RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 68 - Testo della Trasmissione domenica 9  marzo 2003

 

Sommario   

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

 

L’esigenza di “purificare la coscienza” per “combattere il male con il bene” nel tempo liturgico della Quaresima e “nell’attuale contesto internazionale”, richiamata da Giovanni Paolo II all’Angelus domenicale

 

Il significato e il contenuto degli Esercizi Spirituali per il Papa e la Curia Romana, che si svolgono da stasera in Vaticano con le meditazioni proposte dall’arcivescovo Angelo Comastri: il presule ai nostri microfoni

 

 Con un telegramma augurale del Santo Padre, inaugurata all’Avana dal cardinale Crescenzio Sepe alla presenza di Fidel Castro la nuova casa religiosa delle Suore di Santa Brigida

 

 Crisi irachena e Convenzione europea, tra i temi trattati dal segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Jean Louis Tauran, in Lituania, a dieci anni dalla visita papale nella repubblica baltica.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 

Il mondo della solidarietà si mobilita per fronteggiare l’eventuale emergenza umanitaria in Iraq, nel caso di conflitto: ce ne parla il presidente dell’associazione “Un Ponte per…”, Fabio Alberti

 

Etica e internet, nuove sfide per la comunicazione: con noi, la prof.ssa Maria Rita Saulle e il direttore dell’Ansa Pierluigi Magnaschi

 

“Ritratti e Figure”, l’arte emozionante dell’impressionismo in mostra al Vittoriano di Roma: intervista con la prof.ssa Maria Teresa Benedetti.

 

CHIESA E SOCIETA’:

 

Ore cruciali per la crisi irachena: diplomazia al lavoro mentre la guerra appare più vicina

 

 Le Chiese cristiane preparano un’azione congiunta per la pace in Costa d’Avorio.

 

Mandato d’arresto dell’Interpol per l’ex presidente peruviano Fujmori.

 

A Malta affluenza record alle urne per il referendum sull’adesione all’Unione Europea.

 

Due incidenti stradali in Boemia e India in cui hanno perso la vita oltre 30 persone.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 marzo 2003

 

 

 

L’ESIGENZA DI “PURIFICARE LA COSCIENZA” PER “COMBATTERE IL MALE CON IL BENE” NEL TEMPO DELLA QUARESIMA E NELL’ATTUALE CONTESTO INTERNAZIONALE, RICHIAMATA DAL PAPA ALL’ANGELUS DOMENICALE

 

- A cura di Paolo Salvo -

 

 

Il Papa continuerà a pregare per la pace in Iraq e in Terra Santa, in modo speciale, anche durante gli Esercizi Spirituali che farà da questo pomeriggio con i suoi collaboratori in Vaticano. Lo ha detto nel discorso rivolto ai fedeli convenuti a mezzogiorno in Piazza San Pietro per l’Angelus domenicale, al termine di una riflessione dedicata al tempo liturgico della Quaresima, iniziato mercoledì scorso con il Rito delle Ceneri, un “itinerario penitenziale di preparazione alla Pasqua, occasione per tutti i battezzati di rinnovare lo spirito di fede e rinsaldare l’impegno di coerenza evangelica”.

 

“Alle vostre preghiere – ha detto Giovanni Paolo II – vorrei affidare, in modo speciale, gli Esercizi Spirituali che, a partire da questa sera, come ogni anno, avrò l’opportunità di fare insieme con i più stretti collaboratori della Curia Romana”. Il suo pensiero è quindi andato spontaneamente all’attuale situazione internazionale.

 

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Durante questa settimana di silenzio e di preghiera avrò presenti le necessità della Chiesa e le preoccupazioni dell’intera umanità, soprattutto per quanto concerne la pace in Iraq e in Terra Santa.

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Richiamandosi al Vangelo odierno, il Papa ha ricordato che “durante i quaranta giorni della Quaresima i credenti sono chiamati a seguire Cristo nel ‘deserto’, per affrontare e vincere con Lui lo spirito del male”. Parole forti e chiare, quelle di Giovanni Paolo II: “Si tratta – ha avvertito – di una lotta interiore, da cui dipende  le concreta impostazione della vita. E’ infatti dal cuore dell’uomo che scaturiscono le sue intenzioni e le sue azioni; è pertanto solo purificando la coscienza che si prepara la via della giustizia e della pace, sia sul piano personale che in ambito sociale”.

 

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Nell’attuale contesto internazionale, si avverte più forte l’esigenza di purificare la coscienza e convertire il cuore alla pace vera. Al riguardo, è quanto mai eloquente l’icona di Cristo che smaschera e vince le menzogne di Satana con la forza della verità, contenuta nella Parola di Dio.

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“Nell’intimo di ogni persona – ha sottolineato – risuonano la voce di Dio e quella insidiosa del maligno. Quest’ultima cerca di ingannare l’uomo seducendolo con la prospettiva di falsi beni, per distoglierlo dal vero bene, che consiste proprio nel compiere la volontà divina”. Quindi, l’indicazione della via per superare ogni prova.

 

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Ma la preghiera umile e fiduciosa, rafforzata dal digiuno, permette di superare anche le prove più dure, e infonde il coraggio necessario per combattere il male con il bene. La Quaresima diviene così un tempo di proficuo allenamento dello spirito.

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Dopo la preghiera dell’Angelus, Giovanni Paolo II ha salutato un gruppo di pellegrini portoghesi, augurando “la pace e la concordia nelle famiglie”, e ha ricordato l’appuntamento di sabato prossimo, alle ore 18.00, nell’Aula “Paolo VI”, per la veglia di preghiera mariana in occasione della prima Giornata Europea degli Universitari, sul tema: “La Carità intellettuale, anima della nuova Europa”.  “Vi attendo numerosi”, ha detto il Papa ai giovani universitari: “Invocheremo insieme Maria, Sedes Sapientiae, e a Lei affideremo le speranze e il cammino del Continente europeo”.

 

 

IL SIGNIFICATO DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO

 E LA TEMATICA CHE SARA’ SVILUPPATA DALL’ARCIVESCOVO ANGELO COMASTRI

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

 

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‘Dio è amore’: ripartiamo da questa bella notizia”: questo il tema che impronterà gli esercizi spirituali in Vaticano, da questo pomeriggio a sabato mattina prossimo. Le meditazioni saranno proposte dall’arcivescovo prelato di Loreto, Angelo Comastri. Si inizierà questo pomeriggio alle 18 con l’esposizione eucaristica, la celebrazione dei vespri, la meditazione introduttiva, l’adorazione, per finire con la benedizione eucaristica. A partire da domattina, quattro meditazioni al giorno, due al mattino e due al pomeriggio, fino alla conclusione, sabato mattina. Con noi, mons. Comastri:

 

D. – Eccellenza, quando si parla di esercizi spirituali, cosa si intende esattamente e quale ne è l’origine?

 

 

 

R. – Gli esercizi spirituali sono a un tempo propizio per staccarsi dalla vita di ogni giorno e per immergersi nel mistero della presenza di Dio che noi siamo portati a dimenticare o, per lo meno, ad emarginare. Alcuni giorni, durante l’anno, diventano giorni di intensa comunione con il Signore, per ritornare alla vita quotidiana con un occhio nuovo.

 

D. – Quando sono iniziati gli esercizi?

 

R. – E’ difficile dire quando siano iniziati gli esercizi, comunque nel Vangelo c’è una indicazione precisa: Gesù durante la vita pubblica, spesso si ritirava in luoghi silenziosi e pregava. Addirittura, una volta, disse agli apostoli “venite con me in un luogo solitario e riposatevi un poco”, cioè staccatevi dalla vita di ogni giorno. Quell’indicazione di Gesù ha fatto nascere varie esperienze di ritiro dal mondo, di abbandono del mondo per immergersi nel silenzio e ritrovare il senso delle parole alla luce della Parola di Dio.

 

D. – Quindi un’origine addirittura evangelica. Esercizi spirituali in Vaticano: anche il Papa ed i suoi collaboratori ne hanno bisogno?

 

R. – Tutti abbiamo bisogno degli esercizi spirituali. Il Papa che è il primo credente, è il primo che dà esempio. E’ il primo che si immerge nel silenzio per mettersi in ascolto di Dio e diventare colui che racconta agli altri l’esperienza di Dio ed ha il compito formidabile di confermare addirittura gli altri nella fede in Gesù.

 

D. – Perché ha scelto questo tema dell’amore di Dio e quale sarà l’architettura delle sue meditazioni?

 

R. – Il Papa più volte ha detto che gli uomini d’oggi sembrano segnati da particolari paure. Il tema dell’amore di Dio, è un tema di grande consolazione. E’ una sicurezza che nessuno potrà mai incrinare. Dio è amore e Dio ci ama. Nonostante tutto e tutti, nonostante quello che accade, nonostante quello che noi purtroppo facciamo accadere, Dio continua ad amarci. Questa è una certezza che deve riempirci il cuore di speranza, perché se Dio ci ama, l’esito della storia non può essere se non quello di una salvezza. Una salvezza per chi apre il cuore a Dio Salvatore.

 

D. – A quali criteri si è ispirato nello snodamento delle meditazioni che lei farà?

 

R. – Sono partito da un’affermazione dell’evangelista Giovanni, proprio all’inizio del suo Vangelo. Giovanni dice “Dio, nessuno l’ha mai visto”: è un’affermazione categorica. Il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui ce l’ha raccontato. Gesù ci ha raccontato il mistero di Dio. Allora ho iniziato a ripercorrere i primi bagliori della rivelazione di Dio nel Vecchio Testamento, perché già nel Vecchio Testamento il volto di Dio amore si manifesta in mezzo a tante imperfezioni, perché il popolo non riusciva a capire quel messaggio. Quindi Dio dà dei bagliori che già illuminano il cammino e in qualche modo anticipano quello che Gesù avrebbe detto. Poi viene Gesù. In Gesù la rivelazione di Dio amore raggiunge limiti che sono toccanti, fino alla Croce. La Croce è la massima manifestazione di Dio. Potremmo dire la più grande teofania è Dio che si manifesta come amore onnipotente, fino a dare la vita per noi.

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CHE LA NUOVA CASA RELIGIOSA DELLE SUORE DI SANTA BRIGIDA A CUBA

 SIA TESTIMONIANZA VIVA DELLA PERENNITA’ DEL MESSAGGIO EVANGELICO

NEL SENO DELLA SOCIETA’ CUBANA: QUESTO L’AUSPICIO DEL PAPA NEL TELEGRAMMA

AL CARDINALE CRESCENZIO SEPE CHE IERI A L’AVANA HA PRESIEDUTO

LA CERIMONIA DI INAUGURAZIONE ALLA PRESENZA DI FIDEL CASTRO

 

- A cura di Giovanni Peduto -

 

Fu lo stesso Fidel Castro a chiedere a Giovanni Paolo II l’apertura di una Casa di Suore brigidine inaugurata ieri a 5 anni del viaggio del Papa a Cuba e nel 25.mo del suo Pontificato. Fu voluta dal presidente cubano per l’impegno ecumenico delle Suore di Santa Brigida alle quali ha offerto un edificio già adibito a convento, ristrutturato e ampliato e che ieri alle 17 di Cuba, da noi erano le 23, il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il cardinale Crescenzio Sepe, ha benedetto ed inaugurato, alla presenza di Fidel Castro; del cardinale arcivescovo dell’Avana, Jaime Lucas Ortega y Alamino; del cardinale arcivescovo di Guadalajara, in Messico, Juan Sandoval Iñiguez; e di numerose altre autorità ecclesiastiche e civili.

 

         Nel corso della cerimonia è stata data lettura del Messaggio del Santo Padre, a firma del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. Il Pontefice si dice fiducioso che la nuova comunità religiosa delle Suore di Santa Brigida, che si unisce alle altre già esistenti sull’isola, e che con generosità si impegnano fra non poche difficoltà per l’elevazione spirituale, umana e sociale dell’isola, sia una testimonianza viva della perennità del messaggio evangelico in seno alla società cubana, contribuendo alla promozione degli autentici valori cristiani e umani per la costruzione di una società più giusta e fraterna. Il Pontefice chiede al Signore, per intercessione di Maria, Madre e Regina di Cuba, che sparga i suoi doni, sulle religiose della nuova casa, le quali, imitando la vita di preghiera e di ascesi della loro fondatrice, Santa Brigida, ottengano abbondanti frutti nel loro apostolato.

 

Attualmente quello brigidino è il 56.mo Istituto religioso femminile presente a Cuba e 22 sono  quelli maschili. “Inaugurare il convento brigidino dell’Avana – ha detto il cardinale Sepe nel corso della cerimonia – significa piantare un altro seme del Vangelo nella feconda terra cubana, collocare un’altra pietra nella costruzione del tempio di Cristo che è la Chiesa, riconoscere l’abnegazione e il lavoro fedele che tanti religiosi e religiose hanno svolto a Cuba in tempi difficili.

 

Fra poco, alle 16, ora di Roma, a Cuba saranno le 10  del mattino, il cardinale Sepe concelebrerà l’Eucaristia nella nuova cappella del convento brigidino con il rito di consacrazione del nuovo altare.

 

 

 

 

IL VIAGGIO IN LITUANIA DELL’ARCIVESCOVO JEAN-LOUIS TAURAN,

A DIECI ANNI DALLA VISITA DEL PAPA NELLA REPUBBLICA BALTICA

 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

 

Nella “Terra delle croci”: quattro giorni, dal 2 al 5 marzo, fitti di incontri e celebrazioni. La visita in Lituania dell’arcivescovo Jean-Louis Tauran, segretario per i rapporti con gli Stati, invitato dal Governo e dalla Conferenza episcopale, a 10 anni dalla storica accoglienza di Giovanni Paolo II a Vilnius, dove venne pure inaugurata in quell’occasione la sede della nunziatura apostolica. Ma non finiscono qui gli anniversari di questo 2003 nei rapporti di questo Paese con la Santa Sede: 80 anni fa il riconoscimento de jure della Lituania, e 5 anni dopo la firma del Concordato, poi sostituito nel 2000 con tre accordi bilaterali, sugli aspetti giuridici, sulla collaborazione in campo educativo e culturale, e sull’assistenza spirituale dei cattolici nelle Forze armate.

 

Nei suoi tanti appuntamenti mons. Tauran ha incontrato il neo presidente della Repubblica baltica, Paksas, che gli ha conferito una decorazione,  e poi il ministro degli Esteri Valionis e molte altre autorità civili. Numerosi anche i colloqui con esponenti della comunità ecclesiale, con il cardinale Backis, arcivescovo di Vilnius, con il nunzio apostolico Zurbriggen e con gli altri presuli lituani, con i seminaristi, con i fedeli.

 

Nel corso della visita l’arcivescovo Tauran  ha avuto modo anche di parlare sul ruolo della Santa Sede nel contesto internazionale e della sua diplomazia, sui criteri adottati nel dialogo bilaterale e multilaterale, e sull’impegno di Giovanni Paolo II e della Segretaria di Stato nell’attuale crisi irachena ed infine sui lavori della Convenzione europea.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 marzo 2003

 

 

IL MONDO DELLA SOLIDARIETA’ SI MOBILITA

PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA GUERRA IN IRAQ

 

- Intervista con Fabio Alberti -

 

 

Una guerra in Iraq potrebbe causare una catastrofe umanitaria senza precedenti. L’allarme, già lanciato dalle agenzie dell’Onu, è stato ribadito con preoccupazione nei giorni scorsi dalla Croce Rossa Internazionale. Un nuovo conflitto – si dice a Ginevra – potrebbe mettere definitivamente in ginocchio la popolazione civile che dal 1980 ha subito due guerre e le gravissime conseguenze, sul piano sanitario e alimentare, delle sanzioni. In questi giorni le organizzazioni umanitarie di tutto il mondo si stanno mobilitando per far fronte all’emergenza. Tra queste, “Un Ponte per...”, associazione di volontariato nata nel 1991 con la campagna “Un ponte per…Baghdad” per promuovere iniziative di aiuto umanitario in favore della popolazione irachena colpita dalla guerra e poi sviluppatasi verso altre aree di conflitto. Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente il presidente, Fabio Alberti:

 

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R. – La preoccupazione è grossa, soprattutto per il cibo e per l’acqua. 20 milioni di iracheni dipendono praticamente, per l’alimentazione, dalla distribuzione del paniere alimentare che fa il governo. Si prevede che questa, in casi di conflitto, venga interrotta e che, quindi, nel giro di poco tempo molti milioni di persone possano trovarsi senza cibo, così come potrebbero trovarsi senz’acqua, se come previsto, le centrali di produzione elettrica verranno colpite. Quindi, si interromperà il funzionamento della centrale di distribuzione e purificazione dell’acqua. Le Nazioni Unite prevedono oltre 500 mila vittime e un milione e mezzo di sfollati.

 

D. – C’è poi l’emergenza sanitaria …

 

R. – C’è un’emergenza sanitaria molto grossa. Già oggi in Iraq le malattie gastrointestinali sono la principale causa di morte. C’è la previsione di una diffusione molto rapida di epidemie e di infezioni gastrointestinali che potrebbero essere fatali per centinaia di milioni di persone.

 

D. – E poi la mancanza di medicinali che già si avverte ora sarà moltiplicata …

 

R. – Certo, noi avremo, come prevedibile, nello stesso tempo una carenza di medicinali, perché si interromperanno i rifornimenti dall’esterno. Le persone moriranno per malattie che da noi si curano con medicine economiche, da banco, ma che in quel momento verranno a mancare. L’emergenza - carenza di cibo e di medicinali - purtroppo dura da 12 anni, da quando dopo la guerra del Golfo sono state confermate le sanzioni economiche. Negli ultimi due anni la situazione cominciava a migliorare soprattutto dal punto di vista alimentare: eravamo arrivati a quasi 2200 calorie a testa, distribuite con il paniere alimentare. Ma la emergenza è continuata in questi anni, in particolare sul versante agricolo. L’Iraq produce soltanto il 25 per cento del suo fabbisogno alimentare, e la mancanza di concimi, di pesticidi e di macchinari agricoli ha determinato una ulteriore riduzione della produzione agricola, a cui non si può far fronte soltanto con le importazioni dall’estero.

 

D. – Le organizzazioni umanitarie come stanno preparandosi ad un eventuale attacco nei confronti di Baghdad?

 

R. – Alcune organizzazioni stanno cominciando a prendere accordi con l’esercito statunitense per intervenire. Noi non siamo fra quelle. E non sono fra quelle le oltre 30 organizzazioni italiane che si sono riunite al tavolo di solidarietà con le popolazioni dell’Iraq, che lancerà molto presto una campagna di raccolta fondi e volontari, per intervenire congiuntamente in soccorso alle vittime. Nei primi interventi che prevediamo c’è l’invio di materiale e, immediatamente dopo, l’avvio di programmi di assistenza nei confronti dei rifugiati.

 

D. – Per quale motivo non avete preso accordi con l’esercito statunitense?

 

R. – Perché vediamo purtroppo, da un po’ di tempo, gli interventi umanitari si tende a renderli funzionali all’intervento militare. Sappiamo già ad esempio che le forze di occupazione statunitensi, se ci saranno, permetteranno l’intervento soltanto nelle zone cosiddette liberate. Noi cercheremo di essere prima nel Paese. Già nei prossimi giorni partiremo per rafforzare il nostro ufficio di Baghdad, per essere già all’interno del Paese ed operare nei limiti del possibile anche nelle zone che gli americani non considereranno liberate, cioè verso tutta la popolazione.

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ETICA E INTERNET, NUOVE SFIDE DELLA COMUNICAZIONE

 

- Con noi, Maria Rita Saulle e Pierluigi Magnaschi -

 

 

Si è concluso nei giorni scorsi a Ginevra il secondo comitato preparatorio per il vertice mondiale sulla società dell’informazione, in programma il prossimo dicembre nella stessa città. L’iniziativa, promossa dalle Nazioni Unite, ha lo scopo di sensibilizzare la comunità internazionale sui problemi legati alla diffusione e all’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche.

 

         Al comitato preparatorio hanno preso parte 1.500 delegati in rappresentanza dei governi, delle organizzazioni non governative e della società civile. E’ stato lanciato un grido d’allarme per la crescita del “digital divide” tra il Nord e il Sud del mondo. Alla professoressa Maria Rita Saulle, ordinario di diritto internazionale all’Università di Roma “La Sapienza”, Ignazio Ingrao ha chiesto cosa si intende con questa espressione e quali sono le responsabilità della comunità internazionale.

 

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Il digital divide sta ad indicare le difficoltà di accesso che i Paesi più poveri hanno nei confronti della comunicazione e anche le difficoltà che nell’ambito di Paesi meno poveri, singole categoria di persone, perché meno acculturate, meno abituate al know how hanno appunto in questo settore, perché attraverso a volte questa alfabetizzazione computerizzata, che è più facile dell’alfabetizzazione letterale si acquisiscono dati che consentono un miglior tenore di vita. D’altra parte però c’è rischio talora di incorrere in forme propagandistiche da parte di regimi totalitari. Naturalmente il problema che vogliamo porre è intanto la più ampia apertura a tutti, possibilmente del sistema digitale, facendo delle precisazioni che occorre appunto l’etica. In questo settore d’altra parte non si può prescindere da un’etica da parte di chi utilizza ma anche di chi dissemina informazioni attraverso il sistema digitale. Anni addietro, nell’ambito dell’Unesco, i Paesi poveri chiedevano l’accesso al nuovo ordine mondiale della comunicazione, che fu un dramma che determinò poi la fuoriuscita dall’Unesco degli Stati Uniti che recentemente sono ritornati. E’ un pianeta che si apre, in cui da una parte noi abbiamo il diritto ad essere informati ed il diritto di informare, che devono essere assoluti e in una società democratica, il sistema di censura dovrebbe essere assolutamente abolito o almeno limitato e circoscritto entro limiti strettissimi, e dall’altra invece, c’è questa necessità di non propagandare, di non propalare notizie che possono essere false e tendenziose, come si direbbe nel codice. Quindi c’è una difficoltà di contemperare opposte esigenze.

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         Come ha affermato la prof.ssa Saulle le tecnologie digitali stanno provocando una profonda trasformazione della società dell’informazione. Al direttore dell’Ansa, Pierluigi Magnaschi, Ingrao ha chiesto in che misura la diffusione di internet ha rivoluzionato il rapporto tra i giornalisti e le loro fonti.

 

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R. -  Internet è uno strumento che si mette a disposizione di antichi mestieri come ad esempio quello del comunicare. La modifica quindi è essenzialmente dovuta alla possibilità di diffondere più rapidamente le informazioni con dei costi minori, rendendole disponibili a tutto il mondo. Per il resto non è cambiato nulla nelle informazioni, per le informazioni spazzatura, del resto spazzatura si è vista in televisione, pubblicata sui giornali o diffusa via internet, la informazione qualificata si è verificata invece, indipendentemente dal mezzo che la diffonde, resta tale.

 

D. –    Di fronte alla proliferazione del giornale su internet, di tanti tipi, che tutela c’è per i lettori?

 

R. – Adesso, quando un lettore si avvicina al Corriere della Sera, a Repubblica, al New York Times, ecc, si avvicina a dei prodotti che da un certo punto di vista hanno una serietà certificata. Si possono discutere i singoli articoli, ma l’insieme è sicuramente molto professionale. La proliferazione dei siti, evidentemente, diffonde anche del materiale spazzatura, come dicevo prima, quindi il lettore, l’utente deve essere più smaliziato per cercare di capire qual è l’informazione vera e quale l’informazione drogata.

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RITRATTI E FIGURE: L’ARTE EMOZIONANTE DELL’IMPRESSIONISMO

 IN MOSTRA AL VITTORIANO DI ROMA

 

- Con noi, la prof.ssa Maria Teresa Benedetti -

 

         Non solo paesaggi. Con la mostra “Ritratti e Figure”, inaugurata in settimana al Vittoriano di Roma, si getta luce su una produzione pittorica meno conosciuta degli Impressionisti, ma sempre straordinaria e ricca d’emozioni. Attraverso 70 opere provenienti da 50 musei di 16 nazioni diverse, il visitatore potrà ammirare – fino al 6 luglio – un affresco della società francese dell’Ottocento. I capolavori esposti portano la firma degli assoluti protagonisti del movimento impressionista da Degas a Manet, da Cezanne a Monet, ancora da Renoir a Camille. Non mancano, tuttavia, le opere di artisti italiani - come De Nittis, Boldini e Zandomeneghi – che, accanto al gruppo storico dei francesi, hanno rappresentato un contributo importante alla ricerca artistica dell’Impressionismo. Sulle ragioni che hanno indotto a centrare la mostra su “ritratti e figure” degli impressionisti, ascoltiamo la curatrice Maria Teresa Benedetti, intervistata da Alessandro Gisotti:

 

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(musica)

 

R. – Degas non è mai stato un grande paesaggista, è sempre stato un autore di figure. Renoir è stato un grande pittore di paesaggio, ma anche un ritrattista che ha fatto ritratti su commissione. Quindi, questi sono degli artisti davvero  complessi, ciascuno di essi. Ognuno è un mondo. E chiaramente nella mostra viene fuori la diversità, la ricchezza di questo panorama.

 

D. –    Un binomio che viene affrontato in questa mostra è “fotografia e impressionisti” …

 

R. – Per Degas è stato una pietra di paragone costante. Degas dal ’90 in avanti non ha fatto più ritratti dipinti, ma ritratti fotografici. Chiaramente la suggestione della fotografia è molto forte. I tagli di Degas sono quasi sempre tagli dall’alto, sono tagli fotografici. Talvolta, le immagini sono troncate come nelle istantanee. La fotografia è stata per loro naturalmente uno stimolo e nello stesso tempo un motivo anche di angoscia, perché il primato che apparteneva al ritratto dipinto, in qualche modo viene soppiantato da quello del ritratto fotografico.

 

D. – Accanto ai grandi impressionisti francesi, emerge anche una straordinaria figura, quella di De Nittis …

 

R. – Sì, De Nittis è vissuto a Parigi. Ha portato naturalmente con sé il suo patrimonio italiano. Ha partecipato alla situazione francese. E‘ un artista molto grande che è il caso di sottolineare e valorizzare. Del resto lui ha partecipato alla prima mostra del gruppo di Nadar nel 1874. Quindi, è un artista totalmente inserito in quell’ambiente culturale.

 

D. – Le mostre sugli impressionisti registrano sempre un incredibile successo. Qual è la magica alchimia che attrae così tante persone verso queste tele, verso questi dipinti?

 

R. – Io credo che la gente senta come questi artisti che sono degli innovatori siano anche degli artisti molto legati alla grande tradizione e quindi sono fra i moderni quelli che non hanno abbandonato il rapporto con il passato. E questo è un valore molto grande, da loro difeso strenuamente. Credo che la gente lo senta. Oltre naturalmente al fascino, sono artisti molto grandi. E naturalmente il lavoro che hanno fatto, l’operazione che hanno realizzato nel corpo della pittura occidentale è importantissimo. E la gente lo sente.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

9 marzo 2003

 

 

 

ORE DECISIVE PER LA CRISI IRACHENA: LA DIPLOMAZIA E’ AL LAVORO

 IN VISTA DEL VOTO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU

 SULLA NUOVA RISOLUZIONE ANGLO-AMERICANA, MENTRE LA MACCHINA BELLICA

 E’ ORMAI PRONTA A SFERRARE L’ATTACCO CONTRO L’IRAQ DI SADDAM HUSSEIN

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

NEW YORK.= Dopo l’ultimatum lanciato da Washington, Londra e Madrid a Saddam Hussein, la guerra all’Iraq sembra sempre più vicina. Tra i segnali che fanno prevedere un’imminente escalation bellica, si registra anche la decisione presa, nelle ultime ore, dalla Missione d'osservazione dell’Onu per l'Iraq e il Kuwait (Unmik) di aumentare il proprio livello d’allerta al confine tra i due Paesi. D’altro canto, si intensifica l’attività della diplomazia in vista del voto al Consiglio di sicurezza dell’Onu – probabilmente martedì prossimo – sulla nuova risoluzione promossa dagli anglo-americani. L’asse franco-russo resta, comunque, compatto nella decisione di non consentire che l’attacco all’Iraq abbia l’avallo delle Nazioni Unite, ipotizzando anche l’utilizzo del diritto di veto. Stamani, tuttavia, il segretario di Stato americano, Powell, ha dichiarato che gli Stati Uniti contano ancora di ottenere il passaggio di una nuova risoluzione sull’Iraq. Intanto, cinque deputati britannici hanno minacciato di dimettersi dal loro incarico di sottosegretari del governo Blair se il premier ricorrerà alla forza contro Baghdad, senza il placet del Palazzo di Vetro. Sempre da Londra, arriva la notizia - riportata dal “Sunday  Telegraph” - che i piani anglo-americani per la guerra prevedono la conquista della capitale in 72 ore, grazie ad un blitz dei paracadutisti sull’aeroporto internazionale di Baghdad. In Germania, invece, polemiche dopo che il viceministro socialdemocratico della Difesa, Walter Kolbow, ha definito “dittatore” il presidente americano Bush. L’opposizione cristiano-democratica ha protestato e chiesto spiegazioni al cancelliere Schroeder. Anche il mondo arabo è in fibrillazione: ieri, il capo della diplomazia saudita Saud al Faisal ha smentito l'arrivo di soldati americani nell’aeroporto di Arar, a una quindicina di chilometri dalla frontiera irachena e ha ripetuto che Riad non accetterà che il suo territorio venga utilizzato per una guerra contro Saddam. Sul fronte pacifista, intanto, ieri oltre 800 mila persone si sono radunate a Surabaya, la seconda città dell'Indonesia, per la più importante manifestazione contro la guerra in Iraq mai svoltasi nel più popoloso Paese musulmano del mondo. (A.G.)

 

 

 

UN’AZIONE CONGIUNTA PER LA PACE IN COSTA D’AVORIO:

E’ L’OBIETTIVO CHE SI PROPONE IL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE.

 UNA DELEGAZIONE DELL’ORGANISMO SARA’ DOMANI NEL PAESE AFRICANO

PER INCONTRARE GLI ESPONENTI DELLE COMUNITA’ RELIGIOSE LOCALI

 

GINEVRA. = Una delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc/Coe) e della Conferenza pan-africana delle Chiese (Ceta) visiterà dal 10 al 12 marzo la Costa d’Avorio per esprimere la solidarietà del movimento ecumenico con le Chiese ivoriane e per cercare una soluzione all’attuale conflitto politico e etnico che divide il Paese. La delegazione sarà composta di tre persone: Jean Fisher, ex direttore della Commissione incaricata dell’assistenza ai rifugiati del Coe ed ex segretario generale della Conferenza delle Chiese europee (Kek), il pastore Simon Dossou, presidente della Chiesa metodista del Benin e il pastore Gerson Bessa, moderatore della Chiesa evangelica presbiteriana del Togo. I tre delegati incontreranno nella capitale Abidjan e, se possibile, in altre località, gli esponenti della Chiesa cattolica e di altre comunità religiose locali per discutere la possibilità di un’azione congiunta a favore della pace e della riconciliazione in Costa d’Avorio. In programma anche un incontro con i rappresentanti del governo e dell’opposizione e con lo speciale comitato istituito dall’accordo siglato lo scorso gennaio a Parigi tra il governo e i ribelli. Lo scorso ottobre il segretario del Consiglio ecumenico della Chiese, il pastore Konrad Raiser in una lettera aveva esortato le Chiese a “fare il possibile” per impedire che il conflitto in Costa d’Avorio degenerasse in una guerra civile e “ad analizzare le cause all’origine della crisi”. (L.Z.)

 

 

MANDATO D’ARRESTO DELL’INTERPOL PER L’ EX PRESIDENTE PERUVIANO, FUJMORI,

ATTUALMENTE RIFUGIATO IN GIAPPONE. IL PARLAMENTO DI LIMA LO ACCUSA DI GRAVI CRIMINI TRA CUI OMICIDIO E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

 

LIMA. = Mandato d’arresto internazionale per l’ex presidente peruviano Alberto Fujimori. Il ministro della Giustizia peruviano, Fausto Alvarado, ha annunciato ieri a Lima che Fujimori, attualmente rifugiato in Giappone, è oggetto di un mandato dell'Interpol per reati che vanno dall'omicidio alla responsabilità della morte di “desaparecidos”. In una citazione di due giorni fa, firmata dal presidente del congresso peruviano, Fujimori viene invitato a presentarsi lunedì prossimo davanti alla commissione parlamentare che si occupa del suo caso. L'accusa del parlamento di Lima comprende omicidio qualificato, assassinio, lesioni gravi, sequestro, associazione a delinquere e sparizione forzata.  Fujimori, di 64 anni, è stato presidente del Perù dal 1990 al 2000. Il 14 novembre di quell’anno, quando cominciarono ad emergere i delitti, le irregolarità e la corruzione del suo regime, si rifugiò in Giappone, Paese di origine della sua famiglia. (A.G.)

 

 

 

 

 

 

 

A MALTA, AFFLUENZA RECORD ALLE URNE PER IL REFERENDUM SULL’ADESIONE ALL’UNIONE EUROPEA, HA VOTATO IL 91 PER CENTO DEGLI ELETTORI.

SECONDO LE PRIME PROIEZIONI, IL “SI’” OTTERREBBE IL 53 PER CENTO DEI VOTI

 

LA VALLETTA.= Altissima affluenza alle urne dei maltesi, che ieri hanno votato per il  referendum sull'entrata dell'isola mediterranea nell'Unione europea. Si è recata ai seggi elettorali il 91 per cento degli aventi diritto. Un tasso di partecipazione così elevato ha sorpreso gli osservatori locali, perché, sebbene i cittadini di Malta si rechino sempre in forze alle urne (alle politiche la partecipazione è del 90 per cento) questa volta il leader dell'opposizione, il laburista Alfred Sant, aveva rivolto un appello ai suoi elettori a non partecipare allo scrutinio. L'affluenza elevata rafforza la speranza che il risultato sia favorevole al Partito nazionalista (filo europeo) del premier Eddie Fenech-Adami, che ha puntato sulla vittoria del “sì”. I votanti sono stati 300.000. Secondo le prime proiezioni, i “sì” sono in testa con il 53 per cento dei suffragi. Il dato è stato diffuso prima dalla tv del Partito nazionalista del premier Adami, e dalla televisione pubblica successivamente. Il 16 aprile prossimo Malta dovrà firmare ad Atene il trattato di adesione all'Ue. (A.G.)

 

 

TRAGEDIE DELLA STRADA: IN DUE INCIDENTI,

 IN BOEMIA E INDIA, PERDONO LA VITA OLTRE 30 PERSONE

 

KAPLICE.= Diciassette persone sono morte e  numerose altre sono rimaste ferite ieri sera quando la corriera su cui viaggiavano è uscita di strada e precipitata per sette metri nei pressi di Kaplice, nella Boemia meridionale. Lo ha reso noto la radio pubblica ceca “CRo” precisando che la corriera trasportava un gruppo di turisti cechi che tornavano da una vacanza sciistica in Austria. Secondo quanto ha riferito il capo della polizia locale, Dusan Klicha, fra le vittime vi è anche un bambino. I feriti, molti dei quali in gravi condizioni, sono stati ricoverati in due ospedali della regione. Al momento, non sono note le cause dell'incidente. Tragico anche il bilancio di un altro incidente stradale avvenuto tra un autobus e un automezzo, nella regione indiana del Tamil Nadu. Nella sciagura hanno perso la vita 17 persone, tra cui due bambini. Almeno 13 i feriti, di cui tre – secondo l’agenzia PTI – verserebbero in gravi condizioni. (A.G.)

 

 

 

 

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