RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 62 - Testo della
Trasmissione lunedì 3 marzo 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Due missionari
italiani feriti in un’imboscata nel Sudan meridionale: sono fuori pericolo.
Morto a 98 anni il maestro Goffredo Petrassi, protagonista nel panorama musicale del Novecento.
L’Iraq consegnerà tra 7
giorni un rapporto su gas nervino ed antrace in suo possesso; intanto prosegue
la distruzione dei missili Al Samoud 2.
Massiccia incursione
israeliana in un campo profughi a sud di Gaza.
Italia: mercoledì ad
Arezzo, funerali di Stato per il poliziotto ucciso ieri da due terroristi sul
treno ‘Roma-Firenze’.
3 marzo 2003
IN
VISITA “AD LIMINA” I VESCOVI DI SCOZIA. RINUNCIA DI AUSILIARE IN CILE
Il Papa
ha ricevuto stamani l’arcivescovo di Glasgow, mons. Mario Joseph Conti, ed
altri sei presuli della Conferenza Episcopale della Scozia, in visita “ad Limina”.
In Cile, il Santo Padre ha accettato la rinuncia
all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Santiago del Cile, presentata dal
vescovo mons. Sergio Valech Aldunate, per raggiunti limiti di età.
IN MISSIONE DI PACE A NOME DEL PAPA, IL
CARDINALE PIO LAGHI E’ PARTITO
ALLA
VOLTA DI WASHINGTON PER INCONTRARE
IL
PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI GEORGE BUSH
- A
cura di Paolo Salvo -
“Parto mettendomi nelle mani di Dio, con uno spirito di
grande fiducia: ‘in spem contra spem’, nonostante tutto con tutte
le speranze”. Lo ha detto stamani all’aeroporto romano di Fiumicino il
cardinale Pio Laghi, in partenza per Washington, via Newark, per portare un
messaggio personale del Papa al presidente americano, George W. Bush. “La mia
missione – ha spiegato ai giornalisti in una sala del Cerimoniale di Stato
dell’aeroporto – è di incontrarmi con il presidente degli Stati Uniti e di
consegnargli anzitutto un messaggio, una lettera del Santo Padre che mi
accredita come suo inviato speciale, analogamente, del resto, a come ha fatto
con il cardinale Etchegaray quando è andato in missione presso Saddam Hussein
in Iraq. Poi naturalmente si parlerà a voce”.
Il cardinale Laghi si è augurato di poter essere ricevuto
dal presidente Bush dopodomani, ossia il giorno di Mercoledì delle Ceneri, che
Giovanni Paolo II ha voluto dedicare alla preghiera e al digiuno per la causa
della pace. “Allora andrò lì – ha detto il porporato – non col capo chino, ma
in spirito di preghiera e di digiuno, dicendogli che tutti siamo impegnati per
la pace, attraverso anche la preghiera e il sacrificio”. Interrogato sul
contenuto del messaggio del Pontefice, il cardinale Laghi si è limitato a dire
che “la posizione del Papa è quella della Santa Sede: evidentemente fare in
modo di evitare che si scateni la guerra”. Un punto su cui a suo giudizio
“bisogna insistere” è costituito dall’azione degli ispettori.
Per spiegare “con quale spirito” va a questo appuntamento,
il porporato ha detto: “Mi piace fare riferimento a quando Abramo fu chiamato da Dio per partire da Ur
dei Caldei. Abramo partì mettendosi nelle mani di Dio. Si dice nella Genesi: in spem contra spem’ , nonostante tutto
con tutte le speranze”. Prima di partire, il cardinale Pio Laghi, 80enne,
rappresentante della Santa Sede negli Stati Uniti per dieci anni, dal 1980 al
1990, si è raccolto in preghiera a Faenza, accompagnato “dalla preghiera del
Santo Padre – ha detto – che, mostrandosi in questi giorni così rinvigorito e
vivace, testimonia con forza a tutti che si deve credere nella pace e portare
avanti questo impegno”.
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"In ginocchio per la
pace" è il titolo che si impone, con eloquente evidenza, nella prima
pagina: all'Angelus, Giovanni Paolo II ha rinnovato l'invito a vivere con intensa
partecipazione la Giornata di preghiera e di digiuno del 5 marzo, per non
arrendersi alle minacce di guerra, all'odio e alla violenza.
"Pace per il mondo, in
particolare per l'Iraq e la Terra Santa" è il titolo del pensiero dedicato
all'Anno del Rosario.
Nelle pagine vaticane, la
dettagliata cronaca dell'incontro del Papa con la Comunità del Pontificio
Seminario Romano Maggiore, nella Festa della Madonna della Fiducia. Il titolo
al discorso del Santo Padre è "Alla scuola di Maria per apprendere la
sublime arte del fidarsi di Dio".
Un servizio sulla
Concelebrazione Eucaristica di ringraziamento per il XXV di Episcopato
presieduta dal cardinale Angelo Sodano, nella cattedrale di Albano.
Il
Comunicato congiunto della Commissione mista per il dialogo cattolico-ebraico
riunitasi, dal 23 al 27 febbraio, a Grottaferrata.
Una Dichiarazione della
Conferenza Episcopale del Cile dal titolo "Desideriamo un mondo di
pace".
Nelle pagine estere, Iraq:
distrutte altre armi, ma resta la tragica possibilità della guerra.
Sudan: due missionari
italiani feriti in un'imboscata.
Riguardo al Medio Oriente, si
sottolinea che ininterrotte violenze e persistenti minacce di nuovi conflitti
si oppongono all'anelito di pace: cruente incursioni israeliane nei campi
profughi palestinesi.
Terrorismo: arrestato in
Pakistan uno dei capi dell'organizzazione "Al Qaeda".
Nella pagina culturale, un
articolo di Marcello Filotei sul Maestro Goffredo Petrassi, morto all'età di 98
anni.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il terrorismo, con particolare riferimento alla drammatica sparatoria sul
treno Roma-Firenze.
In rilievo poi il tema della
giustizia e la ricorrente emergenza della violenza negli stadi.
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DIGIUNARE PER LA PACE,
OBIETTIVO COMUNE PER CREDENTI E NON CREDENTI.
L’INIZIATIVA DEL PAPA PER IL MERCOLEDI’ DELLE CENERI
VEDRA’ UNITI NON SOLO
I CATTOLICI, MA NUMEROSI APPARTENENTI DI ALTRE RELIGIONI,
OLTRE AD ESPONENTI DELLA SOCIETA’ CIVILE.
IL PARERE DEL TEOLOGO BRUNO FORTE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Un digiuno planetario e interreligioso, dell’uomo di fede
come dell’ateo. Un digiuno che condanna l’odio e implora la pace: dono di Dio
per il credente, risorsa per chi crede nell’uomo e nella sua capacità di
costruire orizzonti di speranza. L’invito lanciato da Giovanni Paolo II
domenica 23 febbraio registra adesioni che si allargano di giorno in giorno
come cerchi concentrici, ben al di fuori della sola comunità ecclesiale.
Dopodomani, Mercoledì delle Ceneri, in diverse forme e abitudini - digiuno a
pane e acqua, assunzione di un solo pasto quotidiano, cibo consumato non prima
del tramonto - cristiani, ebrei, musulmani, esponenti di altre religioni,
uomini e donne di buona volontà esprimeranno, anche attraverso questa antica
pratica, la loro scelta della pace. Un gesto che amplia il significato già
profondo dell’avvio della Quaresima e che, nel clima di possibile rivolgimento
dello scacchiere mediorientale, assume per i cristiani il valore di un
imperativo. Lo ha ricordato il Pontefice stesso, all’Angelus di otto giorni fa:
“E' doveroso per i credenti, a qualunque religione
appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli
altri; mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e
dalla logica della guerra. Noi cristiani, in particolare, siamo chiamati ad
essere come delle sentinelle della pace, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo.
Ci è chiesto, cioè, di vigilare, affinché le coscienze non cedano alla
tentazione dell'egoismo, della menzogna e della violenza”.
Non è un inedito storico questo invito del Papa ad un
digiuno penitenziale che serva la causa della pace. Anche alla fine del 2001, a
due mesi dagli attentati di New York e Washington, Giovanni Paolo II propose ai
cattolici, durante l’Angelus del 18 novembre, di dedicare la giornata del 14
dicembre ad un giorno di digiuno e di preghiera per ottenere da Dio la grazia
di “una pace stabile fondata sulla giustizia”. Anche in quell’occasione,
l’iniziativa incontrò il favore e l’entusiasmo di moltissimi ambienti
religiosi, sociali e civili. Come è possibile spiegare le ragioni di questo
successo? Fabio Colagrande lo ha chiesto al teologo don Bruno Forte:
R. – Per molti motivi. Perché il Papa sempre più si è
fatto ed è voce dell’umanità intera che dice ‘no alla guerra’ e ‘sì alla pace’.
Perché il suo richiamo all’esigenza etica come prioritaria rispetto al semplice
calcolo e all’interesse economico-politico trovano riscontro nel più profondo
delle coscienze della gran parte dell’umanità. Perché la guerra, così come
viene proposta - una sorta di guerra preventiva - non ha nessun fondamento
morale e, dunque, non può essere giustificata alla coscienza dell’uomo, in
nessun modo. Ecco perché, quando il Papa propone un digiuno e una preghiera,
cioè un segno concreto di partecipazione all’invocazione a Dio per la pace ma
anche all’impegno per la pace, è così largo il consenso intorno a lui non solo
da parte dei cattolici ma anche da parte di credenti, cristiani di altre
confessioni e perfino di non-credenti che riconoscono in questa voce la voce
del più profondo della coscienza dell’umanità che sta gridando ‘no alla guerra’
e ‘sì alla pace’.
D. - Che significato ha il digiunare per la pace?
R. - Il
digiuno ha due grandi significati nella tradizione biblica e nella tradizione
cristiana. Da una parte, un significato penitenziale: è un segno di mortificazione.
In secondo luogo, un segno escatologico: è il segno del desiderio, dell’attesa,
della speranza. Quando si attende qualcuno di molto importante nella propria vita,
è come se persino la fame, la sete passassero in secondo piano. Ebbene, tutti e
due questi significati sono coinvolti nella proposta del Papa. C’è bisogno di
una purificazione perché quello che sta avvenendo nel mondo è certamente frutto
di logiche di egoismo e dunque di un peso di colpa che dobbiamo espiare e da
cui dobbiamo in qualche modo purificarci davanti a Dio. Dall’altra parte, poi,
c’è questa grande attesa, questa speranza della pace, che è nel più profondo
del cuore dell’umanità e di cui appunto il Papa si è fatto voce.
D. - Quella del digiuno è una pratica che i cristiani
condividono con altri credenti. Questo significa che è una pratica che può
anche favorire un dialogo interreligioso?
R. - Io sono sempre più convinto che il luogo più vero,
più profondo dell’incontro a livello di dialogo interreligioso, sia quello
dell’esperienza mistica, cioè dell’incontro vivo con il Divino. Il digiuno è
una via per questo tipo di incontro, quindi certamente il fatto che alla
proposta del Papa abbiano aderito anche credenti di altre tradizioni religiose
non sta che a confermare che il cammino dell’impegno per la pace può essere un
luogo di vera convergenza ecumenica e interreligiosa.
D. - Cosa significa il digiuno per chi non crede?
R. - Io credo che in questo caso significhi soprattutto un
‘sì’ incondizionato alla linea che il Papa sta testimoniando del ‘no alla
guerra’ e del ‘sì alla pace’. Un ‘sì’ alle esigenze etiche che vi sono
coinvolte ma anche, vorrei dire, a quelle esigenze spirituali, di rinnovamento,
che il Papa vede connesse ad un impegno del genere.
D. - Davvero il digiuno e la preghiera possono cambiare il
corso della storia?
R. - Quello che credo è che Dio può cambiare il corso
della storia, e certamente il digiuno e la preghiera sono un segnale forte
lanciato verso il suo cuore, perché abbia misericordia di questa umanità. Così
l’impossibile può diventare possibile: quello che sembra umanamente sicuro, e
cioè che la logica delle armi, dell’interesse economico, politico debba
prevalere, potrebbe essere profondamente scalfito da questo movimento di
conversione, di rinnovamento, di preghiera, di invocazione di cui il Papa è
voce per tutta l’umanità.
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IL DIALOGO TRA CATTOLICI E
ORTODOSSI IN ROMANIA,
UNA
SFIDA EMOZIONANTE SULLA VIA DELL’ECUMENISMO
- Con
noi, mons. Ioan Robu -
Nell’entrare a far parte della casa comune europea, il
popolo romeno non dovrà dimenticare di offrire la sua “ricca eredità
spirituale” a beneficio “dell’unità e della vitalità dell’intero Continente”.
E’ il richiamo - ed esortazione al tempo stesso - che, sabato scorso, Giovanni
Paolo II ha rivolto ai presuli della Romania, ricevuti in Vaticano al termine
della visita ad limina. Il Pontefice ha espresso parole di
incoraggiamento per un rinnovato fraterno dialogo tra cattolici e ortodossi del
Paese. Non ha poi mancato di ricordare, con profonda emozione, la visita
compiuta in terra romena, nel maggio del 1999. Proprio questo evento ha rappresentato
per i cristiani della Romania una tappa fondamentale sulla via
del-l’ecumenismo. Ne è convinto mons. Ioan Robu, presidente della Conferenza episcopale
romena, al microfono di Aldo Sincovich:
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R. – Anche se la visita del Santo Padre è avvenuta nel
1999, non si possono ancora trarre le conclusioni definitive. Sono, però,
sicuro che quella visita ha fatto cadere tanti pregiudizi che esistevano tra i
cattolici e gli ortodossi. Soprattutto – ed è un fatto straordinario – è
riuscita ad avvicinare i vari fedeli quando hanno visto pregare insieme il capo
della Chiesa cattolica ed il Patriarca Teoctist. Quindi si è mosso qualcosa e
penso che le conseguenze di questa visita non si sono fermate, ma continuano.
D. – Nel suo discorso il Santo
Padre ha affermato che in Romania la comunità cattolica, di entrambi i riti,
latino e bizantino, si trova quasi in un ‘laboratorio spirituale’. Come si
rapportano le Chiese cristiane di fronte alle sfide sociali?
R. – La Chiesa ortodossa, come anche la Chiesa cattolica,
è cosciente di ciò che può influire su di noi, ovvero il contatto più stretto
con l’Occidente, lo scambio di idee e di nuove conoscenze. Si pensa soprattutto
al materialismo che può portare danni alla Chiesa e alla via cristiana, sia
alla Chiesa ortodossa che alla cattolica. La nostra Chiesa si prepara a far
fronte alle varie sfide a tutti i livelli e a tutte le età con la catechesi,
ponendo l’accento – come fa il Santo Padre – sulle famiglie, che sono il nostro
futuro, il futuro della Romania, delle Chiese ed anche del mondo. Ritengo
importante il dialogo e la collaborazione che esistono tra i nostri fedeli, i
quali si amano tra di loro, non fanno discriminazioni, si accettano e sono
tolleranti. Penso che se vogliamo vedere qual è la punta più avanzata
dell’ecumenismo e della collaborazione lo individuiamo in questa collaborazione
tra laici.
D. – Con quale spirito, dopo il
vostro incontro qui a Roma con il Successore di Pietro, con quale stato d’animo
tornate nelle vostre comunità e che messaggio portate?
R. – Ogni incontro che abbiamo con il Papa fa sempre
riferimento alla sua missione di confermare i fratelli. Così potrei rispondervi
subito che torniamo confermati nella fede e nel nostro lavoro, nella nostra
missione, ma anche con una veduta d’insieme della Chiesa cattolica. Torniamo,
quindi, con una maggiore determinazione per un lavoro lungimirante nelle
diocesi.
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CONTRO
IL DOPING NELLO SPORT
-
Intervista con Frédéric Donzé -
Su iniziativa dell’Agenzia Mondiale Antidoping, si tiene
da oggi a Copenaghen la Conferenza mondiale contro il doping nello sport, la quale
dovrà adottare un Codice mondiale contro l’assunzione di sostanze illecite.
Tale codice dovrà anche favorire una maggiore armonizzazione delle diverse
legislazioni adottate in questi ultimi anni dalle federazioni sportive ma anche dai governi e dal Comitato Olimpico
per poter lottare più efficacemente contro questa piaga. Gabrielle de Jasay,
della nostra redazione francese, ha interrogato al riguardo Frédéric Donzé,
portavoce dell’Agenzia Mondiale Antidoping il quale ci spiega innanzitutto come
si è sviluppato il doping:
R. – DEPUIS LE DEBUT DES ANNEES ...
A partire dagli anni Novanta lo sport è radicalmente
cambiato con l’arrivo degli sponsor e delle televisioni private. Ci si è resi
conto del grande impatto che lo sport ha, basti osservare i dati di ascolto che
lo vedono battere tutti i record. Evidentemente l’aspetto economico esercita
una certa pressione negli ambienti sportivi. Certo questo non giustifica il
ricorso all’assunzione di sostanze vietate, ma si può comprendere come
talvolta, alcuni atleti, al fine di migliorare le proprie prestazioni,
ricorrano al doping.
D. – Si ha l’impressione che gli
atleti non siano gli unici responsabili. Secondo Lei su chi altri pesa questa
responsabilità?
R. – LES MEDIA ONT UNE
RESPONSABILITE’…l
I media sono responsabili nella misura in cui generano un
certo culto della prestazione. Forse anche il pubblico ha la sua responsabilità
per il timore delle sue reazioni di fronte ad una competizione sportiva
deludente. Poi ovviamente sono chiamati in causa i medici. In molti casi, gli
atleti che vengono puniti per aver assunto sostanze illecite sono stati mal
consigliati dal medico. Dal momento in cui si accetta il doping, si accetta
anche di mettere in pericolo la salute degli atleti. A questo riguardo i medici
hanno una grave responsabilità.
D. – Nel 1998,
lo scandalo Festina ha provocato una vera e propria presa di coscienza del
problema. E’ stata creata l’Agenzia mondiale antidoping, le Federazioni
sportive ed i governi hanno adottato tutta una serie di misure. A suo avviso
sta cambiando la mentalità?
R. – JE CROIS QUE DE PLUS EN
PLUS …
In tutto il mondo si stanno moltiplicando le campagne di
sensibilizzazione e di educazione del pubblico. Credo che sia in atto un certo
cambiamento di mentalità. Di fronte alla portata delle conseguenze avutesi in
certe competizioni, quando si è visto che si poteva morire in seguito
all’assunzione di sostanze illecite, ci si è resi conto che se si voleva ridare
credibilità allo sport era importante agire. Si è arrivati ad un atteggiamento
di sfiducia e di sospetto gli uni verso gli altri, tra il pubblico e tra gli
atleti. Lo scopo dell’Agenzia mondiale antidoping è di restituire allo sport
quella credibilità che in parte ha perduto, e soprattutto di ridare agli atleti
la certezza di competere in un ambiente sano.
D. – Concretamente che cosa
prevede il nuovo Codice internazionale per la lotta contro il doping?
R. – CE CODE MONDIALE ANTIDOPING A DETERMINE’ …
Viene innanzitutto stabilito che la prima sanzione
consisterà in una sospensione dall’attività sportiva per due anni mentre la
seconda sanzione sarà a vita. Viene poi presentato un elenco dei divieti e cioè
delle autorizzazioni per poter usare determinate sostanze, a cui si potrebbe in
alcuni casi ricorrere. Quando si constata che in alcune competizioni il 65 per
cento circa degli atleti ricorre a certificati medici, è chiaro che occorre
fissare delle regole. Ci sarà poi in questo Codice una parte riguardante le responsabilità.
Al codice è infine annesso un documento contenente l’elenco delle sostanze
vietate. Credo che sarà difficile sradicare completamente il doping ma probabilmente
si arriverà a ridurlo in maniera notevole. Il doping mina lo spirito stesso dello
sport. Nello sport ciò che conta non è tanto il risultato quanto il modo in cui
si è arrivati ad ottenerlo.
INTERNET: LA RESPONSABILITA’ DELLA
CHIESA
E
L’IMPEGNO DEL LEGISLATORE
- Con
noi, il vescovo Pierfranco Pastore e il prof. Cesare Mirabelli -
A un anno dai
documenti “Etica in Internet” e “Chiesa e Internet” del Pontificio Consiglio
delle comunicazioni sociali, cresce sempre di più la presenza della chiesa
nella rete digitale: solo in Italia sono stati censiti oltre 7 mila siti web cattolici.
Si calcola inoltre che entro il 2005 quasi un miliardo di persone potranno
collegarsi ad Internet. Un convegno che si è tenuto nei giorni scorsi a Roma ha
fatto il punto sulle responsabilità di chi opera nella rete. Al riguardo, il
documento Chiesa e Internet raccomandava agli episcopati locali di monitorare i
siti che si dicono cattolici. Ignazio Ingrao ha chiesto al segretario del
Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, mons. Pierfranco Pastore,
cosa è stato fatto in questa direzione.
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R. – E’ un lavoro molto importante, molto difficile, che
noi affidiamo non soltanto agli episcopati locali ma anche a tutti coloro che
navigando su internet in maniera intelligente e saggia sanno distinguere ciò
che è veramente cattolico e ciò che non lo è. Il messaggio vero, autentico da
messaggi fasulli.
D. – Da questo punto di vista c’è rischio che passi anche
molta spiritualità. New Age, per esempio, sulla rete: come difendersi?
R. – Purtroppo, dinanzi a questi rischi c’è ancora gente
in casa nostra che teme internet, che condanna internet quasi che fosse uno strumento
del demonio. Ovviamente, internet come tutti i mezzi non è buono né cattivo,
dipende dall’uso che se ne fa. Ora, lasciare lo spazio a coloro che ne fanno
uso cattivo senza inserirsi, anche faticosamente, anche con una parola sola,
per dire la nostra di fronte a coloro che dicono la loro, non è un
atteggiamento cristiano e cattolico. Parlino pure: noi ci fidiamo dell’uomo che
ascolta, oltre che di Dio.
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Internet è
considerato il luogo per eccellenza della comunicazione libera e senza censure,
ma oggi si avverte la necessità di porre delle regole. Ignazio Ingrao ha
chiesto al prof. Cesare Mirabelli, presidente del consiglio nazionale degli
utenti, come si può intervenire dal punto di vista legislativo.
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R. – Sono due gli elementi che concorrono in questo
settore. Da una parte, la libertà d’accesso alla libertà della comunicazione
che è esaltata dalla rete; dall’altra, il rischio che attraverso questo sistema
ci sia una maggiore possibilità di arbitrio per una comunicazione che non è
mediata, più libera ma può anche essere non genuina. Questo caratterizza,
esalta le potenzialità del mezzo ma ne amplifica anche i rischi. Che cosa fare?
Sicuramente, un primo profilo è di arrivare a regole che siano date dalla
stessa comunità degli utenti di internet: l’autoregolamentazione in un settore
che è allo stato nascente, in qualche modo. Dall’altro, non abbandonare la
esigenza di regole che vengano a disciplinare, rispetto all’arbitrio, il
fenomeno senza limitarne la libertà e la potenzialità espressiva.
D. – L’Italia ha il triste primato dei
siti internet con incitamento al razzismo e all’antisemitismo: come porre
rimedio e come tutelare, soprattutto, i più piccoli?
R. – Sono due problemi: uno, quello fondamentale,
dell’educazione anche degli utenti di internet. Internet può rispecchiare anche
situazioni che ci sono e si verificano. Due: essendo una navigazione aperta, probabilmente
in internet occorrono anche sistemi di tutela perché chi è più debole, chi è
più a rischio possa essere garantito per una navigazione sicura.
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3 marzo 2003
“SIATE SENTINELLE DELLA PACE”: QUESTO
L’APPELLO LANCIATO IERI ALLA CITTÀ
DI
PARIGI DAL CARDINALE JEAN MARIE LUSTIGER,
CHE HA
INVITATO TUTTA LA COMUNITÀ DEI FEDELI A PREGARE INCESSANTEMENTE
PER LA
PACE DURANTE TUTTA LA QUARESIMA
PARIGI.
= L’arcivescovo di Parigi, il cardinale Jean Marie Lustiger, ha indirizzato una
lettera personale ai cattolici della città affinché accolgano l’invito del
Santo Padre e si facciano "sentinelle della pace" in questo periodo
di Quaresima. L’appello è stato letto ieri in tutte le parrocchie parigine,
assieme all’Angelus di domenica 23 febbraio, nel quale il Santo Padre esortava la
Chiesa a dedicare il 5 marzo, Mercoledì delle Ceneri, alla preghiera e al digiuno
per la pace. “Per risolvere pacificamente i conflitti – scrive Lustiger –
invece di fare la guerra occorre superare nei cuori di ogni uomo l’egoismo,
l’orgoglio, l’arroganza, l’odio, la menzogna e la violenza. Solo attraverso il pentimento
si può aprire la via della pace". L’arcivescovo ha invitato la Chiesa
parigina a chiedere, già dall’inizio di questa settimana, il dono della pace
attraverso la preghiera, ed ha esortato parrocchie, comunità e famiglie a chiedere
l’intercessione di Maria, Regina della pace, con la recita del rosario".
Sono stati coinvolti, soprattutto, i santuari mariani della città e ieri
pomeriggio, alla presenza dello stesso arcivescovo, è stato recitato il rosario
nella cattedrale di Notre Dame de Paris. Il cardinale Lustiger ha chiesto che
questa tensione nei confronti della preghiera duri per tutta la Quaresima: “Tutte
le parrocchie che lo giudicheranno possibile – si legge nell’appello –
proporranno ai fedeli un tempo di preghiera quotidiana, in particolare tra
mezzogiorno e le due del pomeriggio così che anche coloro che lavorano a Parigi
potranno unirsi alle persone non attive e ai giovani in queste settimane molto
difficili nelle quali rischiamo di vivere tempi dolorosi". (M.A.)
DUE MISSIONARI ITALIANI, ORIGINARI DELLA
LOMBARDIA, SONO RIMASTI FERITI IERI, IN SUDAN,
NEL
CORSO DI UN IMBOSCATA TESA DAI GUERRIGLIERI
DELLA
TRIBU’ TOPOSA. TRASFERITI IN AEREO A NAIROBI, IN KENYA,
SONO
STATI GIUDICATI FUORI PERICOLO DAI MEDICI
- A
cura di Giulio Albanese -
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NAIROBI. = Due missionari italiani sono caduti domenica in
un’imboscata tesa da guerrieri toposa al confine tra Sudan e Kenya. Lo hanno
riferito fonti religiose, precisando che il fatto è avvenuto alle 15 ora
locale, in territorio sudanese sulla strada che collega la missione di Narus,
in Sud Sudan, alla base delle Nazioni Unite di Lokichoko, nel nord del Kenya. I
due missionari, padre Elia Ciapetti, comboniano, originario della provincia di
Brescia, e Alessandro Codato, volontario laico, originario di Varese, dopo
essere stati derubati sono rimasti feriti, il primo al braccio il secondo alle
gambe. Un ribelle dell’Esercito di liberazione popolare del Sudan, che era con
loro in macchina, è invece stato ucciso. Grazie all’aiuto di un giovane, i due
hanno raggiunto in macchina Lokichoko e da lì, in aereo, sono stati trasferiti
al Nairobi Hospital, nella capitale kenyana. Secondo i medici, sono fuori
pericolo. I due missionari, provenivano da Narus, dove sorge una missione
cattolica appartenente alla diocesi di Torit. Va ricordato che la zona dove è
avvenuta l’imboscata è interessata da frequenti scontri tra guerrieri toposa e
turkana per il controllo del bestiame.
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UNA STELLA DI PRIMA GRANDEZZA NEL PANORAMA
MUSICALE DEL NOVECENTO,
SI E’
SPENTO NELLA NOTTE A ROMA GOFFREDO PETRASSI,
AUTORE
DI OPERE SINFONICHE E CAMERISTICHE DI GRANDE SUCCESSO
ROMA. =
Il mondo della musica è in lutto per la morte di Goffredo Petrassi, uno dei
protagonisti assoluti della cultura italiana del Novecento. Prolifico autore di
opere sinfoniche e cameristiche, di musica da film, internazionalmente noto anche
come direttore d’orchestra, negli anni ‘40-‘50, Petrassi è stato anche sovrintendente
della Fenice di Venezia, direttore artistico dell'Accademia filarmonica romana
e presidente della Società internazionale di musica contemporanea. Nato il 16
luglio 1904 nella cittadina laziale di Zagarolo - da una famiglia di modeste
origini - fin da ragazzo cominciò, come autodidatta, a studiare e cantare in un
coro. A quindici anni iniziò a lavorare in un negozio di strumenti musicali.
Più tardi, seguì studi regolari al conservatorio di Roma, dove insegnò poi
composizione dal 1939. Fra le letture giovanili, Pascal lo colpì, suggerendogli
di essere “più riservati che si può, con quanto ne consegue” come confessò
dettando il suo “Autoritratto” pubblicato nel 1991. Messosi in luce con la
“Partita” (1932), Petrassi si affermò rapidamente come autore, attento
soprattutto agli sviluppi della tradizione europea. In quegli anni la lezione
degli italiani Malipiero e Casella e gli esempi di Stravinskij e di Hindemiti
lo portarono verso un neoclassicismo segnato da solida compattezza
architettonica, come nell’“Ouverture da concerto” (1931) e nell' “Introduzione
e allegro” (1933) per violino e undici strumenti. Nelle composizioni con
partecipazione corale mise a punto uno stile suggestionato dall'arte barocca,
romana e controriformista, esemplificato da opere notevoli come il “Salmo IX”
per coro, archi, ottoni, percussione e due pianoforti (1936) e il “Magnificat”
per soprano, coro e orchestra. La produzione successiva rivelò un atteggiamento
più meditativo e introverso, un approfondimento della tematica religiosa.
Nacquero così “Coro di morti”, su testo di Leopardi, (1941), “Quattro inni sacri”
(1942), i balletti “La follia di Orlando” (1943) e “Ritratto di Don Chisciotte”
(1945), le opere in un atto “Il cordovano” (1949) e “Morte dell'aria” (1950),
la cantata “Noche oscura” per coro e
orchestra (1950-51). Dopo il 1953, Petrassi si distinse per importanti
pagine cameristiche, genere che divenne quasi esclusivo per le numerose opere
dal 1960 in poi: da “Concerto” per flauto e orchestra a “Beatitudes:
testimonianza per Martin Luther King”. Fra i momenti più significativi della
sua carriera fu la rappresentazione al Theatre des Champes Elysees del balletto
“Le portrait de Don Quijote” (1945), prima opera italiana moderna presentata a Parigi. Petrassi ha scritto anche
musiche per film quali “Riso amaro”, “Non c'e' pace tra gli ulivi”, “La pattuglia
sperduta”, “Cronaca familiare”. Una caratteristica che ha sempre distinto il
musicista è stata la molteplicità degli interessi culturali, dalla pittura alla
letteratura, favoriti anche dall’aver sposato la pittrice Rosetta Acerbi. A lei
dedicò “Estri” (1967), diventato un balletto del coreografo Aurelio Millos per
il Festival di Spoleto. (A.G.)
DISPONIBILE IN INTERNET IL SITO
DEDICATO ALLA BEATIFICAZIONE DI MADRE TERESA DI CALCUTTA. ALL’INDIRIZZO WWW.MOTHERTERESACAUSE.INFO, I
FEDELI TROVERANNO INFORMAZIONI UTILI SULLE MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE
ALL’EVENTO
CHE SI
SVOLGERA’ IL 19 OTTOBRE A ROMA IN PIAZZA SAN PIETRO.
ROMA. = É già on line il sito
Internet ufficiale dedicato alla beatificazione di Madre Teresa di Calcutta.
All'indirizzo www.motherteresacause.info sono disponibili tutte le informazioni
su date, modalità di partecipazione, eventi in programma e testimonianze in 3
lingue: italiano, inglese e spagnolo. La beatificazione di madre Teresa avverrà
a Roma, a San Pietro, il prossimo 19 ottobre, in concomitanza con altri tre
eventi: la Giornata Missionaria Mondiale (che si celebra lo stesso giorno); il
25mo anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II al soglio pontificio (16
ottobre); la conclusione dell'Anno del Rosario. Si prevede che alla cerimonia
saranno presenti centinaia di migliaia di fedeli provenienti da tutte le parti
del mondo. Per facilitare la partecipazione, il sito internet offre la
possibilità di prenotare i biglietti, inviando un messaggio o un fax al numero
indicato sulle pagine web. Il sito, che è gestito dalla Postulazione, presenta
anche una dichiarazione dell’attuale superiora suor Nirmala, succeduta alla
madre Teresa nel governo dell'Istituto: "Il suo esempio - dice la
religiosa - aiuti tutti noi a impegnarci seriamente sul cammino della santità:
ad amare Dio, a rispettare ed amare ogni essere umano". Il sito Internet
offre anche una biografia della suora più conosciuta del mondo ed alcune
lettere e documenti sulla sua vita spirituale. In particolare sono citate le
lettere in cui Madre Teresa scrive di aver percepito la chiamata a vivere la
sua missione fra i poveri dell'India e quelle in cui descrive il "silenzio
di Dio", esperienza di aridità e dolore, da lei provata per tanti anni.
(M.A.)
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3 marzo 2003
- A cura di Giada Aquilino -
L'Iraq consegnerà tra una settimana un
rapporto sul gas
nervino Vx e sull'antrace. Lo ha annunciato il portavoce dell'Onu a
Baghdad, Hiro Ueki, precisando che la decisione sul documento è maturata
durante le discussioni fra gli ispettori delle Nazioni Unite e i responsabili
tecnici iracheni, avvenute ieri sera, dopo che Baghdad aveva annunciato la
scoperta di grandi quantità di antrace e tracce di gas nervino. Nel frattempo,
prosegue anche oggi l’eliminazione dei missili Al Samoud 2. Il servizio
di Paolo Mastrolilli:
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Quattro missili sono stati eliminati sabato ed altri sei
ieri, su un totale di circa 120. Ma se Washington segnalerà l’intenzione di
attaccare, gli altri Al Samoud non saranno distrutti e potrebbero essere
usati nell’eventuale conflitto. Secondo il governo americano, l’unico sviluppo
che potrebbe evitare l’intervento militare sarebbe il disarmo completo e quindi
Washington continua a premere sul Consiglio di Sicurezza dell’Onu affinché
approvi la nuova risoluzione per aprire la porta all’uso della forza. Ieri il
ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin ha ribadito l’opposizione
a questo testo, pur evitando di minacciare il veto, e il quotidiano britannico The
Observer ha accusato l’intelligence americana di spiare i Paesi membri del
Consiglio. Il Palazzo di Vetro, nel frattempo, ha rivelato che si aspetta 600
mila rifugiati in caso di scontro. Nella regione del Golfo, intanto, la
tensione sale. Gli Stati Uniti sostengono che i caccia iracheni abbiano violato
per due volte la no-fly zone nel sud del Paese e si siano spinti verso
il territorio saudita, arrivando ad un passo dallo scontro aereo. I jet
anglo-americani hanno colpito ancora strutture a terra.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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L'Iraq
deve “fare di più, offrire una cooperazione maggiore e più attiva” alle
ispezioni dell'Onu. E’ il monito del presidente francese Jacques Chirac, nel
discorso al Parlamento algerino. Chirac, nella prima storica visita di un
presidente francese nell'Algeria indipendente, ha ribadito inoltre che la
Francia sostiene il disarmo iracheno “nella pace”.
Il
fronte del no alla guerra in Iraq cresce anche in Pakistan. Ieri decine di
migliaia di persone sono scese in piazza a Karachi, la più grande città del sud
del Paese, rispondendo così all’appello dei principali partiti islamici.
Durante la sfilata non sono mancati slogan contro gli Stati Uniti e la Gran
Bretagna. Intanto sempre in Pakistan, Khalid Sheikh Mohammed, numero tre
dell’organizzazione terroristica Al Qaeda e “cervello” degli attentati dell’11
settembre, è stato interrogato ieri dalle autorità locali e da ufficiali
statunitensi.
Massiccia
incursione israeliana in un campo profughi a sud della città di Gaza, nel quale
vivono 25 mila palestinesi. Il bilancio degli scontri tra soldati israeliani e
combattenti palestinesi è di 8 morti. Sentiamo Graziano Motta:
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Decine di carri armati e reparti di fanteria hanno
investito la scorsa notte il campo profughi di El Bureij: nell’operazione è
stato arrestato uno dei capi del braccio armato di Hamas, collaboratore del
comandante Mohammed Taha, accusato di vari attentati e di traffico d’armi, e demolito
due case abitate da attivisti della rivolta. Anche altri edifici sono stati
coinvolti: una donna è rimasta sepolta sotto le macerie. Viva la resistenza
incontrata dai soldati, come testimonia il bilancio dei palestinesi morti, tra
cui un ragazzo di 13 anni. Nell’azione sono rimasti feriti pure due soldati
israeliani. Sempre nel contesto di operazioni militari contro il movimento
fondamentalista Hamas, nelle ultime ore c’è stata un’analoga operazione nella
Striscia di Gaza, a Khan Yunes, con tre palestinesi uccisi. Sono avvenute
inoltre incursioni a Nablus e la scorsa notte, dopo mesi, sono ripresi gli
spari di palestinesi dalla zona di Betlemme contro il quartiere residenziale
ebraico di Gilo, alla periferia di Gerusalemme. Agli spari hanno reagito i soldati:
non si segnalano vittime.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Quattro
guardie del corpo del capo dell'Amministrazione cecena filorussa, Akhmad
Kadyrov, sono rimaste uccise insieme a tre agenti russi in un attentato della
guerriglia cecena. Kadyrov, probabile candidato alla presidenza dopo il
referendum costituzionale del 23 marzo indetto dai russi, è uscito illeso
dall'attacco che è avvenuto sabato sera, ma se ne è avuta notizia solo oggi.
Intanto, il presidente indipendentista Aslan Maskhadov ha invitato tutti i
ceceni a continuare la lotta e a respingere il referendum voluto da Mosca.
Filippine. Dieci ribelli separatisti musulmani del Fronte
Moro di Liberazione Islamico (Milf) sono stati uccisi dai militari mentre si
apprestavano a far saltare alcuni piloni delle linee elettriche nel sud del
Paese. I soldati erano stati schierati da ieri nei pressi delle città di Datu
Paglas e di Baluan, sull'isola meridionale di Mindanao, dopo che gli abitanti
avevano segnalato la presenza in zona dei ribelli. Il Fronte Moro la scorsa
settimana aveva sabotato una linea dell'alta tensione, lasciando al buio 18
milioni di persone.
Ancora
notizie di violenze provengono dalla Repubblica Democratica del Congo. I
ribelli della Coalizione democratica congolese-Movimento di liberazione
(Rcd-Ml), capeggiata da Mbusa Nyamwisi appoggiato da alcuni reparti
dell'esercito ugandese, avrebbero massacrato 500 persone a Logoro, nell’est del
Congo ex-Zaire. Lo ha dichiarato Jean Pierre Bemba, il leader del Movimento di
liberazione del Congo (Mlc). Uno dei ‘signori della guerra’, Thomas Lubanga, ha
inoltre precisato che le uccisioni sarebbero avvenute tra il 24 e il 25
febbraio.
In un
clima di grande attesa, oggi in Ulster è il giorno del vertice che i primi
ministri britannico Tony Blair e irlandese Bertie Ahern tengono a Belfast con
le delegazioni di tutti i partiti politici nordirlandesi. L'obiettivo è quello
di presentare un nuovo piano per l’assetto futuro dell’Ulster e per la piena
applicazione degli accordi del Venerdì Santo del 1998. Sentiamo Enzo Farinella:
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Il partito Sinn Fein - braccio politico dell’Esercito
repubblicano nordirlandese - dovrà assicurare che i paramilitari nazionalisti
dell’Ira non ricorreranno mai più alla guerriglia e alla violenza e che quindi
la guerra è finita per sempre. In cambio, il governo irlandese annuncerebbe la
smilitarizzazione del territorio del Nord, con lo smantellamento delle sue
torri vistose e del suo apparato militare, e ulteriori riforme nel campo della
polizia e dei diritti umani. Gli unionisti dovrebbero impegnarsi a loro volta a
non far cadere il governo di coalizione e quindi a mantenere il loro impegno
per strutture durature nel Nord Irlanda. C’è un cauto ottimismo - questa è la
grande novità - che il tentativo odierno possa aver successo e riportare quindi
un clima di maggiore tranquillità per l’Ulster.
Da Belfast, per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.
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“Non siamo in grado di capire quale fosse lo scopo del
viaggio di Desdemona Lioce e Mario Galesi”. Lo ha detto oggi a Firenze il
procuratore aggiunto Francesco Fleury, a proposito delle indagini su quanto
avvenuto ieri sul treno ‘Roma-Firenze’: da un normale controllo della Polizia
ferroviaria è scaturito un conflitto a fuoco tra agenti e due terroristi,
appunto Lioce e Galesi. Un agente e lo stesso Galesi sono morti nello scontro.
Mercoledì ad Arezzo si terranno i funerali di Stato per il poliziotto. Intanto
Desdemona Lioce, che è stata arrestata, si è dichiarata prigioniera politica.
Sentiamo Giampiero Guadagni:
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Erano latitanti da anni, indagati anche per l’omicidio del
professor D’Antona, i due brigatisti rossi che ieri mattina hanno risposto ad
una normale operazione di controllo dei documenti sul treno ‘Roma-Firenze’
sparando ed uccidendo l’agente della polizia ferroviaria Emanuele Petri, 48
anni. L’arma usata dai terroristi è una pistola 7.65, lo stesso calibro di
quella mai trovata e usata per uccidere nel ’99 il professor D’Antona e l’anno
scorso il professor Biagi. Inquirenti e magistrati stanno in queste ore
verificando i legami tra le vicende, anche in attesa degli esami dei reperti
balistici. E comunque il ministro dell’Interno, Pisanu, assicura che ora per
gli omicidi D’Antona e Biagi non si brancola più nel buio. Ma c’è naturalmente
molta preoccupazione tra tutte le forze politiche e sociali, tanto più che i
due brigatisti diretti ad Arezzo stavano con tutta probabilità organizzando un
nuovo attentato.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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