RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 67 - Testo della Trasmissione sabato 8  marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nel segno della pace e della solidarietà, festoso incontro di Giovanni Paolo II con migliaia di giovani italiani del servizio civile

 

 Si iniziano domani pomeriggio in Vaticano gli Esercizi spirituali per il Papa e la Curia Romana, predicati dall’arcivescovo Angelo Comastri. Da Sant’Ignazio ad oggi, una pratica sempre attuale per scoprire in se stessi la voce di Dio: intervista con il gesuita padre Mario Marcolini

 

 Gli sviluppi ecumenici tra la Santa Sede e la Chiesa ortodossa di Grecia, in un comunicato del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si inaugura a L’Avana la prima casa delle Suore Brigidine a Cuba voluta dal presidente Fidel Castro: con noi, l’abbadessa Tekla Famiglietti e l’ambasciatore cubano Isidro Gòmez Santos

 

 Le iniziative per lo sviluppo diano priorità ai problemi delle donne: così Kofi Annan nel messaggio per la festa dell’8 marzo

 

Le reazioni del mondo islamico di fronte agli sviluppi della crisi irachena: con noi il giornalista Camille Eid e padre Justo Lacunza.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I sacerdoti africani presenti a Roma riflettono sul ruolo della Chiesa nel continente segnato dai conflitti

 

I vescovi del Kenya si sono pronunciati nei giorni scorsi contro la possibile introduzione dell’aborto legale nel Paese

 

Cresce la preoccupazione del governo della Repubblica del Congo per la diffusione dell’epidemia di ebola

 

Le autorità giudiziarie di Nazareth ordinano di demolire le strutture della controversa Moschea vicino alla Basilica della Natività.

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iraq procede con la distruzione di altri 6 missili al Samoud, mentre ieri Washington ha lanciato un ultimatum a Saddam

 

 In Medio Oriente nuovi episodi di violenza mentre a Ramallah si è riunito il comitato centrale dell’Olp per ratificare la nomina di Abu Mazen a primo ministro

 

 Referendum oggi a Malta sull’adesione all’Unione Europea.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 marzo 2003

 

 

 

CON IL PAPA QUESTA MATTINA IN VATICANO MIGLIAIA DI GIOVANI

DEL SERVIZIO CIVILE NAZIONALE,

TESTIMONI DI ACCOGLIENZA E SOLIDARIETA’.

L’OMAGGIO PARTICOLARE DI GIOVANNI PAOLO II ALLE DONNE VOLONTARIE

 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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(musica)      

 

A colpo d’occhio migliaia di sciarpe bianche, e poi musica, canzoni che hanno riecheggiato nell’Aula Paolo VI: la voglia di esserci di 8500 giovani, ragazze e ragazzi del Servizio civile che stamane sono venuti a Roma da ogni parte d’Italia per incontrare il Papa. L’appuntamento è iniziato alle 9.30 con uno spettacolo che è stato trasmesso da Telepace e Sat Duemila: tra gli artisti presenti Aleandro Baldi e Paolo Vallesi. Poi intorno alle 11, accolto da un’ovazione, l’arrivo di Giovanni Paolo II:

 

“Grazie per questa visita, che mi offre l’opportunità di conoscervi meglio e di esprimervi apprezzamento per la professionalità e la dedizione con cui andate incontro a quanti si trovano in difficoltà, pronti ad offrire loro il vostro sostegno”.

 

Giovani - ha ricordato il Santo Padre - che “per convinzione personale profonda hanno scelto di svolgere il servizio civile in luogo di quello militare” e ragazze e ragazzi che grazie alle nuove normative “hanno deciso di consacrare alcuni anni della loro gioventù alla nobile causa del bene comune, per costruire una società imperniata sui valori umani e spirituali, diffondendo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà.”

 

Dunque un “segno dei tempi”, il servizio civile nell’attuale momento storico e  per questo anche la Chiesa - ha sottolineato Giovanni Paolo II - intende fare spazio a questa preziosa riserva di energie, collaborando con le Istituzioni civili alla ridefinizione del quadro giuridico entro cui dar vita al nuovo Servizio civile, le cui prospettive in Italia sono state illustrate al Papa dall’on. Carlo Giovanardi, ministro per i rapporti con il Parlamento, presente all’incontro. Tutela dei diritti delle persone, educazione alla pace e alla cooperazione internazionale, formazione dei minori, assistenza domiciliare e ospedaliera, sostegno nel lavoro agli handicappati, promozione culturale e ambientale: i principali campi di azione del Servizio civile. E poi un omaggio particolare del Santo Padre:

 

“Mi piace quest'oggi, giorno dedicato alla donna, ricordare il contributo che proprio tante donne, attraverso il servizio civile nazionale, hanno dato e continuano ad offrire al consolidarsi delle comunità civili ed ecclesiali.”

 

Come questa ragazza, una fra tante, al microfono di Dorotea Gambardella:

 

“Sono Giuliana Bosio, arrivo da Torino. Sto facendo il servizio civile in un centro diurno per handicappati. Sentivo il bisogno di dare una mano a qualcuno, perché mi sento fortunata e voglio dare solidarietà”.

 

(musica)

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Nell’Aula Paolo VI ad incontrare stamattina Giovanni Paolo II era anche un folto gruppo di dirigenti, dipendenti e familiari della Banca di Credito Cooperativo Sangro Teatina, accompagnati dall’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Edoardo Menichelli. Una Istituzione fondata 100 anni fa grazie – ha ricordato il Papa – alla provvida iniziativa di quattro sacerdoti: si chiamava allora Cassa Rurale Cattolica Depositi e Prestiti San Francesco d’Assisi e l’intento era di andare incontro ai ceti rurali, non di rado vittime dell’usura. Lo stile di solidarietà e l’ispirazione etico-sociale improntata al Vangelo  sono rimaste patrimonio di questa Banca che opera in Abruzzo e Molise. “Che la vostra attività prosegua -  ha auspicato il Santo Padre - mantenendo lo spirito delle origini e si apra con coraggio e lungimiranza alle emergenti necessità dell’attuale momento storico.”

 

 

IN UDIENZA DAL PAPA IL CARDINALE VICARIO CAMILLO RUINI,

 CON I RESPONSABILI DELLA PASTORALE UNIVERSITARIA E GIOVANILE.

 NOMINA DI CURIA. PROVVISTE DI CHIESE IN ITALIA E GUINEA EQUATORIALE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina il cardinale vicario, Camillo Ruini, con mons. Marco Frisina, direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma, mons. Lorenzo Lezzi, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria, mons. Mauro Parmeggiani, direttore del Servizio per la pastorale giovanile, e tre cappellani di atenei, ossia il gesuita padre Gian Giacomo Rotelli, cappellano dell’Università “La Sapienza”, don Natale Loda, cappellano dell’Università “Tor Vergata”, e il salesiano don Enrico Dal Covolo, cappellano della Pontificia Università Salesiana.

 

Sabato prossimo 15 marzo si terrà la prima Giornata europea degli universitari, promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) e dal Comitato europeo dei cappellani universitari, in collaborazione con il Vicariato di Roma-Ufficio per la pastorale universitaria. L’avvenimento principale avrà luogo alla presenza del Santo Padre sabato pomeriggio, nell’Aula “Paolo VI” in Vaticano. L’iniziativa del mondo universitario cattolico intende dar seguito all’indizione dell’Anno del Rosario da parte di Giovanni Paolo II e ricordare i 25 anni dall’inizio del suo Pontificato. L’evento sarà presentato giovedì a mezzogiorno nella sede della Radio Vaticana a Palazzo Pio.

 

Sempre questa mattina, il Papa ha ricevuto in successive udienze l’arcivescovo Ivo Scapolo, nunzio apostolico in Bolivia, e il prelato mons. Paul Richard Gallagher, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa.

 

Il Santo Padre ha nominato presidente della Commissione permanente per la tutela dei Monumenti Storici e Artistici della Santa Sede l’arcivescovo Francesco Marchisano. Il presule ricopre attualmente anche la carica di presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

 

In Italia, il Papa ha nominato arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo e delegato della Santa Sede per le Opere di San Pio da Pietrelcina mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, finora arcivescovo di Foggia-Bovino. Il presule subentra a mons. Vincenzo D’Addario, trasferito nell’agosto della scorso anno alla guida della diocesi di Teramo-Atri. Nel gennaio scorso, la denominazione di San Giovanni Rotondo fu aggiunta a quella di Manfredonia-Vieste per indicare l’arcidiocesi pugliese.

 

In Guinea Equatoriale, il Pontefice ha nominato  vescovo di Ebebiyin il sacerdote padre Alfred Maria Oburu Asue, di 55 anni, attuale superiore regionale dei missionari claretiani e parroco a Franceville in Gabon. Prende il posto di mons. Juan Matogo Oyana, anch’egli missionario claretiano, trasferito lo scorso anno alla diocesi di Bata.

 

 

AL VIA, DOMANI, GLI ESERCIZI SPIRITUALI DEL PAPA E DELLA CURIA ROMANA.

DA SANT’IGNAZIO AD OGGI, CINQUE SECOLI DI UNA PRATICA ANTICA E SEMPRE ATTUALE PER SCOPRIRE IN SE STESSI LA VOCE DI DIO

 

- Intervista con il gesuita, padre Mario Marcolini -

 

“Gli Esercizi sono certamente quanto di meglio io posso concepire, conoscere e comprendere in questa vita, sia per il progresso personale di un uomo, sia per i frutti, l'aiuto e il profitto ch'egli può procurare a molti altri”. E’ il 16 novembre 1536 quando Ignazio di Loyola scrive da Venezia queste righe al suo confessore, Emanuele Miona. Nella lettera, il fondatore della Compagnia di Gesù spiega l’efficacia, già ampiamente sperimentata, della pratica spirituale da lui stesso messa a punto. Per la Chiesa del tempo, il “mese ignaziano” - come furono definite le quattro settimane originarie degli esercizi spirituali - fu una vera rivoluzione, non subito compresa appieno. L’approvazione pontificia maturò diversi anni dopo: il 31 luglio 1548, dopo opportune verifiche, Papa Paolo III definì gli Esercizi ignaziani “pieni di pietà e santità”, ritenendoli per il presente e per il futuro “molto utili per il progresso spirituale dei fedeli”.

 

Alla vigilia della tradizionale settimana quaresimale di esercizi spirituali del Papa e della Curia romana - che inizieranno domani e dureranno fino a sabato 15 marzo - il percorso dottrinale e meditativo che seguirà il predicatore designato - l’arcivescovo Prelato di Loreto, Angelo Comastri - si snoderà attorno al tema di Dio Amore, “bella notizia” annunciata al mondo. Sette giorni di riflessione tra passi biblici, parabole evangeliche e vite dei Santi, scanditi dalla liturgia delle Lodi e dal Rosario: tante tessere di un mosaico pensato - come disse Sant’Ignazio – per “preparare e disporre l'anima a togliere tutti gli affetti disordinati e, dopo averli tolti, a cercare e trovare la volontà di Dio nella disposizione della propria vita”. Padre Mario Marcolini, gesuita ed esperto di esercizi spirituali che predica nella casa di Bassano del Grappa, spiega, al microfono di Alessandro De Carolis, l’essenza e l’attualità di questa pratica:

 

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R. - Posso dire che sono una esperienza forte di Dio, suscitata dall’ascolto della sua Parola: Parola accolta nel proprio vissuto personale, sotto l’azione dello spirito Santo, in un clima di silenzio e di preghiera, con l’aiuto di una guida spirituale. Questo ascolto dona la capacità del discernimento per il compimento della propria missione battesimale oggi.

 

D. - Sant’Ignazio ha codificato gli Esercizi spirituali circa 500 anni fa. Da quel momento, come si è evoluta questa pratica?.

 

R. – Sinteticamente, si può dire che da Sant’Ignazio ad oggi si può cogliere una evoluzione, nella proposta degli Esercizi, sotto forma di predicazione. Fortunatamente, con il Concilio Vaticano II si è avuta una ripresa degli Esercizi, così come originariamente Sant’Ignazio li aveva pensati. Ora si lascia parlare molto di più il Signore e la guida non fa altro che accompagnare l’esercitante ad incontrare il suo Signore.

 

D. - Esercitare lo spirito sembra oggi uno sforzo un po’ fuori luogo nella società moderna che ama molto di più esercitare il corpo. C’è richiesta oggi di vivere gli esercizi spirituali?

 

R. – E’ vero, esiste una contraddizione. Da una parte,  vi è una società che porta l’uomo sulle strade del materialismo. Dall’altra, però, troviamo, specialmente nelle giovani generazioni, un grande desiderio di spiritualità. Molto spesso, questo desiderio porta i giovani su strade diverse, più facili, ma poi, si verifica anche un ritorno. Ultimamente, ho avuto la possibilità di incontrare delle persone che, dopo aver frequentato per circa 10 anni il movimento buddista, hanno capito che l’unica vera religione è ritornare al Cristianesimo che avevano abbandonato.

 

D. - Spesso, pensando agli Esercizi spirituali, li si ritiene appannaggio di persone legate in maniera stretta all’ambiente ecclesiale, come sacerdoti o suore. In base alla sua esperienza, che tipo di rapporto hanno i laici con gli esercizi spirituali?

 

R. - Vediamo come specialmente gli Esercizi nella vita ordinaria siano veramente frequentati, ricercati da molti laici. Qui nel Veneto, dove mi trovo, vi sono ad esempio centinaia di persone che in questi ultimi anni hanno fatto gli Esercizi spirituali nella vita ordinaria che durano due anni.

 

D. - Per parlare dell’efficacia degli Esercizi spirituali può essere utile il ricorso ad un esempio concreto, un’esperienza-simbolo. Ne ricorda qualcuna?

 

R. – Certamente. Ve ne è una che mi ha lasciato sconcertato per il modo in cui lo spirito opera nelle persone. Una giovane, che da più di 15 anni aveva abbandonato la fede, si è trovata a vivere il mese ignaziano e, dopo alcuni mesi, si è licenziata per entrare in un convento di suore. Ma a parte questo episodio limite, ci sono tante persone trasformate dagli esercizi spirituali. Posso leggere alcuni passi di qualche lettera che ho ricevuto in questo tempo. Per esempio, un sacerdote mi scrive: per me gli Esercizi sono stati un’esperienza che ha segnato la mia vita spirituale e sacerdotale dopo 25 anni di sacerdozio. L’hanno rinnovata. Ho fatto una vera esperienza rigenerante nello spirito, stupenda, pur nella fatica degli Esercizi.

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NUMEROSE INIZIATIVE DI COLLABORAZIONE IN AGENDA

IN SEGUITO ALLA RECENTE VISITA DELLA DELEGAZIONE DELLA SANTA SEDE

ALLA CHIESA ORTODOSSA DI GRECIA AD ATENE SEGNO DI UN NUOVO SLANCIO ECUMENICO NEL COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

 PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

 

- Servizio di Carla Cotignoli -

 

Numerose le  iniziative concrete avviate in seguito alla recente visita della delegazione della Santa Sede guidata dal cardinale Walter Kasper alla Chiesa ortodossa di Grecia ad Atene. Toccano gli ambiti più diversi: il processo di integrazione europea, il dialogo teologico cattolico-ortodosso, scambi accademici a livello universitario, collaborazione in vista dei Giochi Olimpici del 2004 in Grecia. E’ quanto riferisce un comunicato pubblicato oggi dal Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Servizio di Carla Cotignoli.

 

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I numerosi momenti di incontro e collaborazione in agenda per le Chiese cattolica e ortodossa di Grecia sono un segno del profondo cambiamento avviato a partire dal viaggio del Papa nella capitale greca del maggio 2001. “Per comprendere l’ampiezza del cambiamento – si legge nel comunicato – basti ricordare che la Chiesa ortodossa di Grecia fu una delle due Chiese che declinarono l’invito a designare propri osservatori al Concilio Vaticano II”.

 

Ma veniamo  ai fatti.  Una delegazione cattolica guidata da cardinale, ritornerà ad Atene nel prossimo maggio (4-6) per partecipare ad una Conferenza internazionale promossa dalla Chiesa ortodossa di Grecia, su un tema che sta a cuore alle due Chiese: “I principi morali ed i valori sulla cui base strutturare l’Europa”.

 

Pochi giorni dopo - dal 21 al 24 maggio - due specialisti della Chiesa ortodossa di Grecia saranno a Roma per partecipare ad un simposio accademico su una questione cruciale per l’ecumenismo: il Ministero Petrino.

        

La settimana seguente (1-3 giugno) un rappresentante del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani sarà in Grecia, a Tessalonica, per partecipare al simposio, promosso dalla Chiesa ortodossa di Grecia, sul dialogo teologico cattolico-ortodosso, alla Facoltà di Teologia dell’Università Aristotele.

 

Ancora verranno incrementati gli  scambi accademici tra le Università cattoliche ed ortodosse e si cercherà di “estendere ad un maggior numero di candidati la possibilità di frequentare i centri teologici di formazione degli uni e degli altri”.

    

Le Olimpiadi del 2004 che si terranno in Grecia saranno un’altra preziosa occasione di collaborazione “tra musei e biblioteche per far conoscere meglio la storia dei contatti tra Roma e Bisanzio”.

 

In questi ultimi anni poi i lavori della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme avevano subito una battuta d’arresto. E’ stata confermata l’intenzione della Chiesa ortodossa di Grecia di contribuire alla riattivazione di questo dialogo. “Tenendo conto della posizione di tale Chiesa nell’insieme delle Chiese ortodosse - si legge ancora nel comunicato -  si può sperare che un tale positivo sviluppo valga effettivamente ad offrire nuove possibilità alla Commissione Mista internazionale di dialogo”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Un articolo dell'arcivescovo Renato Raffaele Martino dal titolo "Il Papa e la pace" apre la prima pagina: un articolo che si inserisce nell'ambito della riflessione quaresimale ispirata ad una "mobilitazione penitenziale per la pace".

Riguardo alla crisi irachena si rileva la divisione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

 

Nelle vaticane, in occasione dell'odierna udienza, il Papa ha sottolineato che il Servizio civile, contributo ai Paesi emergenti e a quelli segnati dalla guerra, è un "segno dei tempi".

Due pagine sull'inaugurazione, a Cuba, della Casa di Santa Brigida: l'intervista dell'inviato Giampaolo Mattei al card. Ortega y Alamino e a Madre Tekla Famiglietti.

Un articolo di Giuseppe Buono dal titolo "Il Rosario per la missione": una riflessione sul Messaggio del Santo Padre per la Giornata Missionaria Mondiale.

Una pagina dedicata alla Quaresima nelle diocesi italiane.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: ucciso un leader storico di Hamas in un raid aereo israeliano a Gaza; i fondamentalisti islamici armati annunciano attacchi contro i parlamentari di Tel Aviv. 

Corea del Nord: conferme sull'imminenza di un nuovo test missilistico.

In Costa d'Avorio i violenti scontri tra i ribelli e l'esercito governativo hanno causato non meno di duecento morti fra i civili.  

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Oggi", un articolo di Marco Bellizi dal titolo "Alma Petri e Nadia Lioce: la forza dei sentimenti e il vuoto del cuore": due figure di donna che hanno segnato la data dell'8 marzo.

Un contributo di Franco Patruno dal titolo "Sussulti di astioso laicismo": contro la fiction televisiva su Santa Maria Goretti.

Due monografiche dal titolo "Aperte alla consultazione le carte dell'Archivio Segreto Vaticano relative ai rapporti Santa Sede-Germania (1922-1939).

 

Nelle pagine italiane, i temi della giustizia e del terrorismo. La nomina del nuovo Cda della Rai.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 marzo 2003

 

 

OGGI E DOMANI A L’AVANA LE CERIMONIE PER L’INAUGURAZIONE DELLA PRIMA CASA DELLE SUORE BRIGIDINE A CUBA VOLUTA DA FIDEL CASTRO: CON NOI L’ABBADESSA TEKLA FAMIGLIETTI E L’AMBASCIATORE DI CUBA PRESSO LA SANTA SEDE

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Il primo appuntamento sarà la concelebrazione eucaristica in cattedrale presieduta dal cardinale prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Crescenzio Sepe. Alla cerimonia, prevista per le 10, corrispondenti in Italia alle 16, parteciperanno il cardinale arcivescovo di L’Avana, Ortega y Alamino, l’arcivescovo messicano di Guadalajara, cardinale Sandoval Iñiguez e numerosi altri presuli e presbiteri. Quando da noi saranno le 23, a Cuba le 17, ci sarà l’inaugurazione del nuovo convento brigidino con gli annessi locali per le opere apostoliche, alla presenza del presidente di Cuba, comandante Fidel Castro Ruz. Aprirà la cerimonia l’abbadessa generale delle Suore di Santa Brigida, madre Tekla Famiglietti. Seguirà il discorso di Fidel Castro. Il cardinale Sandoval tratteggerà l’iter dell’evento. Il prof. Eusebio Leal Spengler, Historiador della città di L’Avana, descriverà la realizzazione dell’opera di restauro e costruzione. In fine seguirà la benedizione dei locali da parte del cardinale Crescenzio Sepe. Domani alle 10, ora di Cuba, la concelebrazione eucaristica nella nuova cappella del convento brigidino presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe, con il rito di consacrazione del nuovo altare. Alle 17, ora di Cuba, la solenne celebrazione dei Vespri nella cappella del convento brigidino. Questa casa fu voluta da Fidel Castro che la chiese espressamente al Santo Padre in ricordo della visita del Pontefice a Cuba 5 anni or sono. La parola a madre Tekla Famiglietti:

 

R. - Infatti, come lei ha ben detto, fu proprio Fidel Castro a fare la domanda a noi di portare l’Ordine a Cuba, scrivendo al Santo Padre che lo voleva questo in ricordo del suo viaggio apostolico, e nel volere mettere in pratica proprio le parole del Santo Padre che Cuba si deve aprire al mondo e il mondo a Cuba. E allora noi su questa scia con i dovuti permessi ecco che andiamo a cinque anni dal viaggio del Santo Padre a Cuba e vogliamo offrirlo questo dono al Santo Padre di aprire questa casa anche in ricordo del suo 25.mo anno di pontificato.

 

D. – Madre Tekla, come è scaturita questa iniziativa: quando Fidel Castro ha chiesto di volere una casa di Suore Brigidine a Cuba?

 

R. – Esattamente quando il Comandante si trovava, a Città del Messico, nel 2000, per l’insediamento del nuovo presidente Fox. Allora, trovandomi anch’io lì, in Messico, manifestai al presidente della Conferenza episcopale messicana il desiderio di portare l’Ordine a Cuba. Egli riferì subito questo mio desiderio a Fidel Castro - eravamo al pranzo ufficiale - e lo stesso giorno Fidel Castro vi aderì: “Sì, una comunità di suore impegnate nella causa ecumenica è proprio quello che desideriamo a Cuba”. E subito scrisse al Santo Padre.

 

D. – Come è strutturato, e quante suore lo occuperanno?

 

R. – L’edificio era già stato in passato un convento che Fidel Castro ha donato all’Ordine. Ha una capienza per 24 religiose, con due cappelle, una per il noviziato ed una per il pubblico, e poi abbiamo fatto costruire anche un’ala per gli ospiti, come casa di esercizi e tutto quello che è compatibile con il nostro carisma. Per il momento vi saranno otto religiose di tre nazionalità: messicane, indiane e polacche.

 

Cosa rappresenta per Cuba questa casa di Suore Brigidine? Lo abbiamo chiesto all’Ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, Isidro Gòmez Santos:

 

R. – In primo luogo, è un avvenimento molto positivo a cui noi guardiamo con molta simpatia. Come lei sa, noi abbiamo fatto del nostro meglio per aiutare le Suore di Santa Brigida ad andare a Cuba perché è una nuova congregazione che farà del bene a tutti: alla Chiesa, alla popolazione, al Paese. Attualmente, è il 56.mo ordine religioso femminile presente a Cuba, 22 sono gli ordini maschili. C’è quindi una grande presenza della Chiesa nel nostro Paese. Io sono assolutamente sicuro che le suore avranno un ruolo importante dal punto di vista sociale e spirituale. Sarà una cosa molto positiva per Cuba.

 

Le Brigidine sono ormai suore di frontiera: hanno adesso case, oltre che in Italia, in Svezia – la patria d’origine di Santa Brigida – in Svizzera, in Inghilterra, Polonia, India, Messico, da poco nelle Filippine e, soprattutto in Israele, a Betlemme, da appena un anno, e in ultimo ora a Cuba.

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LE INIZIATIVE A FAVORE DELLO SVILUPPO DEVONO ESSERE CENTRATE SUI BISOGNI

E LE PRIORITÀ DELLE DONNE. COSÌ IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,

NEL SUO MESSAGGIO PER L’8 MARZO. IN QUESTO GIORNO DI FESTA,

BARBARA HOFMANN RICEVE IL PREMIO AMBASCIATRICE DI PACE

 

- Con noi, Barbara Hofmann -

 

Le iniziative per lo sviluppo devono essere focalizzate sui bisogni e le priorità delle donne. E’ quanto sostiene il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel suo messaggio per l’odierna Giornata Internazionale della donna. “Quando le donne sono pienamente coinvolte - afferma - i benefici sono immediatamente percepibili, le famiglie più sane e meglio alimentate, i redditi, i risparmi e gli investimenti crescono e i vantaggi si ripercuotono sulla comunità e sul Paese”.  Di qui, l’appello a sostenere la parità tra i due sessi, a promuovere l’istruzione delle bambine, ad insegnare a leggere e scrivere a mezzo miliardo di donne adulte - i due terzi di analfabeti al mondo - a mettere, infine, le giovani al centro della lotta contro l’Aids. Secondo Kofi Annan “soltanto investendo sulle donne di tutto il mondo si può sperare di raggiungere entro il 2010 gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio”. Un esempio di donna strenuamente impegnata a difesa dei più deboli è Maria do Rosario Farmhouse, direttrice del Servizio dei gesuiti per i Rifugiati (Jrs) in Portogallo. A conferma dell’alto valore del lavoro svolto in questi anni, Maria do Rosario verrà oggi insignita dal presidente della Repubblica portoghese, Jorge Sampajo, delle insegne dell’Ordine dell’Infante Dome Henrique.

 

Dal canto suo - in sintonia con il segretario generale dell’Onu - il Centro Internazionale per la Pace fra i Popoli di Assisi, ha scelto questa giornata di festa per assegnare il Premio Ambasciatrice di Pace. L’onorificenza, quest’anno, è stata assegnata a Barbara Hofmann, fondatrice dell’Asem, l’associazione in sostegno dei bambini in Mozambico. “Barbara Hofmann – si legge nelle motivazioni del premio – è la testimone di una abnegazione caritatevole ed amorevole trasmessaci da Madre Teresa di Calcutta’’. Antonella Villani le ha chiesto come vive questo riconoscimento in un momento così delicato per la pace nel mondo:

 

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R. - Mi darò molto di più da fare perché avrò una voce anche più grande e forse anche più ascoltata. Penso che c’è tanta gente che sta dimenticando che ognuno può partecipare a questa pace. Il problema non è lontano, ma è qui, davanti alla porta e se non c’è pace non avrà pace nessuno.

 

D. - Lei è la fondatrice dell’Asem, l’associazione per il sostengo dei bambini in Monzambico. Per loro la pace è un bene prezioso?

 

R. - Noi abbiamo avuto la guerra e poi sono stati firmati accordi di pace. Una signora, mia amica, aveva due figli di 10 e 12 anni che sono nati durante la guerra. Alla notizia degli accordi di pace noi eravamo tanto contente. Questi bambini, invece, erano indifferenti, passivi. Sono andata da loro ed gli ho chiesto: ma non siete contenti? C’è la pace, la pace! Mi hanno risposto: sì. E ho chiesto loro: sapete che cosa è la pace? E mi hanno detto “no”. E’ abbastanza difficile spiegare che cosa è la pace a qualcuno che non l’ha mai conosciuta. Diviene allora molto importante, quindi, che quando l’abbiamo, la curiamo.

 

D. - Lei ha dedicato tutta la sua vita ai bambini africani. Come si arriva a fare una scelta del genere?

 

R. - Ho visto una realtà. Non era giusto vedere ciò che ho visto, non per averlo visto ma per chi lo viveva. Avevo l’impressione che con poco si può fare molto. Anche chi non ha niente può fare molto.

 

D. -  Per questo amore che lei ha verso l’Africa e verso i suoi bambini ha messo in gioco tutta se stessa, anche la sua salute. Cosa la spinge ad andare avanti?

 

R. - Sono questi bambini che dall’età di 3, 5,8, 10 anni hanno la forza e la speranza di poter vivere. Finalmente l’Africa fa parte del mondo e il mondo è il nostro. Non possiamo dire sono in questo Paese, non mi interessa di altro. E’ come l’acqua, il vento, il sole. E’ nostro e se perdiamo questo non è solo l’Africa e l’Europa che perde, ma è il mondo che perde. Per questo dobbiamo lottare per la pace nel mondo.

 

D. - Cosa spera per il futuro dei suoi 1.500 bambini che vivono nei due centri che ha fondato in Mozambico?

 

R. - Che possano continuare ad andare a scuola. Che possano continuare ad imparare per potere vivere una vita dignitosa grazie ad un aiuto, grazie ad una mano, grazie all’amore, grazie alla pace. Che possano crescere come esseri umani e contribuire quindi a loro volta ad aiutare gli altri.

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LE REAZIONI DEL MONDO ISLAMICO

DI FRONTE ALL’’EVOLUZIONE DELLA CRISI IRACHENA”

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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Tra le conseguenze più evidenti della crisi irachena, vi è, senza dubbio, la frattura all’interno del mondo occidentale, come dimostrano i contrasti tra “l’asse” franco-tedesco e gli Stati Uniti. L’eventualità di una guerra contro Saddam Hussein, tuttavia, non manca di dividere anche il mondo islamico. Nel recente vertice dell’Organizzazione della conferenza islamica, a Doha, si è assistito ad uno scontro acceso tra i delegati di Iraq e Kuwait. All’ultimo vertice arabo di Sharm El Sheikh, invece, si è consumato uno strappo tra Libia ed Arabia Saudita. Sui motivi di queste frizioni tra i Paesi islamici, ascoltiamo l’opinione di Camille Eid, giornalista libanese, editorialista di “Avvenire”:

 

R. – Se noi prendiamo, per esempio, il punto chiave sulla partecipazione all’offensiva militare, tutti i Paesi arabi hanno detto un “no” secco, e questo su invito del presidente siriano Assad. Però molti Paesi, soprattutto quelli del Golfo, ospitano delle basi americane: il Qatar, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Kuwait, ovviamente. Questi Paesi hanno accettato di non partecipare con le proprie truppe ad un’azione militare, ma lasciando fare agli americani sul loro territorio. E’ovvio che il Kuwait si schiera al primo posto a favore di questa offensiva. Un quotidiano è uscito in questi ultimi giorni con questo titolo: “Diciamolo senza vergogna: vogliamo abbattere il regime di Saddam Hussein”. Gli altri Paesi sono un po’ titubanti, hanno una posizione più imbarazzante. L’opinione pubblica in questi Paesi ha cominciato un po’ in ritardo a manifestare contro offensiva militare, mentre i regimi non vedono l’ora di sbarazzarsi del regime iracheno.

 

D. – Qual è l’atteggiamento dell’opinione pubblica islamica? Ci sono differenze sostanziali da Stato a Stato?

 

R. – Differenze sostanziali esistono, forse, tra i Paesi del Golfo in generale, che sono abbastanza rassegnati all’idea della guerra, alla necessità di una guerra, ed il resto del mondo arabo islamico. La Malaysia, ad esempio, è “uscita” con una dichiarazione in cui si afferma che un’eventuale guerra potrebbe essere considerata una guerra contro il mondo islamico, contro l’Islam come religione. Le manifestazioni si svolgono continuamente a Damasco, come al Cairo, dove la legge vieta le manifestazioni pubbliche, oppure in Paesi ancora più lontani come l’Algeria e il Marocco. Quindi con il sostegno all’Iraq si avvera una spaccatura tra la posizione ufficiale e quella dell’opinione pubblica che, comunque, si è rassegnata all’idea di una guerra imminente e alla caduta di questo regime

 

Se, dunque, l’opinione pubblica dei Paesi islamici è in gran parte contraria all’uso della forza contro l’Iraq, più complesso è l’aspetto della percezione che il mondo musulmano ha, in questa contingenza internazionale, dell’Occidente, come spiega padre Justo Lacunza, preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica:

 

R. - L’Occidente viene percepito almeno in tre livelli diversi: come una classe governativa, una classe politica, che vuole gestire gli aspetti politici ed economici del Medio Oriente e dell’Iraq. Secondo, l’Occidente viene percepito come una grande forza economica, una grande forza anche intellettuale e un grande potere finanziario. Terzo, come milioni e milioni di persone, che sono in favore di una proposta di pace.

 

D. – Una guerra all’Iraq e l’allontanamento di Saddam Hussein dal potere in che modo potrebbe cambiare gli equilibri del Medio Oriente sotto il profilo politico e quello economico?

 

R. - Intorno all’Iraq ci sono nazioni diverse e ognuna di loro ha una storia, un sistema politico e ha una visione del Medio Oriente che non è la stessa. Si tratta della Turchia, dell’Arabia Saudita, del Kuwait, dell’Iran e della Giordania. Prendere in considerazione questo è una cosa molto, molto importante perché una guerra farebbe scattare dei meccanismi di contraddizione e nello stesso tempo dei meccanismi bellici fra queste nazioni, rendendo il Medio Oriente una vera polveriera.

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CHIESA E SOCIETA’

8 marzo 2003

 

 

I SACERDOTI AFRICANI PRESENTI A ROMA PARTECIPANO OGGI A

UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SUL CONTRIBUTO CHE LA CHIESA PUÒ DARE

 NEL LORO CONTINENTE SEGNATO DAI CONFLITTI BELLICI

 

ROMA. = Che contributo può dare la Chiesa in un continente segnato dalla guerra come quello africano? Se ne parla oggi a Roma nell’incontro di fraternità, “La riconciliazione in Africa nel contesto degli attuali conflitti”, iniziativa promossa dal Centro internazionale di animazione missionaria (Ciam). Al centro della riflessione le frequenti, e purtroppo dimenticate guerre dell’Africa, che chiamano i sacerdoti ad un rinnovato impegno evangelizzatore. L’incontro costituisce perciò un momento importante per tutti i sacerdoti africani presenti a Roma, che hanno la possibilità di confrontarsi e dialogare sulle tragiche vicende che il loro continente sta vivendo. Ai lavori partecipano alcuni esperti tra i quali mons. Robert Sarah, arcivescovo emerito di Conakry, in Guinea, segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Il Ciam è stato eretto il 31 maggio 1974 dalla Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli secondo le direttive del Concilio, con l'incoraggiamento e la benedizione di Paolo VI. La sua finalità principale è offrire un servizio, con la collaborazione della Pontificia Università Urbaniana, delle Pontificie Opere Missionarie, degli istituti religiosi e degli organismi missionari, per il rinnovamento spirituale del personale missionario (missionari diretti e operatori dell'animazione missionaria), e per la crescita dello spirito missionario nella Chiesa. (M.A.)

 

I VESCOVI DEL KENYA SI SONO PRONUNCIATI NEI GIORNI SCORSI CONTRO LA POSSIBILE INTRODUZIONE DELL’ABORTO LEGALE NEL PAESE. “LA VITA UMANA - HANNO RIBADITO -COMINCIA AL MOMENTO DEL CONCEPIMENTO”

NAIROBI. = Ferma presa di posizione dei vescovi del Kenya contro la possibile introduzione dell’aborto legale nel Paese. In un comunicato pubblicato mercoledì scorso, i presuli hanno riaffermato la posizione  della Chiesa cattolica nei confronti dell’aborto: è un omicidio vero e proprio. A spingere i vescovi ad intervenire sono state le dichiarazioni del ministro della Sanità del Kenya, Charity Ngilu, che, nel corso di un una conferenza internazionale sulla pianificazione familiare svoltasi a Nairobi, aveva affermato di appoggiare una politica che permetta alle donne di praticare l’aborto in strutture ospedaliere. Il ministro ha citato la piaga degli aborti illegali, che secondo esperti locali raggiungono la spaventosa cifra di 700 al giorno. “La vita umana -  hanno ricordato i vescovi -comincia al momento del concepimento e la legge deve assicurare il diritto alla vita del bambino fin dal concepimento. La vita è un sacro dono di Dio e così come la madre desidera che i suoi diritti siano protetti, anche il bambino nel suo grembo detiene dei diritti. Questi sono diritti inalienabili che nessuno può violare con la scusa della libera scelta”. (M.A.)

 

CRESCE LA PREOCCUPAZIONE DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DEL CONGO

PER LA DIFFUSIONE DELL’EPIDEMIA DI EBOLA. NELLA CUVETTE, LA REGIONE PIÙ COLPITA, È STATO DECRETATO LO STATO DI QUARANTENA,

MENTRE SONO SALITE A 94 LE PERSONE DECEDUTE

 

BRAZZAVILLE. = Sono salite purtroppo a 94 le vittime accertate dell’epidemia di Ebola, che ha colpito la regione della Cuvette, nella Repubblica del Congo. Lo ha riferito ieri il ministero della Salute congolese. Nel Paese africano quindi non si arresta l’emergenza per la malattia e le testimonianze dei missionari cattolici impegnati nella regione della Cuvette confermano la gravità della situazione. “Il governo ha decretato lo stato di emergenza – dicono le Suore della Croce dalla loro casa nel villaggio di Engama - e la regione è in quarantena per evitare la propagazione dell’epidemia nelle altre zone del paese”. “I malati sono isolati negli ospedali perché il virus è molto contagioso –aggiungono - e i medici non permettono a nessuno di toccare le persone infette. Tra la popolazione si è diffuso il panico e molti sono fuggiti nella foresta, sperando di evitare così la malattia”.  Ma la preoccupazione più profonda viene espressa, dalla capitale Brazzaville, dai missionari dello Spirito Santo: “Vogliamo ricordare -  dicono - che i veri drammi dell’Africa sono la malaria e l'Aids che ogni anno provocano milioni di morti. Ebola è una malattia spaventosa e per questo colpisce la sensibilità degli occidentali, ma si tratta di un problema locale. Ricordiamoci invece dei milioni d’africani che soffrono per malaria e Aids”. Ebola comunque è uno dei virus più pericolosi per facilità di trasmissione e mortalità elevata. Non esistono cure e finora non è stato trovato nessun vaccino efficace. La malattia si manifesta con un brusco innalzamento della temperatura, debolezza, dolori muscolari, cefalee e mal di gola. Seguono vomito, diarrea, eruzioni cutanee, insufficienza renale ed epatica, emorragie interne ed esterne. La mortalità varia dal 50 al 90 per cento dei casi. Il periodo di incubazione va da 3 a 21 giorni. Il virus è originario delle foreste e si trasmette attraverso il contatto diretto con il sangue, aghi e siringhe contaminati, organi e secrezioni di individui ammalati. In Africa vi sono stati diversi casi di focolai di Ebola in tempi recenti. Nel 1976, da giugno a novembre, Ebola ha infettato 284 persone in Sudan, facendo 117 morti. Nello stesso anno, nell'allora Zaire, vi sono stati 318 casi con 280 morti tra settembre e ottobre. Ebola è tornato a colpire in Zaire nel 1995 a Kikwit; vi furono 315 contagiati, 244 con esiti mortali. Tra i morti vi furono 7 suore che non vollero abbandonare i malati e contrassero così la malattia. (M.A.)

 

 

LE AUTORITA’ GIUDIZIARIE DI NAZARET HANNO ORDINATO GIOVEDÌ SCORSO

 DI DEMOLIRE ENTRO TRE GIORNI LE FONDAMENTA DELLA MOSCHEA SHIHAB ED-DIN,

 COSTRUITE VICINO ALLA BASILICA DELL’ANNUNCIAZIONE

 

NAZARET = Rimane un giorno di tempo all’ente per la protezione dei luoghi santi dell’islam in Palestina (Waqf), per demolire le strutture della controversa moschea “Shihab ed-Din” a Nazaret. Le autorità giudiziarie della città, giovedì scorso, hanno stabilito che le strutture costruite sino ad ora sono abusive perché edificate contro un provvedimento del 2001 che ne intimava la sospensione e, come tali, entro tre giorni, devono essere abbattute. Il terreno su cui si stava costruendo la moschea, si trova vicino alla Basilica dell’Annunciazione che comprende al suo interno la casa in cui l’arcangelo Gabriele annunciò a Maria la nascita dei Gesù. Il luogo è venerato dai cristiani sin dal secondo secolo dopo Cristo. Per i musulmani invece la moschea sarebbe dovuta sorgere vicino alla tomba di Shihab ed-Din, nipote del Saladino che combatté i crociati nel 12.mo secolo. La vicinanza dei due luoghi di culto però, dall’inizio del progetto nel 1999, è stata fonte di discordia tra la comunità islamica e quella cristiana di Nazaret. Più volte i cristiani della Terra Santa e la Santa Sede avevano chiesto l’intervento del governo israeliano, che per dirimere la questione aveva costituito uno speciale comitato interministeriale. Un anno fa, dopo consultazioni alle quali avevano partecipato anche il nunzio apostolico in Israele, mons. Pietro Sambi, e il custode dei Luoghi Santi, il comitato aveva espresso un parere negativo riguardo la costruzione. Adesso arriva la sentenza della magistratura ordinaria, che dovrebbe porre fine alla vicenda. Gli islamici invece, secondo fonti d’agenzia, si sono opposti con decisione. Migliaia di fedeli ieri hanno partecipato alla preghiera del venerdì nel terreno dove avrebbe dovuto sorgere la moschea e hanno dichiarato che intendono proseguire nei lavori di costruzione. Sembrano inutili le proposte del governo di Ariel Sharon che ha offerto sette siti distinti nella stessa città di Nazaret per costruire una nuova moschea. Lo stesso Yasser Arafat si è offerto come mediatore e così pure l’Arabia Saudita, che ha avanzato la proposta di finanziare la costruzione della moschea in un altro quartiere. Tutte le offerte sono state rifiutate dal Wafq e dal movimento islamico d’Israele. (A.M./M.A)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 marzo 2003

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

L’Iraq tenta il tutto per tutto contro la linea dura degli Stati Uniti. Baghdad ha, infatti, iniziato oggi a distruggere altri 6 missili proibiti al Samoud 2, ma Washington ha dato ieri il proprio ultimatum a Saddam: ancora dieci giorni di ispezioni e poi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrà aprire la strada all’intervento armato in Iraq. La scadenza della Casa Bianca - appoggiata da Gran Bretagna, Spagna e Giappone - è stata data poco dopo il nuovo rapporto sul disarmo presentato al Palazzo di Vetro dai capi dei controllori Hans Blix e Mohammed El Baradei. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Blix e Al Baradei hanno sostenuto che l’Iraq potrebbe collaborare di più e restano ancora parecchi interrogativi sui suoi programmi di riarmo, ma la cooperazione attiva è aumentata nelle ultime settimane e sta producendo risultati concreti. Il diplomatico svedese ha definito la distruzione di missili al Samoud un atto concreto di disarmo e ha citato anche i progressi nella consegna di nuovi documenti, negli interrogatori con gli scienziati e nella scoperta di siiti dove sarebbe avvenuta la distruzione di parte delle armi prodotte da Baghdad. Blix ha concluso che il processo delle ispezioni sta dando risultati e per avere risposte definitive non avrebbe bisogno di anni o di settimane, ma di qualche mese. Al Baradei ha aggiunto che per il momento tutte le accuse mosse all’Iraq per la ricostituzione del suo programma di riarmo nucleare si sono rivelate infondate. Russia, Francia, Germania e Cina hanno interpretato il rapporto come la conferma che le ispezioni stanno funzionando e hanno ribadito l’opposizione ad ogni risoluzione che dovesse autorizzare la guerra. Stati Uniti e Gran Bretagna, invece, hanno proposto di emendare la loro risoluzione aggiungendo l’ultimatum del 17 marzo. I Paesi contrari alla guerra hanno gia bocciato questo approccio. La Francia ha suggerito un vertice di capi di Stato e di governo, ma Washington lo ha definito inutile.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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All’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla crisi irachena si è riprodotto anche ieri, dunque, il contrasto che sta lacerando da settimane molti governi. A tal proposito, sentiamo da Washington la nota di Empedocle Maffia:

 

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Da un lato gli Stati Uniti, nella loro inamovibile voglia di resa dei conti definitiva con Saddam Hussein. Dall’altro, la grande maggioranza dei Paesi che considera il necessario disarmo iracheno come un processo che oggi, per ammissione degli stessi ispettori dell’Onu, si può certificare essere finalmente in atto. E’ la logica della costruzione della sicurezza attraverso un processo diplomatico che si pone l’alto valore di preservare la pace, contro la miopia di chi crede che le armi possano forzare la realtà sino a piegarla ad interessi anche economici e ben precisi. Quel che più spaventa di questo contrasto è il rischio di piegare la funzione del più alto consesso internazionale alla logica del più forte e se, questa operazione non riesce, di delegittimare le Nazioni Unite e di scegliere la via delle armi come diritto del più forte. E’ uno scontro di valori che va oltre il caso Iraq. La ragione si ostina a credere che la stupidità di una guerra preventiva possa ancora essere impedita.

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Gli Stati Uniti stringono la morsa intorno a Osama bin Laden, ma il capo di Al Qaeda ancora non è finito nella rete. Il governo americano ha così smentito le voci circolate sulla sua cattura, specificando che la caccia all’uomo è concentrata nella regione pachistana di Ribat, al confine con l’Afghanistan. Secondo fonti non ufficiali, inoltre, 7 membri di Al Qaeda sono rimasti uccisi ieri in uno scontro con un gruppo di militari americani e pachistani nel sud-est dell’Afghanistan. Intanto, il ministro dell’interno pachistano, Faisal Saleh Hayat, e la Casa Bianca hanno smentito l’arresto e il ferimento di due figli del principe del terrore.

 

Trasferiamoci in Medio Oriente. Nella giornata inaugurale del Comitato centrale dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, il presidente Arafat ha indicato Abu Mazen come primo ministro palestinese. Parlando all’assemblea riunita a Ramallah, Arafat ha, inoltre, sollecitato le organizzazioni armate dell’Intifada a mettere fine agli attentati contro Israele e a riprendere il dialogo. Intanto, nei Territori continua la rappresaglia israeliana. Elicotteri ‘Apache’ hanno aperto il fuoco stamani su Gaza, uccidendo uno dei comandanti del braccio armato del movimento islamico ‘Hamas’ e 3 sue guardie del corpo. Gli stessi estremisti hanno fatto sapere che “i dirigenti politici israeliani” sono i “bersagli prioritari” delle loro azioni terroristiche. Un 23.nne palestinese non armato è morto, invece, a Beit Lahia, sotto i colpi dell’esercito israeliano. Anche la violenza palestinese non si ferma: colpita Hebron, in Cisgiordania, come ci riferisce Graziano Motta:

 

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Nel quartiere periferico ebraico di Kiryat Arba i guerriglieri palestinesi, che erano riusciti a infiltrarsi confusi tra i fedeli che tornavano dalla prima preghiera nella tomba di Abramo, hanno aperto il fuoco con fucili mitragliatori e bombe a mano, uccidendo una coppia nella loro casa e ferendo 8 persone prima di essere abbattuti. Poco dopo, altri 2 guerriglieri sono stati uccisi dalle forze di sicurezza israeliane prima che entrassero a Negohot, un vicino insediamento di coloni; portavano corpetti esplosivi. Entrambe le operazioni sono state rivendicate dal braccio armato del movimento fondamentalista islamico ‘Hamas’, che ieri si era assunto anche la responsabilità della strage di ebrei, mercoledì, nella città di Haifa. Sullo sfondo di questo scenario di guerra, si riunisce oggi a Ramallah il Consiglio Legislativo palestinese per ratificare la nomina a primo ministro di Mahmud Abbas, più noto come Abu Mazen.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Cresce la tensione nella penisola coreana. Secondo quanto ha annunciato ieri il Pentagono, la Corea del Nord si appresterebbe a condurre un nuovo test missilistico nel weekend. Intanto, mentre la Russia ha nuovamente invitato Washington e Pyongyang a riprendere le trattative, la Corea del Nord ha ribadito che “la questione nucleare nella penisola potrà essere risolta se gli Stati Uniti avranno la volontà di affrontarla attraverso il dialogo e il negoziato”.

 

I maltesi hanno iniziato oggi a votare in un referendum consultivo sull’adesione all’Unione europea. I sondaggi della vigilia vedevano in testa il sì, caldeggiato dal partito nazionalista al potere. Ma quali sarebbero i vantaggi per Malta, in caso di ingresso in Europa? Risponde Fulvio Attinà, docente di Relazioni internazionali all’Università di Catania, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. - I vantaggi di Malta sono tanto politici quanto economici. Politici, nel senso di legare il futuro politico di Malta all’Unione europea; dal punto di vista economico i vantaggi dell’isola sono quelli di essere inserita in un mercato economico molto ampio. Malta, inoltre, riceverebbe in aiuti di fondi strutturali più di quanto versi al bilancio comunitario.

 

D. - Il partito laburista, invece, è contrario ad un’adesione all’Europa. Come mai?

 

R. - Preferisce una collocazione indipendente, in particolare preferisce avere relazioni privilegiate con i Paesi del nord Africa e nel quadro dell’economia mondiale costituire un Paese - paradiso fiscale. Questo non sarebbe possibile con l’adesione all’Unione Europea.

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Combattimenti tra governativi e ribelli nella Costa D'Avorio occidentale avrebbero causato ieri la morte di almeno 200 civili. Lo ha affermato un capo ribelle, precisando che le vittime sono state causate da un attacco dei soldati ivoriani nella località di Bangolo. La notizia, tuttavia, è stata smentita dai militari fedeli al governo. Anche stamani si sarebbero registrate altri episodi di violenza: un gruppo di uomini armati avrebbe, infatti, attaccato diversi villaggi nella parte occidentale del Paese.

 

Sale a 94 vittime accertate il bilancio del virus Ebola, che ha colpito una regione settentrionale del Congo, al confine con il Gabon. Lo ha riferito ieri il ministero della Salute del Paese africano. L’epidemia si è sviluppata nel gennaio scorso nei distretti di Kellè e Mbomo.

 

Il montenegrino Svetozar Marovic è stato eletto ieri sera presidente della nuova unione Serbia e Montenegro, che ha sostituto dal 4 febbraio scorso la repubblica Federale della Jugoslavia. Dei 126 deputati del nuovo parlamento, costituito da 91 serbi e 35 montenegrini, 65 hanno votato a favore, 47 si sono pronunciati contro, mentre 14 erano assenti.

 

“Il terrorismo sta  distruggendo l’Amazzonia”. Così ieri il presidente colombiano, Alvaro Uribe, al termine di un incontro a Brasilia con il presidente brasiliano, Inacio Lula da Silva. Durate l’incontro, a porte chiuse, i due capi di Stato hanno parlato della lotta al narcotraffico, della guerriglia alla frontiera tra i due paesi, dell’interscambio commerciale e della bilancia commerciale.

 

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