RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 60 - Testo della
Trasmissione sabato 1 marzo 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Liturgia e musica sacra in un Convegno ad Assisi: ai nostri microfoni, mons. Tarcisio Cola.
CHIESA E
SOCIETA’:
Una commissione dell’Onu in Costa d’Avorio per indagare sui crimini durante la crisi.
L’Iraq distrugge i primi quattro missili Al Samoud
2. Per la Francia un segno che le ispezioni “funzionano”, mentre Bush commenta:
“è un inganno”. Della crisi araba parla anche la Lega Araba, riunita da oggi in
Egitto.
Nuovo esecutivo in Austria: dopo 3 mesi di trattative,
il cancelliere Schüssel ha presentato ieri la lista dei ministri.
Vaclav Klaus è il nuovo
presidente della Repubblica Ceca.
In Zimbabwe la polizia ha arrestato ieri
mattina 20 religiosi cristiani, che rivendicavano il diritto di espressione delle
Chiese locali.
1 marzo 2003
NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA, LA ROMANIA
NON DIMENTICHI
IL SUO
PATRIMONIO DI VALORI CRISTIANI: COSI’ GIOVANNI PAOLO II NEL DISCORSO
AI
PRESULI ROMENI, RICEVUTI STAMANI AL TERMINE DELLA VISITA AD LIMINA
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Nell’attuale processo d’integrazione europea, la Romania
deve riscoprire la sua ricca eredità spirituale a “beneficio dell’unità e della
vitalità dell’intero Continente”. Così, Giovanni Paolo II nel discorso
indirizzato ai presuli romeni, ricevuti in udienza al termine della visita ad
Limina. Il Pontefice, che ha ricordato l’emozionante visita in terra romena
nel maggio del 1999, ha espresso parole di vivo incoraggiamento affinché si
intensifichi il dialogo fraterno tra i cattolici e gli ortodossi di Romania. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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La “crisi di una visione cristiana della vita”. E’ questo,
ha detto il Papa, il “triste retaggio della dittatura comunista” in Romania.
Ecco allora che diventa “necessario promuovere il dialogo e la collaborazione
tra quanti hanno ricevuto l’annuncio salvifico di Cristo”. In tale contesto, un
ambito di particolare rilievo è quello della pastorale familiare, tenendo conto
dei “pericoli” dell’odierna società. “Non si sottolineerà mai abbastanza – ha avvertito
il Pontefice – l’importanza di un sano primato della famiglia nell’insieme
dell’opera di educazione delle nuove generazioni”. Occorre, perciò, sviluppare
centri di formazione “in sintonia con i fratelli della Chiesa Ortodossa”, dove
i giovani possano “conoscere la comune eredità evangelica”, testimoniandola “in
modo incisivo nella società”.
Il Papa ha poi esortato i fedeli a seguire coraggiosamente
Cristo “con la determinazione” e “l’eroica testimonianza” dei cristiani che
“hanno sostenuto sofferenze indicibili sotto il regime comunista”, senza “venir
meno alla fedeltà al Vangelo”. Se il popolo della Romania, ha aggiunto, “ha
saputo resistere al materialismo ateo militante”, occorre ora far emergere
“l’eredità dell’annuncio cristiano” spronando ciascuno a “rendere una coerente
testimonianza evangelica”. Solo così, ha proseguito, sarà possibile
“contrastare la pericolosa avanzata di una visione materialista
dell’esistenza”. Ancor più oggi che è in atto il processo di integrazione della
Romania nell’Unione europea. Un “dato positivo”, ha constatato Giovanni Paolo
II, anche “se non manca il rischio di qualche ambiguità”. L’impatto di una
visione per certi aspetti “condizionata dal consumismo e dall’individualismo
egoistico” può infatti comportare il pericolo che i cittadini romeni non
sappiano riconoscere valori e disvalori della società occidentale, finendo per
“dimenticare le ricchezze cristiane presenti nella loro tradizione”. Quindi, ha
richiamato il popolo romeno a “mantenere salda” l’adesione al “patrimonio
millenario dei valori cristiani”.
Proprio per far fronte all’emergere di queste urgenze,
Giovanni Paolo II ha messo l’accento sull’esigenza di “ricuperare quanto prima
la piena unità” tra i cristiani. Un principio, ha detto, riaffermato in occasione
della visita. lo scorso mese di ottobre, a Roma del Patriarca ortodosso di
Romania, Teoctist. Circostanza, ha spiegato, in cui è emerso in modo chiaro che
la “testimonianza comune dei cristiani” è necessaria “per comunicare in modo
efficace il Vangelo al mondo di oggi”.
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I PRINCIPI ETICI, CULTURALI E
RELIGIOSI DEL LAVORO,
RICHIAMATI STAMANE DAL PAPA RICEVENDO UNA RAPPRESENTANZA
DELLA OLIVETTI TECNOST
- Servizio di Roberta Gisotti -
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La dignità
del lavoro si manifesta “nel fatto che i prodotti, per essere tali, richiedono
il sigillo dell’uomo”: lo aveva affermato con decisione Giovanni Paolo II 13
anni fa, il 19 marzo del ’90, visitando le Officine Olivetti di Ivrea, e lo ha
ribadito oggi ricevendo circa 350 persone fra dirigenti, funzionari e
collaboratori di uno dei “gruppi industriali maggiormente impegnati - ha
ricordato il Papa - nell'attuale fase di riorganizzazione e di rilancio dei
settori produttivi dell'economia italiana.”;
azienda che ha raccolto l’eredità dell’ing. Adriano Olivetti, “stimato
imprenditore”, “che riteneva il lavoro una singolare opportunità di crescita
umana per tutti.”
Si è rivolto
Giovanni Paolo II al vescovo di Ivrea, mons. Arrigo Miglio, e al presidente
della Olivetti Tecnost, Bruno Lamborghini, per sottolineare “lo stretto legame
che esiste tra il lavoro e la dignità della persona”, e che è di “fondamentale
importanza” “nel momento storico ed economico che stiamo attraversando”: “una
fase di transizione - ha spiegato il Papa - carica di contraddizioni e di
problemi, ma non priva di spinte e stimoli innovativi.” Ed “è un'occasione
privilegiata per riaffermare la centralità dell'uomo nelle diverse tappe della
progettazione, della produzione, della messa in commercio e dell'uso dei beni
di consumo.” Ogni prodotto esprime dunque l’opera dell’uomo.
“Dietro
ciascuno di essi, per quanto sofisticato e perfetto, si celano l'intelligenza,
la volontà e le energie di un uomo o di una donna. La tecnologia, anche la più
avanzata, non sopprime questa esigenza”.
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IL CARDINALE PIO LAGHI NOMINATO DAL PAPA SUO
INVIATO SPECIALE
PRESSO
IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, GEORGE W. BUSH
- A
cura di Paolo Salvo -
Il Papa
ha indirizzato un messaggio al presidente americano George W. Bush, che sarà
recato a Washington dal cardinale Pio Laghi nei prossimi giorni. Lo ha
annunciato stamani il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquìn Navarro
Valls, in una dichiarazione rilasciata ai giornalisti.
“Nel contesto della crisi irachena” – è detto nel testo – il
Santo Padre ha designato quale suo Inviato speciale presso il presidente degli
Stati Uniti, George W. Bush, sua eminenza il cardinale Pio Laghi. “Il
cardinale, che lascerà Roma nei prossimi giorni, sarà latore di un messaggio di
Sua Santità – si legge nella dichiarazione – e avrà modo di illustrare la
posizione e le iniziative intraprese dalla Santa Sede per contribuire al disarmo
e alla pace in Medio Oriente”.
Il cardinale Pio Laghi, che ha 80 anni, già prefetto della
Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha al suo attivo una intensa attività
diplomatica. Infatti, prima della nomina cardinalizia, avvenuta nel Concistoro
del 28 giugno 1991, è stato nunzio apostolico in Argentina dall’aprile del 1974
al dicembre del 1980, quando fu nominato delegato apostolico negli Stati Uniti
d’America. Alcuni anni dopo, allacciati i rapporti ufficiali tra Santa Sede e
Stati Uniti, divenne pro nunzio apostolico a Washington, incarico che mantenne
fino all’aprile 1990, quando venne chiamato alla guida della Congregazione per
l’Educazione Cattolica. La sua permanenza alla nunziatura di Washington
abbraccia quindi gli anni della presidenza di Ronald Reagan e di George Bush
senior.
La nomina odierna segue l’analoga missione affidata dal
Papa al cardinale Roger Etchegaray come suo Inviato speciale in Iraq, dove il
porporato francese si è recato dal 10 al 17 febbraio scorso.
Nel
corso della mattinata, il Papa ha ricevuto in successive udienze: l’arcivescovo
Jòzef Wesolowski, nunzio apostolico in Kazakhstan, Tadjikistan, Kyrgyzstan e
Uzbekistan; e il vescovo Benito Stanislao Andreotti, già abate ordinario di
Subiaco, con il benedettino dom Mauro Meacci, abate dell’abbazia territoriale
di Subiaco.
Sempre questa mattina, il Santo Padre ha ricevuto il prof.
Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; e
successivamente il presidente dell’agenzia di stampa russa Itar-Tass, Vitalij
Ignatenko, con l’ingegnere Ara Abramjan, presidente dell’Organizzazione
federale “Unione degli Armeni di Russia”.
Il Pontefice ha infine ricevuto in udienza il cardinale
Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Papa ha nominato sottosegretario del Pontificio
Consiglio per i Testi Legislativi il prelato mons. Bernard A. Hebda, finora
aiutante di studio presso lo stesso organismo.
IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA
MADONNA DELLA FIDUCIA LA COMUNITA’
DEL
SEMINARIO ROMANO MAGGIORE SI RIUNISCE QUESTO POMERIGGIO
ATTORNO
AL SANTOPADRE NELL’AULA PAOLO VI IN VATICANO:
CON
NOI, IL RETTORE MONS. PIETRO FRAGNELLI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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E’ la protettrice del Seminario romano maggiore, la
Madonna della Fiducia, e la sua festa cade il sabato precedente il Mercoledì
delle Ceneri. Con Giovanni Paolo II fin dagli inizi del Pontificato si è
stabilita la consuetudine dell’incontro del Papa con i seminaristi della sua
diocesi, e così pure questo pomeriggio. Il Pontefice li ha sempre esortati,
nelle sue visite al Seminario e negli incontri in Vaticano, ad amare Maria
negli anni della loro formazione e poi nel ministero, specialmente con la
recita del Rosario. Fra qualche ora, non solo gli alunni del Seminario romano
maggiore, ma pure gli altri giovani che vi si accostano per una ricerca
vocazionali o per incontri formativi, converranno assieme a parenti, amici e conoscenti
nell’Aula Paolo VI. Assieme a loro, questa volta, per esplicita volontà di
Giovanni Paolo II, saranno anche i seminaristi romani del Capranica, del Divino
Amore e del Seminario Redemptoris Mater. Il raduno avrà questo
svolgimento. Alle 16.30, meditazione dei Misteri gaudiosi con canti, recita del
Santo Rosario e testimonianze. Alle 18 farà ingresso in Aula il Pontefice che
verrà salutato dal cardinale vicario Camillo Ruini, e dal rettore del Seminario,
mons. Pietro Fragnelli. Seguirà l’esecuzione dell’Oratorio di mons. Marco
Frisina, dal titolo ‘Confido in te’, ispirato ai testi di Santa Faustina
Kowalska e, infine, il discorso del Santo Padre. Con noi è ora mons. Fragnelli
che, diciamolo subito, è l’ultima volta che ospitiamo nei nostri studi in veste
di rettore del Seminario perché qualche giorno fa, il 14 febbraio scorso, è
stato nominato vescovo di Castellaneta, in Puglia.
D. – Monsignore, lei è stato prima direttore spirituale e
quindi rettore: una decina e più di anni di esperienza in seminario. Quale
bagaglio porta ora con sé?
R. – Devo dire che l’esperienza romana è stata molto
importante per me come uomo, come credente e come prete. In questi giorni, in
modo particolare, ho scoperto, ho toccato con mano quanto sia bello lavorare
nella Chiesa particolare di Roma nella quale si formano i nostri seminaristi ma
ci formiamo anche noi educatori. In particolare, direi che questa esperienza mi
ha insegnato a tessere insieme ogni giorno, sotto lo sguardo del Sommo
Pontefice, il cammino vissuto nella custodia e nella libertà, nella vigilanza e
nell’incoraggiamento: un lavoro educativo esaltante che noi, al Maggiore,
riassumiamo con la parola ‘fiducia’. La fiducia la porto con me, anche nel mio
stemma, preso dalla conclusione degli Atti degli Apostoli: ‘cum omni fiducia’.
Desidero in questo momento ringraziare quanti mi sono stati vicini nel cammino.
Un momento di trepidazione e di grazia in cui il dono della preghiera e
dell’amicizia diventano più luminosi. Desidero camminare ancora insieme con
loro sotto lo sguardo di Maria per accogliere tutti, come dice la conclusione
degli Atti: ‘Annunciare il Regno di Dio e insegnare le cose che riguardano il
Signore Gesù Cristo con tutta franchezza’.
D. – Il seminarista oggi è, in particolare, il seminarista
a Roma: quali istanze porta con sé? Quali difficoltà, quali urgenze nuove deve
fronteggiare?
R. – Come tutti i giovani di oggi, anche i seminaristi di
Roma e del mondo sono gelosi e in genere desiderano fare da soli; tendono, a
volte, ad ostentare un’autonomia che è solo apparente. Hanno paura di essere
giudicati inadeguati ed a volte finiscono con il bardarsi con quella che
chiamiamo ‘la corazza di Saul’, che li rende ancora più goffi ed incapaci,
forse, di una vera lotta spirituale. Ma quando matura la loro fiducia in Dio e
nella Chiesa, possiamo dire che si affidano al rapporto educativo con una
sorprendente docilità. Diventano capaci di collaborare allora con l’educatore
e, in generale, con l’adulto – genitore o parroco che sia – e abbiamo assistito
tante volte, noi educatori, a fioriture straordinarie, a vere e proprie
primavere umane e spirituali in cui scopri che sono capaci di liberarsi di
tutto ciò che li ostacola nel cammino verso il meglio. Allora cercano la
povertà di spirito, che si manifesta in profonda obbedienza e nella libera
scelta della castità. Con una immagine di un filosofo che forse è lontano dalla
fede, noi possiamo dire che ‘diventano alberi che crescono alti proprio perché,
ad un certo punto, imparano a rinunciare all’edera e alle viti che vi si
allacciano’.
D. – E adesso veniamo un po’ ai numeri: qual è l’andamento
vocazionale?
R. – Noi abbiamo in questi ultimi sei anni 215 nuovi
alunni che sono entrati nel nostro Seminario, nell’arco di tempo 1997-2002; 99
di loro sono entrati per diventare preti a Roma. La media è di circa il 46 per
cento per la diocesi di Roma sul totale degli ingressi. Merita fermare un
attimo l’attenzione sul fatto che su questo centinaio di vocazioni per Roma, 51
provengono proprio da Roma, 28 dal resto dell’Italia e 20 dall’estero. La
percentuale dei romani è dunque di poco superiore al 50 per cento e tuttavia è
un segnale incoraggiante, mi pare, un segnale che le parrocchie, le realtà
pastorali di Roma possono accogliere come una indicazione di tendenza e una
indicazione di marcia alla luce anche di quello che il convegno diocesano sulle
vocazioni dello scorso giugno e il lavoro in atto ci stanno indicando. La media
è che ogni anno si ordinano 25-26 preti tra i nostri alunni e una dozzina di
loro in media sono per la diocesi di Roma. Possiamo dire che su 161 ordinazioni
negli ultimi cinque anni, 64 sono per la diocesi di Roma e i sacerdoti romani
sono mediamente il 40 per cento degli ordinati. Cifre queste che ci fanno
riflettere sul fatto che certamente la comunità cristiana, stimolata dagli
orientamenti del Santo Padre e del Vicariato, sta rispondendo. Mi è capitato di
avvertire la trepidazione, la gioia dei sacerdoti che ripensano con gratitudine
alla loro vocazione e si sono rimessi con buona lena a parlare di vocazione e a
testimoniare la gioia di essere prete.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Il
mondo chiamato a dare una speranza alla pace": è il titolo che apre la
prima pagina in riferimento alla crisi irachena. Il cardinale Laghi in partenza
per Washington con un messaggio del Santo Padre da consegnare al presidente
degli Usa.
Un articolo di Giampaolo Mattei
dal titolo "La guerra è un omicidio in grande": con Giovanni Paolo II verso
il Mercoledì delle Ceneri, giornata di preghiera e di digiuno per la pace.
Ristampato, a cinquant'anni dalla prima edizione, il volume "L'inutilità
della guerra" di Igino Giordani.
"In strada con la corona
del Rosario tra le mani" è il titolo del pensiero dedicato all'Anno del
Rosario.
Riguardo alla sempre tormentata
situazione in Medio Oriente, si sottolinea quanto segue: 3 mila morti
dall'inizio della nuova Intifada.
Nelle pagine vaticane, nel
discorso alla Conferenza Episocopale Romena, il Santo Padre ha esortato la
Chiesa di Romania a "non temere", soprattutto di fronte a
compiti "veramente impegnativi".
Nel discorso al Gruppo Olivetti
Tecnost, il Papa ha richiamato l'esigenza di riaffermare la centralità
dell'uomo nelle diverse tappe della progettazione della produzione, della messa
in commercio e dell'uso dei beni di consumo.
L'omelia del cardinale Tomko
nella Santa Messa in ricordo dell'arcivescovo Zago, in occasione del secondo
anniversario della morte.
Nelle pagine estere, Unione
Europea: la futura Costituzione recepirà tra i suoi fondamenti i valori della
religione.
Usa: "no" della
Camera alla clonazione umana.
Argentina: una maestra
costretta a rivolgersi al tribunale per ottenere assistenza alimentare per i
suoi figli.
Nella pagina culturale,
un articolo di Marco Impagliazzo dal titolo "I salesiani a
Testaccio": un nuovo contributo alla storiografia dell'Ordine.
Nelle pagine italiane, in primo
piano l'evolversi della situazione alla Fiat.
Il tema dell'economia.
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TRA I
TEMI AL CENTRO DEL CONVEGNO DELL’ASPEN INSTITUTE IN CORSO A ROMA
-
Intervista con Carlo Scognamiglio -
Di Iraq si sta parlando anche a
Roma, dove è in corso il convegno dell’Aspen Institute sul tema
“Ridisegnare l’Europa. Le sfide della prossima presidenza semestrale italiana”.
Ma, tra le sfide attuali dell’Unione, c’è quella della posizione, possibilmente
unitaria, da prendere sull’attacco a Baghdad. Ma perché sembra certo che la guerra sia ormai
l’unica soluzione alla crisi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Carlo
Scognamiglio, ex presidente del senato italiano e presidente dell’Aspen Institute Italia:
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R. – Sono stati rivolti parecchi appelli a Saddam Hussein,
ultimamente anche dal ministro degli Esteri russo, per garantire al presidente
dell’Iraq l’incolumità personale in cambio della pace, lasciando l’Iraq e
potendo rifugiarsi in Russia, in un Paese assolutamente affidabile da questo
punto di vista. La risposta è sempre stata negativa. Un altro modo per evitare
la guerra sarebbe l’accettazione senza condizioni del disarmo. La nostra
speranza, ovviamente, è rivolta a questo; ovvero che l’azione di pressione
internazionale su Saddam Hussein giunga a questo risultato. Un risultato che
tutti sperano. Nessuno vuole che ci sia un conflitto armato. Vedremo gli
sviluppi nei prossimi giorni. Mi pare ormai che i tempi che gli americani danno
siano molto stretti e saranno queste le ore decisive.
D. – Saddam Hussein ha iniziato la distruzione dei missili
Al Samoud 2. Secondo lei questa è una risposta strumentale proprio per
allungare i tempi di un possibile attacco americano?
R. – Questo è molto difficile da dire. Per quel poco di
tecnico che posso dire, quei missili per l’Iraq, a questo punto, erano completamente
inutili, nel senso che sarebbero stati il primo bersaglio dell’attacco
americano. La rinuncia a questa arma, dunque, non rappresenta un sacrificio per
Saddam Hussein. D’altra parte non credo che questa degli Al Samoud 2 sarà la
questione risolutiva.
D. – L’Europa intanto è alle prese con la prima
Costituzione della sua storia, con il prossimo ingresso di dieci Paesi. E,
proposito della Costituzione, il dibattito sull’inserimento nel testo del
riferimento alle radici culturali, religiose, cristiane, potrà giungere ad un
risultato positivo, secondo quanto auspicato dal Santo Padre più volte?
R. – Posso solo dire che, molto più modestamente, c’è
anche il mio auspicio. Ma una previsione non è possibile farla. Dipenderà dalla
volontà dell’Assemblea dell’Unione. E poi dipenderà anche dalla discussione che
si farà in Consiglio, perché è chiaro che la Convenzione non produrrà una
costituzione, ma una proposta o alcune linee guida su cui poi il Consiglio
dovrà lavorare per varare un testo definitivo. Al di là della realizzazione
della Carta, si tratta di un processo lungo. Come è avvenuto per gli Stati
Uniti, c’è chi stima che ci vogliano anche 50 anni per arrivare ad un livello
di consapevolezza della costituzionalizzazione dell’Europa. Speriamo che ce ne
vogliano di meno, ma le vicende dell’attualità, come questa crisi per l’Iraq e
sull’Iraq, da un lato mostrano le difficoltà che si frappongono per un’Europa
unita, soprattutto nella politica estera e di difesa, dall’altro lato spiegano
a tutti qual è il costo di non avere un’Europa unita.
D. – Tornando proprio alla crisi irachena, se gli Stati
Uniti attaccassero senza una seconda risoluzione dell’Onu che cosa potrebbe
succedere?
R. – Certamente sarebbe un grosso problema per il governo
italiano su quale posizione prendere: rompere con gli Stati Uniti o rompere con
l’opinione pubblica. Oltre a questo, siccome è convinzione generale che, in
mancanza di una seconda risoluzione, comunque gli Stati Uniti passerebbero
all’azione, sempre che Saddam non risponda all’intimazione della prima
delibera, questo vorrebbe dire il crollo di tutta l’architettura su cui è
basato l’ordine internazionale, con
l’Onu, la Nato e anche l’Unione Europea. Bisognerebbe ricostruire tutto
da capo, in sostanza. Si tornerebbe all’anno zero. Sarebbe una questione che
speriamo di non dover prendere in considerazione.
D. – Ma anche se ciò avvenisse, non sarebbe un’occasione
per rifondare i rapporti internazionali, non più sugli equilibri derivati
dall’esito della Seconda Guerra mondiale?
R. – Sì, è vero, ma mi domando come, dopo una crisi di
queste dimensioni, sarebbe possibile, e con che spirito, ricostruire?
L’azzeramento dell’organizzazione internazionale non è un passo in avanti, in
ogni caso; è sempre un passo indietro. Tenere in piedi l’Onu, organo che ha
consentito di superare la prova della guerra fredda, è una questione di vitale
interesse per tutti, in particolare per un Paese come l’Italia - e non solo
l’Italia - che solo in quelle sedi può far valere il proprio interesse nazionale.
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IN UN
CONVEGNO AD ASSISI
-
Intervista con mons. Tarcisio Cola -
Si è
concluso nei giorni scorsi ad Assisi, presso il centro congressi Domus Pacis,
il convegno nazionale sul tema “Liturgia e musica sacra nella nuova evangelizzazione”,
organizzato dall’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi e dall’Associazione
Italiana Santa Cecilia. L’importanza della musica sacra, il suo ruolo
coinvolgente nell’elevare l’animo verso Dio, rappresenta un tema attualissimo,
come ha sottolineato lo stesso Giovanni Paolo II all’udienza generale di
mercoledì scorso. Qual è, dunque, il legame tra liturgia e musica sacra? Teresa
Gerundino lo ha chiesto a mons. Tarcisio Cola, segretario generale
dell’Associazione Santa Cecilia.
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R. -
E’ uno strumento che aiuta il popolo ad esprimere la fede, a celebrare i misteri
e a rendere più solenne una celebrazione, sottolineando anche l’aspetto
comunitario. Ad esempio, se pensiamo ad un coro che canta, sono tante voci che
fanno un’unica voce, un’unica espressione di fede, quindi la musica è a
servizio della Liturgia. E’ un rapporto strettissimo.
D. –
Perché questo Convegno? Su cosa si vuole porre l’attenzione?
R. –
Mirava a rispondere un po’ a quella che è la preoccupazione prima della Chiesa
anche in Italia, cioè la Nuova evangelizzazione di cui parla spesso anche il
Papa. Uno che canta bene, appropriatamente, scegliendo il canto adatto al
momento rituale, alla celebrazione che si sta svolgendo, evangelizza chi è lì
presente. Il Convegno cade anche nella memoria del centenario del ‘motu
proprio’ di San Pio X, grande Papa, che nel 1903 ha emanato un documento di suo
pugno, proprio sulla restaurazione della musica sacra nella Liturgia.
D. –
Qual è lo stato attuale della musica sacra?
R. – Molte
volte, ancora abbiamo o il coro, o la scola cantorum, o la cappella musicale,
che solennizza la celebrazione, ma rende magari muta l’assemblea. Abbiamo
ministri, che sarebbero i primi interessati ed impegnati nel canto, che sono
ministri muti, che non sanno cantare, non conoscono le loro parti, non hanno
avuto nei seminari una loro formazione musicale. Oppure ci troviamo dall’altra
parte, assemblee che magari cantano tutto loro e che escludono la scola
cantorum.
D. –
Il Papa ha richiamato all’udienza generale di mercoledì scorso la comunità
cristiana ad un esame di coscienza, affinché nella Liturgia possa ritornare la
bellezza della musica e del canto. Cosa si può fare per seguire le parole del
Pontefice?
R. –
Ci vuole l’impegno di tutti, ma prima di tutto, del celebrante e ancor più, se
vogliamo accogliere con attenzione l’invito del Papa, ci troviamo ad un richiamo
forte, ad una scelta seria dei canti che eseguiamo durante la Liturgia. Lui
parla di testi sciatti e di canti di poco valore. La musica e il canto sono una
parte essenziale, importante nella celebrazione e non è così una cenerentola o
un qualche cosa che vi si aggiunge, perché purtroppo in molte comunità succede
che all’ultimo momento si scelgano melodie, canti, suoni, e così dicendo riempiamo
l’inizio della Messa, della Comunione alla fine, con vari pezzi musicali che
non hanno nulla a che fare con il mistero che si celebra. Quindi, tutto nella
celebrazione eucaristica ha un senso, quello di portarci alla celebrazione di
quel mistero.
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1 marzo 2003
LA PREGHIERA PER SPEZZARE LE CATENE DELL’ODIO.
IL CARDINALE TETTAMANZI INVITA TUTTI I MILANESI A
PREGARE
ANCHE NELLA PAUSA PRANZO PER LA CAUSA DELLA PACE
MILANO. = Dedicare la “pausa
pranzo” alla causa della pace: è la singolare proposta suggerita dal cardinale
Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ai suoi fedeli nel Messaggio alla
diocesi. Invitando i milanesi a fare del prossimo 5 marzo, mercoledì delle
Ceneri, una Giornata di preghiera e di digiuno per la pace, come suggerito da
Giovanni Paolo II, il porporato propone che in tutte le chiese della diocesi,
“in tutte le Messe di mercoledì si preghi per la pace”. Il cardinale Tettamanzi
annuncia, inoltre, che lui stesso presiederà in Duomo, il 5 marzo alle ore
12.45 - durante, appunto, il consueto intervallo nella giornata lavorativa per
la “pausa pranzo” - un “momento di preghiera per la pace”, al quale invita a partecipare
“i cattolici, i fratelli delle altre Chiese cristiane e le persone di buona volontà
che lo desiderano”. Un’iniziativa, questa, da promuovere secondo l’arcivescovo
“anche nelle città e nei paesi” della diocesi ambrosiana, spronati a
predisporre, “a livello parrocchiale o interparrocchiale, un momento analogo di
preghiera, o durante l’intervallo del mezzogiorno o in qualche altro orario più
opportuno”. Tettamanzi sollecita anche “ogni famiglia cristiana” a “recitare
insieme il Rosario”, la sera del 5 marzo, e “a vivere in quello stesso giorno -
personalmente e secondo le modalità che ciascuno vorrà scegliere - il digiuno o
un gesto particolarmente significativo di penitenza”. Per quanto riguarda le
comunità di rito ambrosiano, secondo l’arcivescovo “sarà soprattutto il Primo
Venerdì di Quaresima il giorno con cui rispondere con particolare intensità all’invito
del Papa, finalizzando quanto già la Chiesa ci chiede in quella giornata di
digiuno all’invo-cazione della pace”. (B.C.)
UNA
SQUADRA DELL’ONU È DA IERI AL LAVORO IN COSTA D’AVORIO
PER VALUTARE LA POSSIBILITÀ DI ISTITUIRE UNA
COMMISSIONE D’INCHIESTA
SUI CRIMINI COMPIUTI DURANTE LA CRISI IN CUI IL
PAESE
AFRICANO È COINVOLTO DA OTTOBRE
GINEVRA.
= Le denunce di violazioni dei diritti umani in Costa d’Avorio hanno spinto le
Nazioni Unite a valutare la possibilità di istituire una commissione
d’inchiesta sui crimini compiuti in oltre cinque mesi di crisi. Ad annunciarlo
è lo stesso segretario generale, Kofi Annan, in una lettera indirizzata al
presidente ivoriano, Laurent Gbagbo. Con questo obiettivo, è giunta ieri ad
Abidjan un’équipe dell’Onu. Secondo quanto spiegato dal portavoce dell’Alto
Commissariato per i diritti umani (Ohchr), José Luis Díaz, il gruppo di esperti
comprende delegati dello stesso Ohchr, funzionari del Dipartimento per gli
affari politici dell’Onu ed esperti legali. La missione Onu durerà fino al
prossimo 11 marzo; il rapporto compilato al termine della visita verrà, quindi,
trasmesso al segretario generale Kofi Annan. Nei giorni scorsi un altro gruppo
di esperti delle Nazioni Unite era giunto nell’ex colonia francese per
analizzare la situazione della sicurezza e le misure necessarie da adottare per
far rispettare gli accordi sottoscritti a Marcoussis, in Francia, alla fine di
gennaio, che prevedono la creazione di un governo di unità nazionale allargato
ai ribelli. (M.A.)
PIÙ
FARMACI PER FRONTEGGIARE L’AIDS, MENO ARMI,
PIÙ CONTROLLO SUL COMMERCIO
DI PETROLIO E DIAMANTI E STABILITÀ POLITICA.
E’ QUANTO CHIEDONO I VESCOVI DELL’AFRICA E
DELL’EUROPA IN UN DOCUMENTO
COMUNE SUI RAPPORTI TRA I DUE CONTINENTI
LISBONA. = Accesso ai farmaci per la cura dell'Aids,
restrizioni all’esportazione di armi e allo sfruttamento di diamanti e
petrolio, dialogo tra le Chiese dei due continenti e riconoscimento della
libertà religiosa: sono alcune delle raccomandazioni contenute nel documento
finale del convegno “Africa ed Unione europea: partners nella solidarietà - il
contributo delle Chiese”, svoltosi il 27 e 28 febbraio a Lisbona. L’incontro ha
riunito i vescovi della Commissione episcopale della Comunità europea (Comece)
e del Simposio delle conferenze episcopali di Africa e Magadascar (Secam), che
hanno discusso del contributo della Chiesa nei rapporti tra i due continenti.
Per i presuli è necessario rivedere le modalità con cui Africa ed Europa si
relazionano: mentre il “vecchio continente” deve riorganizzare il sistema di
aiuti ai Paesi più poveri, il continente africano è chiamato a garantire una
stabilità politica basata sulla democrazia. In questo senso, è fondamentale
riflettere sulle cause che portano tanti Paesi dell’Africa a combattere
sanguinose guerre: l’avido sfruttamento delle risorse naturali, come diamanti e
petrolio, e il traffico di armi tra i due continenti. I vescovi hanno espresso,
inoltre, la propria preoccupazione per il dilagare dell’Aids in Africa ed
hanno, quindi, esortato l'Unione europea a sostenere sforzi internazionali
presso il Wto per migliorare l’accesso ai farmaci. All’interno di questo quadro
è importante l’azione della Chiesa. Secondo i vescovi, Comece e Secam hanno il
compito di contribuire alle azioni politiche delle istituzioni europee ed
africane, attraverso lo scambio di informazioni sulle diverse realtà con le
quali entrano in contatto. Al termine dell’incontro i presuli europei ed
africani hanno, inoltre, fatto una dichiarazione comune sulla crisi irachena.
“Abbiamo compreso - si legge - le tragiche conseguenze che una guerra potrebbe
infliggere ai poveri dell’Africa e dell’Europa, ed invitiamo i fedeli europei
ed africani ad aderire alla giornata di digiuno e preghiera per il dono della
pace indetta dal Santo Padre per il 5 marzo”. (M.A.)
RESTA
GRAVE LA SITUAZIONE IN BURUNDI, DOVE PROSEGUONO GLI SCONTRI
TRA GOVERNO E RIBELLI NONOSTANTE LA TREGUA FIRMATA
DALLE PARTI.
L’ORGANIZZAZIONE PER LA DIFESA DEI DIRITTI
UMANITARI “HUMAN RIGHTS WATCH”
HA CHIESTO ALL’ONU L’ INVIO DEI CASCHI BLU
PER FERMARE LE SOFFERENZE DELLA POPOLAZIONE CIVILE
BUJUMBURA. = “Cresce il
rischio che la popolazione del Burundi subisca l’offensiva lanciata dalle
truppe governative e la sospensione delle trattative decisa dai ribelli”. Lo
sostiene l'organizzazione per la difesa dei diritti umani ‘Human rights watch’
(Hrw), che chiede all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani,
Sergio Vieira de Mello, il rapido dispiegamento di una forza di peacekeeping
africana che protegga i civili. Proprio de Mello è giunto ieri in Burundi per
una serie di colloqui con rappresentanti del governo e della società civile
riguardo lo stato dei diritti umani nel Paese. “La comunità internazionale - ha
dichiarato Alison Des Forges, responsabile della divisone Africa di Hrw - si
deve impegnare affinché la tutela della popolazione diventi la priorità della
nuova forza di interposizione africana”. Il cessate il fuoco firmato lo scorso
dicembre da tre dei quattro gruppi armati attivi in Burundi prevede il
dispiegamento nel Paese di una forza di interposizione africana. Hrw denuncia,
inoltre, gli impedimenti che le agenzie umanitarie avrebbero avuto da parte
delle autorità militari burundesi, nella consegna di medicine, alimenti e aiuti
alle migliaia di persone sfollate a causa del conflitto. L'organizzazione
denuncia, infine, il clima di impunità che regna sulle azioni criminali
commesse da appartenenti alle forze armate. Hrw cita il caso dei due militari
incriminati per il massacro di Itaba, l’eccidio nel quale, secondo il governo,
sono state uccise 173 persone mentre, secondo le testimonianze dall’agenzia
Misna, hanno trovato la morte oltre mille civili. I due soldati sono stati rilasciati
la scorsa settimana, dopo aver scontato 5 mesi di prigione. “Con questo tipo di
giustizia - ha dichiarato Alison Des Forges - i soldati non si aspetteranno
nessuna punizione per eventuali crimini e continueranno ad uccidere e a commettere
abusi contro la popolazione”. Anche i ribelli delle Forze di difesa della
democrazia (Fdd) ricevono pesanti accuse da parte di Hrw. Il movimento ribelle
starebbe, intanto, continuando ad arruolare ‘personale’ e tentando di estendere
il proprio controllo su nuove aree del Paese, in aperta violazione del cessate
il fuoco. (M.A.)
“LE RADICI CRISTIANE RICORDANO CHI SIAMO
E DA DOVE VENIAMO”.
LO SOTTOLINEA IL VESCOVO AUSILIARE DI MILANO
GIUSEPPE MERISI
IN UN SERVIZIO PUBBLICATO DA ALCUNI SETTIMANALI
DELLA DIOCESI AMBROSIANA
MILANO. = “Riconoscere le radici
cristiane significa ricordare chi siamo e da dove veniamo, senza alcun
pregiudizio per le decisioni democratiche da assumere”. Lo sottolinea mons.
Giuseppe Merisi, vescovo ausiliare di Milano e rappresentante Cei nella Comece
(Commissione degli episcopati dell’Unione europea), in un servizio dedicato all’Europa
dai settimanali delle diocesi milanesi. Sul mancato riferimento alle “radici
cristiane” nei primi 16 articoli della bozza parziale di Costituzione europea
era intervenuto, nei giorni scorsi, anche mons. Giuseppe Betori, segretario generale
della Cei. Intervenendo nell’audizione tenuta a Montecitorio alle Commissioni
riunite di Camera e Senato, competenti per gli Affari esteri e le questioni
comunitarie, il presule ha suggerito di “far sentire nelle comunità cristiane e
nella società civile, l’importanza di questi riferimenti e di questi contenuti”.
“Non si tratta né di imporre o impedire qualche cosa a qualcuno - ha aggiunto -
né di disconoscere il ruolo e l’apporto di altre radici religiose o culturali
alla costruzione dell’Europa, né di rinnegare la giusta laicità dell’ordinamento
della convivenza civile. Si tratta, invece, di offrire un contributo, alto e
importante, alla costruzione dell’edificio comune, rispettando il contributo di
tutte le altre persone di buona volontà, in un contesto di dialogo e ascolto
vicendevole”. (B.C.)
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1 marzo 2003
- A cura di Salvatore Sabatino -
E’ iniziata la distruzione dei missili iracheni Al Samoud
2, la cui gittata è superiore a quella consentita dalle Nazioni Unite. Le
autorità di Baghdad in ottemperanza a quanto detto ieri da Saddam Hussein, avevano
annunciato in mattinata l’inizio delle operazioni per mettere fuori uso i primi
quattro missili. E si registrano giudizi positivi sull’iniziativa irachena. “È
un elemento significativo di vero disarmo” – ha riferito il capo degli
ispettori Onu Hans Blix - che si unisce alla “grande attività in corso da parte
irachena”. La notizia ha, però, lasciato scettici gli Stati Uniti. Da New York
ci riferisce Paolo Mastrolilli:
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Il presidente Bush in un’intervista al giornale Usa
Today ha detto che Saddam deve essere disarmato ora e il suo portavoce ha
liquidato la concessione come una manovra scontata per dividere il Consiglio di
Sicurezza, ma priva di sostanza, perché l’obiettivo vero deve essere il disarmo
completo. Il ministro degli Esteri francese De Villepin però ha risposto che la
distruzione dei missili dimostra come le ispezioni stanno funzionando e
meritano più tempo per produrre altri risultati, mentre il suo collega russo
Ivanov ha dichiarato che Mosca è pronta ad usare il veto all’Onu per bloccare
la risoluzione americana se sarà necessario, allo scopo di garantire la
stabilità internazionale. Il Consiglio di Sicurezza in realtà resta molto
diviso. Alcuni Paesi, come Messico e Pakistan, hanno dato segnali di
avvicinamento alla linea degli Stati Uniti, ma altri come il Cile si sono
lamentati per la rigidità dimostrata da entrambe le parti, favorevoli e
contrarie alla nuova risoluzione, sollecitando i membri permanenti a cercare un
compromesso.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il
Pakistan, come abbiamo sentito, sembra avvicinarsi alle posizioni di
Washington. E proprio questa potrebbe essere la ragione dell’attentato di ieri
contro il consolato americano a Karachi, nel sud del Paese. Un gruppo di uomini
armati, tra cui un afghano già arrestato dalla polizia, ha sparato contro
l’esterno dell’edificio, uccidendo 3 persone e ferendone altre 7.
Della crisi irachena si parla
oggi anche a Sharm el Sheikh, in Egitto, dove da questa mattina è in corso il
summit della Lega Araba. Dall’incontro spuntano interessanti indiscrezioni. Gli
Emirati Arabi avrebbero infatti, proposto a Saddam Hussein di lasciare il
potere e andare via dall'Iraq, mentre il Paese sarebbe affidato alla gestione
della Lega Araba e delle Nazioni Unite.
La spirale di violenza in Medio Oriente ha provocato ieri
la vittima numero 3.000 dall’inizio della nuova Intifada, nel settembre 2000.
Si tratta di un poliziotto palestinese, morto a causa delle ferite riportate il
22 febbraio scorso durante un’operazione militare israeliana nella striscia di
Gaza. E questa mattina c’è da segnalare un’altra vittima: un palestinese è
morto dopo essere rimasto ferito durante un’incursione dell'esercito israeliano
nella Striscia di Gaza.
Ancora lontana la pacificazione tra la comunità greca e
quella turca a Cipro. Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ha
annunciato ieri che i leader delle due comunità si sono detti favorevoli a
rinviare al 10 marzo il termine ultimo per pervenire ad un accordo: termine
che, invece, sarebbe scaduto proprio ieri. La decisione ha trovato l’appoggio
degli Stati Uniti.
Dopo 3 mesi di trattative, il
cancelliere austriaco Wolfgang Schüssel ha presentato ieri il nuovo governo. Ed
è un esecutivo che assomiglia molto a quello caduto in autunno: una coalizione
di Centrodestra tra i popolari ed i liberalnazionali, un tempo guidati dal
governatore della Carinzia, Jorg Haider. Da Vienna, Giovanni Maria Del Re:
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Alla fine Schüssel, dopo aver sondato anzitutto i
socialdemocratici ed essere stato vicinissimo ad uno storico accordo con i
verdi, ha deciso che era più semplice continuare a governare con la destra.
Destra che, certamente, dopo la gravissima sconfitta di novembre deve accettare
di vedere dimezzati i propri ministri che da sei passano a tre. Gli altri nove
sono invece i popolari, tornati ampiamente il primo partito al voto di
novembre. Tra loro figura il ministro delle finanze Carl Heinz Grasser, già
liberal nazionale ed ora ufficialmente indipendente. Rimangono anche gli altri
ministri chiave: agli Esteri è Benita Ferrero-Waldner; agli Interni Ernst
Strasser e all’Economia, Martin Bartenstein. Adesso il governo ha annunciato
aumenti delle imposte e forti misure di risparmio. Non sarà facile. La
maggioranza di centro-destra in Parlamento è piuttosto risicata. Del resto
Joerg Heider, che tuttora gode di vasto prestigio nel suo partito, ha già
cominciato ad attaccare il nuovo esecutivo. Sono in molti in Austria a non
essere tanto sicuri che Schüssel potrà evitare un nuovo voto anticipato.
Da Vienna, Giovanni Maria Del Re.
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La Repubblica Ceca ha da ieri un nuovo presidente. Si
tratta di Vaclav Klaus, ex primo ministro ed attualmente leader dell'opposizione.
Klaus è stato eletto dal Parlamento con un solo voto di scarto, ricevendo 142
dei 281 voti parlamentari, e sconfiggendo il candidato del governo, l'ex
ministro dell'Educazione Jan Sokol. Succede a Vaclav Havel, che all’inizio
dello scorso mese aveva rassegnato le dimissioni dopo 13 anni passati alla
presidenza della Repubblica.
Ci
trasferiamo in Africa. Pugno di ferro delle autorità dello Zimbabwe contro
venti religiosi, arrestati ieri mattina mentre manifestavano nella capitale,
Harare, di fronte al quartier generale della Polizia. I sacerdoti appartengono
tutti alla Conferenza nazionale dei pastori dello Zimbabwe. Ce ne parla Giulio
Albanese:
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I pastori avevano diffuso un documento contro le forze di
polizia, colpevoli secondo loro di avere interrotto due settimane fa un raduno,
in cui si discuteva sul ruolo della Chiesa nella difficile crisi
politico-istituzionale, ma anche economica che attanaglia il Paese. In
quell’occasione il 14 febbraio scorso erano anche stati arrestati il vescovo
protestante, Trevor Mahanga, leader del movimento ecumenico delle chiese dello
Zimbabwe, e tre attivisti per i diritti umani. I venti religiosi fermati ieri
ad Harare, così come quelli arrestati a febbraio, sono stati tutti accusati di
flagrante violazione della legge sull’ordine pubblico e la sicurezza, che
prevede tra l’altro l’arresto immediato per tutti coloro che prendono parte a
manifestazioni non preventivamente autorizzate dal governo. Nei giorni scorsi
anche mons. Paioscube, arcivescovo di Boulawaio, è stato sottoposto ad
interrogatori dalla polizia.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Un’importante decisione contro la clonazione umana è stata
presa ieri dalla Camera dei Rappresentanti statunitense. L’assemblea ha deciso
di proibirla, senza alcuna eccezione, prevedendo multe fino a un milione di
dollari in caso di violazione. I
deputati hanno inoltre stabilito che non ci saranno eccezioni, neppure per autorizzare i ricercatori a trovare
nuovi rimedi contro malattie come
l’Alzheimer, il morbo di Parkinson o il
diabete. La parola passa ora al Senato.
Cresce il numero delle organizzazioni terroristiche
internazionali. Il governo di Washington ha inserito nella lista tre gruppi
ceceni, accusati di avere contatti con al Qaeda. La decisione è stata presa
anche tenendo conto del ruolo che i tre gruppi hanno avuto nell'assalto al
teatro ''Dubrovka'' di Mosca, durante il quale persero la vita 160 persone.
Ed in chiusura una notizia positiva. Adottato nella notte
dagli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il testo finale
del primo trattato internazionale di
lotta al tabacco, il cui obiettivo è quello di far diminuire le
conseguenze ''devastanti'' del fumo di sigaretta sulla salute. Dopo due anni e
mezzo di negoziati, gli Stati sono riusciti a trovare un accordo sugli ultimi
punti ancora in sospeso, soprattutto sulla questione del divieto della
pubblicità per i prodotti derivati dal tabacco. La Convenzione-quadro prevede che “ogni parte, nel rispetto della
sua costituzione, instauri un divieto totale di qualsiasi pubblicità in favore
del tabacco, della sua promozione e
patrocinio”.
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