa Associazione?
R. – Più che riferirle quel che si è instaurato tra noi -
intendendo per noi la Convenzione dei cristiani per l’Europa - credo che si
possa fare riferimento al lunghissimo lavoro già iniziato dalla Comece, la
Commissione delle conferenze episcopali europee, che ha una lunga tradizione di
rapporti interconfessionali.
D. – Si può dire, quindi, che voi della Convenzione dei
cristiani per l’Europa e la Comece lavorate, per così dire, a stretto contatto
di gomito ...
R. – Assolutamente sì: con la Comece e con la nunziatura
presso la comunità europea.
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13 marzo 2003
UNA SPILLA CHE
INNEGGIA ALLA PACE IN IRAQ E UN ROSARIO IN LEGNO D’ULIVO
DELLA TERRA SANTA. SONO I SIMBOLI DI DUE INIZIATIVE DI SOLIDARIETA’,
PROMOSSE E SOSTENUTE A LIVELLO INTERNAZIONALE DALL’ORDINE DOMENICANO
ROMA. = Due iniziative di solidarietà in
favore dell’Iraq e della Terra Santa. A lanciarle, già da tempo, sono stati i
Padri Domenicani e padre Carlos Azpiroz Costa, maestro generale dell’Ordine, ne
ha parlato in occasione della celebrazione del Mercoledì delle Ceneri
presieduta da Giovanni Paolo II, nella Basilica di Santa Sabina. La prima
iniziativa riguarda la distribuzione di una spilla che reca la scritta “I
have Family in Irak", ho famiglia in Irak, come segno non solo di
profonda solidarietà con i fratelli e sorelle domenicane presenti nel Paese
mediorientale (8 frati, 300 suore e circa 500 laici), ma anche di vicinanza con
la popolazione locale. La storia di questa spilla risale al mese di settembre
scorso, quando due frati, due suore e una laica degli Stati Uniti fecero un
digiuno per la pace, nel centro di New York. Il loro motto, di fronte all'uso
delle armi come possibile soluzione ai conflitti, affermava: “There must be
another way”, deve esistere un’altra strada. Dopo la conclusione del
digiuno, con una celebrazione della Parola nei Giardini dell'Onu, i religiosi
hanno continuato la loro campagna di sensibilizzazione, utilizzando e
distribuendo la spilla negli Stati Uniti e, tramite la Famiglia domenicana, in
molte altre nazioni. La seconda iniziativa riguarda Il Rosario di legno d’ulivo
della Terra Santa: è uno dei tanti articoli religiosi fabbricati dai cristiani
palestinesi a Betlemme e Gerusalemme per i pellegrini e turisti. E’ sorta una
catena di solidarietà per la vendita dei Rosari fuori della Terra Santa. Il
ricavato viene consegnato direttamente alle famiglie: una risorsa che, per
molte di loro, rappresenta in questo momento quasi l'unico mezzo di
sussistenza. (A.D.C.)
RISPONDERE AD UNA NECESSITA’
ECUMENICA: CON QUESTO OBIETTIVO,
UN
GRUPPO DI PADRI ANTONIANI DI BEIRUT HA REALIZZATO
UNA
TRADUZIONE INTERLINEARE GRECO-ARABA DEL NUOVO TESTAMENTO
BEIRUT. = Una traduzione del Nuovo Testamento interlineare
in testo arabo e greco è stata appena pubblicata a Beirut. Il lavoro è opera di
un gruppo di Padri Antoniani e il volume è pubblicato dalla facoltà di scienze
bibliche dell’Università Antoniana. Nell’intenzione dei promotori, la
traduzione risponde soprattutto ad “una necessità ecumenica”. Con la
moltiplicazione delle versioni arabe del Nuovo Testamento, sostengono gli
autori, era infatti necessario realizzare una traduzione quanto più vicina
all’originale in greco, che servisse da strumento di riferimento nel dialogo
ecumenico e nel rapporto con i musulmani, così come nel dialogo con coloro che
si tengono “sul soglio della Chiesa”. La traduzione si presenta, dunque, come
mezzo di lavoro indispensabile per i sacerdoti che si apprestano ad animare una
“veglia evangelica”, a redigere un articolo o ancora a preparare l’omelia della
domenica. L’idea è di avvicinare quanto più possibile il lettore-ascoltatore
alla parola di Cristo, riprodotta attraverso le prime testimonianze,
successivamente fissate nella lingua greca, lingua universale dell’antichità.
L’opera sarà inoltre di grande utilità per tutti i professori, ricercatori e
seminaristi desiderosi di approfondire la ricerca biblica. (A.G.)
IN BURUNDI, UN MILIONE DI PERSONE RISCHIANO LA
MORTE PER FAME
NEI
PROSSIMI MESI. IL PAM LANCIA UN APPELLO PER LA RACCOLTA
DI 16
MILA TONNELLATE DI CIBO, PER UN VALORE DI NOVE MILIONI DI EURO
BUJUMBURA. = In Burundi c'è urgente bisogno di 16
mila tonnellate di cibo, necessarie per sfamare oltre un milione di persone
che, da qui a giugno, rischiano di vivere un dramma di dimensioni immani a
causa della siccità e della continua insicurezza che si registra nel Paese. Si
tratta di aiuti alimentari per un valore tra gli 8 e i 9 milioni di euro, che
serviranno ad assistere la popolazione, giacché le scorte attuali serviranno a
coprire il fabbisogno alimentare solo per le prossime quattro settimane. L'appello
è stato lanciato dal Pam - il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite
- che ha invitato i donatori internazionali a maggiori stanziamenti, per
coprire quella che si profila come una vera e propria emergenza. “Stiamo
facendo il possibile per rispondere alle richieste di cibo, in costante aumento
da due mesi, ma non abbiamo ancora abbastanza risorse per affrontare questa
crisi” ha dichiarato Mustapha Darboe, direttore del Pam in Burundi. “Anche se
sono arrivati gli stanziamenti da Unione Europea e Stati Uniti - ha proseguito
- continuiamo ad avere estremo bisogno di altri contributi. Il problema è
semplice: il numero delle persone affamate è raddoppiato negli ultimi mesi e
noi non abbiamo abbastanza cibo per tutti”. Gli organismi internazionali
spiegano che le mutazioni climatiche (le piogge di ottobre sono arrivate molto
in ritardo e sono terminate in anticipo) hanno portato ad una drastica
diminuzione dei raccolti. Una situazione già difficile di per sé, ma esacerbata
dall'insicurezza legata ai combattimenti tra governo e ribelli, che hanno
provocato l’abbandono dei campi e la fuga di migliaia di sfollati. (A.D.C.)
LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
SARA’ MEDIATRICE NELL’INCONTRO NEGOZIALE
TRA IL
GOVERNO E I RIBELLI DEL CENTRAFRICA, CHE SI SVOLGERA’ PROSSIMAMENTE
A
ROMA. A DARNE NOTIZIA, IL CAPO DEI VESCOVI CENTRAFRICANI,
MONS.
PAULIN POMODIMO
ROMA. = Sarà la capitale italiana ad ospitare la
prima fase del “Dialogo nazionale” centrafricano, alla quale parteciperanno
tutti i protagonisti della crisi della Repubblica del Centrafrica. A mediare
tra le posizioni del presidente dello Stato africano, Ange Felix Patassé, e
l’ex capo di Stato maggiore François Bozizé - leader dei ribelli che il 25
ottobre scorso tentarono il golpe nella capitale Bangui e che oggi controllano
oltre metà del Paese - è stata chiamata la Comunità di Sant'Egidio. La
comunità, che ha sede nel rione romano di Trastevere, dovrà aprire la strada a
quel “Dialogo nazionale” voluto dallo stesso Patassé per porre fine alla crisi.
A dare conferma ufficiale dell'incontro romano, in una intervista alla Radio
centrafricana di Bangui, è stato ieri il vescovo di Bossangoa, Paulin Pomodimo,
presidente della Conferenza episcopale del Centrafrica nonché coordinatore del progetto negoziale di Patassé.
“Dopo gli incontri con i nostri compatrioti che si trovano all'estero – ha
affermato il presule - i capi della ribellione hanno auspicato colloqui
preliminari per analizzare alcuni aspetti della crisi”. I concittadini all'estero,
i ribelli e il presidente, ha soggiunto, “si sono detti d'accordo affinché ciò
abbia luogo a Roma, con gli auspici della comunità di Sant'Egidio”. Mons. Pomodimo
ha fatto sapere che giungerà in Italia nei prossimi giorni, anche se non ha
reso noto quando si terrà l'incontro tra il governo e i ribelli. (A.D.C.)
APPELLO DEL VESCOVO DI CALGARY,
MONS. HENRY,
CHE
CHIEDE L’INVIO NELLA CITTA’ CANADESE DI UN PARROCO
PER LA
CURA DI 1.400 FAMIGLIE DI ORIGINE ITALIANA
- A
cura di Antonio Mancini -
CALGARY. = Cercasi parroco per l’assistenza a 1.400
famiglie italiane residenti in Canada. Un’esigenza manifestata da tempo da
mons. Frederick Bernard Henry, vescovo di Calgary, nella provincia di Alberta.
Sono famiglie legate alla parrocchia di Nostra Signora delle Grazie, a Calgary,
da loro considerata come la propria chiesa madre. La parrocchia è priva di
parroco da alcuni anni, quando i missionari Scalabriniani ne lasciarono la
cura. Lo scorso gennaio, mons. Henry ha sollecitato per l’invio di un sacerdote
italiano la Fondazione Migrantes e quest’ultima ha amplificato l’appello “nella
fiducia che qualcuno si renda disponibile per questo impegno missionario anche
per un periodo limitato di 5-8 anni”.
CELEBRATO, A CITTA’ DEL MESSICO, IL 50.MO
ANNIVERSARIO
DELLA
CONCESSIONE DEL VOTO ALLE DONNE NEL PAESE
CITTA’
DEL MESSICO. = Centinaia di donne messicane - tra cui deputate, leader
sindacali e politiche - hanno celebrato ieri con una serie di manifestazioni
nella capitale dello Paese
centroamericano il 50.mo anniversario dell'estensione alle donne del diritto di voto. La deputata Miroslava
Garcia, del Partito della rivoluzione
democratica (Prd, opposizione di sinistra), ha auspicato una sempre maggiore partecipazione delle donne
alla vita politica del Messico. Le donne conquistarono il diritto di voto a
livello federale nel 1953, ma già nel 1920 lo Stato meridionale dello Yucatan,
abitato in maggioranza da indigeni, aveva esteso anche alle donne la
partecipazione alle elezioni politiche. Nel 1954, Aurora Jimenez de Palacios fu
la prima donna eletta alla Camera, mentre 21 anni prima, nel 1923, Rosa Torres
era diventata la prima donna sindaco a Merida, sempre nello Yucatan. (A.D.C.)
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13 marzo 2003
- A cura di Paolo Ondarza -
Serbia
sotto shock dopo l’uccisione ieri in un attentato del premier serbo Zoran Djindjic. I killer hanno sparato
al politico mentre scendeva dalla sua auto nel parcheggio del Palazzo del
governo. Immediatamente
proclamato lo stato di emergenza.
Intanto si discute al governo per stabilire chi sarà il futuro premier. Secondo
i membri dell’esecutivo all’origine dell’omicidio ci sarebbero la cosca mafiosa
di Zemun e l'ex capo delle forze speciali di polizia, Milorad 'Legija' Lukovic,
sospettati di essere anche i mandanti di altri attentati, rapine, rapimenti
contro note personalità pubbliche e politiche. Il servizio di Emiliano Bos.
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Il governo serbo si è riunito immediatamente in seduta
straordinaria mentre la polizia ha dato il via ad una gigantesca caccia
all’uomo in tutta la città. Chiuso per alcune ore anche l’aeroporto della
capitale mentre in serata le autorità hanno proclamato lo stato di emergenza e
l’esercito ha aumentato il livello di allerta. L’attentato contro Djindjc è un
colpo al cuore delle istituzioni della Serbia che ora rischia di precipitare in
un pericoloso vuoto di potere senza un primo ministro e senza quel capo di
Stato che i cittadini non sono riusciti a eleggere nelle ultime due elezioni
presidenziali andate a vuoto. I poteri passano ora al presidente del parlamento
Natascia Misic in attesa che uno dei quattro vice premier assuma le redini
dello Stato. Dolore e sgomento sono stati espressi da tutta la comunità
internazionale che ha condannato duramente l’assassinio dell’ex leader
dell’opposizione che nell’ottobre di tre anni fa detronizzò Slobodan Milosevic
e con una protesta di piazza portò alla vittoria di Kostunica. La pista
principale per cercare i mandanti del più clamoroso omicidio politico della
Serbia portano verso la criminalità organizzata e le mafie belgradesi, cui
Djindjc aveva dichiarato battaglia.
Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.
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Gli
Stati Uniti proseguono nei contatti internazionali per raccogliere voti
favorevoli nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu alla seconda risoluzione
anglo-americana che, di fatto, darebbe il via libera all’attacco in Iraq.
Intanto, mentre continua febbrilmente il lavoro della diplomazia per evitare la
guerra, stamani il ministro degli esteri iracheno Naji Sabri ha respinto la
proposta di Blair con sei condizioni a
Baghdad per fermare la guerra, definendolo “un piano di guerra abbellito".
Ed ai microfoni della tv francese France 2 il ministro degli esteri Dominique
de Villepin ha definito la proposta britannica "non accettabile" ed
inserita in una “logica di guerra”. Ma sugli sviluppi della crisi irachena
negli Stati Uniti ci riferisce da New York Paolo Mastrolilli.
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Gli Stati Uniti pensano di essere arrivati ormai ad un
solo voto di distanza dai nove necessari a fare approvare la nuova Risoluzione
all’Onu e insistono per avere, entro il fine settimana, il pronunciamento del
Consiglio di Sicurezza che aprirebbe comunque le porte alla guerra. Londra
invece ha smentito le dichiarazioni del capo del Pentagono, Rumsfeld, secondo
cui la Gran Bretagna potrebbe non partecipare alla guerra. Gli Stati Uniti però
ritengono di essere molto vicini ai nove voti necessari per fare approvare la
loro risoluzione al Consiglio di Sicurezza e ieri il presidente Bush ha
chiamato il collega russo Putin per sollecitarlo ad astenersi. Il testo poi
potrebbe essere bloccato dal veto della Francia, accusata ieri dal Dipartimento
di Stato di ostacolare il disarmo di Saddam. Ma a quel punto Washington risponderebbe
che ha la maggioranza all’Onu e quindi la copertura morale per attaccare in
ogni momento.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E oggi anche la Cina si è schierata in favore della via
negoziale per risolvere la crisi in Iraq. Secondo Pechino l’Iraq può essere
disarmato con mezzi pacifici e non è necessario applicare le nuove proposte
della Gran Bretagna.
Raggiunto
un accordo tra Iraq e Iran in base al quale Teheran rilascerà tutti i prigionieri di guerra iracheni e Baghdad
tutti quelli iraniani. Lo ha riferito all’agenzia Ina un portavoce del
ministero degli esteri iracheno, che ha
precisato il numero degli ostaggi a cui sarà restituita la libertà: l'Iran
rilascerà oggi 941 iracheni, mentre tra lunedì e martedì prossimo l'Iraq libererà 349 iraniani .
La Turchia farà appello contro la sentenza della Corte
europea per i diritti umani che ha dichiarato il governo di Ankara colpevole di
violazioni dei diritti umani nel processo contro Abdullah Ocalan. Lo ha
comunicato ieri il ministero degli esteri turco Yashar Yakish in una
dichiarazione scritta in cui le motivazioni della sentenza sono definite “non
appropriate”. Yakish ha detto anche che la sentenza ''non mette a disagio la
Turchia'', spiegando che “anche se Ocalan fosse processato nuovamente, sarebbe
ancora condannato perché responsabile della morte di migliaia di persone”. Il servizio di Francesca Pierantozzi.
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Abdullah Ocalan assapora la sua prima vittoria: la Corte
Europea per i diritti umani di Strasburgo ha infatti accolto il ricorso
presentato dal capo dei separatisti curdi ed ha condannato il governo di Ankara
per cinque violazioni della Convenzione dei diritti umani. Secondo i giudici
europei il processo a cui è stato sottoposto Ocalan, condannato prima a morte e
poi all’ergastolo per tradimento e separatismo è stato non equo e la condanna
da questo decisa è stata definita un atto arbitrario configurabile in un
trattamento disumano. Arrestato a Nairobi all’inizio del 1999 in condizioni
ancora da chiarire Ocalan, ex capo del partito dei lavoratori del Kurdistan,
era stato condannato a morte nel giugno dello stesso anno. La condanna è stata
poi tramutata in ergastolo con l’abolizione della pena capitale in Turchia. La
sentenza di Strasburgo dovrebbe portare ad un nuovo processo ma non è
vincolante per la Turchia. Il governo di Ankara d’altra parte ha subito
annunciato che farà ricorso.
Francesca Pierantozzi, per la Radio Vaticana.
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Allarme
in Giappone. Secondo fonti di stampa la Corea del Nord starebbe per lanciare un
nuovo missile balistico in grado di coprire l’intero territorio nipponico.
Inoltre un alto funzionario del dipartimento di stato americano ha rivelato
oggi all’agenzia di stampa giapponese Kyodo che Pyongyang avrebbe quasi
riattivato il suo impianto di
riprocessamento del combustibile spento per la produzione di plutonio nel
complesso nucleare di Yongbyong. L'eventuale rimessa in funzione dell' impianto
consentirebbe, secondo esperti Usa, alla Corea del Nord di costruire in 6 mesi
5 o 6 bombe atomiche.
Un nuovo episodio di violenza nel Kashmir indiano. Quattro
persone hanno perso la vita nell’esplosione di un autobus a Rajouri, nel sud
della regione. Lo riferiscono fonti della polizia. Il veicolo pubblico era
fermo a un capolinea, dove le sedici persone in attesa alla fermata sono
rimaste ferite. La zona interessata dalla deflagrazione è ritenuta
particolarmente calda per quanto riguarda la battaglia tra militanti musulmani
e autorità.
Di nuovo dietro le sbarre Gilberto Rodriguez
Orejuela, ex boss narcotrafficante di Cali in Colombia, noto come ‘il giocatore
di scacchi’. La sua scarcerazione per buona condotta dopo sette anni di
detenzione aveva suscitato nei mesi scorsi sdegno e rabbia nella popolazione.
Il secondo ordine d’arresto da parte della polizia di Bogotà è legato a nuove
incriminazioni su traffico di stupefacenti e cospirazioni al contrabbando di
droga. Soddisfatto il presidente Alvaro Uribe che da tempo aveva dato ordine di
ricondurre Orejuela in carcere.
Prosegue
l’ondata di arresti in Medio Oriente: 18 attivisti palestinesi ricercati sono
stati fermati questa notte a Nablus: tra questi anche due uomini, aspiranti
kamikaze, appartenenti al gruppo paramilitare Tanzim, vicino ad Al Fatah, e al
Fronte popolare di Liberazione della Palestina.
I
ribelli del Movimento patriottico della Costa d'Avorio non hanno preso parte,
come invece era previsto, al primo consiglio dei ministri del governo di
riconciliazione previsto per questa mattina alle 11. Lo ha riferito all'agenzia
di stampa France Presse, un alto responsabile del movimento.
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