RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 71 - Testo della
Trasmissione mercoledì 12 marzo 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Riuniti a Collevalenza i
superiori degli ordini religiosi maschili e femminili d’Italia
In Burgundi, cinque malviventi
hanno assaltato oggi la casa dei carmelitani scalzi a Bujumbura
Crisi irachena: Blair auspica una seconda
risoluzione che approvi l’uso della forza in Iraq. Contrarie Francia e Russia
Morto in un attentato a Belgrado il primo ministro
serbo Zoran Djindjic, aperta la caccia ai tre sicari
L’Italia ha annullato il debito estero a Burkina
Faso e Sierra Leone.
12 marzo 2003
IL VOLTO PATERNO E MATERNO DI DIO CHE SI CHINA
SULL’UOMO FERITO
NELLE
MEDITAZIONI DI MONS. ANGELO COMASTRI
AGLI
ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO
-
Servizio di Giovanni Peduto -
**********
Il Papa
è in Esercizi Spirituali assieme ai suoi collaboratori della Curia Romana.
Pertanto non vi è stata l’udienza generale della mattina. Il predicatore degli
Esercizi, l’arcivescovo prelato di Loreto Angelo Comastri, nelle meditazioni
tra ieri pomeriggio e questa mattina ha approfondito la tematica dell’alleanza
di Dio offerta agli uomini con i profeti Osea, Geremia, Ezechiele e poi con il
suo stesso figlio Gesù Cristo. Ecco una sintesi offertaci dallo stesso mons.
Comastri …
In questo giorno, ormai i nostri occhi sono rivolti a
Gesù. Noi fissiamo il volto di Gesù nella certezza che Gesù è il Figlio di Dio
e quindi Gesù è colui che manifesta Dio ed è l’unico che può manifestare Dio
pienamente. Nella Lettera agli Ebrei all’inizio è scritto: “Dio ha parlato
tante volte e in molte maniere, in molti modi, in molti tempi, attraverso i
profeti; ma in questi tempi che sono
gli ultimi, ha parlato a noi attraverso il Figlio”. Allora noi guardiamo Gesù e guardando Gesù scopriamo il mistero
di Dio. Ed ecco la sorpresa: guardando Gesù noi ci accorgiamo che il volto di
Dio è completamente diverso da come noi lo immaginiamo. Padre Werenfried, il
famoso padre lardo, una volta se ne uscì con questa esclamazione:
“L’uomo è molto migliore di come noi lo pensiamo, ma – permettetemi dirlo –
(sono sempre parole del padre Werenfried) anche Dio è molto migliore di come
noi lo pensiamo”.
Ed è guardando Gesù che noi ci accorgiamo della verità di
questa afferma-zione …
Un giorno Gesù si trovò di fronte diverse persone che mormoravano e la
mormorazione ha sempre accompagnato il viaggio di Gesù tra gli uomini. Ma
perché mormoravano? Perché Gesù era troppo buono. Ciò che colpiva era la sua
eccessiva bontà e c’è in Luca, capitolo 15.mo, una introduzione al capitolo che
è singolare. Dice l’evangelista: “Mormoravano – il verbo è all’imperfetto, il
che vuol dire che lo facevano da tempo; stavano mormorando, lo facevano in
continuazione – e dicevano (ecco la mormorazione): costui pende verso i
peccatori (questo era scandaloso) e mangia con loro. Scandalizzava questo:
pende verso i peccatori e mangia con loro. Questo è un assurdo, questo non può
venire da Dio. Ed ecco la risposta di Gesù: voi non conoscete Dio.
Questa è la premessa che Gesù non dice ma la fa capire.
Dio è come un pastore che avendo 100 pecore, se ne perde una, non dice “mi
bastano 99”, ma esce dall’ovile e va a cercare la pecora perduta …
Quando l’ha ritrovata, non la prende a calci, ma se la
mette sulle spalle e tutto felice se la riporta all’ovile. Così vi dico: c’è
più gioia in cielo per un solo peccatore. Questo è il mistero di Dio. C’è più
gioia in cielo per un solo peccatore che si converte che per 99 giusti che non
hanno bisogno di penitenza. E Gesù aggiunge un’altra parabola: Dio è come una
donna che ha dieci monete preziose, perde una moneta e perde la pace. Ma come,
Dio è dietro questa immagine? A noi sembra paradossale, ma è Gesù che l’ha
usata. Sì, Dio è come questa donna che quando perde una moneta preziosa, perde
la pace.
La moneta preziosa per Dio è l’uomo. Davanti a Dio siamo
preziosi …
Davanti a Dio, ognuno di noi è prezioso e questa certezza
deve riempirci il cuore di una immensa consolazione. Ma Gesù aggiunge un’altra
parabola. Dio è come un padre. Un padre che ha due figli e paradossalmente
tutti e due i figli scappano. Voi direte: ma no, è scappato uno solo! No, no!
Sono scappati tutti e due. Il primo scappa fisicamente, l’altro scappa con il
cuore. Ma tutti e due scappano. E’ un padre ferito, un padre con il cuore
sanguinante. E cosa fa questo padre? Quando il figlio che gli ha sbattuto la
porta in faccia ritorna, nel testo greco di San Luca è scritto: il padre lo
vide da lontano e si commosse. Il verbo che usa fa riferimento alle viscere
femminili. Si commosse profondamente, come una donna, come una madre e mentre
correva gli cadde sul collo e lo baciò appassionatamente. E’ meraviglioso il
volto di questo padre! E quando il secondo figlio rivela il cuore diverso da
quello del padre – è un figlio che è scappato anche quello – dice il Vangelo
che il padre uscì a pregarlo.
E’ paradossale questo volto di Dio. Dio è amore e l’unica
forza che Dio ha è la forza dell’amore, è l’onnipotenza dell’amore …
Questa è la grande notizia cristiana. Questo è il Vangelo,
la bella notizia che possiede solo il cristianesimo, e l’annuncia soltanto il
cristianesimo, perché il cristianesimo non è una religione costruita dagli
uomini ma è una rivelazione che viene da Dio.
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UN MANIFESTO PER L’IMPEGNO
ETICO DEI RICERCATORI IN AMBITO BIOMEDICO
PER
UNA MEDICINA UMANIZZATA
PROPOSTO
DALLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
- A
cura di Carla Cotignoli -
“Una proposta di impegno etico per i ricercatori in ambito
biomedico” viene lanciata dalla Pontificia Accademia per la Vita, quale “frutto
concreto” dei lavori assembleari svolti dal 24 al 26 febbraio scorso a Roma. Si
tratta di un manifesto, pubblicato oggi in appendice al comunicato finale della
IX Assemblea generale incentrata su “Etica della ricerca biomedica. Per una
visione cristiana”.
E’ “una proposta aperta” rivolta a tutti i ricercatori e
operatori della ricerca nell’area biomedica e bioetica, un primo passo verso
l’“elaborazione di un vero e proprio codice deontologico per i ricercatori”.
Potrebbe rappresentare “un segno di speranza e di impegno – si legge nella
premessa - per una medicina
veramente ‘umanizzata’, a servizio
della persona umana, nel pieno rispetto della sua dignità e dei suoi diritti
dal primo momento della sua esistenza fino alla sua morte naturale”.
Sette i punti del manifesto. Il primo impegno riguarda
il “rigore scientifico della metodologia di ricerca”. No a ricerche
condizionate da “conflitto d’interesse dal punto di vista personale,
professionale od economico”. Sì, a ricerca e applicazioni basate sul principio
“bontà morale”, che tiene conto “della duplice dimensione corporale e
spirituale dell’uomo”.
Riguardo
alla sperimentazione viene riconosciuto che il passaggio dalla fase
sperimentale sull’animale a quella clinica sull’uomo deve avvenire solo quando
vi sono sufficienti garanzie circa l’innocuità o l’accettabilità degli
eventuali danni e rischi che tale sperimentazione implicasse.
Circa la legittimità della sperimentazione clinica
sull’uomo, tra le condizioni, viene indicata “in primo luogo, la salvaguardia
della vita e dell’integrità fisica dei soggetti umani sottoposti ad essa”.
“Occorrerà poi – si legge – che la sperimentazione sia sempre preceduta da una
doverosa, corretta e completa informazione sul significato e sugli sviluppi
della stessa”. Viene poi dichiarato l’impegno a trattare “ogni persona che
aderisce ad una sperimen-tazione come soggetto libero e responsabile e mai come
mero mezzo per il conseguimento di altri fini”. Così come viene precisato il
dovere di ottenerne “il libero consenso informato”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Conquistare la pace con le
armi della pace”, è il titolo dell'articolo di Ferdinando Montuschi che apre il
giornale: il testo viene ad arricchire la riflessione quaresi-male ispirata
alla “mobilitazione penitenziale per la pace”.
Per
l'Anno del Rosario un pensiero tratto dal Messaggio del Papa per la Giornata
Mondiale della Gioventù; il titolo del pensiero è: “Non vergognatevi”.
Riguardo all'Iraq, si rileva
che gli Stati Uniti sono disposti a far slittare l'ultima-tum in cambio
dell'appoggio ad una nuova risoluzione.
E’ morto il primo ministro
serbo, vittima di un grave attentato a Belgrado.
Nelle vaticane, un articolo di
Giampaolo Mattei dal titolo: “Nel cuore di Cuba si è avvertita la presenza
spirituale del Papa”: l’apertura della Casa brigidina all'Avana, benedetta dal
cardinale Crescenzio Sepe, è un segno di speranza nella viva memoria del
pellegrinaggio apostolico compiuto cinque anni fa da Giovanni Paolo II.
Una pagina sulla IX Assemblea
generale della Pontificia Academia Pro Vita.
Una pagina dedicata al beato
Daniele Comboni (1831-1881): una vita interamen-te dedicata alla missione.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: scontro a fuoco causa due morti.
Nella Repubblica del Congo, il
virus Ebola ha provocato finora cento morti.
Aiea: conferenza sul
miglioramento della difesa da fonti radioattive; appello del direttore generale
dell'Agenzia, El Baradei, per maggiori controlli.
Nella pagina culturale, un
articolo di Pietro Borzomati dal titolo “Un’analisi minuziosa ma priva di un
approfondimento sulla spiritualità”: Giovanni Fontana vescovo di Ferrara
(1590-1611)
Una monografica dedicata al
primo convegno nazionale degli “Amici italiani di Maurice Blondel”: i
contributi di Paolo Miccoli e di Peter Henrici.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema del terrorismo.
In rilievo, poi, il
debito pubblico e la riforma della scuola.
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IL
DIGIUNO CRISTIANO PER LA PACE
-
Intervista con padre Jean Ilboudo -
La
Quaresima è per il cristiano tempo “forte” di preghiera, di digiuno e di
impegno verso quanti sono nel bisogno, occasione di seria revisione della propria vita a confronto con la Parola
di Dio. Lo scrive il Papa all’inizio del suo messaggio per la Quaresima di
quest’anno in cui ricorda al nostro mondo, “particolarmente sensibile alle
suggestioni dell’egoismo” che: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”. Ma,
dice ancora Giovanni Paolo II, “mentre entriamo nel periodo quaresimale, non
possiamo non tener conto dell’attuale contesto internazionale agitato da
tensioni di guerra”. Da qui l’invito
del Papa a digiunare e a pregare in particolare per la pace. Sul significato
religioso del digiuno Adriana Masotti ha intervistato padre Jean Ilboudo,
gesuita del Burkina Faso, Consigliere generale e assistente per l’Africa presso
la Curia generalizia della Compagnia di Gesù e autore di un volumetto intitolato:
“Il digiuno cristiano: una proposta per la Quaresima”.
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R. – Io
sono uno storico. Ho visto che nella Chiesa il digiuno era presente nei primi
secoli e adesso è praticamente sparito.Il Papa ha visto che il digiuno era un
tesoro della Chiesa cattolica e che dunque abbiamo perduto un tesoro. Il Papa
allora ce lo fa ritrovare, per esempio quando ha chiesto di digiunare per la
pace. Forse questo motivo può spingere molti cristiani a ritornare a
riconoscere che cosa è questo digiuno, che è una preghiera del corpo e dello
spirito. E’ una relazione del credente con Dio. Per questo lo ritroviamo in
diverse tradizioni religiose nella storia dell’umanità.
R. – Ma
cosa significa veramente digiunare?
D. – Il
digiuno è una persona che non prende del cibo. Ma questo è soltanto l’aspetto
materiale. C’è poi tutto un atteggiamento interiore. Una persona decide di
diventare debole non mangiando perché quando una persona è debole o povera si
appoggia a Dio soltanto. Il digiuno ci fa deboli perché vogliamo affermare che
non contiamo sulle nostre forze, ma su qualcun altro, sulla forza di Dio.
D. –
Padre Ilboudo, non mancano nella storia testimonianze di persone che hanno
fatto del digiuno un vero e proprio strumento ...
R. –
Un’arma veramente di riconciliazione con Dio, di pace interiore ed una via
verso la riconciliazione con gli altri. Il Mahatma Gandhi fu un esempio
veramente spettacolare del digiuno che ha portato unione, riconciliazione e
pace fra persone che erano in conflitto. Ma anche nella storia della Chiesa
abbiamo dei santi che hanno spesso fatto del digiuno un momento molto forte.
Hanno digiunato molto come via di unione con Dio. Lanza del Vasto anch’egli è
ricorso al digiuno come momento per condividere con coloro che sono nella povertà.
Un digiuno che è legato all’elemosina. Si digiuna per mettere da parte ciò che
si può spendere ma con l’intenzione di aiutare coloro che sono nel bisogno.
D. –
Lei ha scritto un libro in francese sul digiuno, già pubblicato in Africa. Ora
la traduzione in italiano. Ma è proponibile la pratica del digiuno in Africa?
R. – Si
può parlare con tranquillità di digiuno anche in Paesi dove c’è la fame, perché
coloro che sono poveri forse sono più aperti ai valori spirituali. Loro,
dunque, possono offrire questa mancanza di cibo, anche se non hanno molto, a
Dio. Io vedo che nei Paesi più ricchi è forse più difficile accogliere questo
invito al digiuno, perché hanno tutto.
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UN FORUM DI LAICI CRISTIANI RIUNITO A CRACOVIA
PER UN
DIBATTITO SUL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA
-
Servizio di Carla Cotignoli -
“Contribuire a trasformare un’unione di Stati in una
comunione di popoli e di cittadini d’Europa”. Questo il nostro compito di
cristiani. E’ quanto si legge nella dichiarazione finale firmata da 40
rappresentanti di organismi laicali europei come il Forum dei laici, la
Commissione economica e sociale, le Settimane sociali, e di associazioni a
livello nazionale dell’Est e Ovest europeo. Il documento è l’atto conclusivo
dell’incontro, svolto nei giorni scorsi a Cracovia, incentrato sul futuro dell’Unione
Europea. E’ stata messa a punto anche l’organizzazione di un grande meeting di
cristiani da tutta Europa previsto per settembre 2004. Il dibattito è stato
particolarmente concentrato sulla crisi internazionale, l’allargamento
dell’Unione e la Convenzione europea. Servizio di Carla Cotignoli.
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Della crisi internazionale, a Cracovia, è stata affrontata
in particolare la divisione della diplomazia europea. “Non possiamo rassegnarci
alla divisione – si legge – ma dobbiamo vivere questi momenti come
un’opportunità per capire meglio, attraverso il dialogo, il peso della storia
dei nostri singoli Paesi e il senso delle nostre differenze. Solo così si
potrà influire sulle relazioni
internazionali e orientarle verso la giustizia, la solidarietà e la pace”.
La dichiarazione finale declina in 8 punti le vie per
il superamento della crisi europea, e
il successo dell’allargamento dell’Unione Europea. Viene presa posizione in favore di una Costituzione democratica
nella prospettiva federale. Il rafforzamento dell’unità politica dell’unione –
si legge – è una condizione essen-zale per l’allargamento geografico.
Si insiste fortemente perché il Preambolo della
Costituzione riconosca l’eredità religiosa e culturale che hanno fortemente
contribuito a strutturare l’identità europea. L’Unificazione dell’Europa – si
legge ancora – è un progetto di ordine etico fondato sui valori del perdono e
riconciliazione, pace e libertà, diritto e giustizia, solidarietà tra ricchi e
poveri, tra forti e deboli. La dichiarazione ancora riconosce che la
convenzione europea sta compiendo seri sforzi per raggiungere un consenso che
superi lo status quo e gli interessi immediati dei governi. E ancora che sta
tenendo in debito conto le richieste essenziali presentate dalle Chiese,
comprese le organizzazioni dei laici cristiani.
La costituzione - si legge - deve dichiararsi fondata
ancora sul rispetto della dignità umana e della vita, la promozione del
matrimonio e della famiglia quale cellula base della società. Ancora, viene
ribadita la richiesta di una garanzia istituzionale dei diritti delle Chiese e
della comunità religiose, di quegli stessi diritti che già sono riconosciuti da
parte degli Stati membri in modo che non possano essere ridotti o rimessi in
questione da decisioni prese dall’Unione.
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IL
FUTURO DELLE NAZIONI UNITE IN GIOCO NELLA CRISI IRACHENA
-
Intervista con il prof. Vittorio Emanuele Parsi -
La
crisi irachena, con i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro, suscita nuovi
interrogativi sul futuro delle Nazioni Unite. Non c’è dubbio, infatti, che
dall’esito della crisi internazionale in corso potrebbero derivare delle
pesanti conseguenze per l’efficacia del sistema Onu. Pur non essendo la prima
volta che si registrano delle spaccature al Consiglio di sicurezza, la
situazione attuale – con la minaccia di veto da parte della Francia alla
risoluzione anglo-americana – presenta infatti delle caratteristiche inedite,
come spiega il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni
Internazionali all’Università Cattolica di Milano ed editorialista del
quotidiano Avvenire, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Diciamo subito che abbiamo avuto due tipi di crisi,
in precedenza, all’interno delle Nazioni Unite. Il primo tipo era quello, per
molti aspetti più scontato e quindi meno pericoloso, perché poi in realtà tutte
le parti in causa avevano strumenti per capire l’avversario e tornare a più
miti consigli. Si tratta delle crisi espresse dal sistema bipolare, quelle tra
Unione Sovietica e Stati Uniti. Per esempio la questione della guerra di Corea,
successivamente la crisi dei missili di Cuba. L’altro tipo di crisi, più raro e
più pericoloso – sempre ai tempi della Guerra Fredda – sono le crisi
intra-occidentali. La più grave di tutte sicuramente fu quella connessa alla
crisi di Suez nel ’56, che portò ad una lacerazione tra Francia ed Inghilterra,
da un lato, e Stati Uniti dall’altro. La gravità estrema e la novità di questa
crisi, rispetto a quelle del passato, è che non c’è un nemico comune che alla
fine ricompatta gli alleati occidentali. In realtà, c’è un nemico comune, sì,
che è il terrorismo interna-zionale; c’è la preoccupazione comune, sì, per un
regime come quello di Saddam, ritenuto da tutti un regime inaffidabile, però
non è nemico di tutti, quindi questa crisi è particolarmente grave.
D. – Kofi Annan si è affrettato a dichiarare che un veto
di Francia e Russia alla risoluzione sull’Iraq, presentata dagli
anglo-americani, non significherebbe la fine dell’Onu. Quali potrebbero essere,
allora, le conseguenze sull’efficacia del sistema delle Nazioni Unite?
R. – Kofi Annan ha ragione da un certo punto di vista, nel
senso che il veto russo-francese non significherebbe semplicemente lo
scioglimento dell’Onu. Le istituzioni internazionali non si portano dal notaio
per scioglierle. Questo significa che probabilmente verrebbe a verificarsi un
fatto importantissimo: una crisi che la potenza unilaterale americana stava
cercando di risolvere da sola e che poi ha portato formalmente all’interno
delle Nazioni Unite per tentare di procacciarsi un consenso politico, ma anche
quindi accettando il rischio di una sconfitta in quella sede, ecco, quella
crisi torna ad essere risolta al di fuori delle Nazioni Unite. E’ la prima
volta che ciò si verifica, perché quando si fece la guerra in Kosovo senza
l’autorizzazione dell’Onu, ci andammo evitando di ‘contarci’ sapendo che ci
sarebbe stato il veto russo. Quindi, si decise di non rimarcare questa
divisione. E questo fece sì che l’Onu si sia potuta inserire immediatamente nel
dopo-guerra. Ora, in queste condizioni il rischio è che se l’Onu viene spaccata
da un veto francese, soprattutto, più che russo, all’interno del Consiglio di
Sicurezza, l’Onu si troverà di fatto molto in difficoltà anche a gestire il
dopo-crisi in Iraq, e questo sarebbe un elemento letale. Vorrebbe, infatti,
dire sostanzialmente che l’Onu non serve neanche all’unico scopo vero a cui è
servito in questi 50 anni, cioè a far decantare le crisi, ottenere attorno alle
crisi stesse un minimo di convergenza dal punto di vista politico.
D. – Ecco, proprio in tale contesto, la crisi irachena con
i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro potrebbe dare l’abbrivio ad una
riforma del Consiglio di Sicurezza, più volte evocata, ma sempre rimasta nel
mondo delle idee?
R. – E’ difficile! Vediamo gli scenari possibili: o
vincono gli americani dicendo che i francesi, alla fine, per motivi di realpolitik,
non mettono il veto. Dico i francesi perché gli americani contano ancora di
recuperare, in qualche modo, la non-ostilità russa, perché il ministro degli
esteri ha parlato tante volte, ma Putin non ha ancora detto niente e in Russia
è Putin che decide, non è il ministro degli Esteri. Allora, il vero problema
sono i francesi. La Francia si è molto sbilanciata. Ma supponiamo che Parigi
rientri dalla sua posizione. L’Onu va avanti così, perché questo Consiglio con
i cinque membri permanenti fotografa una realtà che sopravvaluta molto almeno
una potenza, e questa è la Francia. Tutti gli altri, tutto sommato, non dico
che hanno da guadagnare dalla fine dell’Onu: tutti perdiamo se l’Onu dovesse
perdere di rilevanza. Però, la potenza americana, la ricrescente potenza russa,
la buona potenza inglese, la crescente potenza cinese sono realtà di fatto: non
hanno bisogno di un Consiglio di Sicurezza in cui hanno un diritto di veto.
Allora, in questo primo scenario la Francia neanche per sogno sarebbe disposta
a provvedere ad una riforma del Consiglio di Sicurezza. Se gli Stati Uniti
dovessero perdere, allora, a quel punto il problema non si pone perché vuol
dire che gli americani hanno riformato il Consiglio di Sicurezza di fatto,
privandolo di qualsiasi potere politico e decidendo per conto proprio. Le riforme
di cui si è parlato tante volte in passato erano riforme tese a rendere l’Onu
un po’ più al passo con i tempi e un po’ più democratica. La cosa vera che sta
saltando fuori è che per metterla al passo con i tempi bisogna renderla meno
democratica, e questo è un problema grosso!
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ERRATA
CORRIGE:
Nel
bollettino del 9 marzo, all’interno dell’intervista “Il
mondo della solidarietà si mobilita per far fronte all’emergenza guerra in
Iraq”, al termine della seconda risposta leggasi: “... potrebbero essere fatali per centinaia di
migliaia di persone”.
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12
marzo 2003
I
RAPPRESENTANTI DELLE CONFERENZE DEI SUPERIORI MAGGIORI
DEGLI
ORDINI MASCHILI E FEMMINILI SI SONO RIUNITI IERI A COLLEVALENZA
PER
L’ASSEMBLEA CHE SI CONCLUDERÀ IL PROSSIMO 14 MARZO
- A
cura di padre Egidio Picucci -
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COLLEVALENZA. = I segretari ed i presidenti regionali e
diocesani delle Conferenze dei Superiori maggiori maschili e femminili – Cism e
Usmi – si sono riuniti da ieri a Collevalenza. Hanno riflettuto insieme su come
responsabilizzare gli organismi periferici delle Conferenze, cioè presidenti,
segretari regionali e diocesani, alla luce dell’Esortazione apostolica “Vita
Consacrata”. L’obiettivo è quello rilanciare così una significativa presenza
delle Conferenze stesse nelle Chiese locali. Sorte per dare un contributo alla comunione
nel rispetto e nella valorizzazione delle specificità dei vari carismi - come
si legge nell’Esortazione apostolica - le Conferenze, che per la prima volta si
riuniscono in Assemblea congiunta, intendono trovare i mezzi idonei perché gli
Istituti possano aiutarsi maggiormente a scoprire il disegno di Dio. Nella
riunione sarà stata evidenziata l’importanza di instaurare con le Conferenze
episcopali dei singoli Paesi un rapporto stabile, attivo e fiducioso.
All’Assemblea, organizzata dalle due Conferenze e che si concluderà venerdì 14
marzo, partecipano 160 religiosi, tra i quali presidenti, segretari diocesani e
regionali. Le religiose rappresentano 64 istituti dei 650 appartenenti
all’Unione Superiore Maggiori (Usmi). I religiosi, invece, rappresentano 25 dei
120 che fanno capo all’Unione Superori Maggiori (Cism). La nascita delle Conferenze
risale al pontificato di Pio XII, e sorsero per promuovere più efficacemente i
rapporti con la gerarchia ecclesiastica e far fronte al costituirsi degli Stati
nazionali e nazionalistici che mettevano in questione la libertà della Chiesa e
degli Istituti religiosi. Attualmente, le Conferenze sparse nel mondo sono 168
e precisamente: 51 in Europa, 57 in Africa, 6 nell’America settentrionale, 11
nell’America centrale, 10 nell’America meridionale, 27 in Asia e 6 in Oceania.
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LA
RELATRICE SPECIALE PER L’EX ZAIRE DELLA COMMISSIONE DEI DIRITTI UMANI
DELLE
NAZIONI UNITE, JULIA MOTOC, HA AVANZATO IERI LA PROPOSTA
DI UN
TRIBUNALE SPECIALE PER GIUDICARE I CRIMINI
COMMESSI
NEL PAESE DAL 1996 AD OGGI
KINSHASA.
= Una corte speciale per giudicare i crimini commessi nella Repub-blica
democratica del Congo dal 1996 al 2002. È la proposta avanzata ieri dalla
relatrice speciale per l’ex Zaire della Commissione dei diritti umani delle
Nazioni Unite, Julia Motoc, che ha sottolineato come sia “venuto il tempo di
mettere fine alla cultura dell’impunità”. L’Alto Commissariato dell’Onu per i
diritti umani (Acnur) si impegnerà per studiare i meccanismi che permettano di
“giudicare e punire gli autori di crimini commessi contro l’umanità”. Si
dovrebbe trattare di un tribunale speciale misto, composto da giudici congolesi
indicati dal governo e da altri togati scelti invece dalla comunità
internazionale. La responsabile dell'Onu ha voluto comunque precisare che tale
assise avrà la propria sede a Kinshasa e non si sovrapporrà alla Corte penale
internazionale, che giudicherà i crimini contro l’umanità commessi dopo il
luglio 2002. “Sono già stati attivati alcuni programmi per riformare la
giustizia congolese”, ha sottolineato Julia Motoc, aggiungendo che il capo di
Stato Joseph Kabila è favorevole a tale iniziativa. A scatenare questa “sete di
giustizia”, sono state le violenze commesse tra ottobre e dicembre 2002
nell’Ituri, la martoriata regione nordorientale dell’ex Zaire. Dopo le numerose
denunce delle scorse settimane di ingenti spostamenti di truppe e i reiterati
allarmi, l’Ituri è tornato ad essere teatro di violenti scontri anche in questi
giorni. “In questa area del Paese molte operazioni militari si sono trasformate
in massacri di civili ed in altri gravi abusi”. Con queste parole
l’Organizzazione mondiale Human Rights Watch (Hrw) ha lanciato ieri
l’allarme sulla possibilità che gli scontri militari possano coinvolgere anche la
popolazione. “I comandanti militari ed i leader politici - si legge nel
comunicato diffuso da Hrw - non solo
hanno il potere di prevenire questo tipo di violazioni del diritto
internazionale, ma hanno anche il dovere di farlo”. Lo scenario della Repubblica
democratica del Congo è reso ancora più drammatico dalle centinaia di morti
provocate, negli ultimi giorni, dall’epidemia di ebola. Nell’ultimo bilancio
diffuso dalle autorità sanitarie di Brazzaville, sono 98 le vittime del virus.
Nei giorni scorsi a Brazzaville si è svolta una riunione di esperti
internazionali di ebola, che ha messo a punto un programma di lotta contro il
virus che periodicamente torna a manifestarsi nelle zone settentrionali del
Congo. (A.L.)
“I
CRISTIANI DOVREBBERO ESSERE GLI AMBASCIATORI DELLA RICONCILIAZIONE”.
LO HA
DETTO IL SEGRETARIO DEL CONSIGLIO MONDIALE DELLE CHIESE,
KONRAD
RAISER, NEL CORSO DELL’INCONTRO, AVVENUTO AD ISLAMABAD
DAL 7
AL 9 MARZO, TRA I LEADER CRISTIANI E LE GUIDE ISLAMICHE
ISLAMABAD. = “I leader islamici
dovrebbero ringraziare le Chiese ed i cristiani in Europa e negli Stati Uniti
per la loro netta condanna ad un eventuale intervento militare in Iraq”. Lo ha
detto il ministro degli affari Esteri del Pakistan, Mehmood Kasuri, al
segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, Konrad Raiser, nel
corso dell’incontro, avvenuto ad Islamabad dal 7 al 9 marzo, tra i leader cristiani
e i rappresentanti del governo del Paese. Il presidente del Pakistan, Pervaiz
Musharraf, ed il primo ministro, Zafar Ullah Jamali, hanno condiviso la tesi di
Konrad Raiser secondo cui la questione irachena non può essere considerata uno
scontro tra civiltà. Nel corso delle visite con le guide della Chiesa ed i
rappresentanti della comunità cristiana del Pakistan, Konrad Raiser ha potuto
constatare i loro timori per l’ipotesi di una guerra nel Golfo Persico. La
comunità cristiana teme che un eventuale intervento militare in Iraq possa
riaccendere focolai di intolleranza contro i cristiani locali, gli ospedali, le
scuole ed altre istituzioni cattoliche. In una riunione con i rappresentanti
della Chiesa e con i membri di un’associazione composta cristiani e musulmani,
Konrad Raiser ha suggerito che le differenze fra le due comunità dovrebbero
essere risolte attraverso il dialogo e la promozione della pace. “I cristiani –
ha detto - dovrebbero essere gli ambasciatori della riconciliazione”.
Nell’incontro con il presidente Mushurraf, il segretario generale del Consiglio
Mondiale delle Chiese ha ricordato che non sono ancora stati individuati i
responsabili degli attacchi alle Chiese ed ai cristiani. Konrad Raiser ha
inoltre evidenziato la necessità di formare una commissione indipendente per
esaminare le rimostranze delle minoranze. Il presidente Musharraf ha dichiarato
che l’impegno della comunità cristiana in vari settori, tra i quali soprattutto
quelli della salute e della formazione, costituisce un prezioso contributo per
l’intero Paese. (A.L.)
IN
BURGUNDI, CINQUE MALVIVENTI HANNO ASSALTATO OGGI
LA
CASA DEI CARMELITANI SCALZI A BUJUMBURA
BUJUMBURA.
= Cinque uomini armati con pistole e fucili hanno assalito questa mattina la
casa dei Carmelitani Scalzi della Provincia di Cracovia nella capitale del
Burundi, Bujumbura. Con la scusa di poter ricevere il sacramento della
riconciliazione, uno dei cinque è entrato nella casa ed ha favorito l’ingresso
degli altri quattro. I malviventi hanno quindi costretto i sei religiosi
presenti nella casa a sdraiarsi a terra, mentre chiedevano che venisse
consegnato loro del denaro. I cinque uomini si sono poi accaniti contro il
superiore polacco, padre Damian Fedor, colpito con calci e pugni e minacciato
di morte. Ad interrompere l’assalto sono state alcune persone che hanno suonato
al campanello della casa. I malviventi, spaventati, hanno cercato di scappare,
ma uno di essi è stato immobilizzato dagli stessi frati con l’aiuto delle
persone del quartiere, e consegnato alla polizia. Padre Damian Fedor è stato
subito portato all’ospedale, dove gli è stata medicata un ferita al gomito.
(M.A.)
PER LA
PRIMA VOLTA IN CINQUANT’ANNI UN GRUPPO DI CATTOLICI NORDCOREANI
HA
PARTECIPATO AD UNA EUCARISTIA A SEUL: E’ ACCADUTO IN OCCASIONE DI UN VIAGGIO
COMPIUTO PER COMMEMORARE L’INDIPENDENZA DEL 1945
SEUL. = Avvenimento storico per la Chiesa coreana: un
gruppo di cattolici provenienti dalla Corea del Nord ha potuto assistere, per
la prima volta a Seul dopo cinquant’anni, alla Santa Messa. Diciassette fedeli
nordcoreani hanno partecipato due domeniche fa nella cattedrale di Myongdong ad
una Eucaristia presieduta dal vescovo ausiliare di Seul, Lucas Kim Un-hoe.
Durante l’omelia il presule ha detto che l’evento rappresenta un passo avanti
importante nella riconciliazione nazionale e nel processo di riunificazione.
Secondo il segretario esecutivo della Conferenza Episcopale della Corea, Paul
Han Jung kwan, invece, è stato molto significativo che i cattolici nordcoreani
si siano uniti a quelli sudcoreani dopo 50 anni di divisione del paese. Erano
infatti 1200 i fedeli sudcoreani presenti alla celebrazione. Secondo dati della
Agenzia Fides, la Chiesa cattolica in Corea del Nord conta circa 3 mila
fedeli, non ha sacerdoti, né religiosi o suore da oltre cinquant’anni, quando
tutti i missionari furono espulsi. Il gruppo dei diciassette cattolici del Nord
era parte di una delegazione di 105 fedeli di diverse religioni che sono
arrivati a Seul per commemorare il movimento indipendentista che liberò la
Corea dai giapponesi nel 1945. (M.A.)
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12
marzo 2003
- A cura di Paolo Ondarza -
Il primo ministro inglese Tony
Blair ha affermato stamani che tenterà
di trovare le basi di un compromesso per una seconda risoluzione sull'Iraq che
autorizzi il ricorso alla forza. A Francia e Russia, che in merito hanno informato di voler fare ricorso al
veto, Blair ha chiesto di riconsiderare la loro decisione, affermando che i due
paesi minacciano l’unità delle Nazioni Unite. Ieri intanto il direttore della sala stampa della
Santa Sede, Navarro Valls, ha smentito “pienamente” la presunta iniziativa della Santa Sede e di alcuni paesi arabi,
orientata ad ottenere l’esilio di Saddam Hussein. “Questa informazione – ha
detto Navarro Valls – è destituita di ogni fondamento”. Prosegue intanto la
pressione del presidente americano Bush sugli altri capi di Stato, come ci
riferisce Paolo Mastrolilli.
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Mentre la Casa
Bianca insiste sulla volontà di arrivare ad un voto nel Consiglio di Sicurezza
entro la settimana, la Gran Bretagna ha detto che la scadenza del 17 marzo
potrebbe essere spostata di dieci giorni alla fine del mese, ma non oltre.
Nello stesso tempo Londra ha proposto di imporre una serie di test all’Iraq per
dimostrare con atti pratici che Saddam ha deciso di disarmare. Se le risposte
fossero positive gli ispettori dell’Onu riceverebbero più tempo per completare
il loro lavoro. Il presidente Bush intanto ha ripreso la sua azione di lobby
telefonando a vari capi di Stato che hanno in mano alcuni dei voti decisivi.
Francia e Russia hanno giudicato in maniera positiva il rinvio del voto, ma
hanno accolto con scetticismo le proposte britanniche di compromesso ribadendo
che non accetteranno, comunque, una risoluzione che imponga ultimatum o
stabilisca un meccanismo automatico per
l l’inizio della guerra.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Anche i sei Paesi del Consiglio di Sicurezza ancora indecisi
sull'autorizzazione ad una guerra in Iraq hanno intanto proposto un ultimatum
di altri 45 giorni per il disarmo iracheno. Tra questi sei Paesi figurano
Angola, Camerun e Guinea, visitati nei giorni scorsi dal ministro degli Esteri
francese, De Villepin, per raccogliere adesioni al rifiuto dell'uso della forza
contro Baghdad. Secondo Parigi, Guinea e Camerun sarebbero orientati per
un’astensione in seno al Consiglio di Sicurezza. Ma quanto incide sulla
posizione all’Onu dei Paesi africani il fattore economico? Giada Aquilino lo ha
chiesto ad Angelo Turco, docente di Geografia politica all’Università
dell’Aquila ed analista delle dinamiche internazionali in Africa:
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R. - Il fattore economico e il
fattore politico incidono in eguale misura. Gli Stati Uniti possono
condizionare finanziariamente questi tre Paesi, ma non dimentichiamo che la Francia resta il primo
Paese mondiale quanto a flusso di risorse e di aiuti che destina all’Africa.
D. - Cosa può offrire in particolare la Francia a questi
Paesi?
R. - Può offrire un partenariato
politico importante in una fase nella quale stanno decollando sia l’Unione
Africana, che il Nepad, il nuovo partenariato per lo sviluppo africano e può
concludere degli accordi economici per favorire situazioni i sviluppo dei
singoli Stati.
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Il primo ministro
serbo Zoran Djindjic è morto oggi in un attentato a Belgrado, vicino alla sede
del governo serbo. E’ quanto riferisce la televisione “studio B”. L’uomo, dopo
essere stato ferito allo stomaco e alle spalle, è stato trasportato di urgenza
in ospedale dove le cure dei medici non sono purtroppo arrivate in tempo. Si
ricercano ora i tre uomini sospettati dell’attentato che, stando ai testimoni,
erano armati di pistole e di un fucile
automatico.
L'Europa non deve costruirsi in contrapposizione con gli Stati Uniti: è quanto ha detto ieri a Strasburgo
il presidente della Commissione europea Romano Prodi, parlando delle
conseguenze della crisi irachena. Prodi ha poi definito “gravissima” la crisi
che in Iraq potrebbe generare una guerra
nelle prossime settimane.
Accordo praticamente fatto tra Nato e Unione Europea per
il passaggio di consegne della missione internazionale nei Balcani. I Quindici
si preparano a rilevare le operazioni per il mantenimento della pace nella
regione, che attualmente vengono svolte dall’Alleanza Atlantica. L’annuncio è
stato fatto ieri a Bruxelles dal segretario generale della Nato, Robertson, e
dall’alto rappresentante per la sicurezza europea, Solana. Emiliano Bos:
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Entro la fine del mese l’Unione potrà già prendere in
carico la responsabilità per la missione in Macedonia. Mancano soltanto pochi
dettagli tecnici ad un’intesa che, come ha spiegato lo stesso Robertson, è
stata raggiunta virtualmente ma che in poche settimane potrebbe concretizzarsi.
L’Europa per la prima volta si appresta a svolgere un ruolo diretto nelle
operazioni per il mantenimento della pace nello scacchiere balcanico. Secondo
Solana, alla fine di maggio, l’avvicendamento potrebbe già essere completato.
Dall’agosto del 2001 la Nato è presente nella Repubblica macedone per garantire il rispetto degli accordi che posero fine ai
contrasti interetnici tra la componente slava
e quella albanese. Il passaggio di consegne dalle truppe atlantiche
all’Unione europea avrebbe dovuto svolgersi già l’anno scorso ma si è dovuto
attendere l’assenso della Turchia, partner della Nato. Sul terreno verranno
infatti utilizzate comunque le strutture dell’alleanza Atlantica. La missione
targata UE conterà su circa 300-400 uomini e sarà guidata dal vice comandante
supremo delle forze della Nato in Europa.
Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.
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C’è
attesa in Turchia per la formazione del governo che sarà formato dal neo
designato premier Recep Tayyip Erdogan. Al nuovo esecutivo spetterà la decisione
se concedere o meno spazi terrestri agli Stati Uniti in caso di attacco
all’Iraq.
La Corte europea dei diritti umani ha condannato oggi la
Turchia per “trattamento disumano” e “processo iniquo” in merito alla condanna
a morte nel 1999 del leader curdo Abdullah Ocalan per “tradimento e
separatismo”. Nel 1999, Ocalan è stato condananto alla pena capitale, commutata
in ergastolo nel 2002 dopo l'abolizione della pena di morte in Turchia.
Medio Oriente. Nuove violenze nei territori, mentre si
attende l’avallo del leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat
sulla nomina del sessantottenne Abu Mazen a primo ministro. Sul
terreno, intanto, si registra ancora un episodio di sangue. Un soldato
israeliano e un palestinese sono morti stamani nello scontro a fuoco divampato
a Saida, fra Tulkarem e Nablus, in Cisgiordania.
Ci
spostiamo nelle Filippine dove un militante del Fronte islamico di liberazione
Moro è stato arrestato a Manila perché sospettato di saper preparare attentati
dinamitardi nel caso di un attacco americano all’Iraq. L'uomo aveva con sé due
bombe a mano e un telefono cellulare con numeri di presunti estremisti islamici.
Una buona notizia: l’Italia ha rinunciato ad incassare i
debiti esteri di Burkina Faso e Sierra Leone: rispettivamente 11,85 e 15,41
milioni di euro. Gli accordi separati con i due paesi africani sono stati
sottoscritti ieri a Roma. Il denaro liberato dalla cancellazione del debito
sarà ora utilizzato ad individuare i settori verso cui dirigere gli sforzi ai
fini di risollevare le economie nazionali.
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