RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 64 - Testo della Trasmissione mercoledì 5 marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nel giorno della preghiera e del digiuno che apre il tempo penitenziale della Quaresima, l’invito del Papa ad uno sforzo comune per evitare la guerra, all’udienza generale in Vaticano

 

Straordinaria adesione nel mondo all’appello di Giovanni Paolo II a digiunare per la pace. Atteso per oggi l’incontro del cardinale Laghi con il presidente Bush: con noi, il dirigente islamico Mohamed Nour Dachan e l’esponente ebraica Tullia Zevi

 

 Un nuovo impulso ai programmi sociali per la terza età, raccomandato dal Pontefice in un messaggio per la campagna brasiliana dedicata agli anziani

 

 Il Papa oggi pomeriggio nella Basilica di Santa Sabina all’Aventino, per il rito delle ceneri.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Presentato a Tokyo il Rapporto mondiale sull’acqua. Appello agli Stati perché sfruttino meglio le risorse idriche: intervista con la dott.ssa Alice Aureli

 

 Cinquant’anni fa la morte di Stalin, dopo decenni di dittatura e di repressione: ai nostri microfoni, il prof. Vittorio Strada.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Incontri di preghiera nei cinque continenti, in comunione con il Papa, per la causa della pace

 

Cresce tra i marines statunitensi in Kuwait la riscoperta della propria fede

 

La terra torna a tremare nello Xinjiang cinese, dopo il sisma che ha causato 16 mila senzatetto.

 

Annunciata dall’arcivescovo di San José in Costa Rica, mons. Hugo Barrantes Ureña, una grande missione popolare

 

Ieri, a Roma, un incontro promosso dall’Unione Cattolica della stampa italiana

 

24 ORE NEL MONDO:

Nuovo tragico attentato kamikaze in Israele: almeno 11 morti nella strage di stamani su un autobus

 

A Baghdad, prosegue la distruzione dei missili Al Samoud 2

 

Osama Bin Laden sarebbe vivo e in Pakistan: è quanto risulta da sue lettere manoscritte

 

Cina: al via oggi a Pechino, l’Assemblea nazionale del Popolo.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 marzo 2003

 

 

“NON E’ MAI TROPPO TARDI” PER COSTRUIRE IL DIALOGO ED EVITARE LA GUERRA.

ALL’UDIENZA GENERALE, IL FORTE INVITO DEL PAPA

A DEDICARE LA PREGHIERA E IL DIGIUNO DEL MERCOLEDI’ DELLE CENERI

PER OTTENERE DA DIO IL DONO DELLA PACE

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Uno sforzo comune per evitare la guerra, perché non è mai troppo tardi per ricercare il dialogo. E’ la strada che Giovanni Paolo II indica ai cristiani, e non solo a loro, per costruire la pace. Tra la storia antica della Bibbia e le sfide che propone l’attualità, le parole del Papa rivolte questa mattina, in Aula Paolo VI, ai circa 6.500 pellegrini dell’udienza generale hanno strettamente avvinto i temi e le pratiche della Quaresima che oggi inizia con il supremo obiettivo della pace. Un traguardo, ha osservato il Pontefice, che si raggiunge uniti:

 

“Mentre entriamo nel tempo della Quaresima, non possiamo non tener conto dell'attuale contesto internazionale, nel quale si agitano minacciose tensioni di guerra. Occorre da parte di tutti una consapevole assunzione di responsabilità e uno sforzo comune per evitare all'umanità un altro drammatico conflitto”.

 

Per questo motivo, ha soggiunto Giovanni Paolo II, “ho voluto che l'odierno Mercoledì delle Ceneri fosse una Giornata di preghiera e di digiuno per implorare la pace nel mondo. Dobbiamo chiedere a Dio anzitutto la conversione del cuore, nel quale si radica ogni forma di male e ogni spinta verso il peccato; dobbiamo pregare e digiunare per la pacifica convivenza fra i popoli e le nazioni”. Vecchie di millenni, anche le parole del profeta Isaia, lette all’inizio della catechesi odierna, hanno mostrato un’immagine beneaugurante di un mondo pacificato: un mondo dove “un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo” e nel quale gli uomini “non si eserciteranno più nell'arte della guerra”, ma “forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci”. Dio saprà benedire questo sforzo dell’umanità e il pensiero dell’intervento divino, ha affermato il Papa, “deve stimolare ciascuno di noi a proseguire in un'incessante preghiera e in un fattivo impegno per costruire un mondo dove l'egoismo ceda il posto alla solidarietà e all'amore”:

 

“Possa questa Giornata di preghiera e di digiuno per la pace, con cui apriamo la Quaresima, tradursi in gesti concreti di riconciliazione. Dall'ambito familiare a quello internazionale, ciascuno si senta e si faccia corresponsabile della costruzione della pace”.

 

Costruire la pace, ovvero – ha detto il Pontefice – “costruire un ordine sociale improntato non ad un precario equilibrio di interessi in conflitto, ma ad un'equa e solidale ricerca del bene comune”, è un dovere per il quale non bisogna mai disperare o temere di fallire. Il Papa lo ha ribadito con chiarezza al momento dei saluti, parlando ai pellegrini suoi connazionali:

 

WIERZĘ, ŻE NA DIALOG...

Credo, che quando si tratti di pace, non sia mai troppo tardi per dialogare. Perciò a voi tutti chiedo questa preghiera e questo digiuno. Siano questi gesti concreti del coinvolgimento da parte di coloro che credono nella missione di ricordare al mondo che per la pace non è mai troppo tardi”.

 

Tra i saluti in lingua italiana, Giovanni Paolo II ne ha rivolto uno particolare alle rappresentanti del Coordinamento Nazionale Donne dell’Unione Generale del Lavoro, augurando loro “di porre sempre al centro di ogni attività sociale la persona umana, secondo l’insegnamento della Chiesa”.

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UN MERCOLEDI’ DELLE CENERI NEL SEGNO DELLA PACE: STRAORDINARIA ADESIONE ALLA GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO PROCLAMATA DA GIOVANNI PAOLO II,

MENTRE PROSEGUE L’ATTIVITA’ DIPLOMATICA DELLA SANTA SEDE. ATTESO OGGI A WASHINGTON, L’INCONTRO TRA IL PRESIDENTE AMERICANO, BUSH,

 E IL CADINALE LAGHI, INVIATO SPECIALE DEL PAPA

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

        

Oltre i confini geografici, al di là delle divisioni politiche e culturali. L’odierna giornata di preghiera per la pace, indetta dal Papa, ha raccolto un’adesione straordinaria in ogni angolo del mondo. Una risposta che è cresciuta, di giorno in giorno, da quella mattina del 23 febbraio quando all’Angelus domenicale Giovanni Paolo II esortò tutti i cattolici a dedicare il Mercoledì delle Ceneri – inizio di Quaresima e giornata di digiuno – al grande tema della pace. “E’ doveroso per i credenti, a qualunque religione appartengano – affermò il Pontefice in tale occasione – proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli altri; mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra”. Parole che hanno toccato il cuore di milioni di persone delle fedi più diverse attribuendo all’evento una dimensione interreligiosa. Significativo, in tale contesto, il favore espresso per l’iniziativa dall’Unione delle comunità islamiche in Italia, come spiega il suo presidente Mohamed Nour Dachan al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. – Credo che in questo momento, come in altri momenti dall’11 settembre ad oggi, Sua Santità ha fatto degli appelli giusti, corretti. Penso che stia prendendo una posizione che è quella che noi condividiamo pienamente: nessuno deve utilizzare la religione per altri scopi, soprattutto bellici. E il digiuno è una cosa molto bella, nell’Islam si dice: ‘Il digiuno è il segreto tra il servo e il suo Signore’, perché nessuno può sapere se ho mangiato o no: è un segreto. Noi apprezziamo moltissimo questo appello al digiuno e io credo che molti di noi faranno questo digiuno insieme ad amici cristiani che stanno prendendo la posizione giusta.

 

D. – Qual è la vostra posizione come Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia, rispetto alla minaccia di un conflitto in Medio Oriente?

 

R. – Noi non crediamo assolutamente che uno sbaglio cancelli un altro sbaglio, cioè uno sbaglio più uno sbaglio diventano due; invece, un’azione corretta corregge uno sbaglio. Se c’è la dittatura, ci sono le armi, cerchiamo con una buona azione di cancellarle. Facendo un’altra guerra, facendo altri morti abbiamo già l’esempio fallito dell’Afghanistan, dove tanta gente è morta. Perché? Per prendere alcune persone che non sono state prese, tra l’altro? Allora, non si può fare un errore per cancellare un altro errore. Diventano due, gli errori.

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Le preoccupazioni per l’infiammarsi del Medio Oriente, quale conseguenza di un nuovo conflitto nel Golfo Persico, sono condivise anche da Tullia Zevi, voce tra le più autorevoli della comunità ebraica italiana, che – ancora al microfono di Fabio Colagrande – spiega le ragioni della sua adesione all’appello di Giovanni Paolo II: 

 

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R. - Lo scatenarsi di una guerra suscita delle profondissime preoccupazioni, perché uno si domanda: ‘Va bene, mettiamo che l’America parta: ma come reagirà l’altra parte? Che cosa succederà?’. Quindi, è anche l’estrema preoccupazione per tutta la zona. E’ difficile che un conflitto oggi possa rimanere circoscritto all’Iraq. Gli osservatori, in generale, prevedono che l’inizio di una guerra contro l’Iraq possa poi allargarsi, estendersi all’intero Medio Oriente. So anche che in Israele, la maggioranza del Paese è sotto lo shock di questi terrificanti attacchi terroristici contro la popolazione civile che hanno creato questo indurimento, questa specie di ‘quadrato’ di estrema di difesa; ma le mie considerazioni non sono state dettate da un volere nuocere alla posizione di Israele, ma è proprio l’estrema apprensione delle conseguenze di un conflitto armato anche sul destino di Israele, che è stata determinante in questa mia decisione di rendere pubblica la mia intenzione di digiunare. Penso che tutti debbano essere coinvolti, anche i laici, anche i non credenti, i credenti nei diritti umani, perché io credo che si possa essere credenti anche su virtù civiche e umane. Quindi, io penso che dovrebbe essere un dialogo multilaterale perché il futuro del mondo – penso – dipende anche, se non soprattutto, dalla capacità di dialogare anche con gli opposti.

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         Accanto alla forza della preghiera, si aggiunge instancabile - anche in queste ore - l’azione della diplomazia vaticana per diradare le ombre di una nuova guerra. I riflettori della speranza sono puntati su Washington, dove oggi è atteso l’incontro tra il presidente americano e il cardinale Pio Laghi, latore di un messaggio del Santo Padre per George Bush. “Evitare la guerra e trovare una soluzione pacifica alla questione del disarmo iracheno”: questi – ha detto il porporato – sono i “due elementi che stanno più a cuore alla Santa Sede”. Il cardinale Laghi ha aggiunto che si prepara a questo importante momento con “lo spirito di Abramo che sapeva cosa lasciava, ma non cosa avrebbe trovato”. Quindi, ha definito “incoraggiante” la decisione del governo di Baghdad di procedere alla distruzione dei missili al-Samoud. L’inviato speciale del Papa, dopo il colloquio alla Casa Bianca, celebrerà nel pomeriggio una Messa per la pace nella monumentale Basilica del Santuario nazionale dell’Immacolata concezione di Washington. Proprio da questo luogo, durante una visita negli Stati Uniti nell’ottobre del 1979, Giovanni Paolo II levò alta la voce in favore della “giustizia e della pace nel mondo”, affinché “la forza e l’energia dell’amore possano prevalere sull’odio e la distruzione”.

 

 Ieri, intanto, il Papa ha ricevuto in udienza il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi. Il colloquio, riferisce una nota del direttore della Sala Stampa della Santa Sede Navarro Valls, ha “permesso uno scambio di opinioni sull’attuale situazione internazionale, con particolare riferimento alla crisi in Iraq ed in Terra Santa”. Quello tra il Papa e Berlusconi è solo l’ultimo di una serie d’incontri di alto livello avvenuti in Vaticano, all’insegna dell’impegno per una soluzione pacifica della crisi irachena. Da un mese a questa parte, il Pontefice ha incontrato il ministro degli Esteri tedesco, Fischer, il vicepremier iracheno Aziz, il segretario generale dell’Onu, Annan, il premier britannico Blair, il premier spagnolo, Aznar, e il vicepresidente del parlamento iraniano, Khatami.

 

 

IL PAPA CHIEDE UN CAMBIAMENTO DI MENTALITA’:

L’UOMO NON SI MISURA PER QUELLO CHE PRODUCE E CONSUMA,

MA HA UN VALORE ASSOLUTO QUALUNQUE SIA IL SUO GRADO DI EFFICIENZA.

COSI’ NEL MESSAGGIO PER LA CAMPAGNA DELLA FRATERNITÀ DEDICATA AGLI ANZIANI

APERTA IN  BRASILE OGGI INIZIO DELLA QUARESIMA

 

- Servizio di Carla Cotignoli -

 

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“Vita, dignità e speranza”. E’ lo slogan che viene lanciato oggi, inizio della Quaresima, in Brasile con la Campagna della solidarietà 2003, dedicata agli anziani, promossa dalla Conferenza episcopale. In questo tempo in cui l’età media è in aumento, è necessario riscoprire la dignità degli anziani e aprirli alla speranza. Il messaggio del Papa illumina il tempo della vecchiaia alla luce del “piano di Dio”. “La certezza che il tempo della vita è limitato – osserva – porta a guardare tutte le cose alla luce della Verità divina, che porta a riconoscere la relatività di qualsiasi altra realtà”. Non per questo, la vita terrena ha meno valore anzi: “assume i contorni di un passaggio di un ponte lanciato tra la vita e la Vita, la gioia fragile e incerta di questa terra e il godimento totale che il Signore riserva ai suoi servi fedeli”.

 

Qui il Papa ancora una volta ribadisce “il valore assoluto di ogni persona umana, qualunque sia il suo grado di efficienza”, mentre “la cultura utilitarista e materialista” – scrive - “misura il valore dell’uomo per quello che produce e consuma”. Con urgenza chiede un cambiamento di mentalità, conversione e solidarietà. “Mi auguro – sono ancora parole del Papa – che sia dato nuovo impulso ai programmi sociali e sanitari a sostegno della terza età – sia da parte di istituzioni pubbliche e private, sia da parte della pastorale delle diocesi”.

 

Il Santo Padre si rivolge poi con affetto a tutti gli anziani del Brasile e li invita a non cadere nello scoraggiamento: “nella sofferenza Dio ci dà sempre la forza per superarla”. Il Papa conclude invocando la benedizione di Dio su tutti gli anziani brasiliani, come “incoraggiamento alla loro valida presenza nella società”.

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IL RITO DELLE CENERI PRESIEDUTO DAL PAPA OGGI POMERIGGIO,

NELLA BASILICA DI SANTA SABINA ALL’AVENTINO, PER L’INIZIO DELLA QUARESIMA

 

- A cura di Paolo Salvo -

 

In questo speciale Mercoledì delle Ceneri, vissuto all’insegna della preghiera e del digiuno per la pace, Giovanni Paolo II si reca come ogni anno nell’antica basilica romana di Santa Sabina, all’Aventino, per la tradizionale celebrazione con la quale si apre il tempo liturgico della Quaresima, che costituisce per i cristiani un invito pressante alla conversione, alla penitenza e alla solidarietà.

 

Come già annunciato, il Papa presiederà la Liturgia della Parola e, dopo l’omelia, l’austero rito di benedizione e imposizione delle ceneri, nella solenne cornice di questa basilica medioevale del quinto secolo, dedicata alla santa che subì il martirio all’epoca dell’imperatore Adriano nel secondo secolo, poi affidata da Papa Onorio III a San Domenico, che fece edificare il chiostro ed il convento per i monaci del proprio Ordine.  La Liturgia Eucaristica sarà celebrata dal cardinale Jozef Tomko, del titolo di Santa Sabina.

 

Il rito sarà preceduto da un momento di preghiera, alle ore 17,  nella vicina chiesa di Sant’Anselmo, annessa al Seminario internazionale benedettino. Seguirà la processione penitenziale verso la basilica di Santa Sabina, cui prenderanno parte cardinali, vescovi, monaci benedettini, padri domenicani e fedeli. L’intera celebrazione sarà trasmessa in diretta dalla Radio Vaticana, a partire dalle ore 17 circa, sulle consuete frequenze, con il commento in italiano.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre e suggella la prima pagina il seguente titolo "Pace - corresponsabilità comune": all'udienza generale del Mercoledì delle Ceneri 2003, Giovanni Paolo II chiama il popolo di Dio a pregare e a digiunare per la pacifica convivenza fra i popoli e le nazioni.

All'interno le diverse iniziative, nelle varie parti del mondo, in risposta all'invito del Santo Padre.

L'ultima pagina, fotografica, reca le due parole-chiave a grandi caratteri: Rosario - Digiuno.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

Una pagina dedicata alla Lettere pastorali per la Quaresima.

Nel cammino della Chiesa in America, un Comunicato dei vescovi del Nicaragua in cui si ribadisce l'ineludibile missione di difendere la vita.

 

Nelle pagine estere, si sottolinea che "l'aspirazione alla pace rischia di infrangersi contro una cinica determinazione al conflitto".

Iraq: gli Usa pronti alla guerra anche senza un altro voto all'Onu. In Medio Oriente nuovi, sanguinosi episodi di violenza.

Nigeria: pastori e agricoltori perpetuano la tragedia delle guerre dimenticate; violenti scontri, in questi giorni, hanno provocato non meno di 110 morti.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Umbero Santarelli dal titolo "La giustizia rischia di restare 'idolum Fori' se non si trasforma da modello in servizio": riflessioni sulle leggi e sulla loro applicazione. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo. La questione legata all'indultino.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 marzo 2003

 

 

UN BENE INESTIMABILE PER LO SVILUPPO DEI PAESI E LA PACE TRA I POPOLI: 

PRESENTATO OGGI A TOKYO IL RAPPORTO MONDIALE SULL’ACQUA.

APPELLO AGLI STATI PERCHE’ SAPPIANO SFRUTTARE AL MEGLIO LE RISORSE IDRICHE

 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Un rapporto davvero voluminoso di 600 pagine, che arriva di supporto a questo Anno  internazionale dell’Acqua 2003: informazioni, dati, grafici, stime e previsioni su questo elemento fondamentale della nostra vita  che troppo spesso sottavalutiamo; 180 i Paesi e territori monitorati. Lo studio analizza le risorse idriche di superficie, nel suolo e nel più profondo sottosuolo, ne valuta le potenzialità, l’effettivo sfruttamento, gli sprechi e da una lettura in chiave economica, alimentare, ecologica, di sicurezza e cooperazione tra gli Stati. Tutto ciò sarà portato all’esame del terzo Forum mondiale sull’acqua, che si terrà a Tokyo in Giappone dal 16 al 23 marzo.

 

Un rapporto che inquieta ed allarma e che chiede risposte pronte da parte della comunità internazionale perché “di tutte le crisi sociali e naturali che sono di fronte all’umanità - denuncia il direttore generale dell’Unesco, Koïchiro Matsuura - la crisi dell’acqua è quella che porta al cuore della nostra sopravvivenza e di quella del Pianeta”. Di questo parliamo con la dott.ssa Alice Aureli, al nostro microfono da Parigi, dove ha sede l’Unesco, che è l’Agenzia dell’Onu che guida tutte le iniziative legate alla promozione del problema acqua.

 

R. – Abbiamo intuito finalmente che vi sono degli aspetti che trascendono il problema specifico, tecnico. L’acqua e le risorse idriche hanno degli aspetti culturali, morali, etici, che sono propri di ciascuna popolazione. La nostra conoscenza scientifica è importantissima, ma deve accompagnarsi con una comprensione più profonda di quello che le risorse idriche di un Paese rappresentano per la sua popolazione.

 

D. – Il rapporto denuncia che se non si interverrà entro la metà del secolo, ben 7 miliardi di persone soffriranno la sete, mentre già nei prossimi 20 anni l’approvigionamento medio di acqua per ogni persona scenderà di un terzo. Quali scenari si prevedono?

 

R. – Non vorrei essere negativa o spaventare ulteriormente, ma rischiamo di compromettere gravemente la pace sulla terra, se non prendiamo seriamente in conto la gestione delle risorse idriche. Perché questo? Perché vi sono molti fiumi che sono fiumi internazionali, vi sono delle risorse idriche sotterranee che sono delle risorse condivise da differenti Paesi. Se non ci mettiamo insieme attorno ad un tavolo scienziati, politici, appartenenti alla società civile e associazioni anche, soprattutto a volte religiose, per trovare una legislazione, un coordinamento per l’utilizzazione di queste risorse, i Paesi quando questa risorsa male utilizzata e troppo utilizzata verrà meno, andranno incontro a dei conflitti. E’ un problema di pace che ci deve preoccupare tutti.

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CINQUANT’ANNI FA LA MORTE DI STALIN. REPRESSIONE E TOTALITARISMO,

NEI TRE DECENNI TRASCORSI ALLA GUIDA DELL’UNIONE SOVIETICA

 

- Intervista con Vittorio Strada -

 

Cinquant’anni fa, il 5 marzo del ’53, moriva Stalin. Il leader sovietico, già nel 1922 alla guida del partito comunista di Mosca, due anni dopo successe a Lenin alla guida dell’Unione Sovietica. Subito, con lo scopo di creare un grande Paese dal punto di vista economico, industriale e militare dimostrò fredda decisione nell’eliminazione degli avversari politici. Le famigerate “purghe” e i gulag caratterizzarono il suo regime totalitarista in cui represse qualsiasi dissenso. Vennero epurati milioni di contadini che si opponevano alla collettivizzazione agricola. Nel ’41, poi, la Guerra mondiale vittoriosa contro Hitler e, nel 1945, l’inizio della “guerra fredda”. Per un commento sulla figura di Stalin, personaggio verso cui la nuova Russia nutre oggi opposti sentimenti, Giancarlo La Vella ha interpellato Vittorio Strada, docente alla Ca’ Foscari di Venezia, storico della cultura e della letteratura russa:

 

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R. - Stalin è stato l’espressione più completa di quel comunismo le cui basi erano state poste da Lenin, quindi un giudizio storico e politico riguardano sia la figura stessa di Stalin, soprattutto la sua azione, sia la sua epoca ed il sistema che egli ha creato. Non si può dimenticare, poi, che Stalin e tutto il suo gruppo dirigente, naturalmente si sono macchiati di enormi delitti.

 

D. – All’epoca del regime stalinista, perché in occidente fece più scalpore la notizia dell’eliminazione dei compagni di partito che il massacro della popolazione contadina?

 

R. – Prima di tutto, perché in occidente c’era una scarsa conoscenza della realtà sovietica, unita ad una scarsa volontà di capire quella realtà in tutta la sua tragicità. Inoltre, il clamore creato dai grandi processi di Mosca - processi artefatti, come tutti sappiamo - colpivano l’opinione pubblica molto più dello sterminio di milioni di contadini che avveniva nel silenzio. Queste azioni delittuose, Stalin le ha svolte nell’ambito dell’ideologia e del potere comunista; questo mi sembra indubbio e, soltanto comprendendo questo aspetto, possiamo capire e valutare bene in senso storico, l’operato di Stalin: Stalin non era crudele, ma spietato. Però, al di là della sua personalità, ciò che conta è anche il sistema internazionale in cui era inserito: Stalin è stato riverito, rispettato, venerato, idolatrato all’interno del suo Paese, ma anche in tutto il resto del mondo.

 

D. – Quale Stalin appare dai nuovi documenti resi noti dall’archivio di Stato di Mosca?

 

R. – La quantità di materiale inedito pubblicato dà un quadro del periodo staliniano ancora più tremendo, ancora più sanguinario di quanto si conoscesse. Anche il più acceso anticomunismo non avrebbe potuto pensare a tanto.

 

D. – Eppure ancora oggi il 36 per cento dei russi - secondo un recente sondaggio - giudica Stalin positivamente, per quale motivo?

 

R. – Non dimentichiamo che, dopo la Seconda Guerra mondiale, Stalin è apparso agli occhi di tutti come l’uomo che ha impersonato la vittoria contro Hitler e contro invasori nazisti e il conflitto ha contribuito a dare a Stalin e al sistema comunista, al sistema sovietico, un prestigio inaspettato e un’autorità nuova, e quindi oggi in parte della Russia c’è una sorta di nostalgia per questa grandeur imperiale dell’Unione Sovietica, ormai inesistente, ormai passata. Poi nella Russia d’oggi c’è anche una volontà di un potere forte che rimetta ordine, che porti a una qualche forma di equilibrio interno, di sicurezza, di miglioramento della situazione economica, a differenza di quella attuale che è tutt’altro che ordinata in senso sociale, economico e morale. Tutto questo spiega la sopravvivenza del mito staliniano. Però, posiamo senz’altro dire che  la gran parte della popolazione russa non ha la volontà di tornare ai tempi di Stalin o ad un potere forte. La democratizzazione della Russia, per quanto zoppicante e limitata, è qualche cosa che sembra essersi stabilizzata. Insomma, il passato peggiore per la Russia è ormai alle spalle.

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CHIESA E SOCIETA’

5 marzo 2003

 

 

LA CHIESA CATTOLICA È UNITA OGGI ALLA RICHIESTA DEL PAPA DI DEDICARE

IL DIGIUNO, L’ASTINENZA E LA PREGHIERA DEL MERCOLEDÌ DELLE CENERI

ALLA CAUSA DELLA PACE. NUMEROSI GLI INCONTRI DI PREGHIERA NEI CINQUE

 CONTINENTI, A TESTIMONIANZA DELLA COMUNIONE DEI FEDELI CON IL SANTO PADRE

 

MILANO = La Chiesa cattolica ha raccolto l’invito del Papa e, in comunione con lui, inizia la Quaresima offrendo l’astinenza e il digiuno del Mercoledì delle Ceneri in favore della pace. Sono tantissime le iniziative nei cinque continenti, che testimoniano l’unità della Chiesa in questo momento. A Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi ha presieduto in Duomo alle 12.45 un momento di preghiera, invitando i partecipanti ad offrire la pausa pranzo per la pace. Ad Hong Kong, il vescovo locale, mons. Joseph Zen Ze-kiun, ha inviato una lettera a tutte le parrocchie, comunità ed ordini religiosi, chiedendo di celebrare il Mercoledì della Ceneri in accordo con le intenzioni di Giovanni Paolo II. A Bangkok, in Thailandia, le parrocchie hanno ricevuto una lettera dell’arcivescovo, il cardinale Michael Michai Kitbunchu, con l’invito ad organizzare momenti di preghiera in cui recitare il Rosario e leggere il messaggio del Santo Padre per questa giornata. Dall’Africa giunge la testimonianza di un missionario italiano, padre Alfonso Poppi, che nella sua parrocchia in uno dei quartieri più poveri della capitale del Kenya, Nairobi, ha organizzato con i fedeli tre recite del Rosario: una la mattina, una a mezzogiorno e una la sera. In America Latina, nel santuario nazionale di Nostra Signora di Aparecida, nello stato brasiliano di San Paolo, alle 18 ora locale, ci sarà un grande momento di preghiera. Promosso dall’Episcopato brasiliano, l’incontro avrà un grande spazio anche sui mezzi di comunicazione: sarà trasmesso dal canale televisivo cattolico Cancan Nova, da dodici emittenti radiofoniche e da un sito Internet. E’ prevista la partecipazione di circa 5 mila persone che, vestite di bianco, mediteranno, guidate dai testi del Papa, tutti i 20 misteri del Rosario. (M.A.)

 

 

CRESCE TRA I MARINES STATUNITENSI IN KUWAIT LA RISCOPERTA DELLA PROPRIA FEDE. IN QUESTI GIORNI DIFFICILI, SOPRATTUTTO PER LORO,

TANTI SOLDATI RICORRONO AL CONFORTO DEI CAPPELLANI MILITARI

 

KUWAIT CITY. = L’attesa dell’inizio delle operazioni militari contro l’Iraq si sta traducendo per molti dei militari statunitensi inviati nel Golfo, in un’occasione per scoprire o riscoprire la fede. Così, nella base LSA-7, Living Support Area 7 nel nord del Kuwait, le cappelle da campo sono sempre piene e non è raro assistere alla celebrazione di battesimi. Il lavoro per i cappellani quindi non manca, come conferma in un’intervista al “Washington Post” padre Bill Devine, 55 anni, cappellano cattolico del 7° Reggimento dei marines. “Qui mi trovo a parlare di Dio molto più che in passato”, spiega il sacerdote che, insieme ad altri sette cappellani cristiani, ad uno ebreo e ad uno musulmano, assiste migliaia di marines di stanza nella base. Un lavoro quotidiano intenso che ha, naturalmente, il suo culmine la domenica e che dà numerose soddisfazioni, anche se padre Devine è consapevole che molte di queste conversioni sono effimere e non dureranno più della guerra: “So che questo non significa necessariamente che Dio rimarrà nella loro vita per sempre – ha detto - ma le loro esperienze qui li cambieranno e se questo significa portare Dio nella loro esistenza, tanto di guadagnato”. E’ dai tempi di George Washington che le truppe statunitensi sono accompagnate dai cappellani militari, che, chiaramente, non sono armati. Di solito, sono assegnati alle unità mediche per dare conforto ai feriti ed impartire l’unzione degli infermi, ma spesso dopo scontri a fuoco e battaglie, assistono i militari che escono traumatizzati da queste esperienze. Proprio a causa della delicatezza del servizio, Esercito, Aeronautica e Marina statunitensi richiedono cappellani preparati, che abbiano svolto un corso di addestramento di alcuni anni. (L.Z./M.A.)

 

 

DOPO IL TERREMOTO DELLA SCORSA SETTIMANA, TREMA ANCORA LA TERRA

NELLO XINJIANG CINESE, MA FORTUNATAMENTE NON SEMBRANO ESSERCI VITTIME.

RIMANE PERÒ CRITICA LA SITUAZIONE DI 16 MILA SENZATETTO

SUI QUALI SI ACCANISCONO TEMPESTE DI NEVE E GELO

 

PECHINO. = Una scossa tellurica di 5,2 gradi Richter ha colpito questa mattina la regione dello Xinjiang (nordovest della Cina). Già la scorsa settimana, la stesse zone erano state colpite da un terremoto che aveva ucciso 263 persone e ne aveva ferite altre 4 mila. Fortunatamente, secondo i primi bilanci, non sembrano esserci nuove vittime, ma la situazione è critica. Si valuta che il disastro naturale dei giorni scorsi abbia coinvolto almeno 50 mila persone. Circa 8 mila abitazioni sono state distrutte, e circa 16 mila persone, secondo stime della Croce rossa internazionale, sono adesso senza casa. La loro condizione è aggravata dalle terribili condizioni atmosferiche che compromettono le operazioni di assistenza. La regione dello Xinjiang si trova in un territorio montagnoso a ridosso del confine con i paesi dell’Asia centrale. Durante il fine settimana appena trascorso, neve e tempeste di ghiaccio hanno fatto scendere la temperatura a 6 gradi sotto lo zero. La pioggia insistente ha trasformato le strade in piste di fango impedendo agli automezzi di raggiungere le zone per portare i soccorsi. Queste condizioni ritardano la realizzazione di case in prefabbricato, obbligando la gente a vivere in tende. Le autorità locali sperano di poter ricostruire le abitazioni per i primi mesi dell’estate. Questo significa che, se la situazione atmosferica non migliorerà velocemente o se non verranno allestiti rifugi decenti, migliaia di persone dovranno trascorre i prossimi mesi in balia delle intemperie. (M.A.)

 

 

ANNUNCIATA DALL’ARCIVESCOVO DI SAN JOSÉ IN COSTA RICA, MONS. HUGO BARRANTES UREÑA, UNA GRANDE MISSIONE POPOLARE. DAL PROSSIMO OTTOBRE,

5 MILA MISSIONARI ANDRANNO DI CASA IN CASA

PER ANNUNCIARE IL VANGELO A TUTTE LE FAMIGLIE DELLA DIOCESI

 

SAN JOSE’. = L’arcivescovo di San José in Costa Rica, mons. Hugo Barrantes Ureña, ha annunciato che dal prossimo ottobre partirà nella capitale del Paese una grande missione popolare. Saranno coinvolti circa 5 mila fedeli che, casa per casa, andranno ad annunciare il Vangelo. “La realtà ci ha dimostrato che battezzare un bambino non garantisce che da grande sia un cristiano – dice l’arcivescovo nel messaggio in cui parla del progetto – e cristiani non si nasce, si diventa”. Il cuore di questo piano pastorale per la cura dei fedeli è il rilancio della parrocchia che, secondo mons. Barrantes Ureña, deve “mettersi al servizio della comunità”. Perciò chi presterà questo servizio missionario visiterà tutte le famiglie della propria parrocchia per informarsi sulle loro necessità spirituali e materiali e per far sapere ai fedeli cosa la Chiesa può fare per loro. Parallelamente verrà effettuato un piccolo censimento per rilevare le opinioni delle persone, cattolici e non, riguardo la Chiesa, e per conoscere meglio la composizione sociale dei fedeli: professione, età, istruzione. Perciò l’arcivescovo di San José ha esortato sacerdoti, religiosi e religiose, movimenti e fedeli laici ad un rinnovato impegno. “La Chiesa – ha detto – è per sua stessa natura missionaria, e il suo compito primordiale è l’evangelizzazione”. Un invito particolare è rivolto ai laici. “Tutti i fedeli laici, in virtù del Battesimo e della Cresima, hanno il diritto e il dovere di lavorare affinché il messaggio divino della Salvezza sia conosciuto e ricevuto”. Il presule per questo ha raccomandato a tutta la comunità costanza nella preghiera e nella contemplazione, “fondamenti dello sforzo evangelizzatore”. (D.D./M.A.)

 

 

L’AUDITEL, NATO PER DARE UN PREZZO AGLI SPOT PUBBLICITARI SI È TRASFORMATO NEL GIUDICE INSINDACABILE DELLE TRASMISSIONI TELEVISIVE. MA CI SONO ALTRE STRADE PER MISURARE IL GRADIMENTO DEL PUBBLICO: SE NE È DISCUSSO IERI A ROMA, IN UN INCONTRO PROMOSSO DALL’UNIONE CATTOLICA DELLA STAMPA ITALIANA

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

ROMA. = Cinquemila famiglie italiane forse hanno più potere del Consiglio d’amministrazione della Rai: sono le famiglie inserite nel campione dell’Auditel. Sono loro il vero giudice dei programmi: basta che restino sintonizzate per 30 secondi su un canale e subito saranno conteggiate nei dati d’ascolto. Non importa quanto abbiano gradito la trasmissione o quanto vi abbiano prestato attenzione: per i pubblicitari quello che vale è il numero di contatti. E su queste percentuali sono costruiti i palinsesti delle reti televisive. “Una vera e propria tirannia dell’Auditel che ha regnato finora in regime di totale monopolio”, ha commentato Roberta Gisotti, giornalista della Radio vaticana e autrice del libro intitolato “La favola dell’Auditel”. La conseguenza, ha osservato Ettore Bernabei, “è che oggi l’unico vero padrone della televisione è la pubblicità e non la politica. E la tirannia della pubblicità ha indotto tutta la programmazione a ridurre, fino ad eliminare, ogni riferimento ai codici morali”. Gli ha fatto eco Ermanno Bocchini, docente di diritto dell’informazione, che citando alcuni sociologi americani ha osservato che la tv è stata ridotta ad “un’industria che produce telespettatori da vendere alle agenzie pubblicitarie”. Ma ora gli stessi pubblicitari sono preoccupati per gli effetti negativi di questo appiattimento della televisione, ha osservato Anna Scalfati, giornalista Rai. Per reagire a questa situazione, ad avviso di Ettore Bernabei, “bisogna cambiare mentalità. Dobbiamo metterci in testa che una parte la deve fare lo Stato ma una parte la dobbiamo fare tutti noi”. All’etica del mercato, ha sottolineato Bocchini, dobbiamo sostituire un’etica della responsabilità capace di orientare la programmazione televisiva. In questo contesto, secondo il docente, “le associazioni dei cittadini e degli utenti possono fare molto”. Bocchini ha suggerito anche l’elaborazione di uno statuto della comunicazione che ponga a tema il servizio pubblico e il diritto all’informazione dei cittadini.

 

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24 ORE NEL MONDO

5 marzo 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

 

La violenza e la paura tornano purtroppo a sconvolgere il Medio Oriente. Poco fa un kamikaze si è fatto esplodere su un autobus ad Haifa, in Israele. Un primo bilancio dell'attentato parla di almeno 11 morti ed oltre 30 feriti. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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Un bilancio delle vittime provvisorio, destinato purtroppo a crescere. Il copione è sempre drammaticamente lo stesso: un autobus affollato e improvvisamente un kamikaze che si fa saltare in aria, lasciando sul terreno il sangue e i corpi di vittime innocenti, orrendamente straziati. Teatro del nuovo attentato dell’estremismo palestinese, la popolosa città di Haifa, nel nord di Israele. Nel caos e nel panico generale, sono scattate le misure di sicurezza da parte degli agenti dello Stato ebraico che hanno immediatamente isolato la zona dell’attentato, anche per dare modo alle ambulanze di soccorrere i feriti. La polizia israeliana ritiene che l’azione sia stata compiuta da un estremista  palestinese che si è fatto esplodere nella parte posteriore dell'automezzo. Il tetto dell'autobus è stato completamente divelto dalla potente deflagrazione, affermano testimoni. Inoltre, l’esplosione ha innescato un incendio che è stato domato a fatica dai vigili del fuoco. Appena ieri il nuovo governo israeliano, per bocca del premier Sharon, aveva posto in testa alle priorità dell’esecutivo la sicurezza. Si attende ora di conoscere l’entità della risposta che Israele deciderà di adottare.

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E’ ancora in discussione la data esatta del voto per la seconda risoluzione Onu sull’Iraq, “ma se Saddam non si atterrà alle disposizioni delle Nazioni Unite tale voto ci sarà”. La pensa così il premier britannico Tony Blair, che stamani a Londra ha incontrato il ministro degli Esteri russo Igor Ivanov, nel tentativo di convincere Mosca a non porre il veto alla nuova risoluzione proposta da Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna. Al Consiglio di Sicurezza, intanto, c’è attesa per il nuovo rapporto sul disarmo iracheno che il capo ispettore Hans Blix e il direttore dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica Mohammed El Baradei presenteranno venerdì prossimo, 7 marzo. E a Baghdad prosegue la distruzione dei missili Al Samoud 2. Ce ne parla Andrea Sarubbi:

 

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Nove missili eliminati in un giorno solo. Per Baghdad è un mezzo record, da quando – cinque giorni fa – ha deciso di rinunciare agli Al Samoud 2. Un disarmo a testa alta, tiene a precisare il governo, che oggi ha fatto sfilare per le vie della capitale migliaia di uomini delle forze di sicurezza interna, a dimostrazione che un eventuale attacco americano non fa paura. “Daremo agli invasori una lezione indimenticabile”, ha ribadito in Qatar Izzat Ibrahim, inviato di Saddam alla Conferenza dell’Organizzazione islamica. Ma il suo intervento di questa mattina sarà ricordato soprattutto per il litigio con il rappresentante del Kuwait, accusato di fiancheggiare gli Stati Uniti ed Israele, e per l’appello ai Paesi arabi a non fornire assistenza logistica alle forze armate americane. Con 230 mila soldati già schierati nel Golfo ed altri 60 mila in partenza, la guerra appare sempre meno evitabile. Anche se stamattina il ministro degli Esteri tedesco, Fischer – oggi a Parigi per incontrare i colleghi francese e russo – ha detto esattamente il contrario: il memorandum a tre – in cui proprio Francia, Russia e Germania chiedono un prolungamento delle ispezioni – avrebbe, a suo parere, la maggioranza nel Consiglio di Sicurezza. Chi insiste invece sull’inevitabilità del conflitto è la stampa britannica. Secondo il ‘Times’, le Nazioni Unite avrebbero già preparato un piano per il dopo-Saddam. Una commissione dell’Onu sarebbe pronta ad amministrare l’Iraq, fino alla scelta di un governo autonomo. La guiderebbe Lakhdar Brahimi, attuale rappresentante in Afghanistan.

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La Corea del Sud ha definito ''senza alcun fondamento'' l'ipotesi di attacchi militari preventivi degli Stati Uniti contro gli impianti nucleari nordcoreani. Ieri il Pentagono aveva annunciato l’invio nella zona di 24 bombardieri B-1 e B-52. Lo stesso presidente americano George Bush ha comunque ribadito che l'opzione militare contro Pyongyang è sul tappeto, anche se per ora si continua a privilegiare la soluzione diplomatica della crisi.

 

Sarebbe vivo e si nasconderebbe in Pakistan Osama Bin Laden. E’ quanto risulta da alcune lettere manoscritte del capo di Al Qaeda, ritrovate addosso allo stratega militare della rete terroristica Khaled Sheikh Mohammed, arrestato sabato scorso in Pakistan. Lo ha comunicato un responsabile della sicurezza di Islamabad.

 

Ventuno morti e 150 feriti: è pesante il bilancio degli attentati delle ultime ore nelle Filippine, rivendicati dai ribelli islamici di Abu Sayyaf. Quattro le bombe esplose nell’isola meridionale di Mindanao: l’ultima questa mattina a Cobatato, la più potente ieri nella sala d’attesa dell’aeroporto internazionale di Davao. La presidente filippina, Gloria Arroyo, proprio a Davao ha condannato gli attentati, definendoli un palese atto di terrorismo che non rimarrà impunito. La Arroyo ha comunque dichiarato che il proprio Paese non autorizzerà truppe americane a partecipare a combattimenti contro i ribelli musulmani che vorrebbero creare uno Stato islamico nel Sud dell'arcipelago.

 

Si è aperta oggi a Pechino l’Assemblea nazionale del popolo, il Parlamento cinese. La seduta, che durerà sino al 18 marzo, vede all’ordine del giorno la nomina dei successori del capo dello Stato, Jiang Zemin, del primo ministro, Zhu Rongji, e del presidente del Parlamento, Li Peng: una generazione di dirigenti a cui, anche nella stessa Cina, si fanno molte critiche per la gestione delle drammatiche manifestazioni studentesche di Piazza Tienanmen del 1989. Ce ne parla Bernardo Cervellera:

 

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L’Assemblea può solo avallare le nomine decise dal Comitato centrale del partito comunista. Hu Jintao sarà il presidente, Wen Jiabao il primo ministro, Wu Bangguo il presidente dell’Assemblea nazionale del popolo. Prima di uscire di scena, Jiang Zemin si è comunque assicurato la carica di presidente della Commissione militare. Al di là delle cariche, la politica del nuovo esecutivo, scossa dalla corruzione, è destinata a seguire la via pragmatica del partito, per garantire nuovi investimenti al Paese, riassorbire la valanga di disoccupati, bloccare ogni spinta democratica. Ma la popolazione la pensa diversamente. Un gruppo detto “le madri di Tienanmen” ha reso pubblico un appello che chiede al governo di far luce sul destino di 12 studenti scomparsi dopo il massacro del 4 giugno 1989, quando morirono diverse centinaia di giovani. Fin da allora, gli studenti chiedevano appunto democrazia e fine della corruzione.

 

Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervellera.

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Quattro settimane in più di negoziati nella speranza di raggiungere un accordo. Al termine dei due giorni di colloqui a Belfast sul futuro dell’Ulster, i governi di Londra e Dublino hanno deciso di spostare le elezioni in Irlanda del Nord dal 1° al 29 maggio. Nel frattempo, i partiti si confronteranno sul nuovo piano di pace. Sentiamo Enzo Farinella:

 

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“Siamo sicuri che le nostre proposte offrano una reale via d’uscita e una piattaforma per un nuovo futuro di pace per il Nord Irlanda”: così si è espresso il primo ministro inglese Blair ieri notte, dopo una maratona di 30 ore di trattative. Progressi notevoli sono stati fatti nei settori della riforma della polizia, della giustizia criminale, della smilitarizzazione e della distruzione di armi dei paramiliari, anche se la richiesta di sanzioni da parte degli unionisti è segno evidente della mancanza di fiducia esistente tra le due comunità. L’abbandono del tavolo dei negoziati da parte del leader unionista Trimble ha lasciato tutti alquanto perplessi, soprattutto se si pensa che Tony Blair ha rinunciato ad impegni importanti a Londra - quali l’incontro con il ministro degli Esteri russo Ivanov - e il premier irlandese Ahern ha dovuto cancellare appuntamenti importanti per aiutare i vari partiti a raggiungere un accordo che è nell’aria, anche se non ancora del tutto definito.

 

Da Dublino per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.

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