RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 71 - Testo della Trasmissione mercoledì 12  marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Volto paterno e materno di Dio che si china sull’uomo ferito, nelle meditazioni dell’arcivescovo Angelo Comastri agli Esercizi Spirituali per il Papa e la Curia Romana in Vaticano: il presule ai nostri microfoni

 

Un Manifesto sull’impegno etico dei ricercatori in ambito biomedico, proposto dalla Pontificia Accademia per la vita.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il significato cristiano del digiuno per la pace suggerito da Giovanni Paolo II insieme alla preghiera nell’attuale contesto internazionale: ce ne parla il gesuita africano padre Jean Ilboudo

 

L’Europa, da unione di Stati a comunione di popoli e di cittadini: è l’obiettivo emerso da un Forum di laici cristiani, riunito a Cracovia per un dibattito sul futuro dell’Unione Europea

 

Il futuro delle Nazioni Unite in gioco nella crisi irachena: con noi, il prof. Vittorio Emanuele Parsi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Riuniti a Collevalenza i superiori degli ordini religiosi maschili e femminili d’Italia

 

Avanzata ieri la proposta di una corte speciale per giudicare i crimini commessi nella Repubblica democratica del Congo dalla relatrice speciale per l’ex Zaire della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite, Julia Motoc

 

Il segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, Konrad Raiser, in Pakistan all’insegna del dialogo tra cristiani e musulmani

 

In Burgundi, cinque malviventi hanno assaltato oggi la casa dei carmelitani scalzi a Bujumbura

 

Per la prima volta in cinquant’anni un gruppo di cattolici nordcoreani ha partecipato ad una eucaristia a Seul

 

24 ORE NEL MONDO:

Crisi irachena: Blair auspica una seconda risoluzione che approvi l’uso della forza in Iraq. Contrarie Francia e Russia

 

Morto in un attentato a Belgrado il primo ministro serbo Zoran Djindjic, aperta la caccia ai tre sicari

 

L’Italia ha annullato il debito estero a Burkina Faso e Sierra Leone.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 marzo 2003

 

IL VOLTO PATERNO E MATERNO DI DIO CHE SI CHINA SULL’UOMO FERITO

NELLE MEDITAZIONI DI MONS. ANGELO COMASTRI

AGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Il Papa è in Esercizi Spirituali assieme ai suoi collaboratori della Curia Romana. Pertanto non vi è stata l’udienza generale della mattina. Il predicatore degli Esercizi, l’arcivescovo prelato di Loreto Angelo Comastri, nelle meditazioni tra ieri pomeriggio e questa mattina ha approfondito la tematica dell’alleanza di Dio offerta agli uomini con i profeti Osea, Geremia, Ezechiele e poi con il suo stesso figlio Gesù Cristo. Ecco una sintesi offertaci dallo stesso mons. Comastri …

 

In questo giorno, ormai i nostri occhi sono rivolti a Gesù. Noi fissiamo il volto di Gesù nella certezza che Gesù è il Figlio di Dio e quindi Gesù è colui che manifesta Dio ed è l’unico che può manifestare Dio pienamente. Nella Lettera agli Ebrei all’inizio è scritto: “Dio ha parlato tante volte e in molte maniere, in molti modi, in molti tempi, attraverso i profeti; ma in questi  tempi che sono gli ultimi, ha parlato a noi attraverso il Figlio”.  Allora noi guardiamo Gesù e guardando Gesù scopriamo il mistero di Dio. Ed ecco la sorpresa: guardando Gesù noi ci accorgiamo che il volto di Dio è completamente diverso da come noi lo immaginiamo. Padre Werenfried, il famoso padre lardo, una volta se ne uscì con questa esclamazione: “L’uomo è molto migliore di come noi lo pensiamo, ma – permettetemi dirlo – (sono sempre parole del padre Werenfried) anche Dio è molto migliore di come noi lo pensiamo”.

 

Ed è guardando Gesù che noi ci accorgiamo della verità di questa afferma-zione …

 

Un giorno Gesù si trovò di fronte  diverse persone che mormoravano e la mormorazione ha sempre accompagnato il viaggio di Gesù tra gli uomini. Ma perché mormoravano? Perché Gesù era troppo buono. Ciò che colpiva era la sua eccessiva bontà e c’è in Luca, capitolo 15.mo, una introduzione al capitolo che è singolare. Dice l’evangelista: “Mormoravano – il verbo è all’imperfetto, il che vuol dire che lo facevano da tempo; stavano mormorando, lo facevano in continuazione – e dicevano (ecco la mormorazione): costui pende verso i peccatori (questo era scandaloso) e mangia con loro. Scandalizzava questo: pende verso i peccatori e mangia con loro. Questo è un assurdo, questo non può venire da Dio. Ed ecco la risposta di Gesù: voi non conoscete Dio.

 

Questa è la premessa che Gesù non dice ma la fa capire. Dio è come un pastore che avendo 100 pecore, se ne perde una, non dice “mi bastano 99”, ma esce dall’ovile e va a cercare la pecora perduta …

 

Quando l’ha ritrovata, non la prende a calci, ma se la mette sulle spalle e tutto felice se la riporta all’ovile. Così vi dico: c’è più gioia in cielo per un solo peccatore. Questo è il mistero di Dio. C’è più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte che per 99 giusti che non hanno bisogno di penitenza. E Gesù aggiunge un’altra parabola: Dio è come una donna che ha dieci monete preziose, perde una moneta e perde la pace. Ma come, Dio è dietro questa immagine? A noi sembra paradossale, ma è Gesù che l’ha usata. Sì, Dio è come questa donna che quando perde una moneta preziosa, perde la pace.

 

La moneta preziosa per Dio è l’uomo. Davanti a Dio siamo preziosi …

 

Davanti a Dio, ognuno di noi è prezioso e questa certezza deve riempirci il cuore di una immensa consolazione. Ma Gesù aggiunge un’altra parabola. Dio è come un padre. Un padre che ha due figli e paradossalmente tutti e due i figli scappano. Voi direte: ma no, è scappato uno solo! No, no! Sono scappati tutti e due. Il primo scappa fisicamente, l’altro scappa con il cuore. Ma tutti e due scappano. E’ un padre ferito, un padre con il cuore sanguinante. E cosa fa questo padre? Quando il figlio che gli ha sbattuto la porta in faccia ritorna, nel testo greco di San Luca è scritto: il padre lo vide da lontano e si commosse. Il verbo che usa fa riferimento alle viscere femminili. Si commosse profondamente, come una donna, come una madre e mentre correva gli cadde sul collo e lo baciò appassionatamente. E’ meraviglioso il volto di questo padre! E quando il secondo figlio rivela il cuore diverso da quello del padre – è un figlio che è scappato anche quello – dice il Vangelo che il padre uscì a pregarlo.

 

E’ paradossale questo volto di Dio. Dio è amore e l’unica forza che Dio ha è la forza dell’amore, è l’onnipotenza dell’amore …

 

Questa è la grande notizia cristiana. Questo è il Vangelo, la bella notizia che possiede solo il cristianesimo, e l’annuncia soltanto il cristianesimo, perché il cristianesimo non è una religione costruita dagli uomini ma è una rivelazione che viene da Dio.

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UN MANIFESTO PER L’IMPEGNO ETICO DEI RICERCATORI IN AMBITO BIOMEDICO

PER UNA MEDICINA UMANIZZATA

PROPOSTO DALLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

- A cura di Carla Cotignoli -

 

 

“Una proposta di impegno etico per i ricercatori in ambito biomedico” viene lanciata dalla Pontificia Accademia per la Vita, quale “frutto concreto” dei lavori assembleari svolti dal 24 al 26 febbraio scorso a Roma. Si tratta di un manifesto, pubblicato oggi in appendice al comunicato finale della IX Assemblea generale incentrata su “Etica della ricerca biomedica. Per una visione cristiana”.

 

E’ “una proposta aperta” rivolta a tutti i ricercatori e operatori della ricerca nell’area biomedica e bioetica, un primo passo verso l’“elaborazione di un vero e proprio codice deontologico per i ricercatori”. Potrebbe rappresentare “un segno di speranza e di impegno – si legge nella premessa -  per una medicina veramente  ‘umanizzata’, a servizio della persona umana, nel pieno rispetto della sua dignità e dei suoi diritti dal primo momento della sua esistenza fino alla sua morte naturale”.

 

Sette i punti del manifesto.  Il primo impegno riguarda  il “rigore scientifico della metodologia di ricerca”. No a ricerche condizionate da “conflitto d’interesse dal punto di vista personale, professionale od economico”. Sì, a ricerca e applicazioni basate sul principio “bontà morale”, che tiene conto “della duplice dimensione corporale e spirituale dell’uomo”.

 

Riguardo alla sperimentazione viene riconosciuto che il passaggio dalla fase sperimentale sull’animale a quella clinica sull’uomo deve avvenire solo quando vi sono sufficienti garanzie circa l’innocuità o l’accettabilità degli eventuali danni e rischi che tale sperimentazione implicasse.

 

Circa la legittimità della sperimentazione clinica sull’uomo, tra le condizioni, viene indicata “in primo luogo, la salvaguardia della vita e dell’integrità fisica dei soggetti umani sottoposti ad essa”. “Occorrerà poi – si legge – che la sperimentazione sia sempre preceduta da una doverosa, corretta e completa informazione sul significato e sugli sviluppi della stessa”. Viene poi dichiarato l’impegno a trattare “ogni persona che aderisce ad una sperimen-tazione come soggetto libero e responsabile e mai come mero mezzo per il conseguimento di altri fini”. Così come viene precisato il dovere di ottenerne “il libero consenso informato”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Conquistare la pace con le armi della pace”, è il titolo dell'articolo di Ferdinando Montuschi che apre il giornale: il testo viene ad arricchire la riflessione quaresi-male ispirata alla “mobilitazione penitenziale per la pace”.

Per l'Anno del Rosario un pensiero tratto dal Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Gioventù; il titolo del pensiero è: “Non vergognatevi”.

Riguardo all'Iraq, si rileva che gli Stati Uniti sono disposti a far slittare l'ultima-tum in cambio dell'appoggio ad una nuova risoluzione.

E’ morto il primo ministro serbo, vittima di un grave attentato a Belgrado.

 

Nelle vaticane, un articolo di Giampaolo Mattei dal titolo: “Nel cuore di Cuba si è avvertita la presenza spirituale del Papa”: l’apertura della Casa brigidina all'Avana, benedetta dal cardinale Crescenzio Sepe, è un segno di speranza nella viva memoria del pellegrinaggio apostolico compiuto cinque anni fa da Giovanni Paolo II.

Una pagina sulla IX Assemblea generale della Pontificia Academia Pro Vita.

Una pagina dedicata al beato Daniele Comboni (1831-1881): una vita interamen-te dedicata alla missione.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: scontro a fuoco causa due morti.

Nella Repubblica del Congo, il virus Ebola ha provocato finora cento morti.

Aiea: conferenza sul miglioramento della difesa da fonti radioattive; appello del direttore generale dell'Agenzia, El Baradei, per maggiori controlli.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Pietro Borzomati dal titolo “Un’analisi minuziosa ma priva di un approfondimento sulla spiritualità”: Giovanni Fontana vescovo di Ferrara (1590-1611)

Una monografica dedicata al primo convegno nazionale degli “Amici italiani di Maurice Blondel”: i contributi di Paolo Miccoli e di Peter Henrici. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.

In rilievo, poi, il debito pubblico e la riforma della scuola. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 marzo 2003

 

 

 

IL DIGIUNO CRISTIANO PER LA PACE

- Intervista con padre Jean Ilboudo -

 

 

La Quaresima è per il cristiano tempo “forte” di preghiera, di digiuno e di impegno verso quanti sono nel bisogno, occasione  di seria revisione della propria vita a confronto con la Parola di Dio. Lo scrive il Papa all’inizio del suo messaggio per la Quaresima di quest’anno in cui ricorda al nostro mondo, “particolarmente sensibile alle suggestioni dell’egoismo” che: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”. Ma, dice ancora Giovanni Paolo II, “mentre entriamo nel periodo quaresimale, non possiamo non tener conto dell’attuale contesto internazionale agitato da tensioni di guerra”.  Da qui l’invito del Papa a digiunare e a pregare in particolare per la pace. Sul significato religioso del digiuno Adriana Masotti ha intervistato padre Jean Ilboudo, gesuita del Burkina Faso, Consigliere generale e assistente per l’Africa presso la Curia generalizia della Compagnia di Gesù e autore di un volumetto intitolato: “Il digiuno cristiano: una proposta per la Quaresima”.

 

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R. – Io sono uno storico. Ho visto che nella Chiesa il digiuno era presente nei primi secoli e adesso è praticamente sparito.Il Papa ha visto che il digiuno era un tesoro della Chiesa cattolica e che dunque abbiamo perduto un tesoro. Il Papa allora ce lo fa ritrovare, per esempio quando ha chiesto di digiunare per la pace. Forse questo motivo può spingere molti cristiani a ritornare a riconoscere che cosa è questo digiuno, che è una preghiera del corpo e dello spirito. E’ una relazione del credente con Dio. Per questo lo ritroviamo in diverse tradizioni religiose nella storia dell’umanità.

 

R. – Ma cosa significa veramente digiunare?

 

D. – Il digiuno è una persona che non prende del cibo. Ma questo è soltanto l’aspetto materiale. C’è poi tutto un atteggiamento interiore. Una persona decide di diventare debole non mangiando perché quando una persona è debole o povera si appoggia a Dio soltanto. Il digiuno ci fa deboli perché vogliamo affermare che non contiamo sulle nostre forze, ma su qualcun altro, sulla forza di Dio.

 

D. – Padre Ilboudo, non mancano nella storia testimonianze di persone che hanno fatto del digiuno un vero e proprio strumento ...

 

R. – Un’arma veramente di riconciliazione con Dio, di pace interiore ed una via verso la riconciliazione con gli altri. Il Mahatma Gandhi fu un esempio veramente spettacolare del digiuno che ha portato unione, riconciliazione e pace fra persone che erano in conflitto. Ma anche nella storia della Chiesa abbiamo dei santi che hanno spesso fatto del digiuno un momento molto forte. Hanno digiunato molto come via di unione con Dio. Lanza del Vasto anch’egli è ricorso al digiuno come momento per condividere con coloro che sono nella povertà. Un digiuno che è legato all’elemosina. Si digiuna per mettere da parte ciò che si può spendere ma con l’intenzione di aiutare coloro che sono nel bisogno.

 

D. – Lei ha scritto un libro in francese sul digiuno, già pubblicato in Africa. Ora la traduzione in italiano. Ma è proponibile la pratica del digiuno in Africa?

 

R. – Si può parlare con tranquillità di digiuno anche in Paesi dove c’è la fame, perché coloro che sono poveri forse sono più aperti ai valori spirituali. Loro, dunque, possono offrire questa mancanza di cibo, anche se non hanno molto, a Dio. Io vedo che nei Paesi più ricchi è forse più difficile accogliere questo invito al digiuno, perché hanno tutto.

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UN FORUM DI LAICI CRISTIANI RIUNITO A CRACOVIA

PER UN DIBATTITO SUL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA

- Servizio di Carla Cotignoli -

 

 

“Contribuire a trasformare un’unione di Stati in una comunione di popoli e di cittadini d’Europa”. Questo il nostro compito di cristiani. E’ quanto si legge nella dichiarazione finale firmata da 40 rappresentanti di organismi laicali europei come il Forum dei laici, la Commissione economica e sociale, le Settimane sociali, e di associazioni a livello nazionale dell’Est e Ovest europeo. Il documento è l’atto conclusivo dell’incontro, svolto nei giorni scorsi a Cracovia, incentrato sul futuro dell’Unione Europea. E’ stata messa a punto anche l’organizzazione di un grande meeting di cristiani da tutta Europa previsto per settembre 2004. Il dibattito è stato particolarmente concentrato sulla crisi internazionale, l’allargamento dell’Unione e la Convenzione europea. Servizio di Carla Cotignoli.

 

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Della crisi internazionale, a Cracovia, è stata affrontata in particolare la divisione della diplomazia europea. “Non possiamo rassegnarci alla divisione – si legge – ma dobbiamo vivere questi momenti come un’opportunità per capire meglio, attraverso il dialogo, il peso della storia dei nostri singoli Paesi e il senso delle nostre differenze. Solo così si potrà  influire sulle relazioni internazionali e orientarle verso la giustizia, la solidarietà e la pace”.

 

La dichiarazione finale declina in 8 punti le vie per il  superamento della crisi europea, e il successo dell’allargamento dell’Unione Europea.  Viene presa posizione in favore di una Costituzione democratica nella prospettiva federale. Il rafforzamento dell’unità politica dell’unione – si legge – è una condizione essen-zale per l’allargamento geografico.

 

Si insiste fortemente perché il Preambolo della Costituzione riconosca l’eredità religiosa e culturale che hanno fortemente contribuito a strutturare l’identità europea. L’Unificazione dell’Europa – si legge ancora – è un progetto di ordine etico fondato sui valori del perdono e riconciliazione, pace e libertà, diritto e giustizia, solidarietà tra ricchi e poveri, tra forti e deboli. La dichiarazione ancora riconosce che la convenzione europea sta compiendo seri sforzi per raggiungere un consenso che superi lo status quo e gli interessi immediati dei governi. E ancora che sta tenendo in debito conto le richieste essenziali presentate dalle Chiese, comprese le organizzazioni dei laici cristiani. 

 

La costituzione - si legge - deve dichiararsi fondata ancora sul rispetto della dignità umana e della vita, la promozione del matrimonio e della famiglia quale cellula base della società. Ancora, viene ribadita la richiesta di una garanzia istituzionale dei diritti delle Chiese e della comunità religiose, di quegli stessi diritti che già sono riconosciuti da parte degli Stati membri in modo che non possano essere ridotti o rimessi in questione da decisioni prese dall’Unione.

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IL FUTURO DELLE NAZIONI UNITE IN GIOCO NELLA CRISI IRACHENA

- Intervista con il prof. Vittorio Emanuele Parsi -

 

 

La crisi irachena, con i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro, suscita nuovi interrogativi sul futuro delle Nazioni Unite. Non c’è dubbio, infatti, che dall’esito della crisi internazionale in corso potrebbero derivare delle pesanti conseguenze per l’efficacia del sistema Onu. Pur non essendo la prima volta che si registrano delle spaccature al Consiglio di sicurezza, la situazione attuale – con la minaccia di veto da parte della Francia alla risoluzione anglo-americana – presenta infatti delle caratteristiche inedite, come spiega il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano ed editorialista del quotidiano Avvenire, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Diciamo subito che abbiamo avuto due tipi di crisi, in precedenza, all’interno delle Nazioni Unite. Il primo tipo era quello, per molti aspetti più scontato e quindi meno pericoloso, perché poi in realtà tutte le parti in causa avevano strumenti per capire l’avversario e tornare a più miti consigli. Si tratta delle crisi espresse dal sistema bipolare, quelle tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Per esempio la questione della guerra di Corea, successivamente la crisi dei missili di Cuba. L’altro tipo di crisi, più raro e più pericoloso – sempre ai tempi della Guerra Fredda – sono le crisi intra-occidentali. La più grave di tutte sicuramente fu quella connessa alla crisi di Suez nel ’56, che portò ad una lacerazione tra Francia ed Inghilterra, da un lato, e Stati Uniti dall’altro. La gravità estrema e la novità di questa crisi, rispetto a quelle del passato, è che non c’è un nemico comune che alla fine ricompatta gli alleati occidentali. In realtà, c’è un nemico comune, sì, che è il terrorismo interna-zionale; c’è la preoccupazione comune, sì, per un regime come quello di Saddam, ritenuto da tutti un regime inaffidabile, però non è nemico di tutti, quindi questa crisi è particolarmente grave.

 

D. – Kofi Annan si è affrettato a dichiarare che un veto di Francia e Russia alla risoluzione sull’Iraq, presentata dagli anglo-americani, non significherebbe la fine dell’Onu. Quali potrebbero essere, allora, le conseguenze sull’efficacia del sistema delle Nazioni Unite?

 

R. – Kofi Annan ha ragione da un certo punto di vista, nel senso che il veto russo-francese non significherebbe semplicemente lo scioglimento dell’Onu. Le istituzioni internazionali non si portano dal notaio per scioglierle. Questo significa che probabilmente verrebbe a verificarsi un fatto importantissimo: una crisi che la potenza unilaterale americana stava cercando di risolvere da sola e che poi ha portato formalmente all’interno delle Nazioni Unite per tentare di procacciarsi un consenso politico, ma anche quindi accettando il rischio di una sconfitta in quella sede, ecco, quella crisi torna ad essere risolta al di fuori delle Nazioni Unite. E’ la prima volta che ciò si verifica, perché quando si fece la guerra in Kosovo senza l’autorizzazione dell’Onu, ci andammo evitando di ‘contarci’ sapendo che ci sarebbe stato il veto russo. Quindi, si decise di non rimarcare questa divisione. E questo fece sì che l’Onu si sia potuta inserire immediatamente nel dopo-guerra. Ora, in queste condizioni il rischio è che se l’Onu viene spaccata da un veto francese, soprattutto, più che russo, all’interno del Consiglio di Sicurezza, l’Onu si troverà di fatto molto in difficoltà anche a gestire il dopo-crisi in Iraq, e questo sarebbe un elemento letale. Vorrebbe, infatti, dire sostanzialmente che l’Onu non serve neanche all’unico scopo vero a cui è servito in questi 50 anni, cioè a far decantare le crisi, ottenere attorno alle crisi stesse un minimo di convergenza dal punto di vista politico.

 

D. – Ecco, proprio in tale contesto, la crisi irachena con i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro potrebbe dare l’abbrivio ad una riforma del Consiglio di Sicurezza, più volte evocata, ma sempre rimasta nel mondo delle idee?

 

R. – E’ difficile! Vediamo gli scenari possibili: o vincono gli americani dicendo che i francesi, alla fine, per motivi di realpolitik, non mettono il veto. Dico i francesi perché gli americani contano ancora di recuperare, in qualche modo, la non-ostilità russa, perché il ministro degli esteri ha parlato tante volte, ma Putin non ha ancora detto niente e in Russia è Putin che decide, non è il ministro degli Esteri. Allora, il vero problema sono i francesi. La Francia si è molto sbilanciata. Ma supponiamo che Parigi rientri dalla sua posizione. L’Onu va avanti così, perché questo Consiglio con i cinque membri permanenti fotografa una realtà che sopravvaluta molto almeno una potenza, e questa è la Francia. Tutti gli altri, tutto sommato, non dico che hanno da guadagnare dalla fine dell’Onu: tutti perdiamo se l’Onu dovesse perdere di rilevanza. Però, la potenza americana, la ricrescente potenza russa, la buona potenza inglese, la crescente potenza cinese sono realtà di fatto: non hanno bisogno di un Consiglio di Sicurezza in cui hanno un diritto di veto. Allora, in questo primo scenario la Francia neanche per sogno sarebbe disposta a provvedere ad una riforma del Consiglio di Sicurezza. Se gli Stati Uniti dovessero perdere, allora, a quel punto il problema non si pone perché vuol dire che gli americani hanno riformato il Consiglio di Sicurezza di fatto, privandolo di qualsiasi potere politico e decidendo per conto proprio. Le riforme di cui si è parlato tante volte in passato erano riforme tese a rendere l’Onu un po’ più al passo con i tempi e un po’ più democratica. La cosa vera che sta saltando fuori è che per metterla al passo con i tempi bisogna renderla meno democratica, e questo è un problema grosso!

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ERRATA CORRIGE:

 

Nel bollettino del 9 marzo, all’interno dell’intervista “Il mondo della solidarietà si mobilita per far fronte all’emergenza guerra in Iraq”, al termine della seconda risposta leggasi: “... potrebbero essere fatali per centinaia di migliaia di persone”.

 

 

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

12 marzo 2003

 

 

I RAPPRESENTANTI DELLE CONFERENZE DEI SUPERIORI MAGGIORI

DEGLI ORDINI MASCHILI E FEMMINILI SI SONO RIUNITI IERI A COLLEVALENZA

PER L’ASSEMBLEA CHE SI CONCLUDERÀ IL PROSSIMO 14 MARZO

- A cura di padre Egidio Picucci -

 

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COLLEVALENZA. = I segretari ed i presidenti regionali e diocesani delle Conferenze dei Superiori maggiori maschili e femminili – Cism e Usmi – si sono riuniti da ieri a Collevalenza. Hanno riflettuto insieme su come responsabilizzare gli organismi periferici delle Conferenze, cioè presidenti, segretari regionali e diocesani, alla luce dell’Esortazione apostolica “Vita Consacrata”. L’obiettivo è quello rilanciare così una significativa presenza delle Conferenze stesse nelle Chiese locali. Sorte per dare un contributo alla comunione nel rispetto e nella valorizzazione delle specificità dei vari carismi - come si legge nell’Esortazione apostolica - le Conferenze, che per la prima volta si riuniscono in Assemblea congiunta, intendono trovare i mezzi idonei perché gli Istituti possano aiutarsi maggiormente a scoprire il disegno di Dio. Nella riunione sarà stata evidenziata l’importanza di instaurare con le Conferenze episcopali dei singoli Paesi un rapporto stabile, attivo e fiducioso. All’Assemblea, organizzata dalle due Conferenze e che si concluderà venerdì 14 marzo, partecipano 160 religiosi, tra i quali presidenti, segretari diocesani e regionali. Le religiose rappresentano 64 istituti dei 650 appartenenti all’Unione Superiore Maggiori (Usmi). I religiosi, invece, rappresentano 25 dei 120 che fanno capo all’Unione Superori Maggiori (Cism). La nascita delle Conferenze risale al pontificato di Pio XII, e sorsero per promuovere più efficacemente i rapporti con la gerarchia ecclesiastica e far fronte al costituirsi degli Stati nazionali e nazionalistici che mettevano in questione la libertà della Chiesa e degli Istituti religiosi. Attualmente, le Conferenze sparse nel mondo sono 168 e precisamente: 51 in Europa, 57 in Africa, 6 nell’America settentrionale, 11 nell’America centrale, 10 nell’America meridionale, 27 in Asia e 6 in Oceania.

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LA RELATRICE SPECIALE PER L’EX ZAIRE DELLA COMMISSIONE DEI DIRITTI UMANI

DELLE NAZIONI UNITE, JULIA MOTOC, HA AVANZATO IERI LA PROPOSTA

DI UN TRIBUNALE SPECIALE PER GIUDICARE I CRIMINI

COMMESSI NEL PAESE DAL 1996 AD OGGI

 

KINSHASA. = Una corte speciale per giudicare i crimini commessi nella Repub-blica democratica del Congo dal 1996 al 2002. È la proposta avanzata ieri dalla relatrice speciale per l’ex Zaire della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite, Julia Motoc, che ha sottolineato come sia “venuto il tempo di mettere fine alla cultura dell’impunità”. L’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani (Acnur) si impegnerà per studiare i meccanismi che permettano di “giudicare e punire gli autori di crimini commessi contro l’umanità”. Si dovrebbe trattare di un tribunale speciale misto, composto da giudici congolesi indicati dal governo e da altri togati scelti invece dalla comunità internazionale. La responsabile dell'Onu ha voluto comunque precisare che tale assise avrà la propria sede a Kinshasa e non si sovrapporrà alla Corte penale internazionale, che giudicherà i crimini contro l’umanità commessi dopo il luglio 2002. “Sono già stati attivati alcuni programmi per riformare la giustizia congolese”, ha sottolineato Julia Motoc, aggiungendo che il capo di Stato Joseph Kabila è favorevole a tale iniziativa. A scatenare questa “sete di giustizia”, sono state le violenze commesse tra ottobre e dicembre 2002 nell’Ituri, la martoriata regione nordorientale dell’ex Zaire. Dopo le numerose denunce delle scorse settimane di ingenti spostamenti di truppe e i reiterati allarmi, l’Ituri è tornato ad essere teatro di violenti scontri anche in questi giorni. “In questa area del Paese molte operazioni militari si sono trasformate in massacri di civili ed in altri gravi abusi”. Con queste parole l’Organizzazione mondiale Human Rights Watch (Hrw) ha lanciato ieri l’allarme sulla possibilità che gli scontri militari possano coinvolgere anche la popolazione. “I comandanti militari ed i leader politici - si legge nel comunicato diffuso da Hrw  - non solo hanno il potere di prevenire questo tipo di violazioni del diritto internazionale, ma hanno anche il dovere di farlo”. Lo scenario della Repubblica democratica del Congo è reso ancora più drammatico dalle centinaia di morti provocate, negli ultimi giorni, dall’epidemia di ebola. Nell’ultimo bilancio diffuso dalle autorità sanitarie di Brazzaville, sono 98 le vittime del virus. Nei giorni scorsi a Brazzaville si è svolta una riunione di esperti internazionali di ebola, che ha messo a punto un programma di lotta contro il virus che periodicamente torna a manifestarsi nelle zone settentrionali del Congo. (A.L.)

 

 

“I CRISTIANI DOVREBBERO ESSERE GLI AMBASCIATORI DELLA RICONCILIAZIONE”.

LO HA DETTO IL SEGRETARIO DEL CONSIGLIO MONDIALE DELLE CHIESE,

KONRAD RAISER, NEL CORSO DELL’INCONTRO, AVVENUTO AD ISLAMABAD

DAL 7 AL 9 MARZO, TRA I LEADER CRISTIANI E LE GUIDE ISLAMICHE

 

ISLAMABAD. = “I leader islamici dovrebbero ringraziare le Chiese ed i cristiani in Europa e negli Stati Uniti per la loro netta condanna ad un eventuale intervento militare in Iraq”. Lo ha detto il ministro degli affari Esteri del Pakistan, Mehmood Kasuri, al segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, Konrad Raiser, nel corso dell’incontro, avvenuto ad Islamabad dal 7 al 9 marzo, tra i leader cristiani e i rappresentanti del governo del Paese. Il presidente del Pakistan, Pervaiz Musharraf, ed il primo ministro, Zafar Ullah Jamali, hanno condiviso la tesi di Konrad Raiser secondo cui la questione irachena non può essere considerata uno scontro tra civiltà. Nel corso delle visite con le guide della Chiesa ed i rappresentanti della comunità cristiana del Pakistan, Konrad Raiser ha potuto constatare i loro timori per l’ipotesi di una guerra nel Golfo Persico. La comunità cristiana teme che un eventuale intervento militare in Iraq possa riaccendere focolai di intolleranza contro i cristiani locali, gli ospedali, le scuole ed altre istituzioni cattoliche. In una riunione con i rappresentanti della Chiesa e con i membri di un’associazione composta cristiani e musulmani, Konrad Raiser ha suggerito che le differenze fra le due comunità dovrebbero essere risolte attraverso il dialogo e la promozione della pace. “I cristiani – ha detto - dovrebbero essere gli ambasciatori della riconciliazione”. Nell’incontro con il presidente Mushurraf, il segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese ha ricordato che non sono ancora stati individuati i responsabili degli attacchi alle Chiese ed ai cristiani. Konrad Raiser ha inoltre evidenziato la necessità di formare una commissione indipendente per esaminare le rimostranze delle minoranze. Il presidente Musharraf ha dichiarato che l’impegno della comunità cristiana in vari settori, tra i quali soprattutto quelli della salute e della formazione, costituisce un prezioso contributo per l’intero Paese. (A.L.)

 

 

IN BURGUNDI, CINQUE MALVIVENTI HANNO ASSALTATO OGGI

LA CASA DEI CARMELITANI SCALZI A BUJUMBURA

 

BUJUMBURA. = Cinque uomini armati con pistole e fucili hanno assalito questa mattina la casa dei Carmelitani Scalzi della Provincia di Cracovia nella capitale del Burundi, Bujumbura. Con la scusa di poter ricevere il sacramento della riconciliazione, uno dei cinque è entrato nella casa ed ha favorito l’ingresso degli altri quattro. I malviventi hanno quindi costretto i sei religiosi presenti nella casa a sdraiarsi a terra, mentre chiedevano che venisse consegnato loro del denaro. I cinque uomini si sono poi accaniti contro il superiore polacco, padre Damian Fedor, colpito con calci e pugni e minacciato di morte. Ad interrompere l’assalto sono state alcune persone che hanno suonato al campanello della casa. I malviventi, spaventati, hanno cercato di scappare, ma uno di essi è stato immobilizzato dagli stessi frati con l’aiuto delle persone del quartiere, e consegnato alla polizia. Padre Damian Fedor è stato subito portato all’ospedale, dove gli è stata medicata un ferita al gomito. (M.A.)

 

 

PER LA PRIMA VOLTA IN CINQUANT’ANNI UN GRUPPO DI CATTOLICI NORDCOREANI

HA PARTECIPATO AD UNA EUCARISTIA A SEUL: E’ ACCADUTO IN OCCASIONE DI UN VIAGGIO COMPIUTO PER COMMEMORARE L’INDIPENDENZA DEL 1945

 

SEUL. = Avvenimento storico per la Chiesa coreana: un gruppo di cattolici provenienti dalla Corea del Nord ha potuto assistere, per la prima volta a Seul dopo cinquant’anni, alla Santa Messa. Diciassette fedeli nordcoreani hanno partecipato due domeniche fa nella cattedrale di Myongdong ad una Eucaristia presieduta dal vescovo ausiliare di Seul, Lucas Kim Un-hoe. Durante l’omelia il presule ha detto che l’evento rappresenta un passo avanti importante nella riconciliazione nazionale e nel processo di riunificazione. Secondo il segretario esecutivo della Conferenza Episcopale della Corea, Paul Han Jung kwan, invece, è stato molto significativo che i cattolici nordcoreani si siano uniti a quelli sudcoreani dopo 50 anni di divisione del paese. Erano infatti 1200 i fedeli sudcoreani presenti alla celebrazione. Secondo dati della Agenzia Fides, la Chiesa cattolica in Corea del Nord conta circa 3 mila fedeli, non ha sacerdoti, né religiosi o suore da oltre cinquant’anni, quando tutti i missionari furono espulsi. Il gruppo dei diciassette cattolici del Nord era parte di una delegazione di 105 fedeli di diverse religioni che sono arrivati a Seul per commemorare il movimento indipendentista che liberò la Corea dai giapponesi nel 1945. (M.A.)

 

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24 ORE NEL MONDO

12 marzo 2003

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

 

Il primo ministro inglese Tony Blair ha affermato stamani che  tenterà di trovare le basi di un compromesso per una seconda risoluzione sull'Iraq che autorizzi il ricorso alla forza. A Francia e Russia, che in merito  hanno informato di voler fare ricorso al veto, Blair ha chiesto di riconsiderare la loro decisione, affermando che i due paesi minacciano l’unità delle Nazioni Unite. Ieri intanto il direttore della sala stampa della Santa Sede, Navarro Valls, ha smentito “pienamente”  la presunta iniziativa della Santa Sede e di alcuni paesi arabi, orientata ad ottenere l’esilio di Saddam Hussein. “Questa informazione – ha detto Navarro Valls – è destituita di ogni fondamento”. Prosegue intanto la pressione del presidente americano Bush sugli altri capi di Stato, come ci riferisce Paolo Mastrolilli.

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Mentre la Casa Bianca insiste sulla volontà di arrivare ad un voto nel Consiglio di Sicurezza entro la settimana, la Gran Bretagna ha detto che la scadenza del 17 marzo potrebbe essere spostata di dieci giorni alla fine del mese, ma non oltre. Nello stesso tempo Londra ha proposto di imporre una serie di test all’Iraq per dimostrare con atti pratici che Saddam ha deciso di disarmare. Se le risposte fossero positive gli ispettori dell’Onu riceverebbero più tempo per completare il loro lavoro. Il presidente Bush intanto ha ripreso la sua azione di lobby telefonando a vari capi di Stato che hanno in mano alcuni dei voti decisivi. Francia e Russia hanno giudicato in maniera positiva il rinvio del voto, ma hanno accolto con scetticismo le proposte britanniche di compromesso ribadendo che non accetteranno, comunque, una risoluzione che imponga ultimatum o stabilisca un meccanismo automatico  per l l’inizio della guerra.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Anche i sei Paesi del Consiglio di Sicurezza ancora indecisi sull'autorizzazione ad una guerra in Iraq hanno intanto proposto un ultimatum di altri 45 giorni per il disarmo iracheno. Tra questi sei Paesi figurano Angola, Camerun e Guinea, visitati nei giorni scorsi dal ministro degli Esteri francese, De Villepin, per raccogliere adesioni al rifiuto dell'uso della forza contro Baghdad. Secondo Parigi, Guinea e Camerun sarebbero orientati per un’astensione in seno al Consiglio di Sicurezza. Ma quanto incide sulla posizione all’Onu dei Paesi africani il fattore economico? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Angelo Turco, docente di Geografia politica all’Università dell’Aquila ed analista delle dinamiche internazionali in Africa:

 

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R. - Il fattore economico e il fattore politico incidono in eguale misura. Gli Stati Uniti possono condizionare finanziariamente questi tre Paesi, ma non  dimentichiamo che la Francia resta il primo Paese mondiale quanto a flusso di risorse e di aiuti che destina all’Africa.

 

D. - Cosa può offrire in particolare la Francia a questi Paesi?

 

R. - Può offrire un partenariato politico importante in una fase nella quale stanno decollando sia l’Unione Africana, che il Nepad, il nuovo partenariato per lo sviluppo africano e può concludere degli accordi economici per favorire situazioni i sviluppo dei singoli Stati.

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 Il primo ministro serbo Zoran Djindjic è morto oggi in un attentato a Belgrado, vicino alla sede del governo serbo. E’ quanto riferisce la televisione “studio B”. L’uomo, dopo essere stato ferito allo stomaco e alle spalle, è stato trasportato di urgenza in ospedale dove le cure dei medici non sono purtroppo arrivate in tempo. Si ricercano ora i tre uomini sospettati dell’attentato che, stando ai testimoni, erano armati di pistole e di  un fucile automatico.

L'Europa non deve costruirsi in  contrapposizione con gli Stati Uniti: è quanto ha detto ieri a Strasburgo il presidente della Commissione europea Romano Prodi, parlando delle conseguenze della crisi irachena. Prodi ha poi definito “gravissima” la crisi che in Iraq potrebbe generare una guerra  nelle prossime settimane.

 

Accordo praticamente fatto tra Nato e Unione Europea per il passaggio di consegne della missione internazionale nei Balcani. I Quindici si preparano a rilevare le operazioni per il mantenimento della pace nella regione, che attualmente vengono svolte dall’Alleanza Atlantica. L’annuncio è stato fatto ieri a Bruxelles dal segretario generale della Nato, Robertson, e dall’alto rappresentante per la sicurezza europea, Solana. Emiliano Bos:

 

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Entro la fine del mese l’Unione potrà già prendere in carico la responsabilità per la missione in Macedonia. Mancano soltanto pochi dettagli tecnici ad un’intesa che, come ha spiegato lo stesso Robertson, è stata raggiunta virtualmente ma che in poche settimane potrebbe concretizzarsi. L’Europa per la prima volta si appresta a svolgere un ruolo diretto nelle operazioni per il mantenimento della pace nello scacchiere balcanico. Secondo Solana, alla fine di maggio, l’avvicendamento potrebbe già essere completato. Dall’agosto del 2001 la Nato è presente nella Repubblica macedone per garantire  il rispetto degli accordi che posero fine ai contrasti interetnici tra la componente slava  e quella albanese. Il passaggio di consegne dalle truppe atlantiche all’Unione europea avrebbe dovuto svolgersi già l’anno scorso ma si è dovuto attendere l’assenso della Turchia, partner della Nato. Sul terreno verranno infatti utilizzate comunque le strutture dell’alleanza Atlantica. La missione targata UE conterà su circa 300-400 uomini e sarà guidata dal vice comandante supremo delle forze della Nato in Europa.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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C’è attesa in Turchia per la formazione del governo che sarà formato dal neo designato premier Recep Tayyip Erdogan. Al nuovo esecutivo spetterà la decisione se concedere o meno spazi terrestri agli Stati Uniti in caso di attacco all’Iraq.

 

La Corte europea dei diritti umani ha condannato oggi la Turchia per “trattamento disumano” e “processo iniquo” in merito alla condanna a morte nel 1999 del leader curdo Abdullah Ocalan per “tradimento e separatismo”. Nel 1999, Ocalan è stato condananto alla pena capitale, commutata in ergastolo nel 2002 dopo l'abolizione della pena di morte in Turchia.

 

Medio Oriente. Nuove violenze nei territori, mentre si attende l’avallo del leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat sulla nomina del sessantottenne Abu Mazen a primo ministro. Sul terreno, intanto, si registra ancora un episodio di sangue. Un soldato israeliano e un palestinese sono morti stamani nello scontro a fuoco divampato a Saida, fra Tulkarem e Nablus, in Cisgiordania.

 

Ci spostiamo nelle Filippine dove un militante del Fronte islamico di liberazione Moro è stato arrestato a Manila perché sospettato di saper preparare attentati dinamitardi nel caso di un attacco americano all’Iraq. L'uomo aveva con sé due bombe a mano e un telefono cellulare con numeri di presunti estremisti islamici.

 

Una buona notizia: l’Italia ha rinunciato ad incassare i debiti esteri di Burkina Faso e Sierra Leone: rispettivamente 11,85 e 15,41 milioni di euro. Gli accordi separati con i due paesi africani sono stati sottoscritti ieri a Roma. Il denaro liberato dalla cancellazione del debito sarà ora utilizzato ad individuare i settori verso cui dirigere gli sforzi ai fini di risollevare le economie nazionali.

 

 

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