RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 68 - Testo della
Trasmissione domenica 9 marzo 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ore cruciali per la
crisi irachena: diplomazia al lavoro mentre la guerra appare più vicina
Le Chiese cristiane preparano un’azione congiunta per
la pace in Costa d’Avorio.
Mandato d’arresto dell’Interpol
per l’ex presidente peruviano Fujmori.
A Malta affluenza record alle
urne per il referendum sull’adesione all’Unione Europea.
Due incidenti stradali in Boemia e India in cui hanno perso
la vita oltre 30 persone.
9 marzo 2003
L’ESIGENZA DI “PURIFICARE LA COSCIENZA” PER
“COMBATTERE IL MALE CON IL BENE” NEL TEMPO DELLA QUARESIMA E NELL’ATTUALE
CONTESTO INTERNAZIONALE, RICHIAMATA DAL PAPA ALL’ANGELUS DOMENICALE
- A cura di Paolo Salvo -
Il Papa continuerà a pregare per la pace in Iraq e
in Terra Santa, in modo speciale, anche durante gli Esercizi Spirituali che
farà da questo pomeriggio con i suoi collaboratori in Vaticano. Lo ha detto nel
discorso rivolto ai fedeli convenuti a mezzogiorno in Piazza San Pietro per l’Angelus
domenicale, al termine di una riflessione dedicata al tempo liturgico della
Quaresima, iniziato mercoledì scorso con il Rito delle Ceneri, un “itinerario
penitenziale di preparazione alla Pasqua, occasione per tutti i battezzati di
rinnovare lo spirito di fede e rinsaldare l’impegno di coerenza evangelica”.
“Alle vostre preghiere – ha
detto Giovanni Paolo II – vorrei affidare, in modo speciale, gli Esercizi
Spirituali che, a partire da questa sera, come ogni anno, avrò l’opportunità di
fare insieme con i più stretti collaboratori della Curia Romana”. Il suo
pensiero è quindi andato spontaneamente all’attuale situazione internazionale.
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Durante questa settimana di
silenzio e di preghiera avrò presenti le necessità della Chiesa e le preoccupazioni
dell’intera umanità, soprattutto per quanto concerne la pace in Iraq e in Terra
Santa.
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Richiamandosi al Vangelo
odierno, il Papa ha ricordato che “durante i quaranta giorni della Quaresima i
credenti sono chiamati a seguire Cristo nel ‘deserto’, per affrontare e vincere
con Lui lo spirito del male”. Parole forti e chiare, quelle di Giovanni Paolo
II: “Si tratta – ha avvertito – di una lotta interiore, da cui dipende le concreta impostazione della vita. E’
infatti dal cuore dell’uomo che scaturiscono le sue intenzioni e le sue azioni;
è pertanto solo purificando la coscienza che si prepara la via della giustizia
e della pace, sia sul piano personale che in ambito sociale”.
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Nell’attuale contesto
internazionale, si avverte più forte l’esigenza di purificare la coscienza e
convertire il cuore alla pace vera. Al riguardo, è quanto mai eloquente l’icona
di Cristo che smaschera e vince le menzogne di Satana con la forza della
verità, contenuta nella Parola di Dio.
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“Nell’intimo di ogni persona –
ha sottolineato – risuonano la voce di Dio e quella insidiosa del maligno.
Quest’ultima cerca di ingannare l’uomo seducendolo con la prospettiva di falsi
beni, per distoglierlo dal vero bene, che consiste proprio nel compiere la volontà
divina”. Quindi, l’indicazione della via per superare ogni prova.
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Ma la preghiera umile e
fiduciosa, rafforzata dal digiuno, permette di superare anche le prove più
dure, e infonde il coraggio necessario per combattere il male con il bene. La
Quaresima diviene così un tempo di proficuo allenamento dello spirito.
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Dopo la preghiera dell’Angelus,
Giovanni Paolo II ha salutato un gruppo di pellegrini portoghesi, augurando “la
pace e la concordia nelle famiglie”, e ha ricordato l’appuntamento di sabato
prossimo, alle ore 18.00, nell’Aula “Paolo VI”, per la veglia di preghiera
mariana in occasione della prima Giornata Europea degli Universitari, sul tema:
“La Carità intellettuale, anima della nuova Europa”. “Vi attendo numerosi”, ha detto il Papa ai giovani universitari:
“Invocheremo insieme Maria, Sedes
Sapientiae, e a Lei affideremo le speranze e il cammino del Continente
europeo”.
IL SIGNIFICATO DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO
E LA
TEMATICA CHE SARA’ SVILUPPATA DALL’ARCIVESCOVO ANGELO COMASTRI
- Servizio di Giovanni Peduto -
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‘Dio è amore’: ripartiamo da
questa bella notizia”: questo il tema che impronterà gli esercizi spirituali in
Vaticano, da questo pomeriggio a sabato mattina prossimo. Le meditazioni saranno
proposte dall’arcivescovo prelato di Loreto, Angelo Comastri. Si inizierà
questo pomeriggio alle 18 con l’esposizione eucaristica, la celebrazione dei
vespri, la meditazione introduttiva, l’adorazione, per finire con la
benedizione eucaristica. A partire da domattina, quattro meditazioni al giorno,
due al mattino e due al pomeriggio, fino alla conclusione, sabato mattina. Con
noi, mons. Comastri:
D. – Eccellenza, quando si parla
di esercizi spirituali, cosa si intende esattamente e quale ne è
l’origine?
R. – Gli esercizi spirituali
sono a un tempo propizio per staccarsi dalla vita di ogni giorno e per
immergersi nel mistero della presenza di Dio che noi siamo portati a
dimenticare o, per lo meno, ad emarginare. Alcuni giorni, durante l’anno,
diventano giorni di intensa comunione con il Signore, per ritornare alla vita
quotidiana con un occhio nuovo.
D. – Quando sono iniziati gli
esercizi?
R. – E’ difficile dire quando
siano iniziati gli esercizi, comunque nel Vangelo c’è una indicazione precisa:
Gesù durante la vita pubblica, spesso si ritirava in luoghi silenziosi e
pregava. Addirittura, una volta, disse agli apostoli “venite con me in un luogo
solitario e riposatevi un poco”, cioè staccatevi dalla vita di ogni giorno.
Quell’indicazione di Gesù ha fatto nascere varie esperienze di ritiro dal
mondo, di abbandono del mondo per immergersi nel silenzio e ritrovare il senso
delle parole alla luce della Parola di Dio.
D. – Quindi un’origine
addirittura evangelica. Esercizi spirituali in Vaticano: anche il Papa ed i
suoi collaboratori ne hanno bisogno?
R. – Tutti abbiamo bisogno degli
esercizi spirituali. Il Papa che è il primo credente, è il primo che dà
esempio. E’ il primo che si immerge nel silenzio per mettersi in ascolto di Dio
e diventare colui che racconta agli altri l’esperienza di Dio ed ha il compito
formidabile di confermare addirittura gli altri nella fede in Gesù.
D. – Perché ha scelto questo
tema dell’amore di Dio e quale sarà l’architettura delle sue meditazioni?
R. – Il Papa più volte ha detto
che gli uomini d’oggi sembrano segnati da particolari paure. Il tema dell’amore
di Dio, è un tema di grande consolazione. E’ una sicurezza che nessuno potrà
mai incrinare. Dio è amore e Dio ci ama. Nonostante tutto e tutti, nonostante
quello che accade, nonostante quello che noi purtroppo facciamo accadere, Dio
continua ad amarci. Questa è una certezza che deve riempirci il cuore di
speranza, perché se Dio ci ama, l’esito della storia non può essere se non
quello di una salvezza. Una salvezza per chi apre il cuore a Dio Salvatore.
D. – A quali criteri si è
ispirato nello snodamento delle meditazioni che lei farà?
R. – Sono partito da
un’affermazione dell’evangelista Giovanni, proprio all’inizio del suo Vangelo.
Giovanni dice “Dio, nessuno l’ha mai visto”: è un’affermazione categorica. Il
Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui ce l’ha raccontato. Gesù ci ha
raccontato il mistero di Dio. Allora ho iniziato a ripercorrere i primi
bagliori della rivelazione di Dio nel Vecchio Testamento, perché già nel
Vecchio Testamento il volto di Dio amore si manifesta in mezzo a tante
imperfezioni, perché il popolo non riusciva a capire quel messaggio. Quindi Dio
dà dei bagliori che già illuminano il cammino e in qualche modo anticipano
quello che Gesù avrebbe detto. Poi viene Gesù. In Gesù la rivelazione di Dio
amore raggiunge limiti che sono toccanti, fino alla Croce. La Croce è la
massima manifestazione di Dio. Potremmo dire la più grande teofania è Dio che
si manifesta come amore onnipotente, fino a dare la vita per noi.
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CHE LA NUOVA CASA RELIGIOSA DELLE SUORE DI SANTA
BRIGIDA A CUBA
SIA
TESTIMONIANZA VIVA DELLA PERENNITA’ DEL MESSAGGIO EVANGELICO
NEL SENO DELLA SOCIETA’ CUBANA: QUESTO L’AUSPICIO
DEL PAPA NEL TELEGRAMMA
AL CARDINALE CRESCENZIO SEPE CHE IERI A L’AVANA HA
PRESIEDUTO
LA CERIMONIA DI INAUGURAZIONE ALLA PRESENZA DI FIDEL
CASTRO
- A cura di Giovanni Peduto -
Fu lo stesso Fidel Castro a
chiedere a Giovanni Paolo II l’apertura di una Casa di Suore brigidine
inaugurata ieri a 5 anni del viaggio del Papa a Cuba e nel 25.mo del suo
Pontificato. Fu voluta dal presidente cubano per l’impegno ecumenico delle
Suore di Santa Brigida alle quali ha offerto un edificio già adibito a
convento, ristrutturato e ampliato e che ieri alle 17 di Cuba, da noi erano le
23, il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il
cardinale Crescenzio Sepe, ha benedetto ed inaugurato, alla presenza di Fidel
Castro; del cardinale arcivescovo dell’Avana, Jaime Lucas Ortega y Alamino; del
cardinale arcivescovo di Guadalajara, in Messico, Juan Sandoval Iñiguez; e di
numerose altre autorità ecclesiastiche e civili.
Nel corso della cerimonia è stata data
lettura del Messaggio del Santo Padre, a firma del cardinale segretario di
Stato Angelo Sodano. Il Pontefice si dice fiducioso che la nuova comunità
religiosa delle Suore di Santa Brigida, che si unisce alle altre già esistenti
sull’isola, e che con generosità si impegnano fra non poche difficoltà per
l’elevazione spirituale, umana e sociale dell’isola, sia una testimonianza viva
della perennità del messaggio evangelico in seno alla società cubana,
contribuendo alla promozione degli autentici valori cristiani e umani per la
costruzione di una società più giusta e fraterna. Il Pontefice chiede al
Signore, per intercessione di Maria, Madre e Regina di Cuba, che sparga i suoi
doni, sulle religiose della nuova casa, le quali, imitando la vita di preghiera
e di ascesi della loro fondatrice, Santa Brigida, ottengano abbondanti frutti
nel loro apostolato.
Attualmente
quello brigidino è il 56.mo Istituto religioso femminile presente a Cuba e 22
sono quelli maschili. “Inaugurare il
convento brigidino dell’Avana – ha detto il cardinale Sepe nel corso della
cerimonia – significa piantare un altro seme del Vangelo nella feconda terra
cubana, collocare un’altra pietra nella costruzione del tempio di Cristo che è
la Chiesa, riconoscere l’abnegazione e il lavoro fedele che tanti religiosi e
religiose hanno svolto a Cuba in tempi difficili.
Fra
poco, alle 16, ora di Roma, a Cuba saranno le 10 del mattino, il cardinale Sepe concelebrerà l’Eucaristia nella
nuova cappella del convento brigidino con il rito di consacrazione del nuovo
altare.
IL VIAGGIO IN LITUANIA
DELL’ARCIVESCOVO JEAN-LOUIS TAURAN,
A DIECI ANNI DALLA VISITA DEL PAPA NELLA REPUBBLICA
BALTICA
- A cura di Roberta Gisotti -
Nella “Terra delle croci”:
quattro giorni, dal 2 al 5 marzo, fitti di incontri e celebrazioni. La visita
in Lituania dell’arcivescovo Jean-Louis Tauran, segretario per i rapporti con
gli Stati, invitato dal Governo e dalla Conferenza episcopale, a 10 anni dalla
storica accoglienza di Giovanni Paolo II a Vilnius, dove venne pure inaugurata
in quell’occasione la sede della nunziatura apostolica. Ma non finiscono qui
gli anniversari di questo 2003 nei rapporti di questo Paese con la Santa Sede:
80 anni fa il riconoscimento de jure della Lituania, e 5 anni dopo la
firma del Concordato, poi sostituito nel 2000 con tre accordi bilaterali, sugli
aspetti giuridici, sulla collaborazione in campo educativo e culturale, e
sull’assistenza spirituale dei cattolici nelle Forze armate.
Nei suoi tanti appuntamenti
mons. Tauran ha incontrato il neo presidente della Repubblica baltica, Paksas,
che gli ha conferito una decorazione, e
poi il ministro degli Esteri Valionis e molte altre autorità civili. Numerosi
anche i colloqui con esponenti della comunità ecclesiale, con il cardinale
Backis, arcivescovo di Vilnius, con il nunzio apostolico Zurbriggen e con gli
altri presuli lituani, con i seminaristi, con i fedeli.
Nel corso della visita
l’arcivescovo Tauran ha avuto modo
anche di parlare sul ruolo della Santa Sede nel contesto internazionale e della
sua diplomazia, sui criteri adottati nel dialogo bilaterale e multilaterale, e
sull’impegno di Giovanni Paolo II e della Segretaria di Stato nell’attuale
crisi irachena ed infine sui lavori della Convenzione europea.
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IL MONDO DELLA SOLIDARIETA’ SI MOBILITA
PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA GUERRA IN IRAQ
- Intervista con Fabio Alberti -
Una guerra in Iraq
potrebbe causare una catastrofe umanitaria senza precedenti. L’allarme, già
lanciato dalle agenzie dell’Onu, è stato ribadito con preoccupazione nei giorni
scorsi dalla Croce Rossa Internazionale. Un nuovo conflitto – si dice a Ginevra
– potrebbe mettere definitivamente in ginocchio la popolazione civile che dal
1980 ha subito due guerre e le gravissime conseguenze, sul piano sanitario e
alimentare, delle sanzioni. In questi giorni le organizzazioni umanitarie di
tutto il mondo si stanno mobilitando per far fronte all’emergenza. Tra queste,
“Un Ponte per...”, associazione di volontariato nata nel 1991 con la campagna
“Un ponte per…Baghdad” per promuovere iniziative di aiuto umanitario in favore
della popolazione irachena colpita dalla guerra e poi sviluppatasi verso altre
aree di conflitto. Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente il
presidente, Fabio Alberti:
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R. – La preoccupazione è grossa,
soprattutto per il cibo e per l’acqua. 20 milioni di iracheni dipendono
praticamente, per l’alimentazione, dalla distribuzione del paniere alimentare
che fa il governo. Si prevede che questa, in casi di conflitto, venga
interrotta e che, quindi, nel giro di poco tempo molti milioni di persone
possano trovarsi senza cibo, così come potrebbero trovarsi senz’acqua, se come
previsto, le centrali di produzione elettrica verranno colpite. Quindi, si
interromperà il funzionamento della centrale di distribuzione e purificazione
dell’acqua. Le Nazioni Unite prevedono oltre 500 mila vittime e un milione e
mezzo di sfollati.
D. – C’è poi l’emergenza
sanitaria …
R. – C’è un’emergenza sanitaria
molto grossa. Già oggi in Iraq le malattie gastrointestinali sono la principale
causa di morte. C’è la previsione di una diffusione molto rapida di epidemie e
di infezioni gastrointestinali che potrebbero essere fatali per centinaia di
milioni di persone.
D. – E poi la mancanza di
medicinali che già si avverte ora sarà moltiplicata …
R. – Certo, noi avremo, come
prevedibile, nello stesso tempo una carenza di medicinali, perché si
interromperanno i rifornimenti dall’esterno. Le persone moriranno per malattie
che da noi si curano con medicine economiche, da banco, ma che in quel momento
verranno a mancare. L’emergenza - carenza di cibo e di medicinali - purtroppo
dura da 12 anni, da quando dopo la guerra del Golfo sono state confermate le
sanzioni economiche. Negli ultimi due anni la situazione cominciava a
migliorare soprattutto dal punto di vista alimentare: eravamo arrivati a quasi
2200 calorie a testa, distribuite con il paniere alimentare. Ma la emergenza è
continuata in questi anni, in particolare sul versante agricolo. L’Iraq produce
soltanto il 25 per cento del suo fabbisogno alimentare, e la mancanza di
concimi, di pesticidi e di macchinari agricoli ha determinato una ulteriore
riduzione della produzione agricola, a cui non si può far fronte soltanto con
le importazioni dall’estero.
D. – Le organizzazioni
umanitarie come stanno preparandosi ad un eventuale attacco nei confronti di
Baghdad?
R. – Alcune organizzazioni
stanno cominciando a prendere accordi con l’esercito statunitense per
intervenire. Noi non siamo fra quelle. E non sono fra quelle le oltre 30
organizzazioni italiane che si sono riunite al tavolo di solidarietà con le
popolazioni dell’Iraq, che lancerà molto presto una campagna di raccolta fondi
e volontari, per intervenire congiuntamente in soccorso alle vittime. Nei primi
interventi che prevediamo c’è l’invio di materiale e, immediatamente dopo,
l’avvio di programmi di assistenza nei confronti dei rifugiati.
D. – Per quale motivo non avete
preso accordi con l’esercito statunitense?
R. – Perché vediamo purtroppo,
da un po’ di tempo, gli interventi umanitari si tende a renderli funzionali
all’intervento militare. Sappiamo già ad esempio che le forze di occupazione
statunitensi, se ci saranno, permetteranno l’intervento soltanto nelle zone
cosiddette liberate. Noi cercheremo di essere prima nel Paese. Già nei prossimi
giorni partiremo per rafforzare il nostro ufficio di Baghdad, per essere già
all’interno del Paese ed operare nei limiti del possibile anche nelle zone che
gli americani non considereranno liberate, cioè verso tutta la popolazione.
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ETICA E INTERNET, NUOVE
SFIDE DELLA COMUNICAZIONE
- Con noi, Maria Rita Saulle e Pierluigi Magnaschi -
Si è concluso nei giorni scorsi a Ginevra il secondo
comitato preparatorio per il vertice mondiale sulla società dell’informazione,
in programma il prossimo dicembre nella stessa città. L’iniziativa, promossa
dalle Nazioni Unite, ha lo scopo di sensibilizzare la comunità internazionale
sui problemi legati alla diffusione e all’utilizzo delle nuove tecnologie
informatiche.
Al
comitato preparatorio hanno preso parte 1.500 delegati in rappresentanza dei
governi, delle organizzazioni non governative e della società civile. E’ stato
lanciato un grido d’allarme per la crescita del “digital divide” tra il
Nord e il Sud del mondo. Alla professoressa Maria Rita Saulle, ordinario di
diritto internazionale all’Università di Roma “La Sapienza”, Ignazio Ingrao ha
chiesto cosa si intende con questa espressione e quali sono le responsabilità
della comunità internazionale.
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Il digital divide sta ad indicare le
difficoltà di accesso che i Paesi più poveri hanno nei confronti della
comunicazione e anche le difficoltà che nell’ambito di Paesi meno poveri,
singole categoria di persone, perché meno acculturate, meno abituate al know
how hanno appunto in questo settore, perché attraverso a volte questa
alfabetizzazione computerizzata, che è più facile dell’alfabetizzazione
letterale si acquisiscono dati che consentono un miglior tenore di vita.
D’altra parte però c’è rischio talora di incorrere in forme propagandistiche da
parte di regimi totalitari. Naturalmente il problema che vogliamo porre è
intanto la più ampia apertura a tutti, possibilmente del sistema digitale,
facendo delle precisazioni che occorre appunto l’etica. In questo settore
d’altra parte non si può prescindere da un’etica da parte di chi utilizza ma
anche di chi dissemina informazioni attraverso il sistema digitale. Anni
addietro, nell’ambito dell’Unesco, i Paesi poveri chiedevano l’accesso al nuovo
ordine mondiale della comunicazione, che fu un dramma che determinò poi la
fuoriuscita dall’Unesco degli Stati Uniti che recentemente sono ritornati. E’
un pianeta che si apre, in cui da una parte noi abbiamo il diritto ad essere
informati ed il diritto di informare, che devono essere assoluti e in una
società democratica, il sistema di censura dovrebbe essere assolutamente
abolito o almeno limitato e circoscritto entro limiti strettissimi, e
dall’altra invece, c’è questa necessità di non propagandare, di non propalare
notizie che possono essere false e tendenziose, come si direbbe nel codice.
Quindi c’è una difficoltà di contemperare opposte esigenze.
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Come
ha affermato la prof.ssa Saulle le tecnologie digitali stanno provocando una
profonda trasformazione della società dell’informazione. Al direttore
dell’Ansa, Pierluigi Magnaschi, Ingrao ha chiesto in che misura la diffusione
di internet ha rivoluzionato il rapporto tra i giornalisti e le loro fonti.
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R. - Internet è uno strumento che si mette a disposizione di antichi
mestieri come ad esempio quello del comunicare. La modifica quindi è
essenzialmente dovuta alla possibilità di diffondere più rapidamente le
informazioni con dei costi minori, rendendole disponibili a tutto il mondo. Per
il resto non è cambiato nulla nelle informazioni, per le informazioni
spazzatura, del resto spazzatura si è vista in televisione, pubblicata sui
giornali o diffusa via internet, la informazione qualificata si è verificata
invece, indipendentemente dal mezzo che la diffonde, resta tale.
D. – Di fronte alla proliferazione del giornale su internet, di tanti
tipi, che tutela c’è per i lettori?
R. – Adesso, quando un lettore
si avvicina al Corriere della Sera, a Repubblica, al New York Times,
ecc, si avvicina a dei prodotti che da un certo punto di vista hanno una
serietà certificata. Si possono discutere i singoli articoli, ma l’insieme è
sicuramente molto professionale. La proliferazione dei siti, evidentemente,
diffonde anche del materiale spazzatura, come dicevo prima, quindi il lettore,
l’utente deve essere più smaliziato per cercare di capire qual è l’informazione
vera e quale l’informazione drogata.
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RITRATTI E FIGURE:
L’ARTE EMOZIONANTE DELL’IMPRESSIONISMO
IN MOSTRA AL
VITTORIANO DI ROMA
- Con noi, la prof.ssa Maria Teresa Benedetti -
Non
solo paesaggi. Con la mostra “Ritratti e Figure”, inaugurata in settimana al
Vittoriano di Roma, si getta luce su una produzione pittorica meno conosciuta
degli Impressionisti, ma sempre straordinaria e ricca d’emozioni. Attraverso 70
opere provenienti da 50 musei di 16 nazioni diverse, il visitatore potrà
ammirare – fino al 6 luglio – un affresco della società francese
dell’Ottocento. I capolavori esposti portano la firma degli assoluti
protagonisti del movimento impressionista da Degas a Manet, da Cezanne a Monet,
ancora da Renoir a Camille. Non mancano, tuttavia, le opere di artisti italiani
- come De Nittis, Boldini e Zandomeneghi – che, accanto al gruppo storico dei
francesi, hanno rappresentato un contributo importante alla ricerca artistica
dell’Impressionismo. Sulle ragioni che hanno indotto a centrare la mostra su
“ritratti e figure” degli impressionisti, ascoltiamo la curatrice Maria Teresa
Benedetti, intervistata da Alessandro Gisotti:
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(musica)
R. – Degas non è mai stato un
grande paesaggista, è sempre stato un autore di figure. Renoir è stato un
grande pittore di paesaggio, ma anche un ritrattista che ha fatto ritratti su
commissione. Quindi, questi sono degli artisti davvero complessi, ciascuno di essi. Ognuno è un
mondo. E chiaramente nella mostra viene fuori la diversità, la ricchezza di
questo panorama.
D. – Un binomio che viene affrontato in questa mostra è “fotografia e
impressionisti” …
R. – Per Degas è stato una
pietra di paragone costante. Degas dal ’90 in avanti non ha fatto più ritratti
dipinti, ma ritratti fotografici. Chiaramente la suggestione della fotografia è
molto forte. I tagli di Degas sono quasi sempre tagli dall’alto, sono tagli
fotografici. Talvolta, le immagini sono troncate come nelle istantanee. La
fotografia è stata per loro naturalmente uno stimolo e nello stesso tempo un
motivo anche di angoscia, perché il primato che apparteneva al ritratto
dipinto, in qualche modo viene soppiantato da quello del ritratto fotografico.
D. – Accanto ai grandi
impressionisti francesi, emerge anche una straordinaria figura, quella di De
Nittis …
R. – Sì, De Nittis è vissuto a
Parigi. Ha portato naturalmente con sé il suo patrimonio italiano. Ha partecipato
alla situazione francese. E‘ un artista molto grande che è il caso di
sottolineare e valorizzare. Del resto lui ha partecipato alla prima mostra del
gruppo di Nadar nel 1874. Quindi, è un artista totalmente inserito in
quell’ambiente culturale.
D. – Le mostre sugli
impressionisti registrano sempre un incredibile successo. Qual è la magica
alchimia che attrae così tante persone verso queste tele, verso questi dipinti?
R. – Io credo che la gente senta
come questi artisti che sono degli innovatori siano anche degli artisti molto
legati alla grande tradizione e quindi sono fra i moderni quelli che non hanno
abbandonato il rapporto con il passato. E questo è un valore molto grande, da
loro difeso strenuamente. Credo che la gente lo senta. Oltre naturalmente al
fascino, sono artisti molto grandi. E naturalmente il lavoro che hanno fatto,
l’operazione che hanno realizzato nel corpo della pittura occidentale è
importantissimo. E la gente lo sente.
(musica)
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9 marzo 2003
ORE
DECISIVE PER LA CRISI IRACHENA: LA DIPLOMAZIA E’ AL LAVORO
IN VISTA DEL VOTO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU
SULLA NUOVA RISOLUZIONE ANGLO-AMERICANA, MENTRE LA MACCHINA
BELLICA
E’ ORMAI PRONTA A SFERRARE L’ATTACCO CONTRO L’IRAQ DI SADDAM
HUSSEIN
- A cura di Alessandro Gisotti
-
NEW YORK.= Dopo l’ultimatum lanciato da Washington,
Londra e Madrid a Saddam Hussein, la guerra all’Iraq sembra sempre più vicina.
Tra i segnali che fanno prevedere un’imminente escalation bellica, si registra
anche la decisione presa, nelle ultime ore, dalla Missione d'osservazione
dell’Onu per l'Iraq e il Kuwait (Unmik) di aumentare il proprio livello
d’allerta al confine tra i due Paesi. D’altro canto, si intensifica l’attività
della diplomazia in vista del voto al Consiglio di sicurezza dell’Onu –
probabilmente martedì prossimo – sulla nuova risoluzione promossa dagli
anglo-americani. L’asse franco-russo resta, comunque, compatto nella decisione
di non consentire che l’attacco all’Iraq abbia l’avallo delle Nazioni Unite,
ipotizzando anche l’utilizzo del diritto di veto. Stamani, tuttavia, il
segretario di Stato americano, Powell, ha dichiarato che gli Stati Uniti
contano ancora di ottenere il passaggio di una nuova risoluzione sull’Iraq.
Intanto, cinque deputati britannici hanno minacciato di dimettersi dal loro
incarico di sottosegretari del governo Blair se il premier ricorrerà alla forza
contro Baghdad, senza il placet del Palazzo di Vetro. Sempre da Londra,
arriva la notizia - riportata dal “Sunday
Telegraph” - che i piani anglo-americani per la guerra prevedono la
conquista della capitale in 72 ore, grazie ad un blitz dei paracadutisti
sull’aeroporto internazionale di Baghdad. In Germania, invece, polemiche dopo
che il viceministro socialdemocratico della Difesa, Walter Kolbow, ha definito
“dittatore” il presidente americano Bush. L’opposizione cristiano-democratica
ha protestato e chiesto spiegazioni al cancelliere Schroeder. Anche il mondo
arabo è in fibrillazione: ieri, il capo della diplomazia saudita Saud al Faisal
ha smentito l'arrivo di soldati americani nell’aeroporto di Arar, a una
quindicina di chilometri dalla frontiera irachena e ha ripetuto che Riad non
accetterà che il suo territorio venga utilizzato per una guerra contro Saddam.
Sul fronte pacifista, intanto, ieri oltre 800 mila persone si sono radunate a
Surabaya, la seconda città dell'Indonesia, per la più importante manifestazione
contro la guerra in Iraq mai svoltasi nel più popoloso Paese musulmano del
mondo. (A.G.)
UN’AZIONE
CONGIUNTA PER LA PACE IN COSTA D’AVORIO:
E’ L’OBIETTIVO CHE SI PROPONE
IL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE.
UNA DELEGAZIONE DELL’ORGANISMO SARA’ DOMANI NEL PAESE AFRICANO
PER INCONTRARE GLI ESPONENTI
DELLE COMUNITA’ RELIGIOSE LOCALI
GINEVRA. = Una delegazione del Consiglio ecumenico
delle Chiese (Wcc/Coe) e della Conferenza pan-africana delle Chiese (Ceta)
visiterà dal 10 al 12 marzo la Costa d’Avorio per esprimere la solidarietà del
movimento ecumenico con le Chiese ivoriane e per cercare una soluzione all’attuale
conflitto politico e etnico che divide il Paese. La delegazione sarà composta
di tre persone: Jean Fisher, ex direttore della Commissione incaricata
dell’assistenza ai rifugiati del Coe ed ex segretario generale della Conferenza
delle Chiese europee (Kek), il pastore Simon Dossou, presidente della Chiesa
metodista del Benin e il pastore Gerson Bessa, moderatore della Chiesa
evangelica presbiteriana del Togo. I tre delegati incontreranno nella capitale
Abidjan e, se possibile, in altre località, gli esponenti della Chiesa
cattolica e di altre comunità religiose locali per discutere la possibilità di
un’azione congiunta a favore della pace e della riconciliazione in Costa
d’Avorio. In programma anche un incontro con i rappresentanti del governo e dell’opposizione
e con lo speciale comitato istituito dall’accordo siglato lo scorso gennaio a
Parigi tra il governo e i ribelli. Lo scorso ottobre il segretario del
Consiglio ecumenico della Chiese, il pastore Konrad Raiser in una lettera aveva
esortato le Chiese a “fare il possibile” per impedire che il conflitto in Costa
d’Avorio degenerasse in una guerra civile e “ad analizzare le cause all’origine
della crisi”. (L.Z.)
MANDATO D’ARRESTO
DELL’INTERPOL PER L’ EX PRESIDENTE PERUVIANO, FUJMORI,
ATTUALMENTE RIFUGIATO IN
GIAPPONE. IL PARLAMENTO DI LIMA LO ACCUSA DI GRAVI CRIMINI TRA CUI OMICIDIO E
ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
LIMA. = Mandato d’arresto
internazionale per l’ex presidente peruviano Alberto Fujimori. Il ministro
della Giustizia peruviano, Fausto Alvarado, ha annunciato ieri a Lima che
Fujimori, attualmente rifugiato in Giappone, è oggetto di un mandato
dell'Interpol per reati che vanno dall'omicidio alla responsabilità della morte
di “desaparecidos”. In una citazione di due giorni fa, firmata dal presidente
del congresso peruviano, Fujimori viene invitato a presentarsi lunedì prossimo
davanti alla commissione parlamentare che si occupa del suo caso. L'accusa del
parlamento di Lima comprende omicidio qualificato, assassinio, lesioni gravi,
sequestro, associazione a delinquere e sparizione forzata. Fujimori, di 64 anni, è stato presidente del
Perù dal 1990 al 2000. Il 14 novembre di quell’anno, quando cominciarono ad
emergere i delitti, le irregolarità e la corruzione del suo regime, si rifugiò
in Giappone, Paese di origine della sua famiglia. (A.G.)
A MALTA, AFFLUENZA
RECORD ALLE URNE PER IL REFERENDUM SULL’ADESIONE ALL’UNIONE EUROPEA, HA VOTATO
IL 91 PER CENTO DEGLI ELETTORI.
SECONDO LE PRIME PROIEZIONI,
IL “SI’” OTTERREBBE IL 53 PER CENTO DEI VOTI
LA VALLETTA.= Altissima affluenza alle urne dei
maltesi, che ieri hanno votato per il
referendum sull'entrata dell'isola mediterranea nell'Unione europea. Si
è recata ai seggi elettorali il 91 per cento degli aventi diritto. Un tasso di
partecipazione così elevato ha sorpreso gli osservatori locali, perché, sebbene
i cittadini di Malta si rechino sempre in forze alle urne (alle politiche la
partecipazione è del 90 per cento) questa volta il leader dell'opposizione, il
laburista Alfred Sant, aveva rivolto un appello ai suoi elettori a non
partecipare allo scrutinio. L'affluenza elevata rafforza la speranza che il
risultato sia favorevole al Partito nazionalista (filo europeo) del premier
Eddie Fenech-Adami, che ha puntato sulla vittoria del “sì”. I votanti sono
stati 300.000. Secondo le prime proiezioni, i “sì” sono in testa con il 53 per
cento dei suffragi. Il dato è stato diffuso prima dalla tv del Partito
nazionalista del premier Adami, e dalla televisione pubblica successivamente.
Il 16 aprile prossimo Malta dovrà firmare ad Atene il trattato di adesione
all'Ue. (A.G.)
TRAGEDIE DELLA STRADA:
IN DUE INCIDENTI,
IN BOEMIA E
INDIA, PERDONO LA VITA OLTRE 30 PERSONE
KAPLICE.= Diciassette persone sono morte e numerose altre sono rimaste ferite ieri sera
quando la corriera su cui viaggiavano è uscita di strada e precipitata per
sette metri nei pressi di Kaplice, nella Boemia meridionale. Lo ha reso noto la
radio pubblica ceca “CRo” precisando che la corriera trasportava un gruppo di
turisti cechi che tornavano da una vacanza sciistica in Austria. Secondo quanto
ha riferito il capo della polizia locale, Dusan Klicha, fra le vittime vi è
anche un bambino. I feriti, molti dei quali in gravi condizioni, sono stati
ricoverati in due ospedali della regione. Al momento, non sono note le cause
dell'incidente. Tragico anche il bilancio di un altro incidente stradale
avvenuto tra un autobus e un automezzo, nella regione indiana del Tamil Nadu.
Nella sciagura hanno perso la vita 17 persone, tra cui due bambini. Almeno 13 i
feriti, di cui tre – secondo l’agenzia PTI – verserebbero in gravi condizioni.
(A.G.)
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