RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 66 - Testo della Trasmissione venerdì 7 marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Annunciate stamani dal Papa, nel corso di un Concistoro ordinario, le date delle prossime canonizzazioni: sono il 4, il 18 maggio e il 5 ottobre 2003 e riguarderanno dodici Beati.

 

Vangelo, Onu e ordine internazionale: questi i temi della missione in Usa del cardinale Pio Laghi. Ai nostri microfoni il porporato.

 

Telegramma di cordoglio del Pontefice per la sciagura aerea in Algeria.

 

La poesia di Karol Wojtyla nel suo “Trittico Romano”. Intervista con il cardinale Joseph Ratzinger.

 

Autorizzata da Giovanni Paolo II l’elaborazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il ruolo delle Nazioni Unite nella crisi Usa-Iraq: con noi il prof. Vincenzo Cannizzaro.

 

La “Campagna di fraternità”, iniziativa quaresimale dei vescovi brasiliani: ne parliamo con l’arcivescovo Luciano Mendes de Almeida.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi svizzeri invitano il Papa a visitare il elvetico Paese il prossimo anno.

 

L’Iran pronto per la possibile emergenza-profughi in Iraq.

 

I cattolici nella vita politica, al centro dell’incontro tra vescovi e autorità civili in Costa Rica.

 

Allarme-fame in Eritrea per oltre 2 milioni di persone.

 

Il Premio Mondiale per la libertà di stampa 2003 assegnato dall’Unesco alla giornalista israeliana Amira Hass da 10 anni inviata nei territori palestinesi.

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iraq chiede ai Paesi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu di non votare per la risoluzione presentata da Usa, Gran Bretagna e Spagna.

 

Non si ferma la rappresaglia israeliana nei Territori.

 

Speranze di pace per la Repubblica Democratica del Congo: concluse le trattative del dialogo intracongolese.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 marzo 2003

 

 

ANNUNCIATE DAL PAPA, NEL CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO,

LE DATE DELLE PROSSIME CANONIZZAZIONI

 

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Sono dodici i futuri Santi la cui canonizzazione è stata oggetto del voto del Concistoro ordinario pubblico, tenutosi questa mattina nella Sala Clementina, in Vaticano. Giovanni Paolo II ha annunciato le date delle cerimonie, fissate per le domeniche del 4 maggio e 18 maggio e del 5 ottobre prossimi. In quest’ultima data, verranno canonizzati il Beato Daniele Comboni, vescovo e fondatore dei Missionari Comboniani, insieme al fondatore dei Verbiti, Arnold Janssen, e ad un sacerdote della stessa Società religiosa. Il 4 maggio verrà canonizzato un primo gruppo di cinque Beati spagnoli: un sacerdote martire, fondatore dell’Istituzione Teresiana, due fondatrici di Istituti religiosi, un sacerdote gesuita e una suora carmelitana. Due settimane dopo, il 18 maggio, saranno canonizzati il vescovo fondatore della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore, Józef Sebastian Pelczar, e tre fondatrici di Istituti femminili: Maria De Mattias, Virginia Centurione, vedova Bracelli, e Urszula Ledóchowska.

 

Durante il suo pontificato Giovanni Paolo II ha finora elevato agli onori degli altari 1305 Beati e 465 Santi.

 

 

LA PREGHIERA DEL PAPA

PER LE VITTIME DELL’INCIDENTE AEREO IN ALGERIA

 

Informato della catastrofe aerea che ieri in Algeria ha provocato 102 morti, il Papa, in un telegramma a firma del cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano, fatto recapitare alle autorità religiose e civili del paese tramite il Nunzio apostolico mons. Augustine Kasujja, ha invocato “la misericordia dell’Onnipotente su tutti coloro che hanno perso la vita in questo dramma, perché riposino nella pace. Il Santo Padre ha espresso la sua partecipazione al dolore delle famiglie delle numerose vittime, invocando su di loro la benedizione di Dio affinché trovino conforto e solidarietà in questa difficile prova.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, il Santo Padre ha ricevuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Negli stati Uniti, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tucson, presentata dal vescovo Manuel D. Moreno, in conformità al canone 401, paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Gerald Frederick Kicanas, finora vescovo coadiutore della medesima sede.

 

 

IL VANGELO E L’ORDINE INTERNAZIONALE SOTTO LA GUIDA DELL’ONU:

GLI ARGOMENTI CHE HANNO ISPIRATO

LA MISSIONE DEL CARDINALE PIO LAGHI NEGLI STATI UNITI.

AI NOSTRI MICROFONI IL PORPORATO

 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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“Mai gli uni contro gli altri, mai al terrorismo e alla logica della guerra” : le parole di Giovanni Paolo II  rivolte al mondo intero nel Mercoledì delle ceneri di questo tormentato inizio del 2003 sono di monito alla comunità internazionale perché respinga l’ipotesi di un attacco armato all’Iraq, e di sostegno a tutti quanti credono ed operano per la pace a non disperare.

 

E’ questo è anche il messaggio che trapela dalle parole del cardinale Pio Laghi, inviato speciale del Papa negli Stati Uniti, che  ha concluso la sua missione a Washington: 72 ore per scongiurare il ricorso alle armi degli Usa contro il governo di Baghdad. Prima l’incontro mercoledì con il presidente George W. Bush, cui ha consegnato – lo ricordiamo – un messaggio personale del Santo Padre; poi il colloquio ieri con il segretario di Stato, Colin Powel, in partenza per New York, dove il caso Iraq è oggi all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Lo stesso porporato è oggi nella metropoli americana, da dove rientrerà a Roma domani.

 

La missione del cardinale Laghi, ha fatto seguito a quella del cardinale Etchegaray, inviato del Papa in Iraq, dove ha incontrato Saddam Hussein il 15 febbraio scorso e si aggiunge alle iniziative innumerevoli promosse dalla Santa Sede per contribuire al disarmo e alla pace in Medio Oriente. Ascoltiamo le impressioni del porporato, raccolte ieri sera dal nostro corrispondente a Washington, Paolo Mastrolilli.

 

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R. – Gli argomenti, prima di tutto, del Vangelo e dell’ordine internazionale. Perché ogni decisione adesso spetta alle Nazioni Unite. So che presenteranno di nuovo il caso per vedere come risolvere questa crisi. Io ho richiamato al dovere della legalità nel contesto delle dichiarazioni delle Nazioni Unite. Da una parte, naturalmente, ci sono quelle tante risoluzioni che sono state approvate dalle Nazioni Unite, dal Consiglio di Sicurezza e che riguardano il disarmo, la distruzione delle armi micidiali da parte dell’Iraq, e che finora non erano state applicate così come richiedevano le risoluzioni delle Nazioni Unite. Sembra che adesso qualcosa si muova da quella parte, ma va molto lento. Qui invece hanno fretta. Naturalmente noi insistiamo sul diritto internazionale. Questo è l’argomento principale. Poi, naturalmente, l’altro argomento è: ‘Pensate bene a quali potranno essere le conseguenze’. Ho messo sul tavolo le varie conseguenze che potrebbero esserci, sia per la popolazione dell’Iraq, sia per quel fossato che si potrebbe creare nel dialogo tra Islam e Cristianesimo, sia per tanto dolore. Ho parlato anche della ‘voce’ del Santo Padre, che è in consonanza, o meglio l’Episcopato degli Stati Uniti è in consonanza, con la voce del Papa. Quindi, sono tutti argomenti che non so se facciano breccia, ma hanno cercato la via della persuasione il più possibile.

 

D. – Eminenza, ha ricevuto l’impressione che la guerra sia ancora evitabile?

 

R. – Io devo assolutamente pensare così. Io sto adesso considerando, riflettendo poco a poco sulle parole che mi sono state dette alla Casa Bianca, ed è una riflessione che faccio profonda e in preghiera. L’impressione deve essere ancora di fiducia e di speranza. Noi non abbandoniamo mai la speranza che la soluzione della crisi possa essere trovata non sulla strada della guerra, ma sulla strada della pace, e ho ripetuto ‘la pace è la più nobile impresa dell’uomo’ e bisogna lavorare a questo riguardo.

 

D. – Lei ha incontrato anche il segretario di Stato Powell alla vigilia del cruciale rapporto all’Onu del capo degli ispettori, Hans Blix. Mentre la Gran Bretagna sta valutando un emendamento alla nuova risoluzione, per dare più tempo agli stessi ispettori. Cosa ha detto al segretario di Stato? E ritiene che sia ancora possibile risolvere la crisi nell’ambito del Palazzo di Vetro?

 

R. – Io ritengo di sì, mi auguro, e l’ho detto al segretario di Stato Powell. E’ stato molto gentile nel concedermi questa udienza il giorno dopo l’incontro alla Casa Bianca. Mi pare che lui almeno sia sulla linea della Gran Bretagna. Speriamo che questo avvenga. Anche lì ho insistito che tutto avvenga nel contesto del Consiglio di Sicurezza e delle Nazioni Unite.

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UNA RIVISITAZIONE DEL “TRITTICO ROMANO”, IL NUOVO LIBRO DI POESIE

DI GIOVANNI PAOLO II, PRESENTATO IERI AI GIORNALISTI

 DAL CARDINALE JOSEPH RATZINGER

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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“Verbo – perenne visione ed enunciazione.

Colui che credeva, vedeva – vide – ‘ciò che era buono’,

scorgeva con un concetto diverso dal nostro.

Lui, il primo Vedente –

Vedeva, ritrovava in tutto un’orma del suo Essere,

della sua plenitudine –

Vedeva...”.

 

Il Trittico Romano di Karol Wojtyla è un testo poetico bello e toccante, ma non è di facile lettura e comprensione, come ha rilevato il filosofo Giovanni Reale che affiancava ieri in Sala Stampa il cardinale Ratzinger, assieme all’attore Nando Gazzolo che ha letto alcune poesie del Pontefice. Va tenuto presente il fatto che l’asse portante delle composizioni di Wojtyla poeta coincide esattamente con quello di Wojtyla filosofo e di Wojtyla teologo. Questo asse portante consiste nella concezione dell’uomo, non solo e non tanto nella sua dimensione terrestre temporale, ma anche e soprattutto nelle sue origini metafisiche e nel suo destino escatologico, con la complessa ed intricata dinamica che ciò comporta.

 

Al cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, chiediamo:

 

D. – Un Pontefice poeta: ha egli scritto queste poesie per se stesso o per dare un messaggio al mondo?

 

R. – Io direi che un poeta vuol sempre dare un messaggio, non parla mai solo per sé. La poesia nasce dalla sua visione, dalla sua intuizione, ma sempre con la convinzione che sia una visione che parla all’uomo, al mondo, alla storia, anche se in maniera diversa da quella usuale, attraverso le encicliche, ecc.. Non è un annuncio che avviene in modo ufficiale, da Papa, ma in un modo molto personale, di una persona che ha avuto una visione e ha voluto comunicarla al mondo, perché i lettori possano percepire il contenuto della visione.

 

D. – Eminenza come si coniugano poesia, filosofia e teologia?

 

R. – Certamente non è facile. Tuttavia, la filosofia, la teologia e la poesia non sono realtà che si escludono, perchè ogni vera poesia è in un certo senso anche una filosofia, espressa con altri strumenti. Lo strumento della filosofia è il concetto, la struttura concettuale. Lo strumento della poesia è la visione, un linguaggio che trasmette una visione. Ma d’altra parte, una filosofia che non proceda da una visione sarebbe vuota. E una visione poetica che non cerchi di penetrare la profondità dell’essere, di entrare nella realtà del mondo e della nostra vita, sarebbe puro ‘esteticismo’. Così gli strumenti espressivi sono diversi naturalmente, ma il fondo, ossia l’entrare nella profondità dell’essere, capire cosa sia l’uomo, la realtà, è lo scopo comune della poesia, della filosofia e della teologia. Anche la teologia è una forma di filosofia. I Padri della Chiesa hanno chiamato la teologia la nostra filosofia. Hanno considerato la fede come la saggezza cercata in tutte le filosofie. Quindi, tra filosofia e teologia esiste certamente la distinzione che l’una procede dal ragionamento, l’altra dalla rivelazione, ma si tratta pur sempre dello stesso scopo: di capire il perché del nostro essere e trovare e percepire il messaggio della realtà e della nostra propria esistenza. Quanto più grande è una poesia, tanto più presuppone una visione di saggezza, quindi di filosofia: pensiamo a Goethe, pensiamo a Dante. Tutti i grandi poeti hanno avuto una visione del tutto, della totalità, esprimendola non in concetti, ma in linguaggio simbolico immaginario, visionario e sempre con lo stesso scopo. D’altra parte, la filosofia grande passa sempre dalla poesia: pensiamo a Platone soprattutto, ma anche a Sant’Agostino. Forse meno nell’epoca moderna, tuttavia, anche il linguaggio di Heidegger - spesso strano - voleva avere qualcosa di poetico. Così si compenetrano. Il Papa, filosofo e teologo, non usa qui lo strumento del concetto, dello studio concettuale o storico, ma lo strumento visionario, e trasmette in modo diverso, in un certo senso più ricco, il messaggio che gli sta a cuore e che è l’essenziale della sua missione.

 

Molti si chiedono come mai il Santo Padre ha sentito il bisogno di ritornare a comporre opere poetiche, come aveva fatto da giovane. In primo luogo, va detto che alle composizioni poetiche (pubblicate per lo più sotto pseudonimi) Wojtyla si dedicò per quasi quattro decenni. In secondo luogo, va ricordato e ribadito che Wojtyla, oltre che “teologo”, è non solo “poeta” ma anche “filosofo” (entro quest’anno verrà edito un volume che contiene tutte le opere filosofiche da lui pubblicate, con il titolo Metafisica della persona, nella stessa collana Bompiani in cui è uscito nel 2001 il volume Tutte le opere letterarie).

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AUTORIZZATA DA GIOVANNI PAOLO II L’ELABORAZIONE E LA PUBBLICAZIONE

DEL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA:

UN TESTO CONCISO E COMPLETO SUI CONTENUTI DELLA FEDE

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Una sintesi agile e al tempo stesso completa e autorevole che permetta a cattolici e non di “conoscere ciò che la Chiesa crede”. E’ questa la funzione che avrà il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, un manuale più snello del modello da cui verrà ricavato del quale Giovanni Paolo II ha autorizzato la stesura e la pubblicazione. A dieci anni dalla pubblicazione dell’edizione originale del Catechismo, e a cinque dalla promulgazione della sua edizione tipica latina e dalla pubblicazione del nuovo Direttorio Catechistico Generale, il Papa ha autorizzato il prefetto della Congregazione della Dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger, a istituire e a presiedere, d’intesa con la Segreteria di Stato, una Commissione speciale incaricata di redigere il Compendio.

 

Quest’opera - scrive il Pontefice nella lettera al cardinale Ratzinger dello scorso 2 febbraio – “dovrà contenere, in modo conciso, i contenuti essenziali e fondamentali della fede della Chiesa, rispettandone la completezza e l’integrità dottrinale, sì da costituire una sorta di ‘vademecum’, che consenta alle persone, credenti e non, di abbracciare, in uno sguardo d’insieme, l’intero panorama della fede cattolica”. Il Compendio, prosegue il Papa, “avrà come fonte, modello e punto di riferimento costante l’attuale Catechismo della Chiesa Cattolica, che, mantenendo intatta la sua autorevolezza e importanza, potrà trovare, in tale sintesi, uno stimolo ad essere meglio approfondito, e, più in generale, un ulteriore strumento di educazione alla fede”.

 

Nel corso degli anni, numerose sono state le sintesi del Catechismo elaborate a livello di chiese locali e da più parti era stata avanzata la richiesta di poter disporre di un testo di più rapida maneggevolezza. Il Compendio, una volta completato, potrà quindi essere tradotto in varie lingue e divenire il punto di partenza per la stesura di ulteriori sintesi catechistiche, secondo le diverse esigenze dei destinatari e delle Chiese locali.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina un passo del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace, nell'ambito della riflessione quaresimale ispirata alla "mobilitazione penitenziale per la pace".

Il telegramma di cordoglio del Santo Padre ai familiari delle 102 vittime della sciagura aerea in Algeria.

Riguardo all'Iraq, si sottolinea che sono le "ore decisive" per il futuro della pace. 

"La 'ripetizione', una discesa in profondità" è il titolo del pensiero di Andrea Riccardi dedicato all'Anno del Rosario.

 

Nelle vaticane, Concistoro Ordinario Pubblico per il voto su alcune Cause di Canonizzazione.

La Lettera del Papa al cardinale Ratzinger in vista della preparazione di un Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica.

Una sintesi degli interventi dei parroci durante l'udienza del Papa al Clero della diocesi di Roma, svoltasi ieri.

Un volume dell'arcivescovo Romeo Panciroli dal titolo "L'appartamento delle udienze pontificie". 

Cuba: la Lettera pastorale del cardinale Ortega y Alamino, in occasione del 150 anniversario della morte del Servo di Dio, padre Felix Varela.

Una pagina dedicata alle Lettere quaresimali.

 

Nelle pagine estere, un Comunicato sulla visita dell'arcivescovo Jean-Louis Tauran in Lituania, svoltasi dal 2 al 5 marzo.

Medio Oriente: altre vittime palestinesi nei Territori autonomi; uccisa anche una donna cinquantenne madre di dieci figli. 

Corea del Nord: gli Usa si dicono ottimisti riguardo ad una soluzione pacifica della crisi nucleare.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Paola Ricci Sindoni dal titolo "La donna: memoria e attualità": in margine ad una Collana della Libreria Editrice Vaticana.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano i temi del terrorismo e della giustizia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

7 marzo 2003

 

 

NEL DIBATTITO CRUCIALE TRA GUERRA E PACE

SI DISCUTE ANCHE DEL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE

- Intervista con Vincenzo Cannizzaro -

 

Si avverte che si è arrivati ad un momento particolarmente delicato della cosiddetta crisi irachena. Nel preoccupante dibattito tra guerra e pace rientrano anche riflessioni sul ruolo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Si è parlato di una presunta legalità di diritto internazionale da rispettare e dell’importanza delle risoluzioni Onu. Fausta Speranza ha chiesto chiarimenti al prof. Vincenzo Cannizzaro, docente dell’Istituto di diritto internazionale e dell’Unione europea e membro della Società italiana di diritto internazionale.

 

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R. - Nel sistema delle Nazioni Unite una guerra non autorizzata dal Consiglio di Sicurezza, pone seri dubbi di legittimità. Le Nazioni Unite possono utilizzare la forza direttamente. Lo hanno fatto con azioni di ‘peacekeeping’ in cui si spiegano sul campo i Caschi blu. Nell’ultimo decennio, invece, la prassi si è un po’ evoluta. Le Nazioni Unite autorizzano l’uso della forza in capo agli Stati. Non è che autorizzino la guerra, ma autorizzano gli Stati ad usare la forza per rispondere a situazioni di minacce internazionali. Però, nell’autorizzare l’uso della forza, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe non di meno predeterminare gli obiettivi ed i mezzi dell’azione per evitare che agli Stati sia lasciata una eccessiva discrezionalità nel condurre le ostilità militari.

 

D. – Prof. Cannizzaro, quale importanza attribuisce al dibattito sulla necessità o meno di una nuova risoluzione per la crisi attuale?

 

R. - Se uno legge la risoluzione 1441 è difficile rinvenire in essa un’autorizzazione implicita all’uso della forza. Quindi, se alcuni Stati ritengono che ci sia la necessità di usare la forza, c’è indubbiamente bisogno di una seconda risoluzione. Il fatto è che una seconda risoluzione avrebbe non solo bisogno di 9 voti favorevoli, ma di 9 in cui siano compresi anche i 5 voti dei membri permanenti e già almeno 3 membri permanenti hanno annunciato che il loro voto positivo non ci sarà.

 

D. – Prof. Cannizzaro, ce la dice la sua opinione sul fatto che Bush ritiene che possa procedere con la guerra al di là del pronunciamento dell’Onu?

 

R. – Il fatto è che, a quel che si sa, anche dai documenti ufficiali, l’amministrazione Bush ritiene che al di là della carta delle Nazioni Unite, ci sia oggi un diritto unilaterale di intervento, per gli Stati, per far fronte a minacce di carattere terrorista. Questa è una dottrina di carattere unilaterale. Indipendentemente dalla sua fondatezza sul piano politico, il fatto è che la grande maggioranza degli Stati della Comunità Internazionale ritengono che oggi un potere unilaterale di intervento non ci sia. Questo verosimilmente perché un potere unilaterale di intervento da parte di ciascuno Stato condurrebbe presto al caos e alla disgregazione dell’ordine mondiale.

 

D. – Professore, quali sono le differenze per quanto riguarda il diritto internazionale tra la crisi attuale e le precedenti, cioè nel ’91 in Iraq o quelle successive nei Balcani?

 

R. – Sono veramente tante. Nel ’91 in Iraq c’era un’autorizzazione. Anzi, devo dire che è stata la prima autorizzazione del Consiglio di Sicurezza in capo agli Stati ad usare la forza. E in qualche misura, il Consiglio di Sicurezza ha anche guidato l’azione. Si ricorderà che, come si dice correntemente, le forze alleate si sono fermate dopo aver liberato il Kuwait e non hanno proceduto oltre, per cambiare il regime, perché il mandato delle Nazioni Unite era quello di liberare il Kuwait e basta. Nei Balcani gli episodi sono stati veramente tanti. In molti il Consiglio di Sicurezza ha autorizzato la forza e quindi gli Stati sono intervenuti, come dire, sulla base di questo fondamento giuridico. Nel caso della guerra in Kosovo non c’è stata un’autorizzazione dell’uso della forza e quindi si è trattato sicuramente di un intervento che pone problemi di legittimità. Devo però dire che poiché si voleva rispondere ad un rischio di catastrofe umanitaria - vero o presunto che fosse, ma questo è un altro discorso - intorno agli interventi in Kosovo, si era creato un larghissimo consenso internazionale. Per esempio, gli Stati occidentali erano tutti d’accordo e di fatto l’intervento è stato organizzato dalla Nato. Si era creata una specie di legittimazione politica dell’intervento in Kosovo. Legittimazione che non so se invece ci sia - anzi sarei piuttosto scettico - per quanto riguarda un eventuale intervento in Iraq.

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DEDICATA ALLE PERSONE ANZIANE LA “CAMPAGNA DI FRATERNITA’”

 PROMOSSA PER LA QUARESIMA DAI VESCOVI DEL BRASILE:

CON NOI MONS. LUCIANO MENDES DE ALMEIDA

- Servizio di Cristiane Murray -

 

In attuazione del messaggio del Santo Padre per la quaresima di quest’anno dal titolo “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”, varie conferenze episcopali hanno lanciato iniziative solidarietà. In Cile i vescovi hanno promosso la “Campagna della quaresima di fraternità”, invitando i fedeli a vivere questo tempo in preghiera, digiuno ed elemosina, versando i frutti delle loro rinunce, come contributi per la Campagna a favore dei più poveri. Analoga iniziativa in Brasile, dove la Conferenza episcopale ha lanciato la “Campagna della fraternità 2003”, dedicata quest’anno alle persone anziane. Ce ne parla Cristiane Murray.

 

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(musica)

 

La Campagna della fraternità brasiliana fa proprie le parole della "Lettera agli Anziani" di Giovanni Paolo II (1999), sottolineando il dovere di “rispettare e amare gli anziani, perché essi si sentano, nonostante l'affievolirsi delle forze, parte viva della società".

 

Sentiamo dom Luciano Mendes de Almeida, gesuita, arcivescovo di Mariana, Minas Gerais, personalità ben conosciuta in Brasile. Ex presidente della Conferenza episcopale del paese, nel 1992 ha guidato, a Santo Domingo, l'assemblea dell'episcopato latino-americano.

 

R. - Da anni questa campagna si è trasformata in Brasile come grande elemento di conversione comunitario verso i valori del Regno di Dio.

 

D. - Noi adesso siamo un  popolo pieno di speranza con un nuovo governo, un nuovo sistema … Voi avete notato da parte del governo e da parte dei fedeli un nuovo stimolo a partecipare?

 

R. - Voglio dire che la parola speranza è importante in questa Campagna di Fraternità, in quanto la fraternità per le persone anziane è appoggiata da queste tre parole: vita, dignità e speranza. La parola speranza è una parola molto forte in questa Campagna. Possiamo vedere in questo momento qualcosa di nuovo nella vita politica del Brasile, in quanto l’elezione del nuovo presidente è stata un’elezione in cui la maggior parte della popolazione si è presentata in un’affermazione di voto che ha riempito il cuore di molte persone, nella certezza che ci sarà un cambiamento nella politica nazionale, cioè una priorità verso gli obiettivi sociali. Questo è stato dichiarato dal nuovo governo, quando ha scelto come priorità il superamento della miseria e della fame. Con questo si è trovato sensibilmente in accordo con la presentazione della Chiesa.

 

D. – Qual è il contributo che lei crede l’anziano può dare?

 

R. – La saggezza, perché ogni persona anziana significa una vita di sofferenza, una vita di grandi esperienze, una vita pure di grandi conquiste, realizzazioni, che a volte rimangono nel cuore delle persone anziane. Il grande frutto per la Chiesa è di ritrovare quello che è la ricchezza esistenziale dell’anziano. Allora tutta la comunità si rinnova, ognuno trova il suo posto. E questo sarà per noi, credo, la previsione di grandi frutti spirituali.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

7 marzo 2003

 

 

SI È CONCLUSA IERI A LUCERNA L’ASSEMBLEA DEI VESCOVI SVIZZERI.

TRA LE DECISIONI PRESE, L’INVITO RIVOLTO AL SANTO PADRE

A VISITARE LA SVIZZERA NEL 2004,UN APPELLO IN FAVORE

 DEI CRISTIANI DELLA TERRA SANTA ED UN DOCUMENTO

SULLO STATUTO DELL’EMBRIONE

 

LUCERNA. = L’invito al Papa per la primavera del 2004, un appello in favore dei cristiani di Betlemme e un documento di bioetica sull’embrione: sono le principali iniziative della Conferenza episcopale svizzera (Ces) a conclusione della 259.a assemblea ordinaria che si è svolta dal 3 al 5 marzo a Lucerna. Nella primavera del 2004 i vescovi intendono organizzare un incontro di giovani  cattolici svizzeri: in questa occasione vorrebbero invitare Giovanni Paolo II. I vescovi hanno però precisato che non sono ancora stabiliti né il luogo né la data dell’incontro. Si tratterebbe comunque della seconda visita di Giovanni Paolo II in Svizzera dopo quella del 1984. Un altro punto importante dei lavori dell’assemblea è stata la situazione della Terra Santa. I vescovi hanno espresso la loro più profonda preoccupazione: “La popolazione di questa regione – osservano - vive una situazione drammatica, che da qualche mese i rischi della guerra in Iraq eclissano. La presenza delle comunità cristiane in Palestina è minacciata dal conflitto attuale e dalla devastazione economica conseguente”. Particolari timori desta la costruzione del muro che separa le popolazioni palestinesi ed israeliane a Betlemme. Secondo i vescovi dozzine di famiglie cristiane rimarrebbero isolate dal resto della città, lontane dai principali servizi. Per questo i presuli hanno chiesto la cessazione di questa misura, ed hanno raccomandato ai fedeli di aderire alla colletta del Venerdì Santo in favore della Terra Santa e di partecipare ai pellegrinaggi in quelle zone. Importante anche la stesura del documento di bioetica. Il gruppo di lavoro della Ces ha presentato ai parlamentari svizzeri la sua presa di posizione intitolata “Lo Statuto dell’embrione”, nel quale viene esaminato in maniera critica il progetto di legge in esame alla Camera riguardante lo stesso argomento. (M.A.)

 

 

L’IRAN È PRONTO AD ACCOGLIERE PROFUGHI IRACHENI IN CASO DI EMERGENZA.

LO HA DETTO IERI L’ALTO COMMISSARIO DELL’ONU PER I RIFUGIATI RUUD LUBBERS

AL TERMINE DELLA SUA VISITA NEL PAESE MEDIO ORIENTALE, IN RIFERIMENTO

ALL’IPOTESI DI UN ATTACCO ALL’IRAQ

TEHERAN. = L’Iran è disposto ad accogliere profughi provenienti dall’Iraq “in caso di emergenza”, pur mantenendo intatta in linea di principio la sua politica di tenere chiuse le frontiere con il paese vicino. Lo ha detto ieri a Teheran l’Alto Commissario dell'Onu per i rifugiati Ruud Lubbers, che ha visitato tre campi di accoglienza nella regione sud occidentale iraniana di Ahwaz. “L'intento della Repubblica islamica - ha aggiunto Lubbers - è di allestire sette campi per poter far fronte nel caso peggiore ad un flusso di 200-250 mila profughi”. Lubbers che ha incontrato anche il presidente iraniano Mohammad Khatami, ha detto che le autorità di Teheran hanno espresso tra l’altro la preoccupazione che l’afflusso di profughi possa portare verso l’Iran malattie provocate dall’eventuale uso di armi biologiche da parte di Saddam Hussein”. L’Alto Commissario dell’Onu ha detto che l’Iran sarebbe il Stato maggiormente interessato da un afflusso di profughi provenienti per la maggior parte dalle regioni sciite del sud del Paese, ma anche dalla regione di Baghdad che dista dal confine iraniano non più di 140 chilometri. L’Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) ha richiesto ai paesi donatori un contributo di 60 milioni di dollari per far fronte alle prime esigenze di assistenza ai rifugiati, ma ha lamentato che fino ad ora soltanto un esiguo gruppo di Nazioni ha risposto all'appello, mettendo a disposizione una somma non superiore ai 20 milioni di dollari. Secondo Lubbers ogni campo che verrà allestito in territorio iraniano potrà ospitare fino a 20 mila profughi. Per l’organizzazione di queste strutture l’Unhcr sta lavorando con la Mezza Luna Rossa e con il governo di Teheran. “E' da sottolineare - ha detto Lubbers - l'atteggiamento coerente delle autorità iraniane su questa materia umanitaria”. (M.A.).

 

 

INCONTRO IN COSTA RICA TRA L’EPISCOPATO ED IL GOVERNO PER UN CONFRONTO

SULLA NOTA DELLA CONGREGAZIONE DELLA DOTTRINA DELLA FEDE

SUL COMPORTAMENTO DEI CATTOLICI NELLA VITA POLITICA.

NELLE DICHIARAZIONI DEI VESCOVI E DEI POLITICI,

PIENA CONCORDANZA SULLE INDICAZIONI DEL DICASTERO ROMANO

 

SAN JOSÉ. = Esponenti dell’episcopato della Costa Rica e del governo nazionale si sono incontrati due giorni fa, nella capitale San José, per discutere riguardo la recente nota dottrinale della Congregazione della dottrina della fede, “Circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”. All’incontro erano presenti tra gli altri, il presidente della Conferenza episcopale mons. Josè Francisco Ulloa Rojas, e il presidente della Repubblica, Abel Pacheco. Durante l’incontro mons. Ulloa ha ricordato che la Chiesa non pretende formulare soluzioni concrete per questioni temporali, né supplire alla decisioni dei governanti. Il presule ha però affermato che la Chiesa ha il diritto e il dovere di pronunziare giudizi morali sulla realtà temporale, quando la fede e la legge morale lo esigono. Il vescovo è stato fermo nel ribadire la necessità di fondamenti etici nell’azione politica. “Senza ordine morale – ha detto – i grandi progetti di carattere sociale, economico o politico svaniscono, se non sono sostenuti da principi etici”. A queste parole il presidente Pacheco ha risposto sottolineando il contributo che i cattolici impegnati in politica sono chiamati ad offrire: “Alla luce degli insegnamenti della Chiesa – ha detto il presidente – tutti i cattolici devono lavorare in favore della giustizia. Chi ha ricevuto l’opportunità di servire, necessita sempre orientamento etico per condurre il Paese per la via migliore. Noi cattolici – ha aggiunto – alla luce dell’esempio di Gesù, dobbiamo essere strumenti di cambiamento, mai passivi spettatori, bensì costruttori ed innovatori della realtà”. (M.A.)

 

 

ALLARME DELL’UNICEF SULL’EMERGENZA ALIMENTARE IN AFRICA.

 CIRCA 2,5 MILIONI DI PERSONE RISCHIANO DI MORIRE DI FAME IN ERITREA;

 ALMENO 11 MILIONI NELLA VICINA ETIOPIA, MA IN TUTTO

IL CONTINENTE IN 38 MILIONI SOFFRONO LA DENUTRIZIONE

 

NAIROBI. = Tra i 5 mila ed i 10 mila bimbi eritrei al di sotto dei cinque anni sono gravemente denutriti a causa della siccità che ha sconvolto il Paese, con gravissimi rischi di sopravvivenza per circa 2,5 milioni di persone, vale a dire i due terzi della popolazione. Lo denuncia un comunicato del Fondo dell’Onu per l’infanzia (Unicef). La situazione, viene spiegato, si fa di giorno in giorno più disperata, così come nella confinante Etiopia, dove a rischio di fame sono almeno 11 milioni di persone, ma su una popolazione di circa 65 milioni. Numeri enormi che fanno paura all’Eritrea, che però, proporzionalmente è in una situazione ancor più disperata, ma teme di restare schiacciata dalle esigenze dell’ex grande fratello, poi grande nemico. Nell’intera Africa, fonti Onu hanno calcolato che almeno 38 milioni di persone rischiano la vita per la fame, sempre conseguenza della siccità (non di rado intrecciate con straordinari esempi di malgoverno e di scelte strategiche errate). Una situazione che, inoltre, funge da effetto moltiplicatore sulle croniche malattie che sconvolgono il continente: Aids, malaria (che falcidia i bimbi al di sotto dei cinque anni: 72 mila morti all'anno solo in Kenya) e tubercolosi in primo luogo. (M.A.)

 

 

PREMIO MONDIALE PER LA LIBERTA’ DI STAMPA 2003 ASSEGNATO

 DALL’UNESCO ALLA GIORNALISTA ISRAELIANA AMIRA HASS

 DA 10 ANNI INVIATA NEI TERRITORI PALESTINESI

 

PARIGI. = “Amira Hass ha dimostrato un impegno professionale e una indipendenza eccezionale”. Lo ha riconosciuto Koichiro Matsuura, Direttore generale dell’Unesco, motivando l’assegnazione del Premio Mondiale per la libertà di stampa 2003 alla giornalista israeliana che da 10 anni è inviata del quotidiano israeliano Ha’aretz, nei Territori autonomi palestinesi. “Se la pace si stabilirà tra Israeliani e Palestinesi - ha ancora detto Koichiro Matsuura - sarà grazie a persone come Amira Hass, che sono capaci di riportare i fatti e di comprenderli, senza pregiudizi”. E il presidente della giuria internazionale, il giamaicano Oliver Clarke, Presidente della Gleaner Company Limited, ha riconosciuto che “in questi 10 anni scorsi, Amira Hass ha dato prova di un coraggio e di una professionalità esemplari, proprio quando il suo lavoro di ricerca della verità era sottoposto a forti pressioni”. Pressioni motivate dalle sue posizioni critiche e indipendenti sia riguardo alla politica israeliana che a quella palestinese. “La neo-premiata è la prima e unica giornalista israeliana che vive nei Territori palestinesi. Malgrado le restrizioni imposte sia da parte dei militari israeliani che dall’Autorità nazionale palestinese” - si legge nel comunicato dell’Unesco - Amira Hass ha scritto senza sosta articoli sulla difficile vita quotidiana dei Palestinesi. (C.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

7 marzo 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

 

L'esilio del leader iracheno Saddam Hussein potrebbe essere ''una opzione'' per evitare la guerra. La pensa così il segretario generale dell'Onu Kofi Annan, proprio mentre Baghdad sollecita i Paesi del Consiglio di Sicurezza dell'Onu a non votare per la nuova risoluzione proposta da Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna. Ma la linea americana sull’Iraq non cambia: i 34 missili distrutti da Baghdad nell’ultima settimana non bastano. Nell’Iraq meridionale proseguono infatti i raid angloamericani - stamani è stata attaccata una stazione radar mobile - e ieri Bush è tornato a ribadire che Washington “non ha bisogno del permesso di nessuno per fare la guerra”. Sentiamo Paolo Mastrolilli:

 

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Il capo della Casa Bianca ha annunciato che tra pochi giorni chiederà al Consiglio di Sicurezza di votare sulla nuova risoluzione per spingere tutti i Paesi a dimostrare da che parte stanno, ma si è riservato il diritto di attaccare anche se il documento fosse bocciato. Bush ha aggiunto quindi che il suo obiettivo in Iraq è il disarmo, ma per ottenerlo serve un cambiamento di regime. Oggi il capo degli ispettori Onu, Hans Blix, presenterà al Consiglio di Sicurezza quello che potrebbe essere il suo ultimo rapporto e, alla vigilia, la Gran Bretagna ha avanzato l’ipotesi di emendare la risoluzione per dare più tempo ai controlli sul disarmo. Ma i Paesi contrari alla nuova risoluzione non hanno mostrato molto interesse, anche perché Blix ha dichiarato che Baghdad ha cominciato il disarmo reale, eliminando i missili Al Samoud 2, e quindi le ispezioni stanno dando dei risultati che dovrebbero giustificare il loro prolungamento. Il Pentagono però ha detto di essere pronto ad attaccare: Bush potrebbe dare l’ordine anche la settimana prossima, dopo aver capito se la nuova risoluzione abbia voti sufficienti per essere approvata.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Mentre l’Iraq ha annunciato che in caso di guerra non brucerà i propri pozzi petroliferi, come successo in passato, l’Europa continua a mostrarsi divisa sulla crisi. Dal vertice italo-tedesco, iniziato ieri a Brema alla presenza del cancelliere tedesco Schroeder e del premier italiano Berlusconi, è emersa la differenza di vedute di Italia e Germania. La divergenza - hanno spiegato i due leader - si basa essenzialmente sulla valutazione della reale volontà di Saddam di collaborare con gli ispettori.

 

Continuano in Turchia i preparativi militari statunitensi e turchi, mentre il leader del partito di governo Erdogan ha dichiarato che Ankara ''vuole attendere la decisione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu del 14 marzo'' prima di presentare un nuovo decreto al Parlamento: l’Assemblea nei giorni scorsi aveva infatti detto no al passaggio di truppe americane ed all'invio di militari turchi nel nord Iraq.

 

Osama Bin Laden è vivo e gode di buona salute. Lo avrebbe riferito Khalid Sheikh Mohammed, il numero tre dell’organizzazione terroristica Al Qaeda, arrestato sabato scorso alla periferia di Rawalpindi, in Pakistan. Intanto sono state smentite sia da fonti della Casa Bianca sia dal ministero dell’Interno pakistano le voci su un presunto arresto di Bin Laden.

 

È durissima la rappresaglia israeliana nei Territori, dopo l’attentato kamikaze che mercoledì ha provocato 15 vittime ad Haifa. In Cisgiordania un palestinese è stato ucciso la scorsa notte presso la colonia di Hamra dove, secondo fonti militari israeliane, cercava di infiltrarsi. Le ripetute incursioni dell’esercito hanno poi causato la morte di 14 persone, la maggior parte delle quali nel campo profughi di Jabaliya, nella Striscia di Gaza. Ce ne parla Graziano Motta:

 

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Le operazioni a Jabaliya e a Beit Hanun, nel nord della Striscia, vengono presentate come una risposta al ripetuto lancio di missili sulla cittadina israeliana di Sderot, che hanno causato lievi danni, ma non vittime. Altre attività militari sono segnalate in Cisgiordania. A Jenin, fra l’altro, sono stati arrestati il comandante del braccio armato della Jihad e due suoi collaboratori, e in un villaggio presso questa città è rimasta uccisa una donna di 50 anni, madre di 10 figli. Tutto ciò mentre ad Haifa sono state seppellite oggi altre quattro vittime della strage, compiuta l’altro ieri sull’autobus urbano da un attentatore suicida palestinese. Due persone sono ancora ricoverate in ospedale, in condizioni gravissime. Sul piano politico si riunirà domani a Ramallah il Consiglio legislativo palestinese per approvare la nomina di Abu Mazen (Mahmud Abbas) a primo ministro dell’Anp.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Possibile spiraglio nella crisi che attanaglia la Costa d’Avorio. I ribelli hanno infatti deciso di rinunciare ai ministeri chiave di Difesa e Interni per mettere fine all’impasse sulla formazione del governo di unità nazionale. I ribelli avevano ottenuto i due ministeri a margine del summit di Marcoussis, Parigi, del 25 e 26 gennaio scorsi.

 

Speranze di pace per la Repubblica Democratica del Congo: si sono concluse in nottata a Pretoria, in Sudafrica, le trattative del dialogo intracongolese. Governo e ribelli hanno raggiunto l’accordo su una bozza di Costituzione, che dovrà gestire la fase di transizione:

 

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Anche la coalizione democratica congolese di Goma ha accettato, dopo l’annuncio della caduta della città di Bunia nelle mani delle truppe ugandesi. Intanto a Pretoria è stato pure approvato un memorandum sull’organizzazione militare e sulle garanzie di sicurezza che dovranno essere poste in atto nella fase del passaggio dei poteri, con cui dovrebbe concludersi la guerra scoppiata il 2 agosto del 1998. “Se Dio vuole”, ha commentato Moustapha Niasse, inviato speciale del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, “l’approvazione di questi documenti porterà alle elezioni entro due anni”. Ma ora tocca proprio a lui, Niasse, ex presidente del Botswana, convocare entro 15 giorni le parti in una località segreta per dar vita all’assise finale.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Il leader turco-cipriota Rauf Denktash ha detto no alla terza versione del piano presentato dal segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, per la riunificazione dell'isola divisa. Toccherà ora alle autorità turco-cipriote la responsabilità di decidere se tenere o non un referendum su quel piano anche nella parte turca di Cipro, come chiesto da Annan. Il segretario generale dell’Onu attende una risposta dai leader delle due parti il 10 marzo all’Aja.

 

La Forza di stabilizzazione della nato in Bosnia, la Sfor, ha lanciato un'operazione nella zona di Pale, nella Republika Srpska (entità serba di Bosnia) a est di Sarajevo, con lo scopo di interrompere le attività di coloro “che danno sostegno finanziario” all'ex leader serbo bosniaco Radovan Karadzic e ad altri ricercati per crimini di guerra. All'inizio dell'anno la comunità internazionale aveva annunciato che colpirà la rete dei sostenitori di Karadzic, i quali permettono all'ex leader, ricercato dal Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra in ex Jugoslavia, di essere latitante da sette anni.

 

 

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