RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 70 - Testo della Trasmissione martedì 11  marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Ecco la tua madre!”. Le ultime parole del Redentore all’apostolo Giovanni, riproposte dal Papa ai giovani per la loro 18.ma Giornata Mondiale, che si celebra il 13 aprile, Domenica delle Palme. Nel Messaggio del Santo Padre, reso noto oggi, l’invito a “non vergognarsi di recitare il Rosario” e a testimoniare “la vera pace” nei tempi attuali

 

La strada di Dio dentro la storia degli uomini, agli Esercizi Spirituali per il Papa e la Curia Romana: con noi, l’arcivescovo Angelo Comastri

 

Resi noti dall’arcivescovo Francesco Marchisano i risultati degli scavi per il nuovo parcheggio in Vaticano: trovati solo pochi reperti archeologici.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il ruolo insostituibile delle Nazioni Unite nell’attuale crisi irachena: intervista con il nostro direttore generale, padre Pasquale Borgomeo

 

Alla presenza di Kofi Annan, oggi all’Aja, il solenne giuramento dei giudici della Corte Penale Internazionale: ai nostri microfoni, il prof. Luigi Bonanate

 

L’incognita dei possibili profughi iracheni in caso di guerra, nelle anticipazioni del  Rapporto statistico della Caritas italiana e della fondazione Migrantes.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La chiamata dei cristiani a testimoniare la pace con la propria vita, in una Lettera pastorale dell’arcivescovo di Valencia, Augustìn Garcìa Gasco

 

Grave emergenza alimentare in Malawi, Mozambico, Madagascar, Etiopia ed Eritrea: secondo le agenzie umanitarie, milioni di persone rischiano la vita per la mancanza di cibo

 

Riunita da oggi a venerdì prossimo a Buenos Aires la Commissione permanente dell’episcopato argentino

 

Secondo l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, sarebbero più di un milione i rifugiati causati dalla guerra civile in Costa d’Avorio

 

L’Interpol ha chiesto l’estradizione dell’ex presidente del Perú, Alberto Fujimori, attualmente rifugiato in Giappone.

 

24 ORE NEL MONDO:

Tony Blair avverte: se Francia e Russia ponessero il veto sulla seconda risoluzione Onu, aiuterebbero Saddam “a cavarsela”

 

La situazione a Baghdad, nella testimonianza del giornalista Alberto Negri, da 50 giorni in Iraq

 

Tayyip Erdogan a breve nuovo premier della Turchia

 

Fallite le trattative per la riunificazione di Cipro.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 marzo 2003

 

 

IMPEGNARSI PER LA PACE, LA GIUSTIZIA E LA FRATERNITA’:

 E’ L’ESORTAZONE DI GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI, CONTENUTA NEL

MESSAGGIO PER LA PROSSIMA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’

 INCENTRATA SULLA FIGURA DI MARIA E LA PREGHIERA DEL ROSARIO

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“Ecco la tua Madre”. Per la 18.ma Giornata mondiale della Gioventù, il Papa sceglie un tema che si sposa con l’Anno del Rosario e nel messaggio - diramato oggi - per l’evento, che ricorre il 13 aprile prossimo, Domenica delle Palme, esorta i giovani ad impegnarsi per promuovere la pace e la giustizia invitandoli inoltre a seguire l’esempio di Maria per entrare in un “rapporto più vero e più personale con Gesù”. In vista del prossimo Incontro mondiale – previsto per il 2005 a Colonia, in Germania - il Papa ha quindi indicato i temi scelti per la prossima Gmg (la 19.ma), “Vogliamo vedere Gesù” e per la 20.ma, “Siamo venuti per adorarlo”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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In “questo tempo minacciato dalla violenza, dall’odio e dalla guerra”, testimoniate che solo Cristo “può donare la vera pace al cuore dell’uomo, alle famiglie e ai popoli della terra”. Giovanni Paolo II rivolge una viva esortazione ai giovani chiedendo loro di impegnarsi nel “ricercare e promuovere la pace, la giustizia e la fraternità”. Sottolineando come sulla Croce, Gesù “può riversare la sua sofferenza nel cuore della Madre”, così – dichiara – “ogni figlio che soffre ne sente il bisogno”. Anche nella sofferenza, allora, anche dinnanzi alla “solitudine”, gli “insuccessi” e le “delusioni” della vita “personale” e “professionale”, di fronte “alla violenza delle guerre e la morte degli innocenti” i giovani non sono soli. “Come a Giovanni ai piedi della Croce – avverte – Gesù dona anche a voi sua Madre, perché vi conforti con la sua tenerezza”.

 

Giovanni Paolo II non manca, d’altro canto, di ribadire come il Vangelo evochi “la dimensione spirituale di tale accoglienza, del nuovo legame che si instaura fra Maria e Giovanni”. Proprio Lei, aggiunge, “svolgendo il suo ministero materno, vi educa e vi modella fino a che Cristo non sia formato in voi pienamente”. Quindi, il Santo Padre – rammentando il suo motto pontificale Totus Tuus – parla con affetto della figura di Maria. Nella mia vita, rivela, ho “costantemente sperimentato” la “presenza amorevole ed efficace della Madre del Signore” che “mi accompagna ogni giorno nel compimento della missione di Successore di Pietro”. Esprime così l’auspicio che affidandosi a Maria ed “aperti al soffio dello Spirito”, i giovani divengano “apostoli intrepidi”, capaci di diffondere “il fuoco della carità e la luce della verità”. Il cristianesimo, tiene a rimarcare, “non è un’opinione e non consiste in parole vane”, ma è Cristo, una “Persona, è il Vivente”. Ecco allora la vocazione cristiana: “incontrare Gesù, amarlo e farlo amare”.

 

Il Papa volge poi l’attenzione al Rosario. Recitare questa antica preghiera mariana, spiega, significa “guardare Gesù con gli occhi di sua Madre”. “Non vergognatevi – dice il Papa ai giovani – di recitare il Rosario da soli, mentre andate a scuola, all’università o al lavoro, per strada e sui mezzi di trasporto pubblico” e ancora “non esitate a proporne la recita in casa”, poiché esso “ravviva e rinsalda i legami tra i membri della famiglia”. Questa preghiera, aggiunge, “vi aiuterà ad essere forti nella fede, costanti nella carità, gioiosi e perseveranti nella speranza”. Il Papa esorta perciò i giovani a rifuggire nella propria esistenza dall’ “egoismo” e la “pigrizia”. “Ora più che mai – avverte – è urgente che voi siate le sentinelle del mattino”. E conclude con parole di speranza e incoraggiamento: “l’umanità – afferma – ha un bisogno imperioso della testimonianza di giovani liberi e coraggiosi, che osino andare controcorrente e proclamare con forza ed entusiasmo la propria fede in Dio, Signore e Salvatore”.

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PROVVISTE DI CHIESE IN ARGENTINA E STATI UNITI.

RINUNCIA E SUCCESSIONE IN PERU’

 

Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Bahía Blanca, in Argentina, il presule mons. Guillermo José Garlatti, , finora vescovo di San Rafael. La sede di Bahía Blanca era vacante in seguito alla rinuncia dell’arcivescovo mons. Rómulo García, presentata nel giugno della scorso anno per limiti di età.

 

Negli Stati Uniti d’America, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Norwich, presentata dal vescovo mons. Daniel Anthony Hart, per limiti di età. Giovanni Paolo II ha quindi nominato vescovo di Norwich il presule mons. Michael Richard Cote, finora vescovo ausiliare della diocesi di Portland.

 

In Perú, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale del vicariato apostolico di San Ramón, presentata dal presule francescano mons. Julio Ojeda Pascual, dell’Ordine dei Frati Minori, in conformità alla norma canonica relativa a “infermità o altra grave causa”. Gli subentra un altro presule francescano, mons. Gerardo Zerdìn Bukovec, anch’egli dell’Ordine dei Frati Minori, finora coadiutore dello stesso vicariato apostolico.

 

 

IL PAPA IN PREGHIERA PER LA PACE NEL MONDO IN QUESTI ESERCIZI SPIRITUALI PREDICATI DALL’ARCIVESCOVO ANGELO COMASTRI. LE MEDITAZIONI SULLA PRESENZA

DI DIO NELLA STORIA, COME UNO SPOSO INNAMORATO DELL’UMANITA’

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Immerso negli Esercizi spirituali,il Pontefice prega per la pace nel mondo,  come ha promesso domenica all’Angelus. Ricordiamo che domani, mercoledì, non vi sarà l’udienza generale, per via, appunto, degli Esercizi predicati dall’arcivescovo prelato di Loreto, Angelo Comastri, che ci ha offerto sprazzi di sintesi delle meditazioni svolte ieri pomeriggio e questa mattina, che hanno mirato ad illustrare la strada di Dio dentro la storia degli uomini. Dio è entrato nella nostra storia. Ed è chiaro che entrando nella nostra storia Dio manifesta il suo volto...

 

Noi abbiamo scoperto che, mentre Dio percorre le vie degli uomini, manifesta un volto che non avremmo mai immaginato ed è il volto di una bontà, di una tenerezza, di una misericordia infinita. E’ meraviglioso il dialogo tra Dio e Mosè. Mosè, quando viene chiamato dal Signore presenta mille obiezioni, perché cerca di fuggire la vocazione, di fuggire la chiamata del Signore. In quel dialogo meraviglioso tra Dio e Mosè viene fuori un raggio di luce splendido, perché Mosè ad un certo punto dice: ”Io vado dagli Israeliti e dico ‘mi ha mandato Dio, mi ha mandato il Signore’. E se loro mi chiedono: ‘E come si chiama?’ Io cosa dirò?”. Allora Dio dà quella risposta che per molti è un enigma, mentre invece, letta bene e illuminata nel contesto, contiene un raggio di luce luminosissimo. Dio dice: “Tu dirai: Jahvè. Colui che è, mi ha mandato. Perché io sono colui che sono”.

 

Sembra un giochetto, ma il senso lo si capisce quando si illuminano queste parole con l’originale ebraico. Nella lingua ebraica il verbo essere non ha il significato astratto che ha per noi occidentali di oggi. Nella lingua ebraica il verbo essere significa esserci, essere accanto. Perché per il semita una persona c’è soltanto se è accanto. Se non è accanto è come se non ci fosse...

 

Allora Dio vuol dire a Mosè: “Guarda Mosè, io sono colui che è sempre accanto. Io sono colui che si è legato a voi, si è legato a te, si è legato ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe. Io sono quindi un Dio che ama”. Questo è il senso della rivelazione di Dio. Tanto è vero che sempre a Mosè, in un momento direi drammatico della sua vocazione di profeta, Mosè dice al Signore: “Senti Signore, fammi vedere la tua gloria”. E fammi vedere la tua gloria vuol dire fammi vedere il tuo volto. Il Signore risponde a Mosè: ”Guarda Mosè, tu non puoi vedere il mio volto, perché se tu vedessi il mio volto, se mi vedessi faccia a faccia, sarebbe finita la storia per te. Perché quando hai visto l’infinito, cos’altro puoi fare? E’ finita la storia. Tu in questo momento puoi vedere soltanto le mie spalle”. Allora, c’è quella pagina meravigliosa della Teofania, Dio che mette Mosè in una grotta, poi mette una mano davanti. Mosè non può vedere quando passa Dio, e solo quando Dio è passato può vedere le spalle. Come sono queste spalle di Dio?

 

E quindi cosa possiamo vedere di Dio fin da ora?...

 

E’ detto subito. Quando Mosè insiste: “Ma dimmi il nome”. Il Signore dice: “Io sono il Signore misericordioso e fedele”. Questo è il nome di Dio. Questa è la rivelazione di Dio. E nella storia della salvezza viene fuori che questa misericordia di Dio si scontra in continuazione con l’infedeltà dell’uomo: Dio ama l’uomo, ma l’uomo si stanca di Dio; Dio è come uno sposo innamorato dell’umanità, ma questa umanità è una sposa veramente stravagante, una sposa capricciosa. Addirittura, i profeti arriveranno a dire: “E’ una prostituta”.

 

E chi può amare una prostituta? ...

 

Ebbene, ecco il grande annuncio: Dio resta fedele. Dio è misericordioso e fedele. Osea ha scritto pagine incantevoli proprio su questo. E la storia di Osea diventa un paradigma per raccontare la storia del rapporto tra Dio e l’umanità. Attraverso Osea è come se Dio volesse dire al suo popolo, ma anche a tutta l’umanità: “Vedete, la mia storia è come quella di Osea. Osea ha avuto per sposa una donna infedele, una donna prostituta. Ma questo è successo anche a me, anche a me che sono il vostro Dio. Io amo perdutamente l’umanità, e l’umanità non è fedele. Però, io continuo ad amarla e continuo a sfidarla con il mio amore fedele”. E ad un certo punto il profeta Geremia dice: “Ma questa storia - fedeltà e infedeltà - finirà, perché verranno i tempi, verrà il giorno in cui Dio farà un’alleanza nuova. Ci toglierà il cuore di pietra e ci darà il cuore di carne”. Ormai viene già annunciato il grande evento che è l’incarnazione, la venuta del Figlio di Dio.

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SUL RITROVAMENTO DEI REPERTI ARCHEOLOGICI IN VATICANO

DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE PER LA TUTELA

DEI MONUMENTI STORICI E ARTISTICI DELLA SANTA SEDE,

MONS. FRANCESCO MARCHISANO

- A cura di Carla Cotignoli -

 

In risposta ad alcuni quesiti dei giornalisti circa i lavori di costruzione di un parcheggio all’interno della Città del Vaticano e sul ritrovamento in situ di reperti archeologici, il Presidente della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti Storici e Artistici della Santa Sede, S.E. Mons. Francesco Marchisano, ha informato circa un suo lungo sopralluogo fatto ieri mattina.

 

Ha premesso che prima di iniziare i lavori erano state fatte “ricerche su possibili resti archeologici che si potevano forse trovare in quel luogo”, ma “senza alcun risultato positivo”. “Solo lo scavo – ha dichiarato -  ha portato alla luce pochi reperti, tra cui due sarcofagi, uno pagano ed uno cristiano, alcuni mosaici pavimentali di modeste dimensioni, alcuni cimeli di terracotta, come due anfore ancora mezze interrate che ho potuto vedere”. Mons. Marchisano ha dato riconoscimento “alla cura e all’attenzione che si sono impiegati nel lavoro di ricerca, appena è risultato che in un angolo del futuro parcheggio sono stati ritrovati dei resti archeologici”. Circa l’entità dei ritrovamenti ha aggiunto che “non dovrebbero essere numerosi, perché potrebbe trattarsi di un sito funerario molto piccolo, forse di pochissime famiglie”.

 

“Tutti i materiali archeologici che provengono dallo scavo – ha ancora informato mons. Marchiano - verranno conservati presso i Musei Vaticani e saranno messi a disposizione degli specialisti e di tutti coloro che visiteranno i Musei”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina un articolo del cardinale Carlo Maria Martini dal titolo “Intercedere per la pace con la creatività e la tenacia di Giovanni Paolo II”: un testo che si inscrive nell'ambito della riflessione quaresimale ispirata alla “mobilitazione penitenziale per la pace”. 

Riguardo all’Iraq, si rileva che dopo l’annuncio del veto francese, Londra è alla ricerca di un compromesso.

 

Nelle vaticane, il Messaggio del Papa per la XVIII Giornata Mondiale della Gioventù.

Una pagina dedicata alle celebrazioni ed alle iniziative pastorali per la Quaresima nelle diocesi italiane.

La presentazione di Mario De Santis al volume di Giuseppina Luongo Bartolini dal titolo “Santi di Benevento”.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: incursioni israeliane nella Striscia di Gaza.

Per l’“Atlante geopolitico” un articolo di Giuseppe Petrone dal titolo “Corea del Nord: dialogo sul nucleare”.

Cipro: falliti i negoziati sul piano dell'Onu.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Maria Maggi dal titolo “Contro i pericoli dell'ozono occorre uno sforzo energico e coordinato”: alcune delucidazioni sull'inquinamento atmosferico.

Nell’“Osservatore libri” un contributo di Francesco Licinio Galati dal titolo “Il vero poeta epico della Francia dell'Ottocento”: le “Poesie” di Victor Hugo negli Oscar Mondadori.  

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica, con particolare riferimento alla crisi irachena.

Il tema del terrorismo. Attenzione alla questione delle pensioni.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 marzo 2003

 

IL RUOLO INSOSTITUIBILE DELLE NAZIONI UNITE NELL’ATTUALE CRISI IRACHENA

EVIDENZIA LA NECESSITA’ DI RIFORMARE QUESTO ORGANO DI GOVERNO MONDIALE

- Intervista con padre Pasquale Borgomeo -

 

“Una specie di rassegnazione sgomenta si diffonde nell’opinione pubblica, che sente la guerra come una fatalità di cui appaiono non convincenti le motivazioni, di cui si intuiscono le conseguenze disastrose, ma contro cui pare non ci sia più niente da fare”: così il nostro direttore generale padre Pasquale Borgomeo descrive il clima che avvolge questi giorni di attesa e di importanti pronunciamenti della comunità internazionale.

 

Ma c’è un esercito silenzioso che continua a sperare contro ogni speranza, così come vuole il Papa. E in quest’ottica prosegue l’intensa attività diplomatica della Santa Sede e l’opera di mediazione della Chiesa cattolica. Proprio oggi è iniziata la visita pastorale in Iraq del Patriarca siro cattolico, Ignazio VIII Abdel-Ahad, che prima di partire ha inviato tre lettere: a Giovanni Paolo II, invocando la benedizione su questo ‘pellegrinaggio’ di pace, al presidente degli Stati Uniti, Bush scongiurandolo, in quanto cristiano, di non ricorrere alla forza, e al segretario generale dell’Onu, Annan. Le Nazioni Unite continuano infatti a giocare un ruolo insostituibile cosi come sottolinea padre Borgomeo nell’intervista realizzata stamane da Fabio Colagrande nel nostro programma “One-O-Five live”.

 

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R. - Mai come oggi, in un’ora nella quale tutti sentono incombente il pericolo di una guerra  dalle conseguenze imprevedibili, ci si è tanto interessati ai meccanismi di funzionamento dell’Onu e mai ci si è tanto preoccupati che un eventuale attacco all’Iraq portato al di fuori della sua egida, possa mandarla in frantumi. Certo gli osservatori più attenti non si nascondono i limiti e le debolezze della struttura, e la cronica inadeguatezza delle sue risorse rispetto ai compiti da assolvere. Serie perplessità solleva poi il diritto di veto riservato ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, il cui esercizio può paralizzare e ha di  fatto tante volte paralizzato l’istituzione. La stessa composizione del Consiglio di Sicurezza che vede come membri permanenti gli Stati usciti vincitori dalla Seconda Guerra Mondiale quasi sessant’anni fa è, a dir poco, anacronistica.

 

Ma queste e tante altre obiezioni che si possono muovere e di fatto si muovono all’attuale funzionamento dell’Onu non autorizzano a concludere che essa ha fatto il suo tempo e può quindi essere mandata in archivio. E’ invece legittima una conclusione opposta: l’Onu va certo riformata nelle sue strutture ma per rafforzarne la capacità di rappresentare efficacemente i popoli della comunità internazionale, gettare e quindi salvaguardare le basi etiche e giuridiche di un nuovo ordine internazionale, intervenire con efficienti forze di pace nei conflitti regionali, dirimere controversie tra Stati membri. promuovere politiche di sviluppo sociale, di lotta alla fame, di protezione dell’ambiente: il tutto adeguato alla dimensione sempre più globale della vita del pianeta.

 

Lungi dall’essere un vecchio arnese da buttare via l’Onu è qualcosa che, se non esistesse, bisognerebbe inventare, oggi soprattutto, allorché, crollato uno pseudo ordine mondiale – che nessuno rimpiange – fondato sull’equi-librio del terrore nucleare, viviamo un nuovo disordine internazionale contrassegnato da tensioni e squilibri, nei quali il terrorismo trova il suo miglior terreno di coltura. C’è oggi una emergente e robusta domanda di etica, di giustizia, di dignità. C’è un forte bisogno di regole e d’istituzioni garanti. Già adesso, la sola vigilia d’una guerra che tutti vogliono o dicono di voler scongiurare, ci apre impietosamente gli occhi sul nostro ritardo rispetto a un mondo che cambia rapidamente e stimola perciò la creatività e il coraggio nei migliori tra gli uomini di intuito e di buona volontà.

 

D. – Rafforzare, dunque, l’Onu, padre Borgomeo. Ma di un’altra istituzione, della Nato, ha parlato anche il presidente Ciampi, ricordando che da questa possibile guerra potrebbe uscire indebolita anche l’Alleanza Atlantica …

 

R. - Mentre l’Onu difetta di strumenti per imporre, quando sia necessario, l’esecuzione delle sue Risoluzioni, abbiamo sulla scena internazionale una struttura militare come la Nato, istituita in un’altra epoca della nostra storia, con obiettivi che oggi non esistono più, anacronistica nella sua stessa sigla e in cerca di una nuova identità. La Nato continua a chiedere ai suoi membri una fedeltà agli impegni che oggi è difficile giustificare date le mutate condizioni del quadro internazionale dopo la caduta del muro di Berlino. La crisi irachena non provoca, ma rivela e naturalmente accentua, una crisi della Nato che già esiste e sulla quale è inutile chiudere gli occhi. Si ipotizza per questa struttura militare un nuovo nemico, che sarebbe costituito dal terrorismo internazionale. Ciò comporterebbe però una sua completa riforma di strutture, di metodi, di cultura, oltre che naturalmente di volontà politica. Ma allora perché non orientarsi a concepire una nuova Nato, come una forza militare di pace a disposizione delle Nazioni Unite?

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ALLA PRESENZA DI KOFI ANNAN, IL SOLENNE GIURAMENTO, OGGI ALL’AJA,

DEI GIUDICI DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE

- Intervista con il prof. Luigi Bonanate -

 

Con il giuramento di diciotto giudici di quattro continenti, oggi all’Aja nasce il gruppo di lavoro della Corte penale internazionale. Alla presenza del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, e della Regina d'Olanda, i giudici, che resteranno in carica nove anni, giurano solennemente nella 'Sala dei Cavalieri' del parlamento olandese che ospita  la sede della Cpi.  

          

Dal 1998, anno in cui la Corte veniva istituita, con il Trattato di Roma, finora ottantanove stati ne hanno ratificato lo Statuto. Proprio oggi il Consiglio d’Eu-ropa ha lanciato un appello a tutti i governi del pianeta che ancora non vi hanno aderito a farlo “senza indugio”. La Corte si occuperà espressamente di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidi, rispondendo a un’esigenza di giustizia sovranazionale che già nel 1948 era stata sottolineata da una risoluzione dell’Onu. 

          

Un cammino importante, dunque, è stato compiuto ma restano alcuni interrogativi. Lo sottolinea, nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino.

 

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R. – L’importanza della corte è veramente grande. Naturalmente potremmo dire che in questo momento è anche grandemente astratta. Probabilmente nel1998, anche coloro di noi che applaudivano all’iniziativa della Conferenza a Roma non immaginavano o non speravano che si sarebbe arrivati all’insediamento dei primi giudici in soli 5 anni. Rimane da chiedersi se questa Corte potrà funzionare. Il primo punto è che la membership di questa Corte non è universale. Sappiamo tutti che alcuni grandi Stati non ne fanno parte. Poi ci sarà un problema di tipo tecnico-giuridico e cioè mi chiedo se sarà  in grado di affrontare davvero le denunce che verranno portate. Terzo aspetto, quello della limitatezza dei suoi compiti. La Corte Penale sarà dedicata ai crimini contro l‘umanità, alle grandi colpe collettive e non alla persecuzione del singolo individuo, del singolo criminale politico. Si apre dunque un cammino di grande importanza ma anche  di grande difficoltà.

 

D. – Fino ad adesso abbiamo conosciuto Tribunali internazionali contro crimini di guerra ma ad hoc, cioè istituiti temporaneamente per alcune situazioni particolari. In che cosa può essere decisiva la scelta di una Corte permanente?

 

R. – Fino ad adesso si è trattato di tribunali -  diciamo - dei vincitori nei confronti dei vinti. E’ chiaro che questo non mette le parti in una situazione di equilibrio. Quindi la Corte, così come è stata concepita, è tecnicamente estremamente corretta. Il problema è verificare se riuscirà a funzionare. Questa sua posizione di assoluta terzietà è proprio il punto delicato perché gli Stati possono sempre in qualche modo cercare, a seconda delle circostanze, di adire o di rifiutare che qualcuno li chiami in causa. Non c’è che la pratica che ci potrà dire qualche cosa.

 

D. – Prof. Bonanate, fortemente voluta dall’Unione Europea, questa Corte non ha trovato l’appoggio degli Stati Uniti. Perché?

 

R. – Questo è il punto più grave, più delicato e in questo momento può anche gettare qualche luce di sospetto sui motivi del rifiuto statunitense. La ragione tecnica è rappresentata dal fatto che gli Stati Uniti non ritengono possa esistere una Corte al di fuori della Corte prevista per legge negli Stati Uniti per giudicare dei cittadini, in particolare dei militari statunitensi in missione fuori dai confini nazionali. Tutti i codici penali militari di tutti i Paesi del mondo in effetti hanno previsto normative per i reati commessi dai loro dipendenti. La maggior parte degli altri Paesi del mondo ha deciso di subordinare il proprio diritto penale militare alla Corte Penale Internazionale. Gli unici – c’è anche la Cina ed altri - che un po’ arrogantemente affermato di voler giudicare i propri militari sono appunto questi Paesi. Questo non è ovviamente accettabile. Non possiamo però preoccuparcene troppo. Penso che, se la Corte funzionerà, anche i Paesi renitenti saranno ad un certo punto costretti ad aderire.

 

D. – Costretti da un obbligo morale?...

 

R. – Da un obbligo politico di fronte alla pubblica opinione. Ad un certo punto non potranno più giustificarsi se non accetteranno di entrare a loro volta nella Corte. La pressione dell’opinione pubblica internazionale ad un certo punto li sospingerà dentro la Corte.

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IMMIGRAZIONE IN COSTANTE AUMENTO.

LA CARITAS ANTICIPA I DATI DEL DOSSIER STATISTICO,

MA RESTA L’INCOGNITA DEI POSSIBILI PROFUGHI IRACHENI

- Servizio di Stefano Leszczynski -

 

 

La Caritas fa il punto sulla situazione dell’immigrazione, anticipando alcuni dati del Dossier statistico 2003. La popolazione immigrata sta aumentando in maniera considerevole e al termine della procedura di regolarizzazione l’incidenza sulla popolazione italiana sarà del 4 per cento. Resta tuttavia l’incognita delle possibili conseguenze di una guerra in Iraq sui flussi migratori verso l’Europa. Il servizio di Stefano Leszczynski.

 

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Al termine delle procedure di regolarizzazione l’Italia diventerà il terzo Stato dell’Unione Europea per numero di immigrati. La cifra, stimata dalla Caritas italiana, è di circa 2 milioni e mezzo di persone, tra le quali vengono conteggiate oltre alle 700 mila in attesa di regolarizzazione anche quelle che arriveranno per ricongiungimento familiare. Resta tuttavia aperta l’incognita dell’effetto che potrebbe avere sui flussi migratori un possibile conflitto in Iraq. Franco Pittau, coordinatore del dossier statistico:

 

“Anche se passassero attraverso l’Italia solo, si fa per dire, 200 mila o 300 mila rifugiati iracheni sarebbe un disastro, perché noi abbiamo già problemi molto grossi da risolvere”.

 

Per il ministro delle politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, il governo starebbe già valutando come affrontare un eventuale impatto di profughi iracheni, soprattutto allo scopo di distinguere coloro che avranno titolo ad una protezione di tipo umanitario, da coloro che invece cercheranno di sfruttare la situazione per entrare illegalmente nel Paese.

 

“Certamente ci stiamo attrezzando per questa eventualità che, ovviamente, non desideriamo e ci auguriamo che non accada”.

 

Non sono poi mancate numerose critiche da parte della Caritas alla legge Bossi-Fini che manca ancora del regolamento di attuazione e alla mancanza di una corretta programmazione dei flussi. Attualmente l’emergenza principale riguarda i ritardi nell’affrontare le pratiche di regolarizzazione: in tre mesi sono state infatti esaminate meno dell’1 per cento delle domande. Mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas diocesana di Roma:

 

“Mi auguro che si possano fare dei notevoli passi avanti, riguardo alla regolarizzazione, anche perché esistono situazioni umane che vanno affrontate nell’immediato”.

 

L’attuale legge sull’immigrazione, ha ribattuto il ministro Buttiglione, non è la migliore possibile, ma rappresenta un buon punto di partenza. E circa la programmazione dei flussi ha avanzato l’ipotesi di trasferire la competenza alle regioni.

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CHIESA E SOCIETA’

11 marzo 2003

 

 

“PRIMA PACIFICI, DOPO PACIFISTI”: QUESTO IL TITOLO DI UNA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO DI VALENCIA,

MONS. AGUSTÍN GARCÍA-GASCO.

IL PRESULE DISTINGUE TRA CHI TESTIMONIA CON LA PROPRIA VITA IL RIPUDIO

DI OGNI TIPO DI VIOLENZA,

E CHI ATTRAVERSO LA PACE PERSEGUE I PROPRI INTERESSI

 

VALENCIA. = E’ dedicata all’amore verso il prossimo e alla pace, la consueta lettera settimanale dell’arcivescovo di Valencia, Agustín García-Gasco. “Cattolico significa universale – esordisce il presule – perché Cristo chiama tutte le persone senza esclusione. La nostra religione è la religione dell’amore. Amore a Dio e al prossimo”. Mons. García-Gasco sottolinea poi come tante persone nel corso della storia abbiano deciso di convertire la loro vita nel segno dell’amore e del perdono. Sentimenti che includono anche la sofferenza pacifica, secondo l’esempio di Cristo, che senza ribellarsi si lasciò catturare. “Il cristiano è pacifico – continua l’arcivescovo di Valencia – e lo è per convinzione cristiana e per forza di coerenza di vita. Amore e pacifismo sono causa e conseguenza”. A questo punto il presule introduce una distinzione: “Tuttavia il pacifismo – scrive - allo stesso modo di altre ideologie o attività, come la politica, può perdere la sua natura, può essere svuotato per convertirsi in un travestimento”. Il presule perciò lancia un interrogativo: “Come distinguere – chiede - quelli che lavorano per la pace da quelli per i quali la pace è semplicemente una strategia malefica per la loro propria guerra?”. La risposta arriva subito dopo: “Chi sta a favore della pace – scrive l’arcivescovo – lo è sempre, non importa chi siano i contendenti e come afferma Cristo, gli riconoscerete dalle loro opere”. L’ultimo pensiero è però per la situazione interna spagnola: “Non si può essere pacifista senza essere pacifico – scrive – mons. García-Gasco – e non si capiscono quelli che denunciano la possibile guerra contro l’Iraq e stanno zitti di fronte al terrorismo dell’Eta. E’ buono ricordarsi e pregare per evitare un conflitto bellico in terre lontane, però sarebbe offensivo dimenticarsi delle vittime che hanno bagnato le terre spagnole”. (D.D./M.A.)

 

 

CONTINUA IN AFRICA L’EMERGENZA ALIMENTARE. MALAWI, MOZAMBICO, MADAGASCAR, ETIOPIA ED ERITREA,

COLPITE DURAMENTE DALLA SICCITÀ,

HANNO COSTANTE NECESSITÀ DEGLI AIUTI INTERNAZIONALI PER ALIMENTARE

LA POPOLAZIONE. SECONDO STIME DELLE AGENZIE UMANITARIE,

MILIONI DI PERSONE RISCHIANO LA VITA

 

LILONGWE. = Un continente stretto nella morsa della fame: è questa l’attuale situazione dell’Africa, nella quale la mancanza di cibo sta mettendo a rischio la vita di milioni di persone. In Malawi per il secondo anno consecutivo, a causa della siccità si è verificata una gravissima crisi alimentare. Secondo dati della Fao, vi sono circa 3 milioni e 200 mila persone che sopravvivono grazie agli aiuti internazionali. La siccità ha colpito la produzione di tabacco, fonte principale di entrate del Paese, e drasticamente ridotto il raccolto del mais. A seguito della crisi alimentare, in due anni i casi di malnutrizione grave tra i bambini al di sotto dei 5 anni sono cresciuti dell’80 per cento e, in pochi mesi, si è registrato un tasso di mortalità quotidiano di 2 bambini ogni 10.000. La situazione è talmente disperata che, secondo stime del ministero dell’Agricoltura del Malawi, più del 45 per cento del raccolto di mais è stato consumato “verde” ovvero prima che giungesse a completa maturazione. Lo scorso 27 febbraio il governo del Malawi ha decretato lo stato d’emergenza, chiedendo l’aiuto della comunità internazionale. La situazione è critica anche nel vicino Mozambico, colpito anch’esso da una prolungata siccità che ha seccato i raccolti di cereali. Era da circa cinquant’anni che le precipitazioni nel Paese non toccavano livelli così bassi. L’emergenza è acuita dalla mancanza di risorse alimentari alternative, come la pesca, o dal ricorso ad alimenti pericolosi o nocivi da parte della popolazione. In Madagascar invece, il governo ha ufficialmente proclamato lo stato di “kere” parola con cui si indica una condizione di estrema scarsità di risorse alimentari. Questo inizio d’anno è stato molto difficile particolarmente per le regioni meridionali. Prima la siccità ha ridotto ai minimi termini i raccolti di manioca, patate e mais, e successivamente due settimane di pioggia hanno provocato la morte di 13 persone, lasciandone quasi 2200 senza tetto. Infine il ciclone Fari ha distrutto anche banani e avocadi selvatici sottraendo alla popolazione l’ultima possibilità di alimentazione d’emergenza. Le organizzazioni non governative hanno già da tempo attivato programmi di assistenza a cui collaborano sia il Pam sia l’Irin, la rete di informazioni regionali integrate dell’Onu. Ricordiamo infine anche i numerosi appelli che sono giunti dall’Etiopia ed Eritrea. I due paesi del Corno d’Africa soffrono la mancanza di risorse idriche, che non permettono di avere cibo a sufficienza. Particolarmente a rischio sarebbero le persone più deboli della popolazione: anziani, bambini e donne incinte. (M.A.)

 

LA COMMISSIONE PERMANENTE DELL’EPISCOPATO ARGENTINO RIUNITA DA OGGI

 SINO A VENERDÌ PROSSIMO A BUENOS AIRES. TRA I TEMI IN AGENDA, LA VERIFICA

DEI PROGRESSI COMPIUTI DAL PAESE PER USCIRE DALLA CRISI ECONOMICA, SOCIALE

E POLITICA, E LO STUDIO DEL PIANO PASTORALE PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

 

BUENOS AIRES. = I vescovi argentini si riuniscono per un confronto sulla situazione critica del loro Paese. Inizia oggi a Buenos Aires la 134.ma riunione della Commissione permanente della Conferenza episcopale Argentina. L’attenzione dei presuli si concentrerà principalmente sul lavoro svolto dai Tavoli settoriali del Dialogo argentino. Creati nel gennaio del 2002 dal presidente della repubblica, Eduardo Duhalde, i Tavoli sono organismi di concertazione tra i diversi settori produttivi, culturali, politici ed economici della società argentina. Attraverso le proposte di partiti politici, associazioni di lavoratori e organizzazioni sociali, i Tavoli hanno lo scopo di delineare mezzi di intervento a medio e lungo termine per contrastare la crisi. L’Onu, attraverso il Programma per lo sviluppo, e la Conferenza episcopale argentina, sono i due organismi con cui il governo del Paese porta avanti questo progetto. I vescovi, perciò, verificheranno i risultati raggiunti dai Tavoli in questi ultimi mesi. L’altro tema a cui i presuli dedicheranno la loro attenzione sarà il Piano pastorale per la nuova evangelizzazione. La Commissione permanente ha infatti il compito di mantenere una costante attenzione sulla società, per elaborare linee pastorali adeguate alla realtà del Paese. I lavori della Commissione, che si concluderanno venerdì 14, costituiscono un’anticipazione degli argomenti che saranno trattati dalla 85.ma Assemblea plenaria dell’episco-pato argentino che si terrà tra il 26 e il 31 maggio prossimi. (M.A.)

 

 

L’ALTO COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI LANCIA L’ALLARME PER I PROFUGHI

 DELLA GUERRA CIVILE IN COSTA D’AVORIO. SAREBBERO PIÙ DI UN MILIONE

SPOSTI ALLE VIOLENZE DELLE PARTI IN LOTTA

 

ABIDJAN. = In Costa d’Avorio comincia ad emergere il dramma dei profughi che hanno dovuto lasciare le loro abitazioni a causa della guerra civile scoppiata ad ottobre. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), circa 400 mila ivoriani si sono rifugiati nei Paesi vicini, mentre vi sarebbero circa 700 rifugiati interni. Fonti missionarie contattate dall’Agenzia Fides a Bouaké, città nel nord della Costa d’Avorio controllata dal principale gruppo ribelle, il Movimento patriottico della Costa d’Avorio (Mpci) parlano invece di molte più persone. “Solo da Bouaké, che prima della guerra contava 1 milione di abitanti – dicono - sono fuggite 600 mila persone. Contando tutta la parte settentrionale, si arriva tranquillamente a un milione di rifugiati, a cui bisogna aggiungere quelli fuggiti dalle zone occidentali dove agiscono movimenti di guerriglia molti più violenti”. I missionari hanno comunque assicurato che possono muoversi liberamente attraverso i vari posti di blocco, per aiutare i fedeli a vivere il più serenamente possibile la Quaresima. (M.A.)

 

 

L’INTERPOL HA CHIESTO L’ESTRADIZIONE DELL’EX PRESIDENTE DEL PERU’

ALBERTO FUJIMORI, RIFUGIATO ATTUALMENTE IN GIAPPONE.

LO STATISTA È STATO CITATO IN GIUDIZIO DAL GOVERNO PERUVIANO

PERCHÉ ACCUSATO DI ESSERE COINVOLTO

 IN DUE SEPARATI MASSACRI ACCADUTI NEL 1991 E NEL 1992

- A cura di James Blears -

 

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LIMA. = L’Interpol ha chiesto l’estradizione di Alberto Fujimori: il governo peruviano ha citato in giudizio l’ex presidente con accuse relative a due massacri accaduti nel 1991 e nel 1992. Oltre a questo, Fujimori è accusato di corruzione e abuso di potere. Attualmente Fujimori, in possesso della cittadinanza giapponese,  è rifugiato nel Paese nipponico che non prevede l’estradizione per i suoi cittadini. Precedentemente, lo statista aveva rifiutato un incontro con un commissario peruviano, e perciò le autorità di Lima hanno preparato un formale mandato di cattura. Nei suoi 10 anni come presidente, Fujimori è riuscito a sconfiggere il gruppo terroristico maoista “Sendero Luminoso” ed a ridurre l’inflazione.

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24 ORE NEL MONDO

11 marzo 2003

- A cura di Giada Aquilino -

 

Se Francia e Russia ponessero il veto sulla seconda risoluzione dell’Onu, aiuterebbero Saddam Hussein “a cavarsela”. Lo ha detto stamani a Londra il premier britannico Tony Blair, incontrando i giornalisti a Downing Street al termine di un colloquio con il collega portoghese Jose Manuel Barroso. Ieri la stessa Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno dovuto rinunciare al voto previsto per oggi al Palazzo di Vetro, temendo una sconfitta per la loro proposta sull’Iraq. D’altra parte nelle ultime ore si va rafforzando il fronte del ‘no’ alla guerra, capeggiato dalla Francia. Ieri il presidente Chirac ha detto chiaramente che Parigi non esiterà a bloccare una nuova risoluzione contro l'Iraq. E anche la Russia ha ribadito la propria posizione:

 

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Il ministro degli Esteri russo, Ivanov, ha detto che Mosca voterà contro il testo se resterà nella forma attuale con l’ultimatum del 17 marzo. Ivanov ha quindi lasciato intendere che Mosca è pronta ad usare il diritto di veto in Consiglio di Sicurezza. Il presidente francese Chirac, che vorrebbe un vertice dei capi di Stato per discutere la crisi, si è rivolto al Paese ed ha promesso anch’egli il veto. Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, è intervenuto nella polemica, avvertendo che un attacco senza l’autorizzazione del Palazzo di Vetro violerebbe la Carta delle Nazioni Unite. Washington ha risposto con iniziative che hanno coinvolto anche il presidente Bush. Il capo della Casa Bianca ha telefonato a diversi capi di Stato e di governo, come quello cinese e giapponese, facendo pressioni sui membri del Consiglio, ma anche sui Paesi che possono influenzarli. Al momento però gli Stati Uniti non hanno i nove consensi necessari a far approvare la risoluzione e quindi hanno rimandato il voto. Washington ha anche accusato il capo degli ispettori Onu, Hans Blix, di aver lasciato fuori dal proprio rapporto alcuni materiali vietati che Baghdad avrebbe cercato di usare per lanciare armi chimiche e biologiche. Dall’Iraq, Saddam Hussein ha avvertito che, se si andrà allo scontro, l’Iraq resisterà fino all’ultimo bambino.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Mentre la comunità internazionale discute sul futuro dell’Iraq, qual è il clima che si respira a Baghdad? Si pensa che la guerra sia davvero alle porte? Al microfono di Roberto Piermarini risponde Alberto Negri, inviato speciale del “Sole 24 Ore”, da quasi due mesi a Baghdad:

 

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R. - Direi proprio di sì. Forse non si intuisce dai preparativi militari perché questi non sono visibili. Però si alzano pile di sacchetti di sabbia, si vede spuntare la contraerea sui tetti della città e su alcuni degli edifici più importanti del potere. Il clima di guerra si avverte anche da altri segnali e soprattutto per quanto riguarda la capacità che hanno le persone di potersi muovere. Si avverte che a poco a poco si sta stringendo la morsa intorno ad un Paese che si prepara ad un attacco americano.

 

D. - Ci sarà qualche gesto spettacolare da parte di Saddam Hussein?

 

R. - Dubito che ci possa essere un gesto convincente. Potrebbe esserci, in effetti, un discorso alla Nazione del rais sulla questione del disarmo, ma credo che sarà improntato a dare un’immagine di sé come campione del nazionalismo iracheno e del mondo arabo, più che su un gesto spettacolare che possa convincere davvero Stati Uniti e Gran Bretagna.

 

D. - E’ pesante il lavoro dopo 50 giorni a Baghdad?

 

R. - Direi di sì. Ci sono, comunque, delle cose molto interessanti da seguire. Questo è un Paese con una forte ricchezza sociale e soprattutto culturale, che può mostrare molti volti e molte facce che purtroppo questo regime e gli eventi nasconderanno ancora una volta.

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Turchia. Il presidente del partito di governo ‘Giustizia e Sviluppo’ (Akp), Tayyip Erdogan, neo eletto deputato, presterà giuramento oggi come membro del Parlamento. Il governo del premier Abdullah Gul potrebbe quindi rassegnare le dimissioni in giornata, per favorire la nomina dello stesso Erdogan a nuovo premier. Il leader dell’Akp ha fatto sapere che il prossimo esecutivo deciderà se il Parlamento di Ankara debba votare o non un nuovo testo per il dispiegamento di soldati americani sul territorio turco, relativamente alla crisi irachena.

 

Due miliziani palestinesi che cercavano d'infiltrarsi nella colonia ebraica di Kfar Darom, nella Striscia di Gaza, sono stati uccisi dai soldati israeliani. I militari hanno poi compiuto un'incursione nel villaggio palestinese di Qarara, dove hanno distrutto un magazzino in cui si sospettava venissero preparati esplosivi. Sul piano politico, sarà ratificato entro 48 ore dal presidente dell'Anp Yasser Arafat il testo adottato ieri a Ramallah dal Consiglio legislativo, che definisce le prerogative del primo ministro designato, Abu Mazen.

 

Sono fallite nella notte all’Aja le trattative per giungere ad un piano di pace per la riunificazione dell'isola di Cipro, prima della firma del trattato di adesione all'Unione europea, prevista per il 16 aprile ad Atene. Lo ha reso noto il segretario generale dell’Onu Kofi Annan, che nelle ultime ha incontrato i leader delle comunità greca e turca di Cipro. Con il fallimento dei negoziati, solo la parte greca dell’isola entrerà nell’Ue. Il servizio di Cesare Rizzoli:

 

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“Abbiamo raggiunto la fine della strada. Dopo 30 anni di divisione, l’occasione storica di una riunificazione e di una adesione di tutta Cipro all’Europa è mancata”. Con queste parole, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha posto fine questa mattina all’alba al vertice dell’Aja. Per la minoranza turco-cipriota, il leader Rauf Denktash ha chiesto l’impossibile: il riconoscimento della parte sotto occupazione militare al nord, dove vive separata dal 1974 la comunità turca. Da parte sua, la comunità di maggioranza greco-cipriota, attraverso il neo presidente eletto Tassos Papadopoulos, ha chiesto nuove garanzie per la futura Costituzione. Il piano voluto dall’Onu prevedeva per Cipro il ripristino di uno Stato sovrano, ispirato alla Costituzione della Svizzera, con un governo centrale comune, con poteri limitati, e due Stati federati autonomi, con ampi poteri.

 

Per Radio Vaticana, Cesare Rizzoli.

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La Costa d’Avorio, dopo quasi sei mesi di violenze innescate dal tentato golpe di settembre, si avvia verso la normalità. Il presidente Laurent Gbagbo ha delegato stamani ampi poteri al nuovo premier Seydou Diarra. La delega è valida per sei mesi rinnovabili. Diarra, in base ad un decreto presidenziale, dovrà formare un governo di riconciliazione nazionale.

 

In Sierra Leone sono state formulate le prime condanne per gli autori dei crimini di guerra commessi nel Paese africano durante la guerra civile degli anni tra il 1991 e il 2001, che ha provocato almeno 200mila vittime. I giudici del Tribunale speciale per la Sierra Leone, istituito in gennaio, hanno incriminato 7 persone, tra cui l’ex capo dei ribelli del Fronte unito rivoluzionario, Foday Sankoh, e l’attuale ministro dell’Interno, Sam Hinga Norman.

 

Preoccupante calo di consensi per il presidente del Messico, Vicente Fox. Le opposizioni infatti hanno inflitto una pesante sconfitta al partito di Fox nelle elezioni amministrative che si sono svolte ieri nel Messico, il più ricco Stato dell'Unione. Il voto era un importante test elettorale in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento federale del 6 luglio prossimo. Ce ne parla Maurizio Salvi:

 

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Sia il Partito rivoluzionario istituzionale di centro, sia il Partito della rivoluzione democratica di sinistra hanno compiuto progressi in voti e in seggi, prendendo il controllo di questo Stato messicano. E come se non bastasse, lo scrutinio dei voti è stato accompagnato da polemiche, agitazioni di contadini e indios e da accuse di brogli. Fonti vicine a Fox hanno minimizzato il risultato elettorale, ma non c’è dubbio che esso complichi la libertà d’azione che il presidente pensava di avere sul delicato tema iracheno. Una opposizione a Washington potrebbe comportare dure ritorsioni economiche riguardanti gli emigrati clandestini e i prodotti agricoli. Un appoggio invece alla mozione anglo-americana scatenerebbe ulteriormente l’opposizione interna, che agiterebbe decisamente il fronte politico e sindacale.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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