RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 72 - Testo della Trasmissione giovedì13 marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Agli Esercizi Spirituali per il Papa e la Curia Romana, proseguono le meditazioni dell’arcivescovo Angelo Comastri: Gesù, rivelazione di Dio che si fa povero e si dona agli uomini per amore.

 

Presentato a Roma dal cardinale Jorge Mejia, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, un volume sulla storia delle elezioni pontificie: ce ne parla Roberta Russo.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Presentata oggi la prima Giornata Europea degli Universitari, che prevede per sabato pomeriggio una veglia di preghiera mariana con il Papa nell’Aula “Paolo VI” in Vaticano: con noi, mons. Lorenzo Leuzzi.

 

Stato di emergenza in Serbia, dopo l’uccisione del premier Zoran Djindjic, uomo della democrazia: ai nostri microfoni, Federico Eichberg.

 

La Convenzione dei cristiani per l’Europa, una nuova associazione impegnata a sostenere il riconoscimento dei valori cristiani nella nascente Costituzione europea: intervista con il dott. Giorgio Salina.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Una spilla che inneggia alla pace in Iraq e un rosario in legno d’ulivo della Terra Santa. Sono i simboli di due iniziative di solidarietà promosse dall’Ordine Domenicano.

 

Pubblicata a Beirut una traduzione con i testi in greco e in arabo del Nuovo Testamento.

 

Drammatico appello del Pam per i Burundi, dove un milione di persone rischiano la morte per fame.

 

La Comunità di Sant’Egidio sarà mediatrice nell’incontro negoziale tra il governo e i ribelli del Centrafrica, che si svolgerà prossimamente a Roma.

 

Il vescovo di Calgary, mons. Henry, chiede l’invio di un parroco nella città canadese, per la cura di 1.400 famiglie di origine italiana.

 

Celebrato a Città del Messico il 50.mo anniversario della concessione del voto alle donne nel Paese.

 

24 ORE NEL MONDO:

Serbia sotto shock dopo l’attentato del premier Djindjic: proclamato lo stato di emergenza.

 

Baghdad boccia la proposta di Blair per fermare la guerra.

 

Accordo raggiunto tra Iran e Iraq per il rilascio di oltre mille prigionieri di guerra.

 

Giappone in allarme: imminente lancio di un  nuovo missile balistico da Pyongyang.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 marzo 2003

 

 

A BETLEMME DIO SI RIVELA POVERO PERCHE’ SI E’ DONATO COMPLETAMENTE

AGLI UOMINI: COSI’ L’ARCIVESCOVO ANGELO COMASTRI

NEGLI ESERCIZI CHE STA PREDICANDO IN VATICANO

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Il volto paterno di Dio attraverso le parabole evangeliche: questa la tematica sviluppata nelle sue meditazioni di ieri pomeriggio. E il dono stesso che il Padre ci fa del Figlio a Natale, tema di questa mattina. Così, l’arcivescovo prelato di Loreto, Angelo Comastri, sta guidando gli Esercizi Spirituali in Vaticano. Vi proponiamo degli squarci nella parola stessa del presule...

 

Se le parole di Gesù sono come un dipinto del volto di Dio – è un dipinto straordinario perché l’ha fatto Gesù stesso – il vero dipinto di Dio, il vero quadro di Dio non sono le parole di Gesù: è la vita di Gesù. E’ Gesù stesso, con tutti i suoi gesti: Gesù è la rivelazione di Dio! Gesù è la teofania. Il roveto ardente che brucia qui, dentro la storia umana, è Gesù. Allora guardiamo Gesù. Guardiamo i suoi gesti, i suoi comportamenti, perché ogni gesto, ogni comportamento di Gesù manifesta Dio, racconta il mistero di Dio. E partiamo da Betlemme, perché è il primo passo di Dio dentro la storia. E’ il primo passo del Verbo incarnato, ed è chiaro che ha un potenziale di luce immenso. Cos’è accaduto a Betlemme?

 

A Betlemme, Dio è entrato nella nostra storia con i passi del poveri, con i passi del mite, con i passi del mansueto. Perché?...

 

Io mi pongo questa domanda. Perché Dio ha scelto la povertà? Perché Gesù si è presentato nella veste del povero (e più povero di così non si poteva pensare)? Maria, la Madre, l’Immacolata, va da Nazareth a Betlemme e, arrivata a Betlemme – dice l’evangelista – “non c’era per loro un posto”. Ma come? Non c’è un posto per il Figlio di Dio che nasce in questo mondo? E’ lui, il Creatore del mondo, e non c’è un posto per lui? E l’evangelista lo sottolinea: “Non c’era posto per loro!”. Non c’era posto. E perché? L’evangelista, dopo aver dato questa notizia, si preoccupa di aiutarci a capirla. E racconta che un angelo apparve a dei pastori e disse: “Guardate, non temete, non abbiate paura, vi do una grande gioia: nella città di Davide è nato per voi un Salvatore che è il Cristo Signore”: allora, quell’“un Salvatore” vuol dire che è “il” vero Salvatore, perché molti si presentano come salvatori; “è nato per voi un Salvatore” che sta tra i tanti che si presentano nella storia, ma questo è quello vero!

 

“E’ nato per voi un Salvatore che è il Cristo Salvatore”, quindi è il vero Salvatore …

 

“E io vi do un segno – dice l’angelo – questo per voi il segno”. La parola greca usata dall’evangelista è ‘semeion’, che è una parola densissima, vuol dire che è un segno da capire, è come una segnaletica: bisogna saperla decifrare, perché se non sapete decifrare la segnaletica non capite che cosa vi vuole indicare. Quindi, “attenti”, vuol dire: “questo per voi il segno”. Quale? “Troverete un bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”: “en fatne”, è impressionante. “Fatne” è la greppia, è la parte interna della grotta dove c’era fieno e sterco. E questo, è il grande segno di Dio? Ma come è possibile? Ecco, noi dobbiamo restare pensosi davanti a questo annuncio dell’Angelo, perché è rivolto anche a noi. Attenti: troverete per voi, troverete un bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.

 

Perché la povertà fa parte della teofania? Perché la povertà è manifestazione di Dio?

 

Io ho cercato di approfondire questa rivelazione di Betlemme, cercando di illuminarla con la vetta della rivelazione, con la sintesi della rivelazione che noi troviamo nella prima lettera di Giovanni al capitolo IV nel versetto 8 e nel versetto 16, dove è scritto: “Dio è amore”. Se Dio è amore, vuol dire che il mistero di Betlemme è all’interno del mistero dell’amore. E com’è possibile? Cerchiamo allora di capire. Dio è amore, ma l’amore è dono. E’ detto nella Parola di Dio che Dio è amore, ma è anche detto nella Parola di Dio che l’amore è dono. E soltanto quando c’è dono c’è amore. Più volte è detto: “Dio ha tanto amato il mondo da dare”; San Paolo nella Lettera ai Galati, capitolo II, versetto 20: “Cristo mi ha amato e ha dato” … Quindi, l’amore si coniuga sempre con il dono di sé. Quanto è importante questa verità! Perché se si perde il senso dell’amore come dono, si mistifica l’amore e non si capisce più il mistero dell’amore. Allora, Dio è amore infinito ma l’amore è dono, quindi Dio è dono infinito di sé. Ma chi dona, non possiede, perché dona. Il mistero di Dio è tutto un mistero di donazione. All’interno di Dio viene coniugato soltanto il verbo ‘donare’: il Padre si dona al Figlio e il Figlio è dono del Padre, e si restituisce al Padre nell’abbraccio dello Spirito Santo che è la Persona-dono, come ha scritto il Papa nella Lettera enciclica sullo Spirito Santo.

 

Questo è il mistero di Dio: è qualcosa di veramente impressionante, vengono le vertigini. Dio conosce soltanto un’azione, l’azione del donare...

 

E siccome chi dona non possiede, chi non possiede è povero. Dio che è l’infinito amore, l’infinito dono, è anche l’infinitamente povero. Betlemme, allora, manifesta questo mistero di Dio. San Francesco d’Assisi, che è stato il grande cantore di Betlemme, nella pagina meravigliosa di Greccio, raccontata da Tommaso da Celano, San Francesco d’Assisi, quando rivisse nel Natale del 1223 il mistero di Betlemme, lo volle rivivere per potersi riappropriare di questa bella, consolante notizia che Dio è amore. Tant’è vero che – racconta Tommaso da Celano – mentre Francesco volle rivivere con la gente tutta la povertà di Betlemme, racconta il discepolo di Francesco che avvenne un miracolo, e lo racconta così: “Sembrò a molti che il Bambino Gesù, in quella notte, addormentato nella paglia, venisse risvegliato dall’amore di Francesco”. E Tommaso aggiunge: “E accadde veramente così: la presenza di Dio, che era come addormentata nel cuore di tanta gente, si risvegliò in quella notte e molti si accorsero che proprio a Betlemme inizia la grande rivelazione di Dio-amore”.

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PRESENTATO IERI A ROMA DAL CARDINALE JORGE MEJIA UN VOLUME SULLA STORIA DELLE ELEZIONI PONTIFICIE.

CON NOI ROBERTA RUSSO DELLE EDIZIONI PIEMME

- A cura di Giovanni Peduto -

 

“Storia delle elezioni pontificie”: questo il titolo di una pregevole opera delle Edizioni Piemme di Casale Monferrato, in Piemonte, presentata ieri pomeriggio a Roma, presso la Libera Università Maria Santissima Assunta, dal cardinale Jorge Mejia, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa.  Presente l’autore Ambrogio Piazzoni, storico del Medioevo, paleografo e codicologo, vice prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana. Quale obiettivo si propone l’opera? Giovanni Peduto lo ha chiesto a Roberta Russo, responsabile editoriale del settore Religione di Piemme:

 

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L’elezione del Papa si è svolta nei modi più vari: ci sono state acclamazioni di popolo ed elezioni affidate a pochi cardinali; elezioni imposte da qualche sovrano potente e altre tenutesi nella libertà degli elettori. Si sono visti Papi eletti all’unanimità da Conclavi brevi e pacifici e periodi in cui giravano per l’Europa  due, tre e perfino quattro Papi contemporaneamente. Attraverso episodi, aneddoti e documenti, questo volume “Storia delle elezioni pontificie” mostra come e perché, per successive approssimazioni e tra infinite difficoltà, si è giunti alle regole attuali e delinea la stretta relazione fra le modalità di elezione del pontefice e la concezione stessa del primato del Vicario di Cristo. L’opera contiene, atti,documenti segreti, cronache del tempo e curiosità, che svelano i retroscena delle quasi 300 elezioni papali dalle origini della Chiesa ai nostri giorni”.

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Delle quasi 300 elezioni pontificie avvenute nella storia, tra legittime e illegittime, meno di una dozzina si sono concluse con il risultato ipotizzato dai più alla vigilia. Di volta in volta la vicenda fu intricata come un giallo, drammatica come una tragedia, affascinante come un resoconto di viaggio, appassionante come un romanzo di avventura.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina un articolo di Umberto Santarelli dal titolo “In un panorama burrascoso si leva puntualissima, senza inflessioni di incertezza, la voce di Giovanni Paolo II”: il testo si iscrive nella consueta riflessione quaresimale ispirata alla “mobilitazione penitenziale per la pace”.

In Serbia, dopo l'omicidio di Djindjic vi è lo stato di emergenza: timori per la tenuta della giovane democrazia.

Iraq: nuova risoluzione per l'uso della forza al vaglio del Consiglio di sicurezza.

 

Nelle vaticane, in evidenza un articolo dal titolo “Un ‘ponte’ che unisce la Chiesa in Polonia con il Successore di Pietro e con la Santa Sede”: è giunta al significativo traguardo del 250 numero l'edizione in lingua polacca dell'Osservatore Romano.

Un articolo di Giuseppe Costa dal titolo “Il ‘Prete dei giovani’ nel secolo delle libertà”: presentati due volumi biografici su san Giovanni Bosco, opera di Pietro Braido.

Due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia, con articoli che documentano le diverse iniziative pastorali promosse dalle diocesi.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: non si placano le violenze.

In Burundi, il dramma della malnutrizione minaccia oltre un milione di persone.

La Nigeria segnata da sanguinosi scontri interetnici.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Angelo Marchesi dal titolo “Platone ‘totalitario’?”: a proposito di un recente intervento.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica con particolare riferimento alla crisi irachena.

Il tema del terrorismo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 marzo 2003

 

 

SABATO PROSSIMO, PRIMA GIORNATA EUROPEA DEGLI UNIVERSITARI.

 TEMA: “LA CARITÀ INTELLETTUALE, ANIMA DELLA NUOVA EUROPA”.

TRA LE INIZIATIVE:

VEGLIA DI PREGHIERA MARIANA DEGLI UNIVERSITARI CON IL PAPA

 DALL’AULA PAOLO VI IN COLLEGAMENTO VIA SATELLITE

CON VARIE UNIVERSITA’ EUROPEE

- Intervista con mons. Lorenzo Leuzzi -

 

“La carità intellettuale, anima della nuova Europa nella comunione con i Santi Patroni”. E’ il tema della prima Giornata Europea degli Universitari che ha ispirato numerose iniziative, presentate questa mattina alla stampa, presso la nostra emittente. Prima tra tutte, la veglia di preghiera mariana degli universitari con il Papa che si svolgerà sabato prossimo, nell’Aula Paolo VI, a partire dalle ore 17,45.

 

E’ da 6 anni che il tradizionale incontro dei giovani studenti romani con il Papa ha assunto una dimensione europea. In questi anni si è intensificata una rete di collaborazione in campo culturale e spirituale tra gli atenei d’Europa,  grazie alle Cappellanie universitarie. Dal grande Giubileo del 2000 si sono svolti a Roma due Forum  europei degli studenti. Ed ora questa esperienza è stata assunta dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee)  che ha istituito la prima Giornata Europea degli Universitari.

 

Quest’anno saranno collegate via satellite Uppsala, Bratislava e Cracovia, per ricordare i santi Brigida, Cirillo e Metodio e Edith Stein, patroni d’Europa. Poi Colonia che accoglierà la Giornata mondiale dei giovani del 2005.  E ancora, Fatima, d’obbligo in questo Anno del Rosario. Ma lasciamo la parola, al microfono di Carla Cotignoli, a uno degli organizzatori: mons. Lorenzo Leuzzi, responsabile della pastorale universitaria del Vicariato di Roma. Ci illustra innanzitutto il tema della giornata: “La carità intellettuale, anima della nuova Europa”.

 

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R. – Il tema orienta il senso del cammino. Riteniamo, infatti, che oggi nella costruzione della nuova Europa, con i suoi passaggi delicati sul piano istituzionale, ci sia bisogno di intellettuali che vivano la loro esperienza di ricerca come servizio. E la carità intellettuale costituisce, credo, l’esperienza più alta nel servizio che gli uomini di cultura, in questo caso gli universitari, sono chiamati a svolgere. Ed è  proprio intorno a questo impegno culturale che abbiamo voluto unire alcune iniziative.  Vanno dalla pubblicazione del volume di oltre 800 pagine con 82 relazioni di numerosi docenti, sul tema della costruzione europea, alla diffusione di un documento sugli embrioni che sta ottenendo l’adesione di professori europei. Sabato mattina si svolgerà un seminario sui compatroni, proprio su come hanno vissuto la carità intellettuale: da San Benedetto fino ad Edith Stein. Poi presenteremo il Simposio europeo che si terrà a luglio proprio sul tema “Università e Chiesa in Europa” a Roma dal 17 al 20 del mese.

 

D. – Questi incontri del Papa con gli universitari sono iniziati più di 10 anni fa. Una parola sulla rispondenza dei giovani in questi anni…

 

R. – Devo dire che è stato un crescendo. Il nostro obiettivo è quello di aiutare i giovani universitari alla riscoperta della devozione mariana. Quest’anno, essendo l’anno del Rosario, abbiamo avuto un’occasione in più per aiutare  i giovani a comprendere la figura di Maria, come colei che conservava e meditava nel suo cuore ciò che vedeva, ciò che aveva ascoltato e che aveva ricevuto come dono nell’esperienza intima e profonda con il Signore Gesù. Questo è davvero un anno particolare. Ma è stato un crescendo. Nel 1992 c’erano soltanto 250 ragazzi e questa volta l’Aula Paolo VI sarà piena. Ma non è solo una questione numerica. Vediamo in questi giorni giovani che vengono in ufficio a prendere i biglietti e non vengono per un incontro qualsiasi, ma per la recita del Rosario col Papa. Siamo molto meravigliati e ammirati di fronte a queste richieste.

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LA SERBIA SCONVOLTA PER L’ASSASSINIO DEL PREMIER ZORAN DJINDJIC

- Intervista con Federico Eichberg -

 

E’ stato di emergenza in Serbia, dopo l’assassinio ieri del premier Zoran Djindjic. Con Djindjic muore l’uomo che nel giugno 2001 aveva consegnato Slobodan Milosevic al Tribunale Onu dell’Aja; “l’uomo dell’occidente” che dialogava con Washington e spingeva per l’entrata della Serbia nell’Unione Europea; l’uomo che è riuscito a prevenire la secessione del Montenegro con la nascita un mese fa della nuova federazione serbo-montenegrina. Con la sua morte si teme ora che Il Paese e tutta la regione balcanica, possano ripiombare nel caos tra l’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale tutta concentrata sulla crisi irachena.

 

La Serbia, che non è neppure riuscita ad eleggere un nuovo presidente dopo la fine del mandato di Kostunica, con l’assassinio del suo premier non rischia ora di trovarsi in una situazione di vuoto di potere? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto di questioni balcaniche.

 

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R. – Il vuoto di potere è solo momentaneo, sappiamo che il presidente pro-tempore Micic ha già designato, in qualche misura, la composizione di una sorta di governo di solidarietà nazionale. Le forze politiche hanno risposto compatte, quindi non sembra che le spinte nazionalistiche che pur si erano affermate nelle elezioni, che poi non hanno portato ad alcun risultato con Seselj, possano costituire una minaccia in questo momento.

 

D. – Quali pericoli per il neo nato Stato Serbo-Montenegrino? Reggerà il colpo secondo lei?

 

R. – Il pericolo principale per la Serbia in questo momento è la rassegnazione. Mi spiego: la Serbia ha vissuto di nemesi storiche gli ultimi anni. I 600 anni della battaglia di Kosovo Polje che tornano e sulle quali si costituisce il nazionalismo serbo in Kosovo; i dieci anni dalla guerra che ritornano, cioè il decennio 1989-1999 con i bombardamenti della Nato. L’omicidio di ieri viene 100 anni dopo, esattamente, l’omicidio di Alexander Obrenovic che ha portato al potere poi  Petar Karadjordjevic, un regolamento di conti tra dinastie – così viene chiamato – e in qualche misura riporta i serbi in questa  sorta di rassegnazione che vi sia un ciclo storico fatto di omicidi – l’omicidio di Alexanderc Karadjordjevic - a Marsiglia, l’omicidio da parte di Gavrilo Princip di Francesco Ferdinando - e che siano in qualche misura gli omicidi, i regolamenti di conti violenti ad essere quasi nel Dna della Serbia. Perché questo potrebbe portare alla rassegnazione? Perché è un Paese che sta cercando fortemente di integrarsi, è un Paese che sta diventando il fulcro di un’area di libero scambio di tutti i Balcani, con 50 milioni di potenziali cittadini uniti da un’area di libero scambio. Quindi un Paese che cerca di guardare avanti ed invece con questo omicidio viene, in qualche misura, nuovamente riportato ad un brutale destino che ciclicamente riemerge nella storia.

 

D. - Djindjic era veramente uomo dell’Occidente. Quale simbolo  è stato colpito?

 

R. – Djindjic era la persona che aveva condotto i primi movimenti di opposizione a Milosevic, che nel 1996 portarono a quella meravigliosa partecipazione popolare a Belgrado e non solo e ai primi comuni che riuscirono a votare contro Milosevic e a formare una rete di comuni liberi governati dall’opposizione. Djindjic insieme a Vezna Fecic e al leader monarchico Vuk Draskovic guidarono questa rivolta del 1996. Djindjic fu ovviamente anche fortemente all’opposizione nei momenti di maggiore furia nazionalistica in Kosovo nel 1999. Djindjc fu a capo di quel movimento DOS, Opposizione Democratica della Serbia, che avrebbe poi espresso Kostunica alle presidenziali e grazie alla vittoria di Kostunica avrebbe poi portato al potere una coalizione di 18 partiti anche a livello di repubblica di Serbia, come è avvenuto con Djindjic. Quindi uomo dell’opposizione, uomo sicuramente vicino all’Occidente, molto vicino alla Germania, vicino in qualche misura anche agli Stati Uniti, direi vicino in generale all’idea di integrare la Serbia con l’Occidente.

 

D. – La morte di Djindjic quanto potrà influire sulla caccia ai ricercati del Tribunale dell’Aja?

 

R. – La reazione compatta dell’opinione pubblica serba di ieri è stata: il momento di fare un giro di vite con Karadzic e Mladic. Proiettiamo ogni sera in televisione - era la richiesta che sentivo da parte dei media serbi ieri – proiettiamo in televisione le immagini cruente dell’assedio di Sarajevo, dei massacri di Srebrenica e così via e dobbiamo ricordarci che  dobbiamo innanzitutto fare una purificazione nostra della memoria attraverso il riconoscimento delle colpe, attraverso la consegna di tutti i criminali di guerra. E’ il momento in cui i serbi stessi diano un segnale forte sicuramente attraverso la consegna di Karadzic e Mladic.

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I CRISTIANI EUROPEI SARANNO RAPPRESENTATI PRESSO LE ISTITUZIONI COMUNITARIE DA UNA NUOVA ASSOCIAZIONE:

LA CONVENZIONE DEI CRISTIANI PER L’EUROPA.

PRIMO OBIETTIVO, OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DEI VALORI DEL VANGELO

NELLA NASCENTE COSTITUZIONE EUROPEA

- Intervista con Giorgio Salina -

 

Far sentire la propria voce in Europa, per chiedere ciò che Giovanni Paolo II indica da tempo con insistenza: il riconoscimento dei valori cristiani all’interno della nascente Costituzione europea. E’ questo lo scopo di fondo che ha portato alla nascita della Convenzione dei cristiani per l’Europa, costituita lo scorso dicembre a Barcellona, con l’appoggio del cardinale María Ricardo Gordó Carles, arcivescovo della città catalana. Gli scopi principali dell’associazione sono due: conferire visibilità, in modo rappresentativo e autorevole, ai milioni di cristiani che vivono nel Vecchio Continente e porsi come uno degli interlocutori della società civile che - durante l’attuale fase costituente e nella successiva – verranno regolarmente ascoltati dall’Europarlamento e dall’esecutivo di Bruxelles.

 

Inoltre, grazie al sostegno offerto dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’Unità dei cristiani, la neonata associazione sta cercando di tessere rapporti anche con gli ortodossi europei e gli anglicani. Un lavoro delicato e intenso, per un organismo che si appresta ad uscire a vita pubblica, come conferma, al microfono di Alessandro De Carolis, il dott. Giorgio Salina, vicepresidente dell’associazione e consulente della nunziatura apostolica presso la Comunità europea:

 

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R. – Tra breve, il 3 aprile, parteciperemo ad un Convegno indetto presso il Parlamento europeo, durante il quale faremo sentire la nostra presenza. Il Convegno è sul tema della Costituzione europea e in quella sede comunicheremo la nostra richiesta ai membri della convenzione.

 

D. – A suo giudizio, considerando anche l’attuale fase dei lavori, quale impronta prevarrà alla fine nel testo della Costituzione comunitaria? L’impronta laicista o quella cristiana?

 

R. – Questo è molto difficile da dire. Se stiamo ai risultati ottenuti fino ad oggi, si dovrebbe dire quella laicista. Perché, nonostante qualche accenno, nonostante qualche segnale di apertura, nei documenti ufficiali non c’è traccia di nulla: mi riferisco ai 16 articoli già presentati e agli altri in via di preparazione. Certo, ogni tanto ci sono delle promesse, che sono però tutte, ad oggi, da verificare.

 

D. – Che tipo di impegno avete messo in campo per far sì che i valori cristiani vengano riconosciuti?

 

R. – Abbiamo costituito questa Associazione di diritto internazionale, che ha localizzazioni nei diversi Paesi d’Europa, nominando per ciascun Paese un vicepresidente. Lo scopo è quello di coagulare una pubblica opinione, di ispirazione cristiana, all’interno dei diversi Paesi e darle voce a livello europeo. Del resto, basta girare per le città d’Europa, entrare in qualsiasi museo, per rendersi conto che la presenza cristiana ha “informato” la cultura, l’arte, la vita, la politica del nostro continente da 2000 anni. E questa è una verità incontrovertibile. Ci sembra, allora, che un documento costituzionale dell’importanza della Convenzione della nuova Europa che ignori una simile verità nasca con una piccola tara prenatale. E, comunque, questo riconoscimento deve avere, al di là dell’affermazione di principio, delle conseguenze: la libertà religiosa individuale, la libertà religiosa delle Chiese e delle comunità religiose di associarsi e di raggiungere i loro obiettivi, la libertà di essere riconosciuti come interlocutori.

 

D. – Si è instaurata una certa sintonia tra le varie confessioni di questa Associazione?

 

R. – Più che riferirle quel che si è instaurato tra noi - intendendo per noi la Convenzione dei cristiani per l’Europa - credo che si possa fare riferimento al lunghissimo lavoro già iniziato dalla Comece, la Commissione delle conferenze episcopali europee, che ha una lunga tradizione di rapporti interconfessionali.

 

D. – Si può dire, quindi, che voi della Convenzione dei cristiani per l’Europa e la Comece lavorate, per così dire, a stretto contatto di gomito ...

 

R. – Assolutamente sì: con la Comece e con la nunziatura presso la comunità europea.

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CHIESA E SOCIETA’

13 marzo 2003

 

 

UNA SPILLA CHE INNEGGIA ALLA PACE IN IRAQ E UN ROSARIO IN LEGNO D’ULIVO

DELLA TERRA SANTA. SONO I SIMBOLI DI DUE INIZIATIVE DI SOLIDARIETA’,

PROMOSSE E SOSTENUTE A LIVELLO INTERNAZIONALE DALL’ORDINE DOMENICANO

 

ROMA. = Due iniziative di solidarietà in favore dell’Iraq e della Terra Santa. A lanciarle, già da tempo, sono stati i Padri Domenicani e padre Carlos Azpiroz Costa, maestro generale dell’Ordine, ne ha parlato in occasione della celebrazione del Mercoledì delle Ceneri presieduta da Giovanni Paolo II, nella Basilica di Santa Sabina. La prima iniziativa riguarda la distribuzione di una spilla che reca la scritta “I have Family in Irak", ho famiglia in Irak, come segno non solo di profonda solidarietà con i fratelli e sorelle domenicane presenti nel Paese mediorientale (8 frati, 300 suore e circa 500 laici), ma anche di vicinanza con la popolazione locale. La storia di questa spilla risale al mese di settembre scorso, quando due frati, due suore e una laica degli Stati Uniti fecero un digiuno per la pace, nel centro di New York. Il loro motto, di fronte all'uso delle armi come possibile soluzione ai conflitti, affermava: “There must be another way”, deve esistere un’altra strada. Dopo la conclusione del digiuno, con una celebrazione della Parola nei Giardini dell'Onu, i religiosi hanno continuato la loro campagna di sensibilizzazione, utilizzando e distribuendo la spilla negli Stati Uniti e, tramite la Famiglia domenicana, in molte altre nazioni. La seconda iniziativa riguarda Il Rosario di legno d’ulivo della Terra Santa: è uno dei tanti articoli religiosi fabbricati dai cristiani palestinesi a Betlemme e Gerusalemme per i pellegrini e turisti. E’ sorta una catena di solidarietà per la vendita dei Rosari fuori della Terra Santa. Il ricavato viene consegnato direttamente alle famiglie: una risorsa che, per molte di loro, rappresenta in questo momento quasi l'unico mezzo di sussistenza. (A.D.C.)

 

 

RISPONDERE AD UNA NECESSITA’ ECUMENICA: CON QUESTO OBIETTIVO,

UN GRUPPO DI PADRI ANTONIANI DI BEIRUT HA REALIZZATO

UNA TRADUZIONE INTERLINEARE GRECO-ARABA DEL NUOVO TESTAMENTO

 

BEIRUT. = Una traduzione del Nuovo Testamento interlineare in testo arabo e greco è stata appena pubblicata a Beirut. Il lavoro è opera di un gruppo di Padri Antoniani e il volume è pubblicato dalla facoltà di scienze bibliche dell’Università Antoniana. Nell’intenzione dei promotori, la traduzione risponde soprattutto ad “una necessità ecumenica”. Con la moltiplicazione delle versioni arabe del Nuovo Testamento, sostengono gli autori, era infatti necessario realizzare una traduzione quanto più vicina all’originale in greco, che servisse da strumento di riferimento nel dialogo ecumenico e nel rapporto con i musulmani, così come nel dialogo con coloro che si tengono “sul soglio della Chiesa”. La traduzione si presenta, dunque, come mezzo di lavoro indispensabile per i sacerdoti che si apprestano ad animare una “veglia evangelica”, a redigere un articolo o ancora a preparare l’omelia della domenica. L’idea è di avvicinare quanto più possibile il lettore-ascoltatore alla parola di Cristo, riprodotta attraverso le prime testimonianze, successivamente fissate nella lingua greca, lingua universale dell’antichità. L’opera sarà inoltre di grande utilità per tutti i professori, ricercatori e seminaristi desiderosi di approfondire la ricerca biblica. (A.G.)

 

 

IN BURUNDI, UN MILIONE DI PERSONE RISCHIANO LA MORTE PER FAME

NEI PROSSIMI MESI. IL PAM LANCIA UN APPELLO PER LA RACCOLTA

DI 16 MILA TONNELLATE DI CIBO, PER UN VALORE DI NOVE MILIONI DI EURO

 

BUJUMBURA. = In Burundi c'è urgente bisogno di 16 mila tonnellate di cibo, necessarie per sfamare oltre un milione di persone che, da qui a giugno, rischiano di vivere un dramma di dimensioni immani a causa della siccità e della continua insicurezza che si registra nel Paese. Si tratta di aiuti alimentari per un valore tra gli 8 e i 9 milioni di euro, che serviranno ad assistere la popolazione, giacché le scorte attuali serviranno a coprire il fabbisogno alimentare solo per le prossime quattro settimane. L'appello è stato lanciato dal Pam - il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite - che ha invitato i donatori internazionali a maggiori stanziamenti, per coprire quella che si profila come una vera e propria emergenza. “Stiamo facendo il possibile per rispondere alle richieste di cibo, in costante aumento da due mesi, ma non abbiamo ancora abbastanza risorse per affrontare questa crisi” ha dichiarato Mustapha Darboe, direttore del Pam in Burundi. “Anche se sono arrivati gli stanziamenti da Unione Europea e Stati Uniti - ha proseguito - continuiamo ad avere estremo bisogno di altri contributi. Il problema è semplice: il numero delle persone affamate è raddoppiato negli ultimi mesi e noi non abbiamo abbastanza cibo per tutti”. Gli organismi internazionali spiegano che le mutazioni climatiche (le piogge di ottobre sono arrivate molto in ritardo e sono terminate in anticipo) hanno portato ad una drastica diminuzione dei raccolti. Una situazione già difficile di per sé, ma esacerbata dall'insicurezza legata ai combattimenti tra governo e ribelli, che hanno provocato l’abbandono dei campi e la fuga di migliaia di sfollati. (A.D.C.)

 

 

LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO SARA’ MEDIATRICE NELL’INCONTRO NEGOZIALE

TRA IL GOVERNO E I RIBELLI DEL CENTRAFRICA, CHE SI SVOLGERA’ PROSSIMAMENTE

A ROMA. A DARNE NOTIZIA, IL CAPO DEI VESCOVI CENTRAFRICANI,

MONS. PAULIN POMODIMO

 

ROMA. = Sarà la capitale italiana ad ospitare la prima fase del “Dialogo nazionale” centrafricano, alla quale parteciperanno tutti i protagonisti della crisi della Repubblica del Centrafrica. A mediare tra le posizioni del presidente dello Stato africano, Ange Felix Patassé, e l’ex capo di Stato maggiore François Bozizé - leader dei ribelli che il 25 ottobre scorso tentarono il golpe nella capitale Bangui e che oggi controllano oltre metà del Paese - è stata chiamata la Comunità di Sant'Egidio. La comunità, che ha sede nel rione romano di Trastevere, dovrà aprire la strada a quel “Dialogo nazionale” voluto dallo stesso Patassé per porre fine alla crisi. A dare conferma ufficiale dell'incontro romano, in una intervista alla Radio centrafricana di Bangui, è stato ieri il vescovo di Bossangoa, Paulin Pomodimo, presidente della Conferenza episcopale del Centrafrica nonché  coordinatore del progetto negoziale di Patassé. “Dopo gli incontri con i nostri compatrioti che si trovano all'estero – ha affermato il presule - i capi della ribellione hanno auspicato colloqui preliminari per analizzare alcuni aspetti della crisi”. I concittadini all'estero, i ribelli e il presidente, ha soggiunto, “si sono detti d'accordo affinché ciò abbia luogo a Roma, con gli auspici della comunità di Sant'Egidio”. Mons. Pomodimo ha fatto sapere che giungerà in Italia nei prossimi giorni, anche se non ha reso noto quando si terrà l'incontro tra il governo e i ribelli. (A.D.C.)

 

 

APPELLO DEL VESCOVO DI CALGARY, MONS. HENRY,

CHE CHIEDE L’INVIO NELLA CITTA’ CANADESE DI UN PARROCO

PER LA CURA DI 1.400 FAMIGLIE DI ORIGINE ITALIANA

- A cura di Antonio Mancini -

 

CALGARY. = Cercasi parroco per l’assistenza a 1.400 famiglie italiane residenti in Canada. Un’esigenza manifestata da tempo da mons. Frederick Bernard Henry, vescovo di Calgary, nella provincia di Alberta. Sono famiglie legate alla parrocchia di Nostra Signora delle Grazie, a Calgary, da loro considerata come la propria chiesa madre. La parrocchia è priva di parroco da alcuni anni, quando i missionari Scalabriniani ne lasciarono la cura. Lo scorso gennaio, mons. Henry ha sollecitato per l’invio di un sacerdote italiano la Fondazione Migrantes e quest’ultima ha amplificato l’appello “nella fiducia che qualcuno si renda disponibile per questo impegno missionario anche per un periodo limitato di 5-8 anni”.

 

 

CELEBRATO, A CITTA’ DEL MESSICO, IL 50.MO ANNIVERSARIO

DELLA CONCESSIONE DEL VOTO ALLE DONNE NEL PAESE

 

CITTA’ DEL MESSICO. = Centinaia di donne messicane - tra cui deputate, leader sindacali e politiche - hanno celebrato ieri con una serie di manifestazioni nella  capitale dello Paese centroamericano il 50.mo anniversario dell'estensione alle donne del  diritto di voto. La deputata Miroslava Garcia, del Partito della rivoluzione  democratica (Prd, opposizione di sinistra), ha auspicato una  sempre maggiore partecipazione delle donne alla vita politica del Messico. Le donne conquistarono il diritto di voto a livello federale nel 1953, ma già nel 1920 lo Stato meridionale dello Yucatan, abitato in maggioranza da indigeni, aveva esteso anche alle donne la partecipazione alle elezioni politiche. Nel 1954, Aurora Jimenez de Palacios fu la prima donna eletta alla Camera, mentre 21 anni prima, nel 1923, Rosa Torres era diventata la prima donna sindaco a Merida, sempre nello Yucatan. (A.D.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 marzo 2003

 

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

Serbia sotto shock dopo l’uccisione ieri in un attentato  del premier serbo Zoran Djindjic. I killer hanno sparato al politico mentre scendeva dalla sua auto nel parcheggio del Palazzo del governo. Immediatamente proclamato lo stato di  emergenza. Intanto si discute al governo per stabilire chi sarà il futuro premier. Secondo i membri dell’esecutivo all’origine dell’omicidio ci sarebbero la cosca mafiosa di Zemun e l'ex capo delle forze speciali di polizia, Milorad 'Legija' Lukovic, sospettati di essere anche i mandanti di altri attentati, rapine, rapimenti contro note personalità pubbliche e politiche. Il servizio di Emiliano Bos.

 

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Il governo serbo si è riunito immediatamente in seduta straordinaria mentre la polizia ha dato il via ad una gigantesca caccia all’uomo in tutta la città. Chiuso per alcune ore anche l’aeroporto della capitale mentre in serata le autorità hanno proclamato lo stato di emergenza e l’esercito ha aumentato il livello di allerta. L’attentato contro Djindjc è un colpo al cuore delle istituzioni della Serbia che ora rischia di precipitare in un pericoloso vuoto di potere senza un primo ministro e senza quel capo di Stato che i cittadini non sono riusciti a eleggere nelle ultime due elezioni presidenziali andate a vuoto. I poteri passano ora al presidente del parlamento Natascia Misic in attesa che uno dei quattro vice premier assuma le redini dello Stato. Dolore e sgomento sono stati espressi da tutta la comunità internazionale che ha condannato duramente l’assassinio dell’ex leader dell’opposizione che nell’ottobre di tre anni fa detronizzò Slobodan Milosevic e con una protesta di piazza portò alla vittoria di Kostunica. La pista principale per cercare i mandanti del più clamoroso omicidio politico della Serbia portano verso la criminalità organizzata e le mafie belgradesi, cui Djindjc aveva dichiarato battaglia.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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Gli Stati Uniti proseguono nei contatti internazionali per raccogliere voti favorevoli nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu alla seconda risoluzione anglo-americana che, di fatto, darebbe il via libera all’attacco in Iraq. Intanto, mentre continua febbrilmente il lavoro della diplomazia per evitare la guerra, stamani il ministro degli esteri iracheno Naji Sabri ha respinto la proposta di Blair con sei  condizioni a Baghdad per fermare la guerra, definendolo “un piano di guerra abbellito". Ed ai microfoni della tv francese France 2 il ministro degli esteri Dominique de Villepin ha definito la proposta britannica "non accettabile" ed inserita in una “logica di guerra”. Ma sugli sviluppi della crisi irachena negli Stati Uniti ci riferisce da New York Paolo Mastrolilli.

 

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Gli Stati Uniti pensano di essere arrivati ormai ad un solo voto di distanza dai nove necessari a fare approvare la nuova Risoluzione all’Onu e insistono per avere, entro il fine settimana, il pronunciamento del Consiglio di Sicurezza che aprirebbe comunque le porte alla guerra. Londra invece ha smentito le dichiarazioni del capo del Pentagono, Rumsfeld, secondo cui la Gran Bretagna potrebbe non partecipare alla guerra. Gli Stati Uniti però ritengono di essere molto vicini ai nove voti necessari per fare approvare la loro risoluzione al Consiglio di Sicurezza e ieri il presidente Bush ha chiamato il collega russo Putin per sollecitarlo ad astenersi. Il testo poi potrebbe essere bloccato dal veto della Francia, accusata ieri dal Dipartimento di Stato di ostacolare il disarmo di Saddam. Ma a quel punto Washington risponderebbe che ha la maggioranza all’Onu e quindi la copertura morale per attaccare in ogni momento.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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E oggi anche la Cina si è schierata in favore della via negoziale per risolvere la crisi in Iraq. Secondo Pechino l’Iraq può essere disarmato con mezzi pacifici e non è necessario applicare le nuove proposte della Gran Bretagna. 

 

Raggiunto un accordo tra Iraq e Iran in base al quale Teheran rilascerà tutti i  prigionieri di guerra iracheni e Baghdad tutti quelli iraniani. Lo ha riferito all’agenzia Ina un portavoce del ministero degli  esteri iracheno, che ha precisato il numero degli ostaggi a cui sarà restituita la libertà: l'Iran rilascerà oggi 941 iracheni, mentre tra lunedì e martedì prossimo l'Iraq libererà  349 iraniani .

 

La Turchia farà appello contro la sentenza della Corte europea per i diritti umani che ha dichiarato il governo di Ankara colpevole di violazioni dei diritti umani nel processo contro Abdullah Ocalan. Lo ha comunicato ieri il ministero degli esteri turco Yashar Yakish in una dichiarazione scritta in cui le motivazioni della sentenza sono definite “non appropriate”. Yakish ha detto anche che la sentenza ''non mette a disagio la Turchia'', spiegando che “anche se Ocalan fosse processato nuovamente, sarebbe ancora condannato perché responsabile della morte di migliaia di persone”.  Il servizio di Francesca Pierantozzi.

 

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Abdullah Ocalan assapora la sua prima vittoria: la Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo ha infatti accolto il ricorso presentato dal capo dei separatisti curdi ed ha condannato il governo di Ankara per cinque violazioni della Convenzione dei diritti umani. Secondo i giudici europei il processo a cui è stato sottoposto Ocalan, condannato prima a morte e poi all’ergastolo per tradimento e separatismo è stato non equo e la condanna da questo decisa è stata definita un atto arbitrario configurabile in un trattamento disumano. Arrestato a Nairobi all’inizio del 1999 in condizioni ancora da chiarire Ocalan, ex capo del partito dei lavoratori del Kurdistan, era stato condannato a morte nel giugno dello stesso anno. La condanna è stata poi tramutata in ergastolo con l’abolizione della pena capitale in Turchia. La sentenza di Strasburgo dovrebbe portare ad un nuovo processo ma non è vincolante per la Turchia. Il governo di Ankara d’altra parte ha subito annunciato che farà ricorso.

 

Francesca Pierantozzi, per la Radio Vaticana.

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Allarme in Giappone. Secondo fonti di stampa la Corea del Nord starebbe per lanciare un nuovo missile balistico in grado di coprire l’intero territorio nipponico. Inoltre un alto funzionario del dipartimento di stato americano ha rivelato oggi all’agenzia di stampa giapponese Kyodo che Pyongyang avrebbe quasi riattivato il suo impianto  di riprocessamento del combustibile spento per la produzione di plutonio nel complesso nucleare di Yongbyong. L'eventuale rimessa in funzione dell' impianto consentirebbe, secondo esperti Usa, alla Corea del Nord di costruire in 6 mesi 5 o 6 bombe atomiche.    

 

Un nuovo episodio di violenza nel Kashmir indiano. Quattro persone hanno perso la vita nell’esplosione di un autobus a Rajouri, nel sud della regione. Lo riferiscono fonti della polizia. Il veicolo pubblico era fermo a un capolinea, dove le sedici persone in attesa alla fermata sono rimaste ferite. La zona interessata dalla deflagrazione è ritenuta particolarmente calda per quanto riguarda la battaglia tra militanti musulmani e autorità.

 

Di nuovo dietro le sbarre Gilberto Rodriguez Orejuela, ex boss narcotrafficante di Cali in Colombia, noto come ‘il giocatore di scacchi’. La sua scarcerazione per buona condotta dopo sette anni di detenzione aveva suscitato nei mesi scorsi sdegno e rabbia nella popolazione. Il secondo ordine d’arresto da parte della polizia di Bogotà è legato a nuove incriminazioni su traffico di stupefacenti e cospirazioni al contrabbando di droga. Soddisfatto il presidente Alvaro Uribe che da tempo aveva dato ordine di ricondurre Orejuela in carcere.

 

Prosegue l’ondata di arresti in Medio Oriente: 18 attivisti palestinesi ricercati sono stati fermati questa notte a Nablus: tra questi anche due uomini, aspiranti kamikaze, appartenenti al gruppo paramilitare Tanzim, vicino ad Al Fatah, e al Fronte popolare di Liberazione della Palestina.

 

I ribelli del Movimento patriottico della Costa d'Avorio non hanno preso parte, come invece era previsto, al primo consiglio dei ministri del governo di riconciliazione previsto per questa mattina alle 11. Lo ha riferito all'agenzia di stampa France Presse, un alto responsabile del movimento.

 

 

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